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Giurisprudenza italiana, Volume 17 - (1866)

Domenico Giuriati 


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Prove — Travisamento — Apprezzamento 

— Provvigione — Mediatore — Retribuzione.

Cod. alb., art. 1225, 1269.


BERNARDI — BREDA.


Una sentenza che esaminando lunghe deduzioni ne riassume il concetto all'oggetto di statuire sulla loro conchiudenza, non può essere impugnata in via di travisamento, per ciò solo che abbia omesso, o meno esattamente enunciato taluna delle circostanze relative ai fatti dedotti a prova.

Il giudizio in tali contingenze sull'inattendibilità di dette deduzioni, si traduce in un puro apprezzamento che se può riuscire a gravame od a giudizio di revocazione, è però inetto ad aprir adito a Cassazione.

La provigione di mediazione non è dovuta allorché l'affare venne trattato e conchiuso senza l'intervento del pretendente alla provigione e che l'opera di questo venne sin dal principio limitata espressamente ad alcune incombenze preparatorie e formulative all'affare principale.

È però dovuta in detto caso un'adeguata retribuzione corrispondente all'opera prestata e da determinarsi, in assenza di una speciale convenzione, dai giudici del merito avuto ad ogni cosa gli opportuni riguardi.


Con decreto 25 settembre 1860 il dittatore Garibaldi concedeva alli cav. Pietro Angelo Adami ed Adriano Lemmi la l'ostruzione delle ferrovie napoletane.

A seguito di discrepanze sorte tra i detti concessionari ed il Governo, venne quindi con atto 26 marzo 1861 circoscritta l'impresa Adami e Lemmi alle ferrovie calabro-sicule, e sottoposta ad una cauzione di sei milioni.

Per quest'oggetto e pei grandiosi occorrenti lavori, avendo bisogno i concessionarii del concorso di capitali, pensarono di aprire una sottoscrizione presso la Casa Bolmida di Torino.

Di ciò informato l'avvocato Bernardi eccitava il Breda a recarsi a Torino onde avere un'interessenza in detta impresa, che riteneva sommamente proficua; fatto è però che, allorché l'ingegnere Breda dirigevasi a detto scopo coll'avvocato Bernardi alla Casa Bolmida, la sottoscrizione già era stata coperta, comecché assunta per due milioni da questa casa, e pei rimanenti quattro milioni dalla Banca Laffitte a mezzo di un telegramma da Parigi.

Egli è costante che dopo di ciò, a seguito di lunghe trattative, il Breda con altri socii ebbero a surrogare il Laffitte nella cennata impresa per convenzione stipulata in Milano il 11 giugno 1861; e che con scrittura dello stesso giorno i medesimi si obbligarono di pagare ad un colonnello Lodovico Frapolli, che aveva avuto parte in dette trattative, la somma di lire 450 mila, senza che dalla scrittura risulti la causale di detta obbligazione.

L'avvocato Bernardi, ritenendo che l'associazione del Breda cogli altri capitalisti e la loro sostituzione al Laffitte operata con detta convenzione si dovesse sostanzialmente all'opera sua, come quegli che, appena andò fallita l'associazione del Breda coi concessionarii Adami e Lemmi, avrebbe ideato la di lui surrogazione al Laffitte, ed avrebbe comunirato tale sua idea al Breda, eccitandolo a volerla tradurre in atto, con averlo a tal effetto presentato agli Adami e Lemmi, ed al detto colonnello Frapolli. avente relazione colla Casa Laffitte, e per avere in seguito usate tutte quelle cure e premure che erano in suo potere pella riuscita dell'affare, si sarebbe cosi rivolto allo stesso Breda onde gli venisse corrisposta la provvisione di mediazione d'uso; ma il Breda avrebbe tosto respinta tale di lui domanda, sostenendo che, se esso avvocato Bernardi era stato di lui mediatore nelle prime trattative coi concessionarii Adami e Lemmi, che però andarono per di lui colpa fallite, fosse poi stato estraneo alla sua surrogazione al Laffitte, combinata e conchiusa a mediazione unicamente del colonnello Frapolli.

Insistendo però l'avvocato Bernardi nella di lui domanda, che diceva fondata sopra una lunga serie di fatti da esso enunciati, l'ingegnere Breda lo trasse in giudizio di giattanza avanti il Tribunale di commercio di Torino, onde avesse a far fede delle vantate di lui ragioni, a pena d'imposizione di perpetuo silenzio.

Comparso l'avvocato Bernardi accettò la provocazione e pose in fatto parecchie circostanze danti ragione, a suo credere, alla di lui domanda, a sostegno della quale fece poi molte produzioni, e presentò in ispecie una corrispondenza epistolare e telegrafica tra di esso residente in Torino ed il Breda dimorante a Ponte di Brenta.

Il Breda fece valere la stessa difesa dianzi accennata, disse che il Bernardi si poteva dirigere al Frapolli da esso nominato per quei riguardi che egli credeva potersi meritare, e conchiuse per la sua assolutoria.

Allora l'avvocato Bernardi ridusse dette circostanze di fatto ad altrettanti interrogatorii, il Breda non dissenti di rispondervi, non ostante la loro irrilevanza, e vi rispose, come da verbale del 7 febbraio 1863.

Deliberando l'avvocato Bernardi in ordine alle date risposte sostenne che, non ostante le usate reticenze e le studiate circonlocuzioni si dovessero ritenere per ammessi i fatti da lui dedotti, offrì del resto a complemento di prova dei medesimi il di lui giuramento suppletivo, ed al postutto dedusse parecchi capi di prova testimoniale, e questa, occorrendo, premessa, chiese farsi luogo albi di lui domanda.

Quel Tribunale di commercio però, con sua sentenza 22 settembre 1863, rigettata ogni instanza e deduzione in contrario, assolveva l'ingegnere Breda dalla domanda dell'avvocato Bernardi.

Denunciava questi tale sentenza alla Corte d'appello di Torino, siccome ad esso gravatoria in fatto ed in diritto, e facendo altre produzioni e deduzioni a conforto della di lui domanda, ne chiedeva l'accoglimento.

Il Breda riproponeva lo stesso sistema, ed in appoggio del medesimo produceva gli atti di una lite istituita da un Antonio Valsecchi contro di esso avanti lo stesso Tribunale di commercio di Torino, onde ottenere la provvisione di mediazione per l'intervenuta surrogazione di esso Breda per detti quattro sesti al Laffitte, non che fra le altre una lettera del 12 febbraio 1863 del colonnello Frapolli, con cui questi dichiarava che, per quanto concerne la già fatta sua riserva, per un riguardo d'amicizia all'avvocato Bernardi sul provento che gli venisse corrisposto per le ferrovie calabro-sicule, intendeva mantenere fedelmente la data promessa; ed allo stato degli atti dicendo mancare, quanto ad esso Breda i necessarii elementi onde porre in essere la mediazione, chiedeva la conferma dell'appellata sentenza: tale sua conclusione veniva poi accolta con sentenza di quella Corte 4 marzo 1861.

L'avvocato Bernardi chiede l'annullamento di questa sentenza, e propone i seguenti mezzi:

1. Violazione degli articoli 1225, 1226, 1217 e seguenti sino al 1253 del Codice civile albertino, dei §§ 914, 915, 1151 e 1152 del Codice austriaco, nonché della legge 1, ff. De proxeneticis, per avere la sentenza travisato il contratto mediante: 1° la preterizione di circostanze rilevantissime; 2° l'alterazione di altre con aggiunta o sottrazione; 3° il disconoscimento del significato vero e naturale delle espressioni e sostituzione di altre arbitrarie (lo che tutto venne nel ricorso specificamente indicato), e per avere, ciò mediante, soppresso il vero e reale rapporto di diritto fra l'attore ed il convenuto, ch'era quello di mediatore a committente e viceversa, per sostituirvi un rapporto indefinito di una prestazione d'opera senza nome;

2. Violazione dell'articolo 1269 del Codice civile albertino e di tutti gli altri articoli avanti citati, in quanto che la Corte pose a base del suo giudicio l'erroneo principio che non siavi vera mediazione, se chi si attribuisce la qualità di mediatore non abbia unito i consensi, e non siasi per di lui opera concordato ciò che forma la sostanza e le accidentalità del contratto, laddove sarebbe certo che chi propose ed avviò l’affare avrebbe diritto alla provvisione; in difetto ne verrebbe l'assurdo che sarebbe in balìa della parte di defraudare il mediatore dopo aver profittato dei suoi lumi e dell'opera sua; quindi sarebbe ricevuto che la mediazione è dovuta anche quando il compimento dell'opera sia stato impedito dal contraente, come avvenne precisamente nel caso in cui il Bernardi non altrimenti non intervenne nelle conferenze dirette tra le parti, se non in seguito ad espresso invito del Breda, e per avere, infine, la Corte travisato la dichiarazione fattagli dal Breda in occasione di tale invito, che, cioè, gli rimaneano salvi i suoi diritti;

3. Violazione degli articoli 204 n. 6 e 206 del Codice di procedura civile per incompleta e contraddittoria motivazione della sentenza.

Breda, rispondendo, osserva in genere che il giudicio della Corte sarebbe fondato sull'apprezzamento dei complessivi elementi della causa, il cui concorso l'avrebbe convinta essere escluso che l'affare del quale trattasi sia stato trattato e conchiuso a mediazione dell'avvocato Bernardi; scendendo indi all'esame dei singoli mezzi, li dice infondati e ne chiede il rigetto.

La Corte di cassazione:

Sul primo mezzo:

Attesoché la valutazione dei fatti e l'interpretazione della volontà dei contraenti appartenendo esclusivamente ai Giudici del merito, egli è necessario, per pretendere alla cassazione di una sentenza in via di travisamento, che si fornisca una luminosa prova, che questa abbia, sotto colore d'interpretazione, disconosciuto nella loro essenza fatti palesemente stabiliti, o che altrimenti da fatti ritenuti per costanti ne abbia dedotto conseguenze erronee in diritto;

Che l'esistenza però di questa prova, che il ricorrente pretese fondare sopra un triplice ordine d'idee, non si può ritenere stabilita; di fatti, se parlasi delle proposte preterizioni ed alterazioni, la sussistenza di queste nel senso anzidetto non è anzitutto dimostrata, poiché una Corte che, togliendo ad esame lunghe deduzioni, ne riassuma il concetto onde bilanciarne la conchiudenza, non può per fermo comprendere tutte le circostanze ed espressioni in quelle contenute; quindi le avvenute preterizioni non possono in massima venir invocate come un elemento di travisamento, ma anzi di regola debbesi ritenere che non altrimenti abbiano avuto luogo, se non perché relative a circostanze irrilevanti, ovvero soverchie, siccome già virtualmente comprese nel concetto dalla Corte dichiarato;

Che, ciò stante, tale concetto potrebbe bensì riuscire a gravame, ma sfuggirebbe per indole propria alla censura di questa Corte Suprema;

Atteso, al postutto, che, ove anche in pura ipotesi le cennate circostanze fossero state influenti al merito della causa, e fossero state dalla Corte non apprezzate, ma assolutamente disattese, l'errore allora dalla medesima commesso, come di puro fatto, non altrimenti sarebbe stato riparabile che in apposito giudicio di rivocazione;

Che similmente non si possono ritenere a sodo fondamento basati gli appunti che si muovono contro la denunciata sentenza, e che sono compresi sotto la fatta censura di disconoscimento del significato vero e naturale delle espressioni, con sostituzione di altre arbitrarie, dacché anzitutto la Corte non disconobbe l'offerta fatta dall'avv. Bernardi all'ingegnere Breda, di recarsi a Parigi per trattare col Laffitte o coll'avv. Zaccheroni suo rappresentante, ma soggiunse che tale offerta essendo stata accompagnata dall'avvertenza, che meglio sarebbesi potuto per tale oggetto far capo a Torino presso il colonnello Frapolli, ciò inducevala a ritenere che il Bernardi stesso avesse riconosciuto questo mezzo come più sicuro al buon successo dell'affare, e che in effetto fosso poi stato adottato mercé la presentazione fatta del Breda al detto Frapolli; non è dunque questione di travisamento, sibbene di apprezzamento del complessivo tenore di detta offerta; del resto poi 'tanto manca che con tale giudicio abbia la Corte ultroneamente ritenuto che il Bernardi abbia voluto svestirsi della di lui qualità di mediatore, che tale qualità, come vedrassi in appresso, mai non sarebbe stata da essa nel medesimo riconosciuta per quanto ha tratto alla surrogazione in discorso;

Che pure rapporto ai due invocati dispacci telegrafici del 5 e 7 maggio 1861, la Corte dopo averli esaminati ritenne in base tanto al loro contenuto, che al contenuto della lettera di Breda del 6 stesso mese, e degli altri elementi tutti della causa, che realmente il Frapolli era stato il solo mediatore per detta surrogazione, e che i cennati documenti venivano anzi in conferma di tale proposizione; anche qui dunque tratterebbesi nel fondo di un puro giudicio di fatto, incensurabile in Cassazione;

Atteso, finalmente, quanto all'ultimo appunto che si fa alla sentenza di avere convertito in una ricognizione di esso ricorrente l'espressa sua impugnativa in ordine alla causale dell'obbligazione del 14 giugno 1861 verso il Frapolli avversariamente pretesa, che non è il caso di qualsiasi discussione al riguardo, ovvio essendo che questo lagno tradurrebbesi di sita natura in un materiale errore, e quindi sarebbe pure inattendibile come proposto fuori della sua sede propria;

Che impertanto non sussisterebbe la violazione dell'articolo 1225 del Codice civile albertino, e tanto meno quella degli altri articoli in questo primo mezzo invocati, siccome quelli che, contenendo unicamente principii generali, e come direttive dell'interpretazione dei contratti, non potrebbero per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema aprir adito a cassazione.

Sul secondo mezzo:

Attesoché la mediazione ha sostanzialmente radice nel mandato (1), e come questo od è espressa, se la parte incarica il mediatore della trattazione di un qualche affare, od è tacita ed implicita, se è il mediatore che offre alla parte i suoi servigi per un dato negozio che propone, e questa li accetta;


(1) Il giornale La Legge, fra le varie censure che si avvisa di muovere a questa sentenza, critica eziandio questa proposizione. E lo fa colle parole seguenti:

Questa massima che la mediazione abbia sostanzialmente radice nel mandato, cioè che lo comprenda (ch'essa altrimenti non avrebbe portala giuridica), ritorna affatto nuova.

Noi non sappiamo come concepire mandato senza rappresentanza, quale in un procuratore, in un agente ad negotia, ecc., locazioni d'opera che ne abbisognano per lor natura. Ma la mediazione non solo non ne abbisogna, ma per sua natura lo esclude. Difatti il mandatario ha dovere di adoperarsi a prò del mandante come farebbe pel proprio interesse; e il mediatore invece tende alla conclusione del contratto per guadagnarsi la mercede; spettando alle parti vedere se loro convenga, o meno, il concluderlo.

La differenza è poi di tutto rilievo; dacché il mandalo, sia pur rimuneratorio, è sempre revocabile, abbia, o no, il mandatario cominciato ad agire e ad avviarsi allo scopo; quand'invece la mediazione (purissima locazione d'opera sui generis), intrapresa che sia con prestazioni commesse od accettate (fra cui in primis la proposta), non può revocarsi dal committente che rinunziando alla conclusione dell'affare, stante il vincolo che lega l'una col l'altra prestazione, di guisa che talvolta basta la prima a determinare la efficacia delle altre e quindi la conclusione.

È chiaro che se ciò non fosse, starebbe in arbitrio del commerciatile frodar il mediatore; lo che condurrebbe all'assurdo.

«Né questa è già nostra speciale opinione, ma di quanti scrittori sappiamo aver trattato l'argomento: per lo che la massima che le parti, dopo aver profittato dell'opera ed anco della sola proposta del mediatore proponente e primitivo per concludere fra loro coll'intervento di altre persone, abbiano a sottostare alla mercede di mediazione (appellata provigione) verso il primo, vige in ogni piazza commerciale, siccome manifestamente fondata nella ragion naturale escludente mai sempre l'assurdo».



Che nella specie la Corte esaminando, colla scorta delle produzioni e delle fatte deduzioni, se nelle opere che dall'an. Bernardi si proponevano prestate a prò del Breda si verificassero per quanto concerne la di lui surrogazione al Laffitte gli elementi costitutivi della mediazione, sarebbesi convinta che vera mediazione ne espressa ne tacita dal canto del Bernardi potevasi ritenere intervenuta,


Non pare a noi che la proposizione criticata sia nuova in giurisprudenza: e lo fosse pure, non crediamo che le obbiezioni sollevate contr'essa ne scemino la verità.

Giusto è che non siavi mandato senza rappresentanza: ma non è a disconoscersi che il mandatario può agire talora tacendo il nome del suo mittente: come non è a concepirsi mediazione, vale a dire opera data alla conclusione di uu affare, senza che il mediatore dichiari che ha la persona la quale è disposta ad accostarsi al contratto. Potrà talora mantenere il segreto sul nome di lei, ciò che avviene ed è contemplato anche nella legge, tuttavolta questa ratifica le obbligazioni assunte con dichiarazione di comando. Ma giorno verrà in cui il nome si dovrà dire, e sarà il nome nella massima parte de'  casi che deciderà la conclusione dell'affare. In quest'ordine d'idee la sola differenza che esiste fra mandatario e mediatore, è che quegli fa l'interesse di uno, e questi più fortunato serve nello stesso tempo a due.

Ned è altrimenti vero che la mediazione s'identifichi con una locazione d'opere, e si differenzi dal mandalo, perché questo è sempre revocabile. Non si identifica colla locazione d'opere, perché in questa v'è sempre correspettivo, mentre nella mediazione il correspettivo è aleatorio, condizionato alla riescila dell'affare. Non si differenzia dal mandato quanto alla revocabilità, imperocché il mediatore può essere disconosciuto, o preterito ad ogni occasione, e l'avvocato Bernardi lo attesta. Quando un mediatore dopo aver indicato, suggerito, avviato un affare, si chiarisce inetto a conchiuderlo, il volonteroso contraente cerca altre vie, e vi perviene inframettendo altre persone. E sarebbe, in verità, nonché assurdo, risibile che l'inetto percepisse tutta la mediazione, mentre il mediatore abile, rispettato, influente, condusse a termine il negozio: sarebbe ridicolo che la giurisprudenza accordasse a Tizio la provvigione sopra un affare per ciò solo che presentò uno all'altro i due contraenti, il cui consenso fu determinato da terza persona. Non sarà compenso sufficiente al gran lavoro di Tizio, quella propor stonata retribuzione che avuto ad ogni cosa gli opportuni riguardi la Corte d'appello promise al mediatore Bernardi, e la Corte di cassazione non gli dissenti?

Del resto quando si dice gli scrittori lutti niegare che la mediazione abbia radice nel mandato, sarebbe prezzo dell'opera il citarne taluno. Noi crediamo il contrario: aprendo il Tboplonc (du Mandat, p. 68), troviamo appunto che nei mediatori egli non esita a vedere altrettanti mandatari. E se gli antichi Romani, soggiunge, non davano tal carattere ai proxenetae, ciò dipese dacché questi appunto riceveano compenso, mentre il mandato nel diritto Romano era essenzialmente gratuito.

La teoria del mandato nella mediazione è ormai antica nella nostra giurisprudenza: la s'incontra dichiarata nella sentenza 19 aprile 1853 della Corte di Genova (V, 2, 393), in altra sentenza della stessa Corte 30 luglio 1856 (Vili, 2, 843), ed accennata in talune decisioni della stessa Corte regolatrice.


poiché non solo non era egli stato in grado di stabilire di aver avuto alcun incarico dal Breda per trattare col Laffitte o col suo rappresentante avv. Zaccheroni l'anzidetta di lui surrogazione, ma risultava anzi che il Breda medesimo lo aveva espressamente diffidato a non fare alcun passo, se non a seguito di una sua richiesta al proposito, che mai non si fosse poi avverata, perché d'altronde a fronte delle deduzioni stesse del Bernardi era costante che Frapolli, come già si disse, era stato il vero mediatore, ch'esso Bernardi era stato estraneo a quelle trattative di cui ne avrebbe sempre ignorato l'andamento e le condizioni, e che similmente senza di lui intervento e partecipazione era stata stipulata la scrittura del 11 giugno 1861, con cui quella surrogazione era poi stata definitivamente conchiusa e tradotta in atto;

Attesoché, ciò posto, doveva necessariamente cadere la domanda del Bernardi pel conseguimento della proposta provvigione, in quanto che mancava il fondamento su cui l'aveva egli fondata; nè regge l'obbietto che la Corte così decidendo abbia disconosciuto il principio stabilito dall'invocato art. 1269 del Codice civile sotto l'aspetto che l'inazione del Bernardi derivando dal fatto divieto, e cosi dal fatto stesso del Breda, non si potesse da questo invocare, e si dovesse a vece rimpetto ad esso ritenere l'affare come conchiuso a mezzo dello stesso Bernardi, poiché siffatto obbietto evidentemente involge una petizione di principio, presuppone, cioè, l'assunzione od accettazione tacita di quest'ultimo in qualità di mediatore per detto affare, quando per le cose già dette ciò nel concetto della Corte rimaneva escluso;

Che, del rimanente, senza profitto si oppone che la stessa Corte dopo avere riconosciuto che Bernardi avea presentato Breda al Frapolli allo scopo di avvicinarli per le trattative, abbia indi erroneamente soggiunto che a costituire la mediazione non bastasse il porre le parti a contatto fra loro, ma si richiedesse l'intervento dell'opera del mediatore, mercé cui fossero stati conciliati i rispettivi interessi, e riuniti i consensi; perché questa proposizione non dee anzitutto venir estesa oltre il limite dalla stessa Corte assegnatole, ossia intesa nel senso, che l'affare debba sempre essere assolutamente definito dal mediatore per pretendere alla provvigione. Tali non furono le esigenze della Corte; tante che nell'alinea 2° delle sue considerazioni avrebbe osservato che il diritto di provvigione non sarebbesi potuto niegare al Bernardi, ove l'affare fosse stato posto a di lui mezzo in condizione da poter essere condotto a termine, poiché allora non avrebbe potuto venir privato di un diritto che già gli era acquisito;

Che però nella realtà la cosa stava ben altrimente, non avendo il Bernardi messo tampoco in relazione tra loro le due parti contraenti, Breda e Laffitte, ed essendo stato diffidato dal primo a non fare, come sopra, più alcun passo si* dal giorno stesso in cui lo aveva presentato al Frapolli (alinea 8);

Secondariamente poi l'anzidetta proposizione della Corte non dee neppure essere presa in astratto e generalizzata, ma concretata in quella vece all'affare attuale che per l'alta sua mole e per la natura sua complessa esigeva una serie di combinazioni e di trattative per conciliare e stabilire le diverse condizioni del contratto. Cosi intesa, come di ragione, la cosa, la proposizione posta innanzi dalla Corte, lungi dall'essere errata, sarebbe pienamente conforme alla dottrina ed alla giurisprudenza;

Atteso, del resto, che, se non si può disconoscere, come non l'avrebbe disconosciuto la denunciata sentenza, che il Breda siasi avvantaggiato da alcune pratiche in parte da esso affidate al Bernardi, ed in parte da questo ultroneamente eseguite, siccome preparatorie e famulative alle trattative della surrogazione anzidetta, ed in ispecie dalla presentazione da esso fatta a tale scopo dal Breda al Frapolli, dall'assistenza da esso prestata allo stesso Breda pel ritrovamento dei capitali, e dalla corrispondenza epistolare e telegrafica tra di essi tenuta; se del pari non si può contendere che in commercio ogni prestazione di opera non è gratuita, e che Bernardi al certo non agiva per puro desiderio di far piacere al Breda, sibbene per trarne un lucro, egli è però ugualmente indubitato che i relativi diritti dello stesso Bernardi ad un'equa e proporzionata retribuzione da arbitrarsi nelle circostanze del caso dai Giudici del merito, avuti ad ogni cosa gli opportuni riguardi, sarebbero stati dalla Corte lasciati salvi ed impregiudicati, e che intanto non sarebb'ella entrata, come dichiarò, su tale terreno, in quanto allo stato delle conclusioni dal Bernardi prese trovavasi unicamaite chiamata a statuire sulla spettanza del diritto di provvigione di mediazione da esso proposto, e sul montare di quella; sotto quest'aspetto dunque le doglianze dell'aw. Bernardi non sarebbero fondate in linea di fatto, nè occorrerebbe soffermarsi su quella riserva di diritto dal medesimo invocata, dacché, ove pur fosse accertata, non potrebbe, per le cose già dette, avere una portata maggiore di quella dianzi accennata.

Sul terzo mezzo:

Attesoché le considerazioni fatte in ordine al primo mezzo concorrono pure a dimostrare l'insussistenza di quest'obbietto per quanto ha tratto all'incompiuta motivazione della sentenza;

Che, del resto, il Giudice non è tenuto di seguire le parti nelle singole argomentazioni da esse messe in campo, e serve abbastanza al precetto della legge, che gl'impone di motivare le sentenze, quando dà ragione del suo gindicio, e così quando, dopo avere premesso alcuni principii di diritto, che debbono governare la quistione, scende quindi al raffronto di quelli colle fatte deduzioni, e trovate queste inconchiudenti, contraddette, ed insomma incapaci a far profitto al deducente, le rigetta tutte quante;

Che parimente non regge questo mezzo nella seconda sua parte riflettente l'apposta contraddizione di motivazione, poiché la Corte, come si è già accennato, avendo avuto cura di determinare gli elementi giuridici della mediazione, e di avvertire in ispecie come mercè quel diffldamento tosto dato dal Breda al Bernardi fosse stato di lui intendimento di limitare l'opera di questo, come in effetto fu come sopra limitata, a determinate prestazioni di una importanza secondaria, ognun vede che la Corte niegando all'avv. Bernardi la chiesta provvigione di mediazione, e lasciando, quanto alle accennate riconosciute prestazioni, salvi i di lui diritti, lungi dall'essersi messa in contraddizione, sarebbe anzi stata coerente a se stessa.

Per questi motivi, — Rigetta ecc.

Milano, 1 giugno 1865.

Manno P. P. — Canina Bel.



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