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OSSERVAZIONI

SULL'ESPOSIZIONE FINANZIARIA

DEL CONTE BASTOGI

Napoli 4 Febbraio 1862

TERZA EDIZIONE

Napoli

STABILIMENTO TIPOGRAFICO DEL CAV. GAETANO NOBILE

1862

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L'esposizione finanziaria del conte Bastogi al parlamento italiano, nella tornata de’ 21 dicembre p. p. , fornirà ampia materia non solamente ai suoi avversari politici, ma eziandio a tutti coloro che riguardano come illusorie le garentie de’ governi parlamentari.

Malgrado la ingegnosa oscurità di tutto quel discorso, e la confusione che ingenera quella vana distinzione tra le spese ordinarie, e le spese straordinarie; malgrado la colluvie delle cifre ad aggiungere, ed a dedurre dalle primitive situazioni contabili; malgrado le reticenze, e la officiosa, o involontaria inesattezza delle cifre, l'oratore non riesce a nascondere, né la difficile situazione in cui versa la finanza italiana, né la confusione che regna in tutte le branche dell'azienda pubblica.

Noi non vogliamo in minima parte misconoscere le difficoltà da cui, ne’ momenti attuali, è circondato un ministro delle finanze; ma non bisogna studiare per accrescere queste difficoltà; non bisogna valersi delle posizioni contabili come di un linguaggio oscuro, e generalmente poco inteso, per nascondere la verità.

Questo artifizio non raggiunge il suo scopo, e toglie ogni prestigio alle istituzioni parlamentari.

A che serve una esposizione finanziaria, che non rivela lo stato vero della finanza? Anche quando si riesce ad ottenere un voto di fiducia, si sono superate per questo le vere difficoltà della situazione? In tutti i casi lo spirito del sistema parlamentare è falsato, quando non si dice chiaramente la verità, e tutta intiera.

Coloro che vogliono fondare uno stato libero debbono credere alla libertà; debbono accettare tutte le conseguenze del loro principio; debbono essere convinti, che il miglior modo di risolvere i problemi governativi si è di abbandonarne la soluzione al paese. Che se essi diffidano della prudenza, e della saviezza del paese, se credono di essere più savi di lui, se ravvolgendosi nel mistero, ed inorpellando la verità hanno la fatale pretensione di regolare, e dominare la pubblica opinione, difficilmente raggiungeranno il compito loro. Costoro riusciranno tutto al più a discreditare le istituzioni parlamentari; riusciranno a dimostrare, che le forme costituzionali sono inabili a moderare l’arbitrio ministeriale, 0 confermeranno il detto di un potente sovrano, il quale parlando della costituzione diceva: I’en ai une, et je ne juis pas plus embarrasse pour cela.

E venendo a’ particolari, il conte Bastogi valuta il disavanzo per l'anno 1862 a 317 milioni di lire. Non è necessario aver sott’occhio i bilanci particolari di tutti i diversi stati d'Italia, per rigettare questa previsione. Basta considerare, che il disavanzo del 1862 per le sole provincie napoletane monta a circa 131 milioni di lire.

Nè ci si venga a dire, che è inutile parlar di bilancio delle provincie napoletane, perché da oggi in poi il regno d’Italia non ne avrà che un solo.

Questa osservazione non vorrebbe dir nulla. Che si faccia un solo bilancio per il regno d’Italia, o che se ne facciano tanti distinti, per quanti erano una volta gli antichi stati italiani, è tutt’uno nella sostanza. Il bilancio unico, come i bilanci distinti, dovranno contenere le stesse spese. In ciascuno degli antichi stati vi saranno sempre magistrati, prefetti, polizia, lavori pubblici etc. La somma di tutte queste spese non si muta, sol perché, una volta esse sono scritte in altrettanti bilanci distinti, ed un’altra in un solo bilancio complessivo. Al di fuori di queste spese, che dirò locali, o regionali, vi sono le spese generali; queste sono quelle dell’esercito, della marina, della diplomazia, della lista civile, de’ ministeri e di tutte le amministrazioni centrali. A queste spese, è chiaro, che tutte le diverse regioni debbono concorrere, secondo una certa proporzione prestabilita. Se dunque si facessero tanti bilanci distinti per quanti erano una volta gli antichi stati italiani, in ciascuno dei detti bilanci dovrebbero essere scritte le spese locali, più la rata delle spese generali,0 comuni di suo carico. Quando si preferisce di fare un bilancio solo per l’intiero regno, queste spese saranno scritte insieme; ma non potranno certamente essere minori della somma di quelle che sarebbero state scritte ne’  singoli bilanci. Anche dunque nella mancanza di elementi statistici intorno alla situazione finanziaria delle altre parti d'Italia, noi potremo argomentare, quale debba essere il disavanzo del bilancio generale del regno italiano, da quello che sappiamo di queste nostre provincie napoletane.

Ora che il disavanzo dell’anno 1862, per le provincie napoletane, debba essere di circa 132 milioni di lire, è cosa facilissima a dimostrarsi.

Nel bilancio dell’anno 1861 per le provincie napoletane, la spesa fu preveduta per lire 100,498,766; ma poi fu corretta per lire 104,303,161; ma in questa cifra di spese non erano comprese

quelle dei rami di guerra, e marina, della diplomazia, lista civile, ec.

Nulladimeno, nell’ipotesi, che in vece di un bilancio per l’intiero regno, si dovessero far tanti bilanci parziali per quanti erano una volta gli antichi stati italiani, è chiaro che a carico di queste provincie si dovrebbe scrivere una somma proporzionale per tutte queste spese.

Similmente, sempre sull’ipotesi in cui ragioniamo, dopo la fusione de’ diversi debiti pubblici in un solo debito pubblico italiano, è chiaro, che bisognerebbe cancellare dalle spese del bilancio napoletano l’antica rendita napoletana, e scrivere invece quella rata del debito pubblico italiano, che ricade a carico di queste province, seguendo le regole di una proporzione qualunque.

Ora tenute presenti tutte queste cose, non credo che andremo errati di molto, se fissiamo a soli 150 milioni di lire la cifra di tutte queste spese comuni e generali, a carico delle provincie napoletane (1).

Se dunque si dovesse fare un bilancio particolare per le provincie napoletane per l’anno 1862, bisognerebbe scrivere in esito la somma di 254,303,161 lire.

Or quale è la rendita attuale delle provincie napoletane?

(1) Le spese comuni e generali secondo il bilancio del 1861, e le variazioni indicate nell’esposizione del Conte Bastogi sono come segue:

Ministero di guerra 274,863,800
     «            di Marina 59,040,434
       «           Esteri 2,440,919
Lista civile 11,000,000
Debito pubblico 147,000,000
Ministeri ed Amministrazioni centrali 4,000,000
498,345,153

La popolazione dell’attuale regno d'Italia è di 22 milioni (l’abitanti Tra questi l’ex regno di Napoli figura per 6,800,000 abitanti – Ricadrebbe quindi la rata di suo carico al terzo circa della spesa totale Noi la valutiamo quindi a soli 150 milioni.

Dagli specchietti pubblicati dalla tesoreria di Napoli, fatte le debite deduzioni per le ferrovie venduto, o regalate, e delle poste i cui proventi trovansi incentrati a Torino, risulta che nel 1861 l’entrata è stata di lire 81,601,645. Aggiungiamo a queste cifre il decimo di guerra, che è già in corso di riscossione, e che noi valutiamo a 6 milioni di lire, ed avremo che l’entrata in totale ascenderà a 87,601,635 lire.

Ciò premesso, il disavanzo sarebbe il risultato delle due cifre riportate, cioè:

Spesa Lire 254. 303. 161
Entrata Lire 87. 601. 615
Disavanzo Lire 166.791.516

Ma il signor Bastogi ci rammenta che per effetto della fusione, e della nuova organizzazione che n’è venuta in conseguenza, vi sono state molte economie nelle spese locali di queste provincie. Questa osservazione e giustissima; pure se l’onorevole signor Bastogi non ne avesse parlato, noi avremmo preferito d’imitare il suo esempio. Ma quando egli ne parla, siamo costretti a parlarne anche noi, per ridurle al loro giusto valore, ossia per dimostrare, che dopo l’annessione le spese per le provincie napoletane sono cresciute, anziché scemate.

È evidente, che se due famiglie si uniscono insieme trovano un’economia nella spesa, per l’adagio comune, che il fuoco che riscalda un uomo, basta anche a riscaldarne due.

Lo stesso dovrebbe essere de’ paesi. Se di due regni ne fate un solo, moltissime spese debbono andar soppresse per questo solo fatto. Ma nel caso presente la cosa va tutto al rovescio.

Quali sono le riforme operate in conseguenza della fusione, annessione, o esplosione che voglia chiamarsi? Vi erano de’ ministeri, e de’ ministri, ed ora non ve ne sono più.

Vi erano de’ direttori generali, ed ora vi sono de’ gerenti, o commessari. Si è chiamato Questore, l’antico Prefetto di Polizia; e si è detto Prefetti, agli antichi lntendenti. Ma è stato diminuito il numero degl’impiegati? Sono stati sccmati i salari? Niente affatto. Si è cominciato per mandare al ritiro i due terzi degli antichi impiegati, e con questo si sono aumentate le pensioni; poi si è accresciuto il numero degl’impiegati; finalmente si sono aumentati i soldi. Nell’amministrazione delle poste il numero degl’impiegati era di 443, oggi è di 1046; l’antica direzione de’ ponti e strade costava pei soldi 76000 ducati l‘anno, ora i soldi montano a 150. 000; anticamente 270 impiegati facevano il servizio della telegrafia elettrica, ora se ne contano 893. Il servizio sarà certamente migliorato; ma noi qui ora non trattiamo di miglioramento di servizio, ma di aumento di spese.

Che importa dunque che sieno stati mutati i nomi, se il numero degl’impiegati è lo stesso, anzi è cresciuto? Questi infelici impiegati napoletani possono essere mandati trottando a Torino, a Milano, a Bologna, a Firenze, i loro soldi restano sempre immobili sui bilanci, e bisogna pure pagarli alla fine del mese.

E badiamo, noi qui non intendiamo calunniare le intenzioni del ministero; forse avrebbe preferito meglio di diminuire il numero esorbitante degl’impiegati, e di ridurre il più possibile le spese, per ristabilire l’equilibrio tra l’entrata e l'uscita.

Ma non l’ha fatto; e forse nol poteva e nol doveva fare. E noi non intendiamo ora farci qui giudici  né della politica,  né delle intenzioni del governo. Noi vogliamo unicamente richiamare l'attenzione pubblica sulla quistione finanziera, per preservarci dalla rovina a cui potrebbe menarci una fatale illusione.

Con queste premesse, passiamo ad esaminare l’economie ottenute nel napoletano, per effetto della fusione.

1° È stata abolita la luogotenenza, e la segreteria di stato, riportate nel bilancio del 1861 per la spesa di lire 2,467,110. Ma in questa somma erano comprese le spese per la stamperia nazionale, per gli ordini cavallereschi, ed i soldi degli antichi impiegati del ministero della presidenza. Dedotti quindi questi rami di servizio, l’economia si ridurrebbe a lire 2,111,111.

Ma da questa somma bisogna ancora dedurre le indennità accordate al prefetto di Napoli, in lire 120,000,

quindi tutta la economia si riduce a lire............................. 1,991,111
2° Sono stati aboliti i ministeri; ma gl’impiegati continuando ad essere pagati, tutta l’economia si riduce alle spese di scrittoio, ed ai soldi de’ ministri, e queste due partite montano a lire.......................................................... 591,131
3° È stata venduta, o per meglio dire regalata, la via ferrata da Napoli a Ceprano, e si sono risparmiate cosi le spese di costruzione e di mantenimento per quel tratto. Ma restano ancora a carico dello Stato, il mantenimento e la costruzione del tratto da Cancello ad Avellino. Tutto l’articolo delle vie ferrate, secondo il bilancio del 1861, costava la somma di lire 6,163,191. L’economia ricadrebbe sul solo ramo ceduto; ma non importa, riportiamola per intero; avremo un’altra economia di lire....




6,163,191
4° Il servizio delle Poste già accentrato offre un'altra economia di lire.......... 961,408
Totale delle economie 9,706,841

Ma a questa cifra va controposto l’aumento delle spese per l’anno 1862.

Il segretario generale Sacchi, nel bilancio delle sole amministrazioni finanziere delle provincie napoletane, prevede per l’anno 1862 la spesa di lire 70,601,630. Ora nell’anno 1861 le stesse amministrazioni finanziere erano portate nel bilancio di quell’anno, per la spesa di lire 55,884,294, dunque vi è un aumento di lire 14,717,336; da cui dedotte l’economie,

come sopra, in lire 9,706,408 si ha un aumento di spese pel 1862 in paragone del 1861, di lire 5,010,928.

Ecco l’economia prodotta dalla fusione! (1)

E l'aumento d’indennità accordata ai prefetti? e le spese dei nuovi tribunali? e quelle delle guardie mobili, che sono un secondo esercito pagato per combattere il brigantaggio? Ma di tutte queste spese vi fo grazia.

Cambia dunque la posizione, ma in peggio. Le spese di queste province napoletane, che nel 1861 sommavanoa lire 101,303,161, nell’anno 1862 bisognerà riportarlo per lire 109,306,809. Ai quali aggiunte le spese comuni, e generali in lire 150 milioni, la somma totale pel 1862 sarà di 259,306,089.

Dai quali dedotta l’entrata in lire 100,939,224 per quanto è riportata nel bilancio pubblicato dal sig. Sacchi, si avrà un disavanzo di lire 158,366,865.

Ma nel bilancio passivo pubblicato dal signor Sacchi e compresa la rendita dell’antico debito pubblico napoletano, in annue lire 26,002,985.

Questa cifra va dedotta, perché per la fusione di tutt’i debiti particolari nel nuovo debito italiano, è stata compresa nei 150 milioni da noi messi a conto per le spese comuni, e generali; dunque il disavanzo dell’anno 1862, per le sole province napoletane, può fondatamente prevedersi per 132 milioni di lire.

Or, se per le sole provincie napoletane si avrà un disavanzo di 132 milioni, come è mai presumibile, che il disavanzo pel regno intero sarà di soli 317 milioni?

(1) l risultamenti finanziari dell’annessione sono stati uniformi da per tutto. Le spese di tutt’i diversi Stati d'Italia prima dell’annessione sommavano in uno a Lire 507,034,409 ora le spese del nuovo Regno d'Italia sommano ad 840 milioni. L'Italia unita deve dunque pagare quasi il doppio delle imposte che pagavano i singoli Stati prima dell’annessione.

Anche nel 1861 il ministro delle finanze prevedeva un disavanzo di 314 milioni; ed ora egli stesso dichiara, che è stato effettivamente di 400 milioni.

Ma questa stessa cifra rappresenta il vero disavanzo del 1861?

Noi ne dubitiamo molto. E ne dubitiamo principalmente perché vediamo, che nelle sole provincie napoletane il disavanzo per l'anno 1861, giusta i documenti uffiziali pubblicati dalla tesoreria, somma a circa 90 milioni; esso nei calcoli presentati alle camere dal ministro figurava per soli 20, o 22 milioni, e non si vede che questo errore sia stato corretto.

Ma riteniamo pure che il disavanzo del 1861 non abbia oltrepassato i 400 milioni. Noi domandiamo: se in quell’anno in cui la spesa era preveduta per 805 milioni, si è avuto un disavanzo di 400 milioni, com’è possibile che nel 1862, in cui il ministro prevede una spesa di 840 milioni, il disavanzo sarà di soli 317 milioni? Se seguiamo la regola di proporzione il disavanzo dovrà essere di 435 milioni.

Difatti ciò che realmente si raccoglie da tutto il discorso del signor Bastogi è:

1.° Che le rendite del 1861 sono state prevedute per 490 milioni di lire.

2.° Che si sono realmente incassati 467 milioni.

3.° Che le spese del 1861 erano state prevedute per 805 milioni.

4.° Che la spesa effettiva pel detto anno è stata di 867 milioni.

5.° Che si prevedeva un disavanzo di 314 milioni.

6.° Che il disavanzo effettivo è stato di 400 milioni.

7.° Che la spesa pel 1862 si prevede per 840 milioni.

8.° Che le rendite si prevedono per 521 milioni.

Trattandosi di cifre noi non abbiamo bisogno che ci si venga a dire, che l’argomentare per analogia sia un metodo inesatto, ed insicuro; lo confessiamo noi stessi. Ma sosteniamo, che in un governo costituzionale non si dovrebbe essere costretti a seguire questa specie di argomentazione.

La situazione finanziaria dovrebbe essere esposta chiaramente, e francamente in tutti i suoi particolari, senza ambagi, e senz’artifizio, ed in un modo si semplice da permettere a ciascuno di farsene una idea chiara.

Nel sistema parlamentare non dev’essere permesso neppure il dubbio sulla situazione delle finanze. Il paese, che è chiamato a pagare le imposte, ha il dritto di sapere chiaramente quali sieno le condizioni dell’azienda pubblica; ha il dritto di sapere se i sacrifizj che gli si chiedono, assicurano il suo avvenire, ovvero sono espedienti palliativi, sforzi inutili, che non possono salvarlo dalla obbrobriosa catastrofe del fallimento.

Ed il ministro ha l’obbligo di essere franco, e sincero. Le esposizioni artificiose, quello che contengono due verità, l’una pei governati, l‘altra per i governanti, non possono aver posto ne’  governi costituzionali, fondati sul suffragio universale.

Nel detto regime non vi sono più governanti, e governati; il paese governa se stesso, ogni cittadino ha il dritto di saperne quanto un altro.

Ora, che cosa vuol dire portare in conto di economie debiti non pagati, ovvero spese che si cancellano dal bilancio, per pagarle con debiti, che vanno a farsi?

Così per esempio il ministro delle finanze annovera tra le economie del 1861 la somma di 50 milioni, scritta nel bilancio del 1861, per le vie ferrate dell’adriatrico e calabro-sicula, la quale non figurerà neppure nelle spese del 1862.

«Intorno al modo di provvedere a quelle spese, egli, dice il mio onorevole collega de’ lavori pubblici sottoporrà alla vostra approvazione un apposito disegno di legge, che spero incontrerà il vostro gradimento.

Quale è questo disegno di legge?

Un prestito di 60 milioni.

Voi dunque togliete del conto annuale delle spese 50 milioni, e fate un debito di 60 milioni!

Vi pare che questa sia una economia?

Evidentemente i vostri 60 milioni fanno parte del disavanzo; voi ci provvedete col prestito; ecco tutto – Ma per questo solo articolo il disavanzo che voi provvedete per 317 milioni, è effettivamente di 377 –  Perché non dirlo? perché non adottare una situazione contabile che dice la verità?

Similmente, il ministro delle finanze pone tra le economie la somma di 20 milioni di lire, scritta nel 1861, ed annullata pel 1862, per pagamento del debito della tesoreria verso il banco di Napoli.

Questo vorrebbe dire, che il detto debito sia stato pagato – Ma nella relazione del signor Sacchi, che è stato segretario generale delle finanze in Napoli, si legge che a tutto il 1861 il debito della tesoreria verso il banco è di 30 milioni; dunque non solamente non vi e l’economia di 20 milioni, ma al disavanzo di 377 milioni bisogna aggiungere ancora 30 milioni, ciò che lo fa montare a 407 milioni.

Finalmente che cosa si deve pensare di ciò che il signor Bastogi viene a dirci, quando riunisce in uno i due esercizi del 1861, e 1862 per chiarire la situazione delle finanze italiane?

«Riassumiamo adesso, egli dice, in una parola le nostre condizioni. Il disavanzo del 1861 è stato di 400 milioni, quello del 1862 sarà di 317 milioni. In tutto 717 milioni di disavanzo (sensazione nella Camera ).

«Quale parte attiva si contrapone a questa somma cumulativa e del disavanzo di due anni?

«1.° 35 milioni ritratti dall’alienazione delle rendite napolitane.

«2.° 23,880,000 ritratti dall’alienazione delle rendite di Sicilia.

«3.° 500 milioni del prestito del 1861.

«Per modo che l‘ingente disavanzo di 717 milioni, si riduce in tal guisa a un disavanzo di 158 milioni.

«In altri termini, noi abbiamo colmato il vuoto del 1861 e oltre a ciò abbiamo provveduto a tutto il disavanzo straordinario a per l’anno 1862, e a 51 milioni pel disavanzo che deriverà dalla «parte ordinaria. Sicché tutto il disavanzo del 1862, e del 1862 si riduce a un disavanzo nelle spese ordinarie del 1862 di 158 milioni (movimento generale).

Dunque per le risorse del 1861, non solamente voi avete pagato tutte le spese di quell’anno, ma vi restano ancora disponibili 159 milioni, per le spese dell’anno 1862.

Ma allora, perché ci venite a parlare di disavanzo del 1861? Perché ci parlate di 317 milioni di disavanzo pel 1862? La vostra esposizione potea ridursi a due parole: «Noi abbiamo pagato tutte le spese del 1861, ed abbiamo ancora in cassa 159 milioni per le spese del 1862. Ma questi non bastano, ci occorrono ancora 158 milioni.»

Ecco tutto ciò che il ministero avrebbe dovuto dire al Parlamento (1). Ma ammettiamo pure la sua nuova posizione contabile;

(1) Dopo la pubblicazione di questo scritto il signor Bastogi ha presentato ai Parlamento il bilancio del 1862. Eccone i risultati:

Attivo Lire     531,285,006. 84
Passivo »       840,131,378. 86
Disavanzo Lire     308,846,372. 02

Il disavanzo dunque non è più di 158 milioni, come aveva cennato il Ministro delle Finanze, nell'esposizione che abbiamo tolto ad esaminare. Non è neppur di 317 milioni. Le rendite non sono più per 521 milioni, ma si elevano a 531.

Da tutte queste cifre contraddittorie non si può cavare che una sola conseguenza, ed è questa, che nell’azienda pubblica regna un tale caos che non è dato ad occhio umano di vedervi dentro.

sono esatte le cifre che egli riporta tra le risorse di sopra notate? Il lettore potrà giudicarne da un solo esempio.

il signor Bastogi nota 35 milioni di lire, ricavati dalla vendita della rendita napoletana creata dal passato governo.

La rendita creata dal passato governo napoletano, dal primo ottobre 1859 sino al 7 settembre 1860, è stata di ducati 950,000 pari a lire 4,039,399, giusta il seguente specchietto estratto dalle pubblicazioni ufficiali.

Con decreto del 12 ottobre 1859 D.   200.000
Con decreto del 1 maggio 1860 D.   100.000
Con decreto del 6 giugno detto D.   200.000
Con decreto del 6 agosto detto D.   300.000
Con decreto del 1 settem. detto D.   150.000
Totale D.   950.000
Inoltre nel 13 ottobre 1859 esisteva ancora presso
la Tesoreria una rendita di 79,556, residuo di rendita creata con decreto del 23 ottobre 1854................................................   D.    
   79. 556
In uno.....    D. 1,028,556

Questa rendita fu venduta in diverse epoche al prezzo coacervato di ducati 85 per ogni 5 di rendita, e però fruttò un capitale di 17 milioni di ducati; somma, che, come risulta dalle pubblicazioni del segretario generale Sacchi, è stata per intiero versata in saldo dell’esercizio del 1860.

Non è dunque di questa rendita che il ministro ha inteso parlare – Ma, ed allora di qual rendita ha potuto egli servirsi? I 35 milioni che egli mette in conto, rappresentano il prezzo di una rendita appartenente alla tesoreria, ovvero ad amministrazioni pubbliche dipendenti dello Stato, o semplicemente messe sotto la tutela del governo? Nel primo caso quella somma costituirebbe una risorsa; ma nelle altre due ipotesi non sarebbe veramente una risorsa, ma un prestito.

Veramente oltre la rendita creata dal passato governo in annui ducati 1,029,556 riportati sopra, vi sono stati altri duc. 501,709 di rendita confiscata in danno della casa reale di Napoli – Ma non bisogna obbliare che quella rendita fu confiscata sotto la dittatura del generale Garibaldi.

Ora nel bilancio delle provincie napoletane per l’anno 1861, approvato nel tempo de’ pieni poteri del Principe di Carignano, tutta la rendita esistente presso la tesoreria di Napoli è riportata per un capitale di ducati 3,700,000, pari altre 15,721,606 Questa era tutta la rendita che rimaneva disponibile nel 1861; donde ci sarebbero piovuti gli altri 20 milioni, per raggiungere i 35 milioni messi in conto delle risorse straordinarie?

Che se ci si rispondesse, che la cifra segnata nel bilancio del 1861 per le provincie napoletane era erronea, e che invece di un valore di 15,72 5,606 esisteva effettivamente presso la tesoreria una rendita del valor capitale di 35 milioni, noi lasciando la cura di rispondere agli autori di quel bilancio, dimanderemmo sempre, se soppressa la dittatura e spirali i poteri straordinarii della luogotenenza, sarebbe stato in facoltà del ministero di alienare una rendita pubblica, senza il consenso e l’autorizzazione del parlamento.

Ma sia pure così, e poniamo che nel bilancio napoletano per l’anno 1861 vi fosse stato errore, e che avrebbero dovuto scriversi 35 milioni, invece di 15 milioni Resterà sempre, vero, che quella somma sia stata tutta spesa per saldare il disavanzo napoletano, e però non può portarsi in conto del disavanzo generale del regno d'Italia Nel più volte citato rendiconto del signor Sacchi, noi troviamo riportata una somma di 8 milioni di ducati, pari a 35 milioni di lire, che si dice essere stato il prezzo di rendita appartenente alla tesoreria di Napoli.

Or se i detti 35 milioni sono stati già spesi a Napoli per saldare il disavanzo napoletano, come possono figurare in conto del disavanzo generale del regno d’Italia?

Allora avrebbero potuto essere messi in conto del disavanzo generale, quando nel passivo generale del regno d'Italia fossero state comprese anche le maggiori spese, fatte nel napoletano, per I’anno 1861 – Ma questo, come abbiamo già accennato, non è stato fatto.

Ed in effetti, nella formazione del bilancio generale del regno Italiano, fu preveduto un disavanzo di 267 milioni – In quel bilancio, come in quel disavanzo, non erano comprese le spese delle provincie napoletane.

Nella tornata de’ 29 aprile 1861 il ministro delle finanze, rettificando le previsioni del suo predecessore dichiarò che il disavanzo del 1861 montava a 317 milioni – Tra questi erano compresi 20 milioni di disavanzo per le provincie napoletane.

Nella tornata de’ 10 luglio 1861 il ministro delle finanze annunziò alla camera un altro disavanzo di 77 milioni; nessuna parte di questa somma era riferibile alle provincie napoletane.

Durante le vacanze parlamentari furono fatte altre spese non prevedute nel bilancio. Esse sommarono a 46 milioni, tra questi figurano le provincie napoletane per 2 milioni.

In uno dunque, nel disavanzo generale del regno d'Italia per l’anno 1861, sono stati compresi solamente 22 milioni del disavanzo napoletano.

Ora se voi riunite in uno tutte le spese fatte nelle differenti provincie Italiane pel 1861, potete egualmente riunire in uno tutte le risorse; contrapporre le une alle altre, e stabilire il disavanzo generale.

Ma se voi tenete delle spese e delle rendite del napolitano un conto separato; se liquidate per queste un disavanzo, e ponete un introito

in confronto di quello, è chiaro che non potete più valervi di quell’istesso introito per controporlo al disavanzo del resto d'Italia.

In altri termini; tutto il disavanzo del 1861 per le provincie napoletane somma a 90 milioni Se questo disavanzo fosse stato compreso nel disavanzo generale, voi potreste portare in introito le somme impiegate a saldarlo – Ma quando non avete riportato nel vostro conto generale, che soli 22 milioni, non potete portare in introito che una somma uguale.

Ora che voi non avete compreso nel conto delle vostre spese in eccedenza del bilancio, che soli 22 milioni per le provincie napoletane, risulta delle vostre stesse parole e dai vostri stessi atti; ma noi ne daremo anche una pruova indiretta, ed è questa, cioè; che se aveste riportato su i vostri conti gl’intieri 90 milioni, avreste dovuto scrivere nelle risorse, non solamente 35 milioni, ma benanche le seguenti somme, che hanno costituito le risorse straordinarie, con le quali si è saldato, secondo il signor Sacchi, il disavanzo napoletano.

Pegnorazione di rendita lire............................ 2,549,936
Dazio di consumo............................................ 2,214,194
Vendita di grani.............................................. 74,542
Dalle madrefedi della cessata intendenza del

l’esercito napoletano.......................................

18,817
Dal Lazzaretto di Nisida................................. 127,496
Dagli utili della cassa di sconto...................... 424,989
Del deposito della madrefede del 4 0|0 delle ferrovie................................................................ 16,999
Da beni della cassa di servizio......................... 8,694,457

E dopo ciò resterebbero ancora a pagarsi in saldo 2 milioni di ducati, pari a lire 8,499,787, rimanendo sempre a sapersi, a chi si appartengono le rendite pegnorate per lire 2,549,936, ed a chi debba restituirsi la somma di lire 8,694,457, provenienti da’ beni della cassa di servizio.

Or dalle esposte cose risulta che la più completa oscurità regna intorno alla partita de’ 35 milioni portate tra le risorse del 1861 – È una partita duplicata per intiero? deve essere corretta pei soli 15 milioni? deve contare per soli 22 milioni? Sino a maggiori chiarimenti tutto induce a credere, che sia una partita duplicata, ed in questo caso il disavanzo crescerebbe a 442 milioni.

Ma finalmente, sopra quali risorse il ministro conta per saldare il disavanzo, che egli provede, per soli 158 milioni?

Egli propone un aumento di tasse per 138 milioni; supplirà al resto con beni del tesoro.

Il mezzo sarebbe facile e spedito, se per riscuotere una tassa, bastasse scriverla sui bilanci; ma in finanza spesso, quattro e qualtro non fanno otto: il più delle volte, fanno tre.

Noi non esamineremo, per ora, in merito le tasse speciali proposte ed approvate – Non dimanderemo, perché si è chiamata tassa di registro, una imposta che quando cade sulle successioni o sulle vendite, tassa di capitale; quando cade sulle locazioni, tassa la rendita.

Non lo dimanderemo, perché ci si risponderebbe: «La nostra legge non è che una traduzione della legge francese» – Questo lo sappiamo; ma ci rimarrebbe a sapere, perché ci avete importata di Francia una legge mostruosa e vessatoria, che viola tutt’i principii della scienza economica, ed è in aperta contraddizione con tutte le tendenze e le aspirazioni del nostro tempo!

Quella legge era forse scusabile nel 1791; ma essa è un controsenso nel 1862. Essa rinnova il regime delle imposte feudali. – Una legge che tassa le successioni, attacca le sorgenti della ricchezza pubblica e privata. – Dione Cassio lo ha osservato, quindici secoli prima che fosse nato Smith.

– Una legge che tassa le trasmissioni della sola proprietà immobiliare, mentre è ingiusta, si oppone direttamente allo spirito del tempo, che tende a mobilizzare il più possibile la proprietà – Finalmente una legge che ci obbliga a far l'inventario de’ nostri beni coll’intervento dell'agente fiscale, e un’insopportabile vessazione.

Ma lasciamo tutto questo – Noi conveniamo che la moltiplicità delle imposte sia utile al fisco – È un modo di accrescere le rendite – Se tutte le imposte si riducessero ad una sola, ad un testatioo p. e. , l’esazione ne sarebbe impossibile, anche quando la distribuzione graduale fosse matematicamente esatta.

Ma in tutto vi ha de’ limiti – Dividete e suddividete come vi piace, resta sempre, che l'Italia dovrà pagare da un anno all’altro, anzi 300 milioni di sopra tassa, in più delle antiche – Col tempo, se le sorgenti naturali delle sue ricchezze saranno coltivate con la pace, e con un ordine di leggi savie e morali, la ricchezza pubblica crescerà certamente; ma da oggi a domani, ed in una condizione politica ed industriale cosi anormale, così precaria, sperare un aumento di 300, o anche di 138 milioni, per tasse nuove ed esorbitanti, ci sembra una previsione di fanciulli.

E come! Nelle provincie napoletane le rendite prevedute per 109 milioni, non sono state in effetti realizzate che per 80 milioni; per la rimanente parte d'Italia, le rendite prevedute per 490 milioni non sono state realmente che di 467 milioni, e crederemo che nel 1862, le rendite saranno riscosse effettivamente per 820 milioni? Ma già, chi può dirci con certezza quali somme siano state veramente versate per conto dell’esercizio del 1861, a titolo d'imposta ordinarie?

E poiché il ministro ci ha parlato di beni del tesoro noi chiudercmo il nostro discorso con un’ ultima osservazione.

Che cosa vuol dire: «noi suppliremo ai 20 milioni; che ancora mancano per saldare il nostro disavanzo, con boni del tesoro?

I boni del tesoro sapete a che cosa servono? Ad anticipare l'esazione di una somma contemplata nel bilancio – La finanza, per esempio deve riscuotere un milione nel mese di agosto, ma ha bisogno di questa somma oggi; rilascia un bono, e così contrae un debito, per anticipare la scadenza delle sue rendite.

Ma in questo caso potete servirvi del bono, se avete la somma in introito nel vostro bilancio, ma non per saldare un disavanzo – Che se voi poi contate di tòrre a prestito oltre la somma della vostra rendita, il vostro bono è un debito bello e buono – E questo caso, è il caso nostro. Non ci dite dunque: «andremo avanti coi boni;» diteci: «andremo avanti col debito».

Ed a questo spediente la finanza dovrà ricorrere; ma il debito può egli essere la risorsa ordinaria di uno stato?

Il parlamento ha votate tutte le tasse proposte dal ministero, se ha fatto cosi per lasciare al ministero tutta intiera la responsabilità della situazione, noi non abbiamo nulla ad osservare. Ma non c’illudiamo; tutto questo non menerà a nulla. Per saldare il servizio del 1862 occorrerà un prestito, per lo meno, uguale a quello del 1861 E perché non dovrà essere lo stesso dell’anno 1863?

E noi auguriamo abbastanza di vita al ministero, perché venga ad annunziarcelo egli stesso dalla tribuna.

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