Eleaml - Nuovi Eleatici


Rivista contemporanea nazionale italiana, 1870 - Vol. LX – pag.  161-167 

A PROPOSITO DI FERROVIE

Ing. Emanuele Artom.



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Il deputato Coriolano Monti si è fatto ultimamente a muovere appunti sul giornale l'Opinione al tracciato delle ferrovie dell'Italia di mezzo, prendendo le mosse dall'opuscolo non ha molto stampato dal comm. Jacini sulle opere pubbliche in Italia. L'opuscolo stesso, gli articoli dell'onorevole Monti e la risposta che fece l'onorevole Jacini si riferiscono a cose fatte. Il primo intende a provare il nesso tecnico-economico delle linee ferroviarie eseguite o cominciate, il secondo si propone di dimostrare che per le comunicazioni di Firenze con Napoli si sarebbe tecnicamente ed economicamente potuto far meglio di quello che si è fatto, la risposta ultima dell'ex-ministro Jacini, finalmente, apologia dell'opuscolo che è per molti versi esso stesso un'apologia, concluderebbe col dire che quello che non si è fatto si può fare e non era quello che si doveva far prima.

Senza pronunziarsi sulle considerazioni svolte dai due onorevoli membri del Parlamento e sulla quistione particolare a cui si riferiscono, quella polemica quasi postuma si può ritenere come una prova di codesto, che il Jacini non parrebbe disposto ad ammettere, cioè che l'Italia non abbia proceduto nella determinazione dei tracciati delle sue comunicazioni ferroviarie più importanti con quel sistema complesso e completo di esami, studii e confronti che solo può guidare a risultati indiscutibilmente buoni.

L'onorevole Jacini, con un linguaggio che si direbbe sentir dell'amarezza di un ex-ministro che avendo probabilmente sempre voluto far bene non vorrebbe esser accusato di aver fatto male, piuttosto che della serenità dello scienziato pubblicista, ragiona nella risposta all'onorevole Monti sugli «strafalcioni» innumerevoli che in Italia si emettono a proposito di pubblici lavori.


Certo non tutti coloro che ne parlano o scrivono sono competenti a ciò far bene, o essendolo, sanno o vogliono mantenersi scevri da ogni spirito partigiano. Ma assai ci corre dall'ammetter ciò, allo escludere come «strafalcioni» le critiche che si odon frequenti all'operato o ai propositi del Governo sulle opere pubbliche. Pur troppo gli errori commessi non sono né tanto rari né così reconditi che ci vogliano menti assolutamente superiori per iscovrirne e denunziarne. Chi critica poi non ha quasi mai elementi positivi e basi certe su cui appoggiarsi in fatto di pubblici lavori, non vi essendo in Italia probabilmente chi voglia far eseguire a proprie spese studi tecnici di gran dispendio, per trarne fondati suggerimenti da esporre. Inopportune forse e solo consentite entro stretti limiti, le critiche rivolte all'amministratore che fece o lasciò fare, parrebbero utili come scuola pel futuro quelle che si rivolgono ai fatti; utilissime se il Governo le ponderi, quelle che hanno tratto al da farsi.

Non parrà dunque inopportuno, nemmeno all'onorevole Jacini, il prender le mosse dalla discussione della rete della media Italia, completa o prossima ad esserlo, per dire di tale fra le linee meridionali al cui carattere ed alla cui importanza non si è abbastanza badato, e sul tracciato della quale si è proceduto a quanto se ne dice, senza studi sufficienti tecnici e senza la guida di un determinato e potente concetto economico.

I milioni costano cari all'Italia. Si procuri dunque con ogni studio di spender bene quelli che le economie non dovrebbero né potrebbero toccare.


I.


Alcuni anni prima della unificazione italiana il Governo Borbonico concepiva, o ammetteva, il disegno di una ferrovia da Napoli a Taranto. Senza traforo delle Alpi, senza taglio dell'Istmo di Suez, senza unità di nazione dalle Alpi al Jonio, già si comprendeva come pel reame di Napoli la prima linea ferroviaria in ordine ad importanza economica e politica fosse una comunicazione diretta fra Napoli e il golfo di Taranto, quella centro commerciale, sociale, politico, questo ovvio collettore del commercio delle Calabrie, della Basilicata, della Terra d'Otranto e poscia della Sicilia e dell'Oriente.


Costituitosi il Regno d'Italia, accettato dal nuovo Governo — né facile era farne a meno — l'impegno che risultava da concessioni Dittatoriali per una rete ferroviaria sul Jonio, si cominciò una linea littoriale colla Società Adami e Lemmi.

A codesto primo stadio di lavori successe la concessione alla Compagnia Vittorio Emanuele delle ferrovie Calabro-Sicule: la prima pagina di una storia che pare sia giunta ora all'ultimo capitolo. Nella concessione alla Compagnia Vittorio Emanuele era compresa una linea dalle foci del Basento al Jonio fino all'altezza di Potenza, con previsione di eventuale prolungamento fino a Contursi e Salerno. Di tale linea, perla quale nulla si è fatto ancora tranne studi posteriori alla concessione, sembra non avesse il Governo nel 1863 un concetto ben definito. Nè ora, a sette anni di distanza, quel concetto ha molto progredito, le difficoltà economiche dello Stato aggiungendo un elemento di più e di non lieve importanza alla renitenza che pare si abbia a studiare bene le cose del Mezzogiorno. È una linea che ha importanza grande di interesse generale e forse internazionale. A dirne e chiamarvi su la pubblica attenzione vi è certamente un merito, quando ogni altro manchi, quello di fare esaminare e discutere un fatto non compiuto: esame e discussione che possono essere causa di grandi modificazioni del concetto primitivo, comprese entro i limiti estremi dell'essere o non essere.


II.


Perché e dietro quali vedute ha egli il Governo nel 1863 scelto la valle del Basento per l'andamento della ferrovia da Napoli al golfo di Taranto nel versante al Jonio? Parrebbe che il Governo avesse pensato a Potenza, città capoluogo di provincia che si avvicina con quel tracciato, e al carattere abbastanza regolare della valle del Basento medesima.

Parrebbe: ma non si potrebbe affermarlo precisamente, perché di studi di confronto fra la valle del Basento ed altre valli parallele e sovratutto dei vari sboccili dalla cresta dell'Apennino al Tirreno, sembra non se ne siano falli prima del 1863. Lasciando però questo in disparte, si può quasi ritenere che il Governo non si sia reso conto dello scopo a cui deve rispondere una linea Jonio-Napoli, della sua importanza, del carattere di comunicazione di primo ordine che le compete, né per conseguenza dell'andamento che convenga assegnarle.

Forse è stata delta o scritta da altri, né sarà però novità e scoperta se non per chi non l'udì o non la fece ancora, ma è cosa codesta molto importante e degna di essere studiata da quanti eletti ingegni abbiamo, che amino di eguale amore la scienza e il progresso nazionale in tutta la nazione: la linea Jonio-Napoli può e dovrebbe mirare ai seguenti tre principali obbiettivi:

a) Legar con Napoli e Firenze, con risparmio di duecento chilometri di ferrovia, le tre Calabrie, la Terra d'Otranto, la Basilicata e quella rete Siciliana che non potrà aver comunicazione ragionevole col continente finché vi sia legata pel giro Reggio-Taranto-Foggia-Napoli-Firenze, o Reggio-Taranto-Ancona-Bologna-Firenze.

b) Far guadagnar a Napoli da cento a centoventi chilometri per le provenienze di Suez, quasi altrettanto a Livorno, qualche chilometro finalmente anche a Genova, sostituendosi alla via Suez-Brindisi-Foggia-Napoli, o Suez-Brindisi-Bologna, l'altra Suez-Taranto-Jonio-Napoli, essendo poi pressoché identiche le distanze Suez-Brindisi e Suez-Taranto, la navigazione nel golfo di Taranto meno pericolosa di quella dell'Adriatico, e Taranto ricca di un porto sotto molti aspetti preferibile a quello di Brindisi.

c) Chiamato così il commercio orientale ai tre principali centri sul Tirreno, vincolare il commercio marsigliese al passaggio Taranto-Napoli-Genova, come quello che può dare qualche chilometro di meno della linea Brindisi-Alessandria-Genova pel proseguimento Genova-Marsiglia e renderlo più diretto e indipendente, perché la linea Taranto-Napoli-Livorno-Genova-Marsiglia è una linea direttamente continua, il che non è di quella Brindisi-Bologna-Alessandria-Genova. 11 commercio anglo-germanico seguirebbe il lido adriatico, il commercio francese il lido tirreno, con divisione feconda di brillanti conseguenze alle condizioni del commercio italiano.

Una linea siffatta avrebbe dovuto, pare almeno, essere ben esaminata, ben studiata e, che è più, anche cominciata. Invece ecco quello che si è fatto. Si è fissato il tracciato di massima per legge per l'ascesa dell'Apennino senza che fosse manco definita la scelta della opportuna discesa al Tirreno. Successivamente si fece concessione di una linea da Potenza a Gioia, concessione che con acconcio termine medico si potrebbe chiamare un derivativo, e che non può essere tradotta in realtà perché comprende una linea di interesse locale quasi esclusivo di una parte della Basilicata, la quale dovrebbe lavorare con propri capitali. Finalmente degli studi fatti per la valle del Basento per cura dell'impresa costruttrice delle Calabro-Sicule, si incaricò di esame e di rettifica lo stesso concessionario di quella linea Potenza-Gioia, la quale, sebbene non sia che un derivativo per le brame delle popolazioni immediatamente interessate, si può creder rivaleggi colla linea Jonio-Potenza. Gli è certo che il Governo poteva altrove e meglio trarre partito dell'abilità e dell'ingegno che deve avere quel concessionario.


III.


Il caso si può adunque considerare come nuovo, non sembrando sia da darsi importanza a quel tanto che finora si è fatto, oltre a quanta ne abbia in fatto ed è certamente poca. Nè sarà un precedente rigorosamente osservabile la legge di concessione del 1863, se il concetto fondamentale ne sia mantenuto. Posta la linea Jonio-Napoli quale fu espressa, e per avventura con una certa esattezza, sembrerebbe anzitutto doversi scartare come dato influente la condizione di avvicinar Potenza. Città di 15 a 20 mila abitanti, capo ad una provincia che tutti comprendono e dicono doversi altrimenti circoscrivere, dover forse sparire per dar luogo ad un ordinamento più economico, più topografico, più logico in una parola, delle finitime provincie Pugliesi, Calabresi e del Principato Ulteriore, sarebbe esagerare il peso che possono avere gli stretti interessi municipali, il volerli metter in bilancia contro quelli di gruppi di provincie non solo, ma contro interessi nazionali ed internazionali. Facendo dunque intieramente astrazione da Potenza e dal modo letterale con cui si formola la disposizione relativa alla prima parte di una linea Jonio-Napoli nella legge di concessione delle ferrovie Calabro-Sicule, la scelta di una valle pare meriti una discussione.

Il problema è complesso. Di grandi fiumi, dalle valli dei quali si sale fin quasi alla cresta dell'Apennino nella direzione di Napoli, Ire ve n' hanno che hanno foce al Jonio in Basilicata, il Basento, l'Agri e il Sinno. Certamente codeste tre valli non si prestano egualmente allo stabilimento di una ferrovia, e della migliore opportunità per tracciato, pendenze, spesa e stabilità che offra ciascuna vuolsi tener conto come di un primo elemento.

Ma la ferrovia per Napoli dal Jonio non deve solo ascender il versante apennino a cui appartiene il bacino del Basento. Essa deve altresì valicar lo Apennino, o meglio forarlo, ché l'altezza della cresta non si potrà raggiungere, né converrebbe; essa deve poi scender al Tirreno a Salerno.

Or quale è la valle che presenta migliori opportunità di valico o traforo della suprema cresta dell'Apennino e migliore tracciato per la discesa al Tirreno? L'importanza che ha un tracciato per la discesa al Tirreno è eguale a quella del tracciato per la salita dal Jonio, è importanza che ha un triplice aspetto secondo che si guardi alla economia nelle costruzioni, alla economia nell'esercizio ed alla economia rispetto gli interessi dei trasporti a cui giovano minime distanze con minime pendenze. La scelta non può dipendere adunque da un solo degli aspetti, ma dal confronto complesso dei dati a cui ogni lato dell'esame abbia dato un fattore, applicato poi con quel coefficiente di aumento o riduzione che importi il caso o le viste speciali che si abbia.

Un lavoro come questo, che si potrebbe chiamare, piuttosto che studio, invito a studi, non può essere una memoria tecnica. Sulla quistione di scelta di linea per rispetto alle migliori opportunità tecniche ed economiche per la ferrovia, come pegli interessi cui deve servire, giova solo indicare una opinione che è sostenuta dal giudizio di persone non prive di una certa autorità nella materia. Alla valle del Basento, preferibile in sè stessa a qualunque altra parallela per salire dal Jonio all'Apennino, parrebbe sia da sostituirsi quella dell'Agri che sale più alto di quella del Basento, e mette capo a poca distanza dall'origine del vai di Biano il bacino dell'alto Sele, sicché, tranne la galleria apennina non determinata, la discesa al Tirreno sarebbe di gran lunga più agevole di quella da Potenza a Contursi. È essa fondata codest'opinione? Gli è ciò che l'ingegneria dovrebbe dire al Governo, ma applicata sul terreno e non su carte geografiche.

La convenienza della valle dell'Agri risulterebbe anche per la seguente considerazione, che per essa la diramazione JonioNapoli farebbe risparmiare circa venti chilometri alle provincie di Calabria e di Sicilia, mentre poi centrale alla Basilicata non meno di quella del Basento, la lunghezza complessa che ne risulterebbe da Taranto a Napoli riescirebbe di poco superiore alla lunghezza dell'altra pel Basento e Contursi.


IV.


Con articoli di Riviste non si fanno però tracciati di ferrovie che debbano valicar l'Apennino. Studi coscienziosi e completi solamente possono fornire quegli clementi di fatto che, uniti allo sviluppo di considerazioni economiche e politiche accuratamente analizzate e valutate, debbon guidare ad una soluzione che riunisca le possibili condizioni di massimo vantaggio con minimi sacrifizi.

Esposte le circostanze generali che chiedono si leghi Napoli colla riva Jonia, colla ferrovia Calabria, con Taranto, indipendentemente da ogni veduta di politica interna o di dignità nel Governo in mantenere impegni ripetutamente e solennemente presi rispetto a popolazioni che posson mutare collo sviluppo delle loro ricchezze le condizioni d'Italia; esaminate le condizioni a cui una ferrovia Napoli-Jonio dovrebbe esser informata; indicati i lati tuttora inesplorati o quasi della quistione complessa di andamento, il quale, fissato come è, non sembra si possa avere per scientificamente stabilito; suggerita alle ricerche del Governo una linea che si ha per la migliore possibile; rimane solo ad augurarsi che non abbia fra qualche anno il ministro Gadda, stampando un opuscolo apologetico delle cose operate sotto il suo governo, a noverare la linea Jonio-Napoli fra quelle messe da parte perché la facciano i nepoti, oppure — ciò che è meno probabile — a spiegare come essa siasi cominciata a senso preciso di legge. Gli studi alla fine dei conti possono aversi come una risorsa da un ministero che sta provando colla sperienza quanta diversità corra fra il meditare economie e l'attuarne.

Fra altri elementi di studio per la ferrovia Jonio-Napoli vi ha altresì quello della ricerca dei mezzi di costruirla e del modo più opportuno, mezzi e modo che non è forse impossibile di trovare e determinare senza far lutto gravitar in bilancio. Ma gli è codesto un argomento che merita di esser trattato a parte; né a dirne ci sarà da far presto per tema che incalzino gli avvenimenti.


Ing. Emanuele Artom.


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