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La rivoluzione napoletana del 1820-1821 tra "nazione napoletana" e "global liberalism" dii Zenone di Elea

“Nel giorno sette del corrente Luglio fu proclamata in Napoli la Costituzione di Spagna, la Sicilia, la nostra bella patria fu considerata come una delle provincie, che debbono comporre quel regno. ”

Bastano queste parole del manifesto di presentazione de “LA FENICE” per dare una idea delle aspettative e delle recriminazioni di cui sono colme le pagine del giornale palermitano, nei vari interventi pubblicati fra luglio e settembre del 1820.

Quella che da taluni storici viene indicata come la prima rivolta separatista siciliana mostra tutti i limiti di quelle che ne “LA FENICE” vengono definite le due Nazioni (Napoli e Sicilia). Limiti che si risolveranno in incomprensioni e scontri – anche bellici – che impediranno di trovare un punto di equilibrio fra le esigenze di controllo dell’isola da parte della Monarchia Borbonica e le aspirazioni autonomistiche della Sicilia.

Tutto questo porterà al crollo della dinastia e il suo inglobamento nella Italia sabauda, senza condizioni. Le illusioni indipendentiste siciliane si consumeranno nella rivolta del sette e mezzo, quando il tallone di ferro dell’esercito sabaudo-italiano vi metterà la parola fine, grazie anche alla complice paura dell’anarchia di buona parte delle elites dominanti isolane.

Le conseguenze di questa incapacità politica di trovare un onorevole compromesso fra Napoli e Palermo le paghiamo ancora oggi.

Zenone di Elea - Ottobre 2019

GIORNALE LA FENICE

GIORNALE LA FENICE

MANIFESTO

(se vuoi, scarica il testo in formato ODT o PDF)
 

Se presso tutte le culte Nazioni, ed in ogni forma di Governo sono indispensabili i fogli periodici, e precisamente quelli i quali raccolgono gli atti e le determinazioni, che formano l’interessantissima Storia de'  lle operazioni di chi regge lo Stato, quanto non sarà presso Mi noi utile,e ricercato un Giornale inteso a questo oggetto; mentre rotti da un colpo ardito, e felice tutti i fili della antica amministrazione, e forma di governarci, si sta da noi riordinando la Macchina. politica, in guisa che la Sicilia possa dirsi quasi nuova del tutto e rinata? Epperò il Giornale che va a veder la luce lunedì venturo porterà il nome La Fenice, simbolo di questa nostra politica Rigenerazione. La espettazione universale, e lo scopo di esso ci dispensa dal raccomandarlo, come suol farsi per avventura da tutti i Giornalisti con parole e promesse, le quali poi allo spesso non vengono mantenute. Noi ci limiteremo a dire, che La Fenice conterrà per ora soltanto le determinazioni della Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità, precedute dai motivi, e dalle discussioni che le hanno prodotte.

La carta sarà uguale a quella del presente manifesto, il carattere consimile a quest’ultimo. Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insegna, e si ricevono nella Libreria dei Socj Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all’insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tari diciotto a trimestre, e tari sette a mese. Ogni foglio costa tari uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario per gli associati.

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì. Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll’indirizzo all’Estensore del Giornale La Fenice.

Alle Municipalità del Regno

La Giunta provvisoria di Governo unitamente ai Consoli per la sicurezza e tranquillità pubblica eretta in Palermo li 18 Luglio 1820.

SIGNORI

Non potete ignorare che lo stato al quale eravamo ridotti, dopo le ultime vicende, era tale che abbisognava un energico rimedio, onde restituirsi a quella florida posizione alla quale la mi tura della nostra isola ci chiama, Nel giorno sette del corrente Luglio fu proclamata in Napoli la Costituzione di Spagna, la Sicilia, la nostra bella patria fu considerata come una delle provincie, che debbono comporre quel regno.

Ogni buon Siciliano vidde le conseguenze fata di tale dipendenza, e fu persuaso, che i sin mali non facevano, che andarsi ad aggravare vieppiù Una generale indignazione si manifestò in que sta capitale al momento, che i dispacci dei nuovi ministri costituzionali davano a noi delle catene più pesanti; questa indignazione che si è fatta sentire nel cuore del Palermitani, e che certamente ognuno di voi ha risentita ancora, si era già manifestata nel seno di tutti i Siciliani dimorante in Napoli; chiamati a giurare la Costituzione Spagnuola coll'umiliante condizione però della dipendenza di Sicilia dal vicino regno di Napoli, s sono tutti ricusati; e molti nella certezza di perdere i loro impieghi, e forse la loro sussistenza I più notabili fra loro, Principe di Cassaro, Monsignor D. Beningario Gravina, il Generale Fardella, il Principe di Villafranca, i figli della Sig. Principessa di Partanna, il Comandante d marina Staiti di Trapani, il Comandante D. Francesco Barone di Messina, ed altri si sono presenta nel Consiglio napoletano, ed hanno spiegato alla mente il loro voto, che i siciliani non saprann giammai cedere all'indipendenza della loro patri dal regno di Napoli. Questi stessi sentimenti presentati con mode razione in Napoli formarono l'oggetto d'un voto popolare, col quale il giorno 15 di Luglio il po polo di Palermo domandò al Luogotenente de'  governo in Sicilia nel Duomo, i le strade a alta voce l'indipendenza, e la Costituzione d Spagna, b Queste voci accresciute, l'ostinazione della forza militare a volere reprimere gli eccessi del popolo nelle officine di nuova istituzione, produssero nel giorno 17 una terribile reazione; la truppa fu vinta; il Luogotenente del regno si allontanò dall'isola, le autorità pubbliche cessarono dalle loro funzioni; nacque il disordine, ed il generale scompiglio.

Essendo in questo stato le cose, la municipalità, ed i bravi Consoli delle maestranze come primari rappresentanti la popolazione istessa animati dal più sacro zelo nel bisogno di por fine al generale scompiglio organizzarono una Giunta provvisoria di numero venti soggetti, alla di cui presidenza istallarono l'Eminentissimo Signor Cardi mal Gravina, la quale avesse colla maggiore energia provveduto a calmare l'effervescenza popolare.

Questa Giunta, che oggi per le scuse dell'Eminentissimo Cardinal Gravi. a, è preseduta dal Signor Principe di Villafranca ritornato da Napo li, ha dato sinora le più energiche provvidenze per tranquillizzare questa popolosa Città, ed i suoi suborghi.

Al momento, che le sue interne occupazioni glielo han permesso si è accinta a rivolgere ancora le sue cure a tutte le altre Città del Reguo maggiormente dietro di essere stata ricercata da molte popolazioni.

Il suo principale scopo è quello d'invitarvi, Signori, a sostenere colla dovuta fermezza l'indipendenza Nazionale sotto la costituzione Spagnola, e concorrere ai suoi sforzi. Deponiamo le antiche rivalità, e mentre la Patria Comune è in pericolo riuniamoci sotto l’unico stendardo, ed uniti raddoppiamo le nostre forze, e le nostre risorse.

La Giunta invita ciascun Capoluogo di ogni Distretto ad inviare provvisoriamente un suo rappresentante, che si unisca in seno alla medesima e che possa comunicare colle diverse Municipali la del proprio distretto; perché si conservi un' unità d'operazione; e siccome li distretti di Messina, e Catania abbracciano nna maggiore popolazione ha invitato queste due rispettabili Città a spedire quel un mero di rappresentanti per ciascun Distretto cl e crederanno necessari.

Questa provvidenza interinaria servirà per disporre l'occorrente, onde formarsi la Camera secondo le forme della costituzione di Spagna locchè esigge molto tempo, e le circostanze dal momento sono talmente imperiose che vi abbisognano i più energici provvedimenti.

Da un altro canto ha scelto numero 8 onorati soggetti fra li componenti la Giunta perché si portassero in Napoli, onde maneggiare con quel Governo l'importante articolo della nostra Indipendenza; e combinare, occorrendo, degli artico li di confederazione fra le due Nazioni nei casi di guerra; ed a tale risoluzione ha dato una novella spinta l'arrivo in questo porto, con protestazioni amichevoli, di quattro legni della Marina Napolitana sotto li 25 del corrente.

Attende dunque la Giunta da voi Signori, che rispondiate al suo invito, e che colla stessa energia, che da essa si sviluppa, e che sola potrà farci ottenere la generalmente desiderata la di pendenza, voi vi applicherete a mantenere fra voi l'ordine, la tranquillità, e formare un'imponente forza Civica per far rispettare la sacra Indipendenza della Patria, le leggi, le proprietà, e gli onesti Cittadini contro i mali intenzionati.

Tostoché i vostri rappresentanti saranno fra noi vi comunicheremo le generali provvisorie dis posizioni. E perciò v'invitiamo ad eliggerli con sollecitudine, e far cadere la scelta su i Cittadini più onorati.

Palermo li 26 Luglio 1820.

Gaetano Bonanno Cancelliere


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Palermo 31 Luglio 1820 N. 1

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

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NOTIZIE INTERNE

Saria stato indispensabil dovere degli estensori di questo foglio nato dalle fiamme di una rivoluzione, l’occuparsi innanzi a tulio a redigere una storia degli ultimi fatti accaduti iti Palermo, che fosse rapida, breve e scevra di parzialità e di rancore. E di ciò, eravamo per incaricare, quando sentimmo il rapporto, che un Comitato della Giunta Provvisoria di publica sicurezza e tranquillità sommettea alla Giunta medesima, per servir poi di giustificazione allo sguardo dell’Europa e del Mondo.

Essendo nostro principale incarico inserire gli atti della Giunta, ci siamo avvalsi di questo officiale documento; il quale disteso a bella posta da un Comitato eretto a tal uopo dietro le più accurate ricerche, e contestazioni di molte persone testimoni de’ fatti, contiene in se quanto di più vero e di più sicuro può di sì grandi avvenimenti raccogliersi; e che nell’istesso tempo diventa un alto del Governo.

RAPPORTO

Fatto alla Giunta Provvisoria dal Comitato eletto a raccogliere gli avvenimenti de'  giorni 14, 15, 16, e 17 luglio.

Godea il Regno di Sicilia sin da tempi remoti lo inapprezzabil vantaggio di una forma cosituzional di Governo, comunque per abuso dei Governanti venisse più, o meno in diverse epoche offesa nelle sue prerogative; nell'ultima epoca penò, così felicemente permettendo gli avvenimenti politici dell’Europa, avea di molto essa migliorato la sua forma costitutiva con una Carta giurata dal Re medesimo; e già l’incremento de’ lumi, l'Agricoltura promossa e migliorata, il Commercio animato, faceanla progredire a gran passi, verso la prosperità, e l'opulenza. Ma quel gran cangiamento politico del 1815, che abbassando un tiranno in Francia, restituì la sua libertà all’Europa, alla Sicilia la tolse; perocché, appena riacquistato dal Re nostro il Regno di Napoli, noi vedemmo indi a poco dai Ministri Napoletani manomessa non solo la Carta costituzionale, ma quanti altri diritti, e prerogative più sacre, e vetuste avevamo. Pure la ferita, di cui più sentimmo il dolore, fu l’unione di questo nostro Pugno a quello di Napoli, e tanto più viva, ed insanabile fu quella piaga nel cuore di tutti, quanto più conoscevamo, che in gran parte la ricchezza, e prosperità Nazionale era in noi derivata dalla leale divisioni della Sicilia da Napoli. Più sventuratamente successero a tanto disastro insopportabili dazj, e quindi deperimento di Agricoltura e Commercio, e sistema amministrativo complicato e gravosissimo, e registro, e bollo, e carta bollala, e leva forzosa, duro provvedimento, di cui tutti i Governi di Europa poc’anzi incolpavano l’Imperatore dei Francesi.

In questo deplorabile stato eravamo, quando il giorno 11 luglio del 1820 giunse da Napoli a Palermo un legno, il quale avvisando la rivoluzione militare di Napoli, che avea dato a quel Regno la Costituzione di Spagna dal Re stesso giurata, ritornò, all’entusiasmo primiero, sopito sì ma non ispento, gl’intelletti Siciliani; i quali tanto più fortemente rilevandosi dall’oppressione, quinto più era stata quella pesante, proruppero in dimostrazioni di gioja ardentissime lo stesso giorno si vide il segnale della libertà il nastro tricolore dei Carbonari sul cappello di tutti, ed alle donne nel petto. Però la riflessione succedendo all’impeto primo della gioja, persuase la vanità di essa, se alla Costituzione di Spagna, a cui eravamo invitati, non si aggiungeva l’assoluta indipendenza da Napoli.

A dimostrare il qual sentimento un nastro giallo con impressa l'Aquila Siciliana adornò il petto di tutti; e la truppa che era a parte del gaudio comune riprodusse, ed accrebbe il giubilo universale. La mattina del 15 giorno di festa Nazionale sacra alla nostra Patrona Santa Rosalia, il Luogotenente generale Cavaliere D. Diego Naselli, portatosi al Duomo, senti le grida di Costituzione, ed Indipendenza, e di evviva alla truppa ripetersi pelle Strade, e nel Tempio. La sera però di detto giorno, in mezzo al godimento comune, ed alle reciproche dimostrazioni di amicizia fra i Soldati insigniti della divisa Carbonara ed il Popolo, il Generale Church odioso al Pubblico per d'incombenza della leva forzosa, e per le notizie, che di lui si aveano intorno agli avvenimenti di Lecce, ebbe l'imprudenza, e l'ardire di reprimere la gioja universale, minacciando alcuni dei Cittadini, e redarguendo acremente in faccia ai medesimi la Truppa, che vi corrisponde. L'indicazione popolare sollevossi in quel punto, od avrebbe forse punito all’istante l’insolenza di quello straniero, se non fosse riuscito a sparire con l'ajuto del generoso procedimento del Generale Coglitore, il quale per salvargli la vita mio egli stesso ferito con dolore di tutti. Intanto non potendo nella persona del Generale inveire il Popolo offeso corse alla di lui abitazione, e dopò breve resistenza della guardia ne torse in fiamme di mezzo alla Piazza Marina la mobilia. La mattina del 16 parte del Popolo andò a sfogar l’ira sua contro le officine di Registro, Intendenza, Carta bollata, e Segrezìa del distretto $ mentre altra parte in numerosa massa portossi a casa del Luogotenente, chiedendo Indipendenza e Costituzione di Spagna.

Il Luogotenente promulgò un affisso nel quale promise che andava a spedire sollecita mente una barca in Napoli, con le domande del Popolo (ciò che poi non fece col fatto) e che avrebbe comunicato il riscontro. Il Popolo vistosi cosi deluso, è pensando il danno, che potea recarsi dal Castello alla Città, chiese, che la custodia del medesimo fosse affidata alla Truppa unite mente ai corpi di Maestranze e mentre ciò si accordava dal Luogotenente, una moltitudine impaziente di aspettare, non trovandovi resistenza, invase il Castello. Là il primo passo fu quello di liberare i Coscritti, e quindi prendere tutti i fucili al numero d quattordici mila, e le provisioui da guerra, cosicché minossi in un momento una moltitudine immensa. A tale punto ridotti gli affari, il Luogotenente chiamò i Consoli delle corporazioni delle Maestranze perché si riunissero a forma di squadre, onde provvedere alla pubblica sicurezza: quali squadre dirette da un Cavaliere, e da un Console percorressero la Città, e la rimettessero in ordine. I Consoli animati di zelo cittadinesco si esibirono a tutto, e si licenziarono, aspettando l’istruzione che egli dovea fare redigere a questo effetto. Fu quindi creato un Ispettore generate di Milizia Civica, che andava a formarsi, e furono destinati molti Cavalieri per ciascun quartiere della Città. e Sobborghi, i quali doveano presederla: promettendo anche a questi le corrispondenti istruzioni, che poi non furono sino alla sera loro comunicate. La moltitudine armata intanto sempre più s’ingrossava, e sospettosa dei due fortini ai fianchi del Palazzo Reale voleva occuparli; l’Eminentissimo Cardinale Gravina, e molti Cavalieri, ed onesti Cittadini si framezzarono, persuadendo il Popolo, che tale misura disgusterebbe la Troppa; la quale ad impedire questa operazione era già uscita dal vicino quartiere di S. Giacomo in difesa del Palazzo Reale, e dei forti laterali per sostenere la guardia ivi stabilita.

Riusci all'Eminentissimo Cardinale di ottenere dal Popolo di frenarsi dalle ostilità, sotto condizione, che quaranta uomini della Maestranza degli Argentieri si fossero uniti alla Truppa di linea per guarnire il Palazzo, ed i forti; locchè praticato, ritornò l'armonia fra la Truppa, ed il Popolo.

Il dopopranzo dello stesso giorno, la moltitudine proruppe Contro la casa dei giuochi, non tanto in odio degli Appaltatori, quanto per una giusta ira contro di quella immorale istituzione; e quindi in festa al suono di una banda militare pertossi a bruciare le carie dell’officina del Demanio; e la sera poi quanto esisteva in casa del Marchese Ferreri Ex Ministro delle Finanze in Sicilia; e sin qui niente di rapina, ma uno sfogo contro alle ultime dannose novità crasi manifestato. Quella sera istessa il Luogotenente riunì una Giunta di sette individui nella sua casa fuori Città per sentire ciò che opinatasi dalla stessa doversi operare.

La Giunta allora gli espose, che per curare il male conveniva conoscerne la radice. Se tutti i Cittadini si erano entusiasta li per il sostegno della loro indipendenza, e per scuotere il giogo pesantissimo dei Ministri di Napoli come causa dei loro mali, sembrava che il principale espediente era quello di accordar loro quanto concordemente voleasi; ciò che polca restituire solamente la calma. Che il pubblico risentimento avea di mira tutte le istituzioni di nuova data, Carta bollata, Registro, Intendenza, e perciò che doveasi queste abbolire, e la loro soppressione proclamarsi per tutto il Regno, all’oggetto d’impedirò negli altri Paesi disordini somiglianti. La Giunta informata dal Luogotenente, Generale che le di lui istruzioni l'abilitavano soltanto a rappresentare, si accinse a stendere; una rappresentanza da spedirsi con barca espressa, la sera medesima in cui dai diversi avvenimenti accaduti si era manifestato il voto unanime della Nazione per la sua indipendenza, ricercandosi con tale rappresentanza l’annuenza del Principe Vicario alle brame della Sicilia. Il Luogotenente la sottoscrisse; ma così questa che l’avviso, con cui l’indomani dovea rendersene il Pubblico informato, non ebbero forse, per quanto puossi sapere, veruna esecuzione. La Giunta consigliò, che si dassero le più energiche disposizioni annonarie, di che fu passata notizia a tutto il Senato. Propose ancora, che il buon ordine della Città era di affidarsi ai Capi delle buone Maestranze, affinché procurassero di ritirare le armi dalle mani di chi potea trescar nel disordine, per armarne solamente i buoni, e pacifici Cittadini, i quali dai Consoli diretti, dai Cavalieri popolari, ed occorrendo di Preti, sorvegliassero le strade, in maniera da impedire ogni scompiglio: potendo, anche se ciò fosse piaciuto ai Consoli, aggiungere alla forza rispettiva delle Maestranze la Truppa di linea, in proporzione di 25 Soldati per ogni squadra di 5o Maestri. E di queste deposizioni se ne formò un proclama, onde venirne il Pubblico l'indomani avvisato. Mentre ancora non erasi la Giunta disciolta, alcuni Generali rappresentarono al Luogotenente, che la Truppa credea compromesso il suo decoro, se fosse rimasta inoperosa a reprimere gli eccessi popolari: a cui rispose il Luogotenente di essersi stabilito, che la Truppa verrebbe unita alle Maestranze, concedendolo i Consoli. Un ora dopo mezzanotte la Giunta si sciolse. Intanto erano due ore, che la Cavalleria, uscita dai suoi quartieri si era formata nel Piano di S. Teresa, avanzando delle pattuglie sino a quello del Palazzo per porta nuova, Nel corso della stessa notte era riuscito alla Truppa, di allontanare sotto vari pretesti le Maestranze dai forti del Palazzo, e dal Castello, ed impadronirsene. E alle 3 della mattina diversi reggimenti di fanteria aveano già preso nel piano del Palazzo sino avanti il Duomo ed al Papireto posizioni militari.

Questi preparativi, ed il proclama pubblicato il giorno appresso, col quale il Luogotenente procura di giustificare i movimenti ostili della truppa, sono in manifesta contraddizione col proclama dello stesso giorno consigliato dalla Giunta; ciò che addimostra, come egli m i tre lusingava con parole la Giunta agiva diversamente coi fatti. Noi porremo in fine l'uno e l'altro proclama, perchè ognun veda da se stesso quanto noi abbiamo osservato.

Il Popolo fluttuava fra il timore, ed il dispetto. Molti Cavalieri, molti Preti, e tutti i Consoli assicuravano, che nessuna ostile intenzione movea la Truppa contro la Città, e che solo stava in difesa dell'ordine pubblico. Ma come prestar fede a tali assicurazioni, in veggendo movimenti militari tanto sospetti, attitudine di attacco, posti avanzati, cannoni, accese micce, i forti ripresi, e cacciate le onorate Maestranze che li custodivano, e qualche inerme Cittadino già spento o ferito, e la voce sparsa del saccheggio della Città promesso alla truppa! Questo imprudente ma spettato apparecchio, e queste prime ostilità fece correre alle armi la moltitudine irritata, e riuscì del tutto impossibile ad alcuni buoni Cittadini lo impedire l'imminente orror della strage.

Anzi il Signor D. Cesare Santoro, il Duca di Villa fiorita, il Principe di Maletto, D. Carlo Leone ed ai i rispettabilissimi Cittadini e Consoli portatisi in fretta dal Luogotenente esposero il soprastante pericolo, ed ottennero quindi un biglietto, nel quale gli fu detto contenersi l'ordine alle truppe di non far fuoco. Un quasi uguale biglietto fu indi a poco rilasciato dal Luogotenente al Barone Gensardi e Principe di Baucina.

Intanto arrivati i primi al posto avanzato militare presso a S. Cosimo, comandato dal Ten. Col. Lecca, e mostrando il biglietto del Luogotenente, ottennero da quel bravo Ufficiale sospensione dalle ostilità. Di la fattisi innanzi sino al Duomo presentarono il biglietto ad un Maggiore che ivi comandava; e mentre si cercava per questa guisa di aprire delle trattative di conciliazione, s’intesero i primi colpi di fuoco, e sventuratamente in quel punto il Principe di Maletto ricevé due colpi di bajonetta alla testa da un soldato, restando ferito all'orecchio, e scampando a stento la vita: con esso molti altri Cittadini inermi corsero rischi mortali.

Allora non fu più ritegno al furor popolare, e si diè mano alla zuffa, combattendosi dapprima con varia fortuna. Intanto alcuni del Popolo posti a guardia delle carceri, ove per amore dell'ordine aveano trasportato dal castello un cannone, visti in fuga molti de'  loro compagni, e la truppa che scendea per il casaro, non solo uccidendo chi le resisteva, ma tirando anche alle finestre, ed ai disarmati, aprirono a scampo di tutti le prigioni, e liberarono i detenuti. E qui, ripreso coraggio il Popolo, e spiegando tutta l’energia di che son capaci i Siciliani, con esempi straordinari d'intrepidezza, e valere sconfisse d'ogni, dove la Truppa riprese alcuni pezzi d'artiglieria che rivolse contro il nemico, e guadagnò successivamente tutti i forti, che sufficiente numero di essa, provvista d'ogni cosa, guarniva. Qui sarebbe da fare onorata menzione di molti valorosi cittadini che si distinsero in quella giornata, incominciando dal Padre Gioacchino Vaglica, che diede pruove di estraordinario coraggio e destrezza, sino a tanti altri, che con somma gloria si ripetono dalla pubblica voce, ma come dettagliarli tutti distintamente in questo rapporto senza empir molte pagine dei loro nomi? La Patria ne ha già molti ricompensati, ed ha eretto un Comitato, perchè si riconoscano gli altri. Intanto il luogotenente Naselli evase alla provocata tempesta, mettendosi in mare sul Tartaro, e fece vela spensieratamente, lasciando il governo di un altra nave, che aveva egli stesso condotta in mezzo alle onde, e che avrebbe fatte certo naufraggio, se assalita l'avesse più contraria fortuna. Fu tale in appresso lo scoraggiamento militare, e crebbe tanto l'ardire dei Cittadini, principalmente all'arrivo degli ajuti occorsi da Monreale, Carini, Bagheria, Capaci, Misilmeri, Pacco, Mezzagno, e da altri paesi vicini, che nel dopopranzo, e sera dello stesso giorno diciassette, e la mattina del diciotto vede ansi venir prigioniere torme di soldati da tutte le parti: e si giunse a sentire di essersi resa sinanco una partita di Truppa di mille e più uomini a meno di sessanta Paesani. Dee far poi certamente meraviglia infinita, come una massa tale di Popolo si fortemente irritato, e caldo della vittoria, abbia potuto ai restarsi ad un tratto dalla strage, non inferocendo sui vinti, e restituendo quanto era più presto possibile in simili incontri la calma, ed il buon ordine. Anzi ad onore della Nazione Siciliana sia manifesto, che i prigionieri furono sempre trattati con quella umanità, che distingue i Popoli generosi e civilizzati: servendo ciò sempre meglio a com provare, che non lo spirito di vendetta animò i Cittadini, ma quello della propria difesa, e dei sacri dritti della Patria. Parrà sicuramente incredibile, a chi non ne fu testimonio oculare, il sentire, che tutto un Popolo in arme senza capo, senza legge, fuorché quella della propria saggezza, e moderazione, si sia astenuto dagli urti, e reazioni furiose della Anarchia, mentre non chiude altro nel cuore, che Indipendenza, e Libertà. Pure provvidamente, i Capi delle rispettive Maestranze temendo il pericolo di una forza disordinata, che non avea più nemici da battere, elessero concordemente una Giunta Provvisoria di persone di tutti i ceti su di cui riposava l'opinione pubblica, scegliendo a Presidente l'Eminentis. Cardinale Gravina ed unendovisi essi medesimi per riordinare la macchina dello Stato: urgentissima incombenza di che la Giunta non lascia indefessamente di occuparsi.

Ed ecco il rapporto veritiero dei fatti accaduti in questa burrascosa vicenda, il quale si è redatto perchè la verità degli avvenimenti non venga alterata per ignoranza o per calunnia.

PROCLAMI

Del Luogotenente il giorno 17.
SI PREVIENE IL PUBBLICO

La Giunta provvisoria di Governo riunita sotto la presidenza del Luogotenente Generale animata dal più vivo interesse di mantenere ii buon ordine, e la tranquillità di questa Capitale, e prendendo in considerazione tutti gli oggetti, che possono condurre a cosi importante scopo, ha disposto primieramente che si metta in attività una forza Civica, la quale custodisca i Quartieri della Città sotto gli ordini dei Consoli delle Maestranze, e di altre probe, e distinte persone, onde la medesima prevenga, e ripari i disordini, ed introduca da per tutto lo spirito di ordine, e di regolarità. Ha dato ancora gli ordini opportuni perché non vengano a mancare gli articoli annonari per la sussistenza pubblica colle più regolari, ed opportune misure, a qual fine ha eccitato lo zelo, e l’attività dl Pretore, e dell’intero Senato, che si è con lodevole prontezza accinto a tale rilevante oggetto.

Viene inoltre a far noto che il Luogotenente Generale prendendo parte al vantagio della Nazione Siciliana si è data la premura di spedire espressamente un scorridore con una lettera a forma d’indirizzo a Sua Altezza Reale il Vicario Generale, in cui le ha manifestato il voto unanime della Sicilia per avere a se un’amministrazione di Governo separata, ed indipendente da quella del Regno di Napoli, e la stessa Costituzione di Spagna,e che ne spera mercé l'efficacia con cui ha espressato questo voto generale. Dopo tali operazioni la Giunta si compromette che tutti i buoni Cittadini Palermitani vogliano dare una prova dell’amore, che hanno verso la Patria, e vogliano cooperare ognuno per se a ricondurre la concordia, la pace, l’ordine, il rispetto per la legge, e per il governo, senza quali disposizioni non potrà ottenersi verun felice esito delle operazioni, che si fanno per l'utile pubblico.

Palermo 17 luglio 1820.

Naselli.

IL LUOGOTENENTE GENERALE

Palermitani

La posizione che ha preso la truppa non ha veruna mira ostile contro la Città anzi l’oggetto è stato quello di ristabilire d buon ordine dando così capienza a tutti i buoni, ed onesti Cittadini di unirsi colla stessa, e far causa comune contro que’ pochi faziosi, che cercassero ancora di mantenere il disordine che ha tanto afflitto questa città.

La Truppa vi à dato le più convincenti ripruove che non si è opposta, né si oppone affatto ai vostri giusti desiderj, ha adottato subito i colori Nazionali colla massima franchezza e sincerità, per due giorni continui si è mantenuta nel massimo buon ordine, e non vedendo fine alle calamità pubbliche In per mio ordine adottata un’imponente posizione.

I vostri concittadini che sono su i baluardi nel Real Palazzo sono stati rispettati e vivono colla massima fratellanza colle nostre truppe. L,a fine dunque delle calamità non dipende che da voi, deponendo ogni mira e mezzo ostile e ritornando subito alle vostre pacifiche occupazioni.

Palermo 17 Luglio 1820.

Il Tenente Generale Naselli.

ELEZIONE DELLA GIUNTA PROVVISORIA

AVVISO

Tutti i Consoli delle Maestranze, di questa Capitale, ha uno ricordo al Pretore di loro capo perché si ri inetta il buon ordini, ed una certa forma di Governo provvisorio, onde ovviare tutti l’inconvenienti che possono nascere nelle presenti circostanze; e tutti i suddetti Consoli unitamente al Pretore hanno creduto conveniente di puri usi da Stia Eminenza il Cardinale Arcivescovo per prendere tutti di concerto le convenienti misure per assicurare la pubblica tranquillità, quindi hanno eglino eletto una Giunta Provvisoria composta de’ seguenti soggetti:

DEPUTATI

S. E. Cardinale Gravina Presidente.

Principe di Paternò.

Principe di Castelnuovo.

Duca di Monteleone.

Principe della Trabia.

Principe di Pantelleria.

Marchese Raddusa.

Conte S. Marco.

Principe di Pandolfina.

Maresciallo D. Ruggiero Settimo de’ Princ. di Fitalia.

COLLABORATORI

D. Ignazio Scimonelli.

D. Gaspare Vaccaio.

Barone Pasciuta.

D. Stefano Maria Tamajo.

D. Salvatore Ognibene.

Duca di Cumia.

D. Giuseppe Mora.

I). Stefano Campo.

I). Antonino Torretta.

D, Salvadore Batolo.

Cancelliere

D. Gaetano Bonanno.

Fintanto che si congregheranno tutt’i soggetti destinali per il governo provisorio, Sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo S. E. il Pretore di questa Capitale e tutt'i Consoli delle Maestranze, raccomandano a tutti i Cittadini la quiete, e la tranquillità, sicuri che s’avrà tutta la sollecitudine di procurare i Vantaggi della Patria, e di luna l’intiera Nazione.

Palermo li 18 Luglio 1820.

Gaetano Bonanno Cancelliere


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Palermo 2 Agosto 1820 N. 2

GIORNALE

LA FENICE

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Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all'Estensore del Giornale La Fenice.

 

NOTIZIE INTERNE

Ha questo rispettabile publico di Palermo esternato il desiderio di avere la continuazione dei fatti, che sono succeduti dal giorno 17 sino ad oggi. Ma gli estensori di questo foglio, per quanto fossero desiderosi di compiacere, a chiunque si facesse un dritto di comandarli, pure per le riflessioni, che vanno qui sotto ad esporre han creduto dispensarsene. In vista delle quali considerazioni essi sperano, che il pubblico ragionevole non sarà per averne risentimento di sorta; e che voglia all’incontro saperne lor grado.

La natura degli avvenimenti diversi che hanno avuto lungo fra noi in questi ultimi giorni è tale da non potersene da cittadini ardenti di pallio amore far motto, senza animare la penna 1Ì tutto il calore che gl’interessi nazionali, e la perfidia dei malintenzionati sogliono generare; e perciò come parlare con la freddezza della ragione, e col semplice pennello delle verità, doti necessarie allo storico, di persone e di fatti, che hanno dei rapporti strettissimi con noi medesimi, e che l’onor nazionale, e l’amore di pace consigliano almen per ora a tacersi l'Dee1 far poi tremare ogni buon cittadino dallo spavento il pensiero, del danno che potrebbe indursi a persone oneste per avventura, accreditando con le stampe quei sospetti, che sogliono spesse volte spargersi ad arte per privali odj, e calunnie. Su quanti onesti cittadini, son caduti la. mattina dei sospetti, che poi son svaniti la sera.

La verità è figlia del tempo, e solo dal gelo di questo vengono depurati i politici avvenimenti che voglionsi consegnare integri alla conoscenza dei contemporanei, e dei posteri. L’odio, l'interesse, l’amicizia, h parentela, la concittadinanza, son tutti nemici che assalgono il pensiero e la penna degli scrittori. Che se taluno fosse capace, di vincere’ tante difficoltà, locché estimiamo difficilissimo, cori potrà mai dispensar se medesimo d’avvalersi della lima del tempo, se vuole di cuor veramente, conservarsi la nitidezza della coscienza e del nome. Nel raccogliere noi pure tal cose, e volendole scrivere, sine ira et studio, secondo le parole di Tacilo, ci siamo avvisi, pur troppo, quanto alle volle devesi dubitare dei fatti, ancorché vengano contestali aitami nte dalla pubblica voce; perocché ci é occorso sovente, di vederli smentiti, indi a poco o da un sei detto di uomo probo, o da un documento officiale, o dalla stessa voce del publico, che lo spesse volte suole contradire quanto avea dinnanzi affermato. Si lasci pria cessare l’urto delle passioni. Lasciamo che il governo sulle basi della libertà che ci arride, si convalidi stabilmente, ed allora, avendo già maturati i fatti, e le cose, andremo in quella guisa che per noi si potrà più conveniente, inserendo nei fogli susseguenti di questo giornale un ragguaglio storico dettagliato della Rivoluzione politica della Sicilia.

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Nel Rapporto publicato dei fatti accaduti dal giorno 14 sino al 17, dove dice il Signor Santoro, dee dire il Signor D. Cesare Santoro; Essendo corso per inavvertenza un tale errore, ci siam fatti un dovere di correggerlo.

GIUNTA PROVVISORIA DI PUBBLICA SICUREZZA E TRANQUILLITÀ

Seduta del giorno 19 luglio 1820

Il primo pensiero della Giunta, messa in attività fu quello di chiamare a parte delle sue decisioni i Consoli delle Maestranze coll'annesso decreto.

AVVISO

Li Componenti la Giunta Provvisoria manifestano a questo Pubblico, che tutte le risoluzioni da loro prese, e quelle, che si prenderanno in appresso, sono state e saranno tutte conferite, e stabilite di accordo con i Consoli delle rispettive maestranze. E perché da oggi innanzi si tolga la confusione, e non si allontanino tutti i Consoli dalle incombenze loro rispettivamente affidate, si è determinato, e risoluto, col parere ed annuenza de’ medesimi Consoli, che da questo momento in avanti siano aggregati alla medesima Giunta quattro Consoli, alternando fra di loro, e a loro scelta in quel modo che essi tra di loro converranno. Quindi la detta Giunta ha creduto manifestarlo al Pubblico per sua intelligenza.

Bonanno Cancelliere

Era di giusto, che i detenuti i quali aveano esposto la vita per la difesa della Città, ricevessero una ricompensa: quindi la Giunta col seguente Decreto vi provvide

Seduta del giorno 20 Luglio 1820.

INDULTO GENERALE

GIUNTA PROVVISORIA

AVVISO

Per le imperiose circostanze in cui attualmente trovasi la Giunta Provvisoria, e per assicurare In comune salvezza ai è determinato ad accordare un pieno indulto non solo a quei che sono usciti tanto dalla Vicaria che dall'Arsenale, ma generalmente a tutti quei che trovansi attaccati di colpe, che ugualmente lo meritano.

E perché ognuno sia certo sicuro dell’accordato indulto gli verrà dato un attestato firmato dal Presidente di detta Giunta da presentarlo a qualunque Autorità;

In conseguenza di questa determinazione resta ogni individuo in libertà e di arrolarsi in questi civici Corpi di Pubblica Sicurezza, e di ritornare in una casa per riprendere il proprio mestiere senza turbare la comune tranquillità.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 20 Luglio 1820

Ad ovviare ogni comunione o disordine, e nell’istesso tempo per rimunerare lo zelo ed i servigj di molti Regnicoli, che corsero colle armi in difesa della Capitale, la Giunta ha deliberato ciò che segue.

AVVISO

In continuazione delle risoluzioni prese il giorno di Jeri, la Giunta provvisoria ha risoluto, con il consenso Consoli. che tutti gli individui Regnicoli, non esclusi gl’Indultati, che volessero ritornare alla loro patria, che volessero arrollarsi, ed acquartierarsi nelle Compagnie che si formeranno, possono liberamente farlo, dando ad ognuno di loro che ne avrà di bisogno tarì sei, consegnando agli stessi la carta di sicurezza, con tener registro de’ nomi, cognomi, e patria d’ognuno de1 detti individui, senza la quale saranno arrestali; e nel caso che per taluni non sarà sufficiente tale sussidio la Giunta lo rimette alla prudenza de’ Consoli.

Più ha risoluto, che ogni individuo Regnicolo, che ha ricevuto li tari sei e la carta di sicurezza, sia accompagnato sino fuori le porte da una pattuglia, che gli destineranno i Consoli, che gli consegneranno la suddetta carta di sicurezza.

Finalmente si è risoluto, che in ogni porta delle Città vi sia una forza diretta da uno de1 Consoli per non permettere, che li suddetti individui dopo avere ricevuto li tari set ritornassero in Città.

Palermo 10. Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

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Provveduto alla sicurezza interna, le cure della Giunta si rivolsero al primo, e più necessario genere di annona.

AVVISO

La Giunta ha disposto, che domani, giorno 21 del corrente Luglio, si metta la meta della pasta soprafina a grani diciotto il rotolo, ed il pane oncia una al di più dell’ultima meta stabilita, tanto per il pane soprafino, che per il pane di casa.

Palermo 20. Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

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Seduta del giorno 21 Luglio 1820.

AVVISO

La giunta provvisoria unita sente a tutti li settantadue Consoli osservando con estrema sua soddisfazione rimosso in gran parte il buon ordine, per opera delle buone ed onorate maestranze di questa Capitale, non può dispensarsi di manifestarli la più viva riconoscenza, ed i più sinceri ringraziamenti, nel tempo stesso on le assicurare sempreppiù la pubblica tranquillità, col consenso di tutti i Consoli, e dopo di essersi letto un progetto del benemerito cittadino D. Carlo Leone, ed udite le petizioni del Console dei Sellari, ha risoluto di dare le seguenti disposizioni.

1. ll Comandante Generale Signor Colonnello Requisenz dovrà dare tutte le opportune provvidenze, onde ciascuna maestranza, che è addetta al servizio della pubblica sicurezza, sia provveduta di arme op portune, e di sufficiente munizione.

Similmente dovrà provvedere, che i cannoni sieno forniti di tutta la necessaria munizione da guerra; a quale oggetto è facoltato a dare tutte le disposizioni, ed a mettersi in corrispondenza con S. E. il Pretore per farsi somministrare tutte le somme necessarie ad un oggetto di tanta importanza.

2. Come tutte le classi dei gentiluomini, mostrando l’ugual zelo e premura per la causa comune, hanno anche essi offerto il loro servizio per consolidare la pubblica tranquillità, cosi il Signor Comandante Generale Signor Colonnello Requisenz, tenendo presente tutte le note delle differenti classi, che gli si sono rimesse, sceglierà un capo per ciascuna classe, e gli individui che crederà più adatti per unirsi alle maestranza, che formar devono i reggimenti di pubblica sicurezza.

3. Portando grave disturbo il disparo dei fucili che si sente in varie parti della Città senza alcun oggetto; la Giunta provvisoria ha risoluto, che sia ciò proibito, e che il controvalore sia punito colle pene alla Giunta benviste.

4. Ad evitare i disordini continui di cui giustamente si lagna la popolazione, la Giunta provvisoria proibisce da oggi innanzi, sotto le pene alla stessa Giunta benviste, a qualunque individuo di cercare le case dei particolari; solo sarà permesso di ciò fare ai Consoli che sono d‘ispezione.

5. Considerando la Giunta provvisoria, che rimessa già la pubblica tranquillità, conviene rianimare il comune, d’onde dipende in gran parte la sussistenza di ogni classe di cittadini, ha risoluto che tutti i Notari si rimettessero in attività colle forme usate sino ad Agosto 1819; a condizione però che gli atti da farsi di oggi innanzi si sottoscrivessero dai contraenti, ove questi sapessero scrivere, ed in caso che uno o più di essi non sapessero scrivere, vi intervenga un terzo testimonio, che sottoscriva per nome dei contraenti, o contraente, che non sappia scrivere.

6. All’oggetto di sopra indicato ha risoluto similmente la Giunta, che si rimettessero in attività tutti gli Uffici li del Banco di questa Capitale.

7. Volendo di mostrare la Giunta si benemerito Popolo Palermitano che tutti gl'individui dì questa Captale saranno da oggi innanzi trattati come veri e liberi cittadini, abolisce i cosiddetti birri, ed ordina, che tutte 1duposiztont della Giunta, 0 di altra legittima Autorità, saranno eseguite dalla forza armai, che va ad organizzarsi, e che tutta viene composta dagli onorati Maestri, Gentiluomini, e Cavalieri di questa città.

8. Finalmente come con suo dolore osserva la Giunta provvisoria che una classe di onesti cittadini, gentiluomini, che non hanno finora formato corporazione riconosciute, languiscono nella miseria colle loro famiglie, così promette la Giunta al più presto, possibile di adottare una misura, onde tali onesti gli ladini non periscano della fame.

Palermo 21 Luglio 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria unitamente ai Consoli ha disposto che lune le lettere della Posta, cosi dell’Interno che fuori del Regno, si portino alla Giunta anzidetto, per ivi alla presenza de’ prelodati Consoli aprirsi e leggersi, e ciò all’oggetto dì rilevarsi tutte quelle notizie che possono riguardare la Pubblica sicurezza.

Palermo 21 Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

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Seduta del 22 Luglio 1820.

AVVISO

La Giunta Provvisoria di tranquillità e sicurezza pubblica, col consenso dei Consoli, previene tutti i pubblici Amministratori Politici, e Militari di render conto infra il termine di giorni quattro improrogabile, e di depositare subito nel pubblico banco, tutte lo somme ch’esistono in poter loro per conto delle rispettive pubbliche Amministrazioni da essi loro tenute.

Palermo li 22 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere.

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AVVISO

La Giunta Provvisoria, intenta sempre a ristabilire l’ordine pubblico e rianimare il commercio e la corrispondenza della Sicilia, col consenso de’ Consoli ha risoluto, che si ristabilisca il corso ordinario delle poste, esigendo quel diritto che solea esigersi per avanti sino a gennaro 1820.

Ha risoluto inoltre che nell’apertura delle valigie intervengano due Consoli, un Cavaliere ed un Ecclesiastico, onde dividere i pieghi, che sono diretti al Governo dalle lettere particolari, per essere portati i primi alla Giunta, ed ai Consoli; e le lettere particolari distribuirsi a coloro cui appartengono.

Ha risoluto similmente a proposta degli stessi Consoli, che provvisoriamente eserciti le funzioni di Direttore delle Poste il Marchesino di S. Giacinto, e tutti gli altri uffiziali, che finora hanno servito le poste, proseguano provvisoriamente le loro solite incombenze.

Palermo li 22 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere.

AVVISO

La Giunta Provvisoria col consenso tonammo de’ Consoli sulle mozioni fatte da D. Carlo Leone nella seduta de’ 22 luglio 1820 ha deliberato quanto segue.

1. Conoscendo, che i soldati prigionieri crescono di giorno in giorno e che l’aumento notabile dei medesimi ammassati in angusti locali può mettete in pericolo la sanità pubblica, la Giunta si occuperà delle opportune provvidenze per apprestare i ripari convenienti.

2. Che tutti gli uniformi, che appartenevano a suddetti militari prigionieri siano consegnati, e custoditi in un magazzino per servizio della Forza Pubblica.

3. Che atteso il servizio di cui sono incaricati i Capi posti de’ cannoni i quali vegliar debbono, faticare giorno e notte; conoscendosi giusti i loro reclami, si assegni ai medesimi una paga corrispondente, maggiore dei tarì tre al giorno, di cui al presente godono.

4. Siccome si è. conosciate che il palazzo di Sua Eminenza il Cardinale non è adatto ad una grande adunanza, si destina il Principe di Pandolfina per proporne un altro, che sia più acconcio perle sedute della Giunta provvisoria, con fornirlo poi dei mobili corrispondenti.

5. Meritando commiserazione lo stato delle vedove di coloro, che sono rimasti vittima dei passati avvenimenti servendo la patria; si promuoverà un mutuo, per darsi alle medesime qualche sovvenimento.

6. Per assicurare con tutti i mezzi alla Pubblica sicurezza, si ordina che finita l’ispezione, tutti quelli, che dovranno. lasciare il posto debbano consegnare le armi al Capoposto; e chi controverrà sarà assoggettato alle pene dalla Giunta prescritte.

7. Che le donne dei miliari prigionieri, che stanno in detenzione, sieno rimandate alle loro case; come pure che i soldati veterani non avendo avuta alcuna influenza negli avvenimenti accaduti, vengano situati nel quartiere di Santa Cita con una conveniente custodia.

8. Finalmente la Giunta delibera, che si dia un soccorso ai Notaj per soccorrere ai loro bisogni nelle attuali contingenze.

Palermo li 22 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Dal Signor Comandante Generale delle armi Colonnello Requisens è stato scritto alla Giunta provvisoria di tranquillità, e sicurezza pubblica, quanto segue

Eminentissimo Signore.

In esecuzione dell’incarico indossatomi da codesta rispettabilissima Giunta, ho all’infretta abbozzato un piano organico riguardatile alla sicurezza, e tranquillità pubblica ed alla istallazione dei reggimenti che devonsi piazzare nei rispettivi quartieri della Città.

Mi fo un dovere annettere all’E. V. il citato piano, affinché nell’aver la compiacenza di manifestarlo alla prelodata Giliola, voglia farmi tenere le di lei superiori risoluzioni circa alla sollecita attivazione di quanto ho proposto.

Il Comandante Generale dell’armi

Emmanuele Requisens

PIANO ORGANICO

che si propone dal Comandante Generale alla Giunta Provvisoria per la sicurezza, e tranquillità pubblica.

1. Vi saranno in Palermo quattro reggimenti di pubblica sicurezza.

2. Vi sarà dippiù un reggimento addetto al servizio dei forti dell’Arenella, Castelluccio del Molo, e Castellammare, ed un altro a quello dei forti della Garita, di S. Erasmo, e di tutto il rimanente del littorale di Levante.

3. Gli artiglieri litorali saranno divisi per metà in questi.

4. Gli altri quattro reggimenti guarniranno tutti i rimanenti posti interni, ed esterni della Città.

5. Ogni reggimento avrà un luogo di riunione per le persone, e di deposito per le armi.

6. A tale oggetto al reggimento del quartiere dellAlbergaria sarà assegnato il Convento del Carmine Maggiore, a quello del quartiere del Capo il Noviziato a quello d4 quartiere di 8. Giacomo il Convento di 5. Cita, a quello della Kalsa il Convento dei Padri della Gancia.

7. Il reggimento di Castellamare avrà per sua Piazza di armi lo stesso Castello, e quello della Garita avrà il Convento di S. Antonino.

8. Ognuno dei detti sei reggimenti sarà formato di due Battaglioni, ed ogni Battaglione di quattro compagnie.

9. In ogni reggimento vi sarà un Colonnello, ed in ogni Battaglione un Comandante di Battaglione, un Ajutante Maggiore, ed un Ajutante di Battaglino.

10. Ogni compagnia avrà un Sergente Maggior due sotto Sergenti, quattro Caporali, e cento comuni.

11. La forza d’ogni reggimento inconseguenza sarà di 862 teste.

12. I reggimenti di Castellammare, e della Garita avranno la stessa forza, e saranno composti, il primo dai falegnami di mare, pescatori, marinari di Piedigrotta e metà degl'artiglieri littorali; il secondo dai marinai della Kalsa, e dall’altra metà dei detti Artiglieri littorali.

13. Le Maestranze dei Calzolaj e Cordari formeranno la base e gli elementi di reggimento dell’Alberganti.

14. Falegnami, Casseggiatoj, e Muratori, quella del reggimento del Capo.

15 l Sartori, Mercadanti, Pannieri, Cappellieri, e Mercadanti negozianti, quella del reggimento della Kalsa.

16. Gli Orefici, ed Argentieri, Conciapelli, e Carnezzieri di Carne Bovina quella del reggimento di S. Cita.

17. Tutte le altre Maestranze quando il bisogno lo richiegga saranno impiegate secondo le circostanze.

18. Ogni individuo appartenente ai corpi di pubblica sicurezza avrà un distintivo.

19. A tutti gl’individui che trovansi di servizio sarà dal rispettivo Console, durante lo stesso, data una. bolletta firmata dal Colonnello, e munita di un suggello.

(Sarà continuato)

PROCLAMA DI S. A. R. IL PRINCIPE VICARIO GENERALE

AI PALERMITANI, E RISPOSTA DE’ MEDESIMI

FERDINANDO I

Per la grazia di Dio e per la Costituzione della Monarchia Re del Regno delle due Sicilie, Re di Gerusalemme. ec. Infante di Spagna Duca di Parma, Piacenza. Castro, cc. ec. Gran Principe Ereditario di Toscana. ec. ec. ec.

FRANCESCO DUCA DI CALABRIA

PRINCIPE EREDITARIO VICARIO GENERALE

PALERMITANI

Voi che io chiamava miei figli, siete stati i primi a gettarvi nella sedizione e nel disordine, contro i nobili principi che hanno sempre di stinto la vostra Nazione. Avete in un momento dimenticato i doveri di uomini e di Nazione; avete operato contro l'interesse vostro e della causa pubblica. Il più penoso per me è, che separato appena da voi. e prima che vi fossero no te le mie disposizioni per lo scemamento delle vostre imposte. e per lo miglioramento del vostro stato, avete obbliato la mia costante affezione, ed i sacrifizi che ho fatto per voi. Piuttosto che crede, mi ingannato dalle dimostrazioni di amore e di fedeltà che mi avete sempre fatte, voglio attribuire il vostro errore all'opera de'  vostri istigatori. Ma non vi è male che non possa essere emendato. Ritornate all'ordine, al rispetto per le leggi, ed all'obbedienza al RE.

Il mio cuore e si sgrava in parte del profondo dolore, che mi ha percosso nell'animo offrendovi il perdono. Guardatevi di ostinarvi negli orrori di una rivoluzione: pensate che questi vi strascinerebbero dove voi non volete. Se cosa credete che manchi alla vostra felicità, abbiate in me quella fiducia che non ho mai demeritato. Imi tate l'esempio del Popolo vostro confratello.

Esso vi dica se le intenzioni del re e le mie coi rispondono a loro voti. Desidero di conoscere ciò che meglio può convenire al vostro sta to, alla sicurezza, ed alla gloria della Nazione.

Ma l'animo mio non tornerà a voi, se voi non vi spoglierete dell'obbrobriosa figura di sediziosi. Deponete le armi, non mi costringete a ricorrere a misura e dispiacevoli al mio cuore; sottomettetevi alle leggi ed a Magistrati: fatemi conoscere che siete capaci di lavare col penti mento le vostre colpe. lo vi prometto s l nne mente che perdonerò tutti e non fa è ricercare neppure la causa della volta, né gl'istigatori di quella, se voi, appena intesa la mia voce, sentirete il rimorso di aver così male corrisposto al mio amore per voi.

Napoli, 2o loglio 182o.

FRANCESCO Vicario Generale.

RISPOSTA

DEI PALERMITANI AL SUDETTO PROCLAMA

A. S. A, R.

IL PRINCIPE VICARIO GENERALE

I Palermitani

Una crisi violenta ha scosso la società sin dalle sue fondamenta, e ne ha minacciato la distruzione. Una gloriosa rivelazione premeditata con senno, e consiglio. eseguita con calma e con coraggio, e sostenuta dalla forza armata si era già operata in Napoli. Cominciata nella notte de'  2 luglio, ebbe essa tosto il suo termine in quella de'  5. La libertà, che ne fu il frutto, e ch'era non men cara a Siciliani, fu il dono funesto che servir doveva come di elemento alla nostra disorganizzazione.

A produrre un effetto così inaspettato, e a far sì che un dono così prezioso fosse per noi divenuto germe di calamità, e di sciagure. no po era al certo di tanti errori insieme riuniti quanti dal Governo se ne commisero in tal cir costanza; e se questo si ebbe da esso in mira, può bene egli applaudire a suoi sforzi. Le misure prese ebbero il loro successo. L'anarchia, il disordine, e la guerra civile minacciarono questa Capitale. Ma la Provvidenza, che spesso veglia più che i Governi, alla salvezza del popolo ci liberò da tanta rovina. Il Popolo Siciliano nemico delle rapine, docile di carattere, rientrò tosto nell'ordine, e dando al mondo un esempio della più rara moderazione, ha con ciò saputo acquistare dei nuovi titoli alla stima, e considerazione delle altre Nazioni. In tale stato di cose, ed appena usciti da sì penosa situazione, ci giunge il proclama di V. A. R. in data de'  2o luglio. V. A. R. ricusa di chiamarci figli; rinfacciandoci i benefici da noi ricevuti, ed i sacrifici da V. A. R. fatti per il nostro bene, ci accusa d'ingratitudine, ci chiama or sediziosi, or ribelli, or faziosi; ci impone di rientrare sotto la ubbidienza del Re, ci promette obblio, amnistia, e perdono, e ci minaccia infine delle nuove disgrazie nel caso di nostra ostinazione.

Noi non possiamo nascondere a V. A. R. la profonda afflizione e dolore, di cui siamo stati tutti penetrati alla lettura di questo Proclama.

Esso non ha servito, che ad aprire delle ferite, che bisognavano in vece di balsamo; ed in esso, anzicché riconoscere il cuore paterno di V. A. R. chiaro si scorge lo stile, lo spirito, e i principii di coloro, che mal consigliando V. A. R. han sempre cospirato all'asservimento della nostra patria.

Questa filiale e rispettosa Rimostranza, che deponiamo a piedi di V. A. R. giunta a voti di cui sarà organo presso V. A. R. la Deputazione di già spedita, servano a convincerla del filiale attaccamento e tenerezza, di cui è tuttora animata questa popolazione per V. A. R.

Noi ameremmo in vero di stendere un velo sul passato, e non riandare degli avvenimenti, che non servon oggi, che a maggiormente inasprire gli spiriti; ma la taccia d'ingratitudine è così nera e pesante, che noi dobbiamo a V. A. R. a noi stessi, alla Europa intiera il giustificarci di tale imputazione. V. A. R. anziché credersi ingannata dalle dimostrazioni di a more, e di fedeltà che le abbiamo sempre fatto, lo è certamente da per fidi consigli di coloro, che la persuadono, che tutti i sacrifizii fatti sieno dal lato della Corte, e tutti i beneficii dal lato della Nazione; di coloro in somma, che le insinuano, che i popoli sieno fatti per la convenienza del Principi, e non li Principi per il ben essere del Popoli.

Quale è dunque stata sin'ora la situazione della Sicilia? Qual è stata la sua sorte? Per ben due volte S. M. il re Vostro Augusto Genitore, e tutta la Real Famiglia costretta ad abbandonar Napoli venne a cercar tra noi un asilo. Quali prove non diede la Nazione allora di fedeltà, divozione, ed attaccamento? Essa non solo mantenne la corona nel suo splendore, ma forze e mezzi apprestò al Re, onde riacquistare n il Regno perduto. I di lei tesori furon profusi per il lauto mantenimento di stuolo numeroso di Emigrati Napolitani. Ecco i sacrifizii fatti dalla Nazione Siciliana. Quali ne furono allora i beneficii, e i vantaggi? Una Corte permanente tu promessa alla Sicilia in solenne Parlamento: Fu questa promessa mantenuta? Ritornata la seconda volta la Corte nel 18o6, migliorò forse la sorte della Sicilia? Gli onori, le cariche, e le pensioni dello Stato non si profusero che a Napoletani. Il denaro dello Stato fu dissipato in inquisizioni, e spionaggi, nel mantenimento di una numerosissima armata Napoletana, e ad assoldare masse di emissarii, e briganti, che infestavano il Regno di Napoli.

La Sicilia insomma fu una colonia governata da un gruppo di Emigrati Napoletani. In questo stato di cose, ed allo quando la Corte fu obbligata, per far fronte a tante profusioni, ad imporre dei dazii illegali, ed arbitrari, allora si fu, che la Sicilia vide alcuni de'  suoi migliori Cittadini strappati nel buio della notte dal seno delle loro famiglie da forza militare, e relegati in Isole nella più dina, e penosa detenzione, come per turbato della publica tranquillità. Quale fu mai il delitto di costoro, se non quello di protestare rispettosamente contro la violazione delle leggi fondamentali del Regno? La Sicilia si pronunziò allora per la Costituzione d'Inghilterra; fu questa adottata. Fu V. A. R. creata da S M. Vicario Generale del Regno. Fu decisa e solennemente sanzionata la indipendenza di questo Regno. S. M. ripigliate le redini del Governo solennemente promise nel Parlamento del 1815 il mantenimento non solo, ma il compimento ancora d la Costituzione adottata. Ritornò il Regno di Napoli sotto il dominio di S. M. Quali furono i beneficii, che la Sicilia ottenne? Fu essa immediatamente spogliata della stia nuova Costituzione non solo, ma di quella ancora che, per il corso di tanti secoli, tutte le antecedenti dinastie avean sempre giurato di mantenere, e religiosamente rispettato. Strappata la sua bandiera, infranti i suoi patrii stemmi, abolita la sua moneta, e cancellato perfino il di lei none, che ha sinora cotanto brillato nella Storia del mondo: degradata, avvilita, ed insultata, fu in fine ammessa all'alto onore di essere una delle provincie del Regno di Napoli, ossia delle due Sicilie.

Quali furono i compensi, ch'essa n'ebbe? Per la prima volta si videro le madri strappati i giovani figli, non per la difesa della Patria, ma per popolare le schiere Napoletane ne’ lontani lidi della Puglia, la carta bollata, il registro, e tant'altri dati non men pesanti arbitrariamente imposti, facendo giornalmente passare in Napoli le ricchezze del paese, avean fatto da per tutto succedere alla prosperità e all'opulenza la più squallida miseria. Una maxxxx di sistemi, e di organizzazioni novelle manteneva la vertigine, e il disordine in tutte le amministrazioni, la incertezza in tutti gli spiriti. Falangi d'impiegati, scelti da ciò che la Sicilia avea di più abietto in ogni classe, inondaron la Sicilia per esaurirne le ultime risorse. Il desiderio d'impieghi avea già guadagnato tutte le classi del Cittadini, e a gara eran da tutti abbandonate le utili professioni, le arti, la industria, altronde avvilite, per la carriera degli impieghi, che si riguardava come l'unica, ed estrema risorsa. Da più piccioli a più gravi interessi tutto si definiva in Napoli. Migliaia d'infelici ogni giorno a stretti erano a varcare il mare, e popolando le stanze, ed anticamere di Ministri invisibili, presentavano il più degradante spettacolo della nostra umiliazione, la persona stessa di V. A R. che con le anguste funzioni di Luogotenente, e con il lustro di una Corte soddisfaceva, se non gli interessi, le immaginazioni almeno de'  Siciliani, fu persino richiamata da quest'isola e strappata dal nostro seno.

Si è operata la rivoluzione gloriosa di Napoli, i Napoletani han guadagnata la loro libertà. Il Governo dovea ben presumere, o dubitare almeno delle conseguenze del contraccolpo nello Stato. (o disposizione, in cui erano qui gli spiriti. Esso ne fu avvertito, e sollecitato da diversi Siciliani residenti in Napoli: delle misure furon proposte atte ad evitare quanto è accaduto: furono esse spregiate e rigettate. Quali disposizioni si presero? Il Segreto ed il Silenzio! Nel giorno 6 fu in Napoli consumata la rivelazione. Le più essenziali misure per il nuovo Sistema Costituzionale si pubblicarono quasi tutte in quel giorno; e non ostante, che de'  Telegafi tanto onxxxxxasi allo Stato, e dei legni da guerra d'ogni sorte stessero essere di una straordinaria attività, que si agiva di recarci calamità e pesi, si lascia xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx. Tutto era consumato in Napoli il giorno 6 ed intanto non fu prima del giorno 15, e non pria che de’ legni mercantili avessero già recato la nuova degli accaduti avvenimenti, che si pubblicò da questo Governo il primo Proclama di S. M. alla Nazione del Regno delle due Sicilie in data de'  6. Ignorava forse il Governo, che noi mancavamo di guardia civica, e d'interna sicurezza; che le nostre Milizie erano state disarmate, disciolte, ed annientate?

Non si sentiva pertanto da per tutto che voci di esultazione, e di gioia. Militari e pagani festeggiavano a gara una sì lieta nuova, la irruenta e violenta condotta di un Generale fu il segnale del disordini, e della confusione. Il Luogotenente Generale ondeggiando tra la imbecillità e il terrorismo decise la fatale catastrofe. Fu ceduto alla plebe il Castello e le armi. I disordini non ebbero progresso. Si volle nella notte del 16, contro il parere della Gitta, far prender le armi alla guarnigione e far la marciare contro la popolazione. Ciò diede luogo alla fatale giornata de'  17, ed a disordini, che ne furono la conseguenza, che ogni buon cittadino amaramente deplora. E chi mai avrebbe potuto prevederne il tempo, se la moderazione di un popolo naturalmente pacifico, e l'attività e zelo de'  Consoli delle corporazioni, ed arti, la di cui condotta non si può encomiare abbastanza, non avesse fatto tutto rientrare nell'ordine? Egli è adunque contro il Governo, che noi abbiam dritto di reclamo e per li accaduti disordini, di cui si è egli fatto autore, ed è su di esso solamente, che ne gravita la più odiosa responsabilità.

Tutto oggi è in fine tranquillo, ed una Giunta provvisoria di Governo chiamata dal publico voto, e preseduta dal Sig. Principe di Villafranca tutto regola e dirigge. ll voto però di questa Capitale, e di tutta l'Isola non e per ciò men forte, né men deciso per la libertà, e per la indipendenza sotto il governo di un Principe della Real Famiglia. Tutti son convinti, che senza indipendenza non v'ha libertà e tutti son decisi a difenderle entrambe sino all'ultima stilla di sangue. Esse periranno insieme, ma prima perirà con esse ogni buon Siciliano. Se in alcuni angoli della Sicilia gl'intrighi de'  faziosi de'  privati interessi, la forza degli impiegati del Governo riesce ancora o compiti e e questo voto, lo scoppio non sarà ivi che più terribile, e fatale a coloro, che di comprimerlo procurano.

Non possiamo or noi abbastanza deplorava l'errore nel quale si è fatto traviare l'animo di V, A. R, nel farle confondere il voto unanime e deciso della Nazione Siciliana per la libertà, ed indipendenza della sua Patria a movimenti sediziosi, o misfatti momentanei di pochi individui co’ quali si vuole con opposti artifizj macchiare il patriottismo di questa popolazione, e la santa causa, ch'essa ha impreso a difendere. Noi ardentemente scongiuriamo V, A, R. a nome della Nazione Siciliana, perché ingannata forse da consigli di tanti da privato interesse, o da malintesa vanità nazionale non si abbandoni ad imprudenti, e disastrose misure, né macchia voglia con esse i primi passi che fa il popolo Napoletano nella gloriosa carriera della libertà. Si rammenti V. A R. che queste potrebbero essere ugualmente fatali agli interessi di due popoli fratelli nati per amarsi, non per combattersi, né signoreggiarsi tra loro; si rammenti infine, ch'esse potrebbero esserlo ancor più forse a quelli del trono medesimo, e della regnante dinastia.

Palermo 3 Agosto 1820.


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Palermo 4 Agosto 1820 N. 3

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all'Estensore del Giornale La Fenice.

 

NOTIZIE INTERNE

AL BUON CITTADINO MESSINESE

Chi vi scrive è un vostro amico, e della vostra Patria ancora; e fida in voi perché esortiate gli altri Concittadini al comun bene.

Leggete e fate leggere le annesse stampe: voi rileverete delle stesse, che la Sicilia non abbia avuto mai forse nella sua storia un’epoca cosi importante come l’attuale.

Essere un Regno costituzionale; avere una costituzione la più libera, quale è quella di Spagna; conoscere da per noi stessi le Leggi opportuni a quest’Isola; avere la Sovranità di formarcele da per noi stessi senza la dipendenza degli altri; proporzionare i pubblici pesi ai positivi bisogni dello Stato; decidere per noi stessi della Forza Armata ec. ec. Sono i vantaggi che da tutti i buoni, a voti unanimi, comunemente si desiderano, e che la voce universale di tutte le Popolazioni di questa Isola fa da per tutto risentire. Felice la Sicilia se avrà la fortuna di godere di simile benefizio.

Un momento va a decidere della di lei sorte: e questo è tale da metterla o nel rango delle altre Nazioni, o di condannarla allo Stato di Provincia del Regno di Napoli. Può alcun Siciliano esitare nella scelta? vi farei io il torto di credere che voi potreste essere dubbioso?

Se adunque il comune bene, ed interesse della Sicilia esigge che essa fosse libera, ed indipendente, cerne potrebbe giustificarsi Messina col separare il suo voto da quello de) resto della Sicilia, e nell’agire contro gl’interessi della medesima? La puerile idea di locali privilegi e prerogative potrebbe mai giustificare agli occhi dell’Europa uno scisma cosi umiliante, e cosi vergognoso? Come potrà mai giustificarsi se coll’indipendenza nazionale, essa godrà ancora di tutti: quei vantaggi e prerogative, delle quali sin’ora ha goduto, e che saranno conciliabili per lo avvenire col bene generale della Nazione? Potrà mai forse la medesima lusingarsi di essere più favorita, quando non farà parte che d’una provincia del Regno di Napoli; quando avrà forse appena un Deputato che la rappresenti nella assemblea napoletana? Riunite adunque tutti i buoni cittadini, informateli, e riconduceteli al bene della Patria. Se troverete degli ostinati procurate con tutte le buone maniere di persuaderli, e scongiurateli, quanto sia loro caro l’amore della Patria della libertà, e della indipendenza; che neo si apponessero alla santa causa del bene comune.

Scotetevi, animate, voi stesso ed i vostri amici, proferite uniti il giuramento generale della Sicilia,

O Indipendenza, e Morte

La Sicilia, che anziosa attende l’unione dei voti di Messina ai voti comuni per difendere, e sostenere U stia indipendenza, non temerà allora né forze straniere, né nemici interni. Se non profitterete a tempo di questo momento, perderete tutto senza speranza di ripararvi.

Tempo verrà che voi conoscerete, che chi vi scrive sia un buono Siciliano.

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Continuazione del Piano Organico

20. Alle guardie, pattuglie potranno aggregarsi nei giorni di servizio dei Nobili. degli Ecclesiastici f e dei Gentiluomini.

21. Percepiranno paga tutti glindividui in servizio, e che in conseguenza sono muniti di bolletta.

22. Tutti coloro che non sono dai rispettivi superiori nominati di servizio non potranno pattugliare, né prender parte alcuna nel servizio di pubblica sicurezza, e se portano armi dovranno deporle.

23. La Giunta provvisoria ne avvertirà il popolo, invitandolo all’ubbidienza, ed all’ordine.

24. I Consoli presenteranno a colui che ha il comando Militare gli stili della loro forza effettiva, per potersi disporre della stessa secondo il bisogno.

25 La Giunta nominerà i Colonnelli, i Comandanti di Battaglioni, gli Ajutanti Maggiori, e gli Ajutanti ed i Colonnelli nomineranno le cariche da Sergente Maggiore in giù.

26. La stessa Giunta curerà di approntare le somme corrispondenti, le quali saranno affidate ad un pagatore scelto dalla medesima, e da queste spese a mandato dei Colonnelli.

27. A colui che comanda la forza armata sarà assegnato alla Giunta un locale nel centro della Città, ed ivi saranno spediti tutti i rapporti.

28. I posti da custodirsi, e guarnirsi dalle guardie, o distaccamenti saranno designati dal capo della forza armata.

29. In ognuno di questi vi saranno affisse delle istruzioni, firmate dal cennato Capo, ed approvale dalla G unta provvisoria.

30. La tranquilla e sicurezza pubblica saranno l’oggetto principale delle guardie, delle pattuglie; dovendo i Capi posti, e Comandanti rispettivi impegnarsi con tutti i mezzi che seno in loro potere a conservarlo.

31. La Giunta fisserà gli averi da corrispondersi agl'individui della guardia di sicurezza secondo i rispettivi gradi, ed incombenze.

Or la Giunta avendo letto con piacere il piano suddetto, ed avendo tenuto mente, con quanta saggezza e zelo il detto Comandante ha prodotto questo utile, ed interessante lavoro l'ha approvato con l'unanime con sentimento della più parte dei Consoli di queste maestranze aggiungendovi soltanto all'articolo 25 per l'istanza dei m destini e Consolli, che l elezione dei Colonnelli e di tutti gli altri uffizi li maggiori, e minori si faccia a proposta di essi Consoli, in questa intelligenza la Giunta sui riferita ha prescritto che l'accennato Comandante Generale delle armi abidendo tutta la possibile attività, e il suo sperimentato zelo metta al più presto in esecuzione il piano suddetto, sentendo egli i Consoli accennati per proposta, e la scelta, che si faranno dei Colonnelli, e degli uffiziali anziddetti.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria, col consenso dei Consoli, conoscendo che i luoghi di custodia destinati per i soldati ed Uffiziali prigionieri non bastino per tutti quelli che giornalmente si presentano, ha risoluto, che si desume per ora per altro luogo di custodia il convinto di Santa Zita; restando a cura del Comandante Generale Sig. Requisenz di provvedere il detto Convento della forza necessaria per custodirli.

Palermo 22 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria intenta sempre più a ripristinare l’ordine pubblico, col consenso dei Consoli ha stabilito provvisoriamente, e finché più felici circostanze possono permetterlo un sistema più completo, di formare in ogni quartiere di questa Città una Commissione di sicurezza pubblica, a cui saranno fatte tutte le istanze, che potessero riguardare questo interessante oggetto, e quindi tutti i mandati di arresto e di scarcerazione saranno firmati dagli individui che la compongono.

La medesima Commissione sarà composta da un Legale che saprà conciliare la giustizia, e la equità, da un onorato Sacerdote, da destinarsi dal Parroco del quartiere, e da uno dei Consoli in giro fra loro.

La detta Commissione avrà apprestata uni guardia nel luogo di sua unione per conservare il buon ordine, ed in caso di bisogno, le sarà apprestato tutte quell'ajuto della forza armata che sarà necessaria.

La detta Commissione, costituita come sopra, si unirà pel corso di ore quattro la mattina per altrettante la sera, prestando la più indefessa assistenza per assicurare la tranquillità de’ Cittadini, ed occorrere ove il bisogno lo esige.

Sceglierà presso di sé due o più individui dilla classe degli impiegati presso le cessate officine, perché fermassero quegli atti, e redazioni che potranno essere necessarie.

La detta Commissione si unirà nelle case eh occupavano i cessati Giudici di Circondario in ciascun quartiere, e provvederà ad un locale per uso di carcere sino a che la vicaria sarà disoccupata.

La Giunta poi raccomanda ai componenti le dette commissione di usare quella moderazione e prudenza che le attuali circostanze esiggono: e vuole che le dette commissioni si mettano all'istante medesimo che sarà fatta la pubblicazione, in pieno esercizio.

Per lo che ne previene il Pubblico per la sua intelligenza, e perchè possa ciascun cittadino dirigersi a queste Autorità pubbliche per avere resa la competente giustizia.

L'Ecc.mo Pretore di Palermo resta incaricato della esecuzione di quanto di sopra è stato disposto, ed il Comandante generale delle armi darà le provvidenze dalla sua parte.

l componenti nominati da Signori Consoli, ed approvati dalla Giunta sono

D. Gaspare Denti pel quartiere di S. Giacomo.

Supplente

Giovanni Barcia

Giovanni Mancuso pel quartiere dell'Albergaria.

Supplente

Gaetano Scovazzo.

Matteo Longo pel quartiere del Capo.

Supplente

Camillo Gallo.

Raffaele di Benedetto pel quartiere della Kalsa.

Supplente

Girolamo Bertolini.

Palermo 22 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

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Seduta del giorno Luglio 1820

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica tranquillità e sicurezza, nella seduta de’.3 del corrente col consenso dei Consoli ha decretato, che resti libero il corso delle Poste per l'estero, conforme si è stabilito jeri per il corso delle Poste interne.

Palermo 23 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Nella sodata de’ 23 luglio 1820 dalla Giunta Provvisoria di pubblica tranquillità, e sicurezza in unione di tutti i Consoli, trattandosi delle lettere della posta si è risoluto quanto segue:

1. Che le lettere di Napoli dirette al Governo, e già separate dal Comitato prescelto dalla Giunta col consenso de'  Consoli, si conservassero nell’istesso Officio della Posta, suggellate dall’istesso Comitato, e che tutte le lettere di particolari si rimettessero subito all’Officio della Posta per distribuirsi a coloro, cui si appartengono a tenore del Decreto del giorno di jeri.

Per ciò che riguarda poi le lettere per l’interno dell'isola, le lettere de’ particolari saranno distribuite a tenore del Decreto di jeri, e quelle dirette a’ pubblici funzionarj si conservino nell’istesso Officio della posta, suggellate dal Comitato di già detto. L’istesso si osserverà per le poste avvenire, sino a nuova disposizione.

Palermo 23 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere.

AVVISO

La Giunta Provvisoria stabilita per h pubblica sicurezza e tranquillità in unione e col pieno voto dei settantadue Consoli, ha stabilito che si spediscano in Napoli otto Deputati scelti nel suo seno, e composti da due Deputati, due Collaboratori, due Consoli, e due Ecclesiastici, e questi non solo per esporre a S. M. la verità de’ fatti successi nel giorno 17, ma altresì per manifestare il voto unanime, che si stabilisca in Sicilia un governo, che assicuri alla Nazione l’Indipendenza Nazionale, e la Costituzione di Spagna accordata in Napoli, il giorno coll’obblio di tutto il passato dal giorno 17 in qua, il quale deve riputarsi come non avvenuto.

I Deputati eletti sono:

Il Principe di Pantellaria

Il Conte S. Marco

D. D. Gaspare Vaccari

Il Duca di Cumia

Il Parroco Sozzi

Il Parroco Marino

Il Console D. Francesco Santoro

ed Il Console D. Mercurio Tortorici.

Intanto la Giunta ha decretato di farsi un Officio all'Arcivescovo di Morreale Monsignore Balsamo, onde lo stesso voglia portarsi in Napoli per coadiuvare la comune causa.

Palermo 23 Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

In vista dei servizi prestati nelle attuali urgenze dal buon cittadino palermitano D. CARLO Leone, e specialmente della mozione fatta presso la Giunta provvisoria di pubblica tranquillità, di mandarsi li Deputati in Napoli per esporre la verità dell'accaduto nel giorno 17, e per trattare la nuova organizzazione del governo secondo la Costituzione di Spagna con l'indipendenza nazionale; quale mozione fu dalla detta Giunta a voti unanimi accettata, e perciò la Giunta suddetta di unita ai Consoli nella seduta di oggi stesso con somma sua sodisfazione ha disposto e vuole che sia lo stesso di Leone decorato dell'onore e grado di Capitano di Milizie.

Palermo 23. Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria unitamente ai Consoli ha stabilito di prorogarsi il termine di tre giorni, che oggi va a spirare, per la presentazione dei militari in forza degli avvisi pubblicati sotto li 20 del corrente mese ad altri giorni tre dalla data di domani, in cui sarà il presente pubblicato.

Palermo li a3 Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere.

AVVISO

La Giunta Provvisoria, avendo inteso i Consoli ed il rapporto di molti Capoposto, che custodiscono in diversi luoghi i miliari arrestati, trovando con suo rincrescimento, che i medesimi siano male alloggiati e provveduti, ha disposto, che tutti gli uffiziali, che si trovino in tale stato fossero sollecitamente trasportati nella casa di S. Francesco Saverio, e che ivi gli situo apprestati quei letti e commodi, che prontamente si trovano nel detto locale conservati.

Che il Principe di Pandolfina faccia fornire nel miglior modo possibile alla loro diaria sussistenza, e adattata a’ loro gradi; facendosi somministrare dal Signor Pretore tutto quel denaro che può aver bisogno; e per l’esecuzione di tale trasporto resta incaricato il Console de’ Sellaj, perché visiti i luoghi ove i medesimi si trovano rinchiusi, e colla possibile sollecitudine li faccia situare in detto locale di S. Francesco Saverio dopo che sentirà le disposizioni date dal cennato Sig. Principe di Pandolfina; e se occorre una forza armata per tale tragitto la ricerchi dal Comandante Generale Signor Requisenz.

Palermo 23 luglio 1R20.

Bonanno Cancelliere.

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquilli avverte i Cittadini Palermitani, ed essendosi stabilito un sistema di sicurezza pubblica, mediante la divisione di quartieri di questa Città alle Maestranze tutte, i di cui Consoli ne hanno assunta la responsabilità, non solo per guardare la via, e le sostanze dei cittadini, m’ancora per la conservazione delle cose pubbliche, e delle fortificazioni; possano ora mai cessare tutte le ronde, che con tanto zelo, e Patriottismo hanno esercitato gl’individui non arrollati, e che non siano stati aggregali a qualche Maestranza; Per le quali ragioni vengono invitati tutti a conformarsi alla disposizione, che nessuno o solo, in Compagnia de'  suoi amici possa andare rondando, dovendosi le ronde esercitare soltanto delle Maestranze, e loro Capi, secondo il sistema, che si pubblicherà e ciò sintantoché non sin messa in esecuzione l'organizzazione delle forze pubbliche, regolare, e patriottica, che con l’aggiunta di jeri la Giunta ha pubblicato a proposta del Comandante delle Armi, e che rassicura tinti i Cittadini, a riaprire il Commercio interno, e che protegga la sicurezza di ognuno, e quella della Comune patria.

Bonanno Cancelliere.

AVVISO

Su’ due rapporti di S. E. Signor Principe di Fitalia, in data quest’oggi, in uno de'  quali dà conto di non potere assumere l’incarico della pubblica sicurezza per le partenze e le provvenienze de’ passeggieri in questo porto; e nell’altro partecipa l'arrivo del brigantino napolitano nominalo l’intraprendente di capitan Gaetano Starita, procedente da Napoli in giorni otto, con carrozze, cavalli, e numero cinquantadue passaggieri, e l'approdo della Bombarda siciliana nominata la Vergine del Carmine di Capitan Antonio e Felle procedente pure da Napoli in giorni sette, con cavalli, ed altro, e numero trentotto passaggieri; la Giunta Provvisoria col consenso dei Consoli ha risoluto, che sia data subito libera pratica a tutti i passaggieri Siciliani, e di estere nazioni, che non sieno militari pervenuti in questo porto sopra i detti due legni, e che perverranno in appresso; ha risoluto di più che tutti i passaggieri napolitani e militari, compresivi anche i Siciliani, restino a bordo de’ summentovati legni sino a nuova determinazione della Giunta; bene inceso, che tali individui dovranno essere ben trattati, e soccorsi.

MANIFESTO DELLA GIUNTA PROVVISORIA

Essendosi restituito dii Patria il Signor Principe di Villafranca, dopo i suoi zelanti servizi costantemente resi a questo Pubblico, sulla proposta del Cancelliere della Giunta Provvisoria; Essa col consenso unanime di tutti i Consoli ha nominalo il prelodato Cittadino Signor Principe di Villafranca per uno dei suoi membri.

E siccome nel tempo stesso Sua Eminenza, il Cardinal Gravina; ha fatto conoscere alla detta Giunta, ed ai Consoli la somma difficoltà di continuare nella Carica di Presidente della medesima, senza mancare agli altri suoi doveri, come Capo Ecclesiastico nella sua Diocesi, esigendo la Presidenza una assidua cura; cosi la Giunta suddetta, ed i Consoli, al tempo stesso, che hanno reso i loro ringraziamenti a Sua Eminenza per la sua attività, ed indefessa assistenza. e zelo, che ha prestato in queste critiche circostanze, han creduto menar buone le sue scuse circa alla Presidenza; volendo però, che continuasse in seno di Essa, come uno dei Deputati.

Pertanto, vacando una carica si interessante dietro la proposta fatta per acclamazione da’ Consoli e da’ Cittadini presenti alla sessione di oggi, la Giunta ha scelto per suo Presidente il prelodato Signor Principe di Villafranca, il quale all'istante si è posto in esercizio della carica suddetta; vuole quindi essa Giunta, che tale dizione si renda manifesta per le stampe a questo Pubblico; perché le qualità ed il patriottismo costantemente dimostrato da sì rispettabile soggetto possano maggiormente concorrere ad animare la fiducia de'  Cittadini per le operazioni della Giunta, i tranquillizzare gli animi per sempre più ripristinarsi il buon ordine pubblico, principale oggetto di comuni desiderii e delle cure della Giunta provvisoria.

Palermo 24 Luglio 1820

Bonanno Cancelliere


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Palermo 5 Agosto 1820 N. 3

GIORNALE

LA FENICE

ALLOCUZIONE AI NAPOLETANI

Ciò che dovessi dai Palermitani rispondere al Proclama di S. A. R. il Principe Vicario Generale di Napoli, fu messo già in luce vittoriosamente da una libera penna pur troppo usata a sostenere i diritti dei popoli dalle regali usurpazioni. Resta ora, ch'è di maggiore interesse il sostenere voi Napoletani, quanto vi discostate, dalla giustizia, e da’ vostri propri vantaggi, impegnandovi a voler su di noi esercitare quel dritto, che da una recente violenza ebbe cominciamento. Sì, voi non potete ignorarlo, Napoletani! Fratelli, che fu solo il capriccio di due perfidi ambiziosi Ministri che persuase alla regnante famiglia una sì manifesta ingiustizia, che fu solo l'amor della pace e la speranza dell’imminente rovina di quei due scellerati, i quali marciavano per dirupi alla cieca, che fece indurare in silenzio alla Sicilia un torto sì grave. Ahi perversità dell’umana natura!! Sorge appena la Giustizia sulla terra, e non trova pur uno che voglia ricettarla nel cuore. Sorgono i mostri dell’avarizia e dell’ambizione; ed oh come si affollano re, popoli, nazioni a seguitarne le orme!

Che altro voi fareste, o Napoletani, nell’impegnarvi a volere la Sicilia, qual una delle vostre provincie, che sostenere una feroce violenza di quei Ministri, di cui giungeste a scuotere il giogo. Che! mentre voi aspirate al maggior bene, la libertà, e che dovreste in conseguenza armarvi di tutte le virtù, che non possono andar da quella disgiunte, ardireste voi, rompendo quanto v’ha di più sacro nel mondo, il dritto delle nazioni, farvi tiranni voi stessi de’ vostri fratelli? E non somigliereste allora a quei schiavi, che usciti appena delle catene barbariche d’un Dey affricano, ai primi liberi passi, tentassero incatenarci ndh parte dei feto compagni medesimi?

Napoletani, libertà e, prepotenza, Ingiustizia e libertà non possono assieme convivere, e, perciò o Voi non sarete liberi o sarete giusti verso di noi.

Che se rinunziando alla libertà, o all’apparenza di quella vi ostinerete pell’ingiustizia, chiuderete il cuore ad ogni sentimento di virtù consigliate almeno prima che abbandonarvi a disperate misure, consigliate, almeno i vostri interessi. Pensate, che sta per noi la giustizia. l'ardire, e l’opinione dell’Europa, e che ne arma le braccia ed il petto volontà decisa d’indipendenza o di morta. Militano ali’ incontro sotto le vostre bandiere l’ingiustizia più nera, l'oppression più crudele, e i rimorsi vostri medesimi. Sarà glorioso a noi il vincere, o il morire: sarà fatale a voi non men che la perdita la tessa vittoria In questa lotta scandalosa allo sguardo dei mondo. V’ebbero in altre età battaglie feroci tra’ popoli federati ed amici ma almeno non furono visti alla mischia concorrere da parti opposte con la medesima insegna; e il diverso color della rosa distingueva fra gli indomiti inglesi dai nemici gli amici. E noi moveremo disperati a battaglia fraterna, mentre uno stesso segnale d’indipendenza ne accusa altamente amici e congiunti. Se l’armi vostre, maledette dai buoni, trionferanno di questa, terra amica vostra pur sempre, quai vantaggi sperale di conseguirne? L’inutile domi io, sudi una brave terra circoscritta di acque, e d’uomini esausta e di ricchezze. Comanderete 4 ma comanderete ai monti alpestri è deserti, alle incolte pianure, alle, rovine delle etti, ed, ai cadaveri nostri; ed intanto l’orrore di tanti mali solleverà certamente dalla propinqua Romagna sino all’ultimo settentrione le armi provocate dei potenti, i quali dal vostro esempio incitati verranno ad esercitar su di voi la violenza medesima; né potrete altro opporre allora che i miseri avanzi delle truppe che avrete in gran parte consumate fra noi, e le imbelli grida de'  vecchi, delle spose, e dei fanciulli, da voi lasciati soli in difesa dei vostri tetti. Solleverassi allora contro di voi il sangue dei vostri fratelli scannati, e gride a vendetta, e l'avrà. Il ferro, ed il fuoco struggerà i vostri campi, le vostre case, e non resterà di voi che un nome esecrato nella ricordanza dei posteri.

Che se poi l’armi nostre, e più di queste il nostro ardimento, e gl'infiniti vantaggi di una guerra per noi difensiva riusciranno col favore giusto del cielo a respingere le vostre invasioni,allora aggiungete a tutti i mali della vittoria quelli della sconfitta, e la vergogna di essa, e presentirete lo stato deplorabile che vi minaccia. Resterete allora soli in mezzo all'Italia, esponendo da un lato un fianco debole alle invasioni straniere, e perdendo dall'altro la speranza d'ogni soccorso, ed asilo; come già l'aveste altre volte fra noi.

Sospettate di chi v’inganna e seduce. Consultate l'Onor vostro ed i vostri vantaggi; né crediate, che sentimenti di tema, o diffidenza di noi medesimi abbian dettale queste amiche parole che vi dirigiamo; che se ciò presumete, al primo scendere su questa terra ostilmente vi daremo prove indubitate e chiarissime di disinganno.

Però federazione strettissima è quanto abbisogna alla felicità e sicurezza vostra e di noi:. e questa ambiscono tutti i Siciliani, e vi offrono. Siatene amici e federati, e vedrete ad ogni menomo cenno Siciliani a migliaja varcare animosi il faro in difesa dei vostri diritti e della comune costituzione di Spagna, tempra santissima di governo. Gli interessi vostri allora diventeranno sacri per noi; si che non stimeremo più nostro concittadino, colui ch’esiterà un sol momento a volar armato in vostro soccorso; persuasi altronde, che dalla vostra dipende io parte la nostra: salute.

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Abbiamo creduto far cosa grata agli associati, anticipando in cuesìo straordinario il piano delle Magistrature.

DECRETO PROVVISORIO PER LE MAGISTRATURE

La Giunta Provvisoria di. pubblica sicurezza, e tranquillità dovendo dare un necessario movimento all’ordine Giudiziario nel modo che le attuali circostanze richiedono, e sintantoché si radunerà la Nazionale. Rappresentanza per la organizzazione dei Nuovi Magistrati. e per la formazione dei nuovi Codici, e delle nuove Leggi, secondo lo spirito della Costituzione Spagnola, ha col consenso unanime ilei Consoli provvisoriamente risoluto.

1. Che vi siano dal giorno sette agosto venturo in poi la Suprema Corte di Giustizia, una Gran Corte Civile divisa in due Camere una per le cause Civili, e l’altra per le cause Criminali. La Gran Corte dei Conti; Il Tribunale Civile, il Tribunale di Commercio colle loro corrispondenti attribuzioni, salve le seguenti modificazioni.

2. La Città di Palermo, e sue Campagne aggiacenti saranno divise in sei Quartieri cioè quattro di Città, e due delle Campagne: Timo di tutte quelle, che giacciono a destra, e l’altro di quelle che sono a sinistra della Città della stia Strada Toledo, e Strada che conduce a Monreale; comprendendosi nelle Campagne tutte le Case poste fuori le mura di essa Città. I due locali del giudicato di Campagna saranno uno fuori Porta S. Antonino, e l'altro fuori Porta Macqueda.

In luogo dei Giudici di Circondario, che restano soppressi, vi sarà in ciascun Quartina un Giudice Civile, ed un Giudice Criminale, che si suppliranno reciprocamente nei casi di sospensione, e di legittimo impedimento.

3. In Palermo vi sarà un Capo provvisorio di pubblica sicurezza, il quale proporrà per ogni Quartiere un impiegato, che sosterrà presso il Giudice Criminale l’interesse della legge, e della sicurezza pubblica.

4. Per la Bagheria, e sue Campagne aggiacenti vi saranno gli stessi Giudici e lo stesso Uffiziale di sicurezza pubblica, come sono nei Quartieri di Palermo.

5. Così ugualmente io ogni altro Comune vi. saranno gli stessi Giudici Civile, e Criminale, ed un Capo provvisorio di Sicurezza pubblica, che sosterrà ugualmente presso il Giudice Criminale l’interesse della legge, e della pubblica sicurezza Ed in tutte quelle Città, in cui vi sono stati Tribunale Civile, Tribunale di Commercio, Gran Corte Criminale e Gran Corte Civile vi resteranno i medesimi Tribunali, e Gran Corti come si trovano.

6. In conseguenza delle sopraddette disposizioni vengono per ora a cessare le funzioni di Giudici Istruttori, e di Conciliatori.

7. Gl'Impiegati attuali presso tutti i Magistrali, Giudici di Circondario, e i Giudici; Istruttori saranno tenuti in particolare considerazione nella nominazione delle Mastre Notarie, Segreterie ed altri ufficii subalterni dei rispettivi Magistrati, e Giudici.

Avendo inoltre la Giunta preso nella più seria considerazione taluni articoli delle Leggi; vigenti, i quali pei cambiamenti avvenuti sono in parte ineseguibili, ed in parte dannosi al celere andamento degli affari giudiziari, ha con l’unanime consenso dei Consoli provvisoriamente risoluto.

1. Il contenzioso amministrativo, che si esercitava dal Consiglio d'Intendenza, e dall’Intendenti, Vice-Intendenti già cessati; resta unito al Contenzioso giudiziario, e tutte le cause si tratteranno dai Magistrati ordinarj di sopra indicati.

2. Resta soppresso l’uso della carta bollata, i del registro, e di ogni altro oggetto dipendente da tali articoli.

3. I Giudici Civili assolveranno le cause dell’interesse sino alle onze cinque con unico atto ragionato, che comprenda la istruzione, e la sentenza.

4. Le sentenze Civili, e Criminali saranno esecutive da loro stesse in forza della pronunziazione del Giudice, senza bisogno di essere Vestite di veruna forma esecutoria.

La stessa disposizione ha luogo pei contratti Stipolati d’innanzi i pubblici Notaj.

5. Non si potrà dare esecuzione a tutti i documenti sì pubblici, che privati, i quali aveano la via esecutiva prima di settembre 1819; se non previo l’ordine del Giudice, il quale sposando la Giustizia, con l'equità prescriverà il modo, e la forma della esecuzione; avendo anche riguardo ai debitori commerciali per le circostanze in cui si trova attualmente il Commercio.

Questo riguardo equitativo però per le esecuzioni riguardanti affari di Commercio non deve oltrepassare il termine di un mese.

6. Agli altri modi di esecuzione si aggiunga quello della apposizione delle Guardie da destinarsi dal Giudice, e quello della locazione giudiziaria dei Fondi del debitore.

7. Le sentenze interlocutorie si spediranno senza narrativa, e senza considerazione.

8. S’inculca ai Giudici Civili, e Criminali, ed ai Presidenti de’ Collegi di far disbrigare con la massima sollecitudine la spedizione delle copie autentiche delle sentenze.

9. Si proseguirà ad apporre in piedi delle sentenze lo elenco delle scritture, su cui poggiano con la menzione delle Date e del Notai: ed a tale oggetto, stante la cessazione del Registro, non si potrà in giudizio fare uso di scritture private, se prima non si esegue presso l'Ufficio di un Notaio il deposito di una copia firmata dal Deponente, che dee avverare di essere conforme coll'originale, e ciò senza derogarsi alla verificazione giudiziaria delle scritture.

10. Per la esazione dei Censi, e gabelle resterà in facoltà dell'Attore convenire il debitore o dinanzi il Giudice del sito della cosa, o d'innanzi quello del domicilio del reo.

11. Lei leggi sullo stato Civile atti di nascita, matrimonio, e morte non si eseguono.

12. Le leggi attualmente vigenti cominceranno provvisoriamente ad essere in vigore in tutto ciò che non viene in contraddizione con le disposizioni del presente Decreto.

13. In conseguenza di queste disposizioni dal giorno in cui si porrà in esecuzione il presente Decreto cesseranno di funzionare le attuali Commissioni provvisorie dei quattro Quartieri di Palermo.

14. Tutti gli atti, sentenze, e decisioni sin’ora fatte resteranno nel loro pieno vigore.

15. Provvisoriamente i Maestri Notati, gli Algozirj, Portieri, e tutti gli altri Subalterni impiegati del Potere giudiziario proseguiranno ad esigere i diritti, che legittimamente gli appartengono, secondo le tariffe attualmente in vigore; esclusi però tutti i diritti fiscali.

Tutti gli Uffiziali i quali esigeranno più di quello, che loto si appartiene, a ricorso della parte litigante, saranno sospesi d’ordine del Giudice, o Presidente dei ispettivi Colleggi finché legittimeranno la loro condotta.

Si esigerà da ogni litigante la sola provisione per le sentenze definitive giusta le pandette degli anni 1739, e 1784; quali provisioni resteranno a conto dell’Erario Nazionale.

La percezione di dette provisioni si farà dai rispettivi Maestri Notari, i quali terranno a quest’oggetto un libro vidimato dal Presidente d'ogni Collegio, e da ogni Giudice di quartiere rispettivamente.

I Giudici provvisoriamente avranno quel soldo, che la Giunta col consenso dei Consoli determinerà.

Questa disposizione riguarderà soltanto le sentenze definitive da profferirsi da ogg’innanzi.

Palermo

La Giunta provvisoria col consenso dei Consoli ha stabilito che provvisoriamente continuino a funzionare nei rispettivi Collegi gli stessi individui, che per il passato hanno occupato le magistrature; menochè i Giudici di Circondario, ed Istruttori di Palermo a cui sono stati surrogati i Giudici di quartiere.

Funzioneranno provvisoriamente da Giudici di quartiere gli infrascritti Soggetti:

Per il quartiere della Salsa,

Dr. D. Gian Battista Mantegna da Giudice Civile.

Dr. D. Giovanni la (Loggia Criminale.

Per il quartiere' di S. Giacomo

Dr. D. Emmanuele Paudolfina da Giudica Civile.

Dr. D Pasquale di Benedetto da Giudico Criminale.

Per il quartiere dell’Albelgheria

Dr. D Giuseppe Ferrnggia da Giudice Civile.

Dr. D. Giuseppe Longo da Giudica Criminale.

Per quartiere del Capo

Dr. D. Carlo Emmanuele da Giudice Civile.

Dr. D, Emmanuel e Ortolani da Criminale.

Pel quartiere esterno di Porta Macqueda

Dr. D. Calcedonio Bonelli da Giudice Civile.

Dr. D. Ermenegildo Pagano da Criminale.

Quartiere esterno di porta S. Antonino

Barone Dr. D Giuseppe Genova ed Arane da Giudice Civile.

Dr. D Giovanni Lo Presti da Criminale.

Bagheria

D. Giovanni la Cava da Giudice Civile.

Dr. D. Salvadore Pittalà da Criminale.

I Maestri Notari, Segretarj, e tutti altri Offici subalterni di dette Magistrature saranno destinati con altro Decreto,.pigliando principalmente in considerazione i cancellieri segretarj e tutti gli altri subalterni che hanno finora funzionato.

Bonanno Cancelliere


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Palermo 4 Agosto 1820 N. 3

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all'Estensore del Giornale La Fenice.

NOTIZIE INTERNE

Molte copie volanti in istampa circolavano del seguente Proclama e siccome noi lo trovammo energicamente scritto, e molto analogo alla circostanza, per non defraudarne que’ nostri associati che non (hanno lettoci siamo fatti un piacere d inserirlo.

PROCLAMA

CONCITTADINI

Alla penetrante voce della nostra sacra Indipendenza dal virino Regno di Napoli con rapidità percorsa per tutti i punti della nostra bell’isola, scuotendo vigorosamente gli abitanti de’ più remoti angoli, il Genio libero Siciliano scoppiò con quell’entusiasmo, che le grandi Nazioni distingue; e l’amor di Patria in sostegno de’ nostri più sacri antichi dritti, infiammando i pelli de’ più bravi, armò la mano de’ vostri valorosi concittadini Palermitani.

La vittoria, frutto de’ loro estraordinarj sforzi eccitò in tutte le popolazioni l’ardente desio di voler concorrere alla comune difesa e gfen erosa mente a gara ci hanno offerto tutti i loro mezzi, e le loro forze, giurandoci indissolubile unione sino allo spargimento dell’ultima stilla, di sangue.

Un solo sentimento guida tutti i Siciliani tranne quei pochi avviliti, che privati interessi, e sordide vane speranze di sostenersi ne’ posti delle abolite Intendenze han fatto dipartire dalla comune causa. Eglino adoperando il loro abominevole studio nel tenere talune popolazioni, ancor esse senza dubbio patriottiche nel bujo di quanto gloriosamente si è operato in questa Capitale, e delle energiche provvidenze di questa Giunta, mille allarmanti notizie han saputo sinora spargere, e gettare gli animi di alcuni nel dubbio e nella costernazione.

I loro intrighi sediziosi verranno meno per la incessante attività, ed ammirevole zelo de’ bravi, che la causa di tutti sostengono.

Ci è noto, che i piccoli tiranni i Capi scoraggiati delle vacillanti Intendenze han fatto Correre ne’ capovalli principalmente la falsa voce, che riuniti a Palermo avrebbero perduti tutti i loro privilegi e la loro preeminenza. No Concittadini! i veri nemici della Patria vi eccitano tali timori, e ad arte disseminano germi di discordia nei momenti i più preziosi di nostra liberazione. Tutti i privilegi vi saranno conservati, altri ve ne saranno accordati, che seco necessariamente trarrà la Indipendenza per cui combattiamo.

Vi sia palese, che sotto la dipendenza di Napoli, catene più pesanti vi opprimerebbero, che la vostra condizione resa più servile, e vergognosa vi farebbe inutilmente desiderare i momenti fortunali, e le felici posizioni in cui al presente ci troviamo, che i figli vi sarebbono ancora strappali dalle braccia per servirò a’ capricci de’ dominanti, che paghereste ancora la pesante imposizione del Registro, e della Carta bollata. Cittadini, voi siete stati ingannati, rammentatevi di essere Siciliani, e che sempre avete goduto del sacro dritto della Indipendenza; persuadetevi, che i vostri privilegi saranno accresciuti, anzi che diminuiti, e che la causa comune il comune interesse non è diverso dall’interesse particolare di ogni popolazione. Unitevi strettamente a noi sotto l’invincibile vessillo della libertà Nazionale, è la voce che dee radunarci sia Costituzione, Indipendenza.

Palermo li

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Continuazione dalla Seduta del giorno 24

AVVISO

La Giunta Provvisoria unitamente ai Consoli dopo avare inteso la relazione di Sua Eccellenza il Principe di Pandolfina incaricato per osservare, se il locale de’ PP. Gesuiti del Collegio nuovo sta bene adatto per tenervi le discussioni della Giunta, ha risoluto, che il, locale sudetto fosse 4con fletto prescelto per le di 6cusioiii anzidette: ed intanto siccome le Scuole ivi esistenti porterebbero disturbo, così ha risoluto pari unenti, che tali Scuole fossero tradotte nell’Università degli Studj.

La stessa Giunta ha invitato il cennato Signor Principe di Pandolfina a dare le convenienti disposizioni, onde il locale sudetto venisse fornito di tutto il bisognevole per incominciarvisi le Sedute.

Palermo 24 Luglio 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria ha disposto di accordare ai Consoli, che i medesimi nel numero di settantadue per ora, e tutti i componenti la Giunta Provvisoria, per evitare la confusione, e per avere libero ingresso nella sala di adunanza di detta Giunta Provvisoria, portino un distintivo Comunale, il quale verrà formato da una Medaglia, portante l'effigie della nostra Padrona Santa Rosalia, dalla quale penderà l’Aquila insegna civica di questo Senato.

E quindi resta incaricalo il Signor D. Salvadore La Villa, argentiere, perché colla maggiore sollecitudine, faccia eseguire in argento l’accennata medaglia al numero di cento venti.

Palermo a4 Luglio 1820

Gaetano Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria unitamente ai Consoli, inteso il progetto del cittadino Capitano D. Carlo Leone, ha risoluto;, che il Signor Marchese Bajada continui provvisoriamente nelle funzioni d'intendente della Dogana, valendosi de’ soliti uffiziali, e con doversi regolare a tenore degli stabilimenti emanati a tutto il mese Dicembre nella intelligenza, che tutti i dazj, che si trovano aboliti restino per ora ancora aboliti; e ciò coll’assistenza di due Consoli, i quali dovranno cambiare di settimana in settimana; cominciando a funzionare a seconda della nota, che presenterà S. E. il Pretore.

Palermo 24 Luglio 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria col consenso dei Consoli ha approvato il progetto del buon Cittadino Console de’ Cocchieri, perchè nella organizzazione della Cavalleria siano preferiti i Cocchieri; per cui ha disposto che il Maresciallo Duca di S. Giovanni provvisoriamente, e sotto la dipendenza di S E. Signor Comandante Generale le armi faccia da Direttore del Corpo di Cavalleria che va a stabilirsi.

Palermo 24 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria unitamente ai Consoli ha risoluto che D. Luigi Montalto sia addetto alla estensione del Giornale; a qual uopo ha ordinato, che egli si metta in attività dal giorno di domani in poi.

Palermo 24 luglio 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Essendosi fatta mozione dal Principe della Pandolfina uno de’ Componenti Giunta provvisoria di pubblica tranquillità e sicurezza per doversi a peso di tutti i proprietari assegnare una somma a titolo di sovvenzione alle famiglie di que’ valorosi e bravi Cittadini, che per l’onore delta Patria perirono nella memoranda azione del dì 17 di questo mese, fu una tal mozione a pieni voti approvata.

Non essendosene intanto veduto l’effetto, e conoscendosi di non potersi porre in oblio questa insigne risoluzione la Giunta in conformità della mozione del Cittadino D. Giuseppe Calandrò ha disposto cui parere di tutti i Consoli, che li medesimi formar do. vesserò al più presto possibile la nota di tutti gli anzidetti Individui morti nell’azione colle corrispondenti osservazioni riguardanti da famiglia di ciascheduno, e presentarla alla Giunta per l’oggetto di cui si tratta, per affiggersi ne’ luoghi soliti, e consueti della Città; onde conoscessero li Cittadini la bravura, e l'entusiasmo nazionale de’ suoi concittadini.

Uniformemente ancora a quanto propose lo stesso Cittadino Calabrò, ha disposto la Giunta, che gli accennati Signori Consoli dovessero pur prestamente formare un’altra nota di tutti quegli individui, che furono nell’invitta azione: e fusi anche menzione di quelle donne che invitavano i loro figli, ed i rispettivi mariti a prender le armi per accorrere alla difesa de’ suoi concittadini, perché la Giunta informata di tali valorosi individui possa preparar loro a nome d’una Patria dii condegno primo, ed insieme insignirla di una medaglia portarne l‘effigie della nostra patrona Rosalia, e l'emblema di questa città, uguale a quella che si è fatta per tutti i Consoli, per li componenti la Giunta provvisoria, con doversi tale nota affiggere ne luoghi soliti e consueti della Città.

Palermo 24 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

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Seduta del giorno 25 Luglio 1820.

AVVISO

Ha spinto l’amore alla difesa della Patria i componenti la Giunta provvisoria a riunire straordinariamente tutti i Consoli, in seguito di un rapporto jeri ricevuto dopo le ore 13 dal degnissimo Presidente Principe di Villafranca, in cui gli fu prevenuto, che si avvicinavano colla direzione a questo porto due fregate, e due brigantini, la di cui bandiera non era stata riconosciuta dalle vedette di Montepellegrino; e nella seduta estraordinaria di jeri sera fu invitato ad intervenirvi il Signor Comandante Generale della forza arenata, per sentire le sue disposizioni sul proposito. Il cennato Signor Comandante ha riferito di aver da to gli ordini li più pronti, perché li forti del littorale lusserò provveduti di Artiglieria, e munizione, e nel tempo stesso tutti i Consoli si sono posti in attività per riunire gli artiglieri litorali sparsi nelle diverse Maestranze per guarnirne i forti suddetti.

Quindi la Giunta si fa un dovere di prevenirne il pubblico per G sua intelligenza, riserbandosi di manifestare le ulteriori nuove che riceverà sull’oggetto: assicurandolo che si darà sempre tutta la premura per ]a difesa della Città: sperando ugualmente, che questo Pubblico coadjuverà a’ suoi energici sforzi col conservare la tranquillità ed accordare la tua fiducia alla Giunta suddetta.

Palermo 25 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

A petizione del buon Cittadino de'  maestri Corredatori D. Carlo Tommaselli la Giunta Provvisoria col consenso de’ Consoli nella seduta di questa mattina ha risoluto che si rinforzino la Vicaria, e l'Arsenale per cui vuole che il Capitan Generale della forza armata curi l'adempimento di questa risoluzione.

Palermo li 25 luglio 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria nella seduta di questa mattina, unitamente a tutti i Consoli intenta sempre a far sapere al pubblico le risoluzioni concernenti la tranquillità, e sicurezza pubblica; manifesta di aver disposto, che tre dei Consoli unitamente al Signor Marchese Amorosi incaricato provvisoriamente delle funzioni di Pubblica sicurezza Marittima, si Conferiscano a bordo di questi legni arrivati, affine di far scendere due Individui, che sono sopra detti legni in rada, ad oggetto di condurli innanti la cennata Giunta per fargli conoscere le loro intenzioni.

Si riserbi intanto la cennata Giunta far noto al Pubblico il rimanente delle disposizioni sull’oggetto con un secondo avviso; nell’intelligenza che tali individui, che scenderanno da detti legni restano sotto la garanzia della surriferita Giunta.

Palermo 25 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria si diede questa mattina la premura di prevenire il Pubblico di tutte le provvidenze date per munire il nostro littorale, in seguito dello avviso che aveano dato i Torrnri, che si avvicinavano colla direzione a questo Porto due Fregate, e due Brigantini L di cui bandiera non era stata riconosciuta dalle vedette di Montepellegrino.

Questa mattina alle ore 10 d’Italia l'incaricato D. Mercurio Tortorici riferì al Principe di Villafranca Presidente della Giunta, che già si erano ancorati nella nostra rada il Vascello Capri, una Fregata, e li due' Pochetti il Tartaro, ed il Leone. Questo avviso fece, che il suddetto Signor Presidente convocò tutti i membri componenti la Giunta provvisoria, e tutti Consoli per prendere le ulteriori risoluzioni. Quindi furono di unanime sentimento destinati il Marchese Amorosi, unitamente a tre Consoli, all’oggetto di far scendere dai Bastimenti suddetti, due soli individui per conoscersi le di loro intenzioni. Ritornò il Marchese Amorosi con i tre Consoli, i quali fecero il seguente rapporto.

“Eccellenza, in esecuzione dell’incarico datoci in iscritto poche ore addietro da questa Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità ci siamo portati insieme li qui sottoscritti D. Vincenzo Filangieri, D. Mercurio Torturi, D. Ignazio Caronia console dei Stagnatori, e D. Antonino Marchello Console dei Cristallari all’xxxxx. del Vascello Comandante la Flottiglia questa mattina giunta da Napoli in questa rada: ivi dopo avere adempite D. Mercurio Tortorici le parti di Custode di pubblica salute, io Vincenzo Filangeri quale incaricato della Polizia di Mare ho fritto sapere al Comandante in secondo, che tal sui parse, e che si fece innanzi, di essere stato io spedito in unione delli suddetti Individui d’ordine della Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità per far sapere al Comandante la Flottiglia, ch'essa Giunta avea risoluto non darsi per ora libera pratica all’intiera Flottiglia, na che solo permetteva di mettere in pratica uno, o due Individui benvisti al Comandante di essa Flottiglia, per condurli con sicurezza, e garanzia della Giunta medesima in pieno congresso della Giunta, tutte le volte che la Flottiglia volesse parlamentare; ciò detto, rispose il detto Comandante in secondo, che in pochi momenti mi avrebbe data compita risposta, e ritirandosi per soli pochi minuti ricomparve a bordo, e dissemi, che il Comandante faceva sapere alla Giunta, che restava stranizzato in sentire una tal risoluzione presa da essa Giunta, ed al veder me con Bandiera Parlamentaria, mentre era egli persuasi di esser giunto in un Porto amico, e dell’istesso Sovrano; io replicai che non si era punto ingannato il Comandante nel vedere ciò, ma che una tal risoluzione della Giunta, ed il veder me con Bandiera Parlamentaria, era cagionato d’alcune novità successe in Palermo, ed al vedere una Flottiglia, della quale non si sanno, ancora le intenzioni; a ciò replicommi il detto Comandante in secondo, che se la Giunta credeva voler sapere le intenzioni della Flottiglia potrebbe mandare a bordo un Deputato a parlamentare: io in quel momento riflettendo i limiti della Commissione non credetti salire a bordo, ed ho creduto ritornarmene per rapportare il tutto, come ho fatto verbalmente in piena Giunta, e con questo mio officio per darsi dalla Giunta provvisoria le ulteriori risoluzioni.”

Vincenzo Filangeri.

Mercurio Tortorici.

Ignazio Caronia Console.

Antonino Marchello Console.

Dietro a questo Rapporto la Giunta Provvisoria, non trascurando mai le opportune misure di precauzione e difesa fece il seguente Decreto — La Giunta Provvisoria, inteso il rapporto del Marchese Amorosi provvisoriamente dello Capo della Polizia Marittima, e dei tre Consoli dei Pescatori, dei Stagnatari, e dei Cristallari, Ira disposto col parere di tutti i Consoli, che si portino al Bordo del Vascello Capri il Deputato della Giunta Maresciallo D. Ruggiero Settimo, il Collaboratore Duca di Cumia, ed i Consoli D. Salvadore la Villa, D. Mercurio Tortorici, e D. Francesco Impallomeni per sentire le intenzioni del Generale Comandante la forza esistente in Rada, e riferirle alla Giunta Provvisoria per farle conoscere al Popolo.— Li suddetti incaricati furono muniti delle annesse istruzioni approvate dalla Giunta Provvisoria, e dai Consoli—La Commessione spedita sul Vascello Capri è composta dal Deputalo Maresciallo D. Ruggiero Settimo, dal Collaboratore Duca di Cumia, e dai Consoli D. Salvatore la Villa, D. Mercurio Tortorici, e D. Francesco Impallomeni.

Quando sarà domandata in nome di chi viene, risponderà.

Da una Giunta Provvisoria eretta da tutti i Consoli delle Maestranze di questa Capitale, dietro un ricorso fatto al Pretore di Palermo loro Capo, perché fosse rimesso il buon ordine, ed una certa forma di Governo Provvisorio, onde ovviare tutti gli inconvenienti, che poteano nascere in quelle circostanze, per le quali si portarono da sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo, per prendere tutti di concerto le convenienti misure per assicurare la pubblica tranquillità.

Per documento di tale elezione si porti l’avviso dei 18 luglio 1819.

Questa Giunta soffri un’alterazione il giorno 19 luglio 1820, nel quale la Popolazione, desiderando essere a giorno degli affari, volle, che fossero aggregati alla medesima Giunta quattro Consoli, lasciando a tutti gli altri Consoli la libertà di potervi intervenire Z come hanno praticato.

Altra alterazione ha sofferta detta Giunta nella sua formazione col decreto de’ luglio 1820 che nomina per Presidente, io vece di sua Eminenza il Cardinale Gravina Arcivescovo di Palermo, il Principe di Villafranca attuale esercente.

Posati così i suoi titoli, se saranno domandati dell’oggetto di loro missione risponderanno.

Per conoscere i motivi, e le intenzioni di chi comanda la forza apparsa in questa Rada, e riferirli alla Giunta, la quale esporrà egualmente i motivi della sua posizione, e le intenzioni di questa, ed altre popolazioni, qualora dal Generale si spediranno persone a sentirle.

Subito che ritorneranno i suddetti incaricati, il Pubblico resterà informato del risultato della loro missione; e la Giunta provvisoria assicura tutti gli ordini della Cittadinanza, che impiegherà tutta la sua sollecitudine per assicurare la quiete esterna, ed interna di questa Capitale.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Rapporto fatto alla Giunta provvisoria di sicurezza, e tranquillità pubblica, ed ai Consoli assistenti dal Sig. Deputato Maresciallo D. Ruggiero Settimo, da! Collaboratore Duca di Cumia, ed dai Consoli D. Salvadore la Villa, D. Mercurio Tortorici, e D. Francesco Impellomeni spediti da essa Giunta con consenso di tutti i Consoli a bordo del Vascello Capri esistente in Rada con altri legni per sentire le intenzioni del Comandante di essa forza.

Il Comandante della forza marittima ancorata in rada il Capitano di Vascello D. Giovanni Bausen ha manifestato, che le sue intenzioni sono le più pacifiche, dapoicché egli non ha altra incombenza, se non quella di raccogliere, ed imbarcare tutti quei Napolitani dispersi, e Siciliani ancora, se mai se ne volessero andare. Assicura egli ugualmente, che i Siciliani in Napoli sono ben trattati, e non impediti n portarsi in Sicilia, sino al momento della sua partenza da Napoli, che fu il dì 21 alle ore 18 d’Italia. Ha ugualmente detto che la Nazione Napolitana è amica della Siciliana.

Dippiù a domanda dei Consoli, se mai vi era truppa da sbarco imbarcata fu riposto di nò dal prelodate Sig. Comandante, e che l’equipaggio de’ Legni da guerra era sulle tariffe di pace.

Finalmente ha detto il Sig. Comandante, che SA. R. il Du ca di Calabria Vicario Generale pria di partire ha dimostralo al detto Comandante le intenzioni più favorevoli, e piene di attaccamento per la Nazione Siciliana.

Gaetano Bonanno Cancelliere


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FOGLIO ESTRAORDINARIO

Palermo 9 Agosto 1820 N. 4

GIORNALE

LA FENICE

NOTIZIE INTERNE

Palermo Agosto 1820.

Jeri mattina del giorno 8 corrente giunse in questo porto da Napoli uno Scorridore armato con a bordo il Signor D. Mercurio Tortorici uno dei Deputati colà spediti dalla Giunta Provvisoria per trattare dell’Indipendenza del Regno. Convocatasi indi a poco la Giunta, il summentovato Tortorici presentò i pieghi dei quali si fece pubblica lettura. Non ne daremo il dettaglio dietro le ulteriori e finali risoluzioni della Giunta, ed unendo il rapporto e la risposta, faremo un foglio a parte. Ci lusinghiamo frattanto che ben diversamente pensar debbe di noi e delle nostre giuste pretenzioni il Principe Vicario Generale, con coi è stato negato alla nostra Deputazione di abboccarsi. Dopo la lettura di questo rapporto, e di alcuni articoli delle gazzette di Naftoli relativi agli affari di Sicilia, il Presidente della Giunta Principe di Villafranca animato di quello amore ardente del bene della patria che lo ha sempre distinto e bello stesso tempo snidato da una maturità di giudizio superiore alla sua giovine età, pronunziò presso che il seguente discorso.

Concittadini!

“L’affare su di cui dobbiamo deliberare è tale per la sua Importanza, che da quanto avremo risoluto, dovrà poi dipendere la libertà e la salute della Patria, o la schiavitù e distruzione della medesima. Io se dovessi risolvere da privato cittadino, consultando la ragione che ci assiste; e il mio ardire avrei di già saputo rispondete alle poco onorevoli proposizioni che ci vengon dirette dal governo napoletano; ma sedendo qui da Presidente della giunta, non ardisco al momento farmi l’interpetre della volontà di tutti. Consiglio, sì, tutti i buoni cittadini che qui seggono a provvedere sul publico bene a maturare nel profondo dell’animo, e con giudizio non caldo di entusiasmo e di passione, lo stato attuale del Reno di Sicilia, la dissenzione di alcune città, i mezzi che abbiamo è le proposizioni del governo di Napoli: Consiglio a consultate prima il veto di tutti i cittadini per poi domani prendere una risoluzione, la quale qualunque sia per essere, rappresenti il volere di tutti, e non sembri dettati, né dall’audacia soverchia di alcuni né dal troppo vile timore di altri. Esorto tutti a dimostrai ci però sempre poi fermi e risoluti sino all’estremo una volta che avremo unanimemente deliberato. Concittadini non bisogna né vergognosamente troppo avvilirsi, né presumer molto senza riflettere. Maturando ogni cosa vedrete voi se bisognerà persistere sull’assoluta indipendenza a fronte di mille ostacoli, o se bisognai proporre dei mezzi conciliatorii, ma soffrir mai e di ciò mi rendo galante del valore di tutti, ma soffrire mai l’insulto di sì umilianti proposte, e degne appena di liceverzi da un popolo già soggiogato. Risolverete voi domani la causa della Siciliana libertà, e perciò dovrete riflettere, che quanto sarete per profferire coi labbri dovrete pei sostenerlo con le braccia e col cuore. Però base di tutte le operazioni esser debbe la publica tranquillità, e l’obbedienza alle risoluzioni della Giunta, ed ai Capi che saranno destinati ad eseguirle. E questo io mi auguro per il bene di tutti, e per la riuscita della Santa causa che ci riunisce e ci move».

L’approvazione universale a questo discorso manifestò d’ogni dove col battere delle mani e con la voce di Evviva! Evviva! Il Signor D. Antonino Tortorici giovine ardente di libertà ed impaziente d’ogni dimora con breve discorso fece presente alla Giunta ed alla popolo la accolto, che qualunque fosse per esse:e la forma del governo del Regno di Sicilia, restando questo dipendente da quello di Napoli, non si sarebbe più sicuri di nulla né della vita istessa: e perciò base d’ogni risoluzione dover essere, o Morte, o Indipendenza. Qui la voce di tutti ripeté o Morte o Indipendenza.

Il Principe di Villafranca facendo plauso all’ardire patriottico del Tortorici, insisté sempre sulla prima proposizione di pigliare un giorno almeno di tempo a deliberare, e il consenso di tutti fece eco a quel saggio consiglio. Un Abate N. N. propose essere egli il primo intanto pronto a marciare contro quei vili Siciliani che si stanno opponendo ai voto di un’intera nazione.

Il Presidente richiamando tutti al silenzio aprì il corso agli affari interni dello stato, di che la Giunta tornò placidamente ad occuparsi.

NOTIZIE ESTERE

Napoli

In data de'  20 Luglio l'Amico della Costituzione dice che tutti i Siciliani abitanti in Napoli abbiano prestato volontariamente il giuramento alla Costituzione Spagnuola data al Regno delle Due Sicilie; e noi aggiungiamo volontariamente costretti dalla forza.

L’Amico della costituzione nel num. 6. Sabato 22 Luglio dando la nota delle feste fatte nelle diverse capitali del Regno per l’accordata costituzione di Spagna dopo Aquila, Teramo, Catanzaro, e Cosenza. situando Messina, fa vedere in qual conto costituzionalmente sia tenuta una delle Città Capitali della Sicilia.

Lo stesso giornale nel num. 13 da le seguenti notizie intorno alla Sicilia.

«Le notizie che si hanno di Sicilia sono le più soddisfacenti. Tutte tendono a provare che lo spirito di sedizione si restringe alla sola Palermo, mentre tutto è tranquillo in Trapani, Siracusa, Catania, e Messina.

Su vede che l’amico della costituzione ignora assolutamente lo stato della Sicilia, e non sa che con Palermo sono uniti a volere l’indipendenza tutti gli altri paesi del regno, menocché Messina, Catania, Trapani e Siracusa, città per altro compresse dalla forza degl’impiegati dell’antico governo, e che formano la millesima parie della 'Nazione Siciliana.

In data del 1. Agosto nel num. Il l’Amico della Costituzione rapporta che

«Tutti coloro che jeri giunsero da Palermo assicurano, che i nostri Napolitani impiagati non hanno niente sofferto nelle passate sommosse popolari, e che i Palermitani si,limitano a domandar perdono degli errori commessi, e di volere ubbidire alle sovrane disposizioni, desiderando la promulgata costituzione Spagnuola».

Gl’impiegati napoletani non solo ma gli stessi militari prigionieri sono stati rispettati, più di quanto il dritto della guerra esiggeva; e di ciò non se ne vuol lode. I palermitani in ciò non hanno ascoltato che le voci della generosità e dalla clemenza. Ma che dai medesimi si domandi perdono di colpe non commesse, che si voglia ubbidire alle risoluzioni di Napoli circa all’indipendenza!.... Solenne bugia!

Nel num. 16 dello stesso giornale si legge che siegue.

«La deputazione, che annunziammo ieri esser venuta da Procida, e che fermossi a Procida per ricévere gli ordini di S. A. R. il Vicario Gemiate, avendo manifestato sentimenti di ubbidienza e devozione al Re, ed al Principe, ha avuto il permesso di entrare in città.»

Dobbiamo a questo proposito manifestare, che dall’ultime nuove ricevute da Na.'oli sappiamo, che quei ministri non hanno permesso che la nostra Deputazione si presentasse al Principe Vicario Generale, ciò che addimostra quanto siano essi persuasi della giustizia della nostra causa, e delle buone disposizioni di quel Principe Reale.

Forte, animato, e veemente ci è sembrato il seguente proclama dei Calabresi alle truppe Napoletane; e perciò noi ci facciamo nfi piacere di divulgarlo come un modello nel suo genere da imitarsi allorché si vuole destare l'ardire e l’entusiasmo delle nazioni. È però più interessante per noi il riflettere che dalle prime parole di esso, pare si faccia una sincera confessione del nostro diritto all'indipendenza, conoscendosi i Calabresi, e ben a ragione, gli ultimi per sito fra i popoli del regno; che se avessero riputato la Sicilia qual Provincia di detto Regno, allora non gli ultimi, ma si sarebbero detti i penultimi, restando gli ultimi per sito i Siciliani. Ciò serve sempre più a provare che l’indipendenza Siciliana, oltreché a mille diritti e ragioni positive, si appoggia ancora all'opinione del popolo istesso che vuol contrastarla.

GLI ABITANTI DELLA SECONDA CALABRIA

AI CITTADINI LIBERATORI DELLA NAZIONE

«Fratelli

«Ultimi per sito fra i popoli del regno, noi nol siamo stati però nell'ardente zelo o del comun bene. Non appena un eco remota ci percosse le orecchie con la voce di libertà, che lo stendardo nazionale ci sventolava su tutte le nostre contrade, e venti mila armati eran già pronti a compiere la nostra rigenerazione, o a perire. Ma la vostra celerità ci prevenne, ed altro a noi non restò a fare, che applaudire alla grande impresa. Noi siamo ingenui: la vostra gloria ci avrebbe forse in qualche modo umiliati, se non fosse sorta a rianimarci l'idea lusinghiera, che l'illustre general Pepe, che il prode Morelli, i primi a gridar la libertà, eran pur figli di questa terra. Ma che! Null'altro ci avanza da operare?…

«Fratelli, ci risovvenga, che se arduo è l'acquisto di eccelso bene, vie più arduo è il conservarne il possesso. La libertà non è il patrimonio degl'infingardi e de'  vili. È vero che per tutto il regno non osserviam che concordia, che amor nazionale: è vero che veggiamo il trono non più ad enorme di stanza sul nostro capo, ma in mezzo di noi: tutto, è vero, par che arrida a voti della Patria e del Re; ma chi si addorme in braccio alla fortuna, sovente si risveglia in mezzo al naufragio.... Siam vigilanti. Quel che ci rende ora formidabili è l'intima unione delle nostre volontà; è dessa che ci fa sentire l'invincibilità della nostra forza. Convalidiamola dunque sempre dippiù. Allontaniamoci intanto dalla vita oziosa e molte che più a noi non si addice. Ubbidiamo alla Costituzione che dichiara soldato ogni cittadino. Gli esercizi dell'armi sien d'ora in poi le nostre più importanti occupazioni, gli spettacoli più grati alle nostre donne, l'unico gioco del nostri fanciulli. Respingiamo soprattutto con fermezza da noi lo scudo di protezione, che potrebbero offrirci i potenti: scalo che sotto di sé cela il ferro della perfidia, ed i lacci ingannevoli, ne quali la furba tirannide suole avvolger la libertà fin dentro il suo tempio, fin sopra i suoi altari.

«Animati da tali sentimenti, di chi temerem noi? Col rispettare ogni altra potenza, noi ne sarem rispettati, e quand'anche qualcuna ve ne fosse iniqua tanto da opporsi alla nostra libera elezione, vengan pure le armi straniere. Esse apriranno ai Bruzi il campo a gloria maggior di quella che voi vi avete acquistata. Lo squillo della tromba di guerra sarà un segnale di gioia per loro, ed il giorno del pericolo un giorno di festa. Son fresche ancora le memorie del modo, onde sappiano accogliere gli stranieri nemici.

«L'Europa intera tremava e tacea dinanzi al più gran gigante del dispotismo, mentre sul nostro suolo si osava resistere al suo potere. E se poche orde dei più incolti e miserabili Calabresi, quantunque non ben dirette, quantunque non mosse da nobil cagione, quantunque perseguitate da lor medesimi compatriotti, non già per difformità del loro carattere nazionale, ma per diversità de'  mezzi usati, pure facea a quì trovare la tomba a coloro che avean piantato i lor trofei sulle rive della Vistola, e del Tago: che sarebbe di quella gente che ardisse affrontarci ora che cangiati i tempi, cangiati i sentimenti, uno è lo spirito che tutti ci regge, ed uno il sublime scopo del nostri voti? Tremi chiunque attenta alla salute e al decoro della Patria e del Re; tremi chiunque pensa di calpestare i dritti di una libera Nazione. Le Calabrie usciranno dalle Calabrie, e l'Italia sarà forse a gusto teatro al loro santo furore.

«Dato in Catanzaro oggi li 19 luglio 1820.

CONTINUAZIONE DEGLI ATTI DELLA GIUNTA PROVVISORIA

Seduta del giorno 17. Luglio 1820

AVVISO

Secondo ringraziamento del Presidente Montone, del Regio Procuratore Carrillo diretto al Signor Principe di Villafranca Presidente della Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità.

Eccellenza

Rispettabile Sig. Presidente

Alle tante obbligazioni, che i Magistrati, e gl’Impiegati Napolitani debbono a lei, ed alla Giunta Provvisoria, ella ha aggiunto ancora le cooperazioni de’ due Consoli Signor D. Antonino Rubino, e D. Giuseppe Petrucci, che con la maggiore gentilezza ci hanno assistili sino al momento in cui le dirigiamo la presente, e che ci troviamo fuori il tiro delle batterie della marina.

Noi le rendiamo quindi Signor Principe i più distinti ringraziamenti e la preghiamo vivamente di far comune anche a tutta la Giunta i sentimenti della nostra gratitudine.

Gradisca gli attestati della nostra distinta stima.

A bordo del Brigantino S. Michele dinanzi il Porlo di Palermo il dì 26. Luglio 1820.

S. E. Signor Principe di Villafranca

Presidente della Giunta Provvisoria.

Div.mi, Ob.mi Servidori

Pres. Domenico Montone.

Filippo Carrillo Proc. Regio.

Palermo 27 Luglio 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità col consenso dei Consoli ha risoluto, che un Comitato composto da S. E. Sig. Marchese Raddusa, e da due Collaboratori Sig. Dr. D. Ignazio Scimonelli e Sig. Dr D. Antoniuo Torretta, unitamente al Capitano D. Cesare Santoro, ed al Capitano Console dei Caldera), e per esso il Padre Emmanuele Estavi faccia un ben distinto rapporto di tutto ciò che è accaduto in questa Città dal giorno 14Luglio sino al giorno 17. per fartene quindi lettura a questa Giunta,.e pubblicarsi colle stampe; beninteso che per l’esatta esecuzione del surriferito rapporto restano invitati tutti i buoni ed onesti Cittadini che abbiano perfetta conoscenza dei fatti accaduti, o di taluni altri particolari, che meritano di essere distintamente descritti, di conferirsi presso il detto Comitato; a dare distinta notizia di quanto sarà a loro cognizione per farsene l’uso che sarà stimalo opportuno.

Palermo 27 Luglio 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso dei Consoli ha risoluto, che tutti i militari Siciliani di qualsivoglia grado, ed a qualunque arma fossero appartenenti, si di mare, che di terra, i quali non hanno avuto nei due giorni 16 17 del corrente mese di Luglio alcuna parie, né presa la menoma ingerenza nell’attacco seguito; come ancora tutti quelli individui, che sebbene non siano militari, tuttavia vestono la divisa militare per semplice onore, si presentino subito alla Commessione, che all’uopo la Giunta sarà per istabilire, affinché li medesimi giustificando la loro condotta, e condizione, e la peculiari circostanze, che l’accompagnano, potessero provvedersi di una carta di sicurezza per poter godere quella libertà, ch'è dovuta a tutti gli altri cittadini.

Per quei militari Siciliani della stessa condizione di sopra, i quali si trovano in arresto, la stessa Commessione riceverà le uguali giustificazioni di sopra accennate per provvederli dell’uguale carta di sicurezza, qualora conoscerà dalle stesse di poterla meritare.

Per li soldati, e bassi uffiziali Siciliani, che si trovano in arresto nelle carceri, e che potranno iti seguito presentarsi, la stessa Concessione farà eseguirne una nota coi loro nomi, patria, grado, ed arma in cui han servito, per passarsi al Comandante Generale la Forza Armata, orni e questi combinandosi cola Commessione faccia approntare un quartiere, in cui saranno chiusi, custoditi, e mantenuti per le ulteriori disposizioni da darsi.

La Commissione per l’indicato oggetto è composta dai seguenti soggetti.

Dal Principe di Maletto

Dal Colonnello Padre D. Gioachino Vaglica

Dal Capitano D. Carlo Leone

Dal Capitano D. Cesare Santoro Collaboratore del Console dei Conciapelli

Dal Capitano Console D. Giuseppe di Francisci

Dal Capitano Console D. Santo lì Calsi

Da D. Salvadore Oliveri

Dal Capitano Ex console D. Natale Naso,

e Da D‘ Salvadore Santoro.

Palermo 27 luglio 1820

Bonanno Cancelliere.

AVVISO

Venendo di giorno in giorno a consolidarsi vieppiù la quiete, e la sicurezza interna di questa Capitale; la Giusta, col consenso de’ Consoli, aderendo alle insinuazioni del Capitano D. Carlo Leone, (urna ad invitare tutti coloro, che per niel’intaso timore si tengono tuttavia lontani da questa Città, a restituirsi le loro case.

Palermo 27 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere



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Palermo o Agosto 1820 N. 5

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all'Estensore del Giornale La Fenice.

NOTIZIE INTERNE

Continuazione della Seduta del giorno 25.

Risposta mandata dalla Giunta col consenso di tutti i Consoli al Comandante della Divisione Napolitana D. Giovanni Bausan —

Signor Comandante

La Giunta Provvisoria di Pubblica sicurezza, e tranquillità diunita ai Consoli tutti e alla Popolazione è stata estremamente soddisfatta delle sue amichevoli dimostrazioni ha palesate alla Deputazione da Essa destinata; ma frattanto non è questa Nazione pienamente tranquilla quando vede che le sue assicurazioni non trovansi né scritte uè suggellale dalle firme autentiche, ed indispensabili.

Volendo dunque detta Giunta progredire di una maniera da tranquillizzare intieramente questa Popolazione si è nel punto determinata di deputare al più presto possibile otto persone scelte io seno di tutti i soggetti che la compongono, perché possano trattare, maneggiare, e definire in Napoli tutte pelle materie che formano il soggetto interessante delle attuali inquietudini; frattanto la invitano di poni immediatamente alla vela non permettendo l’attuale momento di crise in cui trovasi questo Popolo dio trai tenersi sull'oggetto della sua proposizione che chiesto imbarco delle truppe napolitane; non lascia nl tempo stesso di assicurarla che nulla sarà omesso per rendere la loro esistenza la meno pesante possibile relativamente alla situazione in cui militarmente trovansi.

Palermo li z5. Luglio 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Il Comandante Generale delle Armi all’apparenze della Squadra Napoletana si vidde nell'urgente circostanza di far mettere tutta la Popolazione sotto le armi, ed a tale effetto avea autorizzato una quantità di buoni Cittadini a riunire delle squadre in difesa della Patria e per la pubblica sicurezza.

Or siccome dalla Deputazione spedita dalla Giunta Provvisoria a bordo ai suddetti bastimenti napolitani è stato assicurato che la loro venuta in questa non ha delle mire ostili, e per conseguenza non è necessario che la popolazione restasse ancora sotto la armi, fa sentito a tutti coloro che hanno ricevuta la suddetta autorizzazione, che dal momento del presente avviso resta annullata, che dovranno soltanto restare per la custodia della Città coloro che antecedentemente ne erano stati incaricati.

Palermo z5 luglio i8ao.

Il Comandante Generate Requisenz

AVVISO

La Giunta Provvisoria col consenso dei Consoli valendo dimostrare la riconoscenza che deve ogni buon Cittadino Palermitano al Patre Gioachino Maria Vagisca della Città di Morreale, del terz’ordine di S. Francesco del convento di S. Anna di questa Città il quale nella memoranda giornata de’ 17 di questo mese unitamente ad altri buoni Cittadini cooperò tanto col suo coraggio alla libertà della Patria essendosi con gran valore affrontato col nemico nel piano del Palazzo oggi detto Piazza della Vittorie ha decretato le cose seguenti cioè:

1. Che al detto Padre Gioacchino Vaglica sia conferito il grado di Colonnello nell’armata nazionale Palermitana, che andrà a formarsi.

2. Che il medesimo sia uno degli Ajutanti Generali del Capitan Generale di quest'annata.

3. Finalmente accorda ai medesimo la distintiva di un Medaglione d’oro più grande di tutti gli altri, che sono stati accordati per tutti quei buoni Cittadini, che con tanta intrepidezza si sono distinti nella giornata de’ 17 di questo mese.

Palermo li 25 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 26 luglio 1820.

AVVISO

I Magistrati napolitani, che trovavansi destinati in Palermo allo esercizio di talune funzioni giudiziarie, avendo chiesto un passaporto per restituirsi alla patria loro: la Giunta, col consenso de'  Consoli credè giu sto di accordarlo a medesimi, sul riflesso, che nessuna parte aveano essi preso nei fatti seguiti. Di riscontro il Presidente Montone ed il Regio Procuratore D. Filippo Carrillo han diretto alla Giunta, ed alla popolazione un indirizzo di ringraziamento, concepito ne' sensi comuni a tutti quelli, che sapendo apprezzare il bene, si mostrano sempreppiù meritevoli di riceverlo.

Volendo quindi la Giunta dare una prova di aver gradito l'ufficio del mentovati individui, coll'unanime con sentimento de'  Consoli ha ordinato di darsi alle stampe, e di recarsi alla pubblica intelligenza.

Ufficio del Presidente D. Domenico Montone, e del Procuratore regio D. Filippo Carrillo alla Giunta Provvisoria.

Eccellenza – Rispettabilissimo Signor Principe –

Le risoluzioni prese ieri dalla Giunta provvisoria, cui Ella degnamente presede, relativamente ai Magi strati Napolitani, ed agli altri impiegati residenti in Palermo, onorano la giustizia della Giunta, spiegano gli atti sentimenti, che le sono di guida, dimostrano il nobile carattere del Popolo Siciliano, e lusingano in modo veramente sensibile il nostro amor proprio.

I sensi del nostro cuore, ed un atto accompagnato da esibizioni tanto gentili non cadono sotto la forza del l'espressione: la nostra gratitudine sarà eterna, i nostri concittadini ne saranno istrutti: divideranno con noi i nostri sentimenti: e questi ultimi giorni della nostra permanenza in Sicilia ci desteranno sempre gran di memorie.

Noi abbandoniamo la Sicilia in faccia alla Sicilia stessa, e circondati dall'affezione di un popolo, pel bene di cui soltanto abbiamo respirato per undeci mesi.

Noi auguriamo felicità a tutti. Così possa esaudire i nostri voti la mano Suprema, che mena e regola i destini della Nazione!

Ecco Sig. Presidente i nostri vivi desideri. Noi la preghiamo di farli noti alla rispettabile Giunta, ed ai Consoli, essendo per noi la gratitudine in mezzo ad avvenimenti tanto straordinari non già un dovere, ma un vivo bisogno del nostro cuore.

Siamo pieni della stima.

Palermo 26. Luglio 182o.

Presidente Domenico Montone

Regio Procuratore Filippo Carrillo.

A. 5. E. Sig. Principe di Villa Franca Presidente della Giunta Provvisoria:

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria unitamente ai Consoli si crede in dovere di manifestare i suoi ringraziamenti al Sig. Comandante Generale dell’armi Cav. D. Emmanuele Requisens per la sua sommi attività, e per l'eccellenti disposizioni date nella notte del 25 e di tutto il giorno 26 correrne all’avviso d 11 'apparizione di Legni di guerra colla direzione a questo pori non meno che ai suoi ajutanti, e bravi cittadini, un volta militari, da lui impiegati; ai Signori Consoli delle maestranze per il zelo, energia, e patriottismo manifestati in tale inattesa circostanzi; ai benemeriti cittadini, al valoroso popolo di Palermo e paesi circonvicini per la loro bravura, fatiche, subordinazione, ed entusiasmo contestali; prerogative, che distinguono la Nazione Siciliana, e che rendono sicura la Giunta che accrescendosi sempreppiù sotto lo scudo di una libertà saggia, e moderata devono segnalare l'epoca la più gloriosa ne’ fasti della nostra Patria col sostegno di una causa tanto giusta, e tanto grande quanto è la nostra Indipendenza.

Palermo 26 Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

Lettera di Ufficio scritta dilla Giunta Provvisoria di sicurezza e tranquillità pubblica

al Signor Comandante Generale delle armi.

La Giunta Provvisoria unitamente ai Consoli delle Maestranze manifesta il suo compiacimento per la condotta tenuta dal Signor D. Giuseppe Garofal, che sin da jeri fu destinato a sorvegliare per il buon ordine dell’Artiglieria, e si compiace della di lui mostrata prudenza nella circostanza di un malinteso mentre esercitava il suo ufficio. Per lo che torna ad animare il di lui zelo, affinché prosegua a prestarsi nelle occorrenze relative alla sua nota perizia nell’Officio Militare, che ha prestato. Il che lo fo noto a V. E. per sua intelligenza, e del detto Garofal.

Palermo li 26 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità, col consenso dei Consoli ha risoluto, che il Marchese Bajada metta subito in attività le Dogane di questa Città, nelle quali assisteranno per settimana, ma vicendevolmente, un Console, ed un Consigliere della istessa maestranza; ben inteso che comincerà questo servizio il Console, ed il Consigliere degli Argentieri.

A 26 luglio 1820.

Al Marchese Bajada

D. Gaetano Bonanno Cancelliere.

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità col consenso dei Consoli ha risoluto, che tutti gli Individui napolitani esistenti in questa 9 che non si trovino in arresto, e non sieno militari, sieno liberi di potersi corifei ire alla sua Patria, e se vogliono essere accompagnati per loro maggiore sicurezza da Consoli, i medesimi si prestino a questa parte di publico servizio per la conservazione della pubblica tranquillità.

Palermo 26 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Il Comandante Generale delle Armi con suo sommo dispiacere ha osservato, che taluni male intenzionati per mire soltanto di devastazione, e rapina subiscono nelle case particolari, e turbano la publica tranquillità.

Ad evitare si fatti pericolosi inconvenienti, il Comandante istesso ordina a tutti i capi di ronde, che girano ne’ diversi quartieri, di mantenere perfetta mente il buon ordine, e di occorrere ove fossero chiamati, per impedire simili concerti, vietando ai loro Individui di andar vagando soli con armi alle mani.

Palermo 26 luglio 182.0.

Requisens

ALLE MUNICIPALITÀ’ DEL REGNO

La Giunta provvisoria di Governo unitamente ai Consoli per la sicurezza e tranquillità publica eretta in Palermo li 18 Luglio 1820.

Signori

Non potete Ignorare, che lo "stato al quale eravamo ridotti, dopo le ultime vicende, era tale, che abbisognava un energico rimedio, onde restituirsi a quella floridi posizione alla quale la natura della nostra isola ci chiama.

Nel giorno sette del corrente Luglio fa proclamata in Napoli la Costituzione di Spagna; e la Sicilia, la nostra bella Patria fu considerata come una delle provincie, che debbono comporre quel Regno.

Ogni buon Siciliano vidde le conseguenze fatali di tale dipendenza, e fu persuaso, che i suoi mali non facevano, che andarsi ad aggravare vieppiù.

Una generale indignazione si manifestò in questa Capitale al momento, che ì dispacci de’ nuovi ministri costituzionali davano, a noi delle cafone più pesanti; questa indignazione che si è fatta sentire nel e (iure dr Palermitani, e che certamente ognuno di voi ha risentita ancora, si sente già manifestata nel seno di tutti i Siciliani dimoranti in Napoli; chiamati a giurare la Costituzione Spagnuola, coli umiliante condizione però della dipendenza di Sicilia dal vicino regno di Napoli, si sono tutti ricusati; e molti nella certezza di perdere i loro impieghi, e forse la loro sussistenza.

I più notabili fra loro, Principe di Cassaro, Monsignor D. Berengario Gravina, il Generale Faldella, il Principe di Villafranca, i figli della Sig. Principessa di Partanna, il Comandante di marina Staiti di Trapani, il Comandante D. Francesco Barene di Messina, ed altri si sono presentati nel Consiglio napoletano, ed hanno spiegato altamente il loro voto che i Siciliani non sapranno giammai rudere all'indipendenza della loro patria di regno di Napoli.

Questi stessi sentimenti presentati con moderazione in Napoli formarono l'oggetto d’un voto popolare, col quale il giorno 15 di Luglio il popolo di Palermo d mandò ai Luogotenente del Governo in Sicilia nrl Duomo, e per le strade ad alta voce l’Indipendenza, e la Costruzione di Spagna.

Queste voci accresciute, l’ostinazione, della forza militare a volare reprimere gli eccessi del popolo nelle ufficino di nuova istituzione, produssero nel giorno una terribile reazione; la truppa fu vinta; il Luogotenente del Regno si allontanò dall’Isola, le autorità pubbliche cessarono dalle loro funzioni; nacque il disordine, ed il generale scompiglio.

Essendo in questo stato le cose, la municipalità,ei i bravi Consoli delle maestranze come primarj rappresentanti la popolazione istessa, animali dal più siero zelo nel bisogno di por fine al generale scompiglio organizzarono una Giunta provvisoria di numero venti soggetti, alla di cui presidenza istallarono l'Eminentissimo Signor Cardiaci Gravina; la quale avesse culla maggiore energia provveduto a calmare l'effervescenza popolare. Questa Giunta che oggi, per le scuse dell’Eminentissimo Cardinal Gravina, è preseduta dal Signor Principe di Villafranca ritornato da Napoli, ha dato sinora le più energiche provvidenze per tranquillizzare questa popolosa Città, ed i suoi suborghi.

Al momento, che le sue interne occupazioni glielo han permesse, si è accinta a rivolgere ancora le suo cure a tutte le altre Città del Regno, maggiormente dietro di essere stata ricercata da molte Popolazioni.

Il suo principale scopo è quello d’invitarvi, Signori, a sostenere colla dovuta fermezza l’indipendenza Nazionale sotto la costituzione Spagnola, e concorrere ai suoi sforzi. Deponiamo le antiche rivalità, e mentre la Patria comune in pericolo riuniamoci sotto unico stendardo, ed uniti raddoppiamo le nostre forze, e le nostre risorse.

La Giunta Invita ciascun Capoluogo di ogni Distretto ad inviare provvisoriamente un suo rappresentante, che si unisca in seno alla medesima e che possa comunicare colle diverge Municipalità del proprio distretto perché si conservi un’unità d’operazione; e siccome li distratti di Messina, e Catania abbracciano non maggiore popolazione ha invitato queste due rispettabili Città spedire quel numero di rappresentanti per ciascun Distretto che crederanno necessarj.

Questa provvidenza interinaria servirà per disporre l’occorrente, onde formarsi la Cartiera secondo lo forme della costituzione di Spagna locchè esige molto tempo, e le circostanze dal momento sono talmente imperiose che vi abbisognano i più energici provvedimenti.

Da un altro canto ha scelto numero 8 onorati soggetti fra li componenti la Giunta perché si portassero in Napoli, onde maneggiare con qual Governo l'importante articolo della nostra indipendenza; e combinare, occorrendo, degli articoli di confederazione fra le due Nazioni nei casi di guerra; ed a tale risoluzione ha dato una novella spinta l’arrivo in questo puro, con protestazioni amichevoli, di quattro legni della Marina Napolitana sotto li 25 del corrente.

Attende dunque la Giunta da voi Signori, che rispondiate i suo invito, e che colla stessa energia, che da essa si sviluppa, e che soia potrà farci ottenere la generalmente desiderata Indipendenza, voi vi applicherete a mantenere fra voi l'ordine, la tranquillità, e formare un’imponente forza Civica per far rispettate h sacra Indipendenza della Patria, le leggi, le proprietà, e gli onesti Cittadini contro i mali intenzionati.

Tostoché i vostri rappresentatiti Saranno fra noi vi comunicheremo le generali provvisorie disposizioni. E perciò v’invitiamo ad eleggerli con sollecitudine, e far cadere la scelta su i Cittadini più onorati.

Palermo li 26 Luglio 1820.

Chetano Bonanno Cancelliere.

AVVISO

Essendo massima indisputabile, che non può esservi Civile Società senza le pubbliche contribuzioni, e scorgendo i Consoli di questa Capitale che le gabelle della medesima, restino oramai da più giorni paralizzate, d’onde potrebbero immancabilmente avvenire le più calamitose conseguenze ad ogni classe di Cittadini, hanno quindi sollecitata la Giunta Provvisoria affinché prontamente si rimettessero le gabelle anzidette.

In conseguenza di ciò la Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità Unitamente ai Con, soli ha risoluto quanto siegue.

Art. 1. Le due gabelle del macino 1una di tari sei, e 1altra di tari due e gr. olio sopra ogni salma di grano restano abolite.

Art. 2. La gabelle di tari duodeci sul macino anzidetto, si aumenta di gr. sedici, quindi resta di tari duodeci, e gr. sedici, quindi resta di tari duodeci, e gr. sedici sopra ogni salma di grano; ben intero però che il dazio sudetto per tre giorni sussecutivi da correre dal giorno ventisette in poi si paghi all’entrata delle Farine, che dovrà farsi per le solite porte.

Art. 3. La gabella della carne per lo macello che si fa in questa Città, e territorio si pagherà in onza una per ogni testa di bestiole di qualunque grossezza, ed in tari quindici per ogni vitella.

Art. 4. La gabella della carne minuta compresi i neri proseguirà nello stato in cui è, restando fianchi gli agnelli, ed i capretti.

Art. 5. Il privilegio che godeva ogni Cittadino Palermitano relativamente alla frane fuggi della carne porcina è ripristinato.

Art. 6. La Gabella dell’orzo proseguirà a tari duodeci per ogni Salma.

Art. 7. La Gabella del Vino per l’immissione che se ne fa in questa Città e territorio di tarì due additativi a barrile rimane abolita, restando in vigore l’altra di oncia una e tari ventiquattro a Botte nello stessa modo e maniera, come sin ora è stata percepii,.

Ari. 8. Il Dazio di tari due a Salma sull’immissione del Carbone resta abolito, e si rimetta la misura alla grossa siccome era anticamente.

Art. q. Per la immissione dell'Olio, che si fa in questa Città e territorio si paghi il Dazio di oncia una e tari due per ogni quintale.

Art. 10. Resta provvisoriamente abolita la gabella, del Peste fresco, in remunerazione dei servigj resi dalla Classe de’ Pescatori di questa Città, restando vigente il Dazio cosi nella immissione, che nella estrazione del Pesce secco e Salato.

Art. 11. Per la sicura,riscossione delta anzidetto Gabelle un Console assisterà rispettivamente ad ogni Porta, ed avrà seco una forza all’enunciato oggetto.

Art. 12. La esecuzione di questa necessaria e salutare disposizione avrà luogo da domani in poi, senza che ai rispettivi Gabelloni si ammettesse veruna eccezione.

Palermo li 26. Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

La Giunta Provvisoria di pubblica, sicurezza, e tranquillità col consenso de’ Consoli e de'  rappresentanti dagli altri Comuni, ha decretalo di conferirti a lei la graduazione di Colonnello.

Palermo 6. Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Signor Barone D. Giuseppe Lacuna Capriata Colonnello graduale.



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Palermo 11 Agosto 1820 N. 6

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all'Estensore del Giornale La Fenice.

NOTIZIE INTERNE

Non avendo ancora esaurito nei cinque numeri usciti tutte te risoluzioni della Giunta Provvisoria, principale scopo di questo Giornale perché il pubblico non resti in attrasse di due interessantissimi Decreti, il Piano delle finanze ed il Piano provvisorio della guardia d’interna sicurezza, ci siamo affrettati di pubblicarli in questo foglio, ancorché per ordine progressivo avrebbero dovuto precedere altri Decreti di minore importanza.

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità ha approvato con il consenso dei Consoli il svilenti progetto del Comitato delle Finanze— il Comitato della Finanze purtroppo convinto che lo Stato non può sussistere senza occorrere alle spese necessarie per la sua conservazione, spese che non possono ritrarsi se non per mezzo delle imposte, e retribuzioni, presenta alla Giunta provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità un progetto di sistema daziario provvisorio d’aver luogo in Sicilia, sintantoché la Rappresentanza Nazionale legittimamente convocata stabilirà un più Completo, ed esalto sistema di Finanze.

Num. 1. Sono dichiarati Dazj Nazionali la Fondiari, ed il dazio sul Macino.

FONDIARIA

La Fondiaria sulle terre, che attualmente si esige alla ragione del 12 ½ per cento, pel terzo che va a maturarsi in Agosto corrente 1820 si esigerà alla ragione del 7 ½ per cento.

Tutt’altro dazio sulla fondiaria delle terre imposto dai Consigli Distrettuali, e Provinciali resta abolito.

Num. 2. Gli Esteri possessori di terre in Sicilia; i quali pagavano il 3o per 100, per l’istesso terzo di Agosto corrente pagheranno il 25 per 100 e ciò oltre il dazio del 7 ½ per 100 che devono pagare come qualunque altro Cittadino Siciliano.

Num. 3. Il Dazio sulle case resta abolito.

Num. 4. Le retenzioni contro i censualisti, soggiogatarj, e creditori di annue prestazioni di qualunque natura, si faranno alla stessa ragionata del 7 ½ per 100.

Num. 5. L’istessa ritenzione avrà luogo per i cenzi, o altre prestazioni in frumento, o altri frutti in natura.

Num. 6. La stessa retenzione non avrà luogo per le prestazioni di meri alimenti.

MACINO

Num. 1. Il dazio sul Macino, che finora si è pagato alla ragione di tari tredici, e grana dodici salma resta discalato a tari dodici, e grana sedici salma.

Num. 2. Tutte altre imposizioni sul Macino siano Civiche, Distrettuali, o Provinciali restano soppresse.

Num. 3. Il Macino, ossia Consumo rurale si esigerà sulla stessa ragionata, e secondo le Istruzioni di Piazza. Saranno però, esenti la detto Consumo rurale tutti gl’inquilinaggi, chiusj ed altre tenute di terre che siano, duna estensione minore di palme due.

Num. 4. Il tangente che la Città di Palermo pagava per questo dazio sul Macino in onze 60715, sarà ridotto in rata proporzionale alla diminuzione che si è fatta del dazio stesso e ciò provvisoriamente sino a tanto che si nullificherà meglio il tangente dovuto da questa Capitale.

Num. 5. La tassa su i Negozianti, e capitalisti, che si pagava in onze 12000 resta in onze 8000.

Num. 6. Il dazio sulla Carne resta abolito.

Num. 7. Il Registro, le Conservazioni d’ipoteche e la Carta bollata restano abolite.

Num. 8. Le licenze di Pesche, e di Cacce restano abolite.

Num. 9. La retenzione del 25 per 100 sulle pensioni, che sorpassano le onze 100 annue sarà conservata: resta però abolita quella del 5 per 100 pelle vedove militari.

Num. 10. Le Dogane, Collettorie marittime ec. restano per come trovavansi sino all’anno 1815.

Num. 11. I Dritti di Navigazione, dì Commercio, e Tonnellaggio restano provvisoriamente in vigore, fintantocché pigliate le necessarie dilucidazioni su di ciò che si pratica ne0 Porti di Fuori Regno, si risolverà ciò che si crederà più conveniente alla prosperità del Commercio.

Num. 12. I dritti di Mro Portolano e Portola unto restano in vigore.

Num. 13. I dritti della Tratta dell’Olj, Vini, Caci, e Salami restano in vigore.

Num. 14. I dritti di prede, e Bandiere sono conservati.

Num. 15. Il Dritto di Bollo sulle Carte da Gioco resta come per lo passato.

Num. 16. I Dritti di Protomedico restano in vigore.

Num. 17. Gli esattori dilla rendita pubblica, e delle imposizioni di sopra enunciate saranno i respettivi Segreti, e Prosegreti come per il passato, valendosi degli Ufficiali, e subalterni attualmente impegni in dette Segrezie, è Prosegrezie. In caso di assenzi, o di mancanza de’ medesimi, l’esigenza si farà dal Capo della Municipalità di ogni Comune.

Quindi la Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità incarica tutte le Autorità costituite a prestarsi per la esigenza dei suddetti dazj così riformati.

Palermo 2 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Piano Provvisorio della Guardia d’interna sicurezza per la Città di Palermo, e suoi Subborghi

Le circostanze di questa Città rendono necessaria In formazione dì uni Guardia provvisoria di sicurezza interna, e vieppiù che in oggi l’istruzione militare da cui è occupata la Truppa di linea impedisce di occuparla a quest’oggetto.

Quindi la Giunta Provvisoria, col consenso dei Consoli, ha adottato, e stabilito gli appresso notati articoli per la formazione di tale Guardia che saranno pubblicati colle stampe, per essere noti a tutti i buoni cittadini, ed eseguirsi con quella sollecitudine, che la materia esige.

1. La Guardia di sicurezza non avrà altro oggetto, se non se di mantenere il buon ordine, e la pubblica sicurezza, e tranquillità di questa Capitale, e suoi subborghi.

2. Questa guardia si organizzerà per il servizio da’ quattro quartieri di Città, e dei due della Campagna.

3. Ogni Quartiere della Città sarà diviso in quattro Sezjoni. Ogni lezione formerà Un Battaglione di Fanteria.

4. Li due quartieri di Campagna formeranno un battaglione per ciascheduno; essi saranno ugualmente divisi in quattro sezioni. Ogni sezione avrà due Compagnie.

5. Il Capitano più anziano avrà il comando della Sezione.

6. Cosicché vi saranno per la Città, e subborghi, diciotto Battaglioni di Fanteria.

7. Tutti i Maestri di botteghe, Commercianti, Benestanti, impiegati; Avvocati, persone di qualunque professione, Nobili, Preti, e Frati palermitani, o forastieri, che da dieci anni si trovano domiciliati in Palermo, (esclusi per ora i napolitani) dall’età di 18 a 55 anni fan parte della guardia di sicurezza interna.

8. Vi sarà un Comandante Generale per la sudetta guardia.

9. Per questo comando è stato scelto S. E. Signor Principe di Pantelleria; ed in sua assenza ne fifa le veci S. E. Sig, Principe di Villafranca. Vi sarà inoltre un Ajutante Generale, e per tale carica è stato eletto a voti unanimi dei componenti la Giunta, e Consoli S. E. il Signor Marchese Rddusa.

10. Ciascun Battaglione di Fanteria avrà un corpo comandante.

11. Saran questi nominati da S. E. il Comandante in Capo, tra le persone più notabili che risiedono ia ogni quartiere.

12. Gli Uffiziali, e sotto Uffiziali di ogni Compagnia saranno nominati dagli individui della medesima Compagnia a pluralità di voli approvali da S. E. il Comandante in Capo, che rilascerà loro i rispettivi brevetti.

13. I Capi luoghi di Sezione dei quartieri saranno

Per il Quartiere della Kalsa.

Il Convento di S. Francesco.

Il Monastero di S. Carlo.

Il Convento di Montesanto

Il Convento delli Scalzi.

Per il Quartiere di S. Giacomo.

Il Convento di S. Domenico.

L’Olivella.

La Catena.

La Congregazione di S. Pietro Martire.

Per il Quartiere del Capo.

Le Scuole Pie.

S. Gregorio.

Il Colleggio Nuovo de'  PP. Gesuiti.

Lo Spirito Santo.

Per il Quartiere dell’Albergarle.

Il Contento del Carmine.

Li Teatini.

Casa Professa.

Benedettini Bianchi.

14, Le Sezioni de’ Quartieri di campagna saranno

Per il primo Quartiere

Il Borgo.

S. Oliva.

Olivuzza.

Per il secondo Quartiere

Orto Botanico

S. Teresa.

Porrazzi.

Mezzo Morreale.

I Loculi pe’ Capi di Sezione saranno

Per il primo Quartiere

La Consolazione per la Stazione del Borgo.

Convento di S. Francesca di Paola per la Sezione di S. Oleva,

La Zìsa per la Sezione dell’Olivuzza.

Per il secondo quartiere

Il Convento di S. Antonino per la Sezione dell’Orto Botanico.

Il Convento di S. Teresa per la Sezione di S. Teresa.

L’Ospizio di S. Teresa pjromodalmente per la Sezione dei Porrazzi.

Il Convento della Vittoria per la Sezione di Mezzo Morreale.

15. L’organizzazione de’ Battaglioni di detta Guardia sarà la stessa, che quella de’ Reggimenti di linea di nuova organizzazione; la forza delle Compagnie sarà indefinita dipendendo dal numero degli abitanti contenuto ne’ quartieri.

16. I locali ove si farà l’allistamento saranno per il quartiere della Kalsa, il Convento di S. Francesco. Per il quartiere di S. Giacomo il Convento di S Do menino. Per il quartiere del Capo il Convento dello Spirito Santo. E per il quartiere dell’albergarla il Convento del Carmine.

17. Per il primo quartiere di Campagna, il Convento di S. Francesco di Paola.

Per il secondo quartiere il Convento di S Antonino.

18. L’allistamento si farà da una Commissione composta dal Parroco più anziano del quartiere unitamente ai quattro Comandanti de’ Battaglioni, e da due Consoli da designarsi da S. E. il Comandante in Capo.

19. Per il primo quartiere di Campagna, il Parroco del Borgo unito al Comandante del Battaglione, e un Console da designarsi come sopra.

Per il secondo quartiere di Campagna, il Maestro Cappellano il Comandante del Battaglione, ed un Console da designarsi come sopra.

20. Ogni individuo,t che abbia i requisiti sopra descritti dovrà nel termine di tre giorni, dopo la pubblicazione del presente decreto dalla Giunta provvisoria, presentarsi al capoluogo del suo quartiere, e dare l'annotamento del suo nome del domicilio col numero; Passato detto termine chi non avrà curato di farsi iscrivere, o avendo legittime scuse, non le avrà prodotto innanzi a detta Commissione, sarà oggetto alla multa, cioè l’arteggiato di onze 2, il commerciante, l’impiegato, e la persona di professione di onze 4; il benestante di onze 10; senza che per questo venissero i controventori esentati dall’obbligo di servire.

21. Queste multe saranno versate in una cassa, che sarà amministrata dal Parroco che interviene nell’allistatuento per darne conto, ed eseguirne le disposizioni del Comandante Generale per il servizio della stessa guardia.

22. La Commissione avrà l’obbligo di pubblicare Una nota in istampa di tutti gl’individui, che saranno stati scusati, farà affissarla al Capo luogo del rispettivo quartiere.

23; Ogni Comandante di Battaglione chiamerà sotto le armi quel numero, d’individui che il servizio esigge: questo si farà a turno sopra i Rulli dell’allistamento.

24. La durata di esso servizio sarà di dodici ore; cioè dalli 24 della sera sino alli 12 della mattina, e così in corrispondenza.

25. Dopo che sarà eseguito l’allistamento generale di ogni quartiere; à Capi Comandanti di Battaglione divideranno tutta la forza risultante in quattro uguali parti. Ciascun adotterà nel suo Battaglione quegli individui, che tono più prossimi ad unirsi nel Capo luogo.

26. Ogni individuo, che sarà chiamato dovrà presentarsi fornito da un’arma a fuoco con corriapondente munizione, ed in difetto con arma bianca.

27. Il Comandante della Piazza di detta guardia sarà nominato da M. E. il Comandante in Capo.

28. Il medesimo Signor Comandante Generale farà le istruzioni di dettaglio per passarsi ai Capi di Battaglione.

29. I componenti tale guardia secondo i loro rispettivi gradi potranno vestire un’uniforme i di cui colori saranno determinali da S E. il Comandante Generale.

30. I Capi Comandanti avranno il grado di Colonnello.

31. Se in ogni quartiere, precisamente in quelli de’ subborghi si potranno formare dei squadroni di Cavalleria dietro il rapporto de’ Capi Comandanti, saranno date dal Sig. Comandante Generale le disposizioni per la di loro organizzazione.

32. Siccome tal sorta di servizio tende alla sicurezza di ogni cittadino, e della propria famiglia, cosi ciascun deve prestarlo gratuitamente; tua sarà nel tempo istesso esente da qualunque spesa per quest’oggetto. Ben’inteso soltanto, che de'  picciole erogazioni per le officine saranno a carico de’ Capi Comandanti d’ogni B.(taglione.

33. La Giunta Provvisoria vuole, che di questo piano se ne mandino copie in tutti i Comuni del Regno perché serva loro d‘esempio nell’adottare una tanto saggia, ed economica misura.

Palermo li 9. Agosto t82o da correre dal giorno 12

Continuazione della Seduta del giorno,

27 Luglio 1820

AVVISO

Scorgendosi tuttavia qualche disordine, malgrado le misure prese, ond’evitare, che taluni individui non ascritti alle corporazioni, che oggi legittimamente compongono la forza pubblica, vadano con varj pretesti facendo abuso delle armi che portano, in controvvenzione degli ordini precedenti; assalendo le case, inquietando i Cittadini, facendo anche delle concussioni, o sia componunde; la Giunta provvisoria, col consenso de’ Consoli, sulla mozione del Capitano D. Carlo Leone, ha risoluto di manifestar nuovamente e che tali perturbatori dell’ordine pubblico saranno esemplarmente puniti; ed a: tale oggetto sono incaricate le Pattuglie di arrestarli e di tradurli dinnanzi la competente autorità, trovandoli con armi, che recassero senza titolo, e senza autorizzazione; e qualora commettessero qualche attentato contrario alla quiete, ed alla sicurezza individuale.

Palermo li 17 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica tranquillità, e sicurezza in unione dei Consoli nella seduta de’ 23 luglio corrente dopo avere osservale con sommo, suo piacere, e di tutto il Pubblico le proposizioni del buon Cittadino Capitano delle Milizie D. Cario Leone, il quale si è offerto voler servire da Sopraintendente Generale tanto nelle Civiche gabelle di consumo, quanto nello stato di economia, e di, arrendamento, ha disposto, che lo stesso Capitano Cittadino D. Carlo Leone venisse confermato da Sopraintendente Generale come ha chiesto.

Palermo 27 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso dei Signori Consoli ha risoluto che il D. D. Mariano Dominici, ed il D. D. Domenico Greco si portassero subito nella Vicaria di questa Capitale per riferire alla Giunta lo stato di salute li quelli detenuti. Più ha risoluto che il Comitato eletto per la separazione dei detenuti Siciliani da quelli Napolitani, onde sgravare quella moltitudine che potrebbe minacciare la pubblica salute si occupi subito delle incombenze loro affidate con decreto di oggi stesso.

Palermo li 27 luglio 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria della sicurezza, e tranquillità pubblica unitamente ai Signori Consoli delle Maestranze ha decretato che per tutte le Città Popolazioni de) Regno sarà autorizzata con lettera particolare dell’Ecc.mo Signor Presidente qualunque persona proba, e conosciuta che si esibirà a portare a nome della Giunta il proclama in istampa disposto all’oggetto dell’invito relativo all’indipendenza Nazionale, i buon ordine rispettivo, ed alla sicurezza e tranquillità di ogni Popolazione.

Palermo 27. Luglio 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria col consenso dej Consoli ha risoluto, che si fàccia un. Comitato composto dai Collaboratore D. Salvadore Batolo, e del Console Capila no D. Nicola D’Oca i quali restano incaricali di ricevere tutti i reclami dei paesi del Regno per la comune causa d’indipendenza e di pubblica sicurezza, e tranquillità.

I Componenti tale Comitato risponderanno a. tali reclami giusta i sentimenti loro comunicati dalla Giunta medesima.

Palermo 27. Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 28 luglio 1820.

AVVISO

Avendo osservalo con piena soddisfazione la Giunta provvisoria, che per opera de’ bravi, e zelanti Consoli, e di altri buoni Cittadini, si e restituito il buon ordine, e la tranquillità nella popolazione, e considerando, che sia necessario, e somma mente utile il chiamare ai rispettivi lavori gli artisti, e manifatturieri, i quali sinora hanno colle arme servito alla difesa della Patria; cosi la Giunta suddetti col consenso de’ Consoli insinua generalmente a tutti gli Artisti, e Manifatturieri di riprendere le loro rispettive occupazioni, e lavori, onde provvedere ai bisogni delle proprie famiglie, ed a quelli ancora della popolazione, purché tutti a misura, che scranno chiamati da’ Consoli delle rispettive Maestranze prestino colle arme quel servigio, ch'è necessario per mantenere il buon ordine, non dubitando la Giunta, ed i Consoli, che tali bravi, ed onesti Cittadini saranno sempre pronti a riprendere con maggior vigore, e coraggio le armi la difesa della Patria.

Palermo 28 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

MANIFESTO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità, col consenso dei Consoli, ha risoluto, che nel termine di sei giorni, da correre dalla data del presente decreto, chiunque trovasi Cavalli, o Muli del treno, o di altri particolari militari li consegni co’ proprj arnesi alle persone incaricale dal Comandante Generale della forza armata entro il Quartiere de’ Borgognoni; ricevendone in premio per ogni cavallo onze tre, ed onze quattro p?r ogni mulo, e minor somma, quante volte dell’animali fossero deteriorati; beninteso, che classe il prescritto termine, e non verificatasi la consegna, i trasgressori del presente decreto saranno puniti colle pene benviste a questa Giunta provvisoria.

Palermo 28 luglio 1820

Bonanno Cancelliere

NOTIZIA OFFICIALE

Abbiamo il piacere di annunziare, che jeri sera è arrivato un corriere di Girgenti ed ha recato la consolante notizia, che quella Città si è unita alla buona causa, e si affretta spedire il suo rappresentante in Palermo.


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Palermo 13 Agosto 1820 N. 4

GIORNALE

LA FENICE

Venerdì giorno! i torrente è arrivato da Napoli un bastimento con a bordo diversi Siciliani, i quali presso a poco riferiscono le stesse notizie della stato attuale di Napoli; noi qui inseriamo il rapporto presentato ih iscritto alla Giunta Provvisoria dal signor Cavaliere Abela Siracusano.

Al Signor Presidente e membri componenti la Giunta Provvisoria del Governo Siciliana.

Signori

Gli avvenimenti politici che hanno avuto luogo in Napoli sono alla vostra cognizione. Quel regno ottenne la Costituzione il giorno 6 dello scorso luglio. I Siciliani che si ritrovavano ih Napoli eran trattati come amici, tome fratelli, quando l’arrivo di Naselli, già Luogotenente in Palermo e del Cavalier Branciforte, gittò la costernazione e l’allarme. Appena giunti essi in Napoli, fu generale voce che i Palermitani erano rivoltati, che nell'eccesso del loro furore aveano trucidate tutte le truppe napoletane che aveano trovato disarmate nelle loro caserme, malgrado le voci di pietà, ch’esse alzavano, niuno avea potuto trovar scampo da quell’eccidio.

Dicessi che tutti i napolitani pacifici abitanti di questa Capitale eran caduti sotta i colpi micidiali dei Palermitani, i quali estesero la loro barbarie sino a scannare le donne incinte e gl’innocenti bambini di due a tre anni.

Le voci lamentevoli del dolore s'intesero allora sulle labbra dei Napolitani, i quali altamente chiedevano versare il sangue di tutti i Siciliani per placare le ombre de’ loro parenti. Gl’innocenti Siciliani videro in periglio nei giorni 20, 21, e 22 luglio scorso le loro vite, e sopra tu ito la loro libertà di che venivano ad ogni istante minacciati. La maggior parte dei Siciliani impiegati erasi ricusata a prestare il giuramento, ma questi, medesimi, bravi e degni nostri patriotti furono astretti a prestarlo il giorno 20 luglio. Fu stampato ed affisso per Napoli che i Siciliani spontaneamente si filano presentati a prestare il giuramento. Questo è falso, ed essi non lo prestarono, che per allontanare da, loro e da tutti i Siciliani ch’esistevano in Napoli quei mali che si minacciavano, e soprattutto per impedire quanto contro In Sicilia si pensava intraprendere. In seguito fu ordinato dal governo di Napoli, che miti Siciliani, anche di passaggio, prestassero il giuramento. L'arrivo dì molti napoletani reduci dalla Sicilia, cominciò a smentire le voci allarmanti, e la calma fu ristabilita, rinnovandosi i legami dell’amicizia, tra quei Siciliani coro morenti in Napoli ed i medesimi napolitani. Dopo l’avviso portalo dal Naselli è Branciforte il Governo di Napoli spedi la flottiglia con l'incarico, che trovando Palermo ostinato nelle sue idee, si driggesse in Messina, offrendo a quella Città il vantaggio e l’onore di essere la Capitale. Questa flottiglia venne in Napoli di ritorno da Messina, e quando si crede, va da tutti veder pubblicate delle nuove interessanti, nulla si potè penetrare.

Il General Pepe fece uno stato di promozione di gradi militari, e scelse un numero d’individui io ogni reggimento per accordarsi ai medesimi delle decorazioni dell’ordine di S. Giorgio, e delle medaglie.

La scelta degl’individui promossi, e da decorarsi non incontrò l’approvazione dell'armata, la quale esternò il suo malcontento per mezzo delle deputazioni dei rispettivi reggimenti, i quali si presentarono al Generai Pepe, manifestandogli la sorpresa, per aver egli scelto dei traditori suoi pari alle cariche, ai gradi, ed alle dignità! Fu in questo tempo che il Governo pensò spedire in Sicilia una forza acciò unita ai messinesi ed alle truppe esistenti in Messina portar si potesse sopra Palermo per astringerla a baciare le catene che i Napolitani le aveano apparecchiato sotto le apparenze di una costituzione liberale. Doveano già imbarcarsi sei reggimenti per tale spedizione, ma disgustati essi dalle di sopra narrate promozioni, rifiutarono partire ed il governo fu obligato ritirare lo stato delle promozioni; lo stesso General Pepe si vide costretto in una unione di Generali dichiarare, che un uomo può fallire, ch’egli conosceva d’aver fallito, che avea conosciuto il suo errore, e che ne avea fatta l’ammenda coll’annullare la già fatta promozione. A ciò non si arrestò l’affare, ma si fecero anche rinunziare tutti gli ufficiali promossi con un invito affisso pubblico, con cui essi non solo rinunziavano a qualunque promozione, ma invitavano i loro fratelli d’arme a seguire il loro esempio.

La spedizione contro la Sicilia non ebbe quindi più luogo per le ragioni addotte di sopra, alle quali si unirono delle altre, che favorendo, intieramente la buona causa dei Siciliani, nascevano da principi adottati da segrete società.

I satelliti del dispotismo, i perfidi tiranni vedono sempre con occhio bieco sollevata l'umanità; essi non curano i fiumi di sangue, purché le loro malvaggie idee sieno realizzate. Questi i nostri vedendo, che la fiaccola della discordia era si istinto fra due popoli pari in generosità e di idee liberali, che studiarono di rianimarla spargendo la falsa ed umiliante voce, che i Siciliani si erano opposti alla costruzione di Spagna, ed aveano proclamata quella d'Inghilterra sotto la dipendenza di questa ultima potenza.

A voci tali i Napoletani viddero riaccendersi nel loro petto quell'indignazione, che al primo avviso del supposto eccidio erasi in essi manifestato; e su tali basi considerando come esposta la loro libertà, avendo così vicina una potenza estera, ad una voce gridarono alle armi, giurando di far pentire i Siciliani della vile schiavitù alla quale pensavano di sottoporre volontariamente il collo. Fu allora che qualche siciliano non consultando che l'amore dovuto alla patria, spezzando i perigli, si espose a tutto per giungere al punto di smascherare l'impostura Che non può il santo zelo di cittadino e di patria!

L'ente Supremo proteggendo così giusta intrapresa, avvalorò il cuore; ed il fuoco sacro armando il petto, si giunse a persuadere i bravi militari non che i volontari, che già in gran numero si offrivano, che il Governo con tali mezzi volea gettare le due nazioni Napoletana e Siciliana nei disastri di una guerra civile, altrettanto crudele, quantochè cominciata su principi politici, che da una parte procurar doveano la libertà individuale, e l'onor nazionale, dall'altra garentire la propria libertà con allontanare dalla Sicilia la forza di un estera potenza né questo fu tutto.

Ma facilmente si passò in seguito a far chiaramente conoscere, che i veri motivi di voler spedire truppe in Sicilia erano perchè restassero esposte ad ogni invasione le frontiere napoletane; e che in ogni sinistro evento fosse chiusa ai Napoletani la natural ritirata in Sicilia. Queste verità produssero tutto l'effetto che attender poteasi. Convinti i Napoletani che l'antica cabala ministeriale continuava ancora sotto uomini diversi, protestarono, e sino giurarono di non volere aderire a nessuna ostile spedizione contro i Siciliani, ma che al contrario pronti si offrivano a sostenere i dritti dei medesimi.

Si sospese la partenza delle truppe non che della flottiglia, e sol rimase una fregata per il porto di Palermo all'oggetto d'intercettare le comunicazioni fra Napoli e Palermo, e per impedire che qui entrassero delle munizioni.

La Deputazione Siciliana appena giunta fu mandata ad incontrare con una cannoniera a molte miglia a mare, che la scortò all'Isola di Procida, ove fu essa disbarcata dal bastimento sul quale avea fatto il viaggio, e passata a bordo della cannoniera fu tradotta in Posillipo nella Casina del Principe di Geraci, ove una cannoniera impedisce dalla parte di mare ogni comunicazione, ed una compagnia di pionieri proibisce l'entrata a qualunque siasi persona dalla parte di terra. Pure al Signor Giacomo Cellura ottimo Siciliano, riuscì dopo molta fatica il penetrar colà per qualche tempo, e d'informar così preventivamente delle disposizioni dei Napoletani Ministri i componenti la nostra Deputazione.

Questo trattamento contrario al dritto delle genti, ed indegno di una nazione civilizzata è stato immaginato per intimorire i membri che compongono la Deputazione Siciliana, lusingandosi scioccamente, che persone spedite da Sicilia con incarichi limitati ceder potessero alle minacce.

I Napolitani si sdegnarono molto del modo con cui la Deputazione Siciliana fu ricevuta, e della di lei quasi prigionia di Stato, per cui altamente si declamava contro il Governo, ed un tal urto avea prodotto il migliore effetto nel cuore de'  Napoletani in favore dei Siciliani, e sopra tutto in favore della loro Deputazione.

Un buon cittadino non dovendo nascondere cosa alcuna ai suoi compatriotti, e sopra tutto nei momenti in cui si tratta di stabilire la felicità nazionale, così è mio sacro dovere rendervi informati delle intenzioni che regnano nel Re, Principe, Ministri, membri della Giunta Provvisoria, ed in generale nei napoletani.

Quanto al Re non è certo del nostro partito, la di cui età scorsa in mezzo al barbaro piacere di un po tre arbitrario, adattarsi non può con le idee liberali, che il secolo, i continui cambiamenti politici, e le istruzioni dei diritti dell'uomo ho fatto conoscere gli uomini essere le sole che contribuir possono alla felicità delle nazioni.

Il Principe è assolutamente contrario alle giuste e sante domande nostre, perchè egli teme di vedersi Re costituzionale di Napoli solo, o della sola Sicilia dopo la morte del padre.

I Ministri si oppongono alla nostra felicità, perchè non essendo ancora estinto intieramente in Napoli lo spirito d'adulazione, essi vogliono con ciò incensare il Principe: essi sono interessati a tener la Sicilia schiava di Napoli per veder estese le loro attribuzioni al di la del faro, per potersi fare delle creature a loro vendute per mezzo degli impieghi, per aver maggior campo di esercitare le loro rapine, ed il loro ministeriale dispotismo, e finalmente per vedere la continuazione del trasporto delle specie metalliche dalla Sicilia in Napoli.

Dei 5. membri che compongono la Giunta Provvisoria la parte migliore e maggiore, è tutta per l'indipendenza Siciliana, pochi sono quelli dubiosi, pochissimi quelli opposti, per cui nella s data dei 3 o 4 Agosto si dichiarò che dovea accordarsi ai Sicilia ai l'indipendenza assoluta alla quale avean dritto per i loro privilegi autentici, per i sacrifici che aveano fatto, per i tesori che aveano spesi, e finalmente perchè la giustizia, e sino l'interesse di Napoli così esiggeva.

Quanto ai Napoletani, fuori di pochi ignoranti, che tali da loro medesimi non si credono, la parte più sensata si è altanente pronunziata per l'indipendenza Siciliana, dopo vari dibattimenti avuti con Siciliani, i quali guidati dalla mano celeste son giunti a persuadere i Napoletani, e questi medesimi abborriscono parte di quei pochi sconsigliati Siciliani di Messina e Catania, che si trovano in Napoli, i quali guidati dall'egoismo e dal vile interesse degli impieghi, dimenticando l'onore, il decoro, ed il bene della patria, scorrono le strade ed i caffè perorando sempre contro i buoni cittadini Siciliani ed in favore dei loro depravati compagni. I Napolitani stessi sono sdegnati della condotta di Catania e Messina, sole città che si credono in Napoli contrarie al voto generale della nazione. L'Avvocato Poerio uno dei primari di Napoli nella sua onorata professione, che apparteneva al consiglio di stato nei tempi di Murat, è uno dei più zelanti difensori dell'indipendenza Siciliana, ed io stesso ne sono testimonio e meco ancora un buon numero di Siciliani.

L'Erario di Napoli trovasi esausto; dall'epoca della rivoluzione in poi non ha pagato alcuno; tutti sperando veder diminuite le pesanti in posizioni. sono stati delusi, per cui i popoli delle diverse provincie e quelli della capitale non hanno voluto pagare. Ciò ha messo il governo nella confusione, non sapendo come far fronte alle spese.

Il malcontento in Napoli è generale e sopratutto nelle provincie, perchè vogliono cambiati gli attuali ministri, i quali non godono la confidenza della nazione: sono malcontenti i popoli dei generali, e già un fermento eccita le provincie; molti han preso le armi, e cominciano ad attrupparsi: la provincia di Salerno si trova da circa ottomila uomini nelle al ture delle sue montagne, ed ha spedito l'Abate Marcello in Napoli per domandare il cambiamento dei ministri e degli impiegati. La truppa mal vestita, mal nudrita ha manifestato il suo disgusto il quale viene accresciuto per vedere nei posti luminosi quei medesimi generali che odia e che altre volte tradirono la nazione, ed il loro benefattore.

L'Ex-ministro Medici ha ottenuto i suoi passaporti per portarsi in Ispagna con ordine di non poter deviare il cammino, ed in caso si portasse altrove, sono stati incaricati i ministri napoletani presso le altre potenze, di farlo arrestare. Il popolo ha veduto con indignazione questo tratto di colpevole generosità usata dal governo verso un ministro odiato, e che ha dilapidate le finanze, per cui non ha lasciato un solo istante di sorvegliare la casa di Medici, ciò che ha talmente intimorito questo Ex ministro, che non ha osato intraprendere il suo viaggio.

Naselli non fu ricevuto dal Re; si presentò al Principe il quale lo ricevé molto male. Il giorno dopo fu il Naselli esonerato di tutte le sue cariche e gradi.

il generale Churche giunse in Napoli con una barca trapanese. Fu spedito come detenuto nella piazza di Gaeta, ed è sottoposto ad un consiglio di guerra. Il Signor De Tomasi, ritornato in Napoli dopo la sua missione in Sicilia è stato nominato ministro della Marina, ed è già in esercizio delle sue nuove funzioni.

ll Confessore di S. M. il Re Ferdinando, il tanto conosciuto Padre Caccamo preso da timore, e forse più per le perdute speranze cessò di vivere il giorno 29 di luglio.

Giunse in Napoli una staffetta da Madrid, portando al Re Ferdinando la Carta della data costituzione onde egli dichiarasse la di lui adesione, per non perdere la successione a quella corona nel caso d’estinzione della linea attualmente regnante. Questo corriere portò la nuova dell'unione delle Cortes e di vari atti che ne erano risultati.

Giunse un corriere tedesco da Vienna con la risposta al Re Ferdinando alla lettera scritto dallo stesso all’Imperatore il 3 luglio epoca del primo sollevamento, e della diserzione del corpo di Cavalleria: non è stato possibile sapere il contenuto di tale risposta, perchè Ferdinando non l'ha comunicato ad alcuno.

In Livorno vi fu un movimento popolare, la truppa ebbe ordine di ritirarsi nei suoi quartieri: l'affare fu di poco, anzi di nessun momento, ma il Gran Duca temendo le conseguenze funeste in Firenze, chi no in soccorso le truppe austriache, e vuolsi per certo che in Firenze vi siano tre mila tedeschi.

Il giorno 6 giunse in Napoli di ritorno da Vienna il Principe di Cariati spedito per dar conoscenza al l'Imperatore degli avvenimenti di Napoli, e del nuovo contratto tra il Re ed i sudditi: il Cariati ritornò scoraggiato, giacché appena giunto in Vienna ebbe ordine di allontanarsene, e ritornare alla sua patria. La risposta fatta dare dall'Imperatore per mezzo del conte di Metternich a Cariati fu contraria alle speranze dei Napoletani.

L'Imperatore è avverso alla data costituzione, e di già un'armata tedesca di 6o mila uomini si è messa in movimento per l'Italia sotto il titolo specioso d'armata d’osservazione.

In Roma regna la massima confusione, tutte le strade sono coverte di cannoni. Tutti i Napoletani, che, dopo la data costituzione si sono portati colà, s no stati arrestati per ordine del governo pontificio; Un nostro siciliano il Marchese Cerda è nel numero degli arrestati.

Lo stato di Benevento alzò lo stendardo della libertà: il governo di Napoli tirò un cordone per impedire che sudditi Napoletani passasse e al soccorso dei Beneventani. Il Papa chiese il passaggio di truppe per sottomettere i così detti ribelli; il governo napoletano non volle accordarlo, e Benevento si è organizzato in uno stato indipendente col Governo Nazionale.

Tutti i Siciliani e buona parte dei Napoletani me d s mi sono stati presi da santa indignazione contro i Catanesi, e contro la tirannia di Scaletta aggente del cessato governo, perche gli uni e l'altro han fatto arrestare vari individui partiti da Palermo. i quali in seguito sono stati spediti in Gaeta ove generalmente si vuole che si trovino.

I Siciliani che stanno in Napoli esclusi pochi sciagurati individui di Catania, e Messina sono tutti animati da un santo amor di patria, che accendendo le loro anime li porta ad ogni sacrifizio, ed al disprezzo d'ogni periglio.

Una gran parte di essi, impiegati nelle officine o altrove, ha domandato il permesso di poter ritornare alla loro patria, ma tanto bene non è stato loro accordato sia ora.

Queste sono le nuove che sottometto al Governo indipendente Siciliano per dargli una prova del mio attaccamento, obbedienza e sottomissione, pregandolo a condonarmi le cattive frasi, e la poco elegante tessitura, accettando soltanto la mia buona volontà.

NOTIZIE ESTERE

Napoli 31 Luglio

Siamo presi giustamente da santa gioja. Questi mattina sono arrivati io Napoli, reduci da Palermo, i Signori D. Domenico Montone vicepresidente della Gran Corte Civile di Napoli, e D. Filippo Carrillo regio procuratore di tribunale civile, e questi nostri magistrati hanno raccontato fil filo tutta la serie degli avvenimenti di Palermo Nelle altre relazioni si è moltò esagerato da coloro che, in vece di narrare, han volato presagire indovinare i fatti. Tre sole vittime, e queste siciliane, caddero estinte in quella trista vicenda. Niuno de'  Napoletani (non parliamo de'  militari feriti nell’azione, cioè tre o quattro uffiziali e circa duecento soldati) è stato maltrattato; tutti anzi, sono stati trattati con estremo riguardo: il Signor Montone e Carrillo sono stati accompagnati al porto da7 consoli, e dalle maestranze con onori distinti. Il Sig. D. Giovanni Cerbi, altro nostro magistrato, si aspetta a momenti. Si attende anche a momenti la deputazione che porterà i voti de' Palermitani.


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Palermo 14 Agosto 1820 N. 7

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all'Estensore del Giornale La Fenice.

 

Continuazione della seduta del giorno 28 luglio 1820

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità col consenso de'  Consoli ha risoluto, che sebbene non si possa dubitare della onoratezza, con cui i Consoli di questa Capitale, secondo le loro rispettive incombenze hanno distribuito il denaro loro affidato, all'oggetto di farene la comunicazione ai loro Maestri, nondimeno si ergerà un Comitato, il quale ai occuperà del denaro, che loro pel passato si è distribuito, dovendosi cosi serenare gli amici di tutti quei ricorrenti, che si sono lagnali col Principe di Torrebruna Pretore.

Palermo 28 luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 29 luglio 1820

AVVISO

Convenendo, che si riapra la pubblica Lotteria Sospesa momentaneamente per il passato disordine la Giunta provvisoria ha decretalo, che tutti i Postieri riaprano subito i loro Botteghini mettendo la semplice insegna Pubblica Lotteria di Sicilia avvisando, che la prima estrazione si eseguirà il giorno 19 del prossimo Agosto.

Continueranno a farsi l'estrazioni successivamente di quindici, in quindici giorni come si sta attualmente praticando; rimettendo però intieramente lo stile antico appunto come si praticava nel unse di Agosto 1819. restando aboliti gli abusi di pagarsi tt. uno per le giocate del Giovedì, e Vinci di, e 11. 4 le giocate del Sabato, e tutte le altre nuove introduzioni.

La Nazione assicura tutti i giocatori del puntuale 'pagamento delle rispettive loro vincite.

Palermo 29. Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 3o Luglio 1820

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso dei Consoli ha decretalo, che il Capitano D. Cesare Santoro, ed il Capitano 0. Natale Naso Amministratore, e 5oprin tendente dal dazio sulla carne, e D. Antonino Piricò siano abitali a ricercare la provenienza dello bestiame rosso, che s’immette in questa Capitale per macellarsi, onde li conoscersi se ve ne sia derubato; ed essendovene darne conto alla Giunta provvisoria.

Palermo 3o. Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere.

AVVISO

Il Capitano Alberto Lazzara di Trapani, unitamente a suoi figli, han fatto dono alla Nazione di una Bombarda di loro proprietà, ed al tempo stesso esibiti si sotto a dedicare l’opera loro in servizio della causa pubblica. Un atto così generoso, e che dovrebbe servire d’incitamento a tutti coloro, che sono nella circostanza di apprestare de’ mezzi onde accrescersi la forza nazionale, ha meritato tutto il gradimento della Giunta provvisoria; ed essendo questa persuasa, che i suoi sentimenti sono comuni alla Nazione tutta, e che siffatte prove di zelo, e di amor di patria, debbon vieppiù accendere l'entusiasmo de’ buoni Cittadini; perciò ha creduto proprio di rendere informato il Pubblico della generosa azione de’ Signori Lazzara.

Palermo 3o. Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Si fa noto al pubblico che per il giorno nove del venturo Agosto sarà terminato il bilancio de'  libri del Banco, che le passale circostanze resero indispensabile; e che per conseguenza dal giorno dieci in poi ognuno che avrà danaro in banco potrà spenderlo liberamente.

Palermo li 3o Luglio Uhi.

Bonanno Cancelliere

Sedata del giorno 31 Luglio 1820.

AVVISO

L’entusiasmo patriottico che ferve oggidì in talli i petti Siciliani, si é particolarmente spiegato nella classe dei marinai. Posti noi della natura nella più forte, e felice proposizione, abbiamo un baluardo insuperabile nel mare che ci circonda, e chiunque volesse attentare alla nostra Indipendenza, prima di por piede su questa terra, potrebbe vedere arenata sull’acque una porzione delle sue forze. A quest’oggetto i bravi marinaj, per organo del loro Console, han fatto la generosa esibizione di concorrere alla resistenza marittima co’ loro petti, e con le loro braccia.

La Giunta nel pubblicare il suo gradimento per così degna, ed utile offerta, rende il dovuto onore a que’ bravi Cittadini, fa conoscere alla Nazione intiera con quanta energia si cospiri al sostenimento della nostra Indipendenza.

Palermo 31 Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica tranquillità e sicurezza col consenso de’ Consoli ha risoluto, che il Duca di Villafiorita, il Capitano Console della Maestranza de'  Mezzani Negozianti, unitamente ai Consiglieri di detta Maestranza ed all’Ex Console D. Gaetano Fajia si portino giornalmente alle ore dodeci nel Chiostro dei Convento di S. Francesco de’ Chiodar, ove resteranno sino alle ore quattordici per consegnarsi da tutti coloro, che li possiedono, i vestiari, letti, tavole, trespidi, lenzuoli, lana, manti, ed attrezzi di cucina, che appartenevano alla disciolta Armata, coll’obbligo di dare a coloro, che ne faranno la consegna un premio alla ragione di tari tre per oncia sulle stime del valore.

Palermo 31. Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno i Agosto 1820

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, tranquillità col consenso dei Consoli ha risoluto, che si pubblichi in istampa la innocenza del Capo Maestro Tommaso Mirchione verificata digli stessi Consoli, e che subito sia il medesimo posto in libertà.

Palermo primo Agosto 1890.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col condenso dei Consoli ha risoluto, che tutte la persone, che consegnarono li cavalli al Cittadino Cavaliere D. Pietro Lanzarotti sino al giorno 28 luglio 1820 non possano pretendere più di quella pezza colonnata, che il detto Cavaliere per ordine della Giunta loro ha distribuito; e nel caso che qualche persona irragionevolmente ricorrere, si dirigga a S. E. il Signor Capitan Generale, senza turbare la quiete del mentovato Cittadino meritissimo, il quale in tutti gl’incontri si è prestato col massimo zelo, coraggio, e punto di onore in vantaggio della Patria.

Palermo i Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità a petizione del Capitane Console degli Armieri col consenso dei Consoli ha risoluto, che tutti gli schioppi, dia attualmente si sturino riformando nelle rispettive botteghe potessero perfezionarsi, e restituirsi a chi appartengono.

Ad evitare però che da oggi innanzi possa contravenirsi al Decreto della Giunta, e possa progredirà l’incoveniente di riformarsi i fucili di munizione, ordina la stessa Giunta, che il prelodato Console degli Armieri ogni col suo bollo gli' schioppi, che già si hanno cominciato a riformare, e di questi soli se ne permetta la riforma. In tutto il dippiù ordina la Giunta, che si esegua il Decreto emesso il giorno di jeri, prevenendo tutti gli armieri, che i controventori di questo Decreto saranno puniti colle pene alla Giunta benviste, e per essa Giunta al Capitan Generale.

Palermo i Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere.

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso dei Consoli ha risoluto, che il Dr. D. Girolamo Bertolini assuma le funzioni di Collaboratore presso il Capo provvisorio della pubblica tranquillità Signor Principe di Lercara, e Palagenia, e farcia le veci dello stesso Capo provvisorio della pubblica tranquillità, laddove questi per li suoi incomodi di salute verrà impedito di occuparsi.

Ha risoluto inoltre, che il Capitano Console dei Cuochi D. Antonino Zicchitella, d il Capitano Ex-Console de'  Conciapelli D. Vincenzo Cavallaro servissero in ajuto al detto Capo provvisorio per tutte le operazioni, in cui sia necessaria la loro attività, ed esperienza per lo accorto della pubblica tranquillità..

E finalmente ha risoluto, che il cennato Dr D. Girolamo Bartolini Collaboratore eletto proponga subito alla Giunta un piano d’istruzione pella carica suddetta di Capo provvisorio della pubblica tranquillità, perché approvandosi dalla Giunta sia fatto noto al Pubblico per la comune intelligenza.

Palermo i agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria li pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso dei Consoli, fa nolo al Pubblico, che il Capitano Ex Console D. Cesare Santoro è stato irreprensibile nlla sua condotta, e che tutti coloro, i quali si hanno fatto lecito di portarsi a di lui nome in casa di varj facoltosi, e Alercadanti a domandar danaro, lo hanno fatto senza la menoma sua intelligenza.

Palermo i Agosto i8ao.

Bonanno Cancelliere.

Seduta del giorno 2 Agosto 1820.

AVVISO

Si è fatto presente alla Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità da D. Gaetano Leone, Collaboratore de’ Consoli dei Conciapelli, che abbia egli preso a mutuo da’ diversi Mercadanti la di onze 1963. 6. 15. cioè:

Da D. Pietro Martines onz 600
Da D. Gaetano Tubino onz 329
Da D. Ottavio Vella onz 433 16 15
Da D. Nicolò Raffo e C. onz7 100
Da D. Giuseppe Pajno onz 100 20
Dal Barone Bottifora onz 300
Dal Marchese Guccia onz 100
Sono onz 1963 6 15

per occorrere a varie erogazioni che si son dovute fare per oggetti di pubblica tranquillità e sicurezza nelle imperiose circostanze di questa Capitale. E la Giunta, unitamente ai Consoli ha decretato, che presenti il riferito D. Gaetano Leone il conto del danaro esatto; non avendo lasciato intanto la medesima Giunta di lodare il di lui zelo mostralo in tali circostanze, ma vuole, che non si cerchino altri mutui, e che si renda pubblica questa determinazione colle stampe.

Nel tempo stesso la Giunta su detta fa sapere ai rispettabili Cittadini, i quali hanno mutuato le cennate somme, che sarà sua premura di farli rimborsare come le circostanze lo permetteranno. E che da ora in avanti in simili casi adotterà quei mezzi che senza verun allarme possono farle ottenere un tale scopo.

Palermo 2 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillila col consenso dei Consoli ha risoluto, che qualunque individuo il quale voglia grado militare, offrir debba un dono di un numero di uniformi proporzionalo al grado che domanda.

Palermo 2 Agosto Urio.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica tranquillità, e sicurezza col consenso de’ Consoli, permette, che il foglio di lode, e ringraziamento fatto da tutti i Capitani Consoli delle Maestranze a S. E. il Principe di Villafranca, Presidente della Giunta medesima sia dato alle stampe, con annotarvisi i nomi di tutt'i Capitani Consoli anzidetti, non ostante che in detto foglio non siano segnati.

Palermo li 2 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

MANIFESTO

La Giunta provvisoria di pubblica tranquillità, e sicurezza, cell’annuenza dei Consoli, nella seduta di quest’oggi ha decretato, che si continui a pagare l’antico dazio detto di pelo, e minuto.

Palermo 2 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità col consenso dei Consoli viene a far noto a tutti i Comuni circonvicini a Palermo, che dalla Giunta medesima è stato eretto un Comitato all’oggetto di radunarsi nel Chiostro di S. Francesco di Assisi di questa Capitale, ed ivi riceversi tutti gli oggetti di vestiario, e quartiere che appartenevano alla disciolta Armata, a quale oggetto la Giunta stessa ha incaricate i componenti il dello Comitato di avvertire coloro che presenteranno gl’indicati oggetti, che sarà loro pagato un premio del dieci per cento sul prezzo degli oggetti stessi.

Palermo 2 Agosto 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Fatta lettura nella Giunta provvisoria della risposta del Cavalier D. Giovanni di Aceto al Proclama venuto da Napoli con la data de’ 20 dello scorso luglio; quello scritto ha riscosso l’ammirazione non solo di esse Giunta, e de’ Consoli, ma gli applausi ancora di tutti i Cittadini ivi presenti; quindi perché il detto Cavaliere abbia un pubblico attestato di gradimento, la Giunta ha disposto di rendersi a tutti palese, che l’effetto prodotto da quella energica risposta ha persuaso la Giunta medesima, coll’unanime consenso dei Consoli, ad incaricare il cennato Cavaliere, di rispondere a tutte le carte, che sono finora venute, e che in progresso verranno da Napoli.

Palermo 2 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere.

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità per tranquillizzare l’animo degl’impiegati del passato regime, i quali temono, che stante la nuova organizzazione provvisoria, ordinata dalla Giunta venissero a restare sprovveduti del diario loro mantenimento ha decretalo, che dopo di avere attivalo le Officine necessarie per la sollecita spedizione degli affari, come già si sta praticando, rivolgerà tutte le sue mire e provvedere questi tali impiegati, e che nessuno, che avrà servito onoratamente non sarà privo del bisognevole per il suo mantenimento; ma siccome le ingenti spese, che si fecero ne’ scorsi giorni hanno in qualche maniera ottennero l’Erario Razionale, e che si attendono delle ritorse per aumentarlo, così vengono questi tali impiegati invitati ad attendere ancora qualche giorno per le provvidenze che richiedono.

Così ancora tutti i pensionisti di somme tenui saranno ugualmente soddisfatti, purché aspettino ancora qualche giorno, sicuri che la Giunta provvisoria è unicamente intenta al sollievo di tutt’i Cittadini, specialmente li più bisognosi.

Palermo a Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 3 agosto 1820

AVVISO

La Giunta Provvisoria d: pubblica sicurezza, e tranquillità sulla petizione deputati del Monte di Pietà, col consenso dei Consoli ha risoluto che i Deputati suddetti continuino a riscuotere sui posti pubblici delle piazze, e di altre strade della Città quei dritti, che sono stati soliti pagarsi dai venditori di generi di ai, nona, e che formano uno de'  pi in pali cespiti per lo sostegno delle povere Orfane esistenti nel Conservatorio del Monte sotto titolo di S. Lucia. E perché questa risoluzione possa ottenere la dovuta esecuzione, vuole, che si renda noto al pubblico per via di avviso in stampa.

Palermo 3 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

I Consoli tutti delle onorate Maestranze riconoscendo quel fermo principio, che nel generale disordine veruna società può sussistere, dopo i memorandi, e rapidi avvenimenti del 17 luglio 1820 osservando in tutte le sue parti disorganizzata la macchine politica dello stato, e tenendone i medesimo i terribili xxxetti nel morale sistema sociale, s’affrettarono in meno e del Popolo nominare una Giunta provvisoria, affinché con sagge provvidenze un fine mettesse a passati mali, un argine opponendo agli armamenti, restituisse al Cittadino la perduta calma, la tranquillità. E benché l’Eminentissimo Cardinal Gravina siasi volontariamente dismesso dall’importante carica di Presidente di detta Giunta, perchè gravato dalle cure Chiesiastiche fu in sua vece eletto l'illustre Principe di Vilafranca, il di cui zelo, e patriottismo non fecero risentire la volontaria dismissione del degno Porporato, e l'importanti lavori non subirono ritardo veruno. Le tante assidue fatighe seguite da si buon successo, la saggezza, attività, ed energia spiegata dalla Giunta in si critiche ed imperiose circostanze hanno eccitato la più viva riconoscenza de'  Consoli tutti dei quali il Capitano D. Angelo Crocimo Console de'  Gaiottari appalesa alla Giunta suddetta i sentimenti di gratitudine de'  suoi compagni, nel seguente indirizzo.

Signori

la rivoluzione, come fiera, ed impetuosa burrasca spingeva la nave dello Stato ad infrangersi nell’anarchia, il vostro zelo, e patriottismo han saputo impedire sì terribile urto, ogni Cittadino alla vostra attività, saggezza, ed energia attribuisce quella calma inuma, che gode. Lo smarrimento in cui cadde ognuno nel 17, eccede qualunque espressione; il genio felice di voi Illustre Presidente ha saputo sottrarcene; quella virtuosa nobiltà che distingue sì Illustri Deputali, ed i lumi del benemerito nostro Concittadino Signor D. Gaetano Bonanno, e degli sperimentati Collaboratori hanno richiamato lo spirito del popolo, ed al timore successe la fermezza. Alla testa della Nazione, sotto lo stendardo dell'indipendenza noi vi seguiamo. La felicità nazionale sarà lo risultato de’ vostri nobili sforzi, de’ vostri lumi, e delle comuni fatighe.

Cittadini, Popolo, Nazione, uniti insieme per tanti rapporti, uniamoci vieppiù vivi sentimenti di gratitudine verso si nobile Principe, virtuosi compagni, saggi Collaboratori; riconoscete in essi i nostri regeneratori. Lo stendardo dell'Indipendenza era vicino a crollare, essi lo han sostenuto, e proseguiranno a sudare nell’intrapreso lavoro. Noi tutti dunque seguiamoli con fiducia, ed unico sia il nostro oggetto, la pubblica felicità, l'indipendenza nazionale.

Angelo Crocimo Console

Antonino Bologna Console

Giuseppe Bagnera Console

Giachino Ferrigno Console

AVicolo d'Oca Console

Antonio Zicchitelli Console

D. Antonino Romeo Console

Agostino Alculeo Proconsole

Emmanuele Scalia

Carlo Tumminello Console

Gioachino Corrao

Vito Cagliari

Andrea Montalto Console

D. Filippo Perrotta Console

Antonino Scuteri Console

Domenico Cosentino Console

Giuseppe Orlando Console

Giuseppe de'  Francisci Console

Antonino Robbino -

Capitano Antonino Corona Console

Salvatore Leone Console

Girolamo d'Agostino per nome e parte di mio padre

Angelo d'Agostino

Francesco Isaja Console

Giuseppe Fiorello

Calogero Monana Console

Antonio Tortorici console sostituto

D Gaspare Cannata Console

Mario di Gregorio Console

D. Andrea Pizzo Console

Il Console dei Pescatori di Piedigrotta

Aicolo Corrado

Spampinati per lo Console Li Pera

Gioacchino Gentile Console de'  Chiavettieri

Rosario Fiammetta Console de'  Bottegai

Giuseppe Carella Console giardiniero

Francesco Santoro

Console Paolo Viausa

Giacomo Vizza Console de'  sartori.

Palermo li 3 agosto 182o.

Bonanno Cancelliere


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FOGLIO STRAORDINARIO

Palermo 14 Agosto 1820 N. 5

GIORNALE

LA FENICE

NOTIZIE INTERNE

Imponente giusta, e qual si conviene alla dignità di una libera nazione fu la risposta d’Indipendenza o Morte data dai Siciliani tutti alle proposte del ministero napoletano sullo stato attuale, e sulle pretenzioni della Sicilia: né da noi si debbe allo straniero, o a chi presume aver per se il dritto del più fotte, addurre altra ragione di nostra indipendenza che le parole medesime Indipendenza o Morte, che ostentiamo sul capo, ed abbiamo profondamente impresse nel cuore. Pure più che per ravvalorare il nostro diritto, per compiacere all’inchiesta dei nostri concittadini andremo qui sotto esponendo le speciose preterizioni del Ministero di Napoli, co:i le risposte che si degnò la Giunta inviare alla nostra Deputazione per confutarle.

I Ministri Napoletani Zurlo e Campochiaro pretendono che

1. «La Deputazione di Palermo non può riconoscersi dal governo napoletano se non nella qualità di sudditi che si diriggono al proprio Sovrano, e non già in qualità di rappresentanti di una potenza, spediti a a trattar con un’altra.»

Risposta

La Deputazione è stata spedita per fare delle petizioni da sudditi al proprio Sovrano nella maniera stessa con cui l’annata napoletana si presentò a S. M. (D. G ) quando gli domandò, ed ottenne la Costituzione.

Che se vogliono trattare gli Ecc.mi nuovi Ministri in qualità di Ministri Costituzionali, allora la Deputazione manifesterà loro che si dee trattare in quella guisa che fra due diverse nazioni si suole; giacche avendo l’armata Napolitani fatto una rivoluzione, e spogliato colle armi alla, mano il Re della Sovranità, dovendo questa ritornale a chi appartiene, la Nazione Siciliana intende di aver riacquistato la sua esistenza politica, e la sua Sovranità; quella, che le spetta in forza del dritto delle genti; quella, che le appartiene in forza della Costituzione Siciliana del 1812; quella, che rivendicò nell’anno 1282 dalle mani degli Angioini. ed in forza della quale liberamente elesse a Re Pietro di Aragona, da cui l’attuale dinastia deriva la sua successione; quella Sovranità riconosciuta, ed esercitata nell'atto di coronazione ili Federigo Secondo di Aragona, ove si leggono le memorande parole accedente celeberrima electione Populi riconosciuta, e confermata negli atti delle Coronazioni di tutti i Re successori, non esclusi l'Imperatore Carlo Quinto, e Carlo Terzo di felice ricordanza Augusto Genitore di S. M. conte pure nell’atto di possesso di S. M. Ferdinando Terzo, nei quali atti si confermano tutti i privilegi, e prerogative della Sicilia.

2. «Il Popolo di Palermo ha mai proceduto, reclamando la indipendenza con le armi alle mani, facendo prigioniera la truppa e costituendo un Governo Provvisorio: all’incontro S.A.R. facendo uso della sua dolcezza, lungi di correre a misure estreme, ha offerto il perdono generale, qualora si ritornasse all'ordine, a tale oggetto, ed in tali sensi ha fatto un proclama, destinato al Luogotenente Generale D. Roggiero Settimo; ma a queste clementi e pacifiche misure si è risposto in modo da non permettersi veruna comunicazione, dal che nacque la destinazione diffinitiva del Principe di Scaletta a Luogotenente del Regno.»

Risposta

Non il Popolo Siciliano, ma il Napolitano fu il primo a prendere, le armi, ed a farsi giurare da S. M. la Costituzione Spagnuola.

I Siciliani, dopo che per ordine di S. A. R. il Vicario Generale di S. M. si pubblici il Proclama, col quale si annunziava il Re aver accordato la Costituzione Spagnuola per condiscendere al voto generale della Nazione, conobbero che questo voto era stato dei soli Napolitani, e che dovendo eglino essere ammessi a proclamare il loro voto, si credettero nel pieno ed assoluto dritto di manifestare che volevano la Costituzione di Spagna, e la Indipendenza del Regno di Napoli.

Le armi furon prese dal Popolo col consentimento del Luogotenente Generale Naselli; egli avrebbe dovuto, come avea promesso, dirigere la gente armata alla custodia della pubblica tranquillità', senza reprimere in menoma parte il voto nazionale. Egli al contrario dopo di aver permesso l'armamento, del Popolo, riguardò come un delitto de’ Siciliani la pacifica e giuliva esternazione del desiderio dell’indipendenza da una Nazione, la quale avea preso le armi contro il Governo per acquistare quella libertà, che non aveva goduto giammai.

L’indomani fece assalire il Popolo dilla Truppa, i colpi di fucile furono scagliati indistintamente contro i Cittadini armati, e gli inermi vaganti per le strade, e contro quei pacifici, ed infelici, che credendo avere sicuro asilo nelle proprie case, ed ignorando le mire ostili de’ sostenitori del servaggio, e della dipendenza, ebbero la disgrazia di affacciarsi inermi a’ balconi per sola cui insita. Il Popolo non potea né dovrà farsi opprimere.: la sua reazione fu l’effetto dell’ingiustizia, e della precipitanza del Generale Church, del Luogotenente Generale, e delle imprudenze di quest’ultimo che mise il Popolo Siciliano armato in cimento colla Truppa Napolitana. Ciò che fece il Popola fu difendersi non offendere; e difatti avendo vinto cessò dalle ostilità, ritornò al buon ordine, e fece dei prigionieri quell’uso, che è più analogo al dritto delle genti. Gli Ecc.mi Ministri Napoletani fanno parlare S. A. R. ne’ termini di clemenza, e di perdono, e con ciò suppongono il delitto dalla patte del Popolo, laddove è stato dalla parte del Luogotenente, e dei Comandanti la Truppa.

3. «Son colpevoli i Palermitani di aver pubblicato dei manifesti tendenti all’Anarchia, e di aver con questi procurato di trarre a se il rimanente dell'Isola.»

Risposta.

Il Popolo palermitano ritornato ad una certa tranquillità dopo un giorno di combattimento in difesa della propria vita, e del minacciato saccheggio volle erigere una Giunta provvisoria. Questa Giunta incominciò dallo avete le mire le più pacifiche, aspettando che tutte le popolazioni lasciate libere ad esternare le loto brame, avessero fatto, giungere al Trono, per mezzo della capitale del Regno il grido della sospirata Indipendenza.

Il Popolo Palermitano lungi di desiderare l'Anarchia, mercé le fatiche della Giunta si è in breve tempo ricondotto alla tranquillità.

La Giunta però eletta da una Popolazione, che proclama, o la indipendenza, o la morte non può non secondare il voto decisivo della medesima: un voto, che non è stato l’effetto di verun intrigo di veruna cabala o di segreti travagli, ma bensì un sentimento provveniente dal cuore, pronunziato con una rapidità prodigiosa da tutte le età, da tutti i sessi, da tutte le condizioni, e così forte da non poter essere neppure maneggiato.

In tale stato di cose questa popolazione ha ricevuto una immensità di abitanti dei vicini, e lontani Comuni, i quali l'hanno informato, che da per tutto si reclama. I udì pendenza, e si vuole scuotere come ii molte parti si è scosso il giogo di tutte le nuove istituzioni, e delle odiose autorità stabilite.

É stata pure informata la Popolazione, che per mezzo degli ordini del Principe della Scaletta, e degli Intendenti dei Capovalli, si è cercato spargere il terrorismo, e comprimere il voto libero delle Popolazioni, cosi la Giunta uniformemente al desiderio di un Popolo deciso per sostenere la giustizia della sua causa ha dato quei provvedimenti, che gli sono stati imperiosamente domandati.

4. «Per quanto sieno manifeste le disposizioni dolci e clementi di S. A. R. è in compatibile con la di lui dignità lo ascoltar le domande dei Palermitani prima che sieno rientrati nell’Ordine.»

Risposta

Gii Ecc.mi Ministri Napolitani, ove si tratta di circostanze così urgenti di un'intera Nazione non debbono ricordare le leggi di convenienza o di pretesa dignità del Governo, che falsamente ripongono nei volere eseguito ciò, che è impossibile ad eseguirsi. E se non fu indegnità pei Napolitani domandare colle armi alla mano la loro libertà, Cosi non può esserlo pei Siciliani che vogliono 1acquistare la loro indi pendenza.

Pensino i Signori Ministri, che il persuadere alla Popolazione di cedere, se ciò fosse possibile, saria lo stesso, che disarmarla, conprimerla, e metterla a discrezione dei Napolitani, che hanno interessi opposti alla nostra tu. dipendenza. Qual garenzia resterebbe a noi della promessa di poter trattare poi diretta, mente con la persona del Principe? Non sono forse le anguste persone reali invisibili alla nostra Deputazione? Non parlano esse per bocca dei suoi ministri, e dispacciano, e proclamano in sensi contrarj a’ principi liberali, ed essenziali della Costituzione Spagnuola, e precisamente in sensi contrarj alle loro clementi intenzioni per la Indipendenza della Sicilia spiegate alla presenza di diversi Nobili Siciliani? L’esempio di Quìroga nelle Spagne ci ammaestra, che le armi non si depongono se non dopo che 1opera del nazionale desiderio è compita, e su di ciò si osservi che tuttora per questo oggetto gli stessi Napolitani non han deposto le armi.

5. «Tutte le magistrature si ristabiliscano.»

Risposta

Tutte le magistrature sono già ristabilite menochè i giudicati di Circondario venuti in odio delle popolazioni, ai quali sonosi sostituiti equivalenti magistrati che ne disimpegnato le funzioni.

6. «Ogni autorità momentanea si tolga, salvo quella che dal Governo si stimasse di far rimanere per comun bene.»

Risposta

Non vi è altra autorità se non la Giunta Provvisoria costituita dal Popolo nella circostanza che il Luogotenente Naselli disertò dal suo posto, ed abbandonò le redini del Governo alla cieca fortuna, dopo di avere posto in iscompiglio la Città, e compromessi la vita, e i beni di tutti i Cittadini.

La Giunta provvisoria quando ha procurato di mantenere la tranquillità pubblica, ha reso il maggiore servizio alla Nazione ed al legittimo governo. Non dipende da essa o suoi membri, il cessare dalle loro funzioni in mezzo ad un Popolo che vi ha riposto la sua fiducia, in modo però dà esser presento a tutte le sue discussioni, e deliberazioni.

Per altro la cessazione delle funzioni della Giunta è annodata allo intiero Sviluppo dello affare, e forma senza dubbio il punto della quistione.

7. «Si obbedisca alle leggi come prima, che tutto abbia luogo come per lo passato.»

Risposta

Essendo state ristabilite le Magistrature, il popolo è disposto ad ubbidire alle leggi: Esso però ha distrutto Intendenza, Direzioni, Registro, Carta bollata, ed altre istituzioni Odiose al medesimo; il che è Stato praticato nella massima parte da’ Comuni del Regno, malgrado che soggetti a quei Capovalli ove si mantengono le larve delle Intendente, unicamente per accrescere il disordine, Comprimere lo Spirito Nazionale, e metterò così le popolazioni al cimentò d’involgersi in una guerra Nazionale da segnare un’epoca memorabile nella Storia.

Tutte queste nuove istituzioni erano l’oggetto principale del risentimento popolare, come all’incontro l'Indipendenza è oggi il principale oggetto delle sue brame.

8. «Si rimettano le armi del Re in tutti gli ordini, e si eseguiscano esattamente gli antichi titolari e formole.»

Risposta

Per le armi del Re, é titoli essendo conseguenza dei preliminari, non sembra compatibile colle circostanze il rimettersi, se non che ricevei anuo le modificazioni analoghe al voto generale della Nazione.

9. «I napoletani, che vogliono partire, ne abbiano la libertà.»

Risposta

A’ Napolitani non militari si è data la piena libertà di ritornarsene.

10. «Si sprigioni fa truppa, e s’imbarchi.

Risposta

I Siciliani han domandato i loro confratelli che si trovano in Napoli, il ritorno deve essere reciproco.

11. «Per rapporto all’indipendenza della Sicilia dal Regno di Napoli, non si sanno ancora gli ordini di S. A R. ma se pure il Principe Vicario volesse aderire a tale proposta, non sarebbe ciò nelle sue facoltà, avendo le Potente alleate stabilito nel trattato di Vienna la integrità dei due regni; e Zurlo, che trovavasi allora in Vienna, assicura, che ciò si era voluto da quel congresso senz’essere stato richiesto dalla corte di Napoli (). I principj geneminiente adottati delle grandi masse lo aveano indotto a questa misura, avvalendosi oltre dell'esempio dell'Irlanda, poiché antico, di quello ancora dei Paesi Bassi e di Genova; nulla giovando il ricordare gli inconvenienti gravissimi, che da queste riunioni erano derivati. Fu però tutto sacrificato al principio.»

Risposta

La unione dei Regni nella intelligenza del Congresso di Vienna non portava seco che la Sicilia dovesse divenire l’ultima provincia di Napoli, anzi S. M. nella legge degli undici dicembre 1816 aveva stabilito le cose in modo, che non potea decifrarsi se la parte principale del Regno fosse stata la Sicilia, o le provincie di Napoli, dapoiché ciò dipendea dal luogo di sua residenza, e questo in forza della stessa legge poteva bene essere Palermo come lo era Napoli.

Similmente alla Sicilia era stato conservato di non potersi accrescere le pubbliche imposte stabilite nel Parlamento del 1815 se non col consenso di un nuovo Parlamento; e questa insigne ed importantissima prerogativa era della Sicilia, e non si godrà dai Napolitani.

La unione dei due Regni nella intelligenza del Congresso di Vienna dovrà rimanere sotto d governo assolino di un Re. Un articolo ugualmente preciso e segreto del in desumi porla, che in tutta l'Italia, non vi debbono essere Governi costituzionali. Ma non sognò mai il Congresso di Vienna che un Popolo potesse manomettere un altro. che una Nazione potesse colle armi alla mano spogliare il suo Re, ed esiggere ubbidienza e sommissione dall’altra Nazione, Per altro come gli Ecc.mi Ministri Napolitani furono solleciti a spedire il Principe di Cariati in Vienna per ottener che non soffra opposizione dalla parte delle potenze alleate, la nuova forma di governo ottenuta da’ Napolitani colle armi alla mano contro gli Stabilimenti del Congresso di Vienna, così era ugualmente facile che S A. R. avesse spedito un altro agente per ottenere la reciproca Indipendenza de'  due Regni. Ed è certamente di minor interesse perle potenze alitate la disunione dei due Regni, che lo stabilimento in essi della Costituzione Spagnuola.

La Nazione Siciliana non fu affatto rappresentata nel Congresso di Vienna. S. M. Ferdinando Terzo vi avea spedito i suoi agenti cioè il Commendatore Ruffo nominalmente plenipotenziario, ed il Cavaliere de'  Medici in realtà l’arbitro degli affari.

La riunione della Sicilia col Regno di Napoli si dee senza dubbio caratterizzare come l’effetto del più vergognoso intrigo, di cui ne esistono pubbliche, ed autentiche prove. Il Decreto de’ 12 aprile 1819. che si trova inserto nella collezione delle leggi, e Decreti Reali porta che S. M. accordò una dotazione di ducati 120000 al Principe di Castelcicala D. Fabrizio Ruffo allora Ministro Plenipotenziario presso le Corti d'Inghilterra. e Francia, per la sua efficace cooperazione al riacquisto di Napoli ed alla riunione dei due Regni in un solo.

Da ciò innegabilmente si prova che il Congresso di Vienna non aveva stabilito. che la sola restituzione de! Regno di Napoli. La riunione della Sicilia non partì da principii politici che oggi così enfaticamente si proclamato dai Ministri Napolitani ma fu l'opera di un maneggio posteriore fatto eseguire da S. M. Ferdinando Terzo, il quale ebbe in mira di distruggere la costituzione del Regno di Sicilia, malgrado che fosse venuto prima ad infrangere il prestato giuramento, e non ostante che non poteva togliere la esistenza ad un Regno che liberamente avea dato lo Scettro alla sua Dinastia. Le leggi del Regno gli vietavano di trattare con estere potenze senza il consenso della Nazione. Ciò era chiaramente stabilito dal capitolo I. del Re Federico l’Aragonese. e dalla Costituzione, che era in vigore nell’Epoca del Congresso di Vienna, per altro la Sicilia non avea in nulla dimeritato agli occhi di Europa, per soffrire la sua morte politica. Cessino quindi cotesti Ecc.mni Ministri di spacciare principj di Gabinetto, e massime politiche per rapporto alla unione dei due Rigiri. Non essendo questo il linguaggio della verità, ma quello dell'interesse non istà bene nella bocca di uomini liberali. Fu questo un favore ottenuto per mezzo dell'intrigo: e ciascuna Nazione, è nell'obbligo, allorché ha adottalo una forma liberale di usare i doveri di giustizia verso le altre Nazioni, restituendo loro ciò che ingiustamente le si era strappato.

(Sarà continuato )


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Palermo 15 Agosto 1820 N. 6

GIORNALE

LA FENICE

NOTIZIE INTERNE

Continuazione delle risposte alle pretese del Governo di Napoli sulla Indipendenza Siciliana.

Si osservi che l'esempio della Irlanda non prova se non i terribili mali, che provengono dal togliere l’esistenza politica ad una Nazione per sottometterla ad un'altra. L’esempio de’ Paesi Bassi trova la risposta nella stia località, essendo situati nello stesso Continente. Quello di Genova è assolutamente vergogna lo addursi t per essere stato un delitto politico, del quale inorridirono tutte le Nazioni di Europa, e che i Genovesi sapranno forse in breve tempo risarcire.

Per ultimo si osservi che gli stabilimenti di natura simile a quelli del Congresso di Vienna sono accomodabili alle circostanze per cui sono fatti. Oggi le circostanze dell'Europa non sono più nella situazione di allora, allorché disfatto appena il Comune nemico, si pensava a reprimere qualun3ue altro male dello stesso genere, d’onde derivò l'alleanza tra le Potenti Nazioni, e la maggior estensione data a’ Governi alleati. Oggi gran parte della stessa Germania è costituzionata, lo sono pure la Spagna, e Napoli, e va a costituzionarsi non mediocre parte del resto dell’Europa. Or se le idee liberali di oggi sono nella direzione opposta delle idee di servaggio, allora vigenti, e credute necessarie alla, salvezza dell’Europa, non è assolutamente conforme alla giustizia, che i napolitani profittino per loro soli delle idee liberali del tempo, che con enorme contradizione di principio mettano in uso gli stabilimenti nati dalle idee di servaggio a danno della sola Sicilia, e che vogliano osare contro la Nazione Siciliana quello stesso dispotismo, ch’eglino han fatto cessare colle armi alla mano.

12. «La costituzione di Spagna vieta al Re lo smembramento del Regno.»

Risposta

Si rifletta esser questa una petizione di principio, e che mal si misurano i diritti di una Nazione da ciò che forma il soggetto della contesa.

Se la Costituzione Spagnuola è stata domandata da’ soli Napolitani con la illiberalissitua, ed oppressiva intenzione di ridurre ad ultima provincia la Sicilia, la Nazione Siciliana all’incontro desidera e vuole collo spargimento del suo sangue la Costituzione Spagnuola, e la indipendenza dal Regno di Napoli: sarebbe un pretto sofisma il dire ingiusto il voto de’ Siciliani armati, perché il voto dei Napolitani, anch’essi armati, è contrario.

13. «Si hanno dei documenti per dimostrare che il voto della maggior parte dei Siciliani ò quello di essere dipendenti da Napoli.»

Risposta

Serva di disinganno ai Napoletani Ministri il sapere che tutte le popolazioni di Sicilia non possono non desiderare, come col fatto ardentemente desiderano la loro indipendenza ed una esistenza politica nel rango delle nazioni, avendo tutte esternato solennemente questo lor desiderio quando giurarono la costituzione del 1812. Nel fatto poi la Giunta provvisoria di Palermo ha una infinità d'indirizzi di tutti i Comuni del Regno, i quali provano altamente che non vi ha petto Siciliano che non chiuda l'ardente aurore della Indipendenza.

Gl’Intendenti, e pochi uomini ambiziosi che si trovano in carica sono i soli che mossi dal più sordido interesse stan pronti a divenire semprepiù schiavi di chi li paga, 0 di chi li colma di onori.

Il nastro giallo segno sacro di nostra Indipendenza sarebbe ormai in tutti i petti dei Siciliani, perché tutti gridano contro l’enorme oppressione di una Nazione a noi straniera, e che ne fu qualche tempo solo congiunta per la catena dell’antico e comune servaggio, se il Principe dalla Scaletta, e gl’intendenti dei valli tradendo gl’interessi della propria Patria, senza far la causa del Re. non avessero compresso di viva forza lo spirito pubblico, spargendo il terrorismo, minacciando arresti, pene, fucilazioni, e commettendo ogni sorta di violenza. Essi sono che obbligano al silenzio i buoni cittadini, interrompono le comunicazioni d’un paese ad un altro, vietano alle persone di riunirsi, spargono falsi allarmi, e procurano in somma per qualunque mezzo a far sì che non iscoppii il voto nazionale.

Gli Ecc.mi Ministri Napoletani non possono vantare altre carte, se non quelle firmate dagli uomini i più odiosi alle Popolazioni, incapaci ad essere l’organo dilla volontà generale, e carte strappate colla forza fisica e morale.

In somma la pretesa unione delle altre Valli non è che la sola adesione di pochi abitanti ne’ sei Capovalli; tutta la popolazione al contrario delle Capovalli medesime e dei Comuni situati nell'ambito delle Valli, è pronunziata per la indipendenza,ed ha domandato soccorso contro i loro oppressori, i quali ciecamente oppiando, spargono le scintille della guerra Civile, e vogliono il disordine, l’anarchia, la stragge di tutta la intera Nazione.

Farebbero assai meglio questi piccoli tiranni, figli indegni della Patria, di rappresentare al Governo di Napoli la vera posizione di Ile cose, e di abbandonare un posto nel quale non hanno eglino stessi un sol momento di sicurezza, e di pace.

NOTIZIE DELLA RIVOLUZIONE DI GIRGENTI

Relazione di un Palermitano reduce da Girgenti il giorno 13 Agosto 1820.

Pervenuto in Girgenti il Decreto, che il Re prometteva fra otto giorni le basi della Costituzioni: Spagnola, tutti i Cittadini posero al cappello il nastro tricolore; ma i Palermitani che ivi si Levavano, ed alcuni Patrioti della Città, pur troppo convinti, che senza Indipendenza non v’ha ne ricchezza, ne prosperità nazionale, pensarono adottarne il simbolo, adornandosi del nastro giallo. Eran pochi, e quindi fu facile ai Magistrati l’arrestare nel suo nascere questo germe di novità; persuadendo financo ai Palermitani, che il Popolo non l’avrebbe sofferto, e che potevano essere mal sicuri. Si cedette alla forza, che sotto lo specioso nome di amichevole consiglio, imponeva: ma frattanto nell’animo de’ più arditi e veri Cittadini bolliva l’amore della Patria Indipendenza.

A conservare il buon ordine della Città furono armate delle pattuglie civiche di pubblica sicurezza: ma ad onta di tali misure il Popolo negossi al pagamento di qualunque Inizio; e furono vani gli ordini de’ Magistrati, e degli esattori della rendita pubblica.

I Detenuti udito il fermento, tentarono di ricuperare la libertà; un ordine dell’Intendente paralizzò le speranze dì quelli infelici. Essi dalle carceri furono trasportali nelle fosse, ove si racchiude il erano, e qui al numero di 20 tu una sola notte perirono di disperazione, e di aere mefitico.

Mentre l'umanità geme per simili barbarie, trova altronde da consolarsi. L’ordine filantropico del Brigadiere Comandante la forza armata, merita gli encomj di tutti gli nomini da bene. Egli, persuaso che l'ostare ad un Popolo invaso dell’amor di libertà, potea esser fatale non che alla truppa al Popolo stesso, spedì ordine ai soldati pe' forti della marina, di non impedire la gioja de’ Cittadini e di consegnare armi e cannoni, se ii volevano.

Dopo alcuni giorni cominciarono a circolare le notizie degli avvenimenti di Palermo, ma o non si credeano, o pareano esagerate, allorché un Dispaccio Telegrafico da Messina ordinò, che si obbedisse al Principe di Scaletta creato Luogotenente generale dell’Isola, che ii aprisse corrispondenza con Messina, e si prestasse giuramento alla nuova Costituzione del Regno delle due Sicilie. Questo cangiamento di cose non diede più luogo a dubitare degli avvenimenti di Palermo. I Palermitani, ed i Patriotti fremevano mentre tutto il Popolo avvezzo ad ascoltare gli ordini dalla Capitile emanati, ed a seguire l'esempio della medesima, manifestamente fermentava.

I dispacci del Luogotenente e dell’Intendente spediti nella Valle furono in diversi Paesi bruciati fra gli scherni della Popolazione; apprestava materia di riso la nuova Capitale. I Patriotti frattanto Palermitani si radunavano, e cercavano d’ingrandire il loro partito, spiegando al Popolo i vantaggi della Indipendenza.

Una Deputazione di pubblica tranquillità preseduta dall’Intendente Marchese Palermo erasi creata in que’ giorni: essa, dietro un Dispaccio dello Scaletta, in cui ordinava, di cacciare da Girgenti tutti i Palermitani infetti del contagio rivoluzionario, decretò che i non indigeni, 0 non domiciliati giustificassero fra il termine di ventiquattro ore i motivi della loro dimora. I Palermitani furono tutti chiamati dal Giudice del Circondario D. Agostino Lombardo il quale nell’atto d’intimar loro gli ordini della Deputazione protestava contro quella violenza, ed esternava il suo attaccamento alla Patria, ed alla causa comune dell'Indipendenza. Questo bravo Siciliano prolungò di qualche giorno il termine accordato in riguardo agli affari ed agl'interessi d’ognuno.

Finalmente i Palermitani presso a partire, ove nulla tosto si risolvesse, uniti ai Patriotti della Città determinarono di tentare l’ultimo afono, e riuniti in diverse case la sera del ma; tedi otto corrente convennero, che l’indomani alle ore quindeci, tutti mettessero al petto il nastro della Indipendenza. Il Magistrato Municipale, in parte avvisato di ciò che dovea succedere, si riunì di buon ora per provvedere al buon ordine della Città, allorché all’istante prefisso, nella Piazza ed in diversi punti della Città si udirono le voci di viva l’indipendenza, e se ne vide il segno nel petto, i Cittadini tutti animati dai più animosi se ne insignirono; ed il Magistrato Municipale ad esempio della Capitale nominò allo; una Giunta di Pubblica tranquillità e sicurezza.

L'Intendente, il quale non avea potuto arrestare nel suo nascere la foga delle opinioni, spedì un espresso alla nuova Giunta, sommettendo, che se la sua carica, e la sua persona fosse odiosa, egli avrebbe deposto la prima, ed era pronto, per la seconda. ad eseguire ciò che imposto veniagli. La Giunta rispose, che la sua carica era cessata, ma che la Città e tutti i Comuni della Valle attendevano i conti della sua Amministrazione; riguardo poi alla persona, come Marchese Palermo, la Giunta non sapea che consigliargli, e quindi potea dirigersi al nuovo Luogotenente Generale per suo regolamento.

Ad onta di tale risposta, e della ironica chiusura l’odiato Intendente proseguì a starsene in casa, quando il mercordì sera una pattuglia civica informata, che egli non era fuggito, e tutt’ora rimanea in Città, portossi alla di lui casa, e per evitare gl'inconvenienti sempre sinistri che potea produrre la di lui presenza, condottolo alla marina gl’inculcò d’imbarcarsi al più presto possibile.

Era scorso tutto il giovedì, e lo sciagurato, forse lusingandosi di nuovi cangiamenti, non curava di salvarsi con la fuga: il Popolo ne fu avvertito, e corse fremendo ad arrestarlo. Il Convento de'  Cappuccini gli fu destinato per carcere; e quivi attende il meritato destino.

Il Venerdì giorno il Popolo corse à bruciare' i mobili, e le carte della Intendenza, l’officina de’ Registri, la carta bollata, e la casa di un certo Catalisi no antico Delegato, ed uno degli eletti del Sindaco. Limitato a queste sole dimostrazioni d’odio per l'antico regime, il Popolo non si abbandonò ad altri eccessi, e bentosto rientrò nell’ordine.

Girgenti dunque ha riunito i suoi voti a quelli della Capitale, e della maggior parte della Sicilia; la santa voce d’Indipendenza risuona nelle bocche e più forte nel cuore di tutti. Ella ha spedito lettere a questa Capitale, informandola Giunta degli avvenimenti ivi accaduti, e della sua adesione alla buona causa; Ella ha chiesto de’ regolamenti, mentre si affetta a scegliere un Deputato, che nella Giunta della Capitale, la rappresenti.

Notizie uffiziali pervenute alla Giunta dal quartiere generale di S. Cataldo.

Arrivate le truppe dell’Armata dell’Indipendenza Nazionale sotto il Colonnello Comandante Signor Principe di S. Cataldo col vessillo della libertà nelle vicinanze di Caltanissetta furono aperte delle trattative presso i principali di quegli abitanti per ridurli alla buona causa abbracciala dalle numerose popolazioni di questo Regno; e furono adoprati tutti gli sforzi possibili per risparmiare gli orrori della guerra civile, e ridurre quegli abitanti a far causa comune con tutto il resto de’ Siciliani per la indipendenza della Nazione; ma tutto fu inutile, la più cieca ostinazione indurì il cuore di quei forsennati a non desistere dalle ostili misure. Intanto il giorno 11 del corrente agosto 1820 giunsero al quartiere generale di S. Cataldo le altre truppe comandate dal Tenente Colonnello dell’Artiglieria D. Pietro Orlando, e dal Maggiore D. Michele e Capitano D. Rodrico Palmeri Micciché fratelli.

La riunione di queste truppe fece determinare il Comandante in Capo a spedire sotto il giorno 12 una forza imponente per occupare le alture che dominano la Città sulla speranza di scoraggiare quegli abitanti, e riaprire le trattative di conciliazione.

Le nostre Truppe marciarono in due colonne l'avamposto occupò una interessante altura.. Sembro che queste posizioni avessero prodotto il desiato, effetto, poiché si vide spedito da quegli abitanti un Parlamentario per trattare di pace, e sottomettersi alle condizioni. che sarebbero state dettate, per lo che gli evviva di gioja echeggiavano fra le nostre Truppe, ed eran pronte ad abbracciar da fratelli que’ traviati abitanti.

Ma mezz’ora dopo mentre ancora da’ nostri aspettava la risposta alle offerte. proposizioni, senza esser prevenuto della rottura dell’armistizio ma col più nero tradimento, l'avamposto fu attaccato all’improvviso da una forza imponente, e fu. costretto ad abbandonare la sua posizione dopo aver perduto molta della sua gente, e ripiegarsi sopra la. colonna da cui era stato distaccalo.

Perciò da’ comandanti di divisione fu subito ordinato l’attacco del nemico che occupava i altura lasciala da’ nostri. Questi combattenti spiegarono tutto l'entusiasmo di cui e capace un’armata che combatte per la libertà, e per la Indipendenza, eglino ripresero le alture.,rovesciarono il nemico, vendicando coraggiosamente la morte de'  loro fratelli per tradimento trucidati, e così vittoriosamente Si spinsero dentro la Città..

I mali imprescindibili della guerra, che ha cosi tristamente provato Caltanissetta, furono meritati dalla più violenta provocazione.

Si sona altamente distinti il Colonnello Comandante Principe di S. Cataldo nelle disposizioni dell’attacco; il Tenente Colonnello D. Pietro Orlando ha mostralo molto coraggio, ed intelligenza; il Capitano D. Rodrigo Palmeri ha avuto una palla all’arcione della sella, ed un’altra passò per l’ascella destra del cavallo, che egli montava, il Maggiore Palmer; poi ha dato piove di valore, e della sua destrezza nell’arte Militare.

La Giunta nell’atto di colmate di elogi la bravura delle truppe, e de’ suoi Comandanti, ha secondato le generose intenzioni dei medesimi per fare usare dalle nostre truppe verso i vinti quella generosità, che si conviene ad una armata liberale.

Ulteriori dettagli, che informeranno la Giunta di tutti i movimenti dell’azione, e del nome di quei bravi, che si sono più degli altri distinti saranno fatti palesi prontamente come ne riceverà i bollettini officiali.

L’esempio doloroso di Caltanissetta avvertirà tutte le altre popolazioni, che giacciono sotto la influenza del Luogotenente Messinese, che la loro salvezza è quella unicamente di scacciare dal loro seno gli oppressori del voto Nazionale, ed abbracciare la gloriosa cau della Costituzione di Spagna, e della Indipendenza.

Palermo 15 agosto 1820.

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Lettere particolari arrivate sul momento da Calascibetta, ed il Sig. Girolamo Riotta, di la partito il giorno 15, assicurano che in detto giorno alle ore 21 l’intendente Galleo, il. Colonnello Faval con un avanzo di truppa disfatta, ed una moltitudine di Caltanissettesi fuggiaschi eransi pi esentati sotto le mura di Castrogiovanni e precisamente alla porta del Ss. Crocifisso di Papardura, chiedendo ajuti e soccorso; ma quei di Castrogiovanni armati negandogli asilo da una parte, li fornirono generosamente dall’altra di tutto il bisognevole e li congedarono.

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Or che questo Regno Indipendente Siciliano ha fatto conoscere quali uomini $’ abbia e quali risorse ci auguriamo, che i| Governo Napoletano, ricredendosi della falsa opinione, di poterci tiranneggiar con la forza, solo diritto in che si affidava, voglia ora, anzicché borioso minacciarne o soffiar segretamente fra di noi la discordia, cospirare piuttosto alla tranquillità di quest’Isola, sua naturale alleata, per ricavarne di poi più certi ed interessanti vantaggi! Di che sarà forse egli stesso bisognoso indi a poco. Ostinandosi esso nelle ostilità, non procurerebbe a sé che danno e vergogna, ed ai suoi miserabili agenti in Sicilia una certa rovina. Mal ciede, se spera indebolirci con la dissenzione, perché il voto dei Siciliani è uno per l’indipendenza, né da noi si poi tono le armi che contro quei pochi, i quali con le minacce, con gl’inganni, e con la premessa di un impossibile o lontano soccorso fatino divenire in Sicilia non siciliani pochi inconsiderati paesi. Ma già queste prime militari azioni volando a tutti gli estremi dell’isola, avranno a questo momento prodotto nelle poche città dissidenti quel senno, che i proprj vantaggi e l'onore nazionale avrebbe dovuto molto prima loro ispirare.

Palermo 16 Agosto 1820 N. 8

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all''Estensore del Giornale La Fenice.

PROCLAMA

Siciliani.

La Città di Palermo, ed altri duecento Comuni circa, che si sono apertamente pronunziati per la sacra, causa dell'Indipendenza Razionale, per una causa così legittima, così giusta, cosi virtuosa, sono stati posti al duro ci mento di far marnare una un punente forza sopra le Città ribelli comprese ancora dagli In tendenti, e da’ perfidi ordini del Principe di Scaletta.

L’infernale politica di questi mostri traditori della Nazione è stata quella di tenere nel bujo della ignoranza le popolazioni, d’ingannarle con falsità. e calunnie a carico de1 veri ano' della Patria, di armare le loro braccia di sacrilego ferro per tagliare tutte le comunicazioni con Palermo, e ridurlo a perire di carestia, ed a provare gli orrori di una interna strage.

La salvezza del popolo è la suprema legge di ogni stato. Il popolo Palermitano, e quello de’ duecento più grandi Comuni, già uniti alla sacra causa della Indipendenza Nazionale, nello spedire le guerriglie per diversi punti del Regno non hanno invialo che de’ messaggieri di pace, armati però del vindice ferro. per liberare le popolazioni oppresse da’ pochi impiegati, che le comprimono, le allarmano, le atterriscono, e le fanno tuttora comparire nostre nemiche.

Egli è troppo manifesto, che non vi può avere Cittadino così indegno, cosi scellerato, che possa desiderare l’oppressione della sua Patria: pochi mostri ne sono i traditori, ed eglino soli ne debbono piangere la pena.

Siciliani l’esempio delle Città di Caltanissetta, e di Girgenti vi ammaestrino energimmente; non vi è più tempo da perdere: o pace e fratellanza, o guerra e punizione.

La Città di Girgenti si uni volontariamente alla buona causa; non fu sparsa neppure uria goccia di sangue, per far cessare quella esacrabile Intendenza, nella quale un rapace Messinese governava con tutte le armi della cabala e del terrorismo. La Popolazione di Girgenti in un sol momento si ornò de'  nastri gialli, sacro segno della espressione del voto nazionale, che bolle in tutti i cuori. L’Intendente, e l'Intendenza in un solo istante, e fra gli echeggi dell’evviva la Costituzione di Spagna, e la Indipendenza, e fra la pura gioja di quei pacifici abitanti disparvero, e si annientarono.

Già i Girgentìni godono de’ dolci frutti della pace, e della loro gloriosa unione con la Capitale.

Caltanissetta ai contrario governata da un uomo indegno del nome siciliano, da un vile, ed esecrabile braccio del passato, e del nuovo dispotismo, Caltanissetta rifiutò la pace, fu sorda a’ dolci inviti, fu audace a fronte delle minacce, e non avendo che un pugno di uomini armati, osò attaccare la forza nazionale, che vi era marciata con la sola intenzione di liberare, non di distruggere quella Città, di far cessare le autorità ligie al mostro, che governa Messina, non già di trucidare i pacifici abitanti. Anzi nel mentre i Caltanissettesi armati fingevano trattative di pace osarono adoperare il tradimento. Sciagurata Caltanisetta! non hai voluto pace, hai avuto guerra, non volesti accettare i nostri soldati da fratelli, l’hai sperimentati da nemici, tu più non sarai qual eri, e le future generazioni additeranno nelle tue rovine il giusto castigo, che merita il tradimento contro la Patria!

Siciliani degli altri comuni, profittate di questo tristo esempio, accettate la pace che vi si offre, riguardate in noi de’ veri figli di Sicilia, che combattiamo per lo più sacro dei nostri dritti, abbraccia tee come fratelli, e voi sarete a parte delle glorie, e de’ vantaggi, che va ad acquistarsi la nostra Nazione; marciate a discacciare da ogni dove i mostri, che sono già confinati negli estremi lidi dell’isola, facciamo una solo volontà, un solo voto. e sarem felici. Guai a quei perfidi, che s’indureranno nella loro scellerata ostinazione!

Seduta del giorno 3 agosto

AVVISO

L’elezione del Giudice Civile, Criminale, Capo provvisorio1 di pubblica sicurezza, Maestri Notari Civili, e Criminali ai termini dell’articolo quinto parte prima del Decreto per l’andamento del potere Giudiziario, si farà dalle Giunte Provvisorie di ogni Comune col consenso dei Consoli delle arti, de’ Capi di altre Corporazioni, e Ceti, ed in mancanza di questi col consenso delle primarie, ed onesta persone del Comune stesso; avendo sempre riguardo agli attuali impiegati giusta l’articolo sesto del Decreto suddito.

Palermo 3 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 4 agosto

AVVISO

Avendo il Capitan Generale Cavaliere D. Emmanuele Requisens Comandante Generale delle Armi fatto conoscere il bisogno di stabilirsi il servizio della Piazza in questa Capitale per lo buono, e celere andamento degli affari, la Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso dei Consoli è venuta ad approvare il piano organico, e nominativo pella detta Piazza, ed ha risoluto, che vi siano i seguenti lndividui.

ll Generale Comandante la Piazza.

Un Maggiore che porta il dettaglio.

Quattro Ajutanti Maggiori Capitani.

Due Ajutanti Maggiori Tenenti.

Due Segretari per la Comandanzia, e Maggioria.

Due Ajutanti dei Segretari suddetti.

Ha determinato pure la Giunta, che la Comandanzia, e Maggioria di Piazza siano situate nelle stanze sopra la Granguardia destinate finora al medesimo oggetto.

Indi la Giunta stessa col consenso dei Consoli ha nominato pei suddetti impieghi li seguenti soggetti.


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Comandante la Piazza

Generale D. Vincenzo Coglitore

Maggiore di dettaglio

Ten. Col. D. Giuseppe Melendez.

Ajutanti Maggiori

Capitani

D. Antonino Genova

D. Placido Scardamaglia

D Andrea del Campo

D. Vincenzo Pecora

Ajutanti Maggiori

Tenenti

Tenente D. Benedetto Foker.

Tenente D. Federico Morfino

Due Segretari,

Tenente D. Giuseppe Romano

D. Benedetto Librini

Due Ajutanti Segretari

D. Pietro di Giorgia

Altro a scelta del Comandante

Palermo li 4 Agosto 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, a tranquillità col consenso da’ Consoli ha risoluto, che a tutti coloro, che presenteranno al Comandiate della Marina Signor Cavaliere Valguarnera attrezzi riguardanti armamento di Legni, d’arme di qualunque sorta sia corrisposto un premio del dieci per cento sul valore degli attrezzi, ed arme medesime. Vuole la Giunta suddetta che tale determinazione si pubblichi con avviso in istampa per farsi a tutti palese.

Palermo 4 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 5 agosto 1810.

AVVISO

ll Capitan Generale delle armi conoscendo la necessità di dove si montare tutta quella quantità di fucili, che fosse stata necessari, i Reggimenti, che già vanno ad organizzarsi, avea destinato la Sala d'Armi della fonderia, incaricando alcuni individui per eseguire tale operazione, ma siccome dai rapporti ricevuti è stato informato, che non poca quantità di persone è occorsa in quel luogo per farsi accomodare i particolari fucili, e ciò in svantaggio della Nazione, per i maestri di detta sala occupati alle accomodature suddette hanno dovuto trascurare la montatura dei fucili necessari per l'armamento dei Reggimenti, ha stabilito perciò il Comandante Generale suddetto, che se qualche individuo di già arrollato ha di bisogno, che fosse accomodato il suo fucile dovrà dirigersi agli Armieri del Reggimenti, non già a quelli destinati per la montatura per così continuare senza interruzione alcuna la montatura dei fucili di munizione tanto necessaria, e premurosa nelle attuali circostanze, affinché possano mettersi sulle armi al più presto possibile i Reggimenti che vanno ad organizzarsi.

Palermo 5 agosto, 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Restano prevenuti tutti coloro che aspirano ad impieghi nel Reggimento di Artiglieria a presentarsi d'ordine di S. E il Capitan Generale nei quartiere sito dentro il Convento di S. Agostino pel giorno 7 agosto alle ore 13 d'Italia, ove si troverà una Giunta eretta da detto Eccellentissimo Sig. Capitano Generale e composta dal Sig Direttore di Artiglieria Colonnello Peranni, dal Tenente Colonnello Orlando, e Capitano Mortellaro, per esaminare le qualità, e le cognizioni necessarie degli aspiranti, e proporsi in seguito gli impieghi corrispondenti alla rispettiva esperità del concorrenti.

Come pure restano prevenuti tutti gli artiglieri littorali che vorranno essere ammessi in detto Reggimento a presentarsi pel detto giorno pure in detto locale.

Palermo 5 agosto 1820.

Requirens

AVVISO

In data de’ 4 agosto la Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità per l’infrascritto decreto.

Fatto presente alla Giunta Provvisoria del Capitano Ex-Console D. Cesare Santoro che un benemerito Cittadino voleva sborsare alla Nazione once tremila per occorrere agli attuali pressantissimi bisogni dello Stato, a condizione di obbligarsi la Giunta a nome della Dazione per lo rimborso di dette once tremila al tempo che sarà convenuto, la Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso di timi i Consoli ha risoluto, che il Comitato delta Finanze resti autorizzato a riceversi detto sborso con obbligazione a nome della Nazione per la restituzione dello stesso con quei frutti, e nei tempi che si potrà convenire da detto Comitato. Pigliando poi la stessa Giunta nella più savia considerazione il bisogno urgente del denaro necessario per occorrere a tutti l’indispensabili bisogni dello Stato, ed essendo intimamente persuasa che ogni buon Cittadino concorresse con tutti i mezzi al bisogno della causa comune, in vigore del presente decreto col consenso di tutti i Consoli autorizza lo stesso Comitato delle Finanze di prendere a mutuo, o a cambio come meglio potrà convenire tutte quelle somme che potrà, obbligandosi a nome della Nazione alla restituzione delle stesse, e suoi frutti nel modo, e tempi che saranno per stabilirsi dal Comitato stesso.

Palermo li 4 agosto 1820

Firmato=Bonanno Cancelliere.

In seguilo radunatosi il Comitato delle Finanze ha destinato il Barone Fucilino, il Barone Battifora, e D. Santo Orlando Cipolla per eccitare il patriottismo di tutt’i buoni Cittadini, che vogliano prestarsi a questi mutui imprescindibili, nel|e attuali circostanze, restando i mutuanti sicuri, che saranno loro pagati i legittimi frutti, e restituite le somme da loro mutuate Sotto la garanzia della Giunta suddetta.

Palermo 5 agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 6 agosto 1820

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità, unitamente ai Rappresentanti dei Comuni del Regno col consenso dei Consoli, ha risoluto, che si faccia un attestato di ringraziamento ai membri della Deputazione che con tanto zelo, ed attività si conferirono in Trapani, per trattare con quella Città la causa comune della Indipendenza Nazionale. Quindi ha disposto, che ciò si seguisca da S. E. il Sig. Principe di Villafranca, Presidente di suddetta Giunta, con particolare officio diretto a ciascun di loro, e che il presente decreto si pubblichi colle stampe.

Palermo 6 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso de'  Consoli, e i Rappresentanti dei Comuni del Regno ha decretato che si pubblichi avviso in istampa, onde far noto al pubblico, che tutti coloro, che hanno in potere le generi di casermaggio appartenenti alla disciolta armata, debbono consegnarli nel termine di giorno otto al Comitato a tal uopo eretto, e che si raduna nel Chiostro di S. Francesco d'Assisi, di cui riceveranno un premio dal dieci per cento sul valore degli utensili medesimi quale termine scorso, e non adempito la consegna, i controvventori al presente decreto siano puniti colle pene alla Giunta medesima previste.

Palermo 6 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità col consenso dei Consoli e dei Rappresentanti degli altri Comuni a proposta del benemerito Cittadino Capitano D. Carlo Leone, ha risoluto di farsi noto al Pubblico per via dell’affisso in istampa, che tutti quelli i quali hanno pretensione di gradi militari giurino pria di allistarsi per marciare, ove il bisogno esigerà alla difesa della Indipendenza Nazionale, per quindi a misura del rispettivo loro coraggio, e dei servizi che renderanno alla Nazione, ottenere dalla Giunta la competente distinzione d'onore.

Palermo 6 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 9 agosto 1820.

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità, col consenso dei Consoli, e dei rappresentanti degli altri Comuni, si crede in dovere di far noto a questo rispettabile Pubblico, ch le notizie recate da Napoli dal benemerito Cittadino Sig. Tortorici uno dei Deputati destinati per la missione in quella Città non portano ad una assoluta rottura. E se ci assicurano, che il Governo di Napoli è disposto d aprir delle trattative con Palermo, ed anche di accordargli lusinghevoli prerogative, e privilegi. Esse escludono solamente la tanto da tutti desiderata la li pendenza sul pretesto di non poterla accordare, perchè si oppone a ciò, che fu disposto dal trattato di Vienna, e che potrebbe incontrar l'ostacolo delle Potenze Estere.

La Giunta Provvisoria unitamente ai Consoli ed ai Rappresentanti degli altri Comuni costante sempre nei suoi principi, e di non cedere a qualunque siasi costo alla Nazionale la dipendenza non ha lasciato di rispondere alle proposte del Governo di Napoli con quelli fermezza, e dignità, che si conviene ad una Popolazione libera, coraggiosa, e risoluta di rischi e tutto piuttosto, che sagrificare i suoi sacri, ed in prescrittibili diritti. Intanto non lascia la Giunta di avvertire i buoni Cittadini di Palermo, ed i ben me riti Consoli ancora, perchè stesse ognuno al suo posto, proseguisse i suoi giornalieri travagli, e conservasse infine quel buon ordine, e quella tranquillità pubblica, senza la quale sarebbero inutili tutti i suoi sforzi, ne potrebbe opporsi una efficace resistenza.

Si augura la Giunta tutto il buon effetto delle sue insinuazioni da un Popolo pacifico, libero, e generoso, e con immensa fiducia continuare i suoi lavori per la difesa della Patria, e della sua Indipendenza.

Palermo 9 agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Per soddisfare le ricerche del Pubblico sul ritorno da Napoli del solo Ex Console D. Mercurio Tortorici uno dei Deputati ivi spediti, la Giunta Provvisoria fa noto, che non avendosi potuto ottenere, che una piccola buca, nessun albo, che il riferito Signor Tortorici, come pratico della navigazione avrebbe potuto azzardare in viaggio sulla medesima.

Per altro pi eseguendo ancora le trattative col Governo di Napoli, e dovendo subito ritornare il detto Signor Tortorici per portare le nuove riposte della, Giunta Provvisoria, sarebbe stato inutile l’esporre ad Un nuovo viaggio gli altri benemeriti nostri Concittadini destinati a quella missione, e doverla continuare dopo li riscontri di questa Giunta Provvisoria.

Palermo 9 agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Promozione fatta da S. E. Signor Comandante Generale Interino Signor Principe di Villafranca per i Capi de'  Battaglioni della guardia d’interna sicurezza, e suoi Subborghi, presentati, ed approvata dalla Giunta Provvisoria, dai Consoli, e dai Rappresentanti dei Comuni del Regno con Decreto d’oggi.

QUARTIERI SEZIONI CAPI COMANDANTI Di BATTAGLIONI

QUARTIERI SEZIONI CAPI COMANDANTI Dl BATTAGLIONI
I. KALZA

1. S. Francesco

2. S. Carlo

3. Montesanto

4. Scalzi

Il Sig. Colonnello Principe di Resuttana

Il Signor Conte di Adernò

Il Signor Duca di Villafiorita

Il Signor Duca di Gela

II. S. GIACOMO

1. S. Domenico

3. Olivella

3. La Catena

4. S. Pietro Martire

Il Signor Marchesino di Raddusa

Il Signor Colonnello D. Ignazio Lanza Conte Semmorino

Il Sig. Cav. D. Ant. Tommaasi dei Principi di Lampedusa

Il Signor Duca di Pietracagliata Alliata

III. CAPO

1. Scuole pie

2. S. Gregorio

3. Collegio Nuovo

4- Spirito Santo

Il Signor Marchese di Villalba

Il Signor Marchese di S. Isidoro

Il Signor Principe di Montevago

Il Signor Principe di Belmonte, e per ora in sua assenza prenderà a farne le funzioni, il Tenente Colonnello, o primo Maggiore.

IV. ALBERGARIA

1. Carmine

2. Teatini

3. Casa professa

4. Benedittini Bîanchi

Il Cavaliere D. Errigo Bosco dei Principi di Belvedere

Il Signor Marchese di Gallidoro

Il Signor Principino di Altomonte

Il Cavaliere D. Salvatore Papè de1 Principi di Vallina

SOBBORGHI
1. QUARTIERE S. Francesco di Paola Il Signor Cavaliere D. Salvatore Notarbartolo dei Duchi di Villarosa
2. QUARTIERE S. Antonino Il Signor D. Salvatore Ventimiglia Principe di Grammonte.

I primi Maggiori della Guardia di sicurezza si sceglieranno tra stati si osserverà quanto è stato stabilito nel piano all’articolo 12 pagaie si affisseranno le note rispettive.

Palermo 10 Agosto 1820

Bonanno Cancelliere

Palermo 18 Agosto 1820 N. 9

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all''Estensore del Giornale La Fenice.


 

NOTIZIE INTERNE

CONSOLATO GENERALE AUSTRIACO

NEL REGNO DELLA SICILIA ED ISOLE ADIACENTI

Sotto data di jeri, fu pubblicato un manifesto dall’Eccellentissima Giunta provvisoria alla publica sicurezza e tranquillità, col quale s’inculca alla popolazione lo rispetto dovuto ai Consoli rappresentanti le Nazioni Estere, e di non offenderli, o perturbarli, sotto le pene benviste ad una Commissione Speciale, a scarno di un compromesso fra le medesime e la Sicilia.

Il sottosegnato Barone Massimiliano Novatzky de'  Anckerau, tanto come Console Generale d’Austria, che come incaricato alle funzioni Consolari di quelle Potenze Principati e Città libere componenti la Confederazione Germanica, non avente proprio Console in questa, e dei Ducati di Toscana, Parma, Modena Lunigiana, e Carrara, facendosi carico della ordinanza che siegue, priega S. E. Sig. Principe di Villafranca Presidente della Giunta sullodata di benignarsi far conoscere alla medesima riunita in consesso, d'esserle stati di sommo suo gradimento, e che tale disposizione con piacere anderà ad umiliarla tantosto a suoi Governi per la debita lode ed ammirazione.

Ed abbenché nelle passate ed attuali circostanze cioè dal giorno 16 passato luglio verso questa parte, diversi mali intenzionati avessero ancor allo scrivente suggerito di abbassare le armi e parlare con poca dignità del suo Augusto Padrone e Sovrano ed Alleati, conoscendo lo scopo di si puerilissimi perturbatori e sussurratori delle società ed ordine pubblico; pur nondimeno è nel preciso dovere il sottoscritto di far palese, e manifesta la di lui gratitudine ed ani minzione, non solo con alcuni Capi Maestri Falegnami, e Barbieri, che in corpo sortosi gratuitamente offerti per custodia della Gasa Consolare, e di averlo accompagnato più volte per la Città; ma si bene di dar lode ai Consoli della Conceria li quali hanno senza saputa dello scrivente soccorso con denaro, e con generi nei giorni 17 e 18 suddetto luglio diversi sudditi Artigiani Modanesi, Lombardi, Bavari, e Austriaci nel momento che per mancanza di lavoro non aveano di che sussistere.

Questi atti di generosità e di sopraffina attenzione distinguono le rilucenti qualità morali, e civili di questo ben educato Popolo, incapaci ad essere oscurati dai cattivi maneggi di pochi male intenzionati, ed inonesti cittadini.

L’indelebile gratitudine dello Scrivente lo mette nell'obbligo di pubblicarla in faccia di tutta la Sicilia, e di promulgarla altrove. Mentre con sentimenti di verace rispetto ed ossequio ha l’onore di raffermarsi.

Palermo li 11 agosto 1820.

Console Generale

Barone Novatzky.

Continuazione della Seduta del giorno 10 Agosto 1820.

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità onde prevenire un grandissimo inconveniente, che potrebbe accadere per ignoranza, quello vale a dire di non rispettare le armi, le case, e le persone de’ Consoli, Agenti, o altri incaricali delle Potenze Estere, che per diritto delle Genti sono sacre, ciò che potrebbe comprometterci con i loro rispettivi Sovrani, e turbare la buon’armonia con dette Potenze Estere, d’onde potrebbero nascere delle funeste conseguenze per tutto questo Regno, col consenso de'  Consoli ha risoluto, che qualunque persona di qualsisia condizione ardisse offendere le armi, le case, e le persone dei Consoli dell’Estere Nazioni fosse punito col massimo rigore, e senza alcuna formalità giudiziaria dalla Commissione tale oggetto eletta dalla Giunta con decreto de’…… Agosto corrente.

E perché nessuno potea allegare ignoranza di questa disposizione tanto necessaria, ed indispensabile pella salute della nostra Patria vuole la Giunta, che il presente decreto fosse immediatamente pubblicato colle stampe.

Palermo 10 agosto 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Dopo che l’Ex-console Capitano D. Mercurio Tortorici, che fu spedito dalla Giunta provvisoria unitamente ai Consoli con una Deputazione in Napoli per garentire i diritti della Sicilia: dopoché lo stesso Tortorici rischiando fa sua vita egli solo giunse felicemente in questa per Tee rei locché si pretende dal Governo di Napoli, non volendo gli altri Deputati venire per essere un piccolo legno stato destinato ad un tal viaggio; la Giunta con i Consoli tutti è rimasta dispiaciuta del falso allarme vociferatoti per via di alcuni malintenzionati, che pubblicato di esser giunto in Palermo il Tortorici all’oggetto di recarsi in Nippli, ed imbarcarsi culla intera sua famiglia.

La Giunta intanto avverte il Pubblico, che questo buon Cittadino torna nuovamente in Napoli portando con se 1e risposte della Giunta Provvisoria tendenti tutte a sostenere sempreppiù la nazionale Indipendenza per cui il detto di Tortorici merita gli applausi, e la riconoscenza non solo, della Giunta Provvisoria, dei Consoli, e dei Rappresentanti dei Comuni del Regno, ma ben auro della Nazione tutta.

Palermo 10 agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 11 Agosto 1820

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità, vegliando sempre più ad assicurare la felice riuscita del servizio della Nazione, invita tutti i buoni Cittadini a dimostrare il di loro vivo zelo per la Patria nel consegnare le Armi, e gli arnesi dispersi del disciolto Reggimento de’ Cavalleggieri; ed inoltre per tutti coloro, che ne anderanno ad eseguire la consegna presso il Capitano D. Salvadore Schiavo nella Conceria, promette la riferita Giunta un premio proporzionato all’oggetto, e condizione di ciò che sarà consegnato.

Palermo 11. Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso de1 Consoli, e dei Rappresentanti degli altri Comuni del Regno, ha risoluto che la casa del Signor Principe di Linguagrossa posta al Borgo, ove abitava l’Ex Luogotenente Naselli, resti affidata alla custodia di D. Carlo Arcidiacono: che Francesco di Trapani Caposquadra del sudetto di Arcidiacono, incaricato a tale oggetto, appronti quella forza armata che sarà bisognevole, tutte le volle che la suddetta casa venisse da qualcheduno molestata.

Palermo 11 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso dei Consoli, e dei Rappresentanti degli altri Comuni, mila seduta dei dieci, è venuta ad ammirare la lodevole condotta di Maestro Menico Medaglia di Petralia Soprana il quale privato di un suo Cavallo, con sella, e freno, ed un pajo di bertele piene di generi da Maestro Antonino Laudicina Ferrajo partito per Caltanisetta ha esternato di contentarsi d'averlo restituito, semprecché ritornasse da Caltanisetta; in caso diverso ha dichiaralo di volerne consecrare la perdita per amor della Nazione. Vuole perciò la riferita Giunta, che il Console dei Ferrai Capuano D. Vito Pagliari resti incaricalo acciò ritornando dal suo destino il mentovato di Laudicina, faccia allo stesso una forte riprenzione per la libertà che i è data a valersi senza ordini superiori della robba altrui, e nel tempo stesso disponga, che la domanda del suddetto benemerito Maestro Domenico Medaglia abbia il dovuto effetto; ha risoluto inoltre la Giunta suddetta, che il presente decreto si renda noto al pubblico per via di questo avviso.

Palermo 11 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere.

Seduta del giorno 12 Agosto 1820

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso de’ Consoli, e dei Rappresentanti degli altri Comuni del Regno, ha risoluto di farsi avviso in stampa, con cui si dice, che qualunque marinaro depositerà nelle mani del Comandante della Marina fucili, e sciable appartenenti alla disciolta armata, otterrà il premio di tari quindeci per ciascun fucile, e tari sei per ogni sciabola.

Palermo 12 agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso de’ Consoli ha determinato, che tutti coloro, che hanno due impieghi pubblici per ora non debbano percepire, che unico soldo, dovendosi ciascun buon Cittadino persuadere, che devono farsi de’ necessarj sacrifizj nelle attuali urgenzo della Patria.

Ad,evitare tanti altri disordini, che la circostanza attuale apporta ha insieme determinato la Giunta col consenso de’ Consoli, che tutti i Capi di Ufficine Nazionali sì politiche, che militari, e precisamente la Tesoreria Generale presentino una nota di tutti gl’Impiegati attuali a soldo colla prassi ma sollecitudine al Comitato delle Finanze, perché i Componenti la esaminassero, e dassero le provvidenze analoghe al presente decreto, ed occorrendo, propongano gli espedienti, che credono giusti adottarsi dalla Giunta per servire di norma al Cancelliere ne’ futuri pagamenti.

Palermo 12 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 13 Agosto 1820

AVVISO

Si previene il pubblico, che non si ricevono più Suppliche di coloro, che domandano essere ammessi Deità Compagnia degli Alabardieri, essendo completalo il numero degli stessi.

Palermo 13 agosto 1820.

Villafranca Presidente.

Seduta del giorno 14 Agosto 1820

AVVISO

Si previene il pubblico, che tutti coloro, i quali hanno in potere delle Alabarde, le portino subito a S. E. Sig. Principe di Calò Comandante degli Alabardieri, da cui riceveranno un premio di tari quindici per ogni Alabarda.

Palermo 14 Agosto 1820

Bonanno Cancelliere.

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità, i Deputati, i Collaboratori, i Rappresentanti di tutti gli altri Comuni, gli onorati Consoli delle Maestranze hanno per acclamazione riseduto, che nessuno dei componenti essa Giunta, né i Rappresentami degli altri Comuni presenti, che perverrà uno in appresso né gli onorati Consoli domandino cariche, impieghi, o qualunque altra incombenza di lucro, e qualora l’avessero ottenuto, vi rinunziassero.

Dichiarano all’incontro, che sono tutti pronti a sacrificare le loro sostanze, e la lotto vita in vantaggio della Nazione, e che intendono impiegare le loro fatiche, e sudori con cieco attaccamento alla patria, e col massimo disinteresse.

Dichiarano inoltre che lo scopo unico di tutti i loro sforzi è lo stabilimento della Indipendenza nazionale, della Costituzione di Spagna, dell’unanimità di i tutti i Siciliani alla comune causa, del buon ordine, e pubblica tranquillità ordinano che il presente decreto sia pubblicato colle stampe, e che si renda noto a tutte le popolazioni di Sicilia.

Palermo 4 agosto 182.0.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Avendo S. E. il Principe di Villafranca, Comandante Generale della Guardia di sicurezza, preso conto dello allistamento che ne’ quartieri designati, si è finoggi effettuito; ha trovato il corrispondente il numero degli allistati a quello che promette In popolazione dr questa Città. Essendosi quindi. riflettuto, che ciò può attribuirsi a due cagioni, cioè all’angustia del tempo in cui l’allistamento è seguito ed a qualche equivoco nella interpretazione delle classi indicate per la formazione della guardia di sicurezza; si è risolato di emettere, e pubblicare le seguenti dichiarazioni.

1. Nelle classi delle maestranze vanno compresi i Capimaestri Falegnami, e Muratori; ed eziandio tutti coloro, che prendono degli appalti relativi alle arti suddette tuttocchè non abbiano botteghe.

2. Non sono esclusi d|lo allistamento tutt’i Misuratori e Sensali paternali.

3. Vi son compresi gli Stampatori, i Librai, i Caffettieri, e tutte le persone insomma ch'esercitano onorato mestiere.

Sarà intanto prorogalo ad altri tre giorni il termine per l’allistamento, da cominciare da mercoledì 16, e che verrà improrogabilmente chiuso nel dì 18 del corrente. Prevenendosi il pubblico, che in questi tre giorni la Commissione sarà riunito negli stessi Capoluoghi, la sola mattina sino due ore dopo mezzo giorno.

Palermo 14 Agosto 1820.

Villafranca Presidente

AVVISO

Con sommo suo rincrescimento ha osservatola Giunta provvisoria che una sinistra interpretazione data al Decreto de’ 12 Agosto 1820 relativamente al pagamento dei soldi degli impiegati così politici che militari ha fatto nascere il doppio, che il decreto suddetto malgrado la chiara, e literale intelligenza dello stesso avesse sanzionato il sistema generale dell’unicità degl’impieghi, locché non fu mai nell’intenzione della Giunta, e molto meno del. Benemerito Collaboratore Signor Tamajo, che provocò il decreto suddetto, ed era per altro fuori delle sue attribuzioni. d evitare quindi la sinistra intelligenza, che un errore malinteso ha dato al decreto di cui si tratta, la Giunta Provvisoria col consenso de’ Consoli, e de’ Rappresentanti degli altri Comuni del Regno dichiara al Pubblico, che il Decreto suddetto non ha assolutamente stabilito il sistema dell’Unicità degl’Impieghi, mi prescrisse soltanto provvisoriamente il pagamento di unico soldo sul riflesso, che nelle attuali urgenti circostanze delle nostre Finanze vi fosse luogo a dare da vivere a tutti, avendosi riguardo nei rispettivi mandati alla qualità de’ rispettivi soldi, ed al bisogni peculiari dei rispettivi Uffiziali, ed ordina, che il presente Decreto si dasse subito alle stampe.

Palermo 14 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 16 Agosto 1820.

AVVISO

Pervenuto a notizia della Giunta,Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità, che sotto pretesto di esservi, corrose le impronte nelle monete di corso venghino da’ Venditori rifiutate, e riconoscendo quanto ciò riesca pregiudizievole, e d’incaglio alle interno commercio ha risoluto, col consenso de’ Consoli, de’ Rappresentanti degli altri Comuni dei Regno di fare il presento Manifesto, per mezzo del quale, resti ciascuno prevenuto, che non si possono rifiutare le mende di corso stabilite dall’ultime Leggi, le di sui impronte sono in parte visibili.

Palermo 16 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

ELENCO DE’ COMITATI ELETTI DALLA GIUNTA PROVVISORIA

DI PUBBLICA SICUREZZA E TRANQUILLITÀ

Comitato per descrivere tutto ciò che accade in Palermo

Il Signor Marchese Raddusa

Signor D. Ignazio Scimonelli

Signor D. Antonino Torretta

Capitano D. Cesare Santoro Capitano Console de’ Caldera), e per esso il Patre Emmanuele Estavi.

Comitato per ricevere i reclami del Regno

Signor D. Salvatore Batolo

Capitano Console D. Nicolò D’oca.

Comitato per le Finanze

Signor Ministro Cancelliere D. Gaetano Bonanno

Signor D. Salvatore Ognibene

Signor D. Stefano Tamajo

Il Console de’ Sellaj D. Giuseppe Fiorelli.

Comitato per i Siti Reali.

Signor Duca della Feria

D. Gaetano Leone

Console D. Carlo Tomminello.

Comitato pella scarcerazione de'  Militari che nonebbero parte nell’azione de'  17 Luglio

Signor Marchese Gallidoro

Colonnello Vaglica

D. Carlo Leone

D. Cesare Santoro

D. Giuseppe de'  Francisci

D. Santo li Calsi

D. Salvatore Oliveri

D. Natale Naso

D. Salvatore Santoro.

Comitato per la lettura della Posta

Signor Parroco Mannino

Signor Barone Pasciuta

Signor Console Crocino

Comitato per suddividere i ricorsi, e passarli ai Comitati rispettivi.


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Signor D. Giuseppe Tortorici

Signor Barone D. Pietro Pisani

Signor D. Andrea Manganaro

Uffiziali Capi di Ripartimento

Comitato per le famiglie de'  morti} e feriti.

D. Andiea Rubino

D. Santo li Calsi

D. Pietro Tortorici.

Comitato pella corrispondenza col Regno.

Signor Marchese Villalba

Signor Abbate D. Francesco Paolo Nascè

Dottor D. Filippo Foderi

D. Giuseppe Petrucci.

Comitato pella ricuperazione degli oggetti di caserme

Signor Duca di Villafiorita

Capitano Console di Mezzani

I Consiglieri di detta Maestranza

Ex-console D. Gaetano Faija.

Comitato per il pane de'  detenuti

Signor Principe della Trabia

Console dei Sellaj

Il Console de’ Calderai.

Comitato per soccorrere le famiglie de'  Militari detenuti

Cavaliere D. Giuseppe Stella

Console D. Andrea Montalto

Console D. Vito Cagliari.

Comitato per la ricerca dello bestiame bovino.

D. Cesare Santoro

D. Natale Naso

D. Antonino Pericò.

Comitato per le contribuzioni volontarie

per sovvenire le famiglie de'  morti, e feriti

Canonico Coglitore

Padre D. Michelangelo Aceto

Il Console Rubino

Il Console de'  Francisci

Comitato per procurare un locale più adatto per i pazzi

Signor Principe di Pandolfiua

D. Carlo Tummitiello

D. Vito Cagliari

D. Gaspare Cannata.

Nota bene. Non si è tuttora eletto il Comitato per i conti, che dovranno dare le Maestranze, del danaro presosi dal Banco.


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FOGLIO ESTRAORDINARIO

Palermo 19 Agosto 1820 N. 7

GIORNALE

LA FENICE

NOTIZIE INTERNE

RAPPORTO DELLA BATTAGLIA DI MONTE BALAURRA E PRESA DI CALTANISSETTA

La mattina del giorno 11 corrente agosto un distaccamento dì circa xx100 nomini Marianapolitani e Villalbesi un ita incute a pochi, di S. Cataldo’ ardenti d'indipendenza e libertà, senza misurare il pericolo, e la, disuguaglianza del numero, e della posizione vantaggiosa dei nemico, attaccarono l’importantissimo posto della Montagna di Babbanrra ae mezzo miglio da S. Cataldo, e dopo molte prove di straordinario valore giunsero a cacciare i Caltanissettesi, i quali conoscendo il vantaggio di quella posizione, procuravano a tutta forza di mantenerla. Il Col. Comandante Principe di S. Cataldo conoscendo l’importanza di quell’acquisto si diè premura di conservarlo, ponendovi a guardia circa a 200 nomini, fra i quali quei prodi medesimi ch’erano stati i primi ad adontare il pericolo. La sera dello stesso giorno giunta la forza del Tenente' Coli Orlando e del Maggiore D. Michele Palmieri si provvide alla fortificazione del paese di S. Cataldo stabilito allora per quartier generale dell’armata nazionale; e per quanto l'ardire bellicoso di tutti i circonvicini parsi desse aggio all’ingrandimento del numero di quella armata, pure dagli Uffiziali Comandanti non si dispose dippiù di 800 uomini, forza creduta sufficiente alla riuscita di quell’impresa.

Circa un’ora dopo il sorgere del sole del giorno 12, quei di Caltanissetta spedirono a parlamentare il Padre Reggente Anzalone Domenicano, al quale imposero le due seguenti condizioni, primo che fossero dati a discrezione nel caso di quel giorno medesimo l’Intendente Gallego, il Presidente Tomminelli, ed il Tenente Col. Chitardi, istigatori di quella rivolta. Si era chiesto lo stesso dalla persona di Benintendi, ma questi come più macchiato di colpe esecrande erasi prima fuggito. 2, che dassero nel termine sudetto la somma di 0ncie 20000, la quale fu anche poi ridotta a 16000. Stavano per distendersi questi articoli. preliminari ai quali annuiva il Parlamentario, quando quei di Caltanissetta mancando ad ogni legge dì civilizzazione, e di guerra con esempio straordinario di perfidia, forti di 400 e più uomini attaccarono furiosamente alla sprovvista il monte Babaurra, e forzarono quell’avamposto ad abbandonare la sua posizione dopo di aver fatto i maggiori possibili sforzi per sostenerlo. Fu in quest’azione che il Cap. D. Rodrigo Palmeri spedito colà dal Comandante Principe di Sancataldo per riordinare ed animare alla difesa quei bravi, ricevé una palla all’arcione della sella, ed ebbe ferito alla spalla con un alita il cavallo, ad onta di che se non potè riuscite a conservare quel posto fece si che si effettuasse una ritirata in ordine con pochissimo danno dei suoi.

Al certo annunzio di quel tradimento inaspettato il furore giusto dell'armata stava per rivolgersi sopra del Parlamentario Anzalone ma la liberalità, ed il coraggio del Tenente Colonnello Orlando, del Maggiore Palmeri e dei Sig. D. Francesco, Dichiara giunsero dopo molta fatica a liberai lo dall'imminente pericolo. Frattanto l’intelligentissimo Tenente Colonnello Orlando si avanzava postando l'artiglieria di rincontro a Babaurra: ed avanzò due altri pezzi i quali pigliando in fianco i primi due cannoni lì teneva difesi da ogni aggressione ed attacco; mentre il Maggiore Palmeri riuniva, ed animava i più arditi a circondare il monte Babaurra, e prendevo di viva forza. Indi a poco alcuni tiri di cannone felicemente puntati diretti dal bravo e sperimentato Tenente Volpe facendo perdere molta gente al nemico lo determinarono alla foga; e così venne quel posto nuovamente preso dai nostri, i quali erano già presso a superarlo, avendolo attaccato più da vicino. Ripresa questa forte posizione l'armata fu divisa in due colonne: l'una comandata dal 1ardimentoso Capitano Palmeri, e preceduta dall’artiglieria diretta dal non mai lodato abbastanza Tenente Colonnello Orlando mosse per la stia la che da Sancataldo mena a Caltanissetta, e l’altra comandata dall'infaticabile Maggiore Palmeti si portava per le alture, guadagnando pria circa alle ore 12. la collina di S. Elia, e li la a mezz’ora la Casa dei Benedettini sulla Collina di S. Flavia; posizione fortissima, che domina tutta Caltanissetta. Si distinsero sopra tutti io questa operazione alcuni prodi della Piana dei Greci, di Corleone, e della Bagheria. Nel mentre si operavano queste marce vittoriose il Signor D. Vincenzo Marchesano con una truppa di valenti, ed agguerriti Montemaggionesi impedivano con molto coraggio e previdenza,.che non venisse l'armata dal nemico molestata ai fianchi, ed alle spalle. Qui i Caltanissettesi, vedendosi respinti vigorosamente da tutte le forti posizioni, non cercarono altro scampo che lolla foga, menocché pochi dei più ardimentosi, e feroci i quali tentarono opporre una qualche resistenza in Città. Ma prima di tutti fiancheggiati dai valorosissimi e disciplinati Greci, Salvadore Noto D. Francesco Dichiara, e Giacinto Lamattina ebbero il coraggio, coronato poi da un esitò felicissimo, di entrare in Caltanissetta mentre ancora si facea da quelli affascinati cittadini il più terribile fuoco, ed inalberarono sulla statua del Re lo stendardo della Nazionale Indipendenza. Allora non fu più resistenza, e l'Aquila Siciliana sventolò da tutte le alture.

Lode eterna a questi bravi indipendenti Siciliani a cui sarà sempre riconoscente la Patria, mentre la penna degli Scrittoti ne consegna i nomi alla memoria dei posteri!

Il Colonnello Comandante Principe di San Cataldo si è meritato in questa memoranda azione tutti i titoli, di coraggioso, e sperimentato Generale, non meno che quelli di vincitore moderato, arrestando per quanto il calore della vittoria potea comportarlo il saccheggio che ebbe luogo tutta la notte del 12. E qui dee ricordarsi ad onore eterno di loro medesimi e di tutta la nazione, che i Marianopolitani e Villalbesi, come furono i primi nell’azione ad affrontare il pericolo, così non presero generosamente parte alcun saccheggio a cui la riportata vittoria li autorizzava. Si contano sino a 3oo i nemici morti in battaglia, mentre i nostri non giunsero a 5o. Il numero però dei feriti fu considerevole da ambe le parti. Si distinse soprattutto il Comandante Principe di S. Cataldo pel generoso disinteresse col quale denari approntando, e generi di sua proprietà provide ai bisogni urgentissimi dell’Armata. I sagrifizj di quest’ottimo Comandante, l'intelligenza militare del Tenente Colonnello Orlando, la bravura dei due Fratelli Palmeri, e l'audacia dei suddetti Noto, Dichiara, Lamattina, e di tutti gli altri prodi che si distinsero in quella giornata andranno sempre compagni della lode dei più famosi cittadini Greci, e Romani di cui la storia conserva eterna e splendida la rimembraoza.

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Per attestato di quanto si è detto nel rapporto officiale di sopra ci facciamo un piacere d’inserire un decreto della Giunta provvisoria in lode di coloro che più segnalaronsi in questa felice azione.

La Giunta provvisoria di. pubblica sicurezza, e tranquillità, col consenso dei Consoli, e dei Rappresentanti degli altri Comuni del Regno ha decretato, che si faccia sapere al Pubblico, che i Cittadini Signor Principe di San Cataldo, il Signor Tenente Colonnello di Artiglieria D. Pietro Orlando, il Maggiore Signor D. Michele Palmieri, il Capitano Signor D. Rodrigo Palmieri e tutti gli armati sotto i loro ordini hanno ben meritato della Patria.

Palermo 18. Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Circa alle ore 18. questa mattina si presentò alla Giunta Provvisoria il Cavaliere Abela Siracusano per prestarci giuramento dell’indipendenza, e per chieder congedo prima di partirò al comando militare del Val di Noto. Egli fece alla giunta una breve ma, energica allocuzione, con la quale enumerò i doveri della sua missione e ciò ch'egli si proponeva intraprendere per ridurre quell’intiera Valle a far causa comune col resto della Sicilia per la Indipendenza Nazionale. Egli additò molti bravi, che si erano volontariamente proferti a di lui compagni in quella illustre intrapresa. Era bella in quel punto la gioja mista di bellicoso ardimento. Il Presidente Principe di Villafranca rispose a nome della Giunta, incoraggiandolo, e promettendo soccorrerlo di tutti quei mezzi a cui gli sforzi generosi della Nazione avrebbero potuto arrivare. Il Signor Abela vestiva una uniforme, il quale per la triplicità dei noti colori, si appalesava puro d’intenzione, cittadino di cuore, e d'inalterabile risoluzione decisa. Che il ciclo secondi i suoi voti, i voti della Patria, cosicché egli giunga a meritare, e questa ad accordargli una ricompensa immobile! Il Colonnello Vaglica farà parte non indifferente di questa spedizione.

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Questa mattina è arrivato da Girgenti, condotto da un Monaca Cappuccino detta Fra Giosuè, e da un seguito numeroso di Girgentini, l’intendente Palermo; e guai a lui se gli si domanderà esatto conto della sua passata condotta! Quanti mali dovrà risarcire, e quante colpe espiare! Gridano contro di lui venti e' più infelici sepolti anziché morti nelle fosse del grano a Girgenti; gridano tutti quelli che soggiacquero alla sua dominazione di ferro, privi del raggio vivificatore della libertà, che già risplendeva da più giorni in Palermo, e che egli tentò velare col manto di un falso onore, e con delle perquisizioni le più crudeli. Voglia il cielo, che ad onore della Sicilia, ed a scampo di questo miserabile, possa la causa di tanti mali riversarsi in gran parte sul solo Principe della Scaletta velenoso fonte da cui scaturivano cotali torbidi, e limacciosi rigagnoli! Ma già più che il timore d’un meritalo gastigo i suoi rimorsi medesimi lo avranno punito, e forse gli resterebbe ancora a sperare, se dovessero venire a contrasto in petto dei Palermitani la Giustizia il perdono.

NOTIZIE DI CEFALU’

RAPPORTATE DALL’EX-CONSOLE DEI PESCATORI DI CATANIA

Gli abitanti di Cefalù propensi alla buona in casa di tutta la Nazione, erano atterriti dalla possanza del Vescovo Sergio, il quale con le minacce e con gli arresti cercava comprimere l'espansione di quegli animi liberali.

La Giunta Suprema di Palermo s'era con tentata di ammonire quel Mitrato, a non ingerirsi negli affari del Governo: un distaccamento passò per Cefalù, e tutto era ritornato nella calma, e nel buon ordine.

Ma il Vescovo covava perfidi disegni; egli si fece forte con una ciurma di prezzolati e, predicando la rivolta col Crocifisso e con la spada spaventò quel popolo pacifico. Bentosto il sangue del Cittadini più attaccati alla sacra, causa dell'Indipendenza fu sparso sotto un giuridico specioso pretesto, e de'  capi recisi furono appesi al pubblico spettacolo, La Giunta suprema informata di tali delitti non indugiò un momento ad arrestarne la fonte. Circa a due cento uomini sotto il Comando dell'Ex Console del Pescatori Catania furono spediti in diverse barche per impedire l'evasione del Vescovo: una divisione sotto il comando del Signor D. Gabriello Fuxa fu inviata a Termini per osservazione; ed una divisione di Cannoniere con uomini da sbarco sotto gli ordini del Vice Castellano Ex Console Battaglia seguì d'un giorno la prima spedizione, Tutte queste forze però furono inutili, poichè fatto il primo sbarco del Catania, e divise le truppe in due partite, non vi furono più ribelli da battere. Una deputazione di Preti e Gentiluomini fu inviata al Catania onde espressargli i sentimenti patriottici del Popolo, ed invitarlo ad entrare in Città: ciò che infatti il solo Catania eseguì, trattenendo per ostaggi i Deputati.

Tutto era calma in Cefalù, il nastro giallo stava sul petto del Cittadini, ed il Vescovo abbandonato da suoi sgherri erasi rinchiuso nel Palazzo. Allora il Catania mandò ordine a suoi d'entrare in Città. Il Vescovo fu custodito nel suo Palazzo sino all'arrivo del Comandante la Squadra marittima, ed il Tenente Colonello Fuxa fu avvisato di non avanzare colle sue truppe da Termini, stantechè il popolo Cefalutano era amico.

Frattanto arrivò la Squadriglia col Comandante in Capo Battaglia; le truppe posero piede a terra, e si passò all'arresto de'  rei.

Il Vescovo, i suoi proseliti. e tutti quei che aveano sparso il sangue de'  Cittadini furono trasportati ne legni della Squadriglia; e già si traducono in Palermo a render conto delle loro azioni.

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Una lettera giunta nel momento da Mistretta spedita al Colonnello D. Raffaele Palmieri al Capitan Generale Requisens porta di essere arrivato colà un fuggitivo da Catania appor tatore delle seguenti nuove.

Appena giunto in Catania il grido della disfatta dei di, l'Intendente, ed i Capi del governo di quella Città presi dalla paura di un imminente gastigo, ma più dai propri rimorsi stavano per imbarcarsi abbandonando la Città e le loro cariche, ma i Catanesi, già altronde vicini a conoscere il loro il loro traviamento, aperti finalmente gli orchi su i loro veri interessi e sulli pe fidia dei scellerati che li aveano tradito, corsero ad impedire questa sospettosa evasione; proclamando altamente di essere stati per lo passato sedotti, e di non desiderare che la tanto utile Indipendenza Siciliana, sostenuta. dalla generosa Palermo coi maggiori incredibili sforzi, e col sangue dei suoi figli medesimi. L’evidente ragione che favorisce la causa: dell’Indipendenza, il terribile gastigo di Caltanissetta, e la più tenibile indignazione di tutti i Siciliani aggiungono molta fede a questa nuova felice.

Il Secondo Reggimento Nazionale Comandato dall’intraprendente Colonnello Principino di Giardinetti mosse nella scorsa gotte; per Termini, dove trovando di che Completarsi, sarà fatto poi marciare per quei luoghi, a cui la Nazione per l’organo del Capitan Generale sarà per destinato.

Palermo 21 Agosto 1820 N. 10

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all''Estensore del Giornale La Fenice.

 

NOTIZIE INTERNE

UN CITTADINO SICILIANO A TUTTI I SUOI COMPATRIOTTI

(Articolo comunicato)

Bravi Siciliani, che feste gli ultimi nell'Europa a rovesciare dagli altari gl'Idoli della tirannia, ma foste i primi a saper scegliere il miglior tempo per rientrare nel Santuario della libertà, godete felici il frutto dei vostri trionfi.

Voi già avete una Patria ch’era pria la vostra gleba; voi siete liberi e possedete la Nazionalità, ove prima eravate vassalli. Con questi titoli, che il vostro valore vi ha rivendicato, osate tutto intraprendere per dare alla vostra sorte, una stabilità consistente.

I Popoli illustri della terra, i figli stessi di Partenope, precursori de’ vostri fasti vi han donato co’ loro esempj da voi imitati un preventivo pegno de’ loro applausi, e non potranno senza ingiustizia armarsi contro di voi. L’Europa, all’opposto, che ha inalberato la Indipendenza, e la libertà su i monti di cadaveri circondati da’ fiumi di sangue, si onorerà d’una sua Isola, che ha spiegato le sue Aquile nel seno della pace dietro una pugna di poche ore, ed ha saputo conciliare per i suoi interessi politici la depressione de’ suoi nemici con b ragion dell’umanità La causa terribile, qual è la causa esterna non turberà il vostro riposo, se la causa interna sarà da voi rispettata. Questa sola restar dee sotto le vostre cure par riconcentrare tutti gli spiriti della Nazione intera. La riunione fraterna di tutti i figli d’una Patria è stata sempre il solo nume tutelare della Patria stessa. Questi sacri legami divengono oggi indispensabili, ove il mostro del dispotismo ancor fumante, ed irritato da un recente abbattimento, medita, congiura, trama a vostri danni; ove una divisione intestina tra’ figli di Sicilia tiene una breccia sempre aperta a nuove aggressioni, facilitate da’ turbini delle guerre civili, e forse innalza i pretesti alla cupidità dello straniero. Rammentatevi di Roma, che divise la Grecia per meglio soggiogarla. Vi stia sugli occhi un avventuriere Ibero, che al favor della discordia interna da lui stesso promossa, distrusse con un pugno d’uomini il più potante impero del nuovo Monde. Vedete nei vostri annali stessi antichi le orgogliose Aquile latine trionfar di questa Isola divisa in tanti dominj, e fazioni, farne di essa una provincia serva, che ricevea le leggi, eie Catone da un feroce Campidoglio; misera, ed abbattuta divenir dovette la preda di tutte le Dinastie, sempre esposta a cangiar di padroni, e sempre tributaria del loro insolente fasto.

Grazie all’Europa tutta, grazie alla Diva d’Oreto, che cogli esempj prima, e l’altra colle ispirazioni ardenti, han rotto il corso a tal furore dinastico, ed han cancellato dalle vostre fronti le triste cicatrici della vostra servitù: ma grazie a voi stessi o siciliani fratelli che avete saputo conservare gli eccelsi trofei, di cui vi siete onorati. Questa forza conservatrice è nello spirito d’unione, che regnar dee tra voi, Città dell’1sola, terre, tugurj, abitatori tutti di questo suolo favorito della natura, riunitevi sotto unico interesse; deponete in questo punto le rivalità antiche, forse eccitate ad arte da’ despoti intriganti; rinunsiate allo spirito di partito, di preeminenza, e distinzioni, aggetti sempre fatali alla vostra libertà politica, e sempre propizj alle armi de’ vostri oppressori; resistete agli impulsi dell’ambizione, che i perfidi seduttori fomentano per sollecitare con allettanti modi una vile deferenza per frangere i fraterni legami che vi annodano, e poi ricondurvi facilmente alle catene de’ vostri padri. Innalzate un tempio al Dio della Pace, e della concordia nazionale. Questa terra allora avrà cittadini, e guerrieri; essa sarà de’ nemici o l’obbrobrio, o la tomba; essa aprirà a’ suoi figli il seno per far rinascer Cererà proscritta dalla spada de’ tiranni.

O Sparta, Sparta, che possano oggi i tuoi movimenti rianimare i cuori Siculi per imitare un tuo figlio illustre, che ringraziò i numi d'essere stato escluso dal consiglio dei trecento perchè trecento cittadini di lui più degni vi sedeano a felicitar la Nazione, e per rimirarvi il tuo legislatore stesso, che s'involò dalla Patria, onde non esser oppresso dal peso di dominare. Questi principi d'unione, e da nteresse consacrato per la causa pubblica, fecero dello spartano un perpetuo modello del buon cittadino; e fecero di sparta la sede della felicità.

Tali vi auguro siciliani fratelli. Gli emblemi della libertà, e della Indipendenza, che portate impressi nel vostro capo, e nel vostro petto che esprimano la realità degli oggetti, e non la vanità d'un ornamento.

Non vi sgomenti la trista fama, che una impura sorgente fa circolare in alcuni angoli dell'isola. Non è questo un problema. Egli è un impossibile politico, che un uomo preferisca la servitù alla libertà, che un corpo morale adori le catene della sua Patria. Egli è poco possibile, che uno, o più individui abbiano definito il dispotismo per farsi complici dell'oppressore a fin di dividere le spoglie degli oppressi. Popoli dell'isola la maschera è caduto, e il problema è dissipato. Son questi pochi individui che comprimono la moltitudine, e sono gli artigli stessi del mostro, che la tengono inceppato per farla un giorno vittima della loro ingordigia. La vostra Madre Città, che ha sempre lottato per migliorare colla sia la vostra sorte, e che ha esternato nelle sue mura questa razza di scellerati, si offre, oggi come vostra Redentrice. Ella che vi vede scolpito in fronte il desiderio sincero per la libertà ed Independenza ha strappato dal suo seno i propri figli vostri fratelli, e li ha mandato tra voi per stendervi una mano e trarvi dalla servitù, e per restituirvi Indipendenza e la libertà le doti della natura. Lo strepito dei loro trionfi su qualche Città redenta vi sia di sprone a seguitar le loro armi, fin di compier colla per assoxxxvi alla cixxxta augusta fin di compier l'esterminio della comprimente idra che tribola i vostri soggiorni. E’ questo il solo caso, in cui una guerra fra gli uomini si giustifica, al cospetto del Cielo fra tante guerre derivate sempre dall'ambizione, e dalla rapina.

Ella vi offre ancora grandi esempi da imitare, e virtù patriottiche da seguire. Tra questi esempi brilla il fxxxuso spettacolo ove l'arte, la istruzione, i calcoli di tattica, la militar disciplina di tanti vili mercenarj, che combatteano sotto le insegne del delitto, sparir si videro fra pochi istanti in faccia ad uomini animati del solo entusiasmo, e che non aveano altro per essi, se non la giustizia della causa, e il loro valore per defenderla. Questo avvenimento, al par di tanti altri simili nella storia dei popoli, servir dovrebbe di perpetua lezione, e di freno a tutti i barbari Sedentari, che dal fondo de’ loro Gabinetti ordinano il massacro di una metà del genere umano per portare l'altra metà nella servitù. Esso all'apposto servir dee a voi d incitamento per aumentar la gloria del nome sicolo.

A voi spetta imitare l'esempio di tal entusiasmo, ci raccomanda questa generazione alle generazioni future.

I rari virtuosi cittadini in mezzo a cui si distinguono tanti Eroi, che posero fra lo strepito delle armi l'ordine sociale, e il Santuario delle famiglie al coverto della licenza, e che tuttora lavorano per la nazionale felicità, vedete segnalarsi un uomo raro, che spreggia i sommi xxxx d'una Luogotemenza odiosa allo spirito pubblico sebben propizia alla sua ragione privata. È que sto un fatto su di cui l'amore dei contemporanei, e la penna della storia imprimerà il suggello della immortalità.

Qnesto atto riceve un maggior lume dal paragone di un altro, ove un Individuo Zancleo con opposti sentimenti, e compressore feroce dei voti pubblici stende la mano infila a nemici della Patria, ed inalbera contro di essa i suoi sleali vessilli. Egli accetta l'esecrando ministero per consumare il popolocidio……….

Come! in Sicilia un popolicida in un tempo ove tutto respira patriottismo, ed in un luogo il più caro al riposo dell'Isola o in Messina? Misera sorella (si dice la Madre Città ) qual monumento effci nel teatro di Europa, ove si è fatta attrice la stessa natura per rappresentare i diritti da essa dotati al genere umano, e domandare esatto conto in caso di violazione! Qual conto darai di questi diritti da te violati contro l'uomo, contro le genti, contro te stessa! Cinta di mali, e coverta d'obbrobri tu giaci sotto l'illudente velo d una supremazia, mentre un tuo ingrato figlio amator di se solo ti lacera il seno colla mano parricida, mentre su - le tue ruine innalza la sua fortuna, e imperversar lascia l'anarchia sotto i baloardi stessi del Regalismo: tradimento, che non trova esempio se non negli antichi Governi dell'Asia barbara, e che l'imparziale istoria consegnerà all'infamia ne venturi secoli. Popoli dell'Isola, Apostoli della Indipendenza, di questo dritto primitivo d ogni nazione, di questo sentimento che germoglia con noi, e s'ingigantisce con la virtù, andate a portare la felicità a vostri fratelli Messinesi, violentati anch'essi nei loro voti: andate a portar la guerra al traditore. Ella è necessaria, e santissima.

Perdendo o no egli la testa sotto la scure della nazionale vendetta, lascerà, sempre infamato il suo nome presso la posterità. Ma non fate che incrudelisca il germano contro il proprio germano. Riservate quel sangue per difendervi dal nemico che vi vuole dipendenti. Riunite tutti i vostri sforzi per allontanar queste marche odiose, che han tribolato per secoli il vostro Orizzonte; ed amate meglio cancellarvi dalla lista de’ viventi, che ritornare a quella degli schiavi. Il cielo applaudirà a tali opere, ove per organo vostro la sua gloria trionfa, esaltando la causa dell'Umanità.

Seduta del giorno 16 Agosto 1820.

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità con passionando le angustie di coloro che ricavano la loro sussistenza dalle pensioni che s pagavano sopra la terza pensionabile dei Vescovadi, ed Abbadie, sopra le Elemosine del serenissimo Principe d'Asturia sopra la Segrezia di Sciacca, e fondo ii lucri, e sulla Tesoreria Generale di Palermo e sulle rendite dell'abolito S. Uffizio; ha ordinato che nelle attuali ristrettezze dell'Erario Nazionale per occorrere più prontamente alle persone più necessitose si paghi un mese delle rispettive loro pensioni, includendovi per ora, quelle sole persone, la di cui pensione non eccede le once quattro al mese.

Perciò restano avvisate tutte le suddette persone d’indrizzarsi alla Tesoreria Generale ove le saranno spedite le rispettive polizie, e per maggiore dilucidazione troveranno affissa alla porta della Tesoreria la nota di tutti i pensionisti.

Riservasi la Giunta a pagare le altre pensino subito che le circostanze dell’Erario saranno cambiale.

Palermo t6 agosto i8o.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tra qualità, col consenso dei Consoli e dei Rappresentanti degli altri Comuni del R g lo ha risoluto, che r questo anno sol mente il passaggio da una casa all'altra, in vece dell'ultimo d l corrente agosto, si eseguisca l'ultimo di settembre p. V. 1820.

Che la piggione della casa per il suddetto mese di settembre, che l'attuale inquilino viene ad abitare al più del tempo convenuto, si paghi dallo inquilino stesso che l'abita, in rata proporzionale della pigione convenuta.

Che attesa l'abolizione del dazio del dolici e mezzo sulle case, la pigione per detto mese si discali di una decimasesta parte.

E che il presente Decreto si pubblichi per le stampe.

Palermo li i 6 agosto 18oo.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Il Principe di Villafranca Comandante Generale in terno della guardia di sicurezza ha veduto con suo sommo rincrescimento la lentezza con la quale si eseguisce l'allistamento ne’ diversi Quartieri, ancorché per facilitazione di esso si fosse prorogato il termine stabilito per altri tre giorni. In conseguenza di tale biasimevole lentezza si vede obbligato a prevenire il pubblico, che classi, la detta ultima proroga, il Signor Colonnello Coa, andante di ogni sezione, il Parroco, ed il Console passeranno ne’ rispettivi quartieri alla visita delle case per la secura esazione della multa, nella quale sono incorsi i controventori al decreto della Giunta provvisoria: oltre che resteranno essi al listati, esigendo un tale misura la sicurezza della Patria, a cui nessun Cittadino, che abbia i requisiti necessari potrà negarsi senza incorrere nel disordine, che ricade ai Cittadini senza zelo, senza amor di Patria, e finalmente senza premura per la propria sicurezza.

Si previene ancora per comune regolamento, che l'essere adibiti dal Capo provvisorio della pubblica tranquillità nelle Ronde, non esenta affatto dall'allistamento alla guardia di sicurezza, anzi è ciò un f Inno argomento, che sono essi ben idonei al servizio ai quale li chiama la Patria. Per altro l'espediente preso dal Capo Provvisorio è momentaneo, e sino ai l'organizzazione della guardia di sicurezza interna; la quale compiuta, resterà presso il Capo provvisorio la sola forza dal medesimo pagata per eseguire le incombenze di giustizia, oggetti tutti differenti da quelli della guardi di sicurezza, il di cui scopo sarà unitamente quello di assicurare colla loro custodia i pacifici Cittadini, e difenderli dall'aggressione de’ malintenzionati, e di agire in tutto ciò, che possa condurre a si interessante oggetto.

Palermo 6 agosto 1820.

IL PRINCIPE DI VILLAFRANCA

Comandante Generale della

Guardia di sicurezza interna

Seduta del giorno 17 agosto 182o

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità col consenso dei Consoli e dei Rappresentanti degli altri Comuni del Regno, stanti le attuali circostanze del Regno di Sicilia, volendo secondare il vo to dei Comuni, che si sono pronunziati per la comune causa, e ridurre presso che insensibile il peso del Dazio sul macino, ha risoluto che il Dazio Nazionale sul macino che col Decreto de'  2. Agosto 1820 fu ridotto a tt. 12. e gr. sedici a salma, si discali da oggi innanzi a tt, sei, e grana otto la salma.

La Città di Palermo ove il Dazio del consumo è comunale non va compreso sulla disposizione del pre sente Decreto.

Il Comitato delle Finanze curerà la esecuzione del presente Decreto.

Palermo 17 Agosto 1820

Bonanno Cancelliere

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GIUNTA PROVVISORIA DI BISACQUINO

SETTIMA SEDUTA, QUINTA STRAORDINARIA DEL DÌ 15 AGOSTO 1820

La Giunta Provvisoria non potendo più differire l'elezione del Rappresentante di questo Comune per sostenere i diritti del medesimo presso la Giunta provvisoria della Capitale Palermo, e concorrere alla publica causa della Indipendenza, ed inerendo all'invito della Giunta suddetta di Palermo, manifestatole con offici de'  3 e 9 del corrente Agosto, considerando, che l'Eccellentissimo Sig. Principe di Villafranca possa accertatamente disimpegnare questa carica, come co lui, nel quale concorrono tutte le qualità richieste, tanto per li suoi lumi, talenti, probità, onoratezza, e disinteresse, quanto per l'attaccamento al buon essere della Nazione, di cui ha dato prove, non equivoche in tutti i luminosi periodi della sua vita, e precisamente nelle pericolose vicende delli sempre memorandi avvenimenti del 1810 1811, e 1812, a costo anche di compromettere la sua vita, e li suoi beni, come evidentemente lo attestano il suo onorato esilio, ed immeritata detenzione, non che per l'eroico coraggio manifestato nel Consiglio di Napoli, ove spiegò altamente il suo voto per la Indipendenza della Sicilia da quel governo, e finalmente per l’accorgimento, prudenza, e patriottismo, che ha fatto brillare nelle attuali difficili ad un tempo, e gloriose circostanze, sostenendo degnamente l'interessante carattere di Presidente della Giunta Provvisoria della Capitale, a maggioranza di voti, e col consenso dei Sig. Consoli; a mozione del Cav. D. Michele Bona, membro di que sta Giunta Provvisoria, e vice presidente della medesima ha nominate, ed eletto per rappresentante di questo Comune presso la Giunta Provvisoria di Palermo il prelodato Ecc.mo Sig. Principe di Villafranca colla facoltà di sostituire. Vuole quindi la Giunta, che si comunichi al nominato Ecc.mo Sig. Principe questa elezione con officio da farsi ora stesso in questa stessa seduta dal Cancelliere, ed a firma del Sig. Vicepresidente, che fa le veci di Presidente per la di costui mancanza, suppiegandosi copia del presente decreto segnata dal Cancelliere, e in unita dal suo suggetto per essere riconosciuto con questo carattere la fede hanno firmato.

Michele Bona Vice Presidente, e membro della Giunta

Nicolò Bona

Luigi Costa

Nicolò Marsolo.

Dissenzienti Mro Eligio Triolo, e Giuseppe Butera membro della Giunta.

Per copia conforme

Il Cancelliere della Giunta Provvisoria

Nicolò Marsolo

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DEPUTAZIONE PROVVISORIA DI CARINI

Carini 18 Agosto 182o

Signori Rispettabilissimi Componenti la Giunta Provvisoria di Sicilia.

Questa Deputazione a nome de'  Carinesi tutti non può non esternare di quando in quando a cotesta rispettabilissima Giunta, che governa provvisoriamente la nostra bell'Isola, i suoi sentimenti di adesione al voto magnanimo della Sicilia; viene quindi col pre sente ufficio a riprotestarsi altamente per la libertà per la quale cotesta Capitale ha in questa circostanza cosi gloriosamente combattuto. Si congratula essa perciò colla Nazione Siciliana per la sconfitta della ribelle Caltanissetta, che sorda alle voci della Patria, e fedele alle suggestioni di due perfidi agenti del vecchio dispotismo Scaletta, e Gallego, chiamò la rovina nelle premura, nelle sue case il saccheggio, e lo spargimento del sangue, la desolazione, e la morte ne’ figli suoi. Si congratula essa similmente per la liberazione di Girgenti, che per molti giorni gemè compressa dalla vandalica autorità di un ambizioso, e furbo Messinese, che colle minacce, e colle pene sperava di far tacere in quella Capo Valle la gloriosa voce, che risuona in tutti i punti dell'Isola. La Deputazione in fine a nome de'  Carinesi innalza le sue preghiere al Cielo, affinché la Provvidenza si compiaccia illuminare, e prestar soccorso alle quattro Città, che on deggiano tra la schiavitù, e l'indipendenza, e che gemono ancora sotto il giogo di coloro che sono insieme creature e ministri della moribonda tirannide.

Che se Messina, Catania, Siracusa, e Trapani, avessero la disgrazia di ostinarsi a sottomettere la loro cervice al giogo vergognoso, che il nuovo Ministro di Napoli ne suoi trasporti di delirio destinava alla nostra bella Patria, alla libera e generosa Sicilia, le braccia de'  Carinesi tutti son pronte ad armarsi per abbattere, ove si trovi, il mostro della schiavitù. Che la Nazione Siciliana inviti i Carinesi a concorrere a sostenere la comune causa della sacra nostra indipendenza, ed i Carinesi voleranno ove saranno per condurli i Nazionali Vessilli.

Pietro Barcellona Cancelliere Le nuove della Città di Catania par che vengano confirmate, molto più che vi sono forti ragioni da sperare che il Duca di S. Martino nutrendo dei sentimenti più tosto liberali, sarà in ogni evento per favorire la causa dell'indipendenza. Certo è che molti buoni Catanesi, i quali si sono liberamente pronunziati in conformità dei sentimenti della Capitale, si lodano assai del loro intendente; per cui non si tarderà molto secondo tutte le apparenze a sentire officialmente la nuova della politica conversione della più bella peccatrice che nai sorga alle falde dell'Etna. Fa per altro molto onore a quell'Intendente il non leggersi il suo nome nella rappresentanza vilissima, ch'era stata dai catanesi a Napoli inviata.

CONSOLATO GENERALE AUSTRIACO PER LA SICILIA

Il Console Generale Austriaco Barone Massimiliano Novatzky de'  Anckerau, fa sapere ai Signori sudditi Toscani qui domiciliati, o viaggiatori; che attese le moltiplici occupazioni nella sua Austriaca Cancellaria, per le Nazioni di cui è legittimamente incaricato a funzionare, non può prestarsi più alla spedizione dei loro affari; e che perciò all'avvenire sono invitati a dirigersi al Sig. Barone Matteo suo riveritissimo Padre, dall’Eccelso Governo di Toscana da molti anni in quà stabilito per rappresentante Consolare Toscano, e come tale riconosciuto in Sicilia con rispettive exequatur; Egli abita a S. Francesco dei Chiodari num. 1. e a di cui nome questo Consolato Generale Austriaco ha spedito gli affari dei Toscani.

Palermo li 19 agosto 182o.

Il Console Generale,

Barone de'  Novatzky.

Si previene il publico, essere dovere indispensabile di un giornalista l'inserire non solo le nuove officiali, ma anche quelle che derivano da lettere particolari, da rapporti di uomini di fede, e di publiche dicerie; dapoichè non tutte le notizie anche di alto rilievo possono giungere sempre officialmente; e il tacerle per questo riguardo potrebbe alle volte nuo cere non poco. Noi ci protestiamo, che non potendo soddisfare al carattere timido e fluttuante di alcuni, né alla fervida impazienza di altri, continueremo senza particolari riguardi, ad adempire quanto è di nostro dovere, distinguendo come è giusto dalle no, tizie officiali, le non officiali, e nominando le persone o i documenti dai quali ci provengono.

N. B. Chiunque brama i fogli sino a casa, pagherà tari quattro per ogni trimestre, e tari uno e gr. 1o per ogni mese.

Palermo 23 Agosto 1820 N. 11

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all''Estensore del Giornale La Fenice.

 

NOTIZIE INTERNE

PROCLAMA

La Giunta provvisoria ha avuto occasione dì osservare, col più grave rincrescimento e dolore, che delle bande, o individui armati, che si annunziano di appartenere a delle Guerriglie in commissione, percorrono le campagne e persino entrano nelle pacifiche Città, commettendo depredazioni e saccheggi; così la Giunta provvisoria co’ Rappresentanti degli aliti Comuni, e gol consenso de’ Consoli ha risoluto: che i suddetti individui o bande che percorressero le campagne o entrassero nelle Città, o villaggi, senza il foglio di riconoscenza, o sia patente, ed il foglio di via firmati dal Comandante della Guerriglia, fossero immediatamente arrestati da tutte le autorità civili o utilitari del Regno; e che ove le dette bande 0 individui commettessero li summeutovati disordini sieno dichiarati fuor della legge, e trattati come nemici della Patria.

In seguito di questo decreta si sono spedite lettere circolari in tutte le popolazioni del Regno acciocché vedendo uomini. armati senza essere muniti de’ suddetti fogli di riconoscenza, e di via rilasciati, da comandanti rispettivi le Guerriglie, allora li trattassero da nemici pubblici. Questa disposizione è stata d’imprescindibile necessità, per la salvezza del Regno, e di Palermo.

Palermitani, Siciliani, siate persuasi, che la Indipendenza, la Libertà non si possono sostenere senza virtù: che le rapine, i saccheggi, le stragi, contro quelle pacifiche città, che sono per la buona causa produrrebbero ben presto la nostra rovina, se non ci cooperassimo tutti co più atletici sforzi a riparare i mali fatti, e prevenire quelli che si potrebbero commettere, Noi abbiam bisogno di amici, di fratelli, di uomini patriottici uniti a noi, e perciò il mezzo di guadagnarli, di mantenerli nella nostra amicizia dev'essere la nostra buona condotta, le nostre virtù, il nostro entusiasmo pel bene della Nazione, in somma il nostro buon esempio.

Perciò la Giunta ha determinato, che sotto le più severe pene sia proibito a chiunque l'attruppa genti per fare spedizioni, ed erigersi capo di questi attruppamenti; chiunque desidera servire la Patria da Capo di squadra di uomini armati bisogna, pria di attruppar gente, farsi riconoscere per uomo onesto e coraggioso dal Capitan Generale delle nostre armi, ricevere dalle legittime autorità i suoi compagni di armi, anzi che procurarseli egli con privati maneggi; e chiunque è rifiutato come Capo. dee contentarsi di marciar come soldato, e chiunque è rifiutato come soldato, dee contentarsi di deporre le armi, perchè se ne armino uomini più abili alla nostra difesa.

Cittadini l'interesse è unico, ed è di tutti; i disordini, la insubordinazione, lo spirito di rapina, la malagurosa e cieca bravura, ricaderebbero ben presto sopra di noi.

Palermo li 21 Agosto 182o.

Continuazione della seduta del giorno 18 Agosto 1820

AVVISO

Varie questioni sonosi eccitate nelle diverse Segezie, e Prosegrezie del Regno per gli arre stati che corrono a carico dell'attuali arrenda tari del consumo, e che secondo la lettera de'  rispettivi contratti correrebbero sino all'ultimo del andante mese di Agosto. Si è preteso da taluni degli arrendatarj lo scioglimento del contratto, ed un compenso per l'indizione spirante. Si è preteso da altri, che venendo a mancare o in tutto, o in parte l'esigenza del Consumo Rurale nel presente mese di Agosto, questa mancanza, debba ancora influire su i terzi delle rispettive pensioni già pagati, e su di quelli ancora che non pagati sonosi però ne tempi quieti maturati.

Il Comitato delle Finanze, a cui la Giunta ha commesso l'esecuzione de'  suoi decreti in torno a questo interessante ramo dell'Erario Nazionale, avendo sommamente a cuore l'equità che in questi critici tempi non deve esser disgiunta dalla giustizia, ha risoluto che tutti i Segreti, e Prosegreti informino il Comitato delle Finanze sullo stato delle rispettive Segrezie, e Prosegrezie, se il macino si trovi arrendato, e quali somme sono state pagate, e quali maturate e non pagate, e quali danni abbiano sofferto gli arrendatari, e da qual giorno siasi so spesa l'esazione e se gli arrendatari attuali persistono nei loro rispettivi contratti, o se ne vogliono essere disciolti, per imprendersi poi dal Consiglio delle Finanze con i rispettivi arrenda tari o una plausibile transazione, o una rimessa giudiziaria.

Frattanto però non si usino delle coerzioni rigorose a carico loro, ma s'esiggano quelle son me che eglino si pronteranno a soddisfare, precisamente in quelle Segrezie, e Prosegrezie nelle quali non accaddero disordini. Il Comitato delle Finanze si augura dalla coscienza e patriottismo degli arrendatarj, che non saranno per trattenersi nelle attuali circostanze quelle somme che restano in loro potere, e che un giorno o l'altro dovrebbero restituire. Vuole però che i Segreti, e Prosegreti in tutte queste operazioni si avvalgano della forza della persuasione, e non già delle vie del rigore.

Acchiusa troverà V. S. la copia del decreto della Giunta di pubblica sicurezza, e tranquillità in cui troverà riformato il dazio sul macino dalli tari 12. 16. per salma a tarì 6. 8. ciò che senza dubbio recherà piacere a tutte le popolazioni del Regno.

Palermo 18. Agosto 182o.

Bonanno Cancelliere

Seduta del giorno 19. Agosto 182o.

AVVISO

Essendo indispensabil dovere di ciascun Cittadino, e precisamente di coloro, che ricevono il sostentamento dall'Erario della Nazione, o dal Comune il prestarsi al servizio della Patria, con formar parte della guardia di pubblica interna sicurezza, perciò il Comandante Generale ordina che tutti gli Impiegati i quali esigono soldo, o pensione sia dall'Erario, sia dal Comune, sia da qualunque opera amministrata, non possano riscuotere tali soldi, o pensioni senza esibire la patentiglia comprovante di essere arrollati alla cennata guardia di pubblica interna sicurezza, (o la provvista di eccezione; restando risponsabili dell'adempimento di quest'ordine tutti i pagatori de'  soldi, e pensioni, nel caso che l'effettuissero senza avere avuto gli enunciati documenti.

Al tempo stesso si previene il Pubblico, che non sarà dato corso ad alcun memoriale; ove non sia specificato a quale legione dalla guardia sia arrollato il postulante.

Finalmente tutti gli Avvocati, e Causidici so no invitati a mostrare a richiesta le loro patentiglie, onde possano esercitare i propri uffizj.

Palermo 19 Agosto 182o.

Villafranca Presidente

Seduta del giorno 20 Agosto 182o.

AVVISO

Essendosi questa mattina con dispiacere della Giunta provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità, e del Consoli inteso, che alcuni malintenzionati spargono la notizia di doversi arresta re i Commissari, e i Micheletti, che servivano nella passata Polizia, per far nascere degli sconcerti, nei quali possano trescare; la Giunta ha decretato doversi severamente punire tutti coloro, i quali spargono simili voci, e che si fanno lecito minacciare la vita, e le case delle persone anzidette, perturbando la publica tranquillità.

Palermo li 2o. Agosto 182o.

Bonanno Cancelliere

AI NAPOLETANI

Una disputa ardente agita gli Spiriti di due Nazioni Napoletana, e Siciliana. Si tratta nientemeno, che di fissare un carattere nazionale a quest'ultima per sapersi il suo rango nella Gerarchia politica d'Europa. Un'operazione di tanta importanza impone il più eccellente or dine nella procedura, e le più eccellenti regole della retta ragione nella trattativa del merito.

Niente di tutto questo. L'ordine è calpestato; la ragione è insultata.

I Napoletani ebbri d'un certo ascendente, che le loro strane abitudini fan loro supporre di avere, si han posto in bocca le voci di se dizione, ravvedimento, che han collocato dal canto della Sicilia, mentre dal loro canto persistono nei termini di rizelo; perdono, clemenza, e simili. È violato l'ordine della causa, ove la fissazione de'  titoli liberi, che formar ne dee i preludj essenziali, e le incontrovertibili basi, è divenuta una materia controversa.

Tai passi illegali, ed insultanti han fatto avanzar più oltre per circoscrivere le trattazioni alle regole della Diplomazia, atti del Principi, alleanze quadruplici, ed altro, che due secoli di Filosofia han proscritto come la peste politica nella causa del popoli, quali ne han perattato col sangue gli ofiosi monumenti; ed il voler oggi riprodurli come regola decidente, è un'aperta controvenzione agli Augusti canoni logicali. È violata la retta ragione.

L'enigma, il caos hanno in tal guisa preso un'influenza; e nel labirinto deplomatico, ove s’è immersa la causa di Sicilia, sarà eternizzata la discussione, e sarà lontana la Diffinitiva.

La sorte d'ogni individuo, essendo attaccata a quella di tutto il corpo politico, accorda un diritto di palesar con libertà il proprio senti mento; dritto derivato da ciò, che ogni uomo della società, al dir dell'immortale Raynal, è magistrato nato della sua Patria.

Avvalorato da un tal diritto oso asserire, che i favoriti dalla Giustizia scelgono sempre le vie semplici, e dirette per farla valere ne loro as sunti, ove i di lei contradittori amano i sentieri obbliqui, i labirinti, le tenebre, per spe rare una riuscita dalle sorprese; e che la Sicilia avendo scelto il primo metodo, viene dai Napoletani strascinata nel secondo. Ella ha aperto una negoziazione (che i Napoletani chiamato Discolpa) ed oggi interroga, quali sono i titoli dei Negoziatori. Fissiamoci in questi oggetti, che devono essenzialmente procedere la trattazion della materia. o Se i Napoletani intendono dar la legge in vece di contrattare, la disputa è finita, né può entrarsi in materia, ove non siam d'accordo ne titoli.

La independenza, e la libertà, questi doni, che la Sicilia ha revendicato col suo valore ad esempio di tutte le Nazioni d'Europa, formano della medesima una Nazione, che vuol con trarre de'  legami sociali con altra Nazione sia pari. Questi doni ingeniti esser non possono dunque una materia litigiosa, e meno formar possono un oggetto di gratuita concessione: sarebbe questa una follia, una contradizione. Un Essere libero, che concede ad un altro essere ugualmente libero il dono gratuito della libertà, nulla concede; egli sarebbe on insensato, ed il con tratto una Demenza. L'accettante d'una libertà, altronde a lui concessa dalla natura, sarebbe in con tradizione con se stesso dichiarandosi schiavo per natura, e libero per grazia del suo conce dente. Il rinomato Filosofo di Ginevra chiama nullo tale stipolato, come formato dai Dementi.

Napoletani favelliam con buona fede. La Sicilia non pretende grazie, né favori, quali son sempre disputabili dagli stessi concedenti, o almen da successori su gli speciosi pretesti di ragion d'Impero, di sicurezza pubblica di Religione, e tanti altri motivi che formano i ma teriali all'esecrando Codice della Politica de'  Gabinetti. Essa vuole i suoi titoli da voi riconosciuti per giustizia, non concessi per munificenza. Ella rimira per suo concedente quest'essere supremo; che ha marcato le Nazioni come tutte uguali nel loro titoli, sebben diverse nelle loro forze; ed ha pur comandato sotto pena del suo sdegno, che la forza non dona titolo, né di ritto. Che se circostanze violenti strascinano alla schiavitù, allor tace la ragione, s'indigna il cielo, e si consacra il delitto sull'ara dell'obbesianesimo. Qual delirio nella presente età! Napoletani, si vuol ragionare, o delirare? Se ragionar volete, rispettate come elementi dei trattati i titoli della Sicilia che sono similissimi ai vostri; riconoscete in essa una Nazione, che vien ad offrirvi la sua amicizia, di cui ne ha dato a voi la preferenza fra tante Nazioni, che si mostrano ambiziose di goderla: e sia questa una ragion di più per eccitare il vostro gradi mento, e per non dispiacere la generosa offerente. Voi, che co vostri luni ci avete dato tante prove nelle vostre istoriche, e filosofiche proluzioni, conoscete abbastanza il valor di tai detti, e conoscer anco dovrete le legittime sor genti dei titoli di Sicilia, che si son volute sottomettere alla discussione. Voi non ignorate, che i nostri titoli sono quelli di tutto il mondo, e la discussione sarebbe un attentato contro il Genere umano.

Questi titoli sono quelli degli Aragonesi, che scuotevano un Governo molesto per far passare sotto benigna umano lo Scettro, e la dominazione. Sono quelli dei Castigliani organizzati colle stesse leggi, che eseguirono sul loro Arrigo FV. Sono quelli degli Svizzeri, che esterminarono tutti i monumenti della servitù. Sono quelli degli olandesi, che, rotte le catene, stabilirono un'Eptarchia, che donò tanta luce ne' due emisferi. Sono quelli del Danesi, che deposero Cristiano II. Sono quelli degl'Inglesi, che l'adoprarono su di Carlo I. e su di Giacomo II.

Sono quelli de'  Francesi su Luigi XVI. Sono quelli del venerando popolo Ibero, i cui fasti attuali tutt'or riempiono le vostre orecchie. S no quelli di coloro (oh grande esempio!) che han vissuto sotto un impeto Sacerdotale. Sono quelli del nuovo mondo, rispetto a cui l'antico cornincia a senbrar barbaro. Napoletani sono i vostri titoli stessi, che avete esercitati sol vostro Re. Un vostro illustre Scrittore, che forma la gloria del vostro nome nella terra, ve ne sviluppò i principi, v'infiammò il cuore; e forse vi armò la destra per realizzarli. Voi l'avete realizzati. Siete voi uomini fatti da un'altra argilla diversa da quella de'  Siciliani? Ciò ch'è stato un titolo di gloria per voi, e per tutta l'Europa, diviene un titolo di ribellione per noi? Volete ragionare, o delirare?

No; tali, non vi temo. germani amati. Non siete voi, che parlate; non è lo spirito pubblico della vostra Nazione, che anima gli scritti inviati nella Sicilia; è la forza comprimente di pochi uomini professori della Impostura diplomatica, oggetto della loro sussistenza, che in catena con la nostra la vostra stessa felicità.

Essi vogliono la Sicilia dipendente per disseccarne le vene e per farne colare il sangue nei golfi delle loro case, senza sollievo del popolo Napoletano, che all'opposto, vede negli afflussi dell'oro resa più despotica la mano, e più attiva la crudeltà de'  suoi carnefici. Voi ne avete la prova in que' due rapaci ministri, sotto cui Sicilia esangue pianse, e Napoli non rise.

Queste Arpie d'Averno siano l'oggetto del nostro odio; facciam causa comune per incenerir questi empj, che corrompono i Principi stessi, forse disposti a sentimenti d'umanità; che li han reso inaccessibili a nostri legali rappresentanti con grave ingiuria del diritto delle Nazioni.

Togliam di concerto coi Principi medesimi questi infami ostacoli alla concordia fraterna. Ci sarà indi agevole, riconosciuti i titoli di due pari contraenti, entrar nella materia del con tratto per fissar fra noi, que reciproci vincoli, o d'Alleanza, o Federazione, o altro politico rapporto del modo il più utile alla comun sorte, e l più sicuro avverso lo straniero. Alleanze, pace, guerra, marina, commercio, preferenze, privative, difese, incolati, ed ogni altro oggetto dell'Impero faran parte del Contratto, ove i Principi della Dinastia, che regneranno rispettivamente nelle due Nazioni, non avran certo da dolersi di que’ Statuti pattizj, co quali conciliar, sapremo il sacro rispetto per essi con la nostra Independenza, e libertà: doni Augusti, che certamente riagiranno alla felicità de'  gli stessi Principi, quale sperar non possono, dalle continue maledizioni degli schiavi.

Napoletani, vi ho proposto queste misure di pace, e voi non ondeggerete certo nella deferenza per non far cadere su di voi il biasimo della guerra, che vi sarà sempre fatale a da vincitori o da vinti. Ma dite a questi, perfidi corruttori delle Nazioni, e dei Re, che, la barbara politica del XVI secolo, che somme se i diritti dell'uomo, ed innalzò quella dei Gabinetti, di cui ne son fabbri quel malvaggi stessi, ha in questo secolo ripercosso i medesimi, che sono stati i primi, e sovente, i soli, nel disinganno del Principi a ricevere i colpi della ripercossione. L'esempio di due loro Predecessori vili assassini del genere rimano, e posti al bando della opinione pubblica, sia un argomento della loro conversione se incorrer non vogliono l'ugual destino. Dite; che stan preparate, per tal destino le forze Siciliane intente non già a pertubar la pace altrui, ma a difendere la propria libertà contro la testa di qualunque attentatore sia nomo sia Nazione; e che i sistemi dell'Americano Settentrionale non son lungi dall'Orizzonte di Sicilia.

Dite, che la forza non dona nn diritto. Che il diritto fa la loro condanna, e la forza farà, la loro tomba. Che la diplomazia stessa, questo insensato allegatario nelle cause della libertà nazionale, è divenuta pur oggi anch'ella loro nemica. L'articolo solo del Congresso restituisce a Ferdinando IV. il regno delle due Sicilie. Questo Principe restituzionario rinunziò all'attore integrativo inalberando i titoli di conquista; e per legalizzarsene i caratteri assunse il nome di Primo d'ambo i Regni nnizzati. La materia rinunziata non favorisce dunque più il rinunziante. L'alle gare una conquista e, l'allegare la forza armata del conquistatore; e la Sicilia anch'essa con opposta forza ha ricuperato la sua ingenita libertà. Il Tribunale della Giustizia Eterna deciderà qual delle due forze sia più le gale, se quella, che si dirige per la servitù, o l'altra e che santifica la libertà.

L'esempio della Scozia, che si è traspirato ristorar nelle labbra dei corruttori, gli è meno propizio. La prepotenza dei Puritani, fortificata dall'odio teologico, soggiogò quella Reg ne, che bisognò cedere in grazia della forza, e del le sue infelici circostanze niente, atte a ripulsarla. Carlo II. legale erede della Scozia, e possessore delle due corone, aver dovette, un inte resse di non più smembrare gli aviti dominj, che accrescevano la magnificenza del suo novello potere in tutta la Gran Bretagna; e la Scozia di pressa dovette adora il fulmine, che l'annientò. L'allegare i casi di tal. Nazione, e di qualunque altra in tal modo sottomessa, è pur egli un replicato allegatorio di ingiusta forza, ed in dispari circostanze.

Corruttori napoletani, ripeto, la forza non danno in diritto. Il diritto fa la vostra condanna, e la forza farà la vostra tomba. Rammentate non essere questa la prima pruova, che fa la forza sicola a fonte del guerrieri del Sebeto. Le armi di tre potenti alleati, fa cui quelle Pontificie allor preponderanti in Europa, per garantire in Carlo d'Angiò vostro Re il trattato di Tunquera, e sue pretese sulla Sicilia, furono armi imbecilli avverso i Siciliani, che respinsero valorosi il ritorno dell'usurpatore, di cui ne abbatterono le forze colla prigionia del proprio figlio. Si combattea allora per sostenere la causa d un Principe contro un altro Principe.

Oggi si combatte per la causa propria. Corruttori napoletani misuratene il paragone.

Palermo 25 Agosto 1820 N. 12

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

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Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

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NOTIZIE INTERNE

ORGANIZZAZIONE DELLE DIVISIONI MILITARI

Art. 1. La Sicilia sarà ripartita in quattro divisioni militari cioè


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PROVINCIE
Palermo
1. Divisione militare Trapani

provvisoriamente Marsala

Messina
Siracusa
Catania
Art. 2. La prima Divisione Militare comprenderà i Distretti seguenti cioè
Palermo
Termini
Cefalù
Corleone
Alcamo
Trapani
Mazzara

La seconda avrà i Distretti di

Girgenti
Bivona
Sciacca
Caltanissetta
Piazza
Terranova

Saranno per la terza i seguenti Distretti

Messina
Castroreale
Patti
Mistretta

Finalmente verranno compresi nella quarta i Distretti di

Catania
Caltagirone
Nicosia
Siracusa
Noto
Modica

Art. 3. In ogni Divisione Militare vi sarà un Comandante di Divisione, Colonnello, o Maresciallo.

In ogni Provincia un Comandante di Provincia Tenente-Colonnello, o Colonnello: In ogni Distretto il Comandante di Distretto Maggiore, o Tenente-Colonnello.

Art. 4. Il Quartier generale di Ogni Divisione Militare, e di ogni Provincia, sarà dove i rispettivi Comandanti stabiliranno la loro residenza.

Art. 5. Ogni Comandante di Divisione avrà sotto di se uno Stato Maggiore composto di un Tenente Colonnello Ajutante Generale, due Capitani Ajutanti Maggiori, un subalterno Segretario, tre Emanuensi.

Ogni Comandante di Provincia avrà alla sua immediazione:

Due Ajutanti Maggiori, cioè uno Capitano, e l’altro Tenente.

Un Segretario

Un Emanuense

Vi sarà inoltre in ogni Provincia un Impiegato Contabile colle funzioni di Commissario di guerra, il quale avrà due Emanuensi.

Ogni Comandante di distretto avrà:

Un Ajutante Subalterno

Un Segretario

Un Emanuense.

Articolo 6. I Comandanti delle Divisioni Militari, e quelli delle Provincie saranno nominati dalla Giunta provvisoria di sicurezza, e tranquillità pubblica, sopra una terna, che se proporrà il Capitan Generale..

I Comandanti de’ Distretti saranno nominati dal Capitan Generale, sopra una terna, che ne proporrà il Comandante della Divisione.

Art. 7. In ogni Provincia vi sarà una forza armata calcolata sopra il due per 100. della rispettiva popolazione.

Art. 8. Secondo le circostanze i Comandanti delle Divisioni Militari sono autorizzati a mettere in attività quella porzione di forza, che crederanno bisognevole.

Art. 9. Questa forza sarà divisa in Centurie, Sezioni, e Squadre.

La Centuria sarà formata di 100. Volontarj comprese le cariche, e sarà divisa in due Sezioni di 5o. per ognuna.

Ogni Sezione sarà divisa in due Squadre.

Art. 10. Ogni Centuria sarà comandata da un Capo Centuria.

Ogni Suzione da un Capo-Sezione.

Ogni Squadra da un Capo-Squadra.

In ogni Centuria vi sarà un Foriere.

Art. 11. Capi-Centurie, Capi-Sezioni, e Capi Squadre saranno scelti dal Comandante della Provincia fra le persone più probe, e più facoltose de’ diversi paesi della medesima.

I volontarj devono essere presi fra i Cittadini di conosciuta probità, e di sperimentato coraggio.

Art. 12. Le Armi saranno somministrate dagli stessi Comuni.

Le munizioni dallo Sfato.

A quale oggetto saranno stabiliti de’ Depositi generali, e particolari, dove i Comandanti di Divisione crederanno più a proposito.

Art. 13. Ogni volontario sarà munito di una patentiglia, secondo il modello, che sarà rimesso dal Comando Generale.

Art. 14. I Capi-Centnrie, Capi-Stazioni, e Capi-Squadre porteranno legata al collo con un nastro giallo una goletta pendente sul petto, che in lettere dichiarerà il loro rango.

Tutti poi indistintamente porteranno una fascia gialla, che dalla spalla destra penda sul lato sinistro.

Art. 15. Ogni volontario in servizio avrà la paga di tali tre al giorno.

Ogni Caposquadra che avrà quattro

Ogni Capo-Sezione ne avrà cinque.

Ogni Capo Centuria ne avrà sette.

Art. 16. La paga suddetta sarà fornita dalle rispettive Comuni, per esserne rimborsate dall’Erario Nazionale, ove verseranno i Boni delle somme approntate, vidimati da' contabili Commissatj.

Art. 17. Tutte le volte, che i Volontarj devono prestar servizio nelle rispettive Provincie, la loro paga sarà fornita, per quindici giorni anticipatamente al Capo Centuria, per farne diariamente la distribuzione. Se poi presteranno servizio fuori della rispettiva Provincia sarà allo stesso fornita per un mese.

Art. 18. Nel Quartiere generale di ogni Divisione vi sarà la forza permanente di una centuria, per prontamente occorrere ai qualunque, bisogno.

Presso ogni Comandante vj sarà permanentemente una Sezione.

Nella residenza del Comandante di ogni Distretto vi sarà permanente una Squadra.

Art. 19. Le Compagnie d’armi de’ Distretti, che dipenderanno dagli ordini de’ Comandanti delle Divisioni ‘militari, saranno aumentate dal numero di trenta a quello di cinquanta, secondochè le circostanze locali lo esigeranno.

Art. 20. Le Compagnie di armi, oltre al Capitano, avranno un Tenente col soldo, che sarà stabilito..

Art. 21. I Coma ridanti de'  Distretti dipenderanno immediatamente da’ Comandanti di Provincia, e questi da’ Comandanti di Divisione, che daranno conto di tutto al Comando generale, da cui riceveranno gli ordini convenienti.

Art. 22. Ne' casi di urgenza sono autorizzali, sì i Comandanti di Divisione, che quelli di Provincia, a prendere tutte quelle misure, che le circostanze richiedono, tanto per la difesa della buona causa, che per la interna tranquillità delle rispettive Divisioni e Provincie, dovendo immediatamente però darne conto al Comando generale.

Art. 23. I Comandanti di Divisione, per incoraggiare tutti coloro, che particolarmente si distinguono, per azioni gloriose in difesa della buona causa, o per punire coloro, che per viltà, e per cattive intenzioni si allontaneranno da’ sagri doveri di buon cittadino, e difensore delta Patria, sono facoltati a promuovere, o sospendere provvisoriamente, sostituendo, iti rimpiazzo de'  loro impieghi, gli Uffiziali, che stanno sotto il loro comando, attendendone per mezzo del Comando generale la corris approvazione delta Suprema Giunta.

Art. 24. I Comandanti delle Divisioni militari, appena arrivati al loro quartiere generalo. proporranno alla Giunta, per mezzo del Capitan Generale, i Comandanti de'  forti e castelli compresi, nella, loro Divisione, ed al Capitan Generale per l’approvazione faranno pervenire: la nomina delle altre cariche solite esservi finora in delli forti. e cartelli.

Art. 25. I Volontarj per delitti militari sa ranno processati, e giudicati da un Consiglio di guerra subitaneo, da convocarsi al rispettivo Quartier generale della Provincia, nominato dal Comandante della medesima fra i soggetti più probi, e più intelligenti di essa, colle norme descritte nel Codice penale militare del 1789.

Art. 26. La pena pronunziata dal Consiglio di guerra subitaneo sarà immediatamente eseguita: tutte le volte però, che tale pena fosse quella di morte, dovrà essere approvata dal Comandante di Divisione, che darà parte della sua annuenza, o dissenso, senza che nel primo caso se ne sospenda l’esecuzione.

Il Comandante Generale.

REQUISENS

Seduta del giorno 23. Agosto 1820.

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità col consenso dei Consoli, e dei Rappresentanti dei Comuni del Regno, ha decretato, che il diritto chiamato del Mandriaggio dei piccoli animali sul quale si fonda tutto il diario mantenimento del Collegio di Maria dell’Albergarla, non resta abolito: e che perciò tutti i macellanti sieno obbligati al pagamento di un tal diritto il quale da gran tempo trovasi concesso al summentovato Collegio.

Palermo 23 Agosto 1820.

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Non possiamo più dispensarci di consegnare all’infamia i nomi di alcuni che non Siciliani di nome o di cuore si oppongono ancora all’unanime voto della Sicilia. E’ necessario che sappia l’Europa, l’Italia, e più di queste il Regno di Napoli, che non Messina, Catania, Trapani e poche altre Città, mai i loco Intendenti e Governatori soli dissentono dal volere indi’ pendente di quest’Isola da qualche giorno a libertà felicemente rinata. E chi potrebbe mai credere che dovessero esistere in Sicilia popolazioni sì perfide, e più che perfide stolte, le quali rinunziassero a. tanto vantaggio, e volessero così farsi l'oggetto dell'universale risentimento, coll’imminente pericolo di vedersi ad ogni istante schiacciate dall’ira giusta onnipossente nazionale? Noi lo sappiamo che i voti di queste Siciliane. Città, son quali si addicono con qual nome Siciliano; ma lo straniero potrebbe cadere facilmente in. errore al sentire che in quelle Città non circola libero ancora il Segnale dell’Indipendenza, il nastro giallo nel petto e perciò protestiamo altamente che primi di tutti i Messinesi sono ardentissimi dì libertà, e non sospirano che l’indipendenza, della qualcosa, oltre di mille prove particolari fanno testimonianza, indubitata l’ingannevoli in prima, ed ora tiranniche misure prese contro di loro dal Principe. della Scaletta, nome che suona oggi orrore all’orecchie di tutti i buoni. Questo, schierato nemico di se stesso e dei suoi, tiranneggiò, sotto il passato regime i suoi compatrioti, ed ora mascherandosi di liberalità, e precludendo le vie a tutte quelle nuove che potrebbero svegliare l’ardire dei bravi Messinesi, riesce, ancora a blandire sul Peloro quello stesso spettro di ferro che lo spento dispotismi gli aveva, inserto nel pugno. Ma guai a lui se un corriero, una voce, o questo foglio medesimo la gittato dal vento, svela ai Messinesi traditi l’opera del malveggio, e i sentimenti fraterni dei Palermitani! Guai a lui! Che gioveragli allora la, formidabile Cittadella, e,il vedersi,di cannoni circondalo e di schioppi? E non saranno allora forse contro di lui rivolte quelle armi medesime nelle, quali si affida? Fuggi, miserabile! abbandona la disperata tua impresa, se perdere non vuoi anzi tempo, l’avanzo di una detestabile vita! Già muovono contro di te, e dei malvaggi tuoi pari, le armi Siciliane, esse non portano guerra ai fratelli, ma corrono anzi a liberarli dalla peste dei tuoi consigli, e dei tuoi tradimenti. Sei tu l’idra che alimenti di veleno poche teste micidiali; Sei tu che ioduri 1animo dei Trapanesi ad una ostinata e pazza difesa: cosichè amano meglio quei stolli, da te sedotti, il vedersi invaso il loro territorio, e mietute le speranze delle cereali ed autunnali ricolte, e lo star trepidanti ad ogni ora per le case e pei figli, piuttosto che abbracciar da fratelli quei forti che li assediano in sembianza di nemici, ma che serrano in petto sentimenti puri d’indipendenza e di pace. Oh! se un giorno, l’infelice Città di Trapani persistendo nella ribellione, dovrà spari meri taré la tremenda ira dell’irritata Nazione, quante maledizioni ti piomberanno addosso, e quanto sangue ti pioverà sul capo dal ciclo per soffocarti, o tiranno? A te domanda il fiore dei cittadini più illustri la Sicilia, tradita. E si vennero per di lei comando, sotto lo scudo delle leggi più sacre, il dritto delle genti, ad invitare i loro fratelli gementi sotto il tuo giogo a pronunziar liberamente i loro voti per la Causa Santissima della Libertà; e tu, perfido, abusando d’un potere tirannico, al Faro circoscritto soltanto, impedisci loro coi Messinesi il commercio dell’idee liberali dei tempi. Rendi, porfido, rendi alla Patria i suoi figli, e trema della tua forza medesima. Mal ti affidi, insensato, se nelle armi napoletane. Esse non moveranno ingiustamente contro di noi. Sono troppo liberali i principj che le governano e muovano pure, che speri? Vuoi tu, che ottenga vittoria su di una Nazione irrevocabilmente decisa all’indipendenza o alla Morte; vuoi tu che vinca su di lei una truppa di pacifici guerrieri umanissimi, i quali saran solamente qui spinti dalla forza, e guidati dall’ingiustizia? Ma già non fu tutta perversità di carattere che ti persuase all’infamia, ma fu in gran parte la viltà del tuo spirito, non ti capendo neanco in pensiero lo che possa l’ardire Siciliano; che se lo avessi tir sospettato un momento la tua stessa viltà ti avrebbe fatto abbracciare in apparenza quella Santa Causa, a cui ripugna il tuo cuore.

Era di già impresso questo sfogo giustissimo contro lo Scaletta quando il giorno z5 armò in questo Porto il Brigantino Inglese nominato Blacker comandato da Capitano David Blacr proveniente da Messina in giorni due carico di manifatture inglesi e ferro senza esser munito della corrispondente patente sanitaria, la quale gli era tata negata. Ed invece presentò copia del presente officio fatto dal Principe della Scalena di riscontro a quello del Console Inglese di Messina.

Luogotenente Generale

In Sicilia

Messina li 19 agosto 1820

Sig. Proconsole

«In riscontro al suo foglio d’oggi stesso sono a significarle che sino a questo punto non v’è ordinanza di S. M. il Re mio Signore, che proibisca il Commercio de’ Legni Britannici con Palermo, ma nell’istesso tempo le replico, che essendo quella Città in disordine, resta a di lei carico qualunque disgrazia che possa avvenire al detto Brigantino, e qualunque poco rispetto possa usarsi in questo momento alla Bandiera Britannica, che le riprotesto formalmente di essere tanto amica e del mio Re e della mia Nazione.

Il Luogotenente Generale

(firmato) Scaletta»

Possibile che l’umana perfidia, e la depravazione vilissima di quell'anima schiava, per prostituirsi in tutti i modi, e sostenere l’apparenza di un dispotismo ideale, sia giunta financo ad infrangere le leggi più sacrosante, le leggi della pubblica salute, alla cui voce tacciono riverenti i dritti imperiosi della guerra, e le ragioni politiche delle Nazioni e dei re! Scellerato, tu credi, negando le patenti sanitarie sotto sì vili pretesti annerire la nostra condotta presso le potenti Nazioni, e porle in diffidenza dei fatti nostri? tu credi io questa guisa ingannare gli stranieri, come inganni gl’infelici Messinesi, precluderci ogni via di commercio, e rappresentarci in somma allo sguardo dell’Europa non europei socievoli, ma cannibali evitandi?... Però noi siamo più che non credi uomini, ed uomini liberi!

Noi veneriamo i dritti delle genti: noi abbiamo rispettato le sostanze e le persone degli stranieri anche nei più difficili momenti, di che fan fede le onorevoli protestazioni indirizzateci dai Consolati dell’estere Potenze. Che più! lo stesso Cap. Davide Blacr ridendosi delle tue menzogne ebbe lauto fiducia nel carattere leale dei Palermitani, che animoso venne ad approdar fra di noi, anche sfornito di quel documento sanitario, che gli bisognava per essere ricevuto da qualunque governo. I Palermitani però portando all’estremo la loro fiducia generosa nell’onore degl’inglesi, sopra un verbale del Capitano, e sul certificato del Proconsole Inglese Bachr, ammettono il legno alla pratica; sicuri che uno Scaletta poteva esser capace di tanta sceleratezza,

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Unicuique suum

Corse inserito nel foglio passato un articolo, su i rispettivi dritti politici delle due Nazioni Napoletana e Siciliana. Il publico lo accolse più tosto sfavorevolmente: e per verità l'ordine oscuro dell’idee, ed una certa barbarie di stile, che vi regnano, lo rendono pesante ai leggitori, essendo peraltro ricco di molte buone e diplomatiche ragioni concernenti al soggetto. Però il degnissimo avvocato autore di questo articolo, tenace un po’ troppo di opinione sulle cose sue, e molto contento dell’esito del suo lavoro, poco meno che ne vuol reclamare altamente la paternità. Noi per amore del vero e della giustizia, lontani dal volerci appioppare uri parto sì bello, ci protestiamo; che fu solo una colpevole cortesia, più che una benevolenza simpatica, quella che c’ indusse a fame l’adozione; ma ora che sappiamo quanto costi all’amore del padre, lo star disgiunto da sì bel figlio, rendiamo in tutte le migliori forme al Sig. Avvocato Dottor D. G. R. il suo ottimo articolo, ed annulliamo quest’atto di adozione solenne, come di già tanti altri se ne sono annullati, cessato il pericolo della leva forzosa, che li avea prodotti a migliaja.


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GIORNALE ESTRAORDINARIO

Palermo 28 Agosto 1820 N. 8

GIORNALE

LA FENICE

NOTIZIE INTERNE

Dopo dati molti savj provvedimenti per la riordinazione dello stato, e per restituire la' publica tranquillità, filialmente la Giunta Provvisoria nella seduta dei 25 del corrente prese nu. aspetto più dignitoso, occupandosi di cose rilevantissime tendenti a lare ima forma stabile ed uri nome alla nazione Siciliana. Pare dunque ora essere cosa utilissima, e quindi desiderata, l’occuparsi in questo giornale delle risoluzioni1 di questa Giunta sollevata orinai alla dignità di corpo provvisoriamente legislativo. Delle serie discussioni cominceranno in essa ad aver luogo, delle quali sarà bello il raccogliere la somma, per così venir il publico informato di ciò che sarà per risolversi, delle persone e dei dibattimenti che l'hanno non meno che promosso e sostenuto, fu questa stessa Seduta l’Avvocato D. Antonino Tortorici propose un progetto per lo stabilimento delle Segreterie di Stato. Egli le divise io cinque ripartimenti Affari Esteri, Finanze, Grazia e Giustizia ed Ecclesiastico, Interno, e Guerra e Marina. Due Sommi Vantaggi dall’adottare un tal progetto sono per risultare, il celere e spedito cammino degli affari, ed una classificazione di poteri, ai quali sariano sempre dispotici e irregolari quando stassero congiunti nella stessa persona, o assemblea di governo, e questi vantaggi furono esposti dai Tortorici per persuadere la necessità della proposta misura. Il Sig. Ogni bene appoggiando il progetto confirmò l'idea che il publico si era fatta della di lui sensatezza. Fu intanto da alcuni objettato, che prima di dare una forma ed un nome al Governo Siciliano eransi da aspettare le risposte del Governo Napoletano. A ciò l’Avvocato D. Giacomo Aceto con quell'energia e felicità di esprimersi propria della sua famiglia arringò la Giunta proponendosi di far chiaro addivedere come era inutile lo aspettare le risoluzioni di Napoli le quali doveano essere contrarie direttamente a’ voti della Sicilia. Egli concili use che quand'anche vi avessero motivi di aspettarle propizie, pre non era del decoro e della sicurezza della nazione, lo avere un bene sì grande la libertà, e la dipendenza, come un dono di una potenza straniera; e che tale sorte di benefizj non possono e non devono aspettarsi che dalle proprie forze e dal proprio coraggio. Il Presidente Principe di Villafranca con quell'eloquenza che persuade, perché spinta sulle labbra dal cuore fece un quadro delle disposizioni a nostro riguardo del governo di Napoli, e portò all’evidenza, i ministri napoletani essere per volontà e circostanze lontanissimi dall’accordare l’indipendenza alla Sicilia; che già aveano essi spiegato una guerra la più crudele contro di noi, fomentando per quanto era in loro la guerra civile; e che non attendendosi aggredirci per ora di viva forza, con le armi e con gli inganni stavano procurando di mantenere la dissenzione di poche città, straniere alla nazione, se un ammenda generosa non le ritorna fide alla patirà, che ne vive ansiosa. Egli conchiuse, con un disinteresse vero cittadinesco, che dovendosi passare all’elezione dei ministri non estimava conveniente il far caderne la scelta su i componenti la Giunta. E tanto più fu in lui ammirato questo tratto di antica virtù, quantoché avea egli inteso mormorare dai più, che il voto della Sicilia lo voleva alla lesta del primo ministero, 3nello di affari Esteri. Ebbero qui luogo varie discussioni le quali divergendo dallo scopo principale, stavano per allontanare la risoluzione sul progetto del Signor Tortorici. Ma il Principe della Trabia ritornando felicemente al soggetto, persuasi i membri componenti la Giunta, a decretare prima di tutto lo stabili remo dei ministeri di Sfato, rimettendo ad un caldo giorno la questione, se poteano o no i ministri scegliersi fra i membri della Giunta medesima.

Il cavaliere D. Giovanni de'  Aceto fece presente alla Giunta essere oramai tempo di prestare nelle forme solenne giuramento alla Costituzione di Spagna, ed alla Indipendenza Siciliana. Questo. progetto comecché venisse unanimemente approvalo, pure patì delle difficoltà ed opposizioni per riguardo alla persona di chi dovea governarci. Molte cose si dissero su questo particolare dal Presidente Principe di Villafranca, dal Principe Trabia, dal Cavalier p. Francesco Saverio Valguarnera: e finalmente dallo stesso di Aceto si propose doversi intestare i Dispacci in nome d'un principe della famiglia nostra reale, considerandolo ad esempio degli Spagnuoli, prigioniero dei Napoletani; ed obbligandolo nel venirci a governare a giurare la Costituzione di Spagna e la Indipendenza da Napoli.

La Giunta con molta saggezza rimise questo esame, e la reazione della formola del giuramento ad un comitato che passò indi a poco ad eliggere.

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Ci viene assicurato che in S. Stefano una malvagia guerriglia comandata dal Monaco di S. Anna P. Errante si avea permesso delle violenze in alcuni paesi. Il Colonnello D. Raffaele Palmieri, comandante una ben disciplinata e forte guerriglia procurò prima di tutto di ridurre colle buone alla ragione quel perfido fra te, a quale oggetto da Mistretta erasi portato solo in S. Stefano, ma poi visti inutili i suoi tentativi, si die cura d'impedire questi nascenti disordini castigando severamente quei malintenzionati istigatori di violenze e rapine.

Ciò serva di esempio a quei pochi che aspirano montare a qualche grado di fortuna per mezzi disonesti, e serva pure a dimostrare l'onoratezza e la rettitudine dell'intenzioni del Governo Provvisorio della Sicilia, assicurando a tutte le popolazioni un valido soccorso dalle violenze dei tristi. Il Colonnello Palmieri ha molto ben meritato della patria, e la sua azione non dee riguardarsi meno di una vittoria riportata contro il nemico, poiché il fomentare tali disordini è quella guerra con la quale spera soggiogarci il Governo di Napoli ed il di lui infame aggente in Sicilia Principe della Scaletta.

– D. Vincenzo Trisolini Uffiziale di salute nel reggimento de'  Cavalleggeri in conseguenza della memorabile battaglia del 17 Luglio fu un giorno dopo arrestato presso Boccadifalco: da Domenico de'  Franco abitante dell’Altarello di Baida. Il sudetto Trisolini era armato di sciabla che subito gettò nella pianura, e si trovava in tasca una mostra per proprio commodo del valore di onze 24.

Tosto arrestato, il de'  Franco gli tolse la mostra, ed il Trisolini avendolo pregato di lasciargliela per provvedere con essa al proprio sostenimento nella prigionia. gli fu risposto, che la mostra gli sarebbe stata tolta, o rubata nelle carceri, che siccome i detenuti noti avrebbero avuto communicazione esterna, non avrebbe potuto venderla o baruffarla per il proprio sostenimento, a cui d’altronde umanissimamente il Governo avrebbe provveduto, ed infine gli fu promesso che la mostra sarebbe stata conservata per lui, ove fosse giunto a liberarsi. Bisognava acquetarsi tacere e fingere di credere.

Il Trisolini fu rimesso in libertà dopo più giorni di detenzione, tenea la mostra per perduta, e più non vi pensava. allorquando pochi giorni, dopo restituir si vide la mostra non solo ma anco la sciabla.

Questo tratto magnanimo colpì il Trisolini si altamente. che non potendo in altra guisa testimoniare al virtuoso de'  Franco la sua riconoscenza, ce ne ha resi avvisati per fame parola nel giornale, e noi inseriamo il fatto in onore della virtù Siciliana e del generoso de'  Franco.

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La notte del 25 Agosto fu per la prima volta messa in azione la nostra Guardia Civica.

Uomini al di la dell’età pressa, e giovinetti di qualche anno minori, principalmente della disse de’ Cavalieri e Gentiluomini spinti da patriottico entusiasmo eransi iscritti ne’ registri; è ciò che formava nel passato Governo l'oggetto del disgusto universale, oggi lo è di piacer sommo, e d’entusiasmo.

È uno spettacolo imponente; e tenero il rimirar sotto le armi tanti personaggi e venerarteli per età e distinti per nascita e per impieghi, tani religiosi e sacerdoti, nel cui volto sta scolpita la tranquillità e la pace, tanti rispettabili negozianti, capi di corporazioni, e maestri di bottega, tanti Cittadini in somma di senno adulti e di consiglio, confusi con una brillante gioventù spirante fierezza ed ardimento, vegliar la notte percorrendo la Città in difesa delle proprie case, delle sostanze, e de'  pegni più di tutto cari, quali sono i vecchi padri le imbelli spose, ed i piccoli figli.

Noi non ci dilunghiamo nel dettagliare i vantagi di questa nobile ed eccellente istituzione, più che d’un giornale, materia sarebbe d’un opuscolo politico, e molti letterati di proposito l'han trattato, noi dunque ci limiteremo soltanto a dire, che per i malintenzionati, i quali somiglino trar profitto dai disordini, è suonata l’ora, o della ritirata o dei Gastigo, e che i buoni e pacifici Cittadini non han più da temere.

Lode alla Giunta suprema di pubblica tranquillità, che ne promosse l’organizzazione; lode al Capitan Generale, che. ne ha effettuito l’esecuzione; e lode finalmente ai tutti i Cittadinj che vi han contribuito coll’iscriversi, —.Essendoci stato comunicato il seguente articolo relativo allo stesso soggetto, ci siamo fatto un piacere di pubblicarlo, poiché non. si può mai dire bene abbastanza di una sì socievole ed utile istituzione, e giova enumerarne per tutti i Diodi gl'immensi vantaggi.

ALLOCUZIONE AI PALERMITANI

Eccoci finalmente dal seno dì lunga oppressione, e di momentanea Anarchia risorti a libertà, A sicurezza.

Eccoci in braccio a’ figli della Patria. Ecco ricomparso fra nei il vero soldato. Non più vili sicarj, ministri di un dispotismo ancor ili essi più vile fingeranno di vegliare alla nostra tranquillità, mentre non faceano che rendere impone il tiranno, ed i suoi infami satelliti. I veri prodi, i Cittadini tutti armano coraggiosi le loro braccia, offrono volantarj loro petti in difesa de’ nostri diritti in sostegno della interna. tranquillità. Quale spettacolo tenero insieme, ed imponente non è quello della guardia di sicurezza! Quali sentimenti non desta esso nei cinipe. di ogni Cittadino. Dimentichi de’ vani onori, delle odiose distinzioni il Proprietario, il Nobile, l’uomo di Legge, il Negoziante, il Ministro dell’Altare si vedono, non che marciare al pari, ma dipendere dagli ordini, di no artigiano prescelto dal comun voto a Capo di truppa.

Non si gareggia più per il grado ma sol di zelo per la comune salvezza, e di santo amor di Patria.

Tenere madri stringete pur sicure al vostro seno l'innocente frutto del vostro casto amore, dormite pur tranquilli i vostri sonni, i prodi della Patria vegliano ai limitare del vostro soggiorno.

Cittadini, pei quali il solo sospetto di nascoste dovizie potea divenir in altri tempi delitto,; castigato ancor prima di essere conosciuto, calmate l’agitato spirito vostro; e cambiate co’ vostri Concittadini 1onorevole dovere di assicura re l’interna tranquillità. E voi, i quali, arrestati da dubbiezza poco dicevole in cuor Siciliano non avete per anco ascritto il vostro nome alla lista del coraggio, e dell’onore volate a cancellare questa lieve macchia, mostrandovi al pari di ogni buon Cittadino zelanti della comune sicurezza.

E voi malvagi perturbatori della pubblica sic mezza, se pure ne esistete in questa bella e generosa Città tremate, e preparale le. vostre braccia, inutili agli onorati mestieri che assicurano commoda sussistenza all’uomo onesto nella civile società, preparate le vostre braccia alle catene, solo ornamento che vi convenga.

Onorati Capi delle, onorate Maestranze, nel di cui seno la Patria smarrita ha ne’ più perigliosi incontri sempre trovato sicuro asilo, continuate costanti a cooperare alla grande opera della nostra rigenerazione. Riconoscete negl’individui delle rispettive corporazioni noti l’esercizio. dell’arte, ma la condotta, e le qualità morali, e siate pronti a cacciarne quelli, i quali si mostreranno indegni di appartenete. La diversità di mestieri non formi varietà di ceto; noi non ne conosciamo, che uno, quello di cittadino, Si dia bando ad ogni distinzione, e non si ambisca se non quella di mostrarsi rispettoso alla legge, ed amante del pubblico bene, ciò in che consiste la vera virtù. Stia pronta la vostra forza ad ogni evento, ma si lasci regolar dai saggi, che unitamente a Voi, ed a’ rispettabili Rappresentanti de’ Comuni si trovano alla testa del Governo. Il mostrarsi non richiesta dalla legittima Autorità, il muoversi sotto gli ordini di cui vuole innalzarsi sopra i suoi eguali, potrebbe renderla sospetta.

Valorosi Eroi e guidaste i primi le Nazionale schiere in sostegno della Nazionale Indipendenza, un monumento di Patria riconoscenza perpetui la memoria delle vostre gloriose gesta, e possiate meritar nuove palme, che non siano però sparse di sangue cittadino.

Prodi, ed illuminati Cittadini, i cui energici sforzi hanno tanto contribuito alla salvezza della Patria, gradite in un col mio il suo voto di riconoscenza, ed uguali sempre a voi stessi siatele ognora di esempio e di scorta.

Voglia il Cielo illuminare le nostre menti, incoraggire i nostri petti, reggere lo nostre braccia nella lotta per noi onorevole e gioì iosa de’ acri dritti dell'uomo contro la tirannia, della libertà e dell’Indipendenza contro la vile politica ministeriale, ed i fautori dei dispotismo.

G. M.

— Sottratto alle sciagure, che infelicemente per la sua ostinazione provò Caltanissetta è già arrivato in questa colla sua famiglia il nostro Palermitano D. Giuseppe Pagano impiegato da Giudice dilla G. C. Criminale in quel Capo Valle. Questo degno Cittadino con quel coraggio di cui và ripieno chi noti sa tradite il vantaggio della Patria per vile interesse, si seppe Sempre preservare da quel velenoso conteggio che infestava tutta Caltanissetta, e quindi ha per la sua irreprensibile condotta meritato da questa provvisoria Giunta con suo decreto il titolo di di bravo Cittadino. Noi dunque meli’ atto, Che coni piangiamo le disgrazie di questo nostro degnissimo compatriotta lo raccomandiamo vie maggior in ente alla stima del Pubblico.

—Arrivò qui jeri il Colonnello D. Raffaele Palmieri per avere delle istruzioni relative alle operazioni militari da intraprendere sopra Messina, restando al comando provvisorio della sua guerriglia il bravo Colonnello Bazatr, incaricato di marciare alla volta di Troina. Speriamo che venga accordato a questo zelante uffiziale quanto egli crede poter giovare all’esito felice dei suoi militari progetti.

NOTIZIE ESTERE

Napoli 1. Agosto 1820

I tumulti di Palermo, da una parte soggetto di lagrime in chiunque abbia vera carità di Patria, sono dall’altra argomento del carattere generoso del popolo di quella Città; ed in mezzo a deplorabili errori lusingano, in certo modo, l’orgoglio nazionale. Nella pace e nella calma, tutte le nazioni hanno più o meno la stessa fisionomia: per conoscere un popolo fa d’uopo vederlo in mezzo alle grandi agitazioni e ne’ giorni di sconvolgimento e di tumulto. Ebbene! ia giorni così tristi, i Palermitani, se furono traviati da falsi principi politici opposti a’ loro veli interessi, mostrarono pure essere le più belle, virtù profondamente radicate ne’ loro cuori. Mentre fervea la rivolta in tutta la città, e nel momento stesso che ardea vivamente la mischia tia la truppa ed il popolo: da per tutto il Cittadino Napoletano era riguardato come persona sacra ed inviolabile. Il soldato e l’uffiziale, fatto prigioniero, era assistito, confortato, soccorso da quelli stessi che si erano generosamente con essi battuti. I nostri magistrati non ebbero mai maggiori testimonianze di affezione. Le loto persone, e le loro case furon sciupi e custodite dal pubblico amore. Uno era, e nobilissimo, il sentimento di ogni Palermitano: quello di non lasciarsi vincere da altro suo concittadino in generosità ed in ospitale accoglienza verso i Napoletani di ogni condizione scrivendo così, noi siamo interpreti della gratitudine de’ due nostri magistrati Montone e Catriilo, i quali contano tra i loro più sacri doveri rendere manifesto il loro animo riconoscente verso un popolo degno di stima e di amore, per fino ne’ momenti in cui di rado l'umanità non è obbligata a piangere sopra grandi stragi e grandi delitti.

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Abbiamo inserito questo tratto di un foglio periodico di Napoli, il quale servirà maggiormente a rendere abominevoli quei pochi Siciliani che appiattati dentro Catania e Messina, si permettono di pubblicare delle infamie a carico della nazione indipendente Siciliana; facendo un contrasto sensibilissimo le loro stolte calunnie, col decoroso rispetto usatoci da' nostri stessi nemici.

Palermo 28 Agosto 1820 N. 13

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all''Estensore del Giornale La Fenice.

 

NOTIZIE ESTERE

Napoli 8 agosto 1820

Bella è l'ospitalità sopra tutto mentre fervono le passioni capaci di fare obbliare perfino i più cari vincoli del sangue; ma bella è pure la gratitudine degli animi gentili indivisibil compagna. Noi ab biamo più volte narrato come la prima virtù sia stata nobilmente da Palermitani ne più difficili momenti praticata verso tutti i nostri concittadini; dolce è pure potere oggi ripetere somma essere la se conda in tutti i Napoletani reduci da Palermo. Uno tra questi, il Signor D. Camillo Santorelli, ispettor generale del registro e bollo, c'invita a far pubblico, che ingiustamente taluno vuole attribuirgli vo ci contrarie al sentimento di riconoscenza che egli serberà eterno nel suo cuore per le affettuose maniere con cui venne da Palermitani trattato in tutta la sua lunga dimora in quella città, e sopratutto ne momenti in cui infierì maggiormente il tumulto. Questa gara di virtù non sarà nunzia di felice concordia fra i figli generosi della stessa Patria?

Ci si fa sapere, dice il Costituzionnel, che due Napoletani, i quali erano in Parigi, sieno già partiti per ritornare in Napoli, con l'intenzione d'ivi stabilire un giornale costituzionale. Peccato che lo zelo di quei due nostri concittadini sia stato prevenuto dalla Voce del Secolo dal Vigilante dall'Imparziale, dagli Annali del Patriottismo, dagli Amici della Patria dal Liceo Costituzionale, dal Solitario, dalla Biblioteca Costituzionale, dall'Amico della Costituzione, dalla Luce, giornali dettati co’ principii de'  quali va glorioso il Costituzionale parigino, e dei quali furon già belle le carte della Minerva francese di onorata memoria!

NOTIZIE INTERNE

La Giunta Provvisoria di Cefalù in data dei 13 Agosto 1820 con un suo rapporto diretto a questa Suprema Giunta di Palermo, dopo descritta la serie degli avvenimenti di quella Città passa a giustificare la condotta del Comandante Cavaliere D. Gabriele Fuxa; noi inseriamo questo squarcio perchè col medesime mentre si giustifica il Signor Fuxa si fanno note anco le intenzioni Ottime della Giunta di Palermo.

«Quanto ha sofferto questo Comune è stato pero compensato dalle gentili ed obliganti maniere del Comandale Cavaliere D. Gabriele Fuxa. Quest’ultimo Cavaliere pronto nell'acchetare i disordini della Truppa, ingegnoso nel riunire gli amici, garbato nell’eseguire le incombenze, coraggioso nell’affrontare i pericoli ci ha date le maggiori riprove della sua protezione. Egli ha saputo raffrenare l’impeto de'  suoi insubordinati seguaci. Egli ha mostrato il suo zelo per lo stabilimento de’ dazj: egli ha preseduto alle nostre adunanze. Egli in somma si è attirato colle sue eccellenti maniere tutta la nostra riconoscenza.

Tommaso Faldina Barone delle Rocce

Presidente

PROCLAMA

La Giunta Suprema di Palermo

Le circostanze imperiose, iti cui si trova la Sicilia per li disordini che hanno avuto luogo in molte popolazioni, la difesa della vita, e della proprietà di tutti i Cittadini esiggono l'organizzazione di una milizia di volontarj che possa prontamente di ogni luogo proteggere la tranquillità, ridurre al dovere i malintenzionati, reprimere i briganti e rendere rispettabile, e ben sicura la forza del Governo.

Ma l’oggetto principale di questa pronta organizzazione provvisoria è quello della difesa della Nazione, la quale perché si è pronunziata per la più sacra, e la più legittima causa della sua Indipendenza ha eccitato la rabbia de’ nostri oppressori, e di pochi intrigagli del cessato sistema i quali mettono in opera tutti i loro sforzi, per ridurci alla schiavitù, e non hanno verun ribrezzo di suscitare la guerra civile tra le popolazioni, che si dovrebbono riguardare, come appartenenti ad una sola famiglia, come cospiranti ali’ unico grandioso oggetto della comune felicità.

Questi indegni nostri oppressori, questi pochi traditori della patria conosceranno ben presto la vanità de’ loro sforzi tutta la Nazione è già infiammata dal sacro entusiasmo della indipendenza, tutta ad uria voce la proclama, e ne domanda dal Governo la pronta ed energica difesa.

Siciliani ricordatevi chi siete. Tutta la Sicilia, sono già più di cinque secoli, si riunì per discacciare i tiranni Angioini, i nostri progenitori fecero quel famoso Vespro dì cui risuonano, e risuoneranno per sempre le storie; noi tardi nepoti dì quegli uomini eroici avrem forse perduto 1ardente patriottismo, che dee racchiudere ogni cuore Siciliano di qualunque tempo, e di qualunque luogo?

Cooperatevi quindi Cittadini virtuosi al felice eseguimento di questa organizzazione militare, fate degli sforzi atletici, onde sia compita in brevi giorni, da essa dipende la nostra salvezza, la nostra vittoria, non risparmiate né fatiche, né danaro, giacché la Nazione in circostanze più felici non solo vi renderà indenni di quello che oggi generosamente appresterete a1 suoi bisogni, ma corrisponderà al vostro patriottismo, con tutte quelle ricompense, che sono dovute alla virtù.

Palermo li 24 Agosto 1820

Seduta de'  4 agosto 1820.

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità inteso il rapporto fattole dal Comitato straordinario delle finanze a cui ha preseduto il Presidente Principe di Villafranca ba decretato che stante l’insufficienza del mutuo volontario, sia imprescindibile nelle presenti critiche circostanze, un mutuo coattivo nella somma di due cento mila once per la di cui garenzia si consegna la Contea di Mascali che avrà una particolare amministrazione, onde con il di lei frutto, ed anche colla ricompra dei cenzi in tempi più felici, e quieti potervi estinguere il debito che oggi si contrae.

Quindi ha facoltato il detto Comitato straordinario a fornire le liste di tutti coloro che saranno obbligati n mutuare, dichiarando però che tutte le somme da loro mutuate volontariamente, ed anche donate faranno una deduzione a quella somma nella quale saranno eglino tassati.

E stante le attuali imperiose urgenze la Giunta provvisoria ha facoltato il sudetto Comitato straordinario delle finanze di cominciare i esigenza di questo mutuo coattivo nella maniera, e con quello metodo che il Comitato giudicherà, avvalendosi di quella forza che crederà necessaria. E per maggior facilitazione nella presente ristrettezza del denaro effettivo, le rispettive contribuzioni si potranno esiggere così in denaro, come in argento.

Palermo 4 agosto 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Commissione Provvisoria eletta per punire gli aggressori delle case, e possessioni de’ particolari per simili reati commessi dal giorno venti Luglio in poi inclusivamente avvisa il Pubblico, che si congregherà nel Collegio Massimo de’ PP. Gesuiti ordinariamente il Giovedì, e Sabato di ogni Settimana; ed estraordinariamente tutt’altri giorni quante volte il bisogno lo ricerca. E ciò dalle ore nove d'Italia.

Palermo 24 Luglio 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità col consenso de’ Consoli, e de'  Rappresentanti degli altri Comuni del Regno ha decretato uniformemente al parere del Capitan Generale delle Armi, che si faccia noto al pubblico per via di stampa, che tutti coloro i quali consegneranno al Colonnello di Cavalleria Principe di Maletto generi di pertinenza alla disciolta Cavalleria, riceveranno il premio qui sotto descritto, cioè.

Per ogni Sella completa, ed in istato di servizio tt. 24

Per ogni Carabina tari 20.

Per ogni pajo di pistole tari 20.

Per ogni Sciabla senza cintorone tari 10.

Per ogni Sciabla con cintorone tari 12.

Per ogni Cartuccera, e Bandoliera tari 6.

Per ogni Briglia, e Testiera completa tari 4

Per ogni Capezzata con catena tari 6.

Per ogni Capezzata senza catena tari 4

Per ogni Cappotto in buono stato tari 18.

Per ogni Tromba tari 12.

Palermo 24 agosto 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità, di unita ai Consoli, e dei Rappresentanti degli altri Comuni del Regno La Hi teso con massimo piacere la generosa offerta fatta dal Duca di Terranova di dare alla Nazione ludo il suo legname d’olmo, e di rovere esistente ne’ suoi magazzini di Palermo, che potrà abbisognare nelle presenti circostanze. La Giunta in nome di tutta la Nazione Siciliana si crede in dovere di dare un pubblico attestato a questo Illustre e benemerito Cittadino, ed a tale oggetto ha decretato, che i sensi suoi di gratitudine verso lo stesso Sig. Duca esternati nel presente Decreto si pubblichino colle stampe, acciò l’esempio di quest’ottimo Cittadino

Vaglia ad eccitare io zelo di tutti i buoni Siciliani, e servì di esempio a tutti per soccorrere alla santa causa della Indipendenza Nazionale.

Palermo 24 agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Seduta de'   26 agosto 1820

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità unitamente ai Rappresentanti degli altri Comuni del Regno per ovviare agl’inconvenienti che può produrre in questa Capitale l’ingresso, e la sortita dalle porte della Città sia con arme da fuoco, sia con arme bianche, col consenso de’ Consoli ha risoluto.

1. Che il Capitan Generale disponga, che tutte le porte di questa Città secondo l’antico costume rimanessero chiuse di notte in modo che nessuno vi entri.

2. Che in tutte le porte le quali rimarranno aperte si destini una forza armata permanente sotto l’autorità di un Capo, la quale arresti, e disarmi tutte le persone, che vogliono entrare, o sortire da questa Città se non abbiano una carta legale che le autorizzi al portamento delle armi, e siano sospette; valendosi a quest’oggetto della forza armata, che. attualmente esiste a soldo di questa Città.

3. Che tutti gli Individui i quali arrivano dal Regno in Città anco disarmati fossero obbligati dare un destinto, circostanziato dettaglio dei motivi pe’ quali vi si conferiscono con additare il loro nome, cognome, patria, età, domicilio, e le persone alle quali sono raccomandati: e che dai Capi i quali presiedono alle porte si faccia di tutto distinto rapporto ogni sei ore al Capo Provvisorio di pubblica sicurezza, ed al Capitan Generale pelle opportune provvidenze.

4. Che per tutte le persone le quali sono sospette ì Capi le facciano scortare sino in luogo del loro destino per verificare gli attestati del costituto,

Palermo 26 agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e, tranquillità unitamente ai Rappresentanti gli altri Comuni dei Regno, ed ai Consoli ha risoluto che re sii approvato l'annesso avviso proposto dal Comitato eletto d lla Giunta pilla rimunerazione degl’Individui, che perdettero i loro Congiunti, ed a quelli, che rimasero feriti nell’azione dei giorno 17 Luglio scorso, e vuole che Io stesso sia dato alle stampe, affinché possa sapersi dal pubblico la maniera come è stata proporzionata, la rispettiva riconoscenza.

Palermo 26 Agosto 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Si previene questo rispettabile Pubblico, e per esso le famiglie, o sia persone qui sotto annotate che perdettero i loro Congiunti per difesa della Patria nel giorno 17. dello scorso Luglio, ed e quei zelanti Cittadini, che rimasero Feriti, qui egualmente trascritti che per deposizione della Suprema Giunta di pubblica sicurezza, e tranquillità dal Comitato eletto per soccorrere i sopraddetti Individui colle volontarie contribuzioni dei Signori Nobili e Benestanti Domenica mattina, e dopopranzo giorno 27. Corrente e giorni susseguenti si distribuiranno in casa del Console D. Antonino Robino once cinque per una alle famiglie de’ Morti, ed once due e tari quindeci a ciascheduno Ferito a tenore del rispettivo Memoriale presentalo. Tutti dunque gl’interessati qui sottoscritti si porteranno dal Sig. Notaro D. Giuseppe Terranova che abita nella Madonna del Cassero al num. 47da cui riceveranno un piccolo pezzi no del dato assenso, quale presentalo al sopraddetto Console dallo stesso, che abita nella Strada dei Mezzani al num. 15 vi si farà il corrispondente pagamento. Si fa sapere egualmente a tutte le qui notate persone, che tosto, che sarà disbrigata 1intiera esazione si eseguirà un secondo ripartimento proporzionando la Rota che le potrebbe spettare secondo le peculiari circostanze delli ricorrenti sull’intelligenza chse fin’ora si seno esatte once 454 e 16 che dividendone adesso once 430 restano once 24 e 16 che unite alle somme che si esigeranno si farà una seconda divisione.

NOMI E CASATA DEI CONGIUNTI DEI MORTI


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Anna Maria Adamo onz 25
Orsola Trenta coste onz 25
D Elisabetta Montino onz 25
D Antonia Bonfanti onz 25
D Rosa Fiorenza onz 25
Lorenza Damiani onz 25
Angela Spatola onz 25
Concetta Falcone onz 25
Orsola Tollari onz 25
Marianna Cera onz 25
Giacomo Purpura onz 25
D Calcedonio Basile onz 25
D Giuseppa Alessandro onz 25
Margarita Leone e Nuffo onz 25
Angela Cocilovo onz 25
Caterina Volo onz 25
D Domenica Zuccone onz 25
Gaetana Pitiarese onz 25
Teresa Izzo onz 25
Vincenza Rizzo onz 25
Francesca Raja onz 25
Maestro Antonino Corselli onz 25
Carolina Campanella onz 25
Filippa Coci onz 25
Salvadore Giuseppe e Santo Mare onz 25
Domenico Leone onz 25
Filippo Caponetto onz 25
D. Gaetana Melodia Vedova onz 25
Anna Maria Cataldo onz 25
D. Rosalia Coniglio onz 25
Rosalia Gallo, onz 25
D. Carnelia Ardizzone onz 25
Maria Geraci onz 25
D. Rosalia Cavallaro onz 25
Antonina Parisi onz 25
Angela Caronia onz 25
D. Giuseppa Mastrilli, ed Alci onz 25
Teresa Ficarra onz 25
Maestro Carmelo Melino onz 25
Antonino Ponticello onz 25
Andrea Difatta onz 25
D. Concetta Gandolfo onz 25
D. Rosa Germano onz 25
Leonarda Dalessandro onz 25
D. Maria Carmela Ricotta, e Falcone onz 25
Agata Ferro onz 25
Maestro Gaetano Lombardo onz 25
Giuseppa Siracusa onz 25
Rosalia Giglio onz 25
Giovanna Ardilio onz 25
Marianna Falconeri onz 25
D. Francesca Redi onz 25
Concetta Disalvo onz 25
N. 53 onz 265
Somma Ripartita ai Congiunti dei Morti onz 265
Somma Divisa ai Feriti onz 165
Somma onz 430

NOMI E CASATA DEI FERITI


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Maestro Domenico Palummeri onz 15
Giovanni d'Antonio onz 15
Filippo Perlongo onz 15
Maestro Salvadore Demme onz 15
Luigi Loverde figlio di Maria onz 15
D. Vincenzo Maggiordomo onz 15
Gaspare Sanzeverino onz 15
Nicolò Panzera onz 15
D. Marianna Grosso ebbe ferito il marito onz 15
Antonio Navarra onz 15
Rosalia Grasso ed Alonge ebbe ferito lo
sposo, Giuseppe onz 15
Rosolino Passatori onz 15
Sarvadore Deluca onz 15
Maestro Salvadore Ballarò onz 15
Giuseppe Mannino onz 15
Maestro Giuseppe Oliveri onz 15
Francesco Sciacchitano onz 15
Maestro, Giovanni Anelli onz 15
Maestro, Gaetano Patellaro onz 15
Antonino Giarrizzo onz 15
Giuseppe D'ora onz 15
Giuseppe Dioppoli onz 15
Paolo Giarrizzo onz 15
Giovanni Sciarca onz 15
Carlo La pietra onz 15
Luigi Sanfilippo onz 15
Besestia Melodia onz 15
Maestro Giovanni Calcagno onz 15
D. Giovan Battista Repetti, ferito onz 15
Maria Campese onz 15
Francesco Cannizzaro onz 15
Maestro Francesco La Francesca onz 15
Luciano Salemi onz 15
Stefano Geraci onz 15
Santo Pirrone onz 15
Andrea Cusumano onz 15
Maestro Domenico Giampino onz 15
D. Gaetano Digregorio onz 15
Vito Cataldo onz 15
Salvadore di Girolano onz 15
Sebastiano Sciacca onz 15
D. Teresa Giarrizzo ferito il figlio onz 15
Giovanni Spadarò onz 15
D. Emmanuele Bacalo onz 15
Onofrio Grasso onz 15
Maeestro Mio bel Angelo Amato onz 15
Gaetano Puma onz 15
Tommaso Arcetta onz 15
D. Gabriello Pezzati onz 15
Niccolò Caracappa onz 15
Domemenico Palamaneri onz 15
Maestro Pietro Miele onz 15
Maestro Simone Lo Re onz 15
Giovanni Barbagiovanni onz 15
Antonino Lombardo onz 15
Nunzio Rizzo onz 15
Salvadore Gaglio onz 15
Pietro Averna onz 15
Maestro Pietro Martorana onz 15
Francesco Perez onz 15
Maria Coffaro il Marito ferito onz 15
Gaetano Mappo onz 15
Domenico Cecchipinti onz 15
Sebastiano Sciacca onz 15
Caloggero Mannino onz 15
Axxxanoo Balistrieri onz 15
N. 66 Somma onz 165

La restante somma esatta, e quella che dovrà esigersi sarà destinata, per un secondo ripartimento. Fatta l'ultima distribuzione si faranno stampare i nomi dei caritatevoli Contribuenti colla somma da ognuno apprestato, ed un conto distinto dell'incontro ed esito fatto.

Si avvertono gli associati essere già vicino a spirare il termine dell'associazione d'un mase: laonde chi volesse non soffrire ritardo nella percezione dei fogli susseguenti dovrebbe affrettarsi a rinnovarla; nella prevenzione, che avendo noi già esauriti, i decreti attrassati della Giunta il foglio verrà arricchito di tutte quelle notizie interne ed esterne che potranno maggiormente interessare, e che formano il vero pregio dei giornali.

Palermo 30 Agosto 1820 N. 14

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all''Estensore del Giornale La Fenice.

 

NOTIZIE ESTERE

—Messina 8. Agosto. Un avviso della direzione delle poste fa nolo lie per disposizione superiore è dichiarata criminosa e vietata la corrispondenza con Palermo, e libero il carteggio con tutto i| resto dell’isola.

— Poteva dire con più ragione essere libero il carteggio con la sola Messina, dichiarandosi però, criminoso con tutto il resto dell’Isola: perchè tutti i paesi del Regno sono uniti o per unirsi a Palermo, ed alla santa causa della Indipendenza.

— Dalle casse pubbliche de’ distretti di Castroreale a Patti si versino in questa tesoreria generale pagamenti della fondiaria e di ogni altra contribuzione in vigore. La nostra provincia non ha attendo in menoma parto l'ordine l’obbedir nz, il rispetto alle leggi e li soddisfazione delle imposte. La quiete, dire uno de’ nostri giornali non può ottenersi senza le armi, le armi non si sostengono senza tributi.

—Fa bene l’Intendente di Messina a raccogliere guanto più denaro egli può dai paesi soggetti, essendo certo che al primo sventolare dell aquila Siciliana in quelle contrade essi scoteranno il giogo straniero che infamemente esercita su di loro la mano di un perfido siciliano.

—Si è sparsa voce che nelle campagne di Caltanissetta taluni servi della pena tentavano perturbare la tranquillità di quegli onesti e pacifici Cittadini. La guardia di Sicurezza di Caltanissetta arrestò tutta quell’orda malnata.

—Ora però si sarà sparsa altra voce, quella cioè dello sterminio di Caltanissetta, chiamato su quelle infelice Città dai tradimenti e dagli inganni d'un Guaglieco e Scaletta.

— Un nostro giornale ha detto. La nostra patria è divenuta il centro della comunicazione e la prima Città di questa parte dei Regno. Dio ci conservi.

Ed reco la stolta lusinga, con la quale procurasi d’involgere la bella Città di Messina. negli orrori di una guerra distruttiva. Ahi misera Città quanto duole la tua ostinazione a tutto il resto dell’Isola! E che pretendi? I terribili fulmini della nazionale vendetta ti piomberanno addosso, e quando sarai in preda alla ultima ruina allora quell’infame che ti seduce e inganna starà dal mare purifico e sicuro spettatore di tutti quelli mali che t'investiranno. Infelice! fa senno, e profitta del momento.

Palermo li 30 Agosto 1820.

— Il Sig. D. Giuseppe Maria La rosa di Caltagirone atteso il suo patriottismo contestato per mille non dubbie pruove ottenne da questa Giunta suprema l’autorizzazione di formare in quella Città una Giunta provvisoria, di destituire gli antichi impiegati servi del semivivo dispotismo, e di animare quel popolo al sostegno della buona causa. Egli ha cosi bene corrisposto alle speranze di questa Giunta, ha spiegata tale energia nell’eseguire tutti gli ordini della medesima, ha finalmente sormontato tanti ostacoli con grave pericolo dell sua vita. che la Giunta si crede in dovere di manifestargli a nome della comune patria sentimenti più veraci della sua riconoscenza.

Possa l’esempio di questo onorato Cittadino animare altri buoni Siciliani ad operare altrettanto per liberare dalla forza comprimente degl’impiegati le oppresse popolazioni del Regno.

DAL CAPO PROVVISORIO DI FICARRA

Alli Ecc.mi Signori componenti la Giunta suprema in Palermo.

Eccellentissimi Signori

Dal momento in cui giunse in Ficarra nostra Patria la nuova dell’adottata Costituzione Spagnuola fu accolla con trasporto, ed indicibile giubilo.

Arrivati da questa Metropoli alcuni compatrioti insigniti d’un nastro giallo al petto in quella di Filaria, con fedele rapporto ci fecero conóscere i motivi che disturbano i bravi emulatori a scuotere il giuogo di coloro che credono nella recuperata libertà di Napoli stabilire la perenne obbrobriosa servitù del nostro Regno.

Un fuoco inestinguibile si accese nel cuore di tutti noi che determinò indistintamente ognuno a vestire in un baleno l'insegne dell'indipendenza.

Non fa seguito il nostro entusiasmo da convicini paesi, o perchè forse non aveano risaputo il vero significato della parola indipendenza, o forse con l’accortezza per timore dell'asserto in luogotenente di Messina nemico della comune felicità.

I Ficarresi superiori a se stessi non lasciavano di propagare ogni giorno il germe della giusta causa di intraprendersi, adattando il nastro giallo a chiunque passava nel loro territorio, e sinanco a più di trenta Messinesi, che trovavansi colà nell'occasione di un mercato ai cinque Agosto corrente.

In tal circostanza esternarono quei stolti la loro rabbia subitocchè distaccaronsi da noi, e ci fecero sin anco sentire le voci delle minaccie.

Una circolare artifiziosa si dispose dal Sig. Scaletta promettendo delle forti colonne per incrociare il suolo tutto di Sicilia. Un altra ne spedì per arre stare i Palermitani, che faceansi vedere tra noi quali egli titolava Emissarj. Una terza per arre stare il corriero della posta, e simili, scritte con una penna la più velenosa bastanti a far conoscere l'indegnità del loro autore. Ordinò di prestarsi il giuramento prescritto dalla Costituzione Spagnuola; farsi gli elettori, e tutto il resto per essere convocato il Parlamento in Napoli.

Queste sciocche operazioni in vece di un vergognoso timore destarono in noi un maggiore attacca mento ai nostri liberatori Palermitani. Ma i vili si ritrovano in ogni luogo. La posta fu intercettata in Brolo forse senza l'intelligenza del naturali di quel paese, cotanto attaccati alla santa causa.

L' attrasso della corrispondenza, l'avvicinamento di truppa da Messina arrivata in Patti cominciò a far dubitare d'un invasione. Mandò il Cabalista Comandante Costa de'  corrieri in Naso per esser gli approntato della truppa. Avvisati di tal risoluzione dal capo provvisorio di Brolo si pensò impedire il passaggio nella via del Falconaro dove la natura avrebbe in parte rimediato alla debolezza delle nostre forze, e del Brolesi compagni.

Si presero le armi, era tutto in ordine per la gloriosa benché ardua in presa. Non si avverò con massima nostra pena il progetto, poicchè la truppa di notte tempo stimò fare i suoi avanzamenti col precipitoso ritorno per Messina.

Un soldato della compagnia d'armi del Distretto di Patti per nome D. Francesco Corica si era in tanto fatto vedere in quei giorni fra noi. Vaghe le sue risposte alle interrogazioni d'ognuno, lo fecero a raggione conoscere per l'empio Ministro dello spionaggio. Insinuazioni contro la santa causa cominciarono ad uscire dalla sua perfida bocca, e palesarono l'oggetto della sua missione Finse maravigliarsi nel vedere insignito del nostro giallo le stesse o Prosegreto Dr. D. Gaetano Piccolo, e lo pregò a toglierselo, anzi a persuadere il rimanente del popolo su cui ha egli invitato influenza; ima quel ottimo Cittadino seppe rispondere con energia, ed avvedutezza. Si avanzò con altri sino a dire, che l'insegna dell'indipendenza si tenea da lui ne’ cartocci.

Questo infame suo detto destò in quei giovani presenti una lodevole tra, ed erano già vicino a punirlo con pena condegna a traditori della Patria; ma riflettendo, che il Paese era poco adatto a sostenerci contro la Truppa vicina, ci con tentammo trattenerlo l'intiera notte con guardie, ed intimargli la partenza per l'indimani sul far del giorno con la avverteuza di non dovervi mai più ritornare

Un altro soldato dilla stessa Compagnia d’armi di Patti nomato Giuseppe lo Presti si fece vedere nella nostra Piazza di la due giorni, il quale sullo stesso esempio fu intimato a partire, ed a non più accostarsi alla nostra Patria.

Ma non erano stanchi quei birri compagni di turbare la nostra quiete. Il giorno ventuno ritornò altra volta il sudetto di Corica; esso si annunziò d’esser venuto col pretesto, che dove far delle esigenze d’ordine dei Luogotenente Generale Principe della Scaletta comunicato a quel Segreto di Pxxxxx, e credette cosi con quell’esecrando nome in bocca indebolire la nostra fortezza. Si rispose ben tosto con fermezza di spirito, che questo era un solito e specioso pretesto, e che nel caso ciò staio fosse vero, niuno de’ Ficarresi si sarebbe prestato al pagamento senza gli ordini della Suprema Giunta di Palermo.

Pallido divenuto non so se per timore, per rabbia si determinò alla partenza. L’ indomani giorno de’ 22 verso le ore diciotto d’Italia entrò nel nostro i Paese con due trombe bene agguerrita la Compagnia d’armi di cui ficca parte il Corica, ora, nella quale tranquillamente a casa sua ognuno riposava. Interrogato il suddetto corica da taluni sull’oggetto del suo ritorno col rimanente della Compagnia rispose con alterigia, che già il Tenente era venuto per far l’esigenza, o con le buone, o con la forza. Un bisbiglio si destò nel Popolo a tai detti: ed una risoluzione unanime d’opporre armi alle armi prese luogo nel cuore d’ogni buon Cittadino.

Credette chiunque, che qualche barbara esecuzione d’arresto volevano essi eseguire d’ordine dell’asserto Luogotenente Generale per opprimere il nostro entusiasmo per l'Indipendenza.

Assaliti i soldati dal Popolo furono ad onta delle loro gagliarde bravure disarmati, ed arrestati: due d spararono delle fucilate in faccia al Popolo, inseguiti quei sconsigliati riuscì loro a stento la fuga perché situati in posti all’estremità del Paese erano più vicini alle campagne avendo lascialo i Cavalli, e le Armi.

L’arresto di essi, la promessa dì recarli alla Suprema Giunta fu bastante mercé l’insinuazione di; taluni uomini d'influenza rimettere la calma, e solo una folla uomini armati obbligò me qual capo provvisorio di quel comune a mettermi in cammino per questa capitale, ove giunto ho consegnato al Capuano D. Carlo Leone sei dei suddetti Individui colà arrestati.

Una somma di onze venti e rotti si trovò in dicostoro potere. Otto Cavalli furono presi, quali subbitochè arriveranno in questa, giacché non poterono portarci con noi, al lesoceli è nei passaggio da Santo Stefano fummo costretti imbarcarci coi detenuti saranno presentali a chi destinerà la Suprema Giunta, compensale le legittime fatte erogazioni.

Ecco Eccellentissimi Signori un fedele dettaglio' di quei fatti che han turbato la pace di quel Paese, che intente solo avea le sue operazioni alla difesa della Santa Causa.

I bravi Compatrioti che si distinsero in valore, ed attività sarebbe lungo numerarli, ma quei pochi, che oltre aversi distinto col loro coraggio, abbandonarono le loro famiglie per accompagnare i detenuti con sicurezza sino a questa capitale, meritano che siano noti alla nazione, essi sono D. Gaetano Milio. — D. Giuseppe Arcobasso, ed Amantia. — D. Giuseppe Piccolo, Pariologo.

Io, questi bravi miei compagni, tutti gli abitanti dalla nostra Parta siamo pronti pronti onde la difesa della nostra Indipendenza unire le nostre armi a quelle de’ Comandanti Nazionali, a spargessimo sino all’ultima goccia il nostro sangue, giacchi è per noi (come lo è per ogni buon Solfano) molto glorioso il morire in campo di battaglia piuttosto, che restare nell’obbrobrio della Dipendenza al Regno di Napoli. Tutti siamo risoluti a vincere o a morire.

Il Capo Provvisorio di Ficarra

Domenico Milio

Palermo 28 Agosto 1820

COMITATO BELLA CORRISPONDENZA NAZIONALE

Essendo volontà della Suprema Giunta, che tutti i Comuni del Regno intervengano co’ loro vo li in tutte le deliberazioni che avranno luogo; ed essendo difficile di ciò ottenersi senza il ministero di un Rappresentante; invita perciò ciascun Comune d’inviare il suo rispettivo Rappresentante per agire di concerto con la medesima; nell’intelligenza, che quelli Comuni; che non saranno per inviarlo, verranno rappresentati da quello del Capo Distretto a cui appartengono. tutti i Comuni che desiderano delle provvidenze da questa Suprema Giunta, fin drizzeranno al loro rispettivo Rappresentante, il quale come riconosciuto avrà tutti i mezzi di secondarlo.

Per lo più celere andamento degli affari, si raccomanda di usare la maggiore brevità non disgiunta dalla chiarezza nella corrispondenza, e di apportare in fronte gli uffizj l’oggetto del loro contenuto.

Il Presidente del Comitato.

Palermo 28 Agosto 1820

Comitato dei reclami del regno

Signori

I mali, che affliggono la Sicilia non sono, che l’effetto della ostinatezza dei Messinesi nell’opporsi alla causa la più giusta, e la più sacra. Eglino hanno voluto suscitare una guerra civile, e perfidamente han contribuito allo spargimento del sangue Siciliano. Eglino han tradito la patria, cooperandosi alla sua schiavitù, ed hanno perciò perduto ogni diritto onde poter godere de’ beneficj e delle risorse nazionali. La proiezione, ed il soccorso, che il Siciliano deve al Siciliano’ non si estende più ai Messinesi, e non potranno riacquistare questo dritto se non quando faranno i più energici sforzi. per riunirsi alla comune Causa.

Il loro commercio col rimanente delle popolazioni del Regno dev’essere assolutamente proibito, ed interrotto; i loro legni non devono più trovare un asilo, né dentro i nostri porti, né nelle nostre spiagge, e la gente, che vi si trova soffre ciò che da’ Messinesi a’ nostri si fa soffrire.

Noi non usiamo, che del semplice dritto di rappresaglia. Non s’ignori, che tutti i palermitani con veste pubblico, privata, e gli abitanti dei nostri amici Comuni, non che i corrieri da noi spediti sono stati molestati in Messina, e barbaramente gran parti di essi allontanata dalla patria, e confinata a Gaeta, che i nostri legni si tengono in arresto, e la gente di equipaggio nelle prigioni.

Pieni della più pacifica moderazione non ordiniamo l’arresto de’ Messinesi, che ne’ varj Comuni si trovano già da qualche tempo, anzi raccomandiamo che non sieno molestai, perchè non avran erta, mente contribuito ai perfidi pensamenti, ed alle rubeIli operazioni de’ loro Concittadini.

Ha risoluto però questa Giunta Suprema., die. tutti i legni Messinesi, che arrivano ne’ Moli, o Porti di tutto il Regno, si tengano in arresto, nelle prigioni la gente, che vi si trova: e quelli che approdano nelle Spiagge, tolta la gente, e custodita nelle pubbliche carceri, che sieno trasportati nei più vicini Moli, o Porti, perché ivi restino a nostra disposizione.

Il Presidente delta Giunta

Il Principe di Villafranca

Per Copia Conforme

Il Presidente del Comitato della Corris. Nazion.

Comando Generale delle Armi

Sig. Capitano D. Vincenzo Marchesano

Con piacere la prevengo, che con decreto dei 24 cadente, la Giunta Provvisoria, col consenso dei Consoli, e dei Rappresentanti dei comuni del Regno, ha ordinato, che sia a lei conferita la graduazione di Capitano, e la decorazione della medaglia d’oro in compenso de'  servizj che ha ella prestati alla Nazione Siciliana nella giornata memoranda folla presa di Caltanissetta. Le sia quindi di intelligenza e regolamento.

Palermo li 26 Agosto 1820

Il Capitan Generale

REQUISENS

__________________

Aidone li 14 agosto 1820

LA GIUNTA PROVVISORIA

ALL’ECC.MO SIG. PRINCIPE DI VILLAFRANCA RESIDENTE

 DELLA SUPREMA GIUNTA, IN PALERMO

Ecc.mo Sig. Prendente.

Sin dal giorno in cui ci pervenne il faustissimo annunzio d’esser divenuti liberi e felici sotto un governo Costituzionale, mista alla gioja provarono i nostri cuori l’acerba doglia che amareggiar dovea ogni benfatto cuore Siciliano al duro patto di una sorte precaria sotto la più ingiuriosa dipendenza dal Regno di Napoli. Scemo in parte quella pena di conoscere come i prodi Cittadini Palermitani, sdegnosi di chinare il Capo a quel giogo fatale, esternarono vigorosamente il loro libero voto, e per le vie del valore accesero al cospetto della Sicilia intera la fiaccola, che illuminò i loro fratelli sulla conoscente de’ proprj dritti. Sappiamo, con essi nel memorando giorno del 17 luglio esposero intrepidamente i loro petti ai pericoli della guerra, e citata dalla perfidia e dal tradimento. Intesimo nella più viva effusione del cuore come alcuni di quei prodi Cittadini versarono generosamente il loro sangue per la felicità della Sicilia, per la salute della Patria comune.

Viidimo poi sorgere le più belle speranze, fumme ammiratori delle affettuose cure del nostri maggiori fratelli, allorquando ci fu dato di sapere, che fra i loro Cittadini, i più zelanti del comun bene aveano essi eletto e spedito, onde trattare in Napoli la causa della Indipendenza Nazionale, collo stabilimento di una Monarchia permanente in Sicilia.

Tanti sforzi, e tanti sacrifirj generosi, tante preziose cure del Cittadini della Capitale, che segneranno un'epoca memorabile negli annali, e ne’ fasti suoi, forza è che riscuotano da tutti gli abitanti dell'Isola il tributo della più rispettosa, ed eterna riconoscenza, l’omaggio dell'ammirazione, l’imitazione la più fedele d’ogni uomo, che di none, e di sangue Siciliano si onora. A questo luminoso esempio ogni depresso spirito si rinfranca, e s'innalza, la timidezza fugge vergognosa; allo apparir dell'aurora di avventurosi giorni, e al prospero avvenire foriera, gli orrori della schiavitù, e della miseria si dileguano; e l'uomo dalla deplorabile condizione di vil giumento al nobile stato restituito, cui la sua dignitosa natura il richiama, nella felice posizione di riconoscer sé steso, è già nella potenza di esercitare i suoi dritti di Cittadino.

In questo stato, come l'indifferenza è un delitto per ogni buon Siciliano, così noi, cui i suffraggi di questa Popolazione ha dato il titolo di rappresentarla nelle attuali circostanze politiche, non potendo tradir la fiducia, che in noi ripone; venghiamo a presentare nel più solenne modo la sincera dichiarazione di voto, che da parte di questa nostra Patria cospira al voto centrale. Se nella bilancia dal destino di Sicilia possa dar peso l'influenza d'un picciolo Paese, ristretto nel numerario de'  suoi abitanti, e nelle sue finanze limitatissimo, noi sebbene poveri di mezzi, ricchi però di buona intenzione, di zelo ardente, e di amor Patriottico ricolmi, venghiamo ad offrire alla causa Comune in sostegno tutti noi stessi, il nostro sangue, quel poco insomma, che valer potremo in contributo.

Voi Signor Principe Eccellentissimo, men tale per lo splendore della fortuna, che vi attornia, di quanto per le virtù classiche, e per l'eroico patriottismo, che vi hanno in altri tempi distinto, ed ora più che mai vi fan regnare nei cuori dei buoni, e sensibili Siciliani per i più sacri titoli della riconoscenza, e dell'amore; Voi che si degnamente prevedete alla rispettabile Giunta suprema, accettate con questo foglio, che ve ne dà sollenne documento il voto del popolo di Aidone, le sue offerte sincere, il suo buon animo.

Li Signori D. Gaetano Scvoazzo. D. Lorenzo Arena, Baronello D. Giuseppe Boscarini, nostri amatissimi concittadini, e fratelli residenti in co testa Capitale, sono deputati a presentarvelo per farne parte alla Giunta prelodata.

Li Componenti la Giunta provvisoria

Tes. Pietro Santoro Economo

Cancelliere Gaetano Ansalone.

P. Vincenzo Boscarini Domenicano

Canonico Giuseppe Boscarini

Francesco Cataluva

Rosario Ranfaldi

Gioachino Giuseppe de'  Capro

Rosario Boscarini

Giuseppe Profeta

Pietro d'Arena

Francesco Minolsi

Lorenzo de'  Torres

Giuseppe Scovazzo

Domenico Scovazzo Cancelliere per me, e per li Deputati Maestri Micolò Arangi, e Giovanni Capua, e Massari Liborio Magri, Signorino Messina, Vincenzo Palermo, e Lorenzo Rizzo, che non sanno scrivere.

Palermo i Settembre 1820 N. 15

GIORNALE

LA FENICE

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Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all''Estensore del Giornale La Fenice.

 

NOTIZIE ESTERE

COMANDO GENERALE DELLE ARMI

ALLA GIUNTA PROVVISORIA

Palermo 31 Agosto 1820

Eccellenza

Mi fo un dovere di trascrivere all'E. V. le notizie pervenute da Napoli con un Legno Inglese arrivato oggi in questa Rada—Napoli 24 Agosto 1820 —Il Generale Metlande è qui giunto da Roma per imbarcarsi per Malta, ed ha dimandato il Generale Church come un ufficiale Inglese. Ciò deve scoraggire i Ministri di questa, che sono tutti discordi, rinforzando ognuno per quanto è possibile il suo parlato. Il Ministero deve rinunziare, ed il Generale Pepe seguirà questo esempio, giacché l’armata tutta è unanimemente contro di lui: Egli sin da quindici giorni a questa parte si è semprepiù limitato da quel potere assoluto ch’esercitava.

Genova domanda una Costituzione, ed il Governo Austriaco fa sboccare una gran quantità di Truppa in Italia per tutti i punti di direzione. Il numero di essa, secondo si dice, è da cinquanta a sessantamila uomini e questo Governo probabilmente temendo un attacco sta formando due Campi, uno dei quali a Sessa.

Il Vascello Rochefort fece vela da Inghilterra per stazionarsi nel Porto di Napoli, e la Fregata Glusgau in quello di Palermo.

Il che io mi dò l’onore di passare all’intelligenza di cotesta Suprema Giunta di pubblica sicurezza, e tranquillità.

Il Capitan Generale

Firmato Requisens.

Relazione de’ fatti accaduti in Licata nel giorno 29. Luglio 5820. e primi giorni del mese di Agosto susseguente, che un Cittadino di essa rassegna alla Giunta centrale di Governo provvisorio, stabilita in Palermo Capitale del Regno di Sicilia.

La popolazione di Licata, calda di amor patriottico, e fiera della goduta libertà nazionale, fremeva in segreto, come ogni altra popolazione della Sicilia, a vista delle tiranniche misure de’ due scellerati ministri del cessato governo, che di giorno in giorno degradano semprepiù ed avvilivano il nome siciliano. Essa desiderava l'avventuroso momento di rompere le vergognose catene della schiavitù: e di ritornare di bel nuovo a far parte d’una nazione, che per un tratto assoluto di dispotismo era stata ridotta alla miserabile condizione di provincia. Da ogni punto dell’Isola si aspettava il segnale di una rivoluzione, divenuta ora mai indispensabile: e questo primo segno dovea darsi alla Sicilia tutta dalla Capitale del Regno. Licata teneva gli occhi fissi sopra Palermo: i cui movimenti dovevano esserli, come 1erano stati in ogni tempo di norma e di regolamento.

In questi generale disposizione degli spiriti Siciliani giunse in quel paese la consolante nuota d’essersi in Napoli proclamata la Coartazione di Spagna. Non si dubitò allora in Licata, che la stessa Costituzione, proclamata presso di noi, non avesse in breve tempo restituita la Sicilia alla perduta dignità, intanto divulgatosi per quel paese incerte voci sulla rivoluzione accaduta in Palermo ne’ giorni 16 e 17 Luglio: e desolanti notizie si accreditavano sul generale, massacro de’ suoi abitanti: sul guasto, che vi avea commesso la truppa: sull’anarchi che vi tra successa.

L’Intendente della Valle di Girgenti, vilissimo strumento di un tirannico potere, non voleva deporre un’autorità ch’era divenuta incompatibile con un vero sistema liberale: egli per solo impegno di mantenersi in carica si diede ogni premura di organizzare una Deputazione per ciascun comune della sua valle, composte di persone ligie a suoi privati interessi: egli con questo mezzo procurò d'impedire ogni comunicazione colla capitale del Regno, e di mantenere gli abitanti delle sommesse popolazioni nella assoluta ignoranza de’ stupendi fatti, avvenuti in Palermo nella memoranda giornata de'  17 luglio, e degli eroici sforzi de’ Palermitani e delle popolazioni convicine in sostegno della indipendenza nazionale. Malgrado però gli artifiziosi maneggi di quel vile satellite della cessato tirannia, e di tutte le operazioni prese di accordo colle potestà a lui subordinate, pervenne in Licata la certa notizia, che si combatteva in Palermo per ottenere la indipendenza del Regno di Sicilia da quello di Napoli; e che apparte della coccarda tricolore si era adottato in segno di così generoso sentimento un nastro giallo nel petto.

Al primo annunzio di questo sagro fuoco, che infiammava i Palermitani e gli abitanti circonvicini non tardò la popolazione di Licata a pronunziare il suo voto per la giusta causa, che deve sostenere la Sicilia tutta sino all'ultimo sangue: ed ogni buon Licatese, comeché incerto allora dell’avventuroso successo della guerra sostenuta in Palermo, e dalle misure di pubblica sicurezza adottate dulia Giunta provvisoria,; pure non esitò un momento ad assumere la indicata divisa della indipendenza nazionale. Dispiacque all'abominevole despota, della Valle di Girgenti un sentimento così ben pronunziato, Laonde fece sapere per via de’ suoi vili agenti a tutte le sommosse popolazioni, ch’egli permetteva la sola coccarda tricolore, e che proibiva assolutamente il nastro giallo come segno di ribellione. Ma in Licata non si1 ebbe timore di manifestare un nobile e generoso entusiasmo, gli ordini dell’Intendente furono per questa volta disprezzati: ed il nastro giallo continuò Sa portarsi da tutti i liberi cittadini ad onta di quell’oppressivo ed umiliante divieto.

Impazienti erano fraditanto que’ ben intenzionati cittadini di ottenere sicura notizia sulle misure prese in Palermo in sostegno della sacrosanta causa nazionale: e non sapeva comprendersi per qual motivo la Capitale avesse tanto ritardato in sì preziosa circostanza nel comunicare In opportune direzioni a tutte le Città del Regno. Già erano scorsi oltre a dodici giorni nei silenzio, e nell’incertezza quando l’arrivo di una barca in Licata nel giorno 29 dello scorso Luglio diede veramente a conoscere l’ardente zelo degli abitanti per la causa comune, che la forza comprimente degl’impiegati del cessato governo tuttora impedisce di svilupparsi libero e generoso.

Erano appena le ore dicci del mattino dell’indicato giorno, allorché approdò nella spiaggia di Lirata un lancione sotto la bandiera di Ferdinando I. Il Comandante, seguito d’alcuni individui dell’equipaggio, sceso a terra, ebbe sollecita premura di abboccarsi col cancelliere comunale; e quindi col governatore del castello di nome D. Giacomo Natoli Messinese. Indi a poco tempo tornò prestamente ad imbarcarsi: e nella rapida corsa per la città gli individui della brigata, ed il medesimo capo di essa, tutti napolitani, filandosi di non esservi molta gente in quell’ora mattutina, ebbero la temerità d’insultare quegli abitanti, che incontravano per la strada colla insegna della indipendenza nazionale, e sin’anco di strappar loro dal petto il nastro giallo. Questo oltraggio recato al comune sentimento destò nel cuore de’ Licatesi un improvviso movimento di sdegno, e di furore. Tutti coloro, che furono testimoni del fatto, corsero lesto ad inseguirli: quantunque non agevolati da molto concorso di popolo, pure avrebbono avuto il coraggio di arrestarli e di vendicarsi; se il Sindaco in unione del di lui fratello non si fosse recato immantinente a calmare con vari pretesti l’ira crescente della popolazione, onde salvare quegl’insolenti stranieri della pena corrispondente alla loro malvagia temerità.

Divulgatosi il fatto, ed accresciutasi la frequenza del popolo per le strade, si eccitò un bisbiglio per l’intero paese, che stava per cangiarsi in Una tragica scena. Ognuno si persuadeva, che quella barca crasi colà spedita in ogni altro punto del littorale, dal governatore della Piazza di Messina Principe della Scaletta per ispiare i sentimenti delle marittime popolazioni, e comunicare in segreto degli ordini, onde impedire ogni corrispondenza con Palermo, e disunire con artifiziosi stratagemmi le città del Regno dalla Capitale. Ognuno quindi fremeva di sdegno contro il Sindaco, che avea agevolato la fuga di persone nonché della libertà nazionale ed impedite così di giuguere a notizia delle occulte trame, che si ordivano contro la nazionale Indipendenza. L’ira del popolo si rivolse allora contro di lui: del quale per altro conoscevansi le perverse intenzioni sempre di accordo col detestabile intendente della Valle: e senza meno sarebbe caduto vittima del furor popolare; se il manifesto, spedito con lettere circolari dalla Giunta provvisoria di Palermo, non fosse giunto opportuno in tale circostanza. Nuovi sentimenti distrassero allora il popolo dal fiero disegno di strugge: e scoppiò un gioja universale all’annunzio della prima carta, che metteva la Città in comunicazione colla Capitale.

Si tessé il manifesto nella pubblica piazzo, e si dileguarono tosto le false voci sull’infelice successo della rivoluzione in Palermo. Allora si venne in cognizione della memoranda vittoria ottenuta sulla truppa in sostegno della sagrosanta causa della Indipendenza Nazionale: allora si seppe che nella capitale erasi creata provvisoriamente una Giunta centrale di governo. La quale occupavasi della pubblica sicurezza e tranquillità, travagliava indefessamente per la comune difesa ed invitava a sé tutti i rappresentanti di tutti i distretti. Qual entusiasmo non destarono notizie così consolanti! L’invitto coraggio de’ Palermitani, e de'  convicini abitanti eccitò nel cuore di tutti una nobile emulazione; la saggia condotta della Giunta si attirò l'universale applauso, e la comune confidenza: la fermezza de'  sentimenti della Captale del Regno preconizzò il felice successo della intrapresa. Già si era dato, in Palermo un passo prodigioso nel sentiero della Indipendenza e della vera libertà: non altro restava per coronare tanti sforzi miracolosi, che l'accordo di tutte le volontà, che l’unione colla Capitale di tutte le Città del Regno.

Licata non tardò un momento a far causa comune con Palermo: essa riconobbe nella Giunta centrale di governo la presente legittima autorità: essa ubbidì alle sagge sue direzioni. Se fosse stata capoluogo di distretto non avrebbe induggiato a Spedire di un subito il suo rappresentante; ma si limitò ad esprimere il suo fermo sentimento per la indipendenza nazionale con una riconoscente risposta al manifesto, che all’istante si scrisse. Il Sindaco, e le altre persone della Deputazione, creata dall’Intendente, b sognarono condiscendere al voto della popolazione, e soscrissero alla risposta, che fu tosto spedita in Palermo per via di corriere all’attuale governo provvisorio.

Di tal momento in poi il tutto Sarebbe processo in regola nella Città di Licata, né si Sarebbe per poco turbata la interna tranquillità se il Sindaco non si fosse opposto con maligni artifizj a’ disegni degli ottimi cittadini. Si pensava di creare sull’esempio di Palermo una Giunta locale di pubblica sicurezza, che conservasse il buon ordine nella Città, e mantenesse colla Giunta centrale di Governo una continuità corrispondenza: e già si era fissato il giorno ed il luogo per la elezione decomponenti. M il Sindaco fece spargere una voce sediziosa, che un attruppamento di vagabondi erasi determinato in quel giorno a commettere degli eccessi: e così destando timore negli onesti cittadini, sconcertò il disegno.

Mentre la popolazione volea dipendere dalle disposizioni della Giunta di Palermo, il Sindaco continuava a riconoscere per legittima l’autorità dell'Intendente della Valle. Egli mantenea con lui una continuata corrispondenza e per suo mezzo difatti gli venne trasmessa mi ministeriale, con cui gli si dava notizia di essere stato eletto a luogotenente generale il comandante della piazza di Messina Principe della Scaletta, e gli s'inculcavano nel tempo stesso le misure opportune per le comunicazioni da tenersi. All’arrivo di questa carta pensò d Sindaco di essere compromessi la sua persona per la firma del suo carattere, che trovavasi nella risposta spedita alla Giunta centrale. Egli quindi tentò di giustificare agli occhi dell’Intendente la di lui condotta in mercé d’un espediente, che poco mancò di porre in disordine l’intero parse!

Volea far supporre il Sindaco, che la sua firma era stata l'effetto di una violenza sofferta: e per accreditare l’impostura disegnava di procedere all’arresto delle principali persone del paese, e trasmetterle all’Intendente di Girgenti come rei di sedizione. Con si perverso disegno gli riunì cento cinquanta uomini armati: e con tal forzi imponente stava per dare l’assalto alle case di molti particolari. Fortunatamente ne furono avvertiti a tempo gli onesti cittadini: i quali bisognarono fuggire tosto dalla città, e salvarsi ne’ paesi con vicini. Ma le violenti misure del Sindaco riuscirono contrarj al concepito impegno; da poiché la popolazione corse tosto alle armi; disperse la forza, che il Sindaco avea riunita, e che invano affettava di voler deriggere contro i partigiani de’ dazj; e si mise in possesso del castello, cacciandone il governatore messinese. Il Sindaco tanto timore concepì in questa seconda circostanzi per la di lui persona, che finse di concorrere nelle intenzioni del popolo, e sospese il corso alla suddetta ministeriale.

Sin’ora la popolazione di Licata ha sostenuto la giusta causa, e si è mostrata pronta per la comune difesa. Ma gli agenti del cessato governo conservano tutt'ora in quel paese una pericolosi influenza: e non tralasciano tampoco di adoperare artifizj, maneggi, calunnie, e talvolta aperte violenze per intimorire il volgo, e comprimere lo spirito libero degli abitanti. Nel contrasto di opposte autorità, nell’alternativa tra la speranza, ed il timore, f opinione del popolo è vacillante; i sentimenti de’ veri cittadini si mantengo occulti ed, il voto generale non è giammai in istato di spiegarsi. Qual vero siciliano potrà mai esser sordo alla lieta voce della indipendenza nazionale! Qual popolazione della Sicilia potrà di buona fede desiderare di far parte di un regno straniero!

Tutti gli abitanti dell’Isola sono animati dallo stesso zelo, e dagli stessi sentimenti: quasi tutti però sono nella stessa posizione di Licata, compressi cioè dalla forza tuttora imponente de'  satelliti del cessato governo, che fanno a gara per opprimere di miseria e di ignominia questo suolo un tempo libero e felice. Non è la Sicilia, che mostra di voler essere dipendente da Napoli contro gli interessi della Sicilia stessa: sono gli intendenti, che sostengono la lotta contro la indipendenza e la vera libertà. Questi vili schiavi di un abuso potere attentano all’onore della nazione, e la degradano agli occhi degli stranieri. Essi soli prestandoci vilmente alle intenzioni del governo napolitano li nino saputo strappare da un forzato consenso vergognose carte di sommissione e di ubbidienza: essi soli intercettano le necessarie comunicazioni con Palermo: essi soli calunniano la nazione, facendo comparire le principali città disunite e discordi dilla capitale. Che cessino di esistere questi mostri, questi veri nemici dilla patria; che non si ascolti più la lor voce veramente sediziosa che conosca ognuno d’esser questo lo avventuroso momento di dover pronunziare libero il suo voto; ed allora la Giunta centrale di governo otterrà lo scopo delle sue provvide cure, l’accordo cioè colla capitale di ogni popolazione del Regno, il generale concetto nelle operazioni, e gli sforzi uniti di tutti i Siciliani per sostenere sino all’ultima stilla di sangue la sagrosanta causa della indipendenza della nazione.

—Sono già sul punto di partire tre forti spedizioni una di circa a tre mila nomini sopra Messina comandata dal Colonnello D. Raffaele Palmieri: l’altra di due mila e più armati sotto gli ordini del Colonnello Principe di S. Cataldo, già rinomato per l'avvedutezza e coraggio con la quale giunse a debellare Caltanissetta: e la terza affidata a sperimentati ufficiali veterani forte di mille e cinquecento uomini, e corr data di molta artiglieria si è mossa a ridurre la Piazza di Trapani, la quale stoltamente nella sua debolezza si lusinga poter durare agli sforzi di una nazione, che combine per la sua Indipendenza.

AVVISO

Ciascun Sbrinante di polvere, il quale se ne trovi di quella Atta al servizio di Guerra è invitato a imi infestare al Direttor Generale di Artiglieria Colonnello Perenni, quella quantità che ne vorrà vendere al prezzo, e condizioni ben viste alla Dipendenza di dell’Arma, giusta gli ultimi contratti, che hanno avuto luogo su tale particola.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità, sensibilissima ai disturbi prodotti nella Città di Marsala, e suo Territorio dalle Squadre, che si dicevano appartenere al forte delle guerriglie destinate per ridurre Trapani al sacro oggetto delle Razionale Indipendenza: per esternare tutto il suo attaccamento ad una ragguardevole popolazione, che con tanto entusiasmo si è dichiarata pel sostegno della causa comune dell'Indipendenza Nazionale coll’unanime voto dei Consoli, e de’ Rappresentanti degli altri Comuni del Regno ha decretato.

1. Che provvisoriamente, finché non sarà convocato il General Parlamento in questa Capitale, la Città di Marsala da oggi innanti viene dichiarata Capo Valle invece di Trapani; in conseguenza essa cadrà di tutte le preminenze, e facoltà che all’Ex-capoValle sì appartenevano, e come tale sarà dagli altri Comuni riconosciuto.

2. Che le suddetta Municipalità di Marsala proponga tantosto una nota de’ degni Avvocati della medesima per poterli avere presenti nella istallazione delle Magistrature.

Palermo 17 Agosto 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, o tranquillità in vista del rapporto del Comitato destinato della fissazione dello stato dei prezzi dei viver e foraggi da somministrarsi alle truppe nazionali si in Palermo, che nei luoghi del Regno alla distanza di cento miglia da Palermo con il consenso dei Consoli, e dei Rappresentanti degli altri Comuni ha risoluto d’invitarsi gli attendenti con il presente avviso, continente lo stato fissato da detto Comitato, e la promessa dell1 acquisto dei quinti a favore di quell’oblatore, la di cui offerta sarà accettata sull'ammontare dei prezzi seguenti cioè.

Per il Pane a grana sei per ogni razione di once ventiquattro alla sottile.

Per la paglia a tari sette quintale posta ai quartieri.

Per l’orzo onze una e tari quindici salma di tumoli venti posta fuori le porte.

Per l'olio posto dentro onze dieci quintale lampante e chiaro.

Per il Carbone forte a tari quattordici a quintale.

E ciò con tutti i patti a tal uopo disposti per assicurare gli interessi della nazione. Nell’intelligenza che le offerte dovranno presentarsi per tutto il giorno n4 del corrente mese di agosto 1820 per farsene l’apertura ed accettazione nel giorno suddetto 2 all’ora che sarà designata; per indi destinarsi il giorno 25 e susseguenti per la liberazione.

Si proroga pell’offerta il giorno 26, e pella liberazione il giorno 27 io stampa dovendosi presentare le offerte a S. E. Pretore.

Palermo li_____Agosto 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

È ricorso alla Giunta di pubblica sicurezza, tranquillità il Console de’ Corredatori D. Carlo Lumminello per le molestie che soffre da taluni in seguito della falsa voce sparsa d’avere il medesimo esatte somme di pubblica ragione. In vista di ciò la Giunta medesima unita agli Rappresentanti degli altri Comuni del Regno col consenso dei Consoli fece praticare la più esatta diligenza onde scoprirsi la verità. E dopo il Rapporto avuto dalla Tesoreria Generale, la Giunta stima giusto avvertire il pubblico, che veruna somma fu pagata dal Banco di questa Capitale al riferito Signor Tumminello nel giorno 17 dello scorso Luglio, e ne’ susseguenti; e ciò per rendersi giustizia all’onore dello stesso individuo.

Palermo 29 Agosto 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità unitamente ai Rappresentanti degli altri Comuni del Regno, ed ai Consoli, avendo inteso con sommo suo rincrescimento gl’infausti avvenimenti accaggionati dal Padre Errante Capo di alcuni briganti, che contro ogni legge si facea lecito saccheggiare quei comuni uniti alla sagra causa della Nazionale Indipendenza, e precisamente quella di S. Stefano, ove li sempre mai lodevole Cittadino Colonnello Palmieri piombandovi addosso con sommo coraggio, e talenti militari, destrusse tutti questi briganti, tra i quali anche il loro capo Padre Errante ne pagò la condegna pena; viene perciò a decretare, che si faccia palese al Pubblico, che il divisato Signor Colonnello Palmeri ha ben meritato dalla Patria, e che perciò prosegua le sue operazioni colla solita sagacità, e bravura al disimpegno della sacra causa della Nazionale indipendenza.

Palermo il 28. Agosto 1820

Bonanno Cancelliere

Palermo 4 Settembre 1820 N. 16

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NOTIZIE ESTERE

INGHILTERRA

Nelle attuali circostanze non saranno discare le seguenti particolarità biografiche sulla Regina d'Inghilterra:

«Carolina Amalia Elisabetta, regina d'Inghilterra, figlia secondogenita del duca di Brunswik Wolfenbuttel, morto alla battaglia di Jena, e d'Augusta d'Inghilterra, sorella maggiore di Giorgio III, è nata a Brunswik il 17 maggio 1768, sposò il principe di Galles Giorgio Federico Augusto, suo cugino, gli 8 aprile 1795. Questo matrimonio, desiderato dal re Giorgio fu, a quel che si dice, eseguito con poca soddisfazione di suo figlio. Que sto principe non condiscese che per fini politici, ed obbedì agli ordini di suo padre. Alla principessa il parlamento assegnò 5om lire sterline. L'unione degli angusti sposi non fu di lunga durata; pochi mesi dopo la nascita della principessa Carlotta, loro figlia, nata il 7 gennaio 1796, insorsero quistioni assai delicate, che terminarono con una separazione amichevole.»

Nei dieci anni posteriori a questo accomodamento non seguì cosa notabile. Nel 18o6, essendo state sparse nel pubblico voci ingiuriose per la principessa di Galles, il re ordinò di formare una inchiesta per fare emergere la verità di certe dichiarazioni comunicate a S. M. sul conto della principessa di Galles, e che tendevano a far credere che S. A; R. avesse avuto relazioni illecite col capitano Manby, coll'ammiragliato sir Sidney Smith ecc., e finalmente che avesse dato alla luce un figlio maschio.

I commissari incaricati di questa inchiesta indicata col nome di deligata investigazione, furono il lord cancelliere, lord Grenville, lord Erskine, il conte Spencer, e lord Ellenborongh. Furono esaminati molti testimoni, fra i quali anche il duca di Kent, e l'esito del rapporto che i commissari fecero a S. M: fu che la principessa era assolta dalle accuse. Il Signor Spencer Perceval, che colla morte del Signor Pitt avea cessato di far parte del governo, e che allora era alla testa dell'opposizione, assunse la difesa della principessa, e pubblicò un'opera intorno alla procedura. In seguito, essendo terminato il ministero di lord Grenville e di lord Grey, il Signor de'  Perceval divenne, sotto il duca di Portland, ministro dirigente. In allora fu risoluto che gli atti del processo e la difesa della principessa, scritta dal Signor Perceval, dovessero esser soppressi. Sotto il ministero di Perceval, una decisione del consiglio di Stato confermò l'assoluzione della principessa. Le cose rimasero per sei anni in questo stato. Il principe e la principessa viveano separati, senza mai far motto di ciò che era avvenuto; questo silenzio peraltro era a quando a quando interrotto da qualche indiscreto scrittore, che osava annunziare la pubblicazione del famoso libro The Book ed affigevano nelle contrade l'avviso del romanzo relativo alla investigazione reale. Un'improvvisa determinazione della principessa turbò tutt'ad un tratto questa calma, e riaccese la quistione. Il 4 gennaio del 1812, S. A. R. diresse al Principe Reggente, suo sposo, varie lagnanze sulla propria situazione particolare, sulla educazione della principessa Carlotta, e principalmente sulla specie di allontanamento che si andava di giorno in giorno sempre più aggravando col rendere meno frequenti le visite della giovane principessa a sna madre. La lettera fu due volte spedita a Carlton House, e due volte rimandata senza essere aperta. La terza volta finalmente fu ricevuta e poscia pubblicata. Il tenore di quella lettera fu attribuito al Signor Brougham consigliere della principessa. Tutti i paragrafi della medesima sono stati discussi e confutati dai pubblici fogli; molti membri del parlamento si pre paravano a fare proposizioni sopra questo oggetto, quando il principe reggente stimò a proposito il sottoporre all'esame dei membri del consiglio privato di S. M. la lettera di S. A. R. e tutti i documenti, e di domandare il loro parere. I membri del consiglio privato, dopo avergli esaminati, opinarono unanimemente, che le imputazioni fatte alla principessa erano calunniose; ma che nel tempo stesso le restrizioni messe alle comunicazioni di S.A.R. con la Principessa Carlotta doveano essere mantenute, e con ciò giustificarono le misure prese dal principe reggente. In allora la principessa di Galles domandò con una lettera diretta all'oratore della camera dei comuni, di essere giudicata pubblicamente. La lettura di quella lettera fece insorgere vilissimi di battimenti, e dopo alcune clamorose sedute, i ministri fecero passar sotto silenzio le varie proposizioni. Dopo d'allora (.814) la principessa di Galles uscì dall'Inghilterra, e viaggiò successivamente in Germania, a Gerusalemme, in Turchia, a Vienna, a Roma, in Sicilia, ad Algeri ec. S. A. R. ha comperato una villeggiatura sul lago di Como, ed una a Pesaro. Quasi tutte le persone del suo seguito in Italia portavano la croce dell'Ordine del S. Sepolcro e la decorazione dell'Ordine di Carolina, da essa istituto. Questa principessa fece distribuire in Germania nel 1817 un libretto intitolato Journal d'un voyageur anglais, che contiene la storia de'  suoi viaggi, ed alcune particolarità della sua vita.

NAPOLI

La giunta preparatoria, nominata per la Provincia di Napoli, a termini degli articoli, 1, 2, e 3 delle istruzioni annesse al real decreto del 22 Luglio scorso, è composta dal Signor D. Tommaso De Liso, delegato speciale presidente, e del membri Signori D. Giuseppe Scioli sacerdote, secolare D. Alessio Fasule, D. Emmanuele Mastelloni, Principe D. Giacomo Filomarino della Rocca, D. Nazario Colaneri, e D. Saverio Biondi, segretario D. Marco Aurineta. Nella mattina del dì 29 la giunta diede principio alle sue funzioni nell'edifizio di Monteoliveto, ove sino al termine delle medesime si riunirà tutti i giorni, dalle 8 della mattina sino alle 2 pomeridiane.

NOTIZIE INTERNE

È ammirevole il vedere, come in questi tempi difficili, spontaneamente concorrano ad arrollarsi nei reggimenti azionali persone di tutti i ceti, cosicché possono omai quasi dirsi ridotti al completo i primi quattro reggimenti di Fanteria, ed uno di Cavalleria. Ciò addimostra quanto sia pronunziato il voto di tutti per sostenere la Indipendenza, e quali uomini s'abbia la Sicilia. Se tutte le altre nazioni in simili circostanze sono capaci di magnanimi sforzi, il carattere dei Siciliani è tale da superare col fatto ogni credibilità. Non sono che giorni, da che decretossi la formazione di alcuni reggimenti, e già oltre di essere questi al completo pel numero, mostransi a sufficienza istruiti, ed atti a un arciere. Progredendo così, la Sicilia nella sua piccolezza di superficie, mostrerà all'Europa come sia degna di essere rispettata, ed al Regno di Napoli persuaderà a deporre quegli ingiusti progetti che sta meditando sul nostro destino, considerandone come una cosa di cui puossi disporre a capriccio, e non già come uomini i quali hanno una volontà, e mezzo più che sufficienti onde farla valere.

SICILIANI

I lumi di questo secolo avventurato, l'eroismo di una illustre, e magnanima nazione, e più di tutto l'abuso, che i potenti faceano di nn potere già per se stesso abusivo riuscirono ad abbattere su i bei lidi di Partenope la Tirannide di un solo. Rialzandoci noi per questo felice avvenimento dalla servitù, in cui eravamo piombati facenno plauso a questa gloriosa liberazione, e festeggiammo la novelle liberissima forma di politico Reggimento, che già ci appartenea. Pure, o Siciliani resistere più noi non potendo al dolore, che la morte politica ci apportava, e desiderando di por fine una volta ai mali, che da questa derivarono, reclamammo altamente quella indipendenza, che non ha guari avevamo; quella indipendenza, che da due ribaldi, i quali assisi allora sul Trono di Napoli dettavano leggi a due soggiogati popoli, ci fa crudelmente involata. La Provvidenza secondò l'impresa di questa città Reina della nostra bell'Isola, e quei sgherri vilissimi strumenti della Tirannide, che per ordine di un imbecille Luogotenente comprimer voleano colla forza il voto nazionale furono soggiogati dall'eroico ardimento di questo popolo già ritornato a prischi sentimenti di libertà e di virtù. E già questo voto divino base della felicità nazionale, chiuso ne cuori di voi tutti scoppiava, quando un vilissimo schiavo fautore della già spenta Tirannide fu rivestito da coloro, che ambiscono la nostra servitù di un potere assoluto contrario ai principii liberissimi, che oggi diriggono l'eroico popolo Napoletano. Avvalorato egli dalla forza arrestò in varie provincie del Regno nostro l'entusiasmo già concepito per la causa santissima di nostra indipendenza.

Sperava, o Siciliani, l'empissimo Ministro della Tirannide col mantice della discordia, che in tutti i paesi dell'isola soffiavano de’ vilissimi sostenitori del distrutto dispotismo di Ferdinando I. soggiogare il popolo Siciliano, e distruggere quanto questa virtuosa Capitale per la nazionale indipendenza aveva operato. Ma il cielo, che le opre del giusto garantisce dalla scellerata perfidia del traditori rese vani i di lui perfidi attentati. Mentre egli, temendo, che l'ira giusta dell'illustre popolo Zancleo lo punisse di tante commesse scelleragini, ricovravasi fra pavido stuolo di mercenarii soldati, vide la saggia, e vetusta Agrigento vigorosamente scuotere il giogo di un Despota crudelissimo, che da lui sorretto opprimeala, vide questa inclita città, eroicamente spregiando i fulmini da lui minacciati unirsi alla Capitale per difendere la causa sacrosanta della nostra indipendenza, vide lo stuolo immenso, di que’ prezzolati sgherri, che alla liberazione opponeansi di una sciagurata città, sbaragliato, e disperso, vide l'Aquila Siciliana vittoriosa sventolare sulle mura della debellata Caltanissetta vittima della di lui esecranda politica.

Ma, o Siciliani i mali di una guerra civile pro vocata dalle ordite scelleragini del Principe di Scaletta ci spaventano grandemente. Noi conoscianno, che l'ostinazione alla servitù in voi sola mente proviene dal terrore, che v'ispira costui, dalla diffidenza, che desta fra membri di una stessa famiglia; Deploriamo altamente, che i concittadini nostri cadano vittima del furor sacro di coloro, che la indipendenza sostengono dalla Patria.

Oh, stolti, che il ferro, che impugnar dovreste in difesa della vostra libertà, rivolgete contro i vostri liberatori, deh cessate una volta di ascoltare le malvagie suggestioni di un traditore, deh cessate di opporvi a quei prodi, che a franger vengono le vostre ca tene! Siciliani, che ancor decisi non siete per ab bracciare la causa della vostra indipendenza, se il bene, e l'onore della Patria, la salvezza, e la felicità di voi stessi vi stanno a cuore, se il sangue de'  vostri concittadini, e di voi medesimi, che spargerebbesi in una lotta per voi vergognosa volete risparmiare, sol che il vogliate, la pace fra noi è ristabilita. Già una gran parte di quest'Isola avventurata disingannata del tradimento di quello esecra b le mostro, che pauroso vacilla sul Peloro, stretta in nte unitasi a questa città concorre a difendere la causa sacrosanta della Siciliana indipendenza, già i Comuni del Regno a gara inviano i loro cittadini, destinati a sostenere nella nostra nazionale assemblea i diritti sacrosanti de'  popoli; già null'altro manca, che la vostra adesione, e l'intervento degli augusti cittadini, che vi rappresentino per istabilire quell'adorabile costituzione dettata dalla sapienza d'un po pole, che oggi riscuote l'ammirazione del mondo, e sulle rovine della spenta tirannia in questi ultimi tempi vigorosamente da esso restituito.

Siciliani, sol che il vogliate, io vi replico la concordia ritorna fra noi, rammentatevi di essere figli di una nazione, che sempre ha goduto la sua po litica esistenza, deponete le ostilità, che a cittadini fratelli non si convengono, riunitevi sotto il vessillo della patria indipendenza, rivolgete l'ira vostra generosa, ed illustre contro l euopio, che ambiva la vostra servitù.

Mercordì sera 3o Agosto si è riaperto il nostro Teatro di Musica con la Donna del Lago del Maestro Rossini. Chiunque crederà, che noi dal giorno 17 Luglio sino all'epoca predetta dell'apertura del Teatro, siamo stati in permanente rivoluzione, ha solennemente sbagliato. In tre giorni la Città era ritornata alla tranquillità primiera. Il Teatro potea sull'istante riaprirsi, se per avventura fosse stato disgiunto dell'appalto de'  giochi. Cessati questi ultimi, dovette per necessità cessare l'Impresa del Teatro, che da essi traea la sua dote. La nostra giunta suprema però vi provvide bentosto, assegnando onze 3ooo per questo rimanente anno teatrale, a chiunque se ne volesse addossare l'appalto.

Non si presentò nessuno nel termine stabilito forse per mancanza di cognizione in tal negozio, ove molta se ne richiede; e quindi la Giunta suprema fu obbligata a creare una pubblica amministrazione, assumendo a vantaggio, o a carico della nazione il guadagno, o la perdita del Teatro. Ecco le ragioni per cui un mese e più giorni siamo rimasti senza opera.

Ma la sera, che al fine si è riaperto il Teatro dopo si lunga privazione, il pubblico ha maggior mente gustato la divina musica di Rossini, la chiarissima armoniosa voce della Signora Dardanelli, l'espressione, la dolcezza, e la grande arte nel canto della Signora Pesaroni, come pure l'arte la vibratezza, e la difficoltà del Sig. David figlio. E qui pure esser non dee negletto l'infaticabile Sig. La Blache, il quale unisce al possesso del Teatro nelle parti buffe la profonda voce di basso; e la dignità del carattere nelle parti serie.

Sarebbe stata una pena indicibile se con tali cantanti, i primi, che vanti l'Italia, avventuratamente riuniti in Palermo per quest'anno, il nostro Teatro avesse dovuto serrarsi: ma grazie alla G unta suprema, ed all'Ecc.mo Sig. Principe di Villafranca che la presiede, ciò non è col fatto accaduto, e noi dietro al fragoroso suono dei cannoni, risentiamo ancora il dolcissimo melodioso suono della voce di tali egregi cantanti.

Fra giorni sarà anche riaperto il Teatro di Comica

PROCLAMA

Il Comandante la spedizione militare della Indipendenza Siciliana
Catanesi

La domanda della nostra Indipendenza del più perfetto diritto, che può vantare la Nazione, eccitò la gloria dei nostri nemici, e sciaguratamente li persuase ad impugnare le armi contro tutti i vostri Concittadini.

Ma la loro perfidia feconda d' inganni non s'impiega solamente a farci un'aperta guerra, essa ha adoperato tutte le risorse della calunnia, e del terrorismo, per accendere la guerra civile tra di noi.

I nostri nemici non sono, che un pugno di uomini, contro i quali non bisognerebbe la guerra per farli sparire dal nostro suolo.

Se voi, e i Messinesi aveste la stessa volontà lo stesso desiderio di tutte le altre popolazioni questa pacifica manifestazione basterebbe per farli desistere dal loro impegno. Ma sfortunatamente per noi, han no saputo usare tanti inganni, che vi hanno persuaso a dichiararvi mostri nemici per sostenere una vergognosa, e funesta dipendenza da Napoli, per conservarvi le catene dalle quali siete avvinti. Catanesi un imponente forza animata dall'ardente entusiasmo della Nazionale salvezza già marcia a disperdere il nemico, essa è già arrivata su i confini del vostro territorio. Ecco il momento di sviluppare il vostro patriottismo. Sarà egli vero che ci ri guarderete da nemici, solo perchè difendiamo la nostra e la vostra causa ancora, sol perchè spargiamo il sangue per farvi divenire liberi da una nazione straniera, che sinora ci ha oppresso, ci ha spogliato, ci ha tiranneggiato.

Catanesi diverrete voi fratricidi per difendere le vostre catene, e ci obbligherete con una esacrabile ostinazione a divenire ancora noi i vostri distruttori? A merete ridurci all'estrema necessità di piombare su di voi, e di farvi provare tutte le straggi di una guerra civile, ed il giusto furore di truppe indispettite dalla vostra condotta, e che non sarà in poter nostro il raffrenare? Noi vi offriamo i doni della pace, e della fratellanza, lungi di volervi riguardare come nemici della patria, noi vi riguardiamo come veri nostri fratelli, e tutta la colpa attribuiamo a quel pochi vili impiegati, ed intriganti, che vi hanno finora oppresso, che han sinora soffocato la vostra voce, compresso il vostro entusiasmo.

Non domandiamo da voi, se non unaamichevole dichiarazione; non intendiamo spogliarvi del vostri Magistrati, del vostri privilegi, delle vostre prerogative, né vogliamo esservi di alcun disturbo con le nostre truppe. Scacciate per io dal vostro seno i pochi nemici della Patria, che vi opprimono, dichiaratevi per la comune causa, inviate i vostri rappresentanti alla Capitale per concorrere col loro consigli alla comune difesa, alla con une gloria, e noi neppure entreremo nel vostro territorio.

Guai però a voi se sordi a questo benefico invito vi renda rete meritevoli di provare le ostilità di una guerra quanto serra e gloriosa per noi, altrettanto ingiusta, e vergognosa per voi.

AVVISO – Informata la Giunta provvisoria che li tanti involucri opposti dal passato regime per l'espensioni del Capitali condizionati, avea introdotto l'abusiva pratica di scegliere del depositari particolari, ha decretato oggi, che tutti questi depositi passino subito nel Banco di questa Capitale, restando prevenuti gl'interessati che l'espensioni si faranno secondo l'antica forma, riserbandosi unicamente l'Erario, dopo l'espensione ordinata dal Tribunale competente, una momentanea osservazione se sono gli esecutori debitori all'Erario. Quindi restino avvisati tutti questi depositati particolari di passare nel Banco di questa Capitale fra il termine di quattro giorni tutte le somme presso loro esistenti, Si augura la Giunta che ciascuno di questi obbediente alle Leggi eseguirà quanto si è decretato, se però qualcheduno si mostrerà sordo a questo avviso, in tal caso li renitenti saranno obbligati a depositare la somma presso di loro esistente con il terzo di più, sopra di cui saranno gratificati i denunzianti.

Palermo agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

– Il Colonnello Costa con un migliaio di uomini profittando dello stato di allarme; in cui sono molti Comuni del Regno per le false voci, che gl'Intendenti fan circolare di armate numerose che marciano, di gran flotte alla vela, ha osato penetrare sino a Caltagirone. Questa forza spregevolissima per far cangiare di direzione la pubblica opinione così decisamente pronunciata per la Costituzione Spagnuola, e per l'indipendenza è però atta a mantenere l'incertezza, a suscitare la divisione, ad alimentare in fine la guerra civile, che son gli oggetti che il Governo di Napoli par che abbia in mira in tutte le sue operazioni.

Si sono dalla Giunta Provvisoria adottate le più pronte misure perchè questi infelici più non ritornino ai luoghi che li videro partire. Si credè bene dovere nel tempo stesso avvertire con un proclama di ieri le popolazioni perchè sapessero in caso d'invasione privare il nemico di ogni risorsa. Ciò ha servito ad alcuni malintenzionati per allarmare la Capitale con ispargere le più assurde nuove: La Giunta provvisoria si fa un dovere di avvertire, che non esiste motivo alcuno di timore, e che le misure adottate non sono che di mera e semplice cauzione per quelle Contrade.

Palermo i Settembre 1820

Bonanno Cancelliere

– Si previene il pubblico essersi smarriti due grossi volumi in 4. dell'opera dei costumi di tutti i popoli antichi e moderni di pertinenza del Principe di Villafranca. Essi erano dal ligatore di libri D. Nicolò Romeo nell'officio tipografico, e dopo i giorni 17. e 18. Luglio, messo quell'officio sossopra, non fu più possibile poterli rinvenire. Chi per accidente, si trovasse averne fatto l'acquisto e volesse dismettersene, vien pregato di accudire col Sig. D. Pompeo Inzenga, il quale e facoltato a dare in cambio una larga ricompenza per parte del detto Sig. Principe. Dovrebbe invogliare maggiormente a renderli chi trovasi possessore di que sti due volumi, il pensare, che lo avere due libri sparigli è cosa di niun momento, e che il renderli a chi appartengono è un favore significante del quale il proprietario non può non restargliene obbligato di molto.

Palermo 6 Settembre 1820 N. 17

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tarì diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana dieci ogni foglio straordinario so per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all''Estensore del Giornale La Fenice.

 

NOTIZIE ESTERE

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza, e 'tranquillità unitamente ai rappresentanti degli altri comuni del Regno ed ai Consoli ha decretato, che, H ruolo di allistamento per la guardia d’interna sicurezza, sia elargato da 18 anni a sessanta; intendendosi compresi i regnicoli che non sono in Locanda; in riguardo poi ai refrattarj di un tal ordine la Giunta vuole che V. B. faccia eseguire la pena, che si prescrisse nel Decreto di formazione dando che stampe i nomi di tali refrattari.

Palermo i settembre 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Si dà a partito la monetazione d'argento nella Zecca di Palermo colle seguenti condizioni;

1. Circa il titolo, il peso, e l'impronta della moneta, e il regolamento delle officine, degli Ufficiali, e degli operaj dovrà osservarsi quanto è prescritto dagli ordini esistenti in tempo dell’ultima monetazione d'argento.

2. La durata del partito sarà di due anni.

3. Il Partitario dovrà pagare sulla Nazione tari cinque, e gr. otto per ogni libbra di argento.

4. Dovrà pure pagare per ogni libbra altro tari uno, e gr. otto, e piccoli tre per li dritti degli Ufficiali.

5. Dovrà ridurre tutto in moneta l’argento che gli sarà consegnato dal Governo, e dovrà pagarne il prezzo subito, che la moneta sarà compita, e saggiata. Tale argento gli si consegnerà in verghe dopoché se ne sarà fatto il saggio. Il prezzo sarà di once 4. 10 a libbra, essendo argento di cocci 3t. e 4.8vi è sarà in proporzione maggiore, 0 minore quando il titolo sarà diverso.

6. Quando l’argento consegnato sarà di titolo inferiore ai cocci 3t. E 4.8vi, il Governo gli dovrà pagare tari 7. 10 per ogni libbra di coppella, che bisognerà per ridurlo a tal titolo migliore, gli dovrà pagare il prezzo del Rame necessario per l’oggetto medesimo.

7. Sarà pure obbligato il partitario a comperare in contanti, ridurre in moneta tutto l’argento che gli vorranno rendere i particolari ai prezzi seguenti.

Vasellami del bollo di Palermo ad once 4. e tt. 6 a libbra.

Vasellami del bollo di Napoli ad once 4. 3.

Vasellami del bollo del Regno ad once 4.

Argento fuso ai prezzi risultanti dal saggio, secondo l'articolo quinto.

8. La monetazione nel corso di ogni anno non potrà essere minore di libbre 13oo.

9. Gli operaj dovranno del partitario esser proposti al Maestro di Zecca, e scelti colla di lui approvazione, senzaché tal approvazione produca nel suddetto Maestro di Zecca veruna responsabilità dovendo questa rimanere intieramente all’appaltatore a seconda del capitolo 17 delle istruzioni del 1785; e del nono di quelle del 1790.

10. Il Maestro di Zecca coll’intervento, a colla stima dei periti dovrà consegnare al portuario le seguenti officine della Zecca atte a monetare, e ben acconciate, cioè, Ferraria, Fonderia, Trafila, Taglieria, Rifileria, e Bianchimento con tutti gli ordegni soliti darsi nei precedenti contratti. Qualora oltre li suddetti vi fossero degli altri ordegni, o utensili addetti all’accennata monetazione, appartenenti alla Ragia Zecca, in tal caso si dovrà anche di questi far la consegna all’appaltatore nello stesso modo.

11. Fra le stanze che sono nell’ordine Superiore del Cortile, o sa nel balcone che gira intorno dorranno consegnarsi all’appaltatore quelle sole che han le porte nella linea, in cui è la porta della conferenda, escluse tutte le altre, e delle stanze, che hanno avuto i passati appaltatori nell’ordine inferiore si sentiranno anche escluse le rimesse, e la cavallerizza piccola per lo solo uso dei cavalli della trafila quando effettivamente vi sia di bisogno di tali cavalli.

12. Nel corso della presente obbligazione la deteriorazione dei suddetti ordegni, d’utensili, nascente, dall’uso delli medesimi dovrà essere a carico dell’appaltatore, il quale sarà tenuto ad acconciarli, e ristorarli a proprie spese.

13. Finito il partito dovrà il partitario coll’intervento, e colla stima dei periti riconsegnare al Maestro di Zecca tutte le accennate officine, e tutti li suddetti ordegni, ed utensili senza deteriorazione, e nella stessa qualità, e quantità, in cui gli saranno stati consegnali nei principio.

14. Si dovrà pure dare dalla Zecca all’appaltatore l'uso dell’officine del cordone, e dei bilancieri con tutte li loro ordigni, ed utensili necessari alla monetazione da notarsi, e numerarsi, purché la custodia di tali officine resti sempre presso il Maestro de’ conj, ed il partitario col nome suddetto non possa servirsene, che alla di lui presenza, reggendo per queste due officine la svasa condizione apposta di sopra che l’appaltatore debba acconciare, e ristorare gli ordegni. ed utensili nel corso dell’arrendamento, e che tutto questo, sia tenuto a lasciar tutto senza deteriorazione, e nell’istessa qualità, e quantità trovata da principio.

15. Il partitario sarà obbligato a dare idonea malleveria per l'adempimento delle cose premesse nella somma, che sarà dal Governo arbitrata, e presso la persona, che sarà destinata dal Governo medesimo.

16. Per la ricezione delle offerte, e per l’accettazione della migliore è destinato il giorno di lune dì 11 di corrente Settembre alle ore 15. d’Italia nella Zecca.

Palermo 4. Settembre 1820

Bonanno Cancelliere

— I vantaggi che tal misura produrrà alla Nazione debbano essere immensi ed incalcolabili. La monetazione è stata considerata qual una delle sorgenti di ricchezza nazionale in riguardo alla circolazione. Una gran quantità di metallo perduto in oggetti di lusso anche al di la del necessario, va ad aumentare il numerario, ed a circolare in conseguenza nel Regno. È vero purtroppo che il metallo forma sempre ricchezza, ma racchiuso ne’ polverosi scrigni non è che segregato o per così dire paralizzalo dal commercio: esso dunque è soltanto fonte di ricchezza che innaffia allorquando è monetato.

Or la Sicilia, e principalmente la Capitale che tanto abbonda di argento ed oro fuso per oggetti di lusso, col solo esuberante, o per dir meglio con un piccolissima parte di ciò che è superfluo, senza sfarzo di sorta, oggi che si è aperta la monetazione, mette in circolazione una somma immensa, e accresce la ricchezza interna.

—Sono molto soddisfacenti le nuove che si sono ricevute da Trajna sullo stato della Guerriglia lasciata dal Colonnello D. Raffaele Palmieri agli ordini del Colonnello Bazan. Questo bravo uffiziale con un suo rapporto, che ci faremo un piacere di pubblicare nel foglio seguente da conto a cotesta Giunta Provvisoria di tutte le sue operazioni tendenti a ridurre la ribelle Città di Messina in breve a far causa comune col resto della Sicilia, o a provare il rigore di un meritato gastigo. La disciplina che regna in quella guerriglia è molto esemplare; e fa un contrasto sensibilissimo con la condotta di una piccola mandra di schiavi prepotenti satelliti spediti dall’abominevole Scaletta a commettere delle estorsioni violente in Barcellona, Castroreale, e Pozzo di Gotto, paesi dispostissimi ad abbracciare la causa della Indipendenza Siciliana. Al sollecito arrivo in quei luoghi del Colonnello Palmieri munito di quei mezzi e rinforzi ch'egli credette sufficienti alla riuscita della sua spedizione, piglieranno un aspetto molto imponente le armi nostre nel vai Demone, e forse il Nome del Colonnello Palmieri, la sua disciplinata forza, e l’animo liberissimo di tutti i paesi che titaneggia Scaletta, faranno si ch'egli per giungere a minacciare il tiranno del faro non dovrà fare che una rapida marcia soltanto.

Il Patriottico di jeri rispose come si conveniva all’infime imputazione di un giornale di Napoli, il quale chiamava Vandali i debellatori di Caltanissetta; noi ameressimo aggiungere alle riflessioni del Patriottico quest’altra.

Non vi è stato mai esempio di tanta moderazione quanta i Siciliani ne usarono in quell’occasione. Si trattava di una Città Siciliana nemica della Sicilia, d’una città presa d’assalto, di una città che per ostinarsi nella ribellione avea usato dei tradimenti infami, eppure dentro di essa furono uccisi più di 30 uomini ostinati a difendersi ed a non cedere le armi. Se il proteo giornalista di Napoli troverà nella storia un esempio tale di moderazione in truppe le più. disciplinate, vogliamo mettere il torto dal canto nostro, e restituirgli quel decoro che per unte simili bugiarde asserzioni ha da {gran tempo perduto.

—Un Brigantino Russo arrivato jeri da Genova ha portato le seguenti notizie.

Il giorno 16 Agosto arrivarono in Milano 10 mila Austriaci. In Genova nelli primi di Agosto si trovarono diversi offesi, nelli quali si domandava ai genovesi, o la costituzione o la morte. Il giorno 18 del detto mese arrivò in Genova il Re di Sardegna con truppe, e dismise dal suo servizio il Generale Dugan. Il numero di queste truppe ascende a xxxx uomini, i quali già stanno acquartierati suj forti di Genova.

Delli pochi componimenti poetici finora usciti alla luce la seguente oda soltanto ci è sembrata degna di qualche riguardo.

La ristrettezza del foglio non ci permette di farne una esatta critica, e quindi noi inserendola la sommettiamo all’intelligenza de’ nostri lettori: aggiungiamo soltanto, che ella è l’opera di alcuni giovinetti, ed in conseguenza tanto più commendabile.

IL GIURAMENTO

ODA

Deliberata morte ferocior.

Horat.

Non più, Sicilia mia,

Sorgi dal vil servaggio,

Alle tute luce flebili,

Ci già balena un raggio

Fo ier di vivo giubilo,

Di libertà, d'onor.

Delle vetuste eta di

Il lustro omai riprendi,

Della tua prisca gloria

Su l'alta cima ascendi,

Spiega la pompa triplice

Prudenza, fevalor.

Nobile fiamma accende

I generosi petti:

Ve la magnanima Aquila,

Ne' gran vessilli eretti,

L'ale ventose stendere

Su per le vie del Ciel:

Scettro regal possente

Stringe coll’avid'ugna,

Gruppo d'ardenti folgori

Il destro artiglio impugna

Che in faccia all'oste esagita,

E il cuor gli empie di gel,

Nel Cittadin prevale

La libertà alla vita,

De lesi dritti vindice

Lo stuol de'  Padri invita:

Agogna il voto unanime

Pari agl'Ispani un Re.

Dell'adunanza illustre,

Onor del suol Sicano,

D' eccelso cuore il Preside

Volge il suo dir sovrano

Al generoso popolo

Che pone in lui sua fe.

«Figli d'Oreto, alfine

Ecco il bramato giorno

In cui l'antica gloria

Lieta fa qui ritorno,

E rende a noi la Patria

Rinata a libertà.

«Sopito era, non spento

ll fuoco in noi natìo,

Invidiosa cenere

Per lunga età il copio,

D'amico vento al soffio

Più vivo brillerà.

«Già presso all'ore estreme

La Sicula Fenice

Di morte volontaria

Rinacque, e più felice

Sulle nuove ale innalzasi

Pel liquido sentier

«Che più s'indugia? un voto

Il comun voto sia,

E sempre irrevocabile

L'istesso ognor qual pria

Mantengasi, alla Patria

E in faccia al mondo intier.

«Giuro, che altra aura mai

Non spirerò di vita,

Che non sia placida aura

Di libertà gradita,

Ed ogni avverso augurio

Trasporti il vento al mar.

«Non della morte cruda

Il formidato aspetto

Dal suo proposto scuotere

Può il mio tenace petto:

S'armi la terra, intrepido

So l'ire sue sfidar.»

Tacque, e concorde un grido

S' udia per quel consesso,

I Padri della Patria

Col cuor nel volto espresso,

E il popolo festevole

Il giuro replicò.

Agli alti sensi scosso

Dal genital suo fiume

Di Roma invitta il Genio

Sulle adeguate piume

Lungo le sponde Oretee

Il volo suo drizzò:

E volteggiare al vento.

Visto l'Augel temuto,

Di rivedere imagina

Il forte Manlio, e Bruto:

E i memorandi secoli

Qui vede rifiorir.

Di suo celeste lume

Brillò nel divo aspetto,

Voto sorgendo unanime

De fidi Eroi nel petto,

E pronto in lor raccendersi

Il bellicoso ardir.

Che avria più degno oprato.

Il prò Rouian possente?

Pari vessillo inalbera

Or la Sicana gente,

Rival ne rischi bellici,

Sola nel trionfar,

Oh! se benigno il Cielo

Ascolta i voti suoi,

Rinnova Atene i studii,

Sparta i famosi Eroi,

Cedrà a Sicilia ogni arbitra

Figlia del Tosco mar,

Sire, se al ben comune

E' ver che ognora intendi,

Al grido di ginstizia

Di verità ti arrendi;

Allor la tua progenie

Più stabil regno avrà.

Al fianco tuo d'intorno

In un co fidi stanno

Empj Ministri perfidi

Fabbri di nero inganno,

Cui spiace di Trinacria

La dolce libertà.

Spregia i consigli rei

Che ti fan guerra al trono:

Accorda al voto unanime

Di libertate il dono:

Se il diede ll Ciel benefico

Potrà negarlo un Re?

Ti piega... ah! mira d'armi

Come risuona il lido:

Il tuo fedele popolo

Vuoi che divenga infido?

No: il suo medesimo eccidio

Grave saria per te.

NOTIZIE ESTERE

Sopra la libertà politica della stampa in Ispagna

Le Corti generali ed astraordinarie in attenzione a che la facoltà individuale de’ cittadini di poter pubblicare i loro pensieri e idee politiche, serve, non solo di freno all'arbitrarietà di quelli che governano, non che di mezzo per illustrare la Nazione in generale, ed essendo l’unica strada per portare alla conoscenza la vera opinione publica hanno decretato quanto segue:

Art. 1. Tutti i corpi e persone particolari di qualunque condizione, hanno la libertà di scrivere, stampare, e pubblicare le loro idee politiche senza necessità di licenza, revisionerò approvazione alcuna, che preceda alla publicazione; sotto le risponsabilità infrascritte.

2. Pertanto restano aboliti tutti gli attuali giudicati di stampa, come anche la censura di opere politiche che precedeva alla stampa di esse.

3. Gli autori e gli stampatori saranno risponsabili dell’abuso li questa libertà.

4. I libelli infamanti, gli scritti calunniosi, i sovversivi alle leggi fondamentali della Monarchia, i licenziosi e contrarj alla decenza publica, e buoni costumi, saranno puniti con le pene delle leggi, e con quelle che qui s’impongono.

5. I giudici e tribunali rispettivi s’incaricheranno dell’indagine, qualificazione, e castigo da’ delitti che si commetteranno per l’abuso della libertà della stampa regolandosi al disposto dalle leggi ed al contenuto in questo regolamento.

6.Tutti gli scritti sopra materia di religione, restano soggetti alla previa censirà degli ordinai ecclesiastici, secondo lo; stabilito dal Concilio di Trento.

7. Gli autori o editori che abbiano facilitato il manoscritto originale, non saranno obbligati a mettere i loro nomi negli scritti che pubblichiamo; ma resteranno soggetti alla stessa responsabilità, e lo stampatore dovrà sempre sapere chi sia l’editore dell’opera; altrimenti gli soffrirà la pena che si dovrebbe imporre all'editore che trasgredendo la legga fosse conosciuto.

8. Gli stampatori saranno obbligati a mettere i loro nomi, cognomi, luogo ed anno dell’edizione in tutti gli stampati qualunque sia il 1Allume; ma però la falsificazione di alcuno di questi requisiti sarà castigata, come anche l’assoluta omissione di questi.

9. Gli editori che abusando della libertà della Stampa contravvenissero al disposto, non solo soffriranno la pena assegnata dalle leggi secondo la gravità del delitto commesso ma quella imposta co’ loro nomi, sarà pubblicata sul foglio del governo.

10. Gli stampatori di opere o scritti che sì dichiarino innocenti e non pregiudicati, saranno puniti con una multa di cinquanta ducati in caso di omettere i loro nomi o alcuno de’ requisiti indicati nell’art. 8.

(Sarà continuato)

Palermo 8 Settembre 1820 N. 18

GIORNALE

LA FENICE

Di questo giornale sortiranno tre numeri in ogni settimana, nei giorni lunedì, mercoledì, e venerdì.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Insenga, e si ricevono nella Libreria dei Soci Pedone, e Muratori via Toledo num. 211 all'insegna del Serpente.

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NOTIZIE ESTERE

Continuazione sopra la libertà politica della stampa in Ispagna

11. Gli stampatori degli scritti proibiti nell’art. 4 che omettessero i loro pomi o altra delle circostanze espressate soffriranno oltre la pena corrispondente imposta, la medesima pena che gli autori di essi.

12 Gli stampatori di scritti sopra materia di religione seni la previa licenza degli Ordinarj soffriranno una pena pecuniaria, e quella che per ragione dell’eccesso in cui incorriamo, abbiano stabilito le leggi.

13 Per assicurare la libertà della stampa, ed arrestare al medesimo tempo l'abuso, le Corti Domineranno ima Giunta Suprema di Censura che dovrà risiedere presso il governo, composta di nove individui, ed è proposta di questi, vi sarà altra simile in ogni capitale di Provincia composta di cinque.

14. Saranno ecclesiastici tre degl’individui della Giunta Suprema di Censura, e due similmente ecclesiastici de’ cinque delle Giunte di' Provincia, e gli altri secolari; e tutti persone di studio, probi, virtuosi, e capaci al disimpegno di questa carica.

15. Sarà del loro carico l'esaminare le opere che si abbiano denunciato alle giustizie, e se la Giunta censoria di Provincia giudicasse dover essere ritenute le suddette, così lo eseguiranno i giudici, e ritireranno le opere vendute.

16. L’autore o stampatore potrà domandare copia della censura e contestare a questa. Se la Giunta confermasse la prima censura avrà azione l’interessato dimandare il passaggio dell’atto alla censura della Giunta Suprema.

17. L’autore e stampatore potrà domandare alla Giunta So premia che gli atti siano esaminali una e due volte e poi li si consegneranno Se l’ultima censura della Giunta Suprema è contraria all'opera, sarà questa ritenuta senz'altro esame; ma se l’approvasse, le si darà il corso.

18. Quando la Giunta Censoria di Provincia 0 la Suprema dichiareranno che l’opera contiene ingiurie personali, la parte offesa potrà seguire il giudizio ne’ tribunali competenti a tenore dille leggi.

19. Quantunque i libri di religione non possano stamparsi senza la licenza dell’Ordinario, questo non potrà negarla senza la previa censura e udienza dell’interessato.

20. In caso che l'Ordinario insistesse in negar la licenza, potrà l’interessato accudire con copia della censura alla Giunta Suprema, la quale esaminerà l’opera, e trovandola degna di approvazione, comunicherà il suo parere all’Ordinario, onde il quale come più imposto nella materia concedé la licenza affine di evitate ulteriori ricorsi.

L’ARMATA DELLA SICILIA LIBERA ED INDIPENDENTE

Agli Uffiziali, e soldati della così detta Spedizione del Signor Costa
Fratelli

Un’Armata Austriaca scende per varj punti in Italia, naturalmente per comprimere lo sviluppo dei principi liberali li Governo, che ogni Popolo vuol adottare sol grande esempio delle più colte Nazioni di Europa. Il Governo di Napoli in conseguenza è stato obbligato a ordinare due campi di osservazione, uno sul Tronto, e l'altro sul Garigliano.

L’Armata però è malcontenta unanimemente del Generale Pepe, perché la comanda con un potere assoluto.

Quel Ministero è generalmente disprezzato dal Popolo, perché composto da uomini contraddittorj; per cui continui cambiamenti, e costanti iuquietudini devono risultarne.

Una divisione di legni Inglesi va a stazionarsi tra Napoli, e Sicilia.

Potete voi, o fratelli. dono queste notizie, ostinarvi a servire alle misure strane, inutili, e pericolose. Se non fatali, che i mandatarj del Ministero di Napoli hanno adottate per prolungare in Sicilia la disunione?

No fratelli la voje dell'umanità, la forza dell’interesse comune a voi, ed a noi, il grido sacro della ragione, ci ordina ad obbliare il passato, a fraternizzare universalmente, cordialmente e per sempre, per tutti gli angoli della Sicilia.

Venite a far parte dell’Annata di una Nazione libera indipendente, alla quale voi tutti appartenete o per origine, o per affinità, o per domicilio, per servizi vostri proprj, o dei vostri maggiori.

Gli Uffiziali conserveranno in proprietà gli attuali loro gradi; ed i sotto Uffiziali, e Soldati avranno il nuovo prè Siciliano, che è quasi triplo di quel che voi avete.

Questa Patria, comune saprà poi aggiungere delle ricompenze particolari alle particolari benemerenze.

Un nastro Giallo vi accompagni, e dapertutto sarete abbracciati come fratelli.

Dal Quartier Generale della 2da Divisione

Il Generale

Troina Primo Settembre 1820.

IL COMANDO DELLA PROVINCIA DI MESSINA AL SIGNOR
PRINCIPE DI VILLAFRANCA PRESIDENTE DELLA
SUPREMA GIUNTA PROVVISORIA DI PUBBLICA
SICUREZZA E TRANQUILLITÀ’ DEL REGNO DI SICILIA
Eccellenza

A quest'ora da S. E. il Cap. Generale, cui in data de'  29 p. p. ho tutto umiliato, codesta Suprema Giunta Provvisoria è restata informata delle poche operazioni, che dalla mia venula in Mistretta da Caronia ho creduto di fare. Oggi ritrovandomi in questa di Trojna per causa, che la Guerriglia del Sig. Colonnello Palmieri vi si trovava giri diretta non ho creduto ancora conveniente l’avanzarmi per Messina mio destino, finché non giunga il detto Colonnello Comandante, onde concertate con essi il modo ili avanzare le operazioni: fraditanto non sono rimasto inoperoso. Il Comune di Capizzi è già bene stabilito, e manderà il suo rappresentante; Comune di Bronte ha mandato una Deputazione, la quale è tornata con le istruzioni, onde fondarsi la Giunta Provvisoria: Bianca Villa ha già ricevuti i suoi maneggi per abbracciare la Santa Causa ed io voglio lusingarmi che a pochi giorni darò parte della sua adesione.

Numerosissima è la gente che viene ad arrolarsi sotto le mie insegne, e quindi io sto formando l’allistamento di un’altra Guerriglia.

Con questa occasione oso pregare codesta Suprema Giunta, quale in virtù dell’articolo 5 delle Istruzioni mi autorizza a scegliere un Segretario tanto nella presente circostanza interessante, di avere la compiacenza nominare Ten. D. Carmelo Parisi di Palermo, Gentiluomo conosciuto per probità, e talenti militari, il quale avendo servito z3 anni circa ne’ Reggimenti or1 di lirica, ed essendo di mia fiducia, desidero avello per mio segretario.

Non posso esprimere i servizj resi dal mio Comandante di Artiglieria Capitano D. Gaetano Parisi, egli con attività infaticabile ha diretto la Costruzione de’ Carri per montare l’artiglieria ed ha così bene istrutto gli uomini addetti nell’artiglieria, che caricano e tirano con la velocità de’ più esperti artiglieri.

Informata codesta Ecc.ma Giunta di quanto ho avuto l’onore di sommetterle, son sicuro; che sarà per corri piacersi farmi giunger e tutte le istruzioni all’uopo necessaire per mio regolamento, e qualche munizione da guerra poiché in punto ricevo la notizia esservi in Leofonte due cannoni, de'  quali subito spedirò per impadronirmi. E necessario. che mi s’inviino i giacchi d’armi, mentre quasi tutti vi mancano: una quantità di Gendarmeria delle lance a fuoco, ed una regolare quantità di stoppini, giusta il rapporto fattomi del detto Capitano Comandante l’Artiglieria.

Firmato

Pietro Bazan Colonnello Comandante

— Lo zelo con cui si è prestato il popolo palermitano al servizio della guardia di interna sicurezza è veramente ammirevole, e serve sempre meglio a provare quanto i siciliani siano amici dell’ordine, e di una libertà moderata. Fra tanti esempj, che potrebbero addarsi. in prova di quanto viensi di asserire, crediamo più confacente al nostro scopo, il breve racconto di un fatto accaduto il giorno 4 corrente, giorno di Santa Rosalia.

Stava per accendersi nna rissa fra alcuni giovani incosiderati circa alle ore 22 nella via toledo rissa pericolosa alla publica tranquillità per la frequenza del popolo, solita a radunatsi in giorni di tanta festività. La pattuglia della Civica più vicina, accorse ad impedire quel nascente disordine; ed essendosi conosciuto intanto l’istigatore di esso, ed il luogo ove crasi rifugiato, previo l’ordine di un Comandante Superiore stavasene per eseguire l’arresto. Un Colonnello della detta Civica, però di un’altra sezione di quartiere non informato in prima bene dell’accaduto, e dell’ordine superiore di cui erano muniti gli esecutori dell’arresto avea procurato impedii Io: presso qualunque altra popolazione avrebbero avuto lungo in simili occasione sconcerti gravissimi; ma la fermezza dell’uffiziale comandante la pattuglia, e la ragionevolezza del Sig. Colonnello fecero sì che venisse eseguito l'arresto col massimo buon ordina; anzi il Si. Colonnello volle accompagnare egli stesso al vicino quartiere della pattuglia l’arrestato. Noi non sappiamo come a seconda delle leggi militari si avrebbe dovuto procedere in quell’affare, né poteva ciò sapersi danti uffiziali della Civica i quali agivano sino a quel giorno senza istruzioni, ma guidati dalla probità, coraggio, e prudenza. che formano il carattere distintivo dei Siciliani; pure bisogna convenirsi che ad onta del difetto delle necessaire istruzioni in questo incontro ed in mille altri la pubblica tranquillità non è stata iti modo alcuno perturbata..

AVVISO

La Giunta Provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità unitamente ai rappresentanti, degli altri comuni del regno col consenso dei consoli ha risoluto che gli ordini e le disposizioni da spedirsi in avvenire dal comitato di corrispondenza a varii comuni che hanno inviato, o invieranno loro rappresentanti in questa Giunta siano all’intelligenza dei sudetti loro rappresentanti.

Ha dippiù risoluto che si aggregassero ai seguenti comitati un numero di rappresentanti, cioè al comitato di corrispondenza n. 3. rappresentanti.

Al comitato per la lettura della posta n. 2. rappresentanti.

Al comitato delle finanze,n. 3. rappresentanti.

Al comitato per le magistrature n 3. rappresentanti. Al comitato per i reclami n. 2. rappresentanti, quali tutti saranno eletti in questo, stesso giorno a maggioranza di voti.

Palermo 29 Agosto 1820.

Bonanno Cancelliere

Dopo del quale decreto si affrettò la Giunta a nominare i soggetti; e la scelta con soddisfazione di tutti cadde sopra ottime persone, le quali corrisponderanno certamente alfine che si propose la Giunta nello eleggerli a tali incombenze.

AVVISO

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità, unitamente ai Rappresentanti degli altri Comuni del Regno, ed ai Consoli, ha risoluto, che i Pescatori, e Rigattieri possano vendere del pesce nei posti della Marina sullo l’Ospedale di 8. Bartolomeo, di Piedigrotta, e del Borgo, ed in tutti gli altri luoghi che si crederà necessario, menoché sulla Marina, incominciando da Porta Felice sino alla Casina del Principe di Colò, e sotto la Porta dei Greci, restando incaricati i Consoli a curare colla loro vigilanza pell’esecuzione del presente Decreto.

Palermo i Settembre 1820

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Suprema Giunta Provvisoria di Governo desiderando di proteggere gl’inermi, e pacifici Cittadini, onde sempre più ristabilire l’ordine e la quiete della Capitale ha decretato quanto siegue.

Art. 1. A nessun Cittadino sarà permesso d’apportare arme da fuoco, o di altro genere proibito dalle leggi in Città, o nei Subborghi comprese nei limiti delle Sezioni stabilite per la Guardia d’interna Sicurezza.

Art. 2. Sono dall’articolo precedente eccettuati tutti quelli Corpi di forza armata, riconosciuti ed autorizzati dal Governo.

Art. 3. Le pattuglie di detti Corpi accompagnate da un capo-pista, saranno munite da un passavanti firmato dal Capo Provvisorio della pubblica sicurezza, dai Generali Comandanti delle suddette Corporazioni o infine dai Capitani d’arme dei Distretti.

Art. 4. Gl’individui defila guardia di interna sicurezza, che si rendono al loro posto, o che rientrano ai loro domicili, saranno muniti di biglietto di servizio del giorno, nel quale sono chiamati, firmato dai rispettivi Comandanti della Compagnia.

Art. 5. Ai Cacciatori sarà permesso di portare lo schioppo purché esso sia da Caccia e non di munizione, scarico e senza Pietra fucile, sino però ai Confini menzionati nell'art. 1. restando sempre vietato a detti Cacciatori di portare dei cartocci a palla.

Art 6. Le persone armate da schioppo provenienti dall’interno del Regno dovranno essere autorizzate dalle legittime autorità dei rispettivi Comuni dalli quali sono partiti, e in Città dovranno avere lo schioppo senza pietra, e scarico.

I contravventori a questo Decreto oltre di essere arrestati e puniti colle pene prescritte dal Codice penale perderanno ancora le Armi, che le saranno poi rese.

Palermo 5 Settembre 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Giunta provvisoria dì pubblica sicurezza, e tranquillità conoscendo, che il di lei titolo non corrisponde colle funzioni, che attualmente esercita, unitamente a Rappresentatoti del Regno e Consoli ha decretato.

Primo che la detta Giunta invece del titolo di Giunta provvisoria di pubblica sicurezza, e tranquillità, l’ora innanzi assumerà il titolo di Suprema Giunta Provvisoria di Governo.

Secondo che il recente decreto si comunichi a tutte le pubbliche autorità competenti.

Palermo 5 Settembre i8o.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

La Suprema Giunta provvisoria di Governo unitamente ai Rapprese nauti degli altri Comuni del Regno, ed ai Consoli essendo stata informata delle lagnanze, che circolano nel Regno par li nomi di Capo Centuria, Capo Sezione, e Capo Squadra destinati per le persone scelte a comanda, e la forza delle milizie ha decretato, in conformità di quanto ha proposto il Comandante Generale delle Armi, che alle dette denominazioni si sostituiscono quelle di Capitano, Tenente, e Sottotenente, come titoli che possono maggiormente eccitare 1eàtusias. mo Nazionale, e che Se ne faccia correre per le stampe la corrispondente circolare nel Regno.

Palermo 6. Settembre 1820.

Bonanno Cancelliere

AVVISO

Malgrado che l’eclissi sieno de’ fenomeni purtroppo noti; tuttavia siccome ne’ tempi in cui il mantenimento della tranquillità pubblica esige le più minute, e forse anco eccessive precauzioni, conviene impedire qualunque disturbo recar possa la malizia agli animi deboli della più infime ed ignorante classe del popolo; cosi il Capo provvisorio di pubblica sicurezza ha stimato bene di prevenire quella parte del pubblico ch'è ignara delle rivoluzioni astronomiche, di dover accadere il giorno di domani un eclissi solare, che avrà principio alle ore diciannove, te sette minuti, ed avrà termine alle ore 20 e 38 minuti, con massima oscurità di dicci dita verso le ore venti.

Palermo 6 Settembre 1820.

AVVISO

Volendo la Suprema Giunta provvisoria di Governo ovviare allo inconveniente di occupare il tempo destinato alla discussione degli attiri interessanti la Nazione intima nel provvedere alle istanze dei particolari, ha quindi unitamente a’ Rappresentanti dei Comuni del Regno, e de’ Consoli risoluto che le istanze relative a privati interessi si presentino a Comitati rispettivi i quali le loro istanze appartengono; e che la Giunta non s’interessi delle medesime, che a solo rapporto dei Comitati, e che il presente decreto si pubblichi colle stampe.

Palermo 6 Settembre 1820.

Bonanno Cancelliere

Palermo 11 Settembre 1820 N. 19

GIORNALE

LA FENICE

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NOTIZIE INTERNE

MANIFESTO

La Suprema Giunta Provvisoria di Governa informata nel momento che il Comandante della a. Divisione Colonnello Palmieri, avendo impiegato le sue forze sopra Caltanissetta per soccorrere la divisione comandata dal Colonnello Orlando, trovò ivi il nimico baldanzoso per alcuni vantaggi riportati il giorno 7, lo affrontò coraggiosamente e lo sconfisse, uccidendone molti e facendo molti prigionieri. Quindi la Suprema Giunta suddetta si fa un piacere di rendere subito il Pubblico informato di un si felice avvenimento, mentre si sta occupando a profittare con la massima celerità della riportata vittoria, e ad avanzare vigorosamente le operazioni militari.

Palermo li 9 settembre 1820.

Avessimo amato dare al publico i dettagli di questa vittoria, ma non essendo ancora arrivati ci facciamo un dovere pur ora di avvisarlo, che tutti i corrieri qui giunti dai circonvicini pesi non parlano che di vittoria con firmando quanto col di sopra manifesto si è dalla Giunta promulgato.

— Ieri arrivò in questo porto un legno da Napoli recando quattro dei nostri Deputati spedici colà per trattare della nostra indipendenza il Conte S. Marco, Duca Cumia, D. Mercurio Tortorici, ed il Console Vulgo. Per quanto si è potuto fio ora traspirare, pare che recassero delle condizioni, se non favorevoli ad una assoluta indipendenza, ma certo, migliori delle prime. La Giunta Suprema di Governo nel giorno d’oggi dovrà sicuramente occuparsene, e noi ci affretteremo di incitarne n parte i nostri associati, unitamente alle riflessioni e risposte della Giunta.

— Qualche sconcerto tendente a rovesciare, la pubblica tranquillità ebbe luogo in quest’ultimi giorni. Pare che lo scopo dei malintenzionati sia quello di sgomentare la guardia d’interna sicurezza, per aprir libero il campo a tutti disordini. La civica pelò all’incontro ha raddoppiato di zelo; ed il Governo si è dato premura d procurare sollecitamente a questo rispettabilissimo corpo tutta quella soddisfazione, che è in suo potare di dargli; ci crediamo in dovere però di far noto a maggiore tranquillità del publico, che i rei degli accaduti disordini non sono tutti di una maestranza o ceto di persone, come da alcuni si va seminando nel volgo, per suscitare il furore dei partiti.

__________

Messina li 21 Agosto 1820

PROCLAMA DI PUBBLICA SICUREZZA

Cittadini.

La base primaria d’un Governo Costituzionale, la pubblica sicurezza, il libero godimento de’ dritti, e la certa e non mai turbata conservazione delle proprietà. Per ottenere questo desiderato fine, sopra tutto nelle attuali imperiose circostanze essendovi de'  Comitati pubblici indi’ istesso regno, al voto comune della felicità della Nazione, e della patria, col suffraggio del governo, e di tutt’i virtuosi cittadini, si manifestano i seguenti articoli per gerentire la pubblica sicurezza.

1. Tutti i locandieri, sono obbligati in qualunque ora, portare al Commissario di pubblica sicurezza i nomi, cognomi, patria, età, professione, ed arte, di tutte le persone, che arriveranno nelle loro locande rispettive di questa nostra Capitale, sieno del nostro regno o estere; e ciò sotto fa pena di once sei e giorni tre di carcere.

2. Siccome incombe ad ogni cittadino virtuoso di amare la pace, la tranquillità, l'allontanamento d’ogni disordine, e il godimento libero de'  dritti, che gli accorda un governo costituzionale, perciò viene obbligato di manifestare al detto commissario le persone dimoranti nella rispettiva famiglia che non sieno cittadini con i nomi ec. espressi nel 1. articolo.

3. Ogni cittadino avendo fatto un contratto pre sunto colla società in cui vive, è in obbligo di osservare quelle leggi viggenti nella medesimo, e di venendo trasgressore diventa reo; quindi è suo primo dovere l’obbedienza a quelle autorità costituite, alle quali ne sarà tramandata la leggittima giurisdizione.

4. Ognuno sa che l'opinione non forma mai un reo, finché resta ascosa nella sola facoltà di pensare; ma esternata potendo esser contraria alle basi del governo, per cui può apportare qualche disordine, perciò allora diviene rea, e l'opinionista deve soffrire la pena che uguagli la reità di sua opinione esternata opposta alle basi del governo.

5. Ogni cittadino, o estero non può affatto essere molestato nel godimento dei suoi diritti, né mutilato nel libero esercizio dei suoi affari, anzi dev'essere garentito; e chi ne attenta la diminuzione merita una pena proporzionata all'offesa de'  diritti altrui.

6. Un cittadino, o estero, non potrà mai esser privato della libertà personale, se non previo un delitto reale, e se non esistono indizi certi di essere reo. Se però l'indizio, ancorché probabile, ma non certo, cadrà sopra persona sospetta, allora la pubblica sicurezza prenderà le sue misure di vigilanza, o altro mezzo, che crede più opportuno per purificare i fatti.

7. Siccome il fine della società politica è il bene universale che risulta dalla fruizione del bene particolare, perciò ogni membro della medesima deve impiegare tutte le sue forze fisiche, e morali per lo conseguimento della felicità comune, ed il trasgressore sarà dichiarato reo di perfidia colla pubblica esecrazione.

8. Sappia ogni cittadino, che la pubblica sicurezza, ha un fine tutt'opposto a quello della abolita polizia. La prima tende a conservare indenni i nostri diritti sopra i beni reali e personali, che un individuo della patria deve godere. Ella veglia alle trame dei nemici interni, ed esterni, allontana il menono pericolo, e rassicura al cittadino la pace, la tranquillità, e tutti quei vantaggi, a cui aspirano tutte le società politiche.

9. Se le sante leggi della ragione confermate dall'augusta nostra divina religione, ci comandano l'amore del nostri fratelli, e le leggi civili anche lo confermano, perciò per un triplice obbligo devono essere sbandati dal cuore di ogni cittadino l'odio, la vendetta privata, la maldicenza, e qualunque atto che possa influire a turbare la pace, e la concordia delle famiglie e della patria.

10. Preposto tutto ciò si esortino tutti i cittadini all'unanime consenso di conservare colla loro sperimentata virtù, e collo zelo per la patria, la libertà costituzionale, la quale certamente ci apporterà tutti quei beni da noi desiderati; e siano fortemente uniti al Re, ad alla Costituzione; così viveranno pacifici, tranquilli, e scuri dei loro diritti; e lasceranno ai posteri, la felice ricordanza di aver loro tramandata, cogli esempi di eroica virtù, la felicità del governo costituzionale.

Il Commissario della pubblica sicurezza

Candiloro Barbera

NOTIZIE ESTERE

Napoli li 18 Agosto 1820

RISPOSTA ALLA CONFUTAZIONE FATTA DAL SIGNOR LUCARELLI NAPOLITANO ALLE PRETENZIONI DE’ SICILIANI

La sagace confutazione data fuori dal signor Lucarelli sulle pretensioni de'  Siciliani è illegittima, sospetta, e non solamente disonesta, ma turpe.

Non si è mai letto un ragionamento che presenti nello stesso tempo una folla tale d' idee miste di orgoglio, e di viltà. Egli dice che «i Napolitani sono così diversi dai Siciliani di temperamento, di educazione, di principi, e di cognizioni, che possono ascrivere a loro vantaggio di essere da medesimi divisi».

Ecco di che rendersi benevolo a Napolitani, per quindi avvilirli con ingiuria straordinaria: Sieno qualunque le pretensioni di quella Nazione: spetta forse ad un semplice particolare esaminarle, confutarle, e transigerle? Lo arrogarsi nello stesso punto gli attributi del Re, e della Nazione è piuttosto mostrare follia, che senno.

Egli è permesso di scrivere, ma non di offendere la propria Nazione, che ha dato illustri prove, ed infinite della sua lealtà, e segnatamente verso i Siciliani.

Il sig. Lucarelli si permette di confutare alcune pretensioni (dic'egli) de'  Siciliani, e si arroga il dritto di Consulta, la qual'è poco decorosa, anzi vergognosa.

La V. pretensione del Siciliani dice.... «Un Parlamento indipendente in Sicilia può con agio maggiore occuparsi degli interessi separati de'  Siciliani.

ll Confutatore o per ignoranza, o per malizia si esprime.....«E quando essi diffidassero a segno de’ Napolitani, e temessero che costoro per sola animosità volessero rifiutarsi alle loro dimande; si potrà pure fare transazione con essi, e per mettere loro di riunirsi in diete distinta, terminate quelle del Parlamento generale, e prender delle misure riguardo alla Sicilia, purché non sieno in contradizzione né dei cardini della costituzione, né delle disposizioni prese nel Parlamento riunito.»

Or non sarebbe questa vile transazione che sanzionerebbe certo, e non presumibile il sospetto che avrebbero i Siciliani dei Napolitani? E non sarebbe una eterna marca di obbrobrio l'inerire a que sta sciagurata transazione? Li stessi Siciliani, ottenendola, avrebbero ragione di guardarci con disprezzo, subitocchè la Nazione confesserebbe con tale accordo, che sarebbe stata capace d'ingannarli.

I Siciliani se hanno esposto delle pretensioni al Sovrano, ed alla Nazione, han dovuto farlo per obbligo, e le loro opinioni nostrano dell'accorgimento, ma non offendono. Spetta al Sovrano, ed alla Nazione rispondere analogamente; e la loro saviezza, e Politica non li farà mai accordar cosa, che direttamente o indirettamente possa oscurar l'onore de'  Napolitani.

Il signor Lucarelli conchiude il suo ragionamento con un articolo il più bizzarro, che una confusa logica potesse mai ad uomo dettare. Egli si esprime.... «Il Principe qualora volesse divenire a tal tratto d indulgenza, si attento a bene definire ciò che accorda badi a non pregiudicare ai suoi dritti, ed a quelli dei suoi popoli, e si ricordi dell adagio volgare, che regnum divisun desolabitur.

Qual misto d'idee contradittorie! Egli nel mentre che opina nella sua confutazione potersi accordare ai Siciliani una vergognosa transazione, passa quindi a farla da Pedagogo avvertendo il Principe a stare attento a questo tratto di indulgenza (cioè di accordare la transazione da lui opinata), e ben definire quello che accorda. Terminando con malizioso impegno di far osservare al Principe che un Regno diviso porta seco la desolazione.

Dunque l'autore vuole che si compri a qualunque costo la unione dei due regni; suggerisce ciò che può farsi per ottenerla: indi consiglia al Principe di stare accorto, e badare di non pregiudicare i suoi dritti, e quelli del suoi popoli, e termina con prevedere la desolazione se tale unione non si stabilisce.

Oh! Aversa manca in te il migliore Individuo!

L'autore sig. Lucarelli ha preso un secondo sbaglio, non meno grave del primo, e sembra ch'egli abbia voluto in uno stesso punto offendere e la sua Nazione, e quella della Sicilia transfarana. Le pretenzioni di cui egli ha fatto parola, non sono della Sicilia, ma di Palermo: ed una parte non ha formato mai il tutto, né l'orgoglio di pochi Individui puossi rifondere a tutta una Nazione, che ha dimostrato col fatto, quanto era lontana dal modo di pensare dei Palermitani nell'ultima inconsiderata circostanza: né devesi per giustizia neppure imputare tutta la popolazione di Palermo ma i soli cervelli torbidi di quella, i quali da tutta la Nazione sono stati dissaprovati.

Il sig. Lucarelli nel frontespizio del suo discorso si dice Napolitano: il suo ragionamento lo fa credere Palermitano; e s’egli si sforza a dimostrare di esser nostro Concittadino, non fa il suo elogio.

Il B..... C..... C.....

Allievo di Solone

FRANCESCO BIANCHI

FERDINANDO I

Per la grazia di Dio e per la Costituzione della Monarchia Re dei 'Regni delle Due Sicilie i di Gerusalemme ec. Infante di Spagna, Duca di Parma, Piacenza, Castro ec: ec. Gran Principe Ereditario di Toscana ec. ec. ec.

NOI FRANCESCO DUCA DI CALABRIA

Principe Ereditario e Vicario Generale

Avendo il Principe di Castelcicala ricusato di prestare nella sua qualità di Regio Ambasciatore Straordinario presso S. M. Cattolica il giuramento alla Costituzione di Spagna del 18 a adottata per lo Regno delle Due Sicilie.

Volendo render pubblica la nostra piena disapprovazione per un simile atto di disubbidienza alle Leggi, e di diffidenza dall'augusto esempio dato da S. M il Re Nostro Augusto Sovrano, e Genitore.

Abbiamo risoluto di decretare, e decretiamo quanto segue.

Art. 1. D. Fabrizio Ruffo Principe di Castelcicala è destituito dalla carica che gli avevamo con ferita col decreto degli 8 agosto ultimo di Regio Ambasciatore Straordinario presso S. M Cattolica.

Art. 2. Egli sarà privato al tempo stesso di tutti in qualunque rame del Real servizio.

Art. 3. Tutti i Segretari di Stato, e Ministri sono incaricati dell'esecuzione del presente Decreto.

Napoli i settembre 1818.

FRANCESCO VICARIO GENERALE:

Il Segretario di Stato Ministro degli affari Esteri

Firmato-Il Duca di Campochiaro

Eravamo i soli finora attori onorati sulla scena politica. Una Corte famosa egualmente per la sua saviezza, che per la ereditaria giustizia, fa rivolge re in questo punto gli sguardi della Europa sulle operazioni sue a nostro riguardo, e divide la pubblica attenzione, e l'aspettativa universale con noi Noi contempliamo i suoi movimenti colla sicura dignità di chi è convinto della giustizia del fatti propri. Non parleremo di tali avvenimenti, che col linguaggio amorevole del vero, ed antico amico, il quale osserva con sincerità le azioni dell'altro; e tanto confida nella virtù, e saviezza di lui, che crede non vane, né gittate al vento le giuste, e ragionevoli rimostranze sue.

Al risorgere della coltura dei popoli Europei, e quindi della illuminata politica, si conobbe da tutt’i i Gabinetti l'assoluto bisogno di un salutare equilibrio Europeo, che salva serbasse, ed illesa la dignità, e la Indipendenza di tutte le Nazioni. Da quella epoca fino a giorni nostri, le guerre, i trattati, le alleanze, le paci, onde ridondano i codici Diplomatici, non furono, che la parlante pruova di questo sistema radicato profondamente ne cuori de'  principi, e nelle menti del politici tutti.

La più meravigliosa delle Rivoluzione predasse un uomo straordinario e nel bene, e nel male, il quale tentò di annichilare, quell'equilibrio prezioso, e comandare ai Monarchi come a suoi Generali. Perfetto discepolo in pratica di Macchiavello, egli non incolpò il suo Maestro, che di aver tolto il velo a misteri della tirannide. Tanto egli tene va di vedere sorgere de'  rivali nella sua carriera al la luce dei principi di Macchiavello! I Sovrani europei riuniti in augusto congresso, proclamarono se stessi protettori della Indipendenza europea, violata, e profanata da quell'uomo fata le. Essi protestaronsi di essere i restauratori della giustizia, e del diritto delle genti esiliato col pugnale, ed oppresso da dispotismo feroce.

Ed infatti, se così non faceano, che mai valeva a popoli il cangiar di catene? Gemere al peso di molti despoti successori di un solo? Non fu dunque santa l'Alleanza, che per la condotta degli alleati, e se tutti non appagò i voti, e i diritti de'  gli uomini, mostrò solo con questo d'esser anche essa cosa umana.

Fu dunque giurata a Vienna la Indipendenza delle nazioni. Il non riconoscerla in dritto era forse un superare infatti l'oppressore francese, che mostrava almeno di conculcarla coi fatti, non pretendendo spesso giustificargli altrimenti, che col tirannico «io voglio».

E che suona mai Indipendenza politica? Non esser ligio della volontà, ed influenza altrui; poter guidare le azioni proprie alla meta del veri interessi nazionali: aver leggi, e forma di Governo sanzionate da due cardini nella mole politica il Re, e la nazione; figurare insomma sulla scena Europea come amico dalle nazioni, non come loro liberto.

Che direm noi dunque della condotta di quelle corti, che si allontanassero col fatto da massime così sacrosante? Diremo forse, che non v'è mai difetto di speciosi pretesti in chi si crede forte, ed arma to? Noi grideremo i primi contro questo sospetto ingiurioso; noi rispetteremo la lodata corte, fino a spegnere in noi ogni movimento di diffidenza oltraggiosa, attendendo le sue pronte, ed oneste dichiarazioni.

Esiste certamente un limite sacre, ed inviolabile fra la propria difesa, e l'attentato contro i diritti degli altri. Le politiche novità del secolo XIX. non somigliano affatto alle rivoluzioni del XVIII. Una sperienza fatale ha istruiti i popoli, ha fortificata la loro morale, ha raddolciti i loro costumi.

Le rivoluzioni attuali non offrono clubi destinati a portare in tutti i tetti del Re il veleno, o il pugnale. Non mostrano il sistema degli emissari cospiratori, spediti a sovvertire i popoli, e ad armargli contro i loro governi legittimi. Non gridano ad alta voce il linguaggio della seduzione, e della calunnia. Non attentano a diritti del loro vicini, ma gli rispettano anzi gelosamente. Qual sarà dunque la causa dell'odio di cosiffatte rivoluzioni? Sarà forse delitto l'effetto inverisimile dell'esempio politico? Perchè io dunque eleggo una medicina a miei malori, sarò reo, se il vicino imitandomi la jattura a se stesso?

Troppo è in somma diversa la difesa de'  diritti nostri dall'aggressione degli altrui. E troppo giova ripeterlo! Una corte infine, che nella lotta col più disleale, ed iniquo de'  principi mostrò tanta giustizia, e tanta buona fede: una corte a noi legata in tutti i tempi co' lacci di perfetta amicizia, e strettamente congiunta di sangue a nostri Sovrani; essa, che in tutte le sue vicende politiche si mostrò sempre degna erede della virtù di Rodolfo: potrà voler mai la ruina della nostra libertà? Offenderà in un col po i diritti del miglior de'  Monarchi, e di un po polo amico, che non la offese giammai? Col quale cambiò così di fresco, e con tanta amorevolezza le tenerezze ospitali? E poi si sà, che alle nazioni non si fa violenza giammai senza pericolo: che la verità non pregiata trova pur sempre un vendicatore, e che la giustizia di una causa, equivale sempre ad una anticipata vittoria.

L. A. F.

FRANCIA, Parigi, 17 agosto.

Sembra che i ministri maturino grandi progetti; essi pajono convinti della necessità d'un’amministrazione combinata; e vogliono mettere a profitto, almeno in parte, le dottrine predicate da Beniamino Constant e dalla Minerva, i quali consigliano di licenziare dagli impieghi tutti quelli che non procedano innanzi secondo lo spirito del governo; tutti quelli adunque che non hanno a cuore la monarchia, e che sono tuttavia affezionati all'impero o alla repubblica. Per illuminare la moltitudine è necessario che uomini di sentimenti monarchici presiedano all'amministrazione. È cessata la voce che dicea promosso al ministero il Signor Vallele, egli vi sarà forse chiamato quando le future elezioni saranno compiute definitivamente secondo lo spirito della monarchia e del governo.

(F. F. )

INGHILTERRA Londra, 10 agosto

– Diciasette navi da guerra sono attualmente in costruzione sui cantieri dell'Inghilterra.

– Sembra che i recenti avvenimenti di Buenos Ayres e di Sicilia abbiano recato un colpo sensibile al corso del nostro cambio, poiché i pubblici capitali abbassano. I nostri negozianti hanno esposto un gran danaro nel traffico avventuroso di Rio della Plata, e ne' vigneti della Sicilia.

– Ad una corsa di cavalli in Essex, il capitano Smith fece scommessa che avrebbe con un suo cavallo percorsi undici miglia inglesi in 3o minuti Grandi somme furono giuocate contra di lui; ma egli rimase vincitore avendo toccata la meta in 29 minuti e 40 secondi. Dopo la corsa, il cavallo era ancora pieno di forze, non così il padrone cui erano talmente mancate, che appena poteva più reggersi in sella. Il cavallo fa subito venduto per 25 e ghinee.

(Courier)

Palermo 13 Settembre 1820 N. 20

GIORNALE

LA FENICE

Ad evitare ogni disturbo che possa avvenire nella distribuzione, e per maggior comodità de'  nostri associati, i tre numeri di questo giornale sortiranno dal numero venturo in poi nella sera alle ore 24 de'  giorni martedì, giovedì e sabato di ciascuna settimana.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Inzenga, e si ricevono nella Libreria de'  Socj Pedone, e Muratori, via Toledo num 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tari diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana, dieci ogni foglio straordinario per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all'Estensore del Giornale La Fenice.

NOTIZIE ESTERE

INGHILTERRA Londra 14 Luglio

– ll 17 si avvicina, ed il pubblico aspetta con qualche ansietà quel giorno, ch'è l'unico oggetto di tutti i discorsi. Molte persone si ostinano tuttora a dubitare che il processo abbia luogo; ma il Sun, giornale ministeriale, non è di questa opinione.

«La voce, dic’egli, che le trattative sortano l'effetto di un accomodamento, si sostiene tuttora, ma noi possiamo assicurare che nulla autorizza a crederlo. Abbiamo detto sino dal principio di que st'affare che non si poteva rifiutare alla regina un pubblico processo, siccome ella lo avea chiesto.

S'è vero che personaggi importanti tentino di conciliare le parti, si dee esser grati alle loro pratiche; ma il linguaggio che suggeriscono alla regina i suoi consiglieri è tale, che vediamo sempreppiù difficile un accomodamento. Frattanto il Signor Brougham, procurator generale dell'accusata, e l'avvocato generale Denmann, invece di meditare la difesa della loro cliente, scorrono le provincie affine di perorare dinanzi le varie corti del regno. Ma ciò che ci ha di più notabile si è, che il Signor Broughan ritenne un abitazione ad Appledy per la sessione delle assise che incomincerà il 19 agosto; dal che si può conchiudere ch'egli calcoli sopra un nuovo ritardo relativamente al grande processo».

Altra del 12. Iermattina, un corriere di gabinetto è partito con dispacci per Berlino. Alcune ore dopo, l'officio degli affari stranieri inviò altro, corriere sul continente.

Nelle vicinanze di Londra saranno formati quattro campi; i due principali saranno stabiliti ad Hounglon ed a Blackheath. In questo momento sono accantonate truppe a piedi ed a cavallo quasi in tutti i villaggi a quindici miglia intorno alla capitale. Queste disposizioni militari non sono guardate di buon occhio dagli amici della libertà.

Gl'Inglesi, gelosi del loro diritti, riguardano la pre senza de'  militari come incompatibile con l'amministrazione imparziale della giunta. Avezzi a vedere le truppe decampare dalla città all'approssimarsi de'  giudici che vengono a tenere le loro assise, sono eglino scandalizzati del contrasto di questa condotta costituzionale con quella che tiene il governo in occasione del processo della regina. Eglino chieggo no quale sarebbe stato il risulta mento della prima processura contra quella principessa, se i nemici avessero avuto la forza e la potenza della quale so no oggi i depositari?

18 detto

Il bill di divorzio e di degradazione fu presenta to ufficialmente alla regina da un usciere della verga nera. S. M. lo ricevette con molta calma, ma non potè alla fine nascondere la sua commozione, e si assicura che abbia detto all'usciere del parla mento. In questo modo il re ed io non c'incontreremo mai più, ma ci vedremo nell'altro, ove spero che mi sarà fatta giustizia. Procurate. Signore d'informare il re di questi miei sentimenti se ne avete il mezzo.

Subito dopo sir Francis Burdett, alla testa di una deputazione degli abitanti di Westminster presentò alla regina un indirizzo di condoglianza e di conforto. Questa principessa rispose, come al solito di sperare che la nazione inglese non permetterà il di lei sacrificio

RUSSIA PIETROBURGO, 25 luglio

Il Signor Zea Bermudez, ministro di Spagna presso la nostra corte, ebbe il 2o la sua udienza di congedo dall'Imperatore; il Signor Salmon gli procede nell'ambasciata. La notte successiva S. M. parti per Mosca, donde, dopo d'aver passato a rassegna il corpo d'esercito acquartierato nelle provincie del centro, si recherà a Varsavia.

NOTIZIE INTERNE

Palermo, 13 Settembre 182o

DECRETI DELLA GIUNTA

La Suprema Giunta provvisoria di Governo unitamente ai rappresentanti degli altri comuni del Regno ed ai Consoli ha decretato:

1. Che si destini al Comitato delle Magistrature le stesso locale dove attualmente funziona il Comitato pei reclami del Regno, e ciò tanto per la riunione dei componenti i due rispettivi comitati, quanto ancora per il disbrigo degli affari, e per la necessaria correlazione tra l'uno e l'altro comitato.

2. Che si accordi al Comitato anzidetto per le magistrature un numero sufficiente di uffiziali per servire il Comitato medesimo nell'esercizio delle sue funzioni; per lo che resti incaricato il Capo del dipartimento dell'antica segreteria di Grazia e Giustizia affinché destinasse al Comitato sudetto tali uffiziali necessari.

3. Che le incombenze del Comitato per le Magistrature debbano raggirarsi nel proporre alla Giunta la creazione, e la destituzione dei Magistrati della Capitale e del Regno, e degli altri impiegati subalterni dei Magistrati medesimi nel prender conto della loro condotta, e nel sentire i reclami, che tanto dai privati, quanto dalle autorità si diriggono alla Giunta Suprema contro i medesimi, e nel sorvegliare finalmente all'accerto della giustizia, ed all'intiero ordine giudiziario del Regno.

Palermo 6 Settembre 182o

______________

La Giunta provvisoria di pubblica sicurezza e tranquillità, unitamente ai rappresentanti degli altri comuni del Regno ed ai Consoli in esecuzione del Decreto organico oggi stesso emanato ha decretato che i sottoscritti rappresentanti dei Comuni siano aggregati ai diversi comitati come appresso,

Al Comitato dei Ricorsi

Dottor D. Emmanuele Cicala

Beneficiale D. Pietro Fileccia

Al Comitato di Corrispondenza

Barone Dottor D. Francesco Ventura

Marchese D Girolamo Francipane

D. Ferdinando La Lumia

Al Comitato delle Finanze

Barone D. Liborio Alliotta

Cavaliere D. Francesco Saverio Valguarnera

Dottor D. Domenico Stabile

Al Comitato delle Magistrature

Dottor D. Vincenzo Marchesano

Dottor D, Giuseppe Crescenti

Dottor D. Antonio Lombardo

Al Comitato per la lettura delle lettere della Posta

Barone D. Girolamo Invidiato Pirajno

Dottor D. Melchiore Ragusa.

Palermo 29 Agosto 1820

Manifesto del Comandante Generale Interino

della Guardia di Sicurezza

Essendo stati poco fa arrestati dal Console della Maestranza dei Conciapelli Domenico Immarata, ed Antonino Manzone, due degli individui non conciapelli, né sotto la squadra immediatamente co mandata dal Console di detta Maestranza, ma solamente addetti alla custodia del Convento di S. Gregorio, i quali proditoriamente ieri sera presero le armi contro la Guardia di pubblica sicurezza della sezione del quartiere del Capo; il Principe di Villafranca Comandante Generale interino della detta Guardia si dà la premura avvisare il pubblico di avere ora stesso, come Presidente della Suprema Giunta provvisoria di Governo incaricato S. E. il Signor Capitan Generale Requisens di adunare momentaneamente il Consiglio di Guerra permanente all'oggetto di giudicare sull'enorme attentato da' medesimi commesso, e per darsi subito un esempio, ed una giusta soddisfazione ad un corpo tanto rispettabile, su di cui è riposta la tranquillità pubblica.

Frattanto avendo il divisato Console de'  Concia pelli presentato il piedilista degli individui, che componevano la guardia suddetta del Convento di S. Gregorio; si previene il Pubblico, che il detto Console col suo noto zelo stà praticando tutta la possibile attività pell'arresto del medesimi, i quali se non saranno dentro questa giornata arrestati, o pure se non si presenteranno spontaneamente, verranno considerati come fuori della legge, ed in conseguenza sarà lecito a chicchesia di trattarli come nemici pubblici. Al quale effetto il prelodato Co mandante Generale Principe di Villafranca, acciocchè ognuno abbia conoscenza delle persone, che componevano la guardia suddetta di S. Gregorio, ne inserisce in piedi il notamento giusta il piedi lista presentatogli dal detto Console.

Palermo 1o Settembre 1820

Giacomo Bajo Galessiero

Luigi Gargano Carrettiero

Ignazio Lombardo Segalegna

Micolo Macaluso Ascalegna

Giovanni Scaturro Ascalegna

Gaetano Bertini Fabricatore

Giovambattista di Trapani primo Servitore

Antonio Torregrossa Tabbaccaro

Giovanbattista Trapani secondo Carrettiero

Francesco Bannì Carrettiero

Salvatore Lamanna Servitore

Giovanni Faija Giardiniere

Salvatore Picciotto Cartaro

Francesco Giaconia Fabbricatore

Giuseppe Vivilacqua Calzolaio

Salvatore Tedesco Bottegajo

Micolò Cangelosi Teland jo

Domenico Marrata Acquavitajo

Salvatore Mangano Fabbricatore

Vincenzo Ottuso Carrettiere

Antonino Manzonc Fabbricatore

Angelo Patrieolo Fabbricatore

Gaetano Fasulo Servitore

Vincenzo Maggio Servitore

Modestino Barbaro Sartore

Prancesco Guttadoro Fabbricatore

Antonio Mistretta Carrettiere

Giuseppe Vannelli Fabricatore

Francesco Ferrara Cantiniero

– La Suprema Giunta provvisoria di Governo, verificatosi il ritorno in questa Capitale dei Signori Conte di S. Marco, Duca Cumia, D. Mercurio Tortorici, e D. Carmelo Fulgo, parte de'  Componenti la Deputazione spedita per trattare della sacra causa della nazionale Indipendenza col Governo di Napoli si dà la giusta premura di far noto al Pubblico il risultato delle conferenze avute con que Ministri circa le domande per mezzo di suddetta Diputazione avanzate, e le osservazioni rimesse col Console D. Mercurio Tortorici.

La Indipendenza di Sicilia, allorché sarà con in drizzo regolare implorata a S. M. dalla Città di Palermo, e da altri Comuni, quanto addimostrassero il voto della maggior parte del Siciliani, verrà con Regal Decreto dalla prelodata M. S. costantemente accordata; si è però nello stesso tempo dichiarato, che S. M. non può alterare la forma della Successione al Trono di Sicilia, e la forza del trattato Europeo circa la legittimità della Dinastia, e quindi il Re provvederà alla sua rappresentanza in Sicilia.

Si è promesso, che la Sicilia avrà un Parlamento a se, e fruirà di tutti i resultati, che scaturiscono dalla Costituzione Spagnuola, che la Nazione Siciliana va ad abbracciare.

Si è ancora proposto che per dare maggiore garanzia alla libertà e Costituzione delle due Nazioni si adottassero taluni stabilimenti circa il manteni mento della Reale Corte, circa il Corpo Diploma tico, e i mezzi della difesa dell'una, e l'altra Nazione.

Esige però S. M. che sia tantosto ristabilita la tranquillità pubblica, che si rispettino le disposizioni di un Governo provvisorio, che S. M. sarà per istabilire di comune piacere.

Esige inoltre il rispetto alle Leggi, la perfetta organizzazione di una Guardia di Pubblica Sicurezza, e delle prove di maggiore generosità verso i prigionieri Napolitani.

S. M. pubblicherà coevamente alla Indipendenza meritato dalla Patria, una generale amnistia per le passate vicende, ed allora succederà il ritorno del Principe di Belmonte, e compagni. Persuasa la Giunta che trattandosi di decidere del destino dell'intiera Nazione Siciliana duopo della massima maturità nel calcolare la convenienza degli enunciati proggetti mentre da una parte si affretta a farlo noto al Pubblico, dall'altra parte metterà ogni studio per presentare sollecitamente al Trono i sentimenti, che maggiormente convergono al la felicità e ben essere della Sicilia.

Palermo li 11 Settembre 182o

– La Suprema Giunta provvisoria di Governo unitamente ai Rappresentanti dei Comuni del Regno, e dei Consoli pegli interessanti servizi resi alla Nazione dai Signori Principe di Pantelleria, Conte di San Marco, Duca di Cumia, D. Gaspare Vaccari, Parroco D. Giuseppe Emmanuele Morino, Parroco D. Michelangelo Sozzi, Capitano Console D. Mercurio Tortorici, Capitano Console D. Carmelo Falgo Deputati spediti in Napoli dalla Giunta surri?erita in sostegno dell'indipendenza Nazionale di questo Regno sotto la forma costituzionale Spagnuola in seguito dei di loro rapporti in data de'  5. Settembre corrente, letti questa mattina, ha decretato che i detti Nobili Cittadini abbiano ottimamente e sieno degni d' un eterna gratitudine.

Palermo li 11 Settembre 1820

Bonanno Cancelliere

_______________

Finalmente con soddisfazione universale si è resa la sentenza contro alcuni sciagurati perturbatori dell'ordine publico, i quali commisero l'orrendo attentato di far violenza alla Civica con grave danno della medesima. Questo esempio servirà ad assicurare il Corpo onorevolissimo della Guardia d'interna sicurezza, la quale per altro avea spiegato tutta l'energia, di che è capace una forza rispetta bile e ragionevole, e servirà nello stesso tempo a porre un freno alla scelleragine del malintenzionati resi audacissimi dalla impunità.

SENTENZA

Nel Consiglio di Guerra Subitaneo in cui pre siede D. Asdrubale Termini Duca di Vatticani Tenente Colonnello, convocato ieri, e terminato oggi alle ore due dopo la mezzanotte sottoscritto giorno nel luogo della Referenda delle publiche carceri di questa capitale in dove si è trattata la causa di Domenico immarrata ed Antonino Manzone inquisiti dell'attentato commesso la sera del 9 corrente contro la pattuglia della guardia di publica sicurezza al Quartiere del Capo, con aver fatto fuoco sopra la medesima, con aver ucciso il Capitano D.Tommaso La Lumia, e ferito mortalmente D. Pietro Mazza, ed aver ferito ancora il Tenente Colonnello D. Domenico La via, ed il Tenente D. Pietro Grifo, letta dall'avvocato della legge la sommaria informazione formata contro di essi Immarrata e Mianzone a norma dell'ordinanze del 1789, ascoltato il di loro difensore, ed intesi personalmente li stessi inquisiti, formata ed intasa l'istanza dell'Avvocato della Legge, adempiti in somma gli atti finali giusta il prescritto delle dette ordinanze.

In veduta di tutto ciò il mentovato Consiglio di Guerra ha deciso concordemente, che li suddetti Domenico Immarrata ed Antonino Manzone subiscano la pena di essere fucilati, e dopo le loro teste sospese per ore 24 fuori porta di Carini uniformemente alla conclusione fatta dall'Avvocato della Legge.

Palermo, 12 settembre 182o

Asdrubale Termini Tenente Colonnello Presidente

Uberto La Grua Tenente Colonnello Giudice

Il Conte Isnello Tenente Colonnello Giudice

Maurizio Gleyeses Maggiore Giudice

Michele Mora Maggiore Giudice

Nicola Flores Tenente Giudice

Antonino Jannelli Tenente Giudice

Antonino Ciccarelli Segretario

La Suprema Giunta Provvisoria di Governo unitamente ai rappresentanti degli altri comuni del regno, ed ai Consoli ha decretato che resti approvata la sentenza profferta dal Consiglio di Guerra s Subitaneo a carico di Domenico Immarrata e Antonino Manzone condannati alla fucilazione.

Palermo 12 settembre 182o

– Grande agitazione di sentimenti, e degna gara di virtù patriottiche è stata con ammirazione osservata ne’ due ultimi giorni in questa nostra Capitale. È stato già annunziato il ritorno del quattro Deputati da Napoli con del dispacci continenti le condizioni, colle quale il Re aderisce a contentare i voti de'  buoni Siciliani. Il Presidente della Giunta Provvisoria del Governo S. E. il Sig. Principe di Villafranca nella seduta del dì 11 del corrente fece lettura del rapporti della Deputazione. Il loro contesto, e gli articoli di conciliazione furono ascoltati con avidità e con attenzione indicibile. Era dolce il vedere in quella numerosa assemblea, come la ragionevolezza e la moderazione dapertutto regnavano, Elogio vero di un popolo, che al momento che ha reclamato i suoi dritti per lungo tempo soppressi con tutta la forza del suo entusiasmo e della decisa volontà di ottenerli o di morire, depone ad un tratto tutta l'ardenza da cui era animato, e si abbandona alla maturità della riflessione, ed al profondo ed imparziale esame del suoi propri interessi. L'egregio Presidente accompagnò la lettura del rapporti con brevi ma saggissime considerazioni. Disse che se le proposizioni che precedentemente dalla Deputazione medesima si erano ricevute aveano richiama to il consiglio della Giunta e della popolazione de'  liberante, doveano ora con maggior sangue freddo e con maggior prudenza essere ponderati i nuovi articoli che presentavano le sembianze della plausibilità. Raccomandò la calma dello spirito, e la conservazione della tranquillità pubblica. Non fu perso ma che avesse mostrato della disapprovazione, e si concepì subito la grata speranza che lo stato attua le di Palermo anderebbe fra breve a terminare con somma gloria e con positivo vantaggio di questa illustre Nazione.

Un Comitato fu eletto per stendere in brevi termini e per far conoscere al pubblico le basi del trattate. Ieri il giorno i 2 comparve pubblicato il manifesto redatto con verità e con somma intelligenza.

Esso ha fatto in tutti gli animi quella sensazione, che il bene pubblico suole sempre produrre fra gli amici dell'ordine, fra i veri amatori della patria. [ Palermitani non cederanno mai per viltà o per ti more alle minacce e alle armi. Il coraggio di cui sono capaci, la fermezza che li ha tanto distinti ne gli ultimi nostri avvenimenti, (checchè ne dicano gl'invidiosi e forsennati nostri detrattori) riesce più luminoso e più meritevole dell'applauso dell'Europa, allorché si mostrerà strettamente congiunto a lumi della prudenza, alla convinzione della ragione L'oltrepassare questi limiti non è proprio di una Nazione generosa, che altro non desidera che la restituzione de'  suoi privilegi, e delle sue libertà, che dopo tanti secoli di possesso l'arbitrio di quattro anni, le passioni e le vendette private le avevano funestamente rapite. Le trattative sono adunque in cominciate, e la Giunta ha già dato gli ordini, perchè le nostre armate accampate in diversi punti del regno desistano da ogni ostilità, sostenendo la loro posizione. La flottiglia napolitana comparsa ne’ nostri mari non viene con intenzioni nemiche, ma solamente, siccome con due decreti, che inseriremo, si è manifestato, per consolidare la conciliazione, che la popolazione Palermitana prima della sua comparsa avea già decretata. Una Deputazione della Giunta anderà ad incontrare la flottiglia, e tutto si spera che sarà onorevolmente combinato; e che non si ricorrerà alle areni, ove i nostri privilegi vengano assicurati.

Tremino i pochi e vili malintenzionati, che tentano alimentare la face della discordia. Questi veri nemici della patria sono già colpiti dal fulmine della giustizia. L'energia della Giunta, la costanza, il valore della Guardia di sicurezza renderanno va no ogni loro sforzo. La Sicilia acquisterà la sua libertà e la sua felicità sotto l'egida della Costituzione Spagnuola. l battaglioni della Guardia di Sicurezza hanno giurato di difendere la patria, e di sostenere col loro sangue le risoluzioni della Giunta, in cui la Nazione tutta ripone il suo onore, la sua fiducia, la sua esistenza. A un cenno della Giunta la linea, le guerriglie e quindici mila uomini di Civica dotati di senno e di forza, o moriranno per la patria, o, ciò che più si spera, la salveranno.

Saranno eterni i nomi di coloro che hanno cooperato a si mobile impresa, ed eterna dovrà essere verso di loro la riconoscenza e l'attaccamento di quanti Siciliani professano i principi della onestà, della rettitudine, e del vero amor della patria.

– Questa mattina alle ore 13 nella pianura di S. Erasmo è stata eseguita la sentenza profferita contro i rei Donenico Immarata e l'Antonio Manzone. Sono stati pure fucilati altri sei malfattori, che facevan parte della guerriglia del Comandante Abete, e che si erano contro al medesimo rivoltati.

Palermo 15 Settembre 1820 N. 21

GIORNALE

LA FENICE

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NOTIZIE ESTERE

Germania È stato pubblicato a Berlino il seguente avviso Avuto riguardo alle legali disposizioni in vigore si ricorda al pubblico col presente: che è vietato di radunarsi per le strade, e lo starsene lungamente oziosi sulle medesime anche in occasione di qualche fatto innocente e per soddisfare semplicemente la curiosità, e ciò siccome cesia contraria all’ordino ed alla sicurezza pubblica, e che dii motivo ad attruppamenti ed eccessi. Ciascheduno quindi è in dovere di seguitare al primo cenno la propria strada, e di andarsene per le sue facendo immediatamente sotto comminatoria delle pene stabilite dalle leggi in vigore. I genitori poi, i tutori, i padroni e soprattutto quelli di bottega e di negozio, sono particolarmente, e sotto personali responsabilità invitati ad astringere i loro dipendenti all’osservanza di queste disposizioni, dimostrando per lai modo il loro amore, e la loro premura per il mantenimento dell’ordine e della quiete. Berlino, 31 luglio 1820. R. Governo, ed Intendenza di polizia di questa capitale. Sottoscritti — de'  Brauchitsch — Rich.

Francia. Abbiamo il caso assai straordinario che la camera de: deputati si è di se lolla da per se, ed è morta, se cosi si può dire, di spossatezza, Terminate le discussioni sul budjet, non è stato più possibile di trattenere i deputati a Parigi. Né questi stimarono necessario di domandar permessi, come Oceano quando si discuteva la legge di finanza, ma si allontanarono, senza esserne autorizzati, dalla Ospitale, boli erano presenti all’ultima adunanza, e poscia molti sono partili; a modo che se si eccettuino que’ deputati, che sono fermi a Parigi perché coprono qualche impiego, appena se tre troveranno 20 dei dipartimenti. Il presidente Havez cesse Adunque alla Beccasi ih quando si astenne dall’annunziare ulteriori sessioni, perché noti gli sarebbe possibile di avere il numero legale, dovendo essere presente la metà almeno di tutti i deputati, che in adesso sotto 250. Questo stato singolare di cose paralizzò sommamente le operazioni della camera dei pari, la quale fu forzata quasi ad approvare il budjet e le altre leggi di finanza, quali le ha adottale la camera de’ deputati; e non potè servirsi del divieto di proporre alcune modificazioni, perché queste avrebbero dovuto nuovamente portarsi alla camera dei deputati, che più non era. Dall’altro canto, non si potea nemmeno pensare e rigettare il budjet, perché si sarebbe rovesciata tutta la macchina dello stato. Questo scioglimento di fatto della camera dei deputati è adunque un’anomalia politica, che potrebbe produrre gravissime conseguenze per l’avvenire.

Napoli, 20 agosto

I detrattori dell’ultima rivoluzione () di Napoli si battono in ritirata; e sul costume dei bravi, non abbandonano un campo che per trincerarsi in un altro, e disputare il terreno piede a piede.

Eccoli difatti in seconda linea, sostenendo che quando anche l’armata non fossa la cagione unica e primaria degli ultimi avvenimenti, lo erano stati i generali di Murat, ed alcuni tra questi in modo più distinto. Allegano in compruova, 1. il sistema di costruzione adottato per loro opera, 2. l'organizzazione delle milizie da essi promossa ed eseguita, 3. l’adesione o la tolleranza alla setta Carboneria.

Ecco le accuse. I fatti son veri in gran parte, ma le conseguenze sono fallaci. Così sempre avviene nel giudizio delle menti deboli, che non sapendo elevarsi alla causa prima degli avvenimenti, si vuol di ogni fatto assegnar la cagione. L’errore è quindi nel metodo; i detrattori seguono l’analisi, non la sintesi: invertiamo la catena dei giudizj, e le accuse spariranno.

1. La coscrizione i opera dei Generali. Verissimo. I generali congregari per la composizione dell’armata, dimostrarono la necessità del sistema di coscrizione, ed il sistema fu adottato. Non dunque i Generali ma la necessità ne fu causa. La feudalità era abolita; non potea richiederli a’ già baroni il contingente per l’armata; la leva volontaria era un sogno; l’ingaggio una parola vota di effetto. Non rimaneva che la coscrizione: adottar questa, o rinunziare all’armata; ecco il dilemma.

La caduta del colosso feudale non è stata misurata abbastanza nelle sue conseguenze. I baroni napolitani, quantunque disegnati in ombra, eran le guardie di due stadj della società, cioè della feudalità e della monarchia assoluta. Superata quest’ultima barriera, si entrava in altro terreno; i prodotti era diversi, diverso il suolo, diverso il modo di coltivarlo. Il ricercar la ghianda sull’arancio è follia.

2. I Generali han promossa ed eseguita l’organizzazione della milizia. Verissimo. Il Regno di Napoli dall’anno 99 al 15 ha sofferto quattro sconvolgimenti politici e quattro catastrofi: erano in giuoco opinioni, passioni, interessi, gli uni contrapposti agli altri; nimicizie e delitti senza numero. La forza sola potea reprimere cotanti mali, ma forza locale, stazionaria interessata all’ordine; cioè milizia nel senso della monarchia. E di fatti sino all’anno i disordini furono innumerabili; nell’anno 18 le milizie furono organizzate, e la calma sbandita ritornò nel Regno.

I modi organici, il ripeterò, eran convenienti alla monarchia; la milizia era composta in reggimenti; gli uffiziali eran nominati dal Re; i sottouffiziali dagli uffiziali, il vestimento era militare, militare il comando la milizia era sotto gli ordini. del ministero di Guerra. Era dunque la riserva del. l’armata, non 4’avanguardia della nazione.

Ma negli ultimi fatti si è trasformata, ed ha contribuito potentemente alla rivoluzione di Napoli. Così nell’uomo moribondo si trasforma in medicina il veleno; e così l’acqua ne’ fornelli a riverbero è di alimento alla fiamma.

Abbenché rattristati sulle sorti della loro patria i generali si tacquero insino a che il decreto di Luglio 1817, dando ad essi l’incarico e la responsabilità della tranquillità pubblica, rendeva colpevole il silenzio. L’armata allora si componeva lentamente; i mezzi di forze di repressione mancavano tutti. Uno tra i generali richiese con efficacia l’organizzazione delle milizie, e questa fu decretata dal Re, non giù in un consiglio di guerra ma in quello dei suoi ministri. La proprietà, la probità morale erano i requisiti per esser militi, e se negli uomini morali, probi e proprietarj si è incontrato il desiderio di un miglioramento politico, non se ne incolpi la milizia, e si vada più allora ricercarne la causa. Ogni altra associazione presenta lo stesso fenomeno.

3. I Generali hanno aderito ai Carbonari o li han tollerati. Distinguo, direbbe uno scolastico. Pochi generali sono stati in contatto coi Carbonari, e perciò il parlar di tutti è un errore. Ed inoltre de’ pochi o degli alcuni l’adesione per la Carboneria è falsa, la tolleranza è vera.

La tolleranza era necessaria. Senza di essa si sarebbero abbreviati di molto i periodi della rivoluzioni, e si sarebbe giunto allo stesso scopo per le vie del delitto macchiate di sangue. Abbiamo forse obbliato gli effetti della intolleranza di un ministro di Polizia, e di alcuni Generali impiegati nelle Puglie? I ministri di Gioacchino e di Ferdinanda errarono grossolanamente sul conto della Carboneria. Credettero spregevole una setta ancorché forte per numero, e più forte per le opinioni che professava; confondendo tempi e cose, diedero alla Carboneria la marcia lenta della massoneria.

.Separar la setta negli anni 15 16; dirigerla negli anni 17 e 18; contentarla negli anni 1920, esser dovea la condotta di un ministero saggio, fido al Re, amico della Patria. In qualunque di questi tre periodi l’intolleranza era fatale alla ragione ed al Governo: il Generale che l’avesse esercitela o consigliata doveva reputarsi il nemico pubblico.

Signori detrattori delle nostre cose, voi Avete bisogno di una formolo generale che spieghi gli avvenimenti: io presumo di darla in poche linee: ascoltatemi.

Gli uomini sono ciò che sono le leggi; ossia la morale esercitata di un popolo è conforme affatto alla morale comandata. Se talora vi ha dissonanza, questa è occasionale, è passeggiera, è malattia acuta della Società: le malattie croniche inevitabilmente mortali, sono nei codici.

Or nei nostri codici del 1815, di dieci massime di una costituzione rappresentativa tre o quattro erano in vigore, sei o sette abborrite. Per esempio i magistrati erano indipendenti; il peso di uomini per l’armata, e di tributi per la finanza era comune a tutte le classi; la feudalità è distrutta, opera intrapresa sotto il governo di Ferdinando IV, compiuta sotto Giuseppe e Gioacchino, consolidale sotto Ferdinando I. Colla feudalità sparirono i privilegj di foro e di classi; i già Baroni furono al busso della ruota, i già vassalli furono all’alto; ed il movimento contrario fu si rapido che semhrò meno riordinamento che reazione.

Erano in Napoli più feudatari nobili: la feudalità fu distrutta, la nobiltà cadde. Cosi dei tre ceti ili una Monarchia il primo disparve, e dei due rimanenti la differenza fu impercettibili.

Al Banco d’istituzioni così libere sorgeva la mole di leggi arbitrarie dell'autorità legislativa, e di usi dispotici nel Ministero: la macchina sociale bori aveva una direzione costante; il Governo istesso era nelle incertezze.

L’edificio sociale era quindi illuminato in parte, ed in parte oscuro. Qual maraviglia che gli abitanti si assembrassero tutti verso la luce! Il Governo di Napoli voleva egli comandare liberamente? Distrugger dovea nel 1815 i germi della sua dipendenza. 0 non potea farlo senza scandalo e senza pericolo. Tutta percorrer dovea la catena delle idee liberali. Ma innestar l’arbitrio del XVI secolo colla gloria del XIX, era una chimera della vanità ministeriale.

Riflettete, di grazia, sopra queste osservazioni: nessun fato vi sembrerà più inesplicabile; nessun uomo o nessuna classe avrà l'onore degli ultimi avvenimenti. (L’Amico dilla Costituz.)

2 settembre

S.E. il Signor Duca di Gallo, giunto in Firenze, inviò un corriere con dispacci a Si E. il segretario di Stato ministro degli affari esteri. Il Duca di Gallo, dopo di essere stato bene accolto in Firenze, proseguiva il suo cammino per Vienna, ove era atteso per succedere nel posto di ambasciatore di S. M. il Re presso l'Imperiale e Real Corte di Vienna.

(G. Costit. )

NOTIZIE INTERNE

Palermo 14 Settembre 1820

Ed ecco finalmente libera la patria da) timore dei forti sederai!. La Civica ha vinto la causa della pubblica sicurezza e tranquillità; e la Giunta. potrà oramai procedere sicuramente allo scopo santissimo di procurare j&lla Sicilia quello stato politico che potrà meglio convenirle; e che potrà meglio ottenersi, attese le attuali posizioni. A vieppiù in. foraggiare lo spirito della medesima nelle trattative aperte col governo di Napoli, si fecero da tutti i Battaglioni della detta Civica delle proteste, il di cui tenore è presso a poco simile alla seguente, rimessa d’officio al Comandante Generale dal Colonnello del 4Battaglione della Kalsa. Noi inseriamo testualmente, l’officio del Colonnello, e la protesta del Battaglione. Non lasciamo però al tempo istesso di manifestare, che il primo a presentare somiglianti indirizzi fu il 1. battaglione della Kalsa Sezione di S A una, il di cui comando è affidato al meritissimo Colonnello il Principe di Resultano.

Officio del Col. Del 4 Battaglione della Kalsa

A S. E. il Com. Gen. della Gu. D’InternaSicur

Eccellenza. Adempio con gioja un dovere che m’impone la carica di Colonnello del quarto Battaglione del Quartiere della Kalsa. Esso battaglione a voce unanime con una dignitosa maniera, che mostrà quanto giovino le armi in mano degli onesti cittadini mi ha incaricato di far conoscere all’E. V. che fu pronto ad impiegare la sua forza per fare che la Suprema Giunta di Governo rispondesse liberamente, e come credea per l’utile della patria alle proposizioni, che la nostra Deputazione ritornava da Napoli è venuta a riferire per parte di quel governo. Io acchiudo all’E. V. lo indirizzo che esso battaglione mi ha fatto arrivare, soggiungendo in quanto a me, che mi farò un onore di essere alla testa di un si distinto battaglione tutte volte che V. E. e la Suprema Giunta di Governo lo crederanno espediente per reprimere, ed annui, lare per sempre l'anarchia, che sotto la falsa apparenza di tranquillità ci terrebbe nello stato il più penoso ed il più umiliante.

lo prego V. E. di far conoscere alla Suprema Giunta di Governo tanto la dichiarazione del mio battaglione, quanto la mia.

Col più distinto ossequio passo intanto a rassegnarmi.

Palermo li 13 Settembre 1820

Il Colonnello Comandante Duca di Gela.

(L'indirizzo sarà inserito nel numero seguente)

AVVISO

La Suprema Giunta provvisoria di Governo dopo aver conosciuto le proposizioni che le sono state comunicate da’ Deputati recentemente Irritati da Napoli, tendenti a concludere una conci Razione con il Governo Napolitano, ad assicurare la indipendenza della Sicilia, desiderosa di risparmiare al più presto possibile l’effusione del sangue, e di allontanare da queste contrade il flagello della guerra civile, ha risoluto quanto siegue.

Art. 1. Il Presidente della Suprema Giunta Principe di Villafranca sarà autorizzato nella intavolata negoziazione con il Governo di Napoli a trattare con il Generale Comandante del? Armata Napolitani in Messina, o altrove per una Cessazione di ostilità.

Art. 2. La presente risoluzione sarà comunicata da S. E. il Sig. Capitan Generale è tutte le Autorità Militari, per mezzo delle quali farà domandare sul momento ai Comandanti delle Truppe Napolitane una sospensione d’armi, finché si conchiudano le trattative indicate.

Palermo 12 Settembre 1820

Villafranca

_____________

La Flottiglia Napolitana come si annunziò nelle trattative fatte in Napoli tra quel Governo, ed i deputati di questa Giunta spediti si farà vedere tra poco.

La Suprema Giunta provvisoria di Governo unitamente ai Rappresentanti de’ Comuni del Regno, e de’ Consoli si fa Un dovere di far noto al Pubblico, che essendosi di già aperte delle trattative Col Governo di Napoli, le vedute dei Comandanti in Capo la suddetta forza non devono essere ostili per noi, attese le assicurazioni fatte dà quel Governo ai nostri Deputati.

questa nostra Città può sommamente influire all’esito felice delle trattative attuali, cosi la Giunta surriferita raccomanda a tutti i Cittadini di conservare l’ordine pubblico, e la quiete, onde si conosca quanto fieno false le voci sparse dai nostri nemici, alte ci dipingono in preda all'anarchia, ed al disordine.

Epperò la suddetta Giunta raccomanda alla cura, ed alla sorveglianza della Guardia d'interna sicurezza, e de'  Consoli la conservazione tanto desiderata della pubblica tranquillità.

Palermo 12 Sett.. 1820

Bonanno Cancelliere

____________

Officio della Giunca a S. E. il Presidente

Eccellenza La Suprema Giunta Provvisorie di Governo unitamente ai Rappresentanti degli altri comuni del Regno ed ai Consoli ha risoluto che V. E. spedisca il Tenente Colonnello D. Carlo Dolce per la Città di Cefalù, o per dove è arrivata la forza Napoli, tana comandata dal Colonnello Celentano per trai, tare della reciproca cessazione dalle ostilità, pendenti le trattative che vanno ad aprirsi col Comandante Generale D. Florestano Pepe, in seguito dei rapporti fatti da quattro dei Deputati ritornati da Napoli, e per chiedere nuove del luogo ove si trovi il medesimo all’oggetto di fargli pervenire un consimile della lettera dirizzata al detto Sig. Generale Pepe riguardante l’apertura delle sopraccennate trattative.

Palermo 4 settembre 1820.

—Proveniente da Napoli, nel corso di due giorni, è questa mattina arrivato un brigantino Sardo, sul quale sono venuti 43 de’ nostri concittadini che dimoravano in quella città. Si dice che altri due legni con una moltitudine di Palermitani erano pure pronti alla vela per questa capitale.

— I giornalisti di Napoli, e tutto lo sciame degli scrittori volgari e degli autori delle perenni brosciure e fogli volanti, che tuttodì stancano ed insudiciano i torchi di quella città, si sono formati una idea prediletta, che non cessano mai di ripetere, e che giova alla causa della verità di solennemente smentire. Questa idea si è quella, che i Baroni, i Pari, e gli antichi feudatari di Palermo sono stati gli autori di movimenti che da due mesi han luogo in Sicilia; che ne hanno essi organizzate le fila, e diretto l’andamento ed il corso. Si declama che i privilegi di cui godeva questa classe di persone sotto epoche antiche, e maggiormente sotto la costituzione del 1812, le hanno animato a suscitare de’ sentimenti contrari a quelli di Napoli, lusingando il popolo colla parola della Indipendenza a tentare di ripigliare l’esercizio della loro aristocrazia.

Ad opra della giustizia, sia lecito il protestare, che coloro che così pensano de'  Palermitani si ingannano perfettamente. Ci restringiamo a dire che ingannano, dapoiché è tempo di far uso di tutta la moderazione. In altri tempi diressimo, che sullo questo discorso si nasconderebbe la calunnia, e la malizia. Al giorno d’oggi tutta l’Europa è persuasa, che non potrà esservi popolazione sì tanta di cognizioni e di lumi chg non abbia ravvisati, mercé la lunga esperienza, i suoi proprj interessi. É vano per noi dire, che l’opinione che si tenta spargere in Napoli offende e discredita la nostra civilizzazione. Noi non replicheremo se non di volo, essere già dimenticata fra noi ogni memoria della feudalità, che non esistono più fra noi né baroni, né pari, né più feudatari, né caste privilegiate. Una classe di proprietarj agiati, da cui sboccano le ricchezze, non si compone che di semplici cittadini, che salva la loro proprietà, non hanno altro titolo sulla società civile. Non più dritti xxxxxxxxxxxxxxxxx

La tendenza stessa del secolo li aveva aboliti, e se qualche tenuissimo residuo se ne possa ancora citare, non è questo che una larva, che un'ombra che non nuoce, e che il più leggero urto disperde.

Le vicende politiche a cui siamo stati sottoposti hanno in noi diffuse e divise grandemente le proprietà. I nobili non sono più influenti, ne più opinati di un probo negoziante, di un industrioso ed attivo agricoltore. Un uomo di lettere e di provata onestà è più rispettato, è più inteso di qualunque altro lo superi in comodi ed in possessioni.

A che dunque predicare vecchi ed irruginiti principi; a che discreditare la Sicilia, supponendo la ancora nello stato del secolo decimosesto! Ma non è già questo il fine, che si propongono gli scrittori di Napoli. Essi vogliono lusingare, e farsi benevoli i tristi e gl'ignoranti, che possano cader nella rete, attizzare la divisione, e con vuote parole creare del partigiani alla dipendenza napolitana.

Errore goffo e massiccio! Artifizio inutile e grossolano! Si sappia, che uno è l'impulso publico una la volontà de'  Siciliani! E nobili e ignobili non desideriamo, che la restituzione ed il godimento de'  nostri dritti vilipesi e traditi, dritti tramandatici per molta serie di secoli da nostri padri, e da loro acquistati a forza di coraggio e di sangue. Non degeneri da loro noi, e tutti, reclamiamo la in dipendenza nazionale, sotto l'aurea costituzione spagnola. Questo sentimento era così generale, era così fortemente scolpito in tutti i cuori, che non avea bisogno di veruna secreta influenza per essere alimentato, e che non aspettava se non il momento propizio per iscoppiare con tutta la sua energia. La compressione, e la violenza di quattro anni non aveano che scoraggiti gli spiriti, ma non mai spenti i principi e le brame di ogni Siciliano. E non lo sanno essi i Napolitani, dal di cui areopago partiva quella furia legislativa, non già diretta a migliorare la nostra sorte, ma a succhiarci quel resto di sangue, che avevamo ancora nelle vene, non lo sanno essi, quali mali quest'isola in felice avea sofferto in questi malaugurati quattr'anni? E non erano essi che ci aveano condannato al destino dell'ultima loro provincia, e coloro che ritraevano il frutto della nostra oppressione? Con tutto ciò i Napolitani si scossero, vollero cambiato il loro regime; ordirono un gran piano, e l'esito coronò i loro voti. La Sicilia scelse pure il momento. Si trovò spreparata al colpo; ed una qualche oscillazione si è verificata; oscillazione però ne modi e nelle direzioni che si son dovute prendere sul momento in mezzo alla più gran confusione, ma non mai nelle basi e nelle massime fondamentali. l Napolitani, figli primogeniti e prediletti del deposto ministero cospirarono essi per influenza del loro baroni, che pur essi ne hanno, e più di noi? Non fu una, concorde, sincera la voce de'  Napolitani! Perchè adunque fare il torto a noi di chiamarci guidati da una influenza, che offende più nel caso presente chi l'avesse ricevuta, che chi l'avesse pure esercitata? Cessiamo d'illuderci, e d'ingannarci. È tempo di desistere dalle arti, dalla malignità, dalle fallacie. Tutti abbiamo voluto un cambiamento, perchè tutti, ciascuno nelle propria condizione, gemevamo nella desolazione e nell'avvilimento. Tutti vogliamo migliorare la nostra posizione, e tutti abbiamo prese le armi per sì lodevole scopo. Alla vigilia di una onorevole conciliazione, tacciano una volta le voci della discordia e della divisione, e non si respiri che unità di vo lori, desiderio del bene pubblico, amicizia tra le due nazioni, stabilita però e fabbricata sulla separazione assoluta della legislazione e degli interessi, che nessun dritto, fuorché la forza, ha potuto sinora render comuni.


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FOGLIO STRAORDINARIO

Palermo 17 Settembre 1820 N. 9

GIORNALE

LA FENICE

NOTIZIE ESTERE

SPAGNA Madrid 10 Agosto

L’ultimo corriere di Roma recò la risposta del Sommo Pontefice alla domanda fattagli dal nostro governo d’autorizzare i vescovi di Spagna a secolarizzi re gli ecclesiastici appartenenti agli ordini religiosi. S. S. rifiuta questa autorizzazione come contraria alla disciplina ecclesiastica, e 'solo permette ai vescovi spagnuoli ciò che permise a quelli di Polonia sulla domanda dell’Imperatore Alessandro, cioè che possano porre gli ecclesiastici regolari nella classe dei curati per 5 anni, trascorso il qual termine questi ecclesiastici dovranno rientrare nei loro conventi.

—Don Joan O Donaja, capitano generale dell’Andalusia e presidente della giunta d’arruolamento di Siviglia, pubblicò un nuovo proclama con cui esorta per la seconda volta gli abitanti di questa città d’arruolarsi nella milizia nazionale.

— Le LL. MM. sono aspettate di ritorno in Madrid pel giorno 12.

— Parecchi stranieri d’alto grado abbandonano la Spagna.

— Ecco l'indirizzo presentato dalle Corti al Re in risposta all’allocuzione di apertura.

«Sire, i deputati della Nazione, riuniti in Corti, si congratulanti con V. M. dell’arrivo del momento felice, desiderato da tutti i buoni Spagnuoli, momento in cui In Nazione, unita a V. M. con un giuramento solenne, può innalzare la sua voce fino al trono, e manifestare la sua divozione per la vostra persona reale e per la vostra famiglia, ed il suo vivo desiderio di concorrere con V. M. alla esecuzione della Costituzione politica della Monarchia ed al miglioramento di tutti i rami della amministrazione pubblica, imperiosamente richiesto dallo stato dilla Nazione.

«Dal momento in cui V. M. accedendo all’espressione manifesta del voto generale de’ popoli, ai è decisa liberamente e spontaneamente a giurare la costituzione politica della monarchia, decretata dalle Corti straordinarie del 1812, noi abbiamo dovuto sperare giorni di gloria e di prosperità per la Spagna. Con questo atto, la Nazione ha ricuperato i suoi dritti, e V. M. ha legittimato quelli del suo trono. Nulla può ormai alterare la fiducia scambievole che dee regnare tra V. M. ed i suoi sudditi.

«Le Corti cercheranno corrispondere alle speranze de’ buoni cittadini: esse imiteranno l’esempio di magnanimità dato dalla Nazione, conducendosi, con fermezza illuminata per garantire la libertà, e per fare sparire i mali; conseguenze degli errori gravi del tempo passato. Operando con tutta la circospezione e con tutta la maturità che conviene a’ rappresentanti di una gran Nazione, le Corti si lusingano di esser sostenute dal governo di V. M. con tutta l’energia necessaria per consolidare Un sistema nuovo, e per allontanare gli ostacoli che si oppongono alla felicità pubblica.

«Il congresso nazionale attenderà con assiduità a’ lavori degni della sua augusta vocazione, ed applicherà, di accordo con V. Mi rimedj che dimanda lo stato infelice della Nazione, stato al quale l’hanno ridotta la cattiva amministrazione de’ secoli anteriori, l'invasione nemica ed il fatale sistema de. gli ultimi anni.

«Le Corti sono intimamente convinte dello stato deplorabile delle finanze. Cercando tutti i mezzi e tutte le sorgenti necessarie a soddisfare gli obblighi ed i pesi dello Stato, si sforzeranno ad un tempo di alleggerire, per quanto è possibile, i pesi de’ contribuenti. Esse rivolgeranno nel medesimo tempo le loro cure al ristabilimento ed alla garanzia del credito nazionale; esse attendono dallo zelo e da’ lumi del ministro delle finanze che proponga loro le grandi ed importanti misure indispensabili per l’estinzione intera del debito nazionale, per l’esecuzione religiosa delle convenzioni conchiuse co’ capitalisti nazionali e stranieri, per trovare, grazie al credito ristabilito, sorgenti necessarie per sollevare lo Stato, mentre si attende a scegliere il migliore sistema di contribuzioni ed a renderne la ripartizione, meno onerosa per i popoli.

«Le Corti sperano che In vigilanza del governo, di V. M. e la rettitudine de’ magistrati assicureranno la buona, e pronta a amministrazione della giustizia, la quale sottoposta d’oggi innanzi a regole più fisse, dee migliorare di giorno in giorno, soprattutto allorché i nostri codici avranno acquistata la semplicità e la perfezione propria ad un secolo illuminato, ed allorché io stabilimento di un giurì, indicato dalla costituzione, avrà dato a tutti i cittadini nuova ed essenziale garanzia della loro libertà.

«L’amministrazione interna delle provincie, affidata a quelli medesimi che hanno interessi alla loro prosperità, distruggerà gli abusi inveterati e sormonterà le difficoltà che ne sono nate. La comunicazione di pensieri, agevolata dalla libertà della stampa rendendo universali le utili cognizioni, convincerà tutti della bontà del sistema municipale dalla costituzione stabilito.

«Le Corti contribuiranno con tutto il loro potere al migliore ordinamento dell’esercito e dell’armata; mentre consulteranno gl'interessi della Nazione, metteranno particolare attenzione per il buono stato di due classi di cittadini così benemeriti. Esse si lusingano che i ministri di V. M. proponendo l’ordinamento dell’esercito più conforme alla Costituzione avranno riguardo agl’importanti servigi co’ quali questa classe di cittadini si è distinta sia combattendo nella gloriosa guerra, della Indipendenza sia mostrando la sua ferma divozione a quella legge fondamentale la quale garantisce egualmente il trono di V. M. ed i dritti della Nazione.

«La stretta unione delle Corti col governo di V. M. il ria tabi li mento della costituzione la fedele esecuzione delle sue promesse, togliendo ogni prete sto alla malevolenza, agevoleranno la pacificazione delle provincie d’oltremare le quali sono nello stato di agitazione e di dissidio. Il congresso dalla sua parte, non negligerà alcuna occasione per proporre e per adottare le misure più proprie a ristabilire l’impero della costituzione e la tranquillità pubblica in quelle contrade, per fare, degli Spagnuoli de’ Due Mondi, una sola e felice famiglia.

«Le Corti veggono con la medesima soddisfazione che V.M. mantiene la perfetta armonia tra la Spagna e le potenze straniere; che si coopereranno se è necessario a restringere quegli amichevoli legami. Elle sentono che vi ha quali che differenza cogli Stati Uniti e con S. M. Fedelissima ma i principi di giustizia e di moderazione che dirigeranno d’ora in poi le nostre negoziazioni diplomatiche, fanno sperare alle Corti che quelle differenze termineranno con accomodi onorevoli per la Nazione e che non interromperanno il sistema pacifico convenuto tra le nazioni di Europa alla conservazione del quale le Corti concorreranno di accordo con V. M.

«Se la reggenza di Algeri rinnova il suo antico sistema di aggressione, mancando alla fede de’ trattati, le Corti non potranno se non applaudire alle misure che i ministri di V. M. prenderanno nella, sfera delle loro attribuzioni per far rispettare la bandiera delle Nazioni del Mediterraneo.

«Facendo i primi passi nella loro carriera per consolidare la prosperità pubblica, per fare eseguire la Costituzione, per proteggere la religione, i dritti del trono e quelli de’ cittadini le Corti fondano le speranze più lusinghiere sulla promessa solenne di V. M. di fare eseguire scrupolosamente questa legge fondamentale, la quale è la migliore garanzia de’ diritti della vostra corona. Fedeli osservatori di questa Costituzione, le Corti, sull’esempio di V. M. concentreranno nelle loro attribuzioni costituzionali tutta la loro gloria e tutta la loro felicità. Offerendo a V. M. le prove di sincera divozione alla Vostra reale persona ed alla Vostra augusta famiglia, le Corti speralo trovare appoggio nello zelo nel patriottismo e ne lumi del governo di V. M. com‘ V.; M. corrisponde sempre all’amore de’ suoi popoli, noi ci mostreremo degni delli loro fiducia.

(G. M.)

INGHILTERRA Londra,16 Agosto

Oltre la cavalleria e la fanteria che saranno domani di servizio, un gran numero d’individui presteranno giuramento in qualità di constabili speciali per mantenere la pubblica tranquillità sulla linea che debbe seguite dimani la Regina recandosi alla camera dei pari.

Cour. )

— La Regina andò jeri al passeggio in Paccadiny e nelle contrade vicine. S. M. era accompagnata dall’aldermann Vood. La plebaglia che la seguiva insultò una compagnia di saldai che passava. L’indegnazione generale e lo spregio furono la sola risposta alle espressioni indecenti che que’ forsennati si permisero.

(Idem)

— La Regina è venuta questa mattina a Londra. La plebaglia, raccolta di buon’ora dinanzi alla sua casa, fece al momento del suo arrivo eccheggiar l'aria di forti acclamazioni. La Regina ricevette poscia la deputazione delle donne maritate di Londra. Questa componevasi di circa un centinajo in 25 carrozze. Noi abbiamo cercato inutilmente fra esse persone di un grado distinto. La folla accolse questa singolare comitiva in modo assai clamoroso. La deputazione fu accolla graziosamente da 8. M. e parti convinta profondamente dell'innocenza della Regina.

(Idem)

FRANCIA Parigi 14 agosto

S. M. continua ad udire la messa nelle sue stanze; jeri ella ricevete i ministri a portafoglio, varj marescialli e generali, un gran numero di pari, di deputati, e di pubblici funzionarj.

Leggesi nel Moniteur d’oggi il seguente articolo:

«Il governo era da qualche tempo informato che si macchinava per eccitare le truppe alla rivolta: esso era altronde sicuro che le buone disposizioni dei soldati francesi avrebbero sventato i neri disegni di alcuni pochi perversi, sempre pronti a sacrificare l’onor loro e la quiete del loro paese all'orgoglio ed alla cupidigia. Il governo vegliava su’ loro passi. Questi insensati credettero in loro potere di rovesciare il trono e quelle istituzioni proteggitrici delle quali la Francia va debitrice al suo Re. Sedussero essi uno stuolo d’ufficiali e di sotto uffiziali de'  corpi che presidiano Parigi, ed alcuni di lla guardia reale sì lasciarono strascinare nella trama.

«Questi ufficiali covavano l’orribile pensiero di recarsi jeri aera alle caserme, di raccogliere soldati, di marciare contro il palazzo de1 nostri Re, e di proclamare sovrano qualcuno della famiglia Bonaparte; ma molti fra quelli, che si era osato tentare con perfide proposizioni, non indugiarono a recarsi presso i loro capi, od a manifestar loro la trama che era in procinto di scoppiare. Il governo non poteva tardare più oltre: coloro che aveano parte in questo perfido disegno vennero arrestati dai gendarmi.

«Sembra che i congiurati avessero altresì in pensiero di impadronirsi dei castello di Vincennes, poiché vi divampò alle tre pomeridiane un incendi tosto spento sembra potersi conghietturare che l’incendio sia stato suscitato a bella posta per dar moto ad un disordine e favorir la sorpresa del castello.

«La Francia ha il diritto di aspettarsi ché questo attentato venga punito in un modo da spaventar tutti coloro che dimentichi de’ loro doveri e de’ loro giuramenti osassero rivolgere contro l'ordine sociale quelle armi che vennero loro affidate per difenderlo. Non si dee adunque lasciar nulla d’intentato per raggi augure gli autori ed i complici ili una congiura, In quale, diretta contro il trono e lo statuto, offendeva altresì ne’ suoi sentimenti e ne’ suoi più rari diritti ogni membro della nazione.

«Il Tribunale più elevato, quello stesso che lo statuto ha con salutar previdenza incaricato di castigare gli attentati centro la sicurezza dello Stato avrà certamente l’incarico di giudicare e dar sentenza sul più gran delitto che le leggi abbiano da punire. Lontano da ogni predominio superiore ad ogni suggestione, questo augusto tribunale saprebbe meglio di ogni altro riconoscere l'innocenza, e dissipare i sospetti mal fondati, come saprebbe por la mano addusse ai colpevoli, qualunque essi siano.

«Parigi è perfettamente tranquilla; i suoi abitanti hanno sentito ad un tempo la notizia della congiura e quella dell’arresto de’ congiurati.

NOTIZIE INTERNE

Palermo 17 Settembre 1820
IL TENENTE GENERALE D. FLORESTANO PEPE COMANDANTE LE TRUPPE IN SICILIA

Siciliani

S. A. R. Il Principe Vicario Generale vuol metter fine alla discordia che agita la Sicilia, le mie armi non sono apportatrici di guerra, ma sono il mezzo onde ricondurre ira voi l’ordine e la concordia. La Sicilia dee godere degli stessi benefizj che sono stati concessi a Napoli. Palermo e quel che altro perse, che, per la lontananza del Sovrano, già è abbandonato a se stesso, s’indirizzi a me con quella confidenza, ch’è dovuta al carattere nobile e baie di S. A R. il Duca di Calabria, a nome del quale gli prometto pieno oblio del passato; ed un nuovo ordine di cose, conforme ai voti comuni della nazione lo esigo solamente che le Autorità rientrino come prima nelle loro funzioni. Da questo passo solo dipenderà la sorte e la felicità della Sicilia.

DECRETI DELLA SUPREMA GIUNTA

La Suprema Giunta provvisoria di Governo, a cui è stata presentata Una nuova elezione di Rappresentante il Comune di Cefalù, fattasi da quella Giunta provvisoria in persona di D. Raffaele Fu. eia, all’appoggio degli incomodi di salute dell’attuale Rappresentante ch’era stato prima detto D. P. Girolamo invidiato Pjrajno Barone di Mazzarena, che da tale ha seduto sempre nella Suprema Giunta, ed ha con onore assiduamente esercitata e disimpegnata una tale carica, unitamente ai Rappresentanti degli altri comuni del Regno ed ai Consoli, ha risoluto di non doversi accettare la suddetta nuova elezione come fatta sotto un preteste d’infermità del primo eletto, senzaché sia preceduta alcuna supplica dello stesso per' voler essere scusato per tal motivo; e quindi ha ordì, nato che si faccia intendere alla detta città di' Cefali ossia all'anzidetta Giunta provvisoria, che resta ferma la prima elezione stata fatta in persona dell’Invidiato; non essendo in facoltà di alcun comune del Regno il rimuovere per via di fatto lo eletto Rappresentante con eleggere il nuovo, senza l’esistenza di un motivo sufficiente da esaminarsi, e riconoscersi tale dalla Suprema Giunta, che dovrà dichiararlo. Ha risoluto inoltre, che il. presente. decretò per via di circolare in istampa sia fatto noto a tutti i Comuni del Regno.

Palermo 6. Settembre 1820,

Bonanno Cancelliere

Ecco l’Indirizzo del 42° battaglione della Guardia d’interna Sicurezza promesso nel n. Precedente

Eccellenza

I cittadini componenti il quarto battaglione del quartiere della K Isa, che. hanno il piacere di avere l’E. V. per loro capo, si fanno un dovere di pregarla di rappresentare alla Suprema Giunta di Governo, ed a S. E. il Signor Comandante Generale della Guardia di Sicurezza, che avendo saputo, che, pel ritorno di una porzione della Deputazione spedila in Napoli, debbonsi trattare gl’interessanti affari politici della Sicilia, persuasi che essa Suprema Giunta di Governo, come composta del fiore de’ più onesti cittadini, e zelanti per la libertà e per il bene della Nazione, merita che sia totalmente ad essa affidata la causa della patria sono pronti a garentire, anche a costo del loro sangue, le risoluzioni, che essa Giunta sarò per prendere.

Esiste nella Guardia di Sicurezza, non solamente la forza che può sola reprimere qualunque tumultuazione de’ malintenzionati, se mai ve ne fossero, ma ancora il complesso degli onorati cittadini, che sanno ben misurare e valutare la posizione delle 'attuali circostanze politiche. Quindi la Suprema Giunta di Governo potrà dare il libero suo voto a tutto ciò, che crederà espediente pel bene della Nazione, senza nulla curare le voci de’ maligni, che amano perpetuare lo stato indeciso delle cose; stato solamente utile a’ loro malvagi progetti, e pernicioso alla patria ed agli onesti cittadini.

Assicuri l’E. V. la Suprema Giunta di Governo e S. E. il Signor Comandante Generale, che le armi, la forza, ed il sangue sono pronti ad impiegarsi per far valere le loro risoluzioni, qualora si pretendesse di altra versarle con criminose sommosse.

Palermo 13 Settembre 1820

Il Colonnello Duca di Gela

Il Tenente Colonnello Baldassare Naselli

Il Maggiore Barone di Baucina

(Seguono le altre firme dell’intero battaglione)

La Suprema Giunta provvisoria di Governo, unitamente a’ rappresentanti degli altri Comuni del Regno e dei Consoli, dietro il rapporto dell’Ajutante Generale della guardia d’interna sicurezza, pervenuto quest’oggi alla Giunta surriferita, informala dell’eccellente condotta tenuta da tutti i Battaglioni della guardia suaccennata in ciascun quartiere, dello zelo ed attività di ciascun Colonnello, e degli officiali della medesima, ha deliberato, che la suddetta guardia meriti un decreto di lode; ed assicura il pubblico, che si può molto contare sul valore della tossir, perché sia mantenuta ferma la publica tranquillità,

Palermo 13 Settembre 1820

Bonanno Cancelliere

—La Suprema Giunta provvisoria di Governo, unitamente a’ Rappresentanti dei Comuni del Regno ed a’ Consoli, avendo ricevuto, col ritorco da Cefalù del Tenente Colonnello del Genio D. Carlo Dolce. Una risposta non decisiva sull'invito dell’armistizio, per l’assenza da quella città del Tenente Generale D. Florestano Pepe, ch’è il Comandante in capo dell’Armata Napoletana, mentre da una mano non Ita tralasciato la cura: di 4 proseguire le ben note trattative, si è dall’altra mano applicata a continuare le più energiche e savie disposizioni, onda assicurare lg difesa della città.. Or mentre ogni cittadino dee assolutamente riposarsi sul conosciuto patriottismo dei Componenti la Giunta, de’ Rappresentanti dei Comuni, e degli onorati Consoli, perciò si ha decretato, che qualunque individuo oserà con espressioni sediziose, o con filli opporsi a’ decreti e risoluzioni della Giunta Suprema, o spargere voci di diffidenza contro la medesima sulle attuali circostanze della Patria, sarà all’istante arrestato, e giudicato militarmente da un Consiglio di guerra subitaneo.

Palermo 16 Settembre 1820.

Bonanno Cancelliere

—E cosi ammirevole la condotta tenuta dalla Giunta in queste difficilissime circostanze, che sarebbe inutile il farne l'apologia, ma la stolta torbidezza di alcuni faziosi ci obbliga a dir qualche cosa per confondere tristi, ed assicurare quegli spiriti deboli che lasciatisi bis il mente sedurre dalle voci rivoltose degli assassini.

Giunti in Palermo da Napoli alcuni de’ nostri Deputati, recarono gli. articoli di un proposto accomodamento i quali se non corrispondevano alle migliori speranze della Sicilia, erano almeno decorosi per noi, e non contrarj del tutto ai nostri interessi ed alle nostre pretenzioni, L’amor della pace si era già manifestato in tutte le.'classi dei cittadini, e quindi la Giunta credette, con soddisfazione di tutti, di aprire delle trattative col Generale Pepe, il quale sapessi essere partito da Napoli con facoltà di poter anche; transigere sa di alcuni punti che meriterebbero qualche modificazione. Le risposte però avute dal comandante Costa, e dal colonnello Celentano alla nostra proposizione dell’armistizio, averi nuovamente alienati gli ispiriti da una facile riconciliazione; e la Giunta in conseguenza senza, dipartirsi dal voto generale per la pace, provvedendo nello stesso tempo al nostro decoro ed alla nostra sicurezza, prese delle misure enervi che por mettere questa capitale al coverto di ogn’insulto, e per persuadere ai Comandanti le forze napoletane quali mezzi noi avevamo; e nello stesso tempo spedì una Deputazione al generale Pepe, perché conoscesse le nostre intenzioni ed ordinasse ai comandanti delle truppe un armistizio, il quale da noi si brama a solo fine di risparmiare il sangue di due popoli che debbono per mille ragioni amarsi da fratelli, e non per viltà, come credebbero alcuni stolti, se non vedessero a colpo d’occhio la forze delle nostre risorse, e la risolutezza delle nostre volontà..

I Deputati eletti a questa missione furono i Signori Cavalier 0. Ruggiero Settimo, il Principe della Trabia, il Conte Sanmarco, il Duca di Cutnia, i due rappresentanti Cavalier D. Giovanni de'  Aceto, e Sarzana, e i due Capitani Consoli D. Carmelo Fulgo, e D. Angelo Crucino. Speriamo che una condotta tanto saggia, e regolata dalla voce del publico, il quale intervie. ne alla Giunta con la facoltà di far sentire i suoi voti, ponga sufficientemente al coverto gli ottimi cittadini che la compongono dalla maldicenza di coloro, i quali con maggiore utilità della patria, e sicurezza dello loro persone farebbero meglio di venire a manifestare le loro idee in mezzo alla Giunta medesima, che andar sussurrando per le strade, e sollevare que’ sciagurati sediziosi che con tanta pena e travaglio dei buoni cittadini si è riuscito a comprimere.

—Ci crediamo in dovere di notificare che, nelle trattative del Comandante Principe di S. Cataldo con la città di Caltanissetta, si era detto che fra gli ostaggi dovrà comprendersi il Giudice D. Mauro Tumminelli. Essendoci però stato assicurato dallo stesso Principe di S. Cataldo che non si fece in quell’occasione parola del detto Sig. Tumminelli noi, ad onore della verità, ne rendiamo il pubblico avvisato.

— Da lettere particolari in data d’oggi stesso di Termini si è saputo che la nostra Deputazione spedita a trattare col Generale Pepe era arrivata colà, che in quel Comune si gode la massima tranquilli la essendo tutti i cittadini disposti a secondare le operazioni di questa Suprema Giunta, qualunque dovesse essere l’esito delle aporie trattative. Le notizie che la si hanno di Cefalù sono tali, da non dar luogo a temere coso alcuna da quella parte.

Palermo 19 Settembre 1820 N. 22

GIORNALE

LA FENICE

Ad evitare ogni disturbo che possa avvenire nella distribuzione, e per maggior comodità de'  nostri associati, i tre numeri di questo giornale sortiranno dal numero venturo in poi nella sera alle ore 24 de'  giorni martedì, giovedì e sabato di ciascuna settimana.

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Il prezzo dell'associazione è di tari diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana, dieci ogni foglio straordinario per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all'Estensore del Giornale La Fenice.

NOTIZIE ESTERE

SPAGNA Madrid 8 Agosto

In una delle ultime sedute delle cortes si parlò di nuovo dell’introduzione de’ grani, che nelle precedenti adunanze era stato proposto di proibire: la giunta fece il suo rapporto, e molti oratori parlarono prò e contro la proposizione; messo il partito furono approvali i sei articoli seguenti:

1. L’ introduzione dei grani e delle farine nei porti della penisola è proibita, finché il prezzo della misura di frumento non sorpasserà gli 80 reali (20 fr.); ed il quintale di farina 120 reali (3o fran.)

2. Il prezzo del frumento sarà fissato secondo il valor medio che esso avrà su’ diversi mercati marittimi della penisola.

3. Questa provvisione non durerà oltre la prossima tornala delle corti.

4. I grani, i quali, allorché sarà promulgato il presente decreto, si troveranno su’ bastimenti ancorati nei porti della penisola non saranno compresi nella proibizione.

5. Sono eccettuati da questa disposizione le isole Baleari, attesa la triste lor condizione.

6. Sono parimente eccettuate le isole Cartarie.

— Nella seduti delle cortes del 31 luglio si proseguì la discussione sulle misure da prendersi contro i malfattori e i vagabondi che infestano le strade pubbliche. Il Sig. Calatrava fece osservare al congresso che la malevolenza esagera senza dubbio il numero dei furti e degli assassinj, ma cionondimeno insistette sulla necessità delle proposte misure, il cui scopo sarebbe facilmente ottenuto, se si avesse premura di ben scegliere i giudici dì prima istanza, i capi politici ec.

Il ministro dell’interno ha risposto che il governo non aveva omessa alcuna disposizione convenevole, e che le autorità locali sono incaricate di vegliare alla distribuzione dei passaporti; egli ha richieste che una commissione speciale dovesse esaminare, se fosse utile mettere una legge supplementaria, che abbreviasse il corso delle procedure criminali.

Il sig. Florez Estrada avendo preso la parola, lesse un lungo discorso, in cui provò ch'era superfluo il ricercar le cause primitive de’ mali che affliggono la Spagna; cc noi siamo, disse, in istato di rivoluzione; sarebbe irragionevole il voler agire me se fossimo sotto il regime di un governo consolidalo da lunga esistenza anteriore.

«Mi lagno perché non si puniscono i delitti contro lo Stato! non voglio qui accusare né il potere legislativo, né il potere esecutivo. Dico solo che ci ha una vituperosa negligenza da parte dei pubblici funzionar; ec.

Il ministro della giustizia respinse vigorosamente gli attacchi del sig. Florez Estrada.

Parecchi deputati presero parte a questa discussione che fu animatissima.

Il congresso hi rimandato le diverse proposizioni ad una commissione speciale, incaricata di presentare un progetto di lègge.

Nella seduta del i agosto (bolli possessori di maggioraseli! chiesero l’autorizzazione di venderli. Rimandati al comitato di legislazione. Si lesse poscia il progetto di legge presentato dal ministro della guerra sull’organizzazione dei v'i battaglioni di milizia nazionale attiva. Spedito alla commissione delle milizie.;.

— Le nuove della salute del Re sono soddisfacenti. S. M. ha assistito ad una corsa di tori, di cui la città di Sacedon le ha offerto il divertimento. tutti gli abitanti dei luoghi vicini sono contorsi allo spettacolo.

— Nella seduta del 2, sulla proposizione del ministro delle finanze, e dopo lunga discussione, venne ordinato che sieno venduti i beni nazionali addetti al credito pubblico.

I soli vales reali saranno ammessi iti pagamento, il denaro metallico non è ricevuto.

La immissione del credilo pubblico rimetterà le cortes ogni mese un quadro dei beni che saranno stati venduti.

Le monache di Beca tornano a reclamare la loro secolarizzazione. Dopo vivi dibattimenti il parere della commissione fu adottato. Il decreto relativo alla secolarizzazione dei religiosi comprende pure le religiose.

Fu egualmente decretalo che d’ora innanzi ogni ammissione di novizj e concessione di abito di professione siano sospese nei conventi delle religiose. Le autorità locali riceveranno tutte le domande di secolarizzazione, e prenderanno sotto la loro protezione petenti, assicurando le loro persone e il loro sostentamento fuori del monastero.

(Foglio di Madrid)

Gli argomenti trattati nelle ultime adunanze delle cortes, non sono atti a soddisfare la curiosità degli stranieri; vi si parlò a lungo di un disegno sugli spedali. Vi furono lette parimenti due idee di legge presentate dal ministro della guerra; l’una determina il numero de’ soldati per l’anno corrente, l’altra, divisa in 23 articoli, risguarda il reclutamento dell’esercito, coll’indicazione dell’età e della qualità delle reclute, del tempo che deve durare il loro servigio. Queste proposte di legge furono rimandate alla sezione della guerra ed alla giunta militare speciale.

Altra del 10

Le cortes proseguono i loro lavori. In una delle ultime adunanze il ministro della guerra ha preposto di stabilire il numero dei soldati in tempo di pace a 66.828 ed in tempo di guerra a 124.000. Quindi lesse di nuovo il progetto di reclutamento per l’esercito. Queste proposte sono state rimesse alla giunta dei deputati sopra le cose militari. Nella adunanza del 5 le cortes determinarono per le spese della casa del Re 40 milioni di reali (10 milioni e 700m. Franchi); 1,790,000 reali per quella della Regina e delle principesse; e 3,300,000 per i principi.

(G. del Gobierno)

Madrid 11 agosto.

All’adunanza delle cortes d ministro della guerra lesse un dispaccio del generale conte di Cartagena (Morillo) in cui l’esercito regio d’oltremare si congratula cona S M per aver ella prestato il giuramento allo statuto. Subito dopo si lesse una lettera del ministro dell’interno, nella quale contiensi il ragguaglio degli avvenimenti di Napoli.

— Le autorità portoghesi, sulla domanda che fu lor fatta di arrestare gli insorgenti della Gallizia che si rifuggissero in Portogallo, risposero di aver preso le misure opportune a tale oggetto, ma che non aveano potuto per anco arrestarne alcuno, non conoscendoli bene.

—È falsa la notizia dell’arresto dell’arcivescovo e di altri personaggi distinti della Gallizia.

—I malcontenti della provincia di Burgos e di Soria presero, a quanto si dice, il nome di Reali di Borbone. Uno dei loro distaccamenti comparve all’improvviso nei villaggi vicini a Soria esso era composto di uomini, il cui vestimento e le decorazioni gli indicavano come appartenenti ad una classe elevata. Essi distribuirono proclami contro le cortes.

Uguali movimenti sussistono nell’Arragona; in parecchi luoghi la gente di campagna fece udire grida anticostituzionali.

I deputati alle cortes tengono frequenti adunanze segrete

(F. B.)

FRANCIA Parigi 19 Agosto

Già da qualche tempo si osservano nella popolosa città di Roano numerose e frequente adunanze sulle piazze e sulle vie, che col pretesto dì far le serenate disturbavano colle grida tutto il vicinato: esse presero col tempo un aspetto più serio, ed il nove del corrente s’intesero uscire da una grossa adunanza nella via de’ Carmelitani minacce e grida sediziose. Il Maire di quella città, che vegliava sui passi di questi uomini turbolenti, fece promulgare subito un’ordinanza, colla quale incarica i commissarj di polizia di impedire le adunanze sotto qualunque pretesto, e di sperderle con tutti i modi che essi hanno dalla legge. I leali abitanti di Roano sperano perciò dì non essere più turbati.

INGHILTERRA Londra 14 Agosto

Fondi pubblici Tre per cento consolidati, 68 178; detti a termine, 68 178; biglietti dello scacchiere, 5 di prime omnium, 3|3 d sconto.

— Il duca di Cambridge per le dimani per ritornare sul continente. S. A. R. non si recherà per altro direttamente in Annover, ma, dopo visitato la duchessa sua sposa che risiede, durante la sua assenza, presso il proprio padre, il langravio d’Assi Casse!, andrà, dicesi, a compiere una missione importante in una gran corte.

— Si dice come cosa certa che il governo Abbia incaricato il sig. Canning di maneggiar col sig. Elout, inviate straordinario de’ Paesi Bussi, una convenzione, il cui scopo è di conciliare le diffrenze insorte nell’India, tra il governo generale di Bengala e le autorità olandesi di Java, relativa mente all’esecuzione dei trattati conchiusi nel 1814 e 1815.

— La Regina non avendo il giorno 11 ricevuto risposta alcuna alla sua lettera, scrisse di nuovo al conte di Liverpool per chiedergli se si avrebbe fatto, una nuova comunicazione al Re relativamente alla detta lettera. Il nobile lord rispose lo stesso giorno dalla sua casa di campagna di Combe Wood di alcun ordine dal Re a questo proposito;

– Il processo fatto a nome del Re contro Elaands, Carlo Maddoch, il maggio e Cartwright, Tommaso G. Wooler e W. Lewis, a quali fu attribuito il delitto di cospirazione sediziosa, è stato minato poc'anzi presso la corte di Warwick. Dopo che il maggiore Cartwright e Lewis ebbero letto la loro difesa, ciascuno nello spazio di due ore, il lord presidente ha riassunto la causa, ed il giuri, dopo una consulta d'un quarto d'ora, essendo rientrato nell'aula, gli ha dichiarati tutti colpevoli.

— I giornali di Nuova York, del 12 del mese. scorso, annunciano essere immatura la nuova che il sig. Todd debba recarsi nell’America meridionale in qualità di ministro degli Stati Uniti. Egli partirà con ordini del presidente, ma non si conosce ancora il titolo, di cui sarà rivestito. Non si spediranno ministri dell1 America meridionale senza il consenso delle potenze europee.

—Lettere di Rio Janeiro, del 3 giugno, riferiscono che, sulla domanda di lord Beresford, il Re del Brasile ha fatte rimettere forti somme di denaro a Lisbona per pagare le truppa portoghesi, e che questo era uno degli oggetti principali del viaggio di S. S.

— Somosi ricevute notizie di Buenos Ayres sino al 10 di giugno Don Ramon Maxia continuava ad esercitare le funzioni di governatore, e D. Manuale Oggligado quelle di presidente della giunta. Erasi di nuovo aperta la comunicazione col Chili. Le notizie di Valparaiso sono del 24 aprile. La spedizione contro il Perù, sotto gli ordini dell’ammiraglio Cochrane e del generale San Martin, era pronta a mettere alla vela. Vi erano riuniti 70 bastimenti da trasporto, e il reggimento dei granatieri a cavallo di San Martino, come pure un corpo considerabile di fanteria, formante la vanguardia dell’esercito, erano sul punto d; imbarcarsi; il resto della truppa sfilava per Valparaiso. A tutti i bastimenti del porto era stato proibito l’uscire fino alla partenza della spedizione. Si sapeva di certo che S. Martin comunicava con Bolivar, e che la prima operazione sarebbe stata un attacco sopra Guayaquil colle truppe combinate di Venezuela e del Chili.

CITTÀ LIBERE

FRANCOFORTE 10 agosto

La condotta del Gabinetto Austriaco in riguardo all’inviato del Re di Napoli ha generalmente fissato la publica attenzione, e dà luogo a delle inquietudini, che una più matura riflessione avrebbe forse fatto svanire. La missione del Principe di Carati avea per speciale oggetto di notificare a questo governo la risoluzione che il suo sovrano ha creduto dover prendere, di deporre cioè la reale autorità nelle mani del suo successore, e di fargli conoscere gli avvenimenti, che hanno preceduto e seguito co testa risoluzione. L’Austria procede saggiamente aumentando le sue truppe in Lombardia; questa misura è conservatrice, e non ha niente di ostile. Per quel che riguarda poi alla sua adesione, sarà questa certamente tarda, perché dovrà essere conseguente alla marcia misurata che essa suol seguire in tutti gli affari, dovrà essere conforme die risoluzioni dei suoi alleati, e dovrà dipendere soprattutto dalla maniera con cui i popoli delle Due Sicilie si condurranno nello stato di crisi in cui si trovano.

NOTIZIE INTERNE

Palermo 19 Settembre 1820.
LA DEPUTAZIONE DELLA GIUNTA PRESSO IL GENERAL PEPE

Cefalù 17 settembre 1820.

Eccellenza

Partita questa Deputazione da Palermo jeri sera verso le ore cinque della notte, giunsimo sul far dell’alba in Termini dove non ci siamo trattenuti che pochi momenti. Abbiamo sub lo preso il cammino di Cefalù, ove siamo arrivati nel momento in cui scriviamo, che sono quasi le ore 18 Siamo stati accolti con molta gentilezza dal Comandante Sig. Colonnello Celentano. Questo Signore ci ha dato la notizia che S. E. il Tenente Generale D. Florestano Pepe sarà quanto prima in questa città. Per tal motivo crediamo di trattenerci qui, e di attendere la venuta del Sig. Tenente Generale, con cui dovremo comunicare, secondo la commissione che abbiamo ricevuta il Sig. Comandarne Colonnello Celentano si esibì egli stesso di far pervenire all’E. V. il presente foglio, e noi ne abbiamo pmfittato per darle conto sollecitamente di tutto e ò, onde serva d’intelligenza all’E. V. ed a coteste Giunta Provvisoria di Governo.

I Componenti la Deputazione.

Ruggiero Settimo

Duca di Cumia

Il Principe di Trabia Deputato

Il Conte di S. Marco

Giovanni De Aceto

Martino Emmanuele Caldarera

Angelo Crocino Luigi Montalto Segretario pel Console Fulgo

AVVISO AL PUBBLICO

Dopo le notizie pervenute questa mattina dai Deputati spediti da questa Suprema Giunta Provvisoria di Governo al Tenente Generali Sig. D. Florestano Pepe, Comandante in Cupo la forza napolitana, per (patterai d’accordo col medesimo sulle trattative di pare, avvisiamo il publico che essi giunsero in Cefalù il giorno di jeri alle ore 18, ove furono assai bene ricevuti dal Sig Colonnello Celentano, da cui seppero che il surriferito Sig. Tenente Generale Pepe attendevasi ivi ben presto, a quale oggetto i nostri Deputati, si erano colà rimasti stendendo l'avviso dal medesimo per l’azione digli incarichi loro affidali.

La Giunta però, durante lo stato delle negoziazioni non ha lasciato di dure le provvidenze le più energiche e regolari per la difesa contro la forza nemica, quante volle ne occorressi il bisogno.

Palermo 18 settembre 182o

Il Principe di Villafranca Presidente

~Il terribile attentato commesso contro la Civica giorni sono produsse oltre della morte del Sig. D. Tommaso la Lumia, che restò esanime al momento nella strada, quella ancora dopo alcuni giorni di D. Pietro Muti, il quale Lisciò nella desolazione, e privi di ogni soccorso, una giovine moglie forse incinta ed un figlio minore. La Giunta Suprema a proposta di alcuni ottimi cittadini unanimemente decretò che fosse assegnata alla vedova, sulle rendite del Senato, l’annua pensione di onze 36 durante viduità; quale assegnazione dovrebbe correre a vantaggio del fido che va a nascere, ed in difetto di questo, del primo figlio subitoché sudetta vedova fosse passata a seconde nozze. Fu anche decretato che l’impiego che godea il defunto Mazza passasse al figlio, al quale si accorda per la sua età minore la facoltà di sostituire persona all’esercizio d4 suo impiego. D. Pietro Grifo gravemente ferito in quest’incontro medesimo ottenne la gratificazione di onze 20, la quale egli sta certamente a cuore, se non pel valore della somma, ma certo perché nella stessa egli ravviserà la gratitudine della patria per la cui tranquillità aveva esposto egli la vita.

—Questa mattina è giunta da Cefalù la Deputazione che la Giunta avea spedito per trattare col Generale D Florestano Pepe, i Deputati han fatto fedele rapporto della lunga conversazione, che tennero jeri col Generale anzidetto. Il risultato di tali conferenze si contiene precisamente nella lettera del medesimo Generale diretta al Principe di Villafranca Presidente della Giunta. La lettera è concepita come segue.

Il Tenente-Generale D. Florestano Pepe, Comandante le truppe in Sicilia, a S. E, il Principe di Villafranca Presidente della Suprema Giunta Provvisoria di Governo.

Eccellenza

Ho l’onore di riscontrare il di lei foglio de'  13 corrente. Propone l’E. V. una sospensione darmi. Ciò supporrebbe uno stato di guerra, e noi non siamo al caso. Ho veduto i Sigg. Deputati. Le idee che mi hanno comunicalo sono quasi conformi agli ordini che ho ricevuti da S. A. R. il Principe Ereditario Vicario Generale.

Le truppe ristabiliranno l'ordine ovunque sia stato turbato, senza rammentare il passato. Si cercherà in seguito conoscere la volontà di tutta la popolazione della Sicilia per mezzo de’ Deputati regolarmente convocati. Il voto del maggior numero di essi deciderà che si ottenga dalla Sovrana bontà ciò che S. A. R. ha promesso per la felicità dei suoi sudditi.

La volontà del Re e l'interesse comune di tutti gli abitanti del regno delle due Sicilie prescrivono di evitarsi qualunque effusione di sangue. farò di tutte per conformarvi a meno che non sia costretto dalla imperiosa necessita.

Il Comando Generale delle armi in quest’isola mi è affidato. Tutte le truppe di qualunque genere esistenti qui debbono per conseguenza dipendere da miei ordini.

Prego Vostra Ecc. inviarmi subito in Termini tutti i militari costà detenuti, nello stato in cui erano pria del disordine.

Quartier Generale di Cefalù 18 settembre 1820.

Il Ten. Generale

Florestano Pepe

Dopo di ciò molta ed animata discussione si aprì nella Giunta. Il Presidente presentò con quell’ammirevole energia e verità che lauto lo hanno distinto lo stato nostro attuale. La Giunta cranio in seguito il decreto, che noi riportiamo.

La Suprema Giunta Provvisoria di Governo, di unanime consenso de'  rappresentanti del Regno e de’ Consoli delle Maestranze, ha risoluto che si debbano accettare le proposizioni spiegate d il recente Generale D. Florestano Pepe md suo foglio dato in Cefalù sotto li 18. Settembre 18to, con quelle modificazioni che si possano sperare dalla mediazione di S E. il Signor Principe di Villafranca, e delle altre persone che lo accompagneranno. A quale effetto la medesima Giunta, con il consenso dei rappresentanti de’ comuni e de’ consoli, ha approvalo la proposizione del Sig. Principe di Villafranca, che ha proposto per accompagnai lo il Deputalo Marchese Raddusa, il Collaborare D. Salvadore Ognibene, il rappresentante Conte di Sommalino, il Console D. Francesco Santoro, il Console D Giuseppe Orlando, ed il Console D. Giuseppe de'  Francisci.

Finalmente ha decretato la Giunta, col consenso de’ rappresentati e de’ Consoli, che dovendosi straordinariamente congregare la Giunta nel tempo dell assenza di S. E. Sig. Principe di Villafranca, il Cancelliere la convochi, e faccia dipendere la elezione momentanea di un VicePresidente dalla maggior parte de’ votanti, che interverranno nella sudetta straordinaria seduta.

Palermo 19 Settembre 1310.

Bonanno Cancelliere.

Dietro alle luttuose vicende che hanno avuto luogo da due mesi in questa Capitale, Li popolazione di Palermo dopo le tante prove di vero coraggio che ha date, si è determinata a dare ancor quelle della sua moderazione, e si è pienamente affidata alle promesse del Governo di Napoli, dalla di cui lealtà si augura il riacquisto de’ suoi privilegi, che con tanta giustizia ha reclamati.

—Si avverte che nel nostro foglio straordinario di jeri in un avviso, col quale si è dileguato un equivoco riguardo alla persona del Dr. D. Mmiro Tumminello, si è data al medesimo la caratteristica di giudice iti Caltanisetta, quando egli vi esercitava quella di Presidente del Tribunale Civile.

Palermo 21 Settembre 1820 N. 23

GIORNALE

LA FENICE

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Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Inzenga, e si ricevono nella Libreria de'  Socj Pedone, e Muratori, via Toledo num 211 all'insegna del Serpente.

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NOTIZIE ESTERE

REGNO DI POLONIA

L’Imperatore di Russia è atteso in Varsavia, ove nel p. v. settembre principierà la dieta del regno. Le truppa polacche sono radunate in? accampamenti di esercizio presso Blonie e Varsavia, e vi resteranno fino all’autunno solo i reggi menti di cavalleria della guardia, i corazzieri, i cacciatori e un reggimento d’ulani, dell’esercito sono in Varsavia il che solleva di molto i cittadini che hanno l’obbligo degli alloggiamenti militari.

— Una regia ordinanza, contenuta ne’ fogli di Varsavia, annunzia essere stato abolito il diritto di albinaggie pei sudditi di S. M. il Re delle due Sicilie, e di S. M. l’arciduchessa duchessa di Panna?

—L'anniversario dell’istituzione del regno di Polonia fu solennemente celebrato in Varsavia. Lei truppe furono riunite in una pianura, ove a cielo scoperto assistettero ad un solenne servigio divino.

(G. di Vien)

ILLIRIO Trieste 15 agosto

Lettere degne di fede da Dolcino in data 17 luglio annunziano che la peste infierisce in Durazzo, in modo tale che il contagio si è esteso a tutti i contigui villaggi, e particolarmente a Tirana e Gavaglia. La provincia dell’Albania turca è presentemente amministrata da governatori posti dal visir di Scutari, il quale avanzandosi con un’armata di 20m. uomini, di cui però la più gran parte è in uno stato di somma miseria, contro AH Bascià di Giannina, ha occupato l’Albania senza niuna opposizione, il visir di Scutari si trova ora in Ocrita, donde venne chiamato dai visir di Romelia in Betulia; ma esso ha piuttosto volontà, di. retrocedere, che di ubbidire, affermando che il Montenegro minaccia le provincia confinanti Ottomane. Alì Bascià! di Giannina non fa ora alcun movimento, e rinforzato ne’ suoi confini, osserva il passo degli altri eserviti soccorsi in Bitulia, sotto gli ordini del visir di Romelia; pare però che questa calma ben presto sarà interrotta da qualche fatto d’armi da, parte di Alì Bascià.

(O. T.)

INGHILTERRA Londra 10 agosto

Il Times dice, che fra pochi giorni sarà presentato alla Regina l’indrizzo delle danne maritate egli soggiunge che esso è sottoscritto dalle più rispettabili signore. Una dozzina di uomini rispettabili avrebbe fatto maggior senso di una dozzina d’asserzioni di questo genere, che non dicono nulla. Noi crediamo che quest’indirizzo tenda a pregare S. M. la Regina di presiedere ad un pubblico pranzo che sarà imbandito da queste donne maritate in una taverna a Kesington. I mariti saranno con una salvietta sotto il sbraccio, dietro le sedie delle loro caste metà.

AUSTRIA Vienna 2 agosto

Ecco, la lista dei Reggimenti che sono destinati, per quel che si i dice, a rinforzare le truppe austro-italiane. Fanteria: I reggimenti ungaresi, Principe Leopoldo di Sicilia, Imperatore Francesco, Toscana, Alass Leichtenstein, Imperatore Alessandro, Girolamo Collo redo, San Giuliano, Reuss-Graitz, Reus Clauen, Alberto Guilay, Teutschmeister, Chasteler, Volgel sang, de'  Vaux, Hiller, Arciduca Luigi, più due battaglioni di granatieri, due battaglioni di caccia tori imperiali, e cinque altri battaglioni di truppe leggiere. Cavalleria: Gli Ussari Ferdinando, Cavalleggieri de'  Vincent, e i Corazzieri del Principe Reale di Baviera.

– Si assicura, che la nostra Corte non ancora ha fatta alcuna decisione rispetto al cambiamento accaduto nel Regno di Napoli, e che pria di dichiararsi intorno a tale affare, ella ha voluto conoscere il punto di vista, sotto il quale questo avvenimento sarebbe riguardato dalle Potenze alleate.

Noi possiamo smentire nella più formale maniera la voce sparsasi relativamente alla spedizione di molti reggimenti Austriaci nello Stato Veneto. Niente finora su di ciò si è stabilito, e si presume, che provvisoriamente non cade ciò in quistione.

FRANCIA Parigi 14 agosto

Non abbiamo che pochi fatti da aggiungere a quelli che il Monit. fece conoscere sulla nuova congiura. (V. il nostro foglio 17). Tutti i militari arrestati furono messi alla disposizione del regio procuratore. L'instruttoria giudiziaria è cominciata. Ma in questi primi momenti si comprende che la prudenza e la giustizia comandano molta riserva nelle asserzioni a cui avvenimenti sì gravi possono dar luogo. Il numero dei militari arrestati dicesi essere sinora di 25. Sono tutti ufficiali sino al grado di capitano inclusivamente o di sott'ufficiale. Abbiamo risaputo con rammarico che in questo numero trovinsi alcuni ufficiali del 2, reggimento della guardia di quel corpo sì eminentemente distinto pei suoi sentimenti d'onore e di fedeltà. Ma appena questi spergiuri furono conosciuti, vennero con indegnazione respinti dal corpo intero; e tale circostanza, per quanto sia dolorosa, non servi che a far di nuovo manifestare il buono spirito ond'è animata la regia guardia.

L’instruttoria rischiarerà le ordite macchinazioni, e i mezzi d'eseguimento che voleano mettere in opera i cospiratori. Sembra che non avessero osato affidare i loro segreti ai soldati che speravano far servire d'istrumenti alle loro trame. Il loro accecamento era tale che credevano di potere colla loro influenza e con quella del sott'ufficiali ad essi dovuti trascinare i soldati nei loro criminosi disegni senza correre il pericolo di averli prevenuti anticipatamente. I soldati rimasero fedeli alla voce dell'onore e del dovere. Fra gli ufficiali che rappresentavano una parte principale in questa congiura, si cita un capitano della legione del Nord, nominato Dequevau silliers, che dicesi abbia servito nella guardia di Murat, allorché questi occupava il trono di Napo li. Si nomina pure un capitano della legion della Meurthe, che è fuggito. Alcuni di questi ufficiali furono arrestati nelle loro case dalla gendarmeria; gli altri lo furono nelle loro caserme, in conseguenza dell'ordine del loro colonnelli, e dagli stessi soldati del loro corpo. La legion della Meurthe è uscita ieri mattina di Parigi in buon ordine, per recarsi alla guarnigione statale assegnata dal ministro della guerra.

Si parla con entusiasmo d'una bella scoverta recata a Londra da due americani Perthinsce e Faerman; è desta la siderografia, o l'arte di applicare l'acciaio agli usi dell'intaglio, o della impressione in rame. I due artisti americani hanno il secreto di render l'acciaio molle come il rame, e di ridurgli poi la sua durezza primiera senza cancellare le figure che vi sono state intagliate: cosi l'intagliatore esegue subito sopra un foglio di acciaio ammollito il disegno che sarebbe eseguito sul rame.

(le Moniteur Universel)

Regno delle due Sicilie. Napoli, 27 agosto

Con decreto del 10 del corrente, S. A R. il Vicario Generale ha risoluto che il conte D. Costantino di Ludolf regio inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso S. M. Britannica, passi collo stesso carattere in Costantinopoli, ove aveva prima riseduto per molti anni. Il Cavalier D. Gaetano Coppolla, de'  duchi di Canzano, nominato segretario di legazione presso la i Real Corte d' Inghilterra, è partito iersera per Londra ove va ad assumere le funzioni di regio incaricato di affari sino all'arrivo colà del Signor risedervi col carattere di regio inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Il principe di Cimitile è partito ieri l’altro per Pietroburgo, incaricato di una commissione straordinaria presso S. M. l'imperatore di tutte le Russie È partito anche ieri sera per Milano il cavaliere D. Gio: Francesco Marciano Simonetti, regio con sole generale nel Regno Lombardo Veneto.

Questa mattina è partito pure per Vienna il Signor Duca di Gallo, regio ambasciatore straordinario presso S. M. l'imperatore di Austria. Egli è accompagnato dal cavaliere D. Giacomo Micheroux, segretario di legazione presso l'imperial corte di Pietroburgo, destinato a rimanere alla immediazione del Signor Duca di Gallo fino a che sarà nominato il regio segretario di ambasciata in Vienna.

Partirà pure, tra domani e doman l'altro, per Parigi il cavaliere D. Francesco Brancia de’ duchi di Roseto, regio segretario di ambasciata presso la real corte di Francia. Egli assumerà le funzioni d'incaricato di affari, fino a che sarà nominato il nuovo ambasciatore, che deve rimpiazzare il Signor principe di Castelcicala traslocato all'ambasciata di Madrid.

26 detto

Una gazzetta di Milano porta l'articolo seguente:

«La venuta in Italia di sessantamila austriaci o pare ormai sicura. Di quest'armata la metà prenderà posizione lungo il Tesino, e l'altra sulla a frontiera delle legazioni, fissando il suo quartier generale in Ferrara. La prima colonna comandata dal general Bianchi, arriverà il giorno 2o, l'altra comandata dal generale Sommariva, si troverà al suo posto il giorno 3o del corrente.

«Entrambe queste colonne saranno sotto il comando del generale Frimont. Le piazze pontifiere di Ferrara e Comacchio, ove l'Austria ha dritto di tener guarnigione in forza delle stipulazioni del congresso di Vienna, hanno già ricevuto un accrescimento di truppe».

Or ci piace domandare a noi stessi: saremmo forse noi l'oggetto di questa spedizione?

«Discutendo liberamente la questione, ci sembra manifesto esserne noi la cagione motrice, senza esserne lo scopo. Le due linee militari che l'armata occuperà, tendone a guarentire gli stati austriaci italiani dall'influenza che il Piemonte da una par te, e la bassa Italia dall'altra potrebbero avere sulla Romagna, sulla Toscana e sulla Lombardia. Noi parliamo d'influenza d'esempio, e non già di cooperazione, perciocchè la moderazione è il carattere principale delle riforme che si fanno di accordo dalle Nazioni e da Sovrani. Tutti siamo oggidì persuasi che la felicità delle nazioni è relativa, e non assoluta, e che le ragioni che l'una può avere per iscegliere una forma di governo conveniente alle proprie circostanze, non sono che possono sovente essere comuni all'altra. Ma l'esempio è per se stesso una cagione efficace a destare il desiderio di un bene che altri popoli hanno saputo acquistare. E però la sola possibilità che l'esempio risvegli il desiderio, è una ragione sufficiente per eccitare l'attenzione del Governi vicini che hanno l'interesse di garentirsi dalla novità. Sin quà nulla d'ingiusto o di ostile.

Ma potrebbe una vicina potenza sul solo timor dell'esempio arrogarsi il dritto di dettar la legge ad una Nazione e ad un Sovrano che hanno cangiato la forma interna nello stato loro? Nulla sarebbe più ingiusto e incredibile e pericoloso, che questo.

Ingiusto, perchè sarebbe violata quella indipendenza naturale che gli individui porta a seco nella società, e che ogni società conserva di rincontro all'altra. Nel diritto delle Nazioni ogni società rappresentata I figura di un individuo libero ed indipendente dall'altro.

Incredibile, perchè si proclamerebbe la forza come il solo principio conservatore del diritto. L'interesse è spesso la ragione motrice della politica, ma questo dee sempre serbar le apparenze del giusto e e dell'onesto, senza di che non è più la forza che assiste il diritto, ma è la forza che soggioga il diritto.

Pericoloso, perchè non è armata che basti a soggiogare una nazione; verità della quale sono innumerevoli gli esempi, e di questi i più parlanti sono la Spagna e noi stessi Le nostre Calabrie diedero alla Spagna l'esempio di quel che può un popolo che deponendo l'inerzia della pace, vuol far rispettare la propria indipendenza.

Ed infine qual è la Nazione, fra le tante che si sono costituite da due anni a questa parte a cui siesi regata e contrastata la facoltà di farlo? Non alla Spagna, non al regno di Wurtemberg, non alla Baviera, non a Baden. Qual dritto singolare adunque vorrebbe contro di noi esercitarsi? Ma sin ora abbiamo presupposto che il solo esempio sia la ragione del tenere. Che sarebbe se i portamenti del popolo novellamente costituito e le sue interne agitazioni mostrassero che il cangiamento politico non è l'effetto dell'uniforme volontà della Nazione, o minacciassero l'ordine e la tranquillità delle vicine Nazioni? Non è questo il nostro caso. Vengan pure a vi sta di noi squadre osservatrici quante si vogliano.

Ci vedranno fare l'elezione de'  nostri deputati; ci vedranno deliberar maturamente intorno a rimedi dei nostri vecchi mali; ci vedranno gelosi custodi de'  dritti nostri e degli altrui. Mireranno con istupore che noi nella esperienza dei mali abbiamo acquistato la maturità; che la nostra volontà è unica, costante ed uniforme; che il nostro scopo è di legarci intorno al nostro ottimo Sovrano con legami che niuna volontà discordante e niuna forza straniera potranno mai infrangere.

(L'Amico della Costituz)

NOTIZIE INTERNE

Palermo 21 Settembre 182o

Nel numero 2 o8 del Giornale del Commercio e dell'Industria, che si imprime in Parigi, leggesi un articolo, il quale, versando sugli ultimi avvenimenti di Spagna e di Napoli, e precisamente sul proposito della nostra Indipendenza, crediamo giusto il trascrivere quel che più ci riguarda sotto la rubrica delle cose patrie.

Il Giornalista dopo aver sostenuto la giustizia della causa e la legittimità degli sforzi da popoli di Spagna e di Napoli nel cambiamento della forma del loro governo, scende particolarmente ad appoggiare sulla forza de'  suoi principi il dritto che noi abbiamo a reclamare la nostra indipendenza dal regno di Napoli: Ecco come ragiona:

«Passiamo intanto a ciò che riguarda la Sicilia. Questo paese, si dice, reclama la sua indipendenza, e la reclama precisamente con quegli stessi titoli che hanno fitto valere gli spagnoli ed i napoletani. Ben si conosce che questi titoli sono troppo rispettabili; e non si comprende facilmente perchè i Siciliani non sa ranno ammessi a farli valere. – Ma, ci si dirà, allora voi approvate dunque che una provincia, una città, un cittadino rinunzino alla protezione che assicura loro lo Stato, di cui fanno parte. – Perchè nò, se questa protezione è loro di peso. Ammettendo una tal circostanza, una provincia, dunque perchè è provincia, non potrà separarsi da un regno, come giornalmente avviene che un cittadino abbandona la sua città natia, quando ambedue trovansi in una posizione falsa e contraria alle condizioni della loro esistenza? E se possono esservi, come la coscienza lo dice ad ognuno, delle emigrazioni individuali inoffensive e fondate in dritto, non potranno esservi ben anche delle legittime separazioni di Stato? Approfondiamo un poco le cose.

«Il cittadino ha il dritto di vivere; le provincie, le città le quali infatti non sono che individui riuniti, hanno ugualmente il dritto di esistere; or questo dritto accorda ad esse necessariamente quello di scegliersi la posizione che più convenga alla loro esistenza, purché però questo dritto esercitato, sia individualmente sia collettivamente, non vada a ferire quello delle altre provincie, delle altre città, degli altri cittadini.

«Si avverta, che ricusando di riconoscere ed anche di concepire la possibilità di qualche separazione di provincia o di stato come legittima, non solamente si condanna e si criminalizza qualunque emigrazione e separazione individuale, ma nello stesso tempo si attacca la legittimità dell'esistenza di quasi tutti gli stati del nuovo ed antico mondo, i quali, per la maggior parte, non sono formati che di separazioni e di aggregazioni sanzionate da tutti i governi, e delle quali nessuna è più nella sua prima posizione geografica, né nella sua prima integralità. Ma, si risponderà, queste separazioni, queste aggregazioni sono state riconosciute da tratta ti? sono esse divenute legittime? Nò: i trattati avran pure potuto regolare e determinare la loro legittimità: ma i trattati non l'hanno rese legittime, essi hanno consacrato un certo stato di cose, e niente altro. Il dritto, e la legittimità hanno un pesto più elevato. Contrastare questi principi, è lo stesso che negare che l'uomo possa aver la conoscenza del giusto e dell'ingiusto, è lo stesso che sottomettere l'intelligenza alla materialità de'  fatti; è lo stesso che demoralizzare la società.

«Conchiudiamo adunque, senza esitazione che i napoletani ed i siciliani hanno fondata ragione per reclamare le istituzioni che credono necessarie al sostegno del loro dritti, e del loro stato sociale; che se delle minorità, sia nella nobiltà, sia nel clero, sia pure nelle classi infine, si sono opposte al voto generale, bisogna a favor loro riconoscere anche dei dritti, tanto rispettabili quanto quelli della maggioranza; dritti che esistevano allorquando tali classi erano le più forti, e che non dipendendo da una valutazione numerica, non possono aver cessato di esse re dritti dopochè le classi istesse son divenute le più deboli; che il governo misto, così vagamente chiamato rappresentativo, è convenevole più di ogni altro alla conciliazione di questi interessi diversi; che in fine se i popoli possono rivendicare legittimamente i loro dritti nello stato sociale, non ne siegue in ogni conto, che essi non possono ingannar si giammai ne mezzi di ottenerli; ma che gli errori che possono commettere non sono nocevoli che a loro soli, e che non cambiano, né saprebbero niente cambiare alla natura di questi dritti, né al carattere di legittimità che loro è proprio.

«Se si domandi pertanto agli uomini di buon senso quali sieno le vere e reali contradizioni in cui gli avvenimenti di Napoli e di Sicilia avran trascinato gli amici della libertà, noi crediamo che essi stenterebbero a risponderci; e temiamo sopra tutto, che per conoscere l'origine e i progressi di tali contradizioni si bisognerà far uso di tutt' altro che de'  lumi e della buona fede.

AVVISI DELLA GIUNTA

Si fa noto al pubblico, che S. E. il Principe di Villafranca, con le persone che l'accompagnarono, do po di essersi alquanto riposati in Fondachelli, si rimbarcò per proseguire il suo viaggio, e si avvidde camin facendo della flotta napoletana, che si era attaccata con le nostre barche cannoniere, le quali procuravano di mettersi sotto la protezione di qual che forte. Pieno di coraggio il Signor Principe di Villafranca, e fidando sul dritto delle genti fece inalberare bandiera parlamentaria; ma ciò non osta a te i napoletani continuarono a far fuoco, e tirarono delle fucilate sulle barche parlamentarie a segnocchè il suddetto Principe di Villafranca fece fare forza di reni per approdare alla Trabia, lasciando in balia degli aggressori napoletani le barche, e tutto l'equipaggio tanto suo che delle persone che l'accompagnavano. La prima sollecitudine del sud detto Principe si è stata quella di scrivere una lettera al General Pepe lagnandosi di questa ostile operazione, e di mandando una giusta soddisfazione senza le quale non potranno avere luogo le trattative. Resti pertanto sicura tutta la popolazione, che il Principe di Villafranca e tutte le persone del suo accompagnamento sono in luogo sicuro, e potranno trattare con quella dignità, che si conviene alla luninosa rappresentanza di cui è investito.

Palermo li 21 settembre 182o.

AVVISO

–Si fa noto al pubblico, che non vi è nessun vicino pericolo di aggressione da parte de’ Napolitani, li quali sono ancora al di là di Termini, mentrecchè il Principe di Villafranca sta sicuro alla Trabia, aspettando la risposta del General Pepe.

Il Governo però per provvedere ad ogni sinistro ha dato li più opportuni ripari, mentre la Guardia Civica, naturale amica del popolo, di cui fa parte, si occupa della difesa delle vite, e proprietà del cittadini; ch se le circostanze della trattativa cambiassero di posizione non si lasceranno di adottare misure più energiche ed efficaci per difendersi: restando sempre la Civica per la sicurezza interna delle famiglie di tutti i Cittadini.

Palermo 21 settembre 182o.

– Alcune false voci sparse ieri della vicinanza delle truppe napoletane avean dato agio a pochi malintenzionati di perturbare la publica tranquillità, col pretesto di correre incontro al nemico. Niente però avendo proibito che uscissero i valorosi cittadini a difendere la patria, resta chiaro che l'oggetto unico di questi scellerati era quello di andar contro la vita e la proprietà di tutti i buoni palermitani. La Civica però tutta sulle armi, con un contegno veramente militare e risoluto, conservò mirabilmente l'ordine publico, e precisamente quel a appartenente alla Sezione del Carminello fu quella che respinse con la forza alcuni faziosi che minacciavano di assalirla.

Ora però che si è fatto noto al publico che i Napoletani stanno molto al di là di Termini, e che il General Pepe entrerà forse in quella Città senza forza per trattare col Principe di Villafranca, arrivato salvo felicemente alla Trabia, dopo di aver corso non lieve pericolo della sua vita in un attacco marittimo delle nostre cannoniere con la flotta napolitana, pare che sia cessato ogni pretesto di disturbo, se la malizia dei publici perturbatori non riesce a spargerne degli altri. Molti savi provvedi menti presi dal Governo di concerto alla Civica assicurano intanto questa Città da ogni torbidezza, e promettono quella tranquillità, e sicurezza che si sospira generalmente.

– Ecco la lettera scritta dal Principe di Villafranca dalla Trabia a sua Moglie.

TRABIA 2o settembre 182o

Cara Sposa

in punto sono giunto in questa in unione di tutte le persone di mia compagnia sani e salvi, sebbene una cannoniera ci abbia tirati diversi colpi a palla, ma con l'aiuto del Signore non ci ha colpito, e quantunque io e tutte le altre persone le avessimo fatti dei segnali di pace, ciò non ostante ci ha salutato a palle: vedi e rifletti a che cimento sono state esposto, volendo trattar di pace; ma pur son salvo. Adesso adesso ho mandato un espresso al Generale Pepe annunziando il mio arrivo; sentirò ciò che pensa. Ti prevengo di far in tese le famiglie di tutti i miei compagni a star sicure sul nostro conto, stando noi tutti bene. Ti saluto ed abbraccio.

Il tuo Marito

Giuseppe Alliata

– Le ultime nuove portano che il Generale Pepe avea mandato un Uffiziale dello Stato Maggiore a pigliare il Principe di Villafranca che con gli altri sei 7 Deputati trovasi di già in Termini, promettendosi qualche riuscita dalle aperte trattative.

Palermo 25 Settembre 1820 N. 24

GIORNALE

LA FENICE

Ad evitare ogni disturbo che possa avvenire nella distribuzione, e per maggior comodità de'  nostri associati, i tre numeri di questo giornale sortiranno dal numero venturo in poi nella sera alle ore 24 de'  giorni martedì, giovedì e sabato di ciascuna settimana.

Le associazioni si fanno buone con biglietti firmati da D. Pompeo Inzenga, e si ricevono nella Libreria de'  Socj Pedone, e Muratori, via Toledo num 211 all'insegna del Serpente.

Il prezzo dell'associazione è di tari diciotto a trimestre, e tarì sette a mese. Ogni foglio costa tarì uno per i non associati, e grana, dieci ogni foglio straordinario per gli associati.

Le lettere del Regno si ricevono franche di Posta coll'indirizzo all'Estensore del Giornale La Fenice.

NOTIZIE INTERNE

Ci è stata indirizzata la seguente lettera, acclusa ella quale ci si è inviata una memoria apologetica sulla indipendenza della Sicilia. Il lavoro è tale, che merita di essere conosciuto da’ nostri leggitori, ed onorato dell'applauso che a noi sembra di meritare. Nelle attuali circostanze, in cui si tratta la causa della nostra indipendenza, è utile sommamente il propagare e ripetere per quanto più si possa le ragioni che stanno per noi, onde si veda dagli Esteri, che non spirito d'insurrezione, ma giustizia e dritto sono le nostre divise.

AI SIG. GIORNALISTI DELLA FENICE

Non ambizioso desiderio di lode, ma sento zelo per la giusta causa della Indipendenza di Siciliani da Napoli, ed interesse patriottico hanno spinto l'Autore dell’avvolta memoria ad azzardarla.

Se i Signori Giornalisti la reputerà uno utile e vantaggiosa all’oggetto, non lasceranno certamente di pubblicarla mano mano nel di loro foglio periodico; Se all’incontro spregevole od inutile la crederanno, non sono impediti di darla alle fiamme; restando sempre all'Autore la l'eterna compiacenza di aver tentato di cospirare alla difesa del nostro efficacissimo dritto alla indipendenza, ed il rammarico di non avervi saputo riuscire per la di lui insufficienza, i oc celi è invero. Non maggior criterio saggezza avrebbe potuto,evitare. Ma chi mai può. giungere a conoscere se stesso! Vivete felici.

MEMORIA

MAGNUS INTEGRO SAECULORUM NASCITUR ORDO.

Virg. Egl. 4.

Nel volger lungo de’ secoli e nell'eterno rotear degli anni il cangiamento del governo de’ popoli dee riputarsi pressocché inevitabile. Sottoposto il corpo politico alle medesime leggi immutabili, colle quali Li natura, regolando in generale la gran macchina del mondo, con grandi catastrofi ha in varie epoche rinnovata la terra, ne avviene che malgrado ogni vigilanza e tutti gli sforzi de’ tiranni, una combinazione di cause naturali già decrepito il dispotismo fa accadere le grandi rivoluzioni, ossia la politica riproduzione delle vilipese ed oppresse Nazioni.

Ciò che un popolo è in istato di soffrire nella sua infanzia insopportabile gli si rende divenuto adulto. La marcia libera in apparenza, ma in realtà necessari guida le Nazioni colla medesima progressione dallo stato di servitù a quello di libertà; quindi ne siegue che la Costituzione libera che si accorda ad un popolo adolescente non è più il favore del Sovrano; essa è basata sulle leggi regolatrici dell’ordine generale; il Sovrano rilascia ciò che non può ulteriormente ritenere.

Le Nazioni han conosciuta questa gran verità; la innovazione si è quasi da per tulio avverata; i popoli non respirano che costituzione e libertà. Or mentre queste nuove aure di esistenza politica vivificano pressocché f Europa tutta, si pretenderebbe che la Sicilia tuttavia neghittosa vi rinunziasse: quella istessa Sicilia che nello stato di sua: infanzia e mentre il dispotismo tiranneggiava gli altri popoli, godeva di un governo costituzionale con assoluto indipendenza: quella istessa Sicilia che nel 1812 ebbe giurata e confermato, per solleone convenzione tra il Sovrano ed il popolo nell’angusta parlamentaria adunanza la indipendenza medesima. Ciò non è nella natura delle cose, e la giustizia nol soffre; quindi i Siciliani a buon dritto oppongono ferreo petto avverso agli ingiuste aggressioni della di loro inviolabile indipendenza. Nazione alcuna non ha trattata sinora causa più giusta; poiché tutti i popoli, non escluso quello Napolitano, che stanchi di soffrire il dispotismo han reclamata la libera costituzione, si sono fondati non già sopra un dritto preesistente, che vantare non poteano non avendolo prima goduto, ma sullo violazione per parte del Sovrano del primitivo patto sociale, dito li poneva in; istato di pretendere ed ottenere con giustizia la costituzionale libertà. La Sicilia però oltre della infrazione dei patto sociale reclamò i suoi primitivi dritti di recente confirmati, ed attraversati poscia da dispotiche. misure che non hanno potuto aver forza di vulnerarli. Degradata ormai è spogliata, in onta alla giustizia, dell'avito retaggio alza intrepida e coraggiosa la fronte per rivendicarlo, e giuran la propria distruzione piuttosto che soffrire le tiranniche onte passate. E come no? Se la Costituzione con indipendenza fu dei primi fondatori della Monarchia alla Sicilia esclusivamente accordata sempre rispettata, da ingiusta forza compressa!

I Siciliani, non mi stanco di ripeterlo, chieggono oggidì non già una nuova forma di governo, come l'han domandata i Napolitani, ma la reintegrazione del loro primitivi dritti, e le adempimento del sacro sollenne giuramento nell'indicato 1812 pronunziato per la sua indipendenza. Egli è in tal guisa solamente che il Sovrano potrà ottenere da uomini liberi ciò che non poteva più sperare da un popolo reso impotente a supplire le gravi urgenze degli innumerevoli bisogni, che il colpevole capriccio di fieri Ministri avea creati per ridurlo ingratamente e non senza delitto agli estremi, tradito avendo cotesti Agenti del dispotismo in un sol punto il Sovrano che vi si affidava, e la Siciliana Nazione che aveali beneficati.

Non vi sarà alcuno che porrà in dubbio di avere la Sicilia per secoli goduto di un governo Monarchico limitato con forma costituzionale indipendente, poiché tutte le istorie lo attestano e lo assicurano. Nessuno pretenderà certamente che l'erigine della Costituzione di Sicilia debba ripetersi dall'epoca oscura, o da quella della barbarie. Questo tempo favoloso e di disordine, prodotto dalle usurpazioni, dalla degenerazione del supremo potere, dalla confusione delle leggi e dalla debolezza del popolo non può recarsi in esempio sul governo di uno Stato; quindi ne rintracceremo lo inizio da quel gran momento in cui i Siciliani, profittando di una vantaggiosa circostanza che la fortuna venne ad apprestargli, furono in istate di mostrare il consueto natio coraggio per abbattere la tirannia, e frangere in mille pezzi lo scettro di ferro che l'opprimeva, onde risorgere e riacquistare il sacro diritto di uomini sociali e di cittadini sino allora dalla maggior forza represso. Ecco quanto accadde nell'epoca memoranda de'  Normanni.

Gemeva la Sicilia da lungo tempo sotto il duro giogo del Saraceni che la tiranneggiavano. Uno stendardo del Papa ed un cuore invaso da commende vole eroica ambizione spinsero Roberto Guiscardo e Ruggiero fratelli a liberare la Sicilia, e con rapidi progressi vi propagarono la santa cristiana religione.

All'opportuno soccorso stesero gli abitanti le tremanti braccia. ed alzando il capo dallo avvilimento in cui giaceano, si accinsero a risorgere riprendendo i loro dritti.

Liberata la Sicilia da quel barbaro dispotismo, Roberto si occupò principalmente delle Calabrie, e Ruggiero prese cura della Sicilia.

Desioso Ruggiero di conciliarsi l'affetto del popolo liberato e del nuovo dominio, cominciò dal beneficarlo, e fece consistere tutto il pregia dell'opera nel dargli prove non equivoche della fattagli ottenere felicità sociale. Egli bramoso di distinguersi e colmo di saggezza ed antivedimento politico ritenne il titolo di Conte per maggiormente conciliarsi la fiducia de'  Siciliani, e conservarsi la verace gloria di liberatore, e visse, per così dire, come un capo benefico di una numerosissima famiglia, che riconoscente lo amava come il redentore della sua schiavitù.

Simone di lui successore nel 1101 seguì costantemente le orme di Roggiero; ma subentrato a costui Reggiero II, trovandosi già il popolo da sufficiente esperienza reso pago e contento della nuova dinastia, cominciò ad esternare il desiderio di una forma più regolare e stabile di governo.

Ruggiero II allora poteva molto fidarsi dell'amore, gratitudine e sommessione del popolo Siciliano, e quindi avrebbe potuto in quella circostanza abusare delle intenzioni del popolo, ed assumere quel carattere che meglio avrebbe creduto; ma egli conscio della tacita convenzione del popolo siciliano col conte Ruggiero, da cui ripeteva il suo dritto al governo, non stimò assumere alcun titolo di propria autorità; si astenne dal far uso del dritto di conquistatore, facendosi coronare al cospetto delle truppe con una pompa di imponente terrore, che anzi tutto egli rimise all'assemblea generale del Popolo a tal uopo radunata in Parlamento, e questa nel 1130 decretò la di lui coronazione.

Conviene qui rimarcare non esser mio pensiero di indurre da ciò che questo sia stato il primo Parlamento in Sicilia, poiché di essi antichissimo è l'uso nella nostra Isola, per quanto rileviamo dalle istorie, assegnocchè prevennero secondo Tucidide l'Era Cristiana, continuarono poscia sotto il governo de'  Greci, e solo se ne ignorano le memorie sotto il giogo de'  Saraceni. Ma ritorniamo a Ruggiero.

Le variate circostanze dello Stato richiedevano nuove Leggi, che avessero fatto argine gli abusi, ed apprestata sicurezza ai meno forti. Potea l'additato Ruggiero, già investito della Sovranità, dettarle dal suo trono, ma egli rispettando la costituzione se ne astenne. Convocò per questo interessante oggetto Parlmento, e con approvazione e consenso di questa assemblea nel 1140 ebbero luogo le Costituzioni del Regno di questo primo Sovrano dopo la redenzione della schiavitù.

Nel 1166 dal Parlamento venne decretata la coronazione di Guglielmo II, e nell'anno appresso Margherita Regina e di lui madre, anche coi suffragi del Parlamento, deliberò sugli affari del Regno.

Nei Comizi convocati nel 1185 per ordine del sudetto Guglielmo II, venne dichiarata succeditrice al Regno Costanza di lui Za, indi sposa dell'Imperadore Enrico VI, e fu dopo di essere stato abilitato dal Parlamento, che il cennato Guglielmo nominò per sua erede la ridetta Costanza.

Purnondimeno convocatosi altra volta il Parlamento dopo la di costui morte, spinta quell'augusta adunanza da nuovi motivi e da buone ragioni, derogò la prima deliberazione a favore di Costanza, e con unanime voto venne decretata la coronazione di Tancredi Conte di Lecce.

Dopo la di costui morte avvenne che il nominato Imperatore Enrico VI. Sposo di Costanza invase la Sicilia, ma questo Conquistatore non ardì vulnerarne la Costituzione già dai Normanni stabilita, rispettando i Sacri patti da costoro formati, dai quali ripeteva egli il dritto alla successione di questo Regno, come sposo della indicato Costanza, anzichè rispettandola ben due volte successivamente nel 1194 e 1195, per varii oggetti convocò in Palermo i Comizii, e nel 1197 ritornò a convocarli er riconoscere i privilegii dai di lui predecessori accordati, dando a divedere in tal guisa che non presumeva facoltà alcuna di poterli confirmare o rivocare senza il consenso della Nazione riunita in Parlamento.

(Sarà continuato)

AVVISO DELLA GIUNTA

Siccome sotto li 14 del corrente fu pubblicato altro avviso a nome della Suprema Giunta Provvisoria di Governo per l'allistamento della Guardia d' interna Sicurezza per tutti gl'individui abitanti nell'abolito Spedale di S. Giovanni de'  Leprosi, Torre lunga, Mare dolce, confinante colla Favara e Falsomiele, dentro il termine di giorni tre; quale elasso tutti i renitenti restano assogetti alla multa di onze 4 senzacchè venissero esentati dal servizio: quale termine di già è venuto di spirare ieri sera li 19 del corrente, e sarebbero obbligati tutti coloro, che non hanno curato farsi iscrivere alla cennata multa.

E conoscendosi, che alcuni per la lontananza del luogo ignorano ancora il precedente avviso i perciò il Sig. Colonnello Comandante Principe di Granmonte eletto dalla prelodata Suprema Giunta provvisoria di Governo è venuto a prorogare dette termine ad altri giorni tre, da correre dalla presentazione del presente, quali classi, tutti coloro, che non hanno curato farsi iscrivere, e presentarsi nel Capoluogo di S. Giovanni de'  Leprosi per dare i loro nomi e cognomi gli si farà pagare la descritta multa nel precitato precedente avviso di on? 4 sen: zac, hè per questo venissero esentati dall'obbligo di servire.

Si previene inoltre, che sono obligati farsi alli stare tutti gl'individui rigattieri, trafficanti, padroni di bovi, ed animali di qualunque specie fra detto termine di giorni tre; altrimenti restano soggetti alla indicata multa di on 7 4 per ogni uno de’ controventori, e non altrimenti,

Palermo li 2o settembre 182o.

ll Colonnello Comandante

Principe di Granmonte

MANIFESTO

Il Principe di Villafranca Presidente della Suprema Giunta Provvisoria di Governo si fa un piacere di avvisare il Pubblico, che appena arrivato in Termini insieme colla Deputazione è stato accolto da S. E. il Signor Tenente Generale D. Florestano Pepe con tutta quella urbanità che lo distingue, e nel tempo stesso lo ha assicurato delle sue più pacifiche, e vantaggiose disposizioni, come del suo impegno di non far disturbare la Città di Palermo dalle sue truppe, qualora non si manifestassero dai Palermitani delle ostili misure. A qual effetto il detto Principe di Villafranca ha fatto ritornare due de'  Signori Consoli, che si trovano nella sua com missione, perchè assicurino, anche a voce, il pubblico di tutto ciò, e gli facciano conoscere i suoi doveri di entrare nell'ordine, e nel tempo stesso assicurarlo che i principi a lui contestati dal prelo dato Signor Tenente Generale Pepe sono li più amichevoli per la Città di Palermo, desiderando sinanco lasciare provvisoriamente la direzione degli affari pubblici nelle stesse mani dell'attuale Giunta con quelle modificazioni che saranno credute convenienti, e ciò a fine che il pubblico abbia una marcata garanzia degli ottimi sentimenti di S. E. il riferito Signor Tenente Generale in tutte le altre sue promesse, Finalmente il Presidente della Giunta eccita lo sperimentato zelo dell'inclita Guardia di Sicurezza pubblica, e de'  suoi superiori, a procurare in tutti i modi di ristabilire l'ordine in questa Capitale.

Termini 21 Settembre 1820

Il Presidente della Giunta

Principe di Villafranca

– Se vi ha spettacolo imponente e dignitoso che possa interessare e commuovere una grande città in tempi di politiche convulsioni, certo si è quello della Guardia d'interna Sicurezza, mentre spiega tutta la sua rispettabile e sagrosanta forza, per conservare la vita, e le proprietà dei Cittadini dal furore degli assassini, e dalle trame dei cospiratori. il giorno di ieri il passeggio militare della Civica non fu dissimile da una processione religiosa, per la dignità e contegno dei buoni e valorosi cittadini che la compongono, e per la riverenza verso di esse di tutto il popolo, il quale è ben persuaso che rispettando la Civica, rispetta la miglior parte di se stesso. Le condizioni di pace già sparse, e quasi con chiuse sono tali, che ogni buon cittadino non può desiderarne che la ratifica, quantunque poi xxxxxxx scellerati, i quali si pascono del disordine, spargono ad arte delle false voci, per fare che questa bella città ripiombi nel furore dell'anarchia, elemento solo in cui vivono i velenosi aspidi umani.

Il numero però la risolutezza, ed il cuore della Civica ci pone al coverto d ogni timore; E dovrebbero oramai persuadersi gl'in qui sediziosi che qualunque movimento fossero per tentare non potrebbe che affrettare la loro punizione.

– Ecco alcuni dettagli sull'azione accaduta ne’ mari della Trabia e Solanto tra la nostra flottiglia e la flotta napolitana nel giorno 20 corrente.

Il Primo Pilota graduato D. Vincenzo Miloro, Comandante la divisione delle cannoniere Palermitane, avea ricevuti gli ordini di sospendere ogni ostilità, e di far ritorno a Palermo. Ciò di fatti egli eseguì, e mise prontamente alla vela per Solanto.

Avea pure saputo che S E. il Principe di Villafranca si dirigeva con parlamentario per Termini, Pertanto verso le ore 11 a. m. si trovò incontro al vascello, ed al rimanente della flotta napolitana. Il vascello fece segnale, e tosto una fregata prese la direzione di Solanto; ed un'altra fregata, unitamente ad otto cannoniere, due scampa vie e sei lance armate attaccarono i nostri fuori Trabia, al mo mento istesso che passavano le barche, ove era il Principe di Villafranca e la nostra Deputazione. Il foco fu vivissimo da entrambe le parti, e durò cir ca un'ora. I nostri, soverchiati dal numero, e memori degli ordini ricevuti, cercavano di evitare un’azione più stretta; e cacciali dalla mitraglia verso S. Nicola, le cannoniere num. 4 e 6, il paranzello num. 1, ed il leuto cum. 2 investirono a terra, dopo non poche molestie. Le cannoniere però num. 3 e 5, e il leuto num. i fortunatamente guadagnarono il forte di Solanto. Il Pilota Miloro rimase adunque solo, e non ostanti le sue disposizioni di resistenza, l'equipaggio sì scoragì, e senza il consenso del Pilota investì a terra. Le lance napolitano garantite dalle loro cannoniere si avvicinarono a terra, e s’impadronirono delle nostre di n. 1, 4 del paranzelle) num. I e del leuto num. 2. gli equipaggi di questi legni, perseguitati dal foco, si dispersero per la spiaggia, ed a grave stento giunsero a salvarsi.

La fregata Sirena in tale intervallo giunse in Solanto, e tirò diverse Cantonale tanto al forte, come alle nostre cannoniere, che per colà si erano dirette. Quest’azione fu brillante, ed i nostri tanto del forte, quanto delle cannoniere diedero prove d’immenso coraggio. La fregata fu danneggiata, e si vuole per certo che il Comandante di essa, uno de’ fratelli de'  Cosa, sia rimasto vittima di questo attacco. I napolitani compiangono quest’oftìziale, e noi pure lo compiangiamo, molto più che quest’azione non doveva accadere, attese le disposizioni pacifiche che da entrambe le parti si erano dichiarate. La fregata intanto si scostò dal tiro del cannone, e quindi il lento n. 1, e le cannoniere n. 2 e 5, si sono salvate e sono giunte in Palermo.

È noto come S. E. il Principe di Villafranca, esponendo a mille pericoli la preziosa sua vita, tentò di impedire questo attacco marittimo. Egli fe eseguire dalla sua lancia tutti i segnali parlamentarj, ma i suoi segnali non furono rispettati. Si tirò addosso a lui da una cannoniera, e fra le palle e la mitraglia, il Principe, e la nostra, deputazione ai salvò alla Trabia. bi dice ora con asseveranza, che il Tenente Generale Pepe, doloroso di questo fatto, abbia posto a Consiglio di Guerra gli offiziali della cannoniera, che fece fuoco sulle lance parlamentarie, e che essi devono alla intercessione del medesimo Principe di Villafranca se la loto punizione sarà meno rigorosa.

—Jeri una corvetta francese nominata l'Emulazione comparve innanzi alla nostra rada. Le guardie del forte, non osservando bene la bandiera, senza alcun ordine, tirarono qualche cannonata, forse al1’ oggetto di allontanarla. La Giunta fe pubblicare un avviso, in cui si annunziava, che questa fregata era francese. La lancia della Sanità andò ad incontrarla, e verso le ore venti ha essa dato fondo nel nostro porlo.

— Da due giorni molta ansietà e perplessità di animi ha ingombrato la città nostra. La partenza di S. E. il Principe di Villafranca e degli nitri Deputati, andati seco lui a Termini ad abboccamento col Generai Pepe per finalizzare le trattative, avedato adito alle opinioni, a’ sospetti, alle ciarle Ho sviluppo infine di tutte le passioni, di cui può esser capace una vastissima popolazione, che trovasi olla vigilia di grandi avvenimenti. La notizia dell’attacco marittimo accaduto presso Solanto tra le nostre cannoniere e la flotta napolitani, e i falsi rapporti che circolarono dopo la venuta dell’equipagpio di tali cannoniere, furono il segnale di nuovi mali. La malevolenza che profitta di tutto per attingere il prediletto suo scopo, si era già sollevata. Gagliardamente la civica ne oppugnò gli sforzi, e la città che fu minacciata da immensi disastri ritornò tranquilla, almeno per quanto può esser tranquilla nella attuale posizione. I pericoli corsi dal Principe di Villafranca nella giornata del 20 fecero cambiare direzione agli opinionisti, e nuove cause insorsero per correre alle armi, e alla resistenza. L’avviso della Giunta del giorno 21 incominciò a rasserenare i torbidi che si erano eccitati, e la calma una seconda volta fu ristabilita.

—Jeri, dopo il ritorno da Termini de’ Consoli, che facevan parte della Deputazione, alcuni articoli giravano manoscritti, e si credeva che contenessero i principali punti della convenzione. Abbenché essi non avessero nulla di officiale, pure non sono altro, che la replica delle cose, che furono, riferite dalla Deputazione di Cefalù, sebbene con qualche modificazione più vantaggiosa. Noi abbiamo ogni ragione di essere persuasi, che le basi delle trattative conchiuse dal Sig. Principe di Villafranca non possono essere difformi da questi articoli. Nondimeno il ritorno del prelodalo Sig Principe, che speriamo vicinissimo, potrà farci conoscere la verità in tutta la sua estensione, e dileguare le tenebre e la sospensione che ci circondano.

—Questa mattina i Consoli della Deputazione, ed un offiziale della Segreteria sono arrivali da Termini. Le notizie delle trattative continuano ad essere consolanti. La Giunta ha fatto pubblicare un manifesto. che noi qui sotto riportiamo. Dopo di ciò, in generale sembra, che la fluttuazione e l’incertezza che hanno finora dominato si vadano a poco a poco sedando. Nondimeno molto resta ancora a vincere. I faziosi e i malevoli ancora vi sono, abbenché il Governo li perseguiti instancabilmente. La Guardia Civica li sorveglia, e li comprime; e malgrado le mormorazioni di costoro, che non sono che i più abbjetti esseri della società, tutti i buoni ed onesti palermitani non desiderano in questo momento, che la assicurazione de’ privilegi, da loro altamente reclamati, ed il ritorno all’ordine ed alla antica tranquillità, garantito da un regime libero e costituzionale.

MANIFESTO

Si fa nolo al Pubblico, che ritornati da Termini due de’ Deputati, il console capitano D. Francesco Santoro, ed il console capitano D. Giuseppe Orlando, i medesimi hanno assicurato, da parte del Principe di Villafranca è dell’intera Deputazione spedita colà, che le trattative ciano riuscite favorevoli per la nostra Patria per quanto si poteva sperare; e che S. E. il signor tenente Generale D. Florestano Pepe avea assicurato in nome di S. A. R. il Principe Vicario Generale, che un’intera dimenticanza coprirà i fatti passali, come farà conoscere fra breve per via di un manifesto. Intanto la Deputazione ed il Principe di Villafranca, credendo già finita la sua missione, è disposta a partire per restituirsi in questa Capitale; ma ha voluto prevenire il pubblico di questi pacifici sentimenti, ch’esternerà subito che sarà ritornata in questo.

Finalmente il Principe di Villafranca, Presidente dello Giunta e della Deputazione suddetta, ha mostralo il suo sommo gradimento per la quiete, che si è conservata in questa Città, essendo sicura che cosi continuerà mercé l’opera e la indefessa attività della Guardia di Sicurezza, che tanto lodevolmente si è condotta, la vigilanza degli onorati Consoli delle Maestranze, ed il patriottismo de? buoni Cittadini.

Palermo li 3 Settembre 1820.

Bonanno Cancelliere


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Palermo 7 Ottobre 1820 N. 25

GIORNALE

LA FENICE

NOTIZIE INTERNE

Palermo 7 ottobre 1820

AVVISO — Le vicende che hanno avuto luogo da due settimane in questa Capitale hanno sospeso il corso regolare della pubblicazione del nostro giornale. Per non interrompere le serie de’ fatti, onde resti un monumento isterico di tutte le operazioni dell’Ex-Giunta Provvisoria di Sicurezza, noi crediamo dover seguitare il filo degli avvenimenti, fino a che ci porremo a) corrente. Presentiamo adunque per ora i risultati della importante seduta del 7 settembre, che fa ben rilevare quindi erano a quell’epoca i sentimenti de’ buoni cittadini; e cj risermbiamo ne’ numeri imminenti a tessere una imparziale e per quanto più si possa esatta narrazione del rimanente de’ fatti, che dopo molta agitazione e molto disordine, ci hanno alla fine ricondotto allo stato di perfetta calma, di cui attualmente godiamo.

Palermo 25 Settembre 1820

Ieri di prima mattina comparve pubblicato il seguente avviso=

Il Presidente Signor Principe di Villafranca ha scritto che si unisca subito la Suprema Giunta Provvisoria di Governo: perciò sono invitati tutti i componenti la suddetta Giunta, e precisamente tutti i Consoli delle Maestranze a ritrovarsi nella solita sala del Collegio nuovo prima delle ore 15. d’Italia, e sono pregati tutti a non mancare.

Palermo 24 Settembre 1820

Bonanno Cancelliere

Difatti all’ora destinata si radunò l'assemblea, Taluni de’ membri che mancavano furono sollecitati sino alle loro case. Ciascuno comprendeva che l’affare di cui dovea trattarsi era della più grande importanza: ciascuno sapeva, che le trattative conchiuse da S. E. il sig. Principe di Villafranca erano vantaggiose alla nostra causa; nondimeno un resto d’incertezza agitava sempre gli animi degli astanti.

Date principio alle operazioni della Giunta, si incominciò a conoscersi la necessità della elezione di un vice-Presidente. e ciò coerentemente a quanto nell’ultima seduta era stato stabilito. L’ elezione si fece a voti segreti; e raccolti I voti risultò a gran maggioranza il A sempre commendato e caro a questa popolazione sig. Cav. D. Ruggiero Settimo.

Il Vice-Presidente eletto dichiarò, che la fila incombensa durava per quella sola seduta, essendo ciò per altro analogo al decreto di sopra citalo. L’assemblea fece eco alla sua dichiarazione; e quindi la Giunta emano un. decreto compreso in questi termini:

DECRETO

La Suprema Giunta Provvisoria di Governo, unitamente a’ Rappresentanti de’ Comuni del Regno, ed a’ Consoli, ha decretato, a maggioranza di voti che, per l'assenza del Presidente della Giunta Signor Principe di Villafranca, faccia le di lui veci il RetroAmmiraglio sig. Cav. D. Ruggiero Settimo, per questa straordinaria Seduta, a tenore del decreto de’ 20 corrente.

Palermo 24 Settembre 1820

Bonanno Cancelliere

Dopo di ciò, il Vice-Presidente manifestò che l'oggetto per cui era stata convocata la Giunta era quello appunto, che alcuni officj erano stati inviati da Termini da S. E. il signor Principe di Villafranca. Il loro contenuto era dell’estremo interesse, ed esigeva le più pronte e mature deliberazioni. Se ne domandò a piene voci la lettura, e S. E. il Vice-Presidente la eseguì. Noi riportiamo distintamente tutti i documenti che furono letti;

Il Principe di Villafranca alla Suprema

Giunta Provvisoria di Governo

Eccellentissimi Signori 

Dopo aver ultimato gl’incarichi della mia commissione presso S. E. il Generale Pepo era già sul punto di far ritorno in Città, darne conto a celesta Suprema Giunta, e disporre gl'animi de'  Cittadini alla leale esecuzione di quanto si eia ultimato. Ma una fiera tempesta di mare impedisce assolutamente il mio ritorno; le lance meco condotte, e che io supponevo stazionate alla Trabia, come avea ordinato di fare al loro capo Signor Tortorici, ho saputo, che senza mio ordine, sono ritornale a Palermo; né qui ho altri mezzi da supplirvi. La rotta per terra non è meno pericolosa essendovi sparsi de'  malviventi che scorrono le campagne, armati e commettendo degli eccessi. In questo stato di cose preferisco l’espediente di dar conto alla meglio all’EE. VV. degli affari, senza arrischiar me, e tuttala Deputazione al pericolo di un naufragio; riservandomi sempre che il mare si rende, tranquillo di ritornale al mio posto.

Il movimento delle truppe di S. E. il Generale Pepe avrà luogo oggi stessa; il suo ingresso ne’ quartieri al di fuori le mina succederà Lunedì 20 del corrente o poco dopo occupando soltanto nell’interno que' posti militarmente necessarj, e lasciando alla Guardia di Sicurezza la custodia della Città; ciò si farà con tutta quella moderazione e disciplina, che deve usare un’armata amica, e che non ha altro scopo, che quello di mantenere l’ordine a quiete in un popolo, che le passate vicende, e che il nuovo aspetto degli affari rende fluttuante.

Il proclama del riferito sig. Generale, che io gli ho pregato far precedere al suo arrivo, farà conoscere non solo le provvide intenzioni del, Governo, ma bensì il generale obblio del passato, la convocazione del Parlamento, e le mire pacifiche dell’armata. Finalmente la fiducia di S. E. il Generale Pepe nel lasciare il governo degli affari quasi nelle stesse persone che il Pubblico vi ha, finora mantenute, non aggiungendovi, che il solo Comandante Militare della Provincia, e la, più salda garenzia non solo delle sue promesse, ma bensì della sua lealtà, e de’ vantaggi, che la Città di Palermo va ad acquistare nella conservazione di quelle prerogative che ha goduto, e di cui era minacciata di dovere essere privata.

Io son sicuro, che tutto ciò sarà dalla Suprema Giunta accolto, con trasporto di piacere, e non sarà irriconoscente al compimento che io ho dato alle sue deliberazioni già votate dai Componenti d’essa, 0 su cui io non ho aggiunto colla mia interposizione, che de’ nuovi vantaggi alla mia Patria sulle istesse proposizioni, ch’erano state dal pubblico accettate avanti la mia partenza.

Ma se mai de’ malintenzionati volessero mettere il disordine e la diffidenza verso la Deputazione, e verso l’Armata, io ho protestato con ufficio espresso a S. E. il Generale Pepe che la vendetta pubblica si faccia cadere su tali esacrabili soggetti, giammai però su la Città. e su l’onesta popolazione, che considera nel soldato del Re il suo difensore, e non si attende ad essere oppressa per la colpa di pochi malvaggi come potrà rilevare dallo stesso ufficio, che le soccato. Ciò nonostante io credo necessario, che la Suprema Giunta ed i Consoli facessero conoscere fa continenza che deve conservare il pubblico verso la suddetta armata per evitare qualunque disordine, e non venir confusi i pacifici Cittadini coi malvaggi; le di cui colpe potranno essere benanche attribuite a questa Deputazione, e sospettarsi delle sue assicurazioni fatte al Generale, ed all’armata della tranquillità, che vanno ad incontrare; dopo averla autorizzato formalmente a presentare tali sentimenti, ed essere obbligata a continuare qui il suo soggiorno la potrebbe personalmente compromettere; come il disgraziato affare dello attacco delle cannoniere succeduto il 20 corrente messe nel maggior pericolo la ditta Deputazione, che non restò salva se non per un puro accidente.

Personalmente poi mi riserbo di dar conta in dettaglio all’EE. VV. di tutti gli altri articoli, che si sono fissati.

Io sono intanto pieno della più alta considerazione dellEE. VV.

Termini 23 Settembre 1820

Div.Obbl. Servo

Il Principe di Villafranca Presidente

Copia dell'officio passato a S. E. il Comandante Generale D. Florestano Pepe, e dal medesimo dato all'ordine del giorno.
Eccellenza

Mi sono presentato all’E. V. munito delle più estese facoltà della Giunta provvisoria, a cui ha avuto l’onore di presedere, per combinare seco lei, come Generai Comandante le armi di S. M. lo sviluppo di tutti gli articoli della lettera, che l’E. V. ha avuto la bontà di scrivermi da Cefali colla data de’ 18 corrente. Mi lusingo, che ella sarà rimasta pienamente soddisfatta della rassegnazione, che ha mostrato per mio organo la suddetta Giunta Suprema, nel prestarsi a tutto ciò, che possa condurre a secondate le intenzioni del Re, ed i voti degli onesti abitanti della Città dt Palermo.

Nel restituirmi al posto che sinora ho occupato, sarà mia principale premura quella di riassicurare gli animi de’ Palermitani, che potrebbero essere allarmati dalla marcia delle Truppe; ripetendo loro le pacifiche protestazioni, che a voce ho ricevuto dall’E. V. e quindi deporre la mia carica.

Avanti di adempire a questo dovere mi permetterà però, che per garanzia del mio onore, di quello de’ componenti la Giunta, della guardia di sicurezza, ed in fino di tutti gli onesti cittadini, io debba protestare all’E. V. al Governo, alla Nazione, che se mai malgrado i comuni sforzi avvenga qualche disordine verso la Truppa cagionato nelle campagne da qualche mal intenzionato, de’ quali non può essere esente una numerosa Capitale e che viene di soffrire una crisi popolare, e priva di regolata forza a contenerlo, questo non possa giammai cadere sull’intera popolazione, i di cui rispettosi sentimenti verso il suo Re sono stati nella più solenne maniera pronunciati all’E. V. che oggi si presenta alli lesta delle sue armi.

Prego quindi l’E. V. di far conoscere all’armata questi sentimenti de’ Palermitani, onde possa soltanto far piombare la vendetta delle armi sopra tali esecrabili soggetti (se mai n’esistessero) giammai però sulla Città, e su di un’amica popolazione, la quale desiderando nel soldato del suo Re il suo difensore, non si attende ad esserne oppressa per vendetta di pochi malvagi.

Termini, 25 settembre 1820

Il Principe di Villafranca

Presidente

PROCLAMA

D. Florestano Pepe Tenente Generale, Commendatore dell’Ordine di S. Giorgio della riunione, Cavaliere della Legione di onore, Comandante Generale delle armi in Sicilia

Palermitani

Molti disordini desolano, la vostra Rulla Città, e le vicine contrade. L’opinione che presso i buoni, qualunque essa siasi, non legittima mai l'uso de’ mezzi violenti ed atroci, serve di pretesto a’ malvaggi per abbandonarsi al delitto. L'opinione politica per la quale tante agitazioni si successero nella vostra Città non puoi considerarsi né per generale, né per legalmente emessa. S. A. R. il Principe Vicario, giusto e generoso, desidera conoscere il voto di tutti gli abitanti dell’Isola legalmente convocati. La maggioranza de’ voti deciderà dell’unità, o della separazione della Rappresentanza Nazionale del Regno delle due Sicilie. S. A. il Principe Reale seguirà questa norma nell'applicare le sue benefiche determinazioni a questo suolo, che ama.

L’ordine intanto è negl’interessi, di tutti, per ricondurlo tra voi, nominerò un Governo provvisorio pella Città di Palermo, finché S. A. R. non abbia diversamente deciso, composto d’individui amici del loro paese. Prima di loro cura sarà di promuovere l'obbedienza alle solite leggi in tutti i rami della pubblica Amministrazione. Il Parlamento solo, sia unico, o separato ha il diritto di derogarle.

Intero obblio covrirà i fatti passati. La legge comune punita i delitti comuni; cioè, quei che indipendenti dall’opinione politica, siano stati diretti per particolari vedute contro l’interesse, e la vita de’ particolari. La sicurezza della Sicilia mi è confidata; io la garantirò con tutte le mie forze, e sarò severo contro chiunque ardisse comprometterla, o ferire menomamente la legge.

Dal Quartier Generale di Termini li 22 Settembre.

Il Tenente Generale

Florestano Pepe

Dopo questa lettura, che fu replicata una seconda volta, il signor Vice-Presidente disse che ciascuno de’ componenti era libero di profferire la sua opinione su di quanto venia di sentire. Prima però di aprirsi la discussione, S. E. il Comandante Generale delle armi, il sig. Cav. D. Emmanuele Requisens, manifestò che in quella mattina medesima arca ricevuto un inficio da S. E. il Principe di Villafranca in cui gli si ordinava l’adempimento prontissimo di alcune disposizioni, il Comandante Generale prima di dare esecuzione di tali ordini mostrò il desiderio di conoscere quali sarebbero intorno ad essi le risoluzioni dell’intera Giunta. Si diè quindi lettura di siffatto officio.

L’officio in sostanza conteneva, che pel giorno 25 doveansi far trovar preparati i magazzini alla Consolazione, ed al Molo, e disposti alcuni casini di campagna di quelle vicinanze per alloggiarsi le truppe e gli officiali. Un albergo inoltre dovea allestirsi pel Tenente Generale Pepe, e se non altro se ne poteva ottenere si sarebbe messa in ordine la casa propria del capitano Riso situata sulla pianura del Giardone. Si ordinava dippiù che per la mattina medesima del 15 la nostra truppa dovea andare ad incontrare quella del Generale Pepe; all’oggetto di avanzare insieme verso i quartieri. Intanto i forti, ed i posti militari doveano pure tenersi pronti per ricevervi le guarnigioni. Si ordinava finalmente di far palese, che chiunque si fosse fatto lecito opporsi a queste misure, che seguivano per effetto delle trattative già conchiuse dal Principe di Villafranca e della nostra Deputazione, dovea considerarsi come nemico della patria, e sarebbe punito come tale. All’incontro tutti i buoni cittadini, che si sarebbero mostrati docili ed obbedienti a questi ordini avrebbero riportati i dovuti onori, e sarebbero stati riguardati colle debite circospezioni, Conosciutesi queste disposizioni, il Vice-Presidente aprì la discussione. Molti furono i pareri esternati da’ Consoli delle Maestranze, e tutti precipuamente si raggiravano sulle difficoltà che poteansi incontrare persuadere il basso popolo, che la truppa si avanzava con sentimenti di amicizia. Questa idea fu lungamente dibattuta. Fu risoluto in primo luogo, che si fossero pubblicati per le stampe i due officj del Principe di Villafranca, ed il proclama del Gen. Pepe.

Tra i discorsi, che si fecero in questo dibattimento si distinsero per sensatezza, e per energia quelli del Padre Maestro Estave, e del Dr. D. Giacomo de'  Aceto.

Il Padre Estive dimostrò come la condotta del Principe di Villafranca di tutta la Deputazione era stata regolare, e conseguente alla commissione, che avea ricevuta dalla Giunta. La Giunta avea già risoluto su| punto principale, cioè che le proposizioni comunicate dal Generale Pepe nella sua lettera dovevano essere accettate. Il Principe di Villafranca non aveva che meliorate le condizioni della conciliazione col Governo di Napoli. L’avvicinamento della truppa, primo Segno della conciliazione, non era dunque più da riguardarsi come un; quistione, che poli va ancora essere disputata. Bisognava quindi con tutte le buone insinuazioni persuadere il popolo, che forse formava su questo articolo de’ falsi concetti, non già. in maggior parte, per cattiva volontà, ma bensì perché non si trovava a riguardare le cose nel vero suo aspetto. Insisté infine perché tutti i mezzi si fossero adoperati per convincere gli animi perplessi dalla noma, comprimere colla forza i pochi malvagi, e procurare per via di una Deputazione da spedirsi al Generale Pepe il differimento di qualche giorno della marcia delle truppe verso i quartieri del Molo, mentre dall’altra parte si aderiva a tutto ciò che il Principe di Villafranca aveva palesato.

Il Cav. Di Giacomo de'  Aceto incominciò dal dichiarare esser cosa affligente per ogni cuore pieno di amor di patria il dover desistere da una causa così giusta e così sacrosanta, come era quella che la città di Palermo con lauto coraggio ha finora sostenuto. Il permettere l’acquartieramento di una, forza prima che la concessione de’ nostri privilegi fosse stata sanzionata era in verità dolorose. M t bisognava però gettare uno sguardo imparziale alle circostanze. Il vergognoso abbandono che si sperimentava da parte di tutti gli altri comuni del regno, la opposizione e le vane pretensioni della città di Messina, e la condannabile condona delle guerriglie, che aveano fatto odiare nell9 intimo il nome è le armi palermitane, ci hanno posto in uno stato da non poter più durare nella lotta intrapresa. L’Europa che ci ha giudicati fino a questo punto per ragionevoli e per virtuosi non pulirebbe da oggi in avanzi che riguardarci come ostinati e degni di biasimo. La virtù ha i suoi limiti, e oltrepassandoli tutto è vizio, ed ogni buona causa si perde, allorché la prudenza non regola le azioni. La città di Palermo avea fatto gli sforzi che aveano superato la comune aspettazione. Il più continuare sarebbe il voler distruggere inutilmente la patria, il volere innalzare L’emula Messina, che anderebbe a godere, ed a cogliere il frutto della distruzione di Palermo. Questo disastro ogni buon Palermitano dovea prevenirlo, ed impedirlo a ogni possa. Palermo è stata e sarà sempre la capitale della Sicilia; e le promesse di un Governo leale non doveano mancare di assicurarci di una rappresentanza nazionale separata, quale sempre si è avuta. Il proclama del Gen. Pepe dovea ispirare tutta la fiducia. Le truppe venivano per garentìre i buoni da’ perversi, per rimettere l’ordine. Non era nulla da temersi dopo le assicurazioni di un Generate di onore, che veniva per parte del governo legittimo. Nel caso, che non è possibile, che le promesse fossero violate, allora tutti i Palermitani avrebbero saputo morire, e respingere colla forza ogni abuso, che si fosse commesso dalla parte della truppa Questo, replicò, non era mai concepibile, ed egli lo attestava anche personalmente. Terminò in somma il discorso proponendo, che ricevessero amichevolmente te truppe per non dare verun pretesto o mottivo di violenza che si cedesse alla necessità, non permettendosi che su’ mali di Palermo si formasse la fortuna della città di Messina, e non essendo giusto che la buona causa fosse degenerata e caduta per intempestiva estrazione; che si spedisse una Deputazione per domandare al Generale Pepe l'indugio di qualche giorno, e che infine tutte te buone maniere, e tutta l’energia si fossero poste in opera per persuadere la mente del popolo traviato pe’ sentimenti, e per frenare i tentativi de'  pochi malvaggi che cercassero profittate della generale confusione.

Questo discorso fu vivamente applaudito. La Giunta passò alla votazione; ed alla unanimità furono adottali i due seguenti decreti. La Giunta Suprema provvisoria di Governo unitamente a’ Rappresentanti ed ai Consoli ha decretato, che i! Capitan Generale delle anni da le disposizioni necessarie per l’opportuna esecuzione di quanto si contiene nell'ufficio diretto allo stesso Capitan Generale da Termini da S. E. il Signor Principe di Villafranca Presidente di essa Giunta salto li 23 Settembre 1820.

Palermo li 24 Settembre 1820.

Bonanno Cancelliere

La Suprema Giunta Provvisoria di Governo, unitamente a’ Rappresentanti degli altri comuni del Regno, ed a’ Consoli, ha decretato che una Deputazione, composta dal cav. D. D. Giacomo de'  Aceto, dal Padre Maestro Fra Emanuele Estave, da' Capitani Consoli D. Francesco Santoro, D. Giuseppe Oliando, D. Sebastiano Spadaio, D. Vito Cagliari, D. Nicolò d’Oca, e D. Giuseppe Fiorelli, si porti in Termini, onde abboccarsi con S. E. il Tenente Generale D. Florestano Pepe, all’oggetto di combinar seco lui, che la venuta delle truppe napoletane fuori le mura di Palermo, che il medesimo vuole che si verifichi il giorno del corrente, s a differita per altri giorni, per quanto più sarà possibile, e ciò per darsi il tempo materiale a prepararsi gli alloggi.

Palermo 24 Settembre 1820.

Bonanno Cancelliere


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Palermo 9 Ottobre 1820 N. 26

GIORNALE

LA FENICE

NOTIZIE INTERNE

Continuazione della Memoria sulla Indipendenza della Sicilia i inserita nel num. 24 del nostro Giornale.

Egli è appunto da Pietro di Aragona liberamente dalla Nazione eletto al Re che dimetisce la sua successione al Trono di Sicilia l’attuale dinastia regnante.

Al Parlamento convocalo nel 1284 si rimise il giudizio sulla pena meritata da Carlo lo Zoppo figlio del ridetto Carlo, che avea tiranneggiata la Sicilia, ed in quella augusta adunanza fu purè decretala nel 1295 la coronazione di Federico di Aragona.

In questo anno medesimo furono dal Parlamento scelti gli Ambasciatori destinati ad accertarsi se nelle condizioni di pace tra Giacomo e Carlo di Angiò veniva compresa la mal fondata cessione della Sicilia, e negli anni appresso, resi certi della sospettata rinunzia, nei comizii all’uopo celebrati fu confimata per acclamazione la Sovranità del nomato Federico, sottraendosi in tal guisa dal giogo dispotico de’ Francesi, e conservata la natia indipendenza; e fu del pari nei Comizii che l’acclamato Federico deliberò la invasione del Regno di Carlo, priacché egli verso la Sicilia si movesse.

Per mezzo del Parlamento il Re Ludovico nel 1353 prese delle sagge misure per quietare le fazioni de’ Palici, de’ Chiaramontani, ed altri sediziosi vassalli, eligendo con unanime voto per Vicaria del Regno la Regina Costanza.

Il Re Martino occupando la Sicilia, in Parlamento stabilì nel 1396 alquante Costituzioni a vantaggio dl Regno, ed in altro Parlamento convocato nel 1398 affari importanti della Sovranità e del Regno vennero discussi e definiti. In tale epoca furono dal Parlamento enumerate le città e terre del Regio demanio.

La contesa insorta nel 1410 circa la spirata autorità della Vicaria Bianca, sposa di Martino, che cessò di vivere in Sardegna, venne pure in Parlamento definita, ed in esso ancora coi suffragi della Nazione riunita, fu regolato il governo della Sicilia.

Le rinomate costituzioni 'di Alfonso nel Parlamento del 1433 furono publicate; e quale altro oggetto di convocare a tu? uopo la Nazione se non che per ottenere l’approvazione di esse, che riconobbe Alfonso necessaria per la loro validità, attesa la Costituzione che ve lo astringe?!? Dal premesso cronologico dettaglio ne risulta che il Parlamento in Sicilia, manifesta prova della Monarchia costituzionale, fa stabilito dai Normanni come un’utile limitazione della Sovranità, precisamente nella formazione delle Leggi, rimanendo in conseguenza presso del Re il solo potere esecutivo; e queste felici orme costantemente seguirono gli Svevi, gli Aragonesi e tutti i Monarchi posteriori, sotto le armi de’ quali si videro mille e mille volte convocati i Parli menti, e sempreppiù confirmata e rispettala in conseguenza la Costituzione e la Indipendenza.

L’oggetto interessante della convocazione de’ Comizii chiaramente si scorge esser quello di esercitare il sovrano potere coll’intervento e consenso della Nazione, locché la Monarchia costituzionale e limitata dimostra; ed infatti reggiamo adoprata in quelle cospicue adunanze ora la potestà legislativa ed ora quella del ferro, e del sommo imperio nelle gravi ed interessanti contese, che involvevano la felicità dello Stato.

Ma poiché lungo il tempo scorrendo si dilata la popolazione, comincia a perdersi la memoria de’ fitti primitivi, il popolo sì stanca di quella non interrotta vigilanza, che è necessaria per mantenere l’equilibrio politico, scorda mano mano i suoi, dritti, si abbandona alla inerzia, e fa degenerare, la Sovranità; perciò avvenne in seguito che l’Autorità Regia cominciò a tentare di ingrandirsi in ragion diretta dell’agio e della debolezza che sperimentava nel popolo; ma ciò non ostante i Comizii continuarono colla permanente rappresentanza nazionale dopo il di loro scioglimento troppo conosciuta sotto il nome di Deputazione del Regno, ed in tal guisa in onta al danno che l’edace tempo e la inerzia del popolo minacciavano, la forza non potè mal assumere un impero assoluto, conservata essendosi la primitiva costituzione indipendente quasi a fronte del dispotismo usurpatore. Non si ebbe mai il temerario ardire di imporre de’ dazii; il Governo esponeva, anzi rassegnino le circostanze ed i bisogni alla Nazione riunita in Parlamento, e questa prescriveva de’ limiti alle ricerche, ed equilibrava i pesi dello Stato, non mancando per altro di discutersi in quell’assemblea costituzionale gli Affari publici e le materie legislative sebbene con forme diverse, atteso il moto retrogrado che il dispotismo procurava di propagare cade progredere verso la tirannia. Ma la Nazione non cessò mai di sostenere la sua costituzionale indipendenza facendo argine all’orto continuo che tentava distruggerla; dal che ne ottenne di non avere osato giammai alcun Sovrano di apertamente attaccarla; cosicché si mantenne sempre in vigore in modo da sottrarre il popolo dalle avide brame de’ Principi, e di equilibrare per quanto gli era possibile il peso delle imposizioni colle forze dello Stato.

Questo sacro egida costituzionale tuttoché ossidato riparava i disordini ed impediva la progressione del dispotismo; ed infatti le illegali ed ingiuste misure all’uopo tentate riuscirono sempre vane; altronde nulla mai potevano togliere o diminuire alla primitiva costituzionale libertà, ed illesa intanto fu sempre efficacemente mantenuta la indipendenza, e la nazionale rappresentanza della Sicilia. L’aggressione per altro della forza maggiore e del dispotismo non costituisce unquamai né titolo né dritto, ed infatti conobbe Ferdinando III Regnante queste fondamentali verità, e mentrecché la Sicilia godeva una costituzione che si era sempre inutilmente procurato di indebolire, penetrato della commessa ingiustizia venne egli a riconoscerla, la giurò, e quasi ripristinandola ne promise sotto altre forme lo esulo adempimento.

La Nazione Siciliana quindi con pieno dritto reclama oggidì la ripristinazione del suo antico governo adottato alle circostanze del tempo, e tanto più con ragione, quantocché il prodotto della condotta che fu seguita nel 1816 vi fu una confusione di leggi fra loro contrarie, un peso insoffribile che si è fatto gravitare sulla Nazione, lo avvilimento delle arti e dell’agricoltura, la indigenza, e la quasi distruzione della intera Isola.

Or poiché sull’orlo del precipizio per combinazione di strani e felici eventi, ai quali diedero moto, quelli stessi principii adottati dagli ingrati e cessati Ministeri di Napoli, ci ritroviamo già pervenuti a respirare aure di libertà; il nostro voto è adempito, e soave sarà ben’anche il morire in sostegno della Patria, or profittiamo coraggiosi della crisi, benefica che ci ha ricondotti ad essere uomini liberi; riprendiamo i nostri antichi dritti.

Siciliani, gli orchi dell’Europa stanno attualmente tutti rivolti sopra di noi. Rammentiamo quali fummo, e quali ci siamo distinti in questo glorioso, avvenimento. Siamo firmi nella indipendenza, unica e sola sorgente della nostra vera felicitai ().

Non è un nuovo, sistema di governo che si pretende da Noi. Non cerchiamo da forsennati colpevoli rubelli di indebolire l’antica monarchia assoluta per annientarla. Trattasi in oggi di ricondurla allo stato primiero, ma con una forma più adatta alle variate circostanze di sette secoli; locchè nell’adottare la Costituzione Spagnuola colla proclamata indipendenza efficacemente si ottiene, e sarà per risultarne allora senza contrasto il non equivoco, vantaggio e la vera felicità del Sovrano e del Popolo Ah sì, il magnanimo Principe conoscerà alfine la giustizia delle nostre brame; i nostri confratelli non si opporranno, penetrati della solidità de’ nostri dritti, alla indipendenza. Risorgerà la Sicilia, e sarà suo primo voto la gratitudine e l'amore verso gli autori ed i garanti della nostra permanente felicità.

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Ci dedichiamo, siccome nel numero precedente abbiamo promesso di presentare a’ nostri leggitori un ragguaglio degli ultimi luttuosi avvenimenti che hanno per la seconda volta, e per dodici interi giorni turbata la tranquillità della nostra capitale. Ci protestiamo solennemente, che non è da aspettarsi, da noi una relazione, minuta e troppa particolarizzata de’ fatti. Non è stato ancora il tempo di raccogliete con maturità tutte le circostanze!

D’altronde essendo ormai il tutto terminato secondo i veri voti de’ buoni, è ben doloroso il ritornare sopra memorie che si vorrebbero piuttosto cancellare; e l’urgenza delle materie che sopravvengono, e lo stato nostro attuale ci vieta di approfondire il nostro soggetto. Voleremo adunque, sopra le cose in generale onde nel corso del nostro foglio non rimanga una lacuna, e perché si soddisfi ancora alla giusta ansietà de’ nostri cortesi associati; è lascieremo alla istoria ed alla politica di entrare ne’ dettagli, e analizzare le cause i progressi e le conseguenze di questa singolare catastrofe.

Le risoluzioni prese dalla Giunta nella seduta del 24 settembre, appena furono conosciute, incominciarono a produrre nell’ultima classe del popolo il sentimento che le è naturale, qual è quello della diffidenza. I Consoli che vi aveauo sottoscritto, perdettero in un momento tutta la loro influenza e la loro autorità; divennero tutto ad un tratto sospetti, si mormorava e si declamava fortemente contro di loro. I buoni videro nelle condizioni inviate da Termini da S. E. il Principe di Villafranca, e nel proclama di S. E. il Gen. Pepe, confermate le loro speranze, e vicino a finire il regno della fluttuazione e dell'incertezza. Ma i tristi, che ve n'erano, colsero il momento in cui la massa non era preparata, eccitarono le passioni le più vili, sparsero l’allarme e lo spirito di sollevazione. Si formavano nelle strade dei crocchi, si gridava, si esecravano i nomi di coloro che doveano essere l'oggetto della pubblica riconoscenza.

In generale si dichiarava che tutti erano pronti alla conciliazione, alla pace; ma che l'avvicinamento della truppa non doveasi permettere. Questa misura era riguardata come tradimento commesso dalla parte della Giunta; e come il principio dell'esterminio del popolo, o sia di tutti quelli che avevano par tre pato agli avvenimenti del 16 e 17 luglio. Non potevano, e taluni non volevano persuadersi, che la truppa del Re veniva come amica, e per ritornare il tutto all'ordine antico. I furori del disordine, e coloro che in esso vivevano, non potevano assoluta unente un formarsi a tale ingresso, nel qua le in sostanza non ravvisavano che la cessazione del loro insolente dominio.

Frattanto il Cav. Requisens, funzionante allora di Comandante delle armi, diede opera alla esecuzione di quanto la Giunta nella mattina medesima avea determinato. Furono girati gli ordini a forti, onde si fossero guardati dalla menoma ostilità verso la truppa che si avvicinava, e di riceversi anche la ?orza militare, a cui doveasene subito cedere la custodia. I stazionari presso alle artiglierie ebbero pure comunicate le medesime disposizioni. Esse sul tutto furono male ricevute. Si disse che ciò mal grado si voleva resistere, si voleva combattere. La disciplina e l obbedienza non avevano alcun vi gore, e si dubitava fortemente di grandi disastri prima della realizzazione di quanto era stato prescritto.

Era giorno di Domenica. Il dì festivo era stato in questi tempi di disordine sempre rattristato da più funesti accidenti. La truppa si sapeva essere stata già alloggiata alla Bagheria, nel comune di Misilmeri, e nelle vicinanze. Questa nuova sbigotti per la maggior parte, riaccese i malevoli. Taluni cannoni che erano stati situati verso il sito chiamato l'acqua de’ corsari furono trascinati nella marina di Palermo; e questa operazione si declamava di farsi per effetto degli ordini del Comandante Generale. Per qualche spazio i cannoni rimasero abbandonati. Si tardò a porli in salvo. Ma ciò non potea praticarsi senza pericolo, e senza accrescere i sospetti e la mormorazione.

Molta gente della marineria, e molti altri oziosi e sfaccendati erano frattanto accorsi in cerca di novità. l cannoni presenti all'occhio erano l'oggetto della generale conversazione. S ignorava ancora a qual uso erano essi riserbati. L'attruppamento di venne numeroso, ed il più leggero soffio avrebbe prodotto uno scoppio fatale.

La Civica acquarterata nella Catena stava in estrema vigilanza. Sembrandole il momento, procurò di far qualche passo per disperdere la moltitudine e per allontanarla da cannoni. Furono tirate alcune fucilate, che pel momento subirono qualche effetto. Gli animi però si irritarono, e la malevolenza che si covava contro la civica si aumentò. Il popolo a torrenti entrò in città, e si tentava di disarmare i quartieri della truppa di linea. Un gran movimento ebbe luogo, ma nulla di decisivo. I cannoni del la marina però, che dovevano essere l'oggetto principale delle comuni occupazioni, sia per accidente,  e, sia a disegno, rimasero in potere degli abitanti del quartiere della Kalsa, i quali se ne impossessarono.

L'imponenza che la popolaglia munita di queste arme andava ad acquistare, gettò gran timore nella gente onesta, e furono in parte presagiti gli eccessi dell'indomani. La civica in vari punti fu nello stesso dopo pranzo attaccata; ma si portò sempre con fermezza, ed oppose una energica resistenza. Si stava dunque in una potente palpitazione. E’ curioso il dirlo. Circolava da molto tempo nel popolo una profezia, lasciata per tradizione da non so qual Divoto o Divota prediletta dal Signore. Secondo essa, il giorno 25 settembre 1820 doveva essere micidiale alla città di Palermo. Quel giorno sarebbe stato giorno di disgrazie; ma esse l'indomani dovevan cessare. Una parte di questo detto, che per i giorni innanti si era inteso ripetere, si verificò con effetto; ed il giorno 25 fu disgraziato. Nondimeno nella notte del 24 la civica fece una guardia esattissima di tutta la città. Ogni angolo di strada era munito di sentinelle, che ad ogni istante si davan la voce, in guisa che tutta la forza, ed in tutti i punti era in perfetta comunicazione. Una tal vigilanza merita ogni elogio, e questi bravi cittadini riporteranno sempre la pubblica gratitudine.

La città in quella notte fu tranquilla, e sembrava che gli affari potessero prendere l'indomani un aspetto migliore.

25 settembre, lunedì. Queste speranze andaron fallite sciaguratamente per i bene intenzionati. L'odio contro la civica si radicò nel seno medesimo della notte; ed appena fu giorno un movimento generale si pronunzi contro questo corpo sì illustre.

Tutti ad un punto i quartieri furono assaliti. I cannoni del giorno innanzi furono posti in attività, e trasferiti per ogni dove. Que della Civica no erano nel caso di opporre una forza organizzata, numerosa e decisa. Molti cittadini prevedendo la tempesta si erano ritirati. Taluni altri erano stanchi per le passate vigilie, e per i patimenti sofferti, taluni vi erano, ma scoraggiti, ed incerti; da poiché non vi era unità di comando, né centro di operazioni. Coloro adunque che si trovarono in contro e' disastri di questo giorno non erano animati che dal solo amore della patria, e dal fervido impegno di salvarla.

Il quartiere del Carminello, ed il palazzo del Principe di Villafranca furono il primo punto di attacco il mentovato personaggio, in mezzo a mille cure di cui andava onusto, avea pure procurato di comprare quante più armi potevansi, affin di armare i reggimenti nazionali, che andavansi a completare. E difatti a tali cure i reggimenti anzidetti doveano una parte non indifferente del loro arma mente. I maligni si giovarono anche di questo, e sparsero che il Principe avea fatto un deposito di arme in sua casa per poi rivolgerle a loro danno: Sotto questo pretesto oltre al quartiere della civica, si diè ad un tempo aggressione alla contigua casa di Villafranca Pochi gentiluomini difesero con coraggio e con successo e l’uno e l’altra con due ore di vivo fuoco. Giunsero perfino a strappare da potere della plebaglia un cannone, che si era colà trasportato, e di impadronirsene. Ma la turba degli aggressori non era neppure tenuta a freno dal fuoco del pezzo; essa insorgeva sempre più armata, e furente. La Civica chiamò soccorso da una sezione vicina. Una torma di gente armata e disarmata, munita di un pezzo di. artiglieria si avanzò sotto il nome di squadriglia di Civica ed in apparenze amichevoli. Ma presa una posizione opportuna, si rivolse anch'essa contro i bravi del Carmi nel io, che so profani dal numero bisognarono lasciare il posto e salvarsi. Allora il quartiere fu svaligiato e le armi che vi si trovavano furon sorprese. Con un colpo di cannone fu spalancato il portone del palazzo di Villafranca, e la turba v’irruppe dentro cercando forsennatamente le armi, che vi si credean raccolte, ogni cosa fu manomessa. Le armi non si trovarono, ma ciò che era di più portatile non fu ugualmente più ritrovalo dopo la partenza degli assalitori. Anche la genie di casa, che per non dare alcun adite a’ pretesti era stata spettatrice oziosa di tanta desolazione, non trovò più quella poca roba, che formava tutta la propria ricchezza.

Mentre questi guasti accadevano nella pizza Bologni altri non meno lagrimevoli affliggevano le altre sezioni della città. Generalmente i quartieri furono assaliti, e disarmati, nonostante la resistenza e gli sforzi che la Civica opponeva. Era ben luttuoso il vedere cittadini contro cittadini perseguitisi, e trucidarsi a vicenda; ed il sangue sparso, ed i cadaveri stesi sul terreno della patria in una guerra domestica. Più luttuoso è ancora il far cenno di questi fatti, da cui la sensibilità di ogni buon cittadino resta compunta, e rifuggo.

Da una parte e l’altra furono a palmo a palmo contrastate le posizioni, e l’artiglieria, che guarniva le porte della città, di cui alcuni pazzi erano in potere della civica, altri in potere del popolo. Un’azione importante s’impegnò, verso la porta Maqueda. La Civica custodiva ivi un cannone. Persuasa, che ogni quartiere si difendeva, e che colla costanza si polca vincere, sostenne un assalto vigorosissimo da tutti i punti. Prese posizione in varie case all’oggetto di proteggere, il cannone, e di sbandare gli assalitori. La Civica dell’Olivella si unì a quella d porta Macqueda. Noi non ricorderemo alcun nome di que’ coraggiosi ed ottimi cittadini che cimentarono la loro vita. E sparsero il loro sangue in quella infelice giornale. Ciò sarebbe lungo, e ci ingolferebbe in immensi dettagli. Pure è bene l’osservare che i Colonnelli delle sezioni di porta Maqueda e dell’Olivella, i sigg. Cav. Notarbartolo e Lanza, il barone de'  Stefano e D. Ambrogio Visconti, giovane di ardire e d’intelletto, allievo, di Piazzi e Scinà, e sagace ancora nell’arte di pingere a miniatura, si distinsero sommamente in questa stretta e difficile azione. Molli altri nomi, Qari alla patria, e degni di ricordanza, dovrebbero essere consacrali al pubblico attaccamento. Nel tacerli, noi non facciamo loro alcun torto, non abbiamo per loro minore ammirazione. Tempo verrà in cui ogni buona opera sarà posta in chiaro, e compensata colla dovuta lode e col premio che le compete.

Dopo molta opposizione la Civica di porta Macqueda circondata da ogni lato, e combattuta dalla ostinazione e dal numero, bisognò cedere alla necessità. Questa disfatta annullò il corpo della Civica Palermitana, che con tanto onore si era condotta fino all’ultimo istante della sua esistenza. Tolti i cittadini si ritirarono. Una fiera persecuzione fa giurata contro tutti i gentiluomini, che si chiusero nelle case aspettando, e titubando sul loro destino.

Il conflitto tra la Civica e la plebe durò fino alle ore venti; cioè per otto ore continue. Non indifferente fu il numero di molti e de’ feriti nel furore della mischia. La casa de’ sigg. Ciotti, situata alla porta Macqueda uve la Civica si era ricoverata, e d’onde farei fuoco da balconi, fu posta in soqquadro. Molte sostanze furono derubate.

La classe la più oscura del popolo concorse tutta in questo attentalo. Escludiamo sempre però le onorate maestranze, ed i conciapelli principalmente, il di cui contegno nella mattina del 25 settembre fu commendabile. Essi rimasero, per quanto si assicura, in assoluta inattività, custodendo rigorosamente i loro confini.

La Guardia Civica, questa istituzione benefica, degna di tutta la protezione da’ Governi illuminati era sorta pure fra noi, abbenché in momenti critici e desolanti, e giunta rapidamente ad uno sesto di floridezza. La disciplina vi si era bene introdotta, gli elementi della tattica militare si erano appresi; si spiegava un ardire e usa divozione alla buona causa veramente mirevoli. Depurata, meglio organizzata e diretta, sarebbe stata in tempi più fausti il decoro e l'ornamento del nostro illustre paese.

La civica, come doveva, era composta di gente onesta, che avea riguardati con orrore gli avvenimenti del 17 luglio e tutti gli altri ne furono la conseguenza. All'incontro coloro, che erano stati in mezzo a quegli eccessi, non erano uniti di interesse di opinione colla civica. La Giunta Provvisoria di Sicurezza nel 24 settembre avea deliberata la conciliazione col Governo, la fine dell'anarchia, e la civica avea giurato di sostenere le risoluzioni della Giunta. La truppa si avvicinava. La plebe del luglio non era preparata a ricevere la truppa; non era sicura del perdono, e temea del castigo che si era meritata. D’altronde lo stato di disordine le era utile, e si pretendea perpetuarlo. Quindi la congiura, e ammutinamento contro la civica, che fece la più forte esplosione nella mattina del 25, e che riportò infelicemente il più completo successo. Abbattuta la forza che si credeva, ed a ragione di essere la forza della Giunta, la plebe si divinerò in istallo di guerra colla truppa che si apprestava. I Consoli  delle Maestranze come parte della Giunta erano pur essi involti nell’odio generale, e quindi non restò che una massa combinata e senza Capi, ma numerosissima armata tutta, e decisa e risoluta a grandi vendette. Pronunziato appena il successo sopra la civica, il grido dell’arrivo della truppa rimbombò per tutti i angoli della città. Senza questo fortissimo diversivo molte altre sciagure sarebbero ancora a compiangersi. Una fu fa volontà degli armati, il correre a la incontro alla truppa.

(Sarà continuato)


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Palermo 12 Ottobre 1820 N. 27

GIORNALE

LA FENICE

NOTIZIE INTERNE

Palermo 11 ottobre 1820

Ora che tutti, nostra somma ventura, abbiamo da vicino riconosciuti i talenti, e le cortesi maniere di S. E. il Tenente Generale Sg. D. FJoi restano Pepe, Comandante Generale delle armi in Sicilia, non sarà inutile il ripetere alcune notizie sulla di lui viva, che abbiamo estratte dal giornale costituzionale di Napoli.

=Con l’ultima spedizione, partita per la Sicilia sabato scorso, s’imbarcò S. E. il Signor tenente generale Florestano Pepe, fratello del generale in capo. Il generale Florestano Pepe è nominato comandante generale delle armi ne’ Reali Dominii oltre il Faro. Quel generale fece lungo tempo la guerra nella Spagna e nel Settentrione. Nella guerra di Spagna guadagnò la croce della legione di Onore sulla breccia di Tarragona alla testa di una colonna di Francesi. Era egli allora nello stato maggiore del maresciallo duca di Albufeca. Fu nell’assedio di Valenza con le truppe napoletane, e fu incaricato di scortare in Parigi il capitan generale Blake, fatto prigioniero in quella campagna. Nella ritirata di Mosca, comandò la bella brigata di due reggimenti di cavalleria della guardia napoletana i quali salvarono l’imperatore Napoleone presso Wilna. In quella ritirala il general Pepe ed i due Colonnelli duca di Roccaromana e principe di Campana diedero prove di straordinario coraggio, malgrado che i geli avessero fatto loro perdere e mani o piedi o dita. Posteriormente il generale Florestano Pepe si rinchiuse in Danzica e sebbene non guarito servi con singolare attività ed intelligenza insieme con tutti i generali francesi, i quali rendettero in quei giorni onorate testimonianze alle valorose truppe napoletane fatte degne degli elogi del prode ed intrepido gemeral Rapp, comandante di Danzica.

—Un giornale di Napoli, assai accreditato, che ha incominciato a comparire con molto successo dopo lo stabilimento della libertà della stampa, primo e solenne beneficio che riconosciamo dall’adottata Costituzione spagnola, sulla nota questione, se le Potenze straniere approveranno o no gli ultimi cambiamenti avvenuti nel regno, inserisce un ragionamento che per la sensatezza delle idee merita di essere promulgato ancora fra noi, il di cui interesse e fervore pel mantenimento della Costituzione non è minore di quello da’ nostri confratelli Napoletani.

«Al principio di questo anno l’oligarchia dell’Europa sfogar voleva la feroce sua rabbia sulla Spagna. Grave delitto era agli occhi suoi che quella prode Nazione scosso avesse il più duro giogo che giammai crasi imposto ad un popolo incitino. Ma la tomba delle trecento mila vittime dell'ambizione di Napoleone tuttora era presente alla sua memoria, ed arrestò gli atroci suoi progetti. Ora cred’ella dì realizzarli sul Regno di Napoli, che più favorevoli rimembranze presenta a chi volesse opprimerlo. Armi, ed armati innumerevoli essa domanda contra noi, crociate predica contra questi nuovi infedeli all’inumano suo culto. L’oligarchia non ha torto. Ogni giorno essa perde terreno, e vuol far di tutto per riconquistarlo. Deggiono però esser tali, i voti della sana europea politica? Noi noi crediamo, e ne appelliamo non già agli aristocrati appassionati che, infelicemente pei popoli e pei principi, quasi da per tutto circondano i troni; ma a pochi ministri illuminati dei gabinetti europei, a coloro che le private passioni pospongono al bene della lor patria, e dei monarchi che servono fedelmente.

«Cominciamo dall'Inghilterra. Qual interesse potrebbe avere quel gabinetto nel permettere che il regno di Napoli occupato fosse dagli Austriaci? Questo regno per la sua situazione è l’alleato naturale dell’Inghilterra. Cinto da per tutto dal mare una guerra marittima farebbe, come recentemente ha fatto, la sua desolazione. Il commercio, inglese ha privilegi in Napoli, ed è estesissimo. Una nuova forte potenza italiana non sarebbe di leggiero peso nella bilancia europea, se il colosso del nord alla fine piombar volesse sul sospirato impero ottomano, e ristabilir la cesarea sede in Costantinopoli. L’Inghilterra ha una costituzione, nella quale, al pari che nella spagnuola e nella nostra, la dottrina della sovranità per dritto divino è del tutto proscritta. La generosa nazione inglese applaude allo sviluppo di quella libertà che prima ha essa proclamata e stabilita nell’Europa. Il principe saggio che attualmente ci governa è quello stesso che gli Inglesi amarono e sostennero in Sicilia. Quante ragioni per rivolgere l'Inghilterra a favor nostro, e non attender offesa dalla sua parte.

«Passiamo alla Francia. Una costituzione fondata su diversi principi, ma pur non antiliberale, esiste in quel paese. La casa stessa di Borbone vi regna. Francesco è il padre dell’infelice virtuosa Duchessa di Berry. Potrebbe dunque il Monarca francese restare spettatore indolente dell’insulto fatto alla nostra indipendenza ed al suo sangue? Ed ancorché ministri pei fidi glielo consigliassero, vi acconsentirebbe la sua generosa nazione? E non vedrebbero i francesi nelle catene nostre prepararsi le proprie lor catene? Non sentirebbero che spenta la libertà di Napoli, cercherebbero gli oligarchi di affogarla nella primitiva sua culla? Ed un nobile slancio non costringerebbe il governo di Francia ad oppor i all'oppressione ingiusta di una libera nazione, e di un discendente di Errico IV! La partecipazione a questa ingiustizia o l'indolenza nel tollerarla senza combatterla colla negoziazione colle armi, sarebbe un delitto del ministero francese in faccia alla nazione, di cui le conseguenze diverrebbero incalcolabili.

«Della Spagna chi dubitar potrebbe? Tutto ciò che quel liberale governo potrà fare a favor nostro non sarà certo risparmiato. La schiavitù che si arrecherebbe a noi, si minaccerebbe alla Spagna. Potrebbe essa sottrarsene un'altra volta, egli è vero; ma non sempre avvengono miracoli nelle nazioni. Quella Francia stessa che respinse le armi di Brunswich e di Cobourg nel 1792 e 1793, nel 1815 fu conquistata dagli alleati.

«A meno che l'oligarchia dominante nel ministero prussiano non lo acciechi del tutto, certamente niun interesse scorgiam noi in quella potenza all'ingrandimento dell’Austria, ed al pieno voto dell’aquila bicipite in tutta la bella penisola italiana.

Resta la Russia. E questa sola oltre l’interesse dell'oligarchia, troverebbe forse un politico interesse nell'occupazione intera dell’Italia per parte dell’Austria. Il suo assenso a questa occupazione dovrebbe avere un compenso e questo sarebbe nella cessione della Gallicia o nella tolleranza dell’Austria alla conquista dell’impero ottomano. Vi è anche dippiù. L’Italia alla lunga sarebbe la tomba degli Austriaci, come dei Francesi lo fu la Spagna, e la Russia si sbarazzerebbe del più potente ostacolo alle future sue mire collo snervamento delle forze Austriache, che finirebbero vittime delle guerillas intaliane. La Russia dunque avrebbe un politico interesse alla nostra oppressione e certo questa riflessione non è per noi consolante. Ma in faccia a tutte queste interessate mire vi è pur chi ci difende nel gabinetto di S. Petersbourg: la grand'anima dell’imperatore Alessandro. A questo principe generoso deggion la Francia e la Polonia la loro esistenza, ed anco gli avanzi delle lor libertà. A fronte del politico interesse, delle seduzioni degli oligarchi, sta la giustizia di quel principe il quale non vorrà certo che una nera macchia soffra la sua gloria col permettere una tanta violazione del dritto delle genti a nostro riguardo, e col far risorgere nell’Europa il regno della forza, che colla caduta di Napoleone egli proclamò spento.

«Speriamo che la lealtà dell’Imperator Francesco non voglia far calcolar nei gabinetti di Europa le ragioni da noi enunciate, e che questo principe di cuor nobile e generoso vorrà rispettar la nostra indipendenza i sagri diritti delle Nazioni, ed anche, diciamolo pure, i legami del sangue. Egli si ricorderà che Ferdinando è suo suocero, Francesco è suo cognato, Leopoldo è suo genero; che il ben essere, la calma, e la felicità di questi Principi augusti dipende dal ben essere dulia calma, e dalla felicità del loro popolo, ai destini del quale sono attaccati i loro destini; e che se trionfar non potessero con lui, essi si seppellirebbero al certo sotto le ruina della patria, anziché regnare esecrati e derelitti sui sassi e sui cadaveri.

(La Voce del Secolo)

(Continuazione dell’articolo precedente)

25 settembre Alle circostanze mito scorso numero riportate, una ed importante bisogna aggiungerne, che non poro contribuì alle disgrazie sofferta dalla Guardia di Sicurezza nella mattina del 25. Questa sì fu la librazione forzosa, che si fece di tutti i detenuti nelle carceri di Palermo. Il popola sull'esempio di quanto si era già praticato nel 17 loglio, ricorse in questo giorno sciagurato al medesimo non men sciagurato espediente. Una turba di malfattori, che i loro delitti confinavano nella Vicaria, fu fatta uscire, fu armata, ed adibita in soccorso a danni della civica. Questa gente avvezza al disordine, alle stragi, all’ammoralità, esperta alle armi, e risoluta nelle operazioni diè grande sollievo a’ malintenzionati l’incoraggiva nella ostinazione de’ loro proponimenti, conduceva ì cannoni continuava il fuoco, e finì con ottenere la vittoria, che abbiamo tanta compianta. Questo incidente è ben giusto che sia rimarcato, onde meglio si comprenda ciò che tante volte si è replicato, cioè quale sia stata la classe e l'indole dille persona, che hanno fra noi fomentato e perpetuato i disordini, che tanto sono stati perniciosi e noce voli Alla causa la più giusta e la più ragionevole ed al sacro principio da cui eravamo partiti.

Il grido della avvicinamento della truppa gettò l'allarme in tutta la popolazione. Si corse alla marina ove si seppe che i soldati venivano. Erano alcuni avamposti di fanteria, guarniti da pochi soldati a cavallo. Contro questi uomini gli armati inveirono, e qualcuno fu ucciso. Fu fatto molto fuoco, ma senza grave perdita dall'una e dall’altra parte. Siccome la truppa non avea ordini né mire ostili cosi i vamposti vedendosi attaccati da una moltitudine armata, evitavano le azioni, e piegavano per riunirsi a’ loro corpi. Al tempo istesso altra truppa s’innoltrava per l'interno delle campagne nella pianura della Guadagna, dove pure altra quantità di persone dalla patte di Palermo correva od incontrarla. Questo contrasto parziale e senta nessuna guida e combinazione premeditata durò tutto il dopopranzo, finché la notte venne a por termine alle ostilità. Que’ di Palermo in parte rientrarono in città a preparare rinforzi e fortificazioni, alcuni rimasero accampati ne' contorni aspettando l’indomani. Frattanto il volgo molte voci sparse nell’interno, che per lo più erano prive di fondamento. Si predicarono i vantaggi che ai erano avuti, si esagerò lo sconcerto, che avea provato la truppa nel rinvenire tanta resistenza. Queste voci destarono maggiore entusiasmo i malevoli acquistarono una immensa preponderanza, e coloro che avessero osato parlare di conciliazione, e di trattati sarebbero stati generalmente imputati di alto tradimento, e senza veruna forma sarebbero stati massacrati. Le minacce crebbero a dismisura, e que’ della Civica, e gli amici dell’ordine erano chiamata giacobini. Parola vana, e senza senso e senza oggetto; ma terribile, e spaventevole in que’ momenti di delirio, e sorgente di gravissimi palpiti per la gente onesta.

Nel cuor della notte, col favore della luna, s’impegnò sul mare un’azione tra le cannoniere e bombardiere napolitano, che erano in quel giorno istesso arrivate, contro i forti di Castellammare e della Garita. La difesa de’ nostri forti fu brillante, il fuoco fu vivissimo, continuato, ostinato. Era da stupirsi come persone non use al mestiere delle armi, ed a maneggiare il cannone, avessero potuto spiegare tanto coraggio, una si decisa intrepidezza Tanto era il traviamento in cui si trovavano le menti de’ nostri, che nulla pareva la morte, nulla lo spavento e i pericoli di un impegnato combattimento. Tutto era ebbrezza, tutto entusiasmo. Frattanto da’ legni napolitani si agiva con vigore e con perseveranza. Le palle de’ cannoni e i projettili che si lanciavano giungevano fino dentro nella città, nel quartiere detto di s. Pietro. Gli abitanti delle case uscirono, e andavano a rifugiarsi nelle parti superiori della città. Le donne a torma a piedi scalzi ai portavano alla cattedrale, recitando preghiere e rosarj. Nella Cattedrale una gran moltitudine di persone supplichevoli si era radunata, implorar! do pietà e soccorso dal Cielo e dalla Patrona S. Rosalia. Spettacolo commovente e doloroso, che non poteva non affliggere le anime sensibili, a cui era a cuore la saldezza della patria, e che pensavano sanamente. Dopo una notte intera di fuoco, verso l’alba esso venne a cessare. La flottiglia napolitana ancorò sotto le montagne presso al Capo di Zafferana, ove non poteva essere molestata da’ nostri forti. L’ardire de’ nostri non degradò un momento; e la difesa della notte, e il successo che ne era seguito accrebbero forza a’ sentimenti di resistenza che nel giorno innanzi sì erano sì gagliardamente pronunziati.

16 settembre martedì. Appena qualche momento di riposo dopo la cessazione del fuoco dalla parte di mare, che quello da parte di terra fu energicamente ripigliato. La truppa nella notte si era avanzata, ed avea prese le posizioni militari, che al Comando Generale erano sembrate le più opportune. Su questo articolo non è in nostro potete di far conoscere né gli ordini che si erano emanati, né i corpi dell’armata, che occupavano le posizioni indicate, né i movimenti e le direzioni che la truppa dové prendere nel seguito delle azioni. Noi manchiamo di questi dettagli, e non è per altro questo l’oggetto che ci sieno proposti. Per non mancare al nostro obbligo, diremo rapidamente che la Villa Giulia, la Casa del Principe di Cattolica a porta di Greci, l’Orto Botanico, la casa degli Esercizj fuori porta S. Agata, Le case fuori Porta di Termini, e lo stradone di S. Antonino erano ingombrate di truppa di linea. La moltitudine incominciò ad attaccarla da ogni dove. Molti uomini delle campagne ne’ d’intorni di Palermo, e molti altri de’ comuni vicini parte chiamati in ajuto da’ combattenti palermitani parte venuti spontanea mente, ai unirono al popolo, e formarono una massa imponente pel numero e per le armi e munizione di cui erano abbondante mente provveduti, nta priva affitto di guida, di piano, e di disciplina qualunque.

La partita militare che occupava la Villa Giulia la casa di Cattolica a porta di Greci fece degli forzi per entrare in città. La marineria da cui questo quartiere è abitato si oppose fortemente all’ingresso, ed un energico Combattimento fu attaccato Furono bruciate e svaligiate delle case; molti morirono sul campo di battaglia, molte donne e uomini furono fatti prigionieri, e tradotti al quartier generale. Il forte della Garita, i tre lancionì palermitani tirarono tanti colpi di cannone sulla casa di Cattolica, e sulla Villa, che la casa restò in parte rovinata, e la Villa ebbe molti guasti. Alcuni soldati che erano entrati in città, ciò si disse essere state senz’ordine di S. E. il Comandante Generale Pepe, alla di cui prudenza e protezione è Palermo debitrice della sua salvezza, alcuni soldati, dico, che si erano inoltrati fin presso al Monistero della Pietà trovarono tanta resistenza, e tanta disperazione sino nelle donne, che furono costretti a ritirarsi. Alcuni abusi fili della licenza e dello stato di guerra furono commessi da una parte e l’altra, ed essi aumentarono Tira, e ciò che prima era una falsa persuasione divenne in seguito necessità. Imperciocché i malevoli suscitaron le voci di sacco e di fuoco, di donne violate, di esterminio, e di distruzione. Il volgo, facile a tutto, prestava orecchio a siffatte calunnie, e raddoppiava secondava le mire degli ammutinati. Quindi grandissimi urti si fecero all’Orto Botanico, a Porta di Termini a Porta di S. Agata, e nelle pianure della Guadagli, e di S. Maria di Gesù. I Cannoni furono trasportali in ogni porla, e sopra tutti i baluardi, che cingono e servono di mura in alcuni siti della nostra città. Tutta questa artiglieria fu posta in intera attività, ed il fuoco pioveva da tutti i punti. Molti de’ nostri uscirono per le campagne. Si accorsero che mancava loro un Comandante, e fu peso per forza il Generale de'  Roscheneim. Costretto dalla necessità egli diede in quel giorno alcune direzioni, che in gran parte non erano intese. Il Capitano Tempesta che era sortito alla testa di una quantità di armati, sotto il pretesto di tradimento fu ucciso da' suoi seguaci medesimi. Era questo un antico emigrato Calabrese che area fatto la guerra in Calabria nel 99. Avea sempre nelle sue azioni comandato delle masse. Dopo molti anni di ritiro, la prima volta che ripigliò comando, le masse di Palermo gli tolsero la vita.

La truppa intanto, che guardava i suoi posti, è elencava la moltitudine, non cessò in tutto il giorno di sostenere vivissimi attacchi; ed essendo molto perturbata dalla grossa artiglieria del forte della Garita, e de'  baluardi di S. Agata, e dell’Orto Botanico, e di quella ancora che era stata situata sul monistero di S. Teresa, lasciò la posizioni della Casa di Cattolica, della Villa Giulia, dell’Orto Botanico, e della Casa degli esercì zi i, e ne prese delle altre più sicure, e non men vantaggiose, incominciando dal piano di S. Erasimo fino a porta di Termini, ed in tutte le pianure che circondano il lato orientale e meridionale della città. I cannoni situati sotto, e al di sopra della Porta di Termini, non cessavano mai di sparare; ma non molestavano molto la truppa che avea preso quartiere nella case. Lo stesso avveniva fuori Porta di S. Antonino. E così passò tutto il giorno 26 settembre fra il fuoco, e la confusione di una guerra capricciosa e senza oggetto, non diretta da alcuno, e sostenuta da falsi allarmi, e dai timore della vendetta e del gastigo.

In tutto il giorno il popolo fece suonare le campane di tutte le Chiese, all’oggetto, dicevano, di tener sempre desta la vigilanza de’ cittadini, e di allontanare il nemico.

Nella sera un tamburro girava tutta la città eccitando l'attenzione, e raccomandando la resistenza. Le strade furono ingombrate di carrozze, di tavole, di travi, è pietre onde la truppa, nella supposizione che volesse entrare di notte, ritrovasse ostacoli sul passaggio.

(Sarà continuato)

—Ci è stato comunicato il seguente articolo, riguardante alcuni dettagli delle operazioni e fatiche sostenute dalla guardia civica nella mattina del 25 settembre. Abbenchè noi avessimo dichiarato, che le particolarità si omettevano per l'amore della brevità, e per timore di disgutare colora che per mancanza di nostre cognizioni potevano non essere ricordati, nondimeno ci prestiamo con piacere a pubblicare tutte le notizie che ci saranno esibite, purché provengano da buona fonte, potendo le medesime servire di appendice al breve e rapido cenno degli avvenimenti che noi stiamo inserendo.

«Primo pensiero della Plebe ammutinata la mattina del 25 fu quello di liberare i detenuti al numero di mille circa. Cosi ingrossatasi, irruppe al quartiere di S. Francesco, ove la Civica fece pochissima resistenza. Superato questo primo ostacolo facilmente con somma rapidità scorse sino alla Piazza Bologni per disperdere la Civica del Carminello, la quale fece, come si è detto, la più forte resistenza: or siccome vicinissimo era l’altro quartiere del Colleggio, quella Civica non istette oziosa, ed ebbe la principal parte nell’attacco. il Cannone degli insorgenti era già nella piazza Bologni, e minacciava la parte superiore del Cassero: quando il maggiore Sardo Fontana spinto da lodevole coraggio ordinò a suoi di scendere a basso sino alla piazza Bologni ed ajutare quella lezione. Infatti esso il primo, armato di fucile e seguito dai Capitino D. Antonio Beninati, dal Tenente D. Gerardo Volpes, dal Sergente Pietro D. Agostino, dal Signor Cavaliere D. Carlo Anale, e dai Signori D. Giuseppe Gonosberg D. Nicolò Rizzo, D. Saverio. Lo Cascio D. Mariano Pezzati e D. Giuseppe Ferlisi e la Monica divisi in due ale scesero a fronte del Cannone sino al Palazzo del Marchese Geraci dove incominciarono a far fuoco; e già uno de’ malandrini culla miccia accesa era in atto di scaricargli contro un colpo di Cannone, quando una fucilata ben diretta, e non si sa precisamente da qual parte, lo gettò a terra estinto. Scoraggirsi a tal vista i faziosi, e prender animo i bravi di sopra descritti fu un punto solo, quelli retrocessero, e fuggirono e questi avanzarono rapidamente e guadagnarono il Cannone,che fu poi lasciato in custodia alla Civica dei Carminello. La moltitudine però della Plebe irrompeva da tutte le parti, e la Civica non riceve da nessuno soccorso; quindi fu deciso di batter la generale, benché troppo tardi. Il Capitano D. Carlo Bnjona e D. Gabriello Pezzali, che erano in quel momento accorsi s’incaricarono di questa Commissione; ma ritrovarono le strade ingombre di malintenzionati armati, che li minacciavano, e quindi bisognarono ritirarsi: alcuni zelanti Cittadini di quei d’intorni si presentarono a quel cappello, e fra questi debbono menzionarsi il tenente D. Carlo Cavarretta il Sottotenente D. Pietro Verga, D. Carmelo Alaimo, il Sergente Giovan Ballista Martines, D. Rosario La Monica, D. Filippo Passalacqua. Lunga fu la resistenza che i nostri bravi opposero all’irritata Plebe; ne sono luminosa prova il Capitano D. Carlo Bajona, e D. Salvatore Ranchetta ambedue feriti nella mischia: ma finalmente oppressi dal numero, e dai Cannoni, senza speranza di soccorse dopo più ora di combattimento bisognarono ritirarsi nel quartiere e chiudervisi dentro.

—Sì prevengono i Signori Associali che, con que sto foglio, è finita l associazione del mese di settembre, e che perciò bisognano affrettarsi a rinnovarla se non vogliono rimanere in attrasso dei numeri seguenti.


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Palermo 15 Ottobre 1820 N. 28

GIORNALE

LA FENICE

NOTIZIE INTERNE

Palermo 15 ottobre 1820

Mentre sia in grande aspettazione da tutti sulla promulgazione delle leggi intorno alla libertà della stampa, primo elemento della Costituzione Spagnuola dal Re nostro accordataci, non sarà disutile ai nostri associali il veder qui inserito il Decreto che fissò in Napoli i regolamenti e le restrizioni, cui non sarà permesso di oltrepassare senza incorrere nelle pene che rispettivamente vi corrispondono. Ottimo provvedimento tendente a conservare nella sua purità il fine santissimo di questa libera istituzione, e a non far sì, che essendo per se stessa il baluardo più certo dal mantenimento della Costituzione, divenga poi la peste dalla tranquillità, della morale publica.

FERDINANDO I

Per la grazia di Dio e per la Costituzione della Monarchia he del Pegno delle due Sicilie, Re di Gerusalemme oc. Infante di Spagna Duca di Parma, Piacenza, Castro ec. ec. Gran Principe Ereditario di Toscana ec, ec. ec.

NOI FRANCESCO DUCA DI CALABRIA
PRINCIPE EREDITARIO E VICARIO GENERALE

Veduto l’articolo 371 della Costituzione delle Spagne, da Noi giurata, concepito ne’ seguenti termini:

«Ogni Spagnuolo ha la libertà di scrivere, imprimere, e pubblicare le sue idee politiche, senzaché vi sia bisogno di licenza, revisione, o approvazione alcuna precedentemente alla pubblicazione dell’opera, ma sotto la restrizione e responsabilità che stabiliranno le leggi.

«Consacrando che la facoltà di pubblicare in qualunque modo i propri pensieri, dee essere indirizzata al fine d’istruire i cittadini de’ loro diritti e doveri, di prevenire o mettere al giorno gli abusi di autorità che potrebbero offendere la Costruzione;

Che di questa facoltà non può farsi uso per eccitare il popolo alla rivolta, o alla sedizione;

Che in generale la stessa facoltà non potrebbe essere rivolta contro alla morale, alla religione, ed a’ diritti degl’individui senza scuotere le fondamenta dell’ordine pubblico, principale scopo di tutte le leggi politiche e civili

D’accordo colla Giunta provvisoria di Governo:

Abbiamo risoluto di decretare e decretiamo quanto segue:

Art. 1. L’uffizio de’ regi revisori, tanto della stampa, quanto de’ libri esteri che s’immettono e circolano nel Regno delle due Sicilie, è abolito.

Art, 2. Ogn’individuo è libero di scrivere, stampare, e pubblicare le sue idee: l’autore non però, lo stampatore, se l’autore fosse anonimo, sarà sempre responsabile al governo, e sottoposto alle pene espresse ne’ seguenti articoli,

Art. 3. É vietato a qualunque privato cittadino il far proclamazioni, o l’affiggere qualunque stampa, scritto o figura, senza il permesso de’ Magistrati della pubblica sicurezza. In caso di contravvenzione, i Magistrati della pubblica sicurezza faranno defiggere lo scritto e gli autori del delitto saranno puniti colla pena stabilita dall’art. 113 delle leggi penali.

Art. 4. Se siensi stampate e pubblicate proclamazioni o qualunque scritto tendente a promuovere la sommossa nel popolo, e la rivolta negli Stati esteri, l’autore, o lo stampatore i distributori, ed i venditori, anche a minuto, saranno puniti colle pene stabilite dall’art. 314 delle leggi penali.

Art. 5. Se siensi stampate e pubblicate proposizioni contrarie a’ dogmi della Religione Cattolica l’autore, o lo stampatore, i distributori ed i venditori, anche a minuto, saranno puniti colle pene stabilite dallo stesso articolo 314 dalle leggi penali.

Art. 6. tutti coloro che avessero offeso co’ loto scritti, o con figure stampate, il pubblico costume, saranno puniti colle pene stabilite dall’art. 315 delle leggi penali.

Art. 7. Gli autori d’ingiurie, o di libelli famosi, saranno puniti colle pene stabilite dall’articolo 367 delle leggi penali.

Art. 8. Le pene stabilite dalle leggi penali, e riferite negli articoli 3, 4, 5, 6 e 7 non derogano a quelle stabilite dalle stesse leggi penali pe’ delitti o misfatti, a’ quali la stampa abbia potuto servire di mezzo.

Art. 9. Ne’ casi degli articoli 4, 5, 6 e 7 il governo sopprimerà la stampa nel modo e colle formo stabilite col presente decreto.

Art. 10. In ogni Provincia o Valle sarà una giunta provvisoria protettrice della libertà della stampa, con posta di sei individui da nominarsi da Noi d'accordo colla Giunta provvisoria di Governo, tra membri dei corpi insegnanti.

Art. 11. Niuno potrà essere tradotto in giudizio pe' misfatti e delitti espressi negli articoli 4, 5, 6, 7, se prima la Giunta della Provincia o Valle, dove l'autore o lo stampatore è domiciliato, non dichiari, dopo avere inteso due giustificazioni dell'imputato, che ci sia luogo all'accusa.

Art. 12. Gl'imputati potranno fra lo spazio di giorni venti, a contare dal di che loro sarà notificato il parere della Giunta protettrice, appellare alla Università de Regi Studi di Napoli pe nostri Domini di qua del Faro, ed alle Università le più vicine di Palermo o Catania per quei di là dal Faro, le quali rivedranno inappellabilmente il giudizio delle Giunte parziali delle Provincie o Valli, Se le Università del Regi Studi confermeranno il parere, ciascuna per la parte che le riguarda, dal quale era si appellato, gli imputati saranno tradotti innanzi alle rispettive Gran Corti Criminali, o Giudici Correzionali.

Art. 3. L'autore o lo stampatore, se lo scritto è anonimo, saranno tenuti di presentare contemporaneamente alla pubblicazione del loro scritti, un esemplare di quelli al Capo della publica sicurezza della Provincia o Valle dove è sita la stamperia.

Un altro esemplare dovranno dare alla Biblioteca Nazionale. Niun altra pubblica autorità potrà prendere o chiedere altro esemplare.

Art. 14. Gli scritti che tratteranno ex professo di materie teologiche e del dogmi della nostra Religione, non potranno essere pubblicati, se non previo esame e permesso della Facoltà Teologica dell' Università de Regi Studi di Napoli pe nostri Domini di qua dal Faro, e delle Università di Catania o di Palermo pe' Dominii di là dal Faro.

Art. 15. Se il Magistrato di pubblica sicurezza, o il Governo crederà che lo scritto, o le figure sieno inciampate in uno dei casi preveduti dagli articoli 4, 5, 6. 7 e 8 del presente decreto, avranno la facoltà di domandare la soppressione alla Giunta della Provincia o Valle, dove la stampa è seguita.

La Giunta non potrà pronunziare la soppressione, se non inteso l'autore o lo stampatore, qualora sia comparso, e dove non sia comparso, se non sia stato due volte intimato. Questa soppressione si avrà come semplice sospensione in sino al giudizio diffinitivo della Università de Regi Studi da farsi a termini dell'articolo 12.

Art. 16. Quanto a libri ed alle stampe di ogni genere, che si introdurranno dall'estero, sarà vietato l'ingresso e la circolazione di quelle solamente che inciampano in uno de casi preveduti dagli articoli 4, 5, 6, 7 e 8 del presente decreto. Gli uffizi doganali passeranno gl'involti de libri e stampe alla Giunta protettrice, la quale dovrà fra ventiquattro ore dare un avviso motivato per quei che rifiuterà il segretario di Stato ministro degli affari interni fra eseguire il giudizio della Giunta, senza che il Governo possa esercitare alcun diritto di confiscazione.

Art. 17. Perchè gli stampatori possano offrire una  guarantia sufficiente, onde non sieuo eluse le disposizioni del presente decreto, sarà dal Ministro degli affari interni proposto un regolamento, che sarà da Noi approvato, d'accordo colla Giunta provvisoria di Governo.

Art. 18. Tutte l'enunciate disposizioni avranno luogo provvisoriamente in sino che il Parlamento Nazionale non ne abbia proposte altre sullo stesso oggetto.

Art. 19. Tutte le disposizioni contenute nel presente decreto infino al giudizio diffinitivo delle Università del Regi Studi, saranno di competenza del Segretario di Stato ministro degli affari interni.

L'esecuzione della altre che seguiranno alla dichiarazione di accusabilità, apparterranno al segretario di Stato ministro di giustizia.

Art. 2 o. I nostri segretari di Stato ministri degli affari interni, di grazia e giustizia, ed il nostro luogotenente generale ne dominii oltre il Faro, sono ciascuno per la parte che gli spetta, incaricati della esecuzione del presente decreto.

Napoli, 26 Luglio 18 o.

FRANCESCO, Vicario Generale.

Il segretario di Stato ministro degli affari interni

GIUSEPPE ZURLO

È ugualmente utile, di pubblicare il Programma che ebbe già corso in Napoli per l augusta cerimonia che dovea seguire il dì primo ottobre 182o per l'apertura del Parlamento Nazionale.

Domenica mattina primo ottobre il corpo della truppe della guarnigione di Napoli, e del Militi nazionali della capitale, e delle provincie, attualmente di guarnigione in Napoli, si troveranno disposti in due ale dal real palazzo lungo la strada di Toledo, fino all'ingresso della Chiesa dello Spirito Santo, destinata, pel detto giorno solamente, per sala del Parlamento.

Il locale del Parlamento sarà separato dal resto della Chiesa con una ringhiera, che lo renderà visibile a tutti e che separerà gli spettatori.

Sua Maestà, e la Real famiglia e entreranno per la porta della Chiesa che sporge verso il cortile grande del Conservatorio dello Spirito Santo, entreranno pure da questa stessa porta i Deputati, i Segretari di Stato, e le persone che hanno l'ingresso al Parlamento, o alle Tribune.

Il resto degli spettatori entrerà per la porta della a Chiesa che sporge a Toledo.

Sua Maestà sortirà dal real palazzo alle ore dieci di Spagna, per recarsi per la detta strada alla sala del Parlamento. Precederanno con la corrispondente scorta della cavalleria della guardia, e col rispettivo loro seguito, alla presenza di Sua Maestà le carrozze, nella prima delle quali S. A. R. la Duchessa di Calabria, con S. A. R. il Duca di Noto, nella seconda le LL. A A RR. i Serenissimi infanti il Principe di Capua ed il Conte di Siracusa, nella terza S. A. R. il Principe di Salerno, e nella quarta le LL.AA. RR.

le Principesse D. Cristina e D. Antonietta, che anderanno incontro a S. M. nel suo arrivo alla sala del Parlamento.

Il corteggio di S. M. marcerà nell'ordine seguente:

Un distaccamento di Ussari, e Dragoni della guardia di sicurezza in avanti, per badare al buon ordine della strada;

Lo Stato maggiore del Governo di Napoli;

Lo Stato maggiore del militi nazionali di Napoli;

Un distaccamento della guardia nazionale a cavallo;

Gli alabardieri;

I battitori della cavalleria della guardia;

Le carrozze con la Corte di Sua Maestà;

Un distaccamento di cavalleria della guardia.

La carrozza di Sua Maestà il Re, con S. A R il Principe Ereditario Duca di Calabria. l tenente e l'alfiere delle reali guardie del Corpo, gli uffiziali maggiori della Guardia, i Cavallerizzi di campo, ed il consueto accompagnamento occuperanno i loro posti ai lati della carrozza;

(Sarà continuato)

(Continuazione dell'articolo precedente)

(Segue la giornata del 26 Settembre)

Tutti i buoni cittadini, i nobili, i negozianti stavano chi ristretti in casa, chi rifugiati fuori del proprio domicilio, chi tentava di uscire dalla città a costo di tutti i pericoli a cui un tal passo esponeva il solo Ecc.mo Principe di Paternò, al di cui accorgimento e prudente condotta siamo grande mente debitori del bene inapprezzabile della pace, restò a far fronte a tutta la intemperanza di un popolo sedotto, armato, ed agitato, dalle più veementi passioni. La riverenza di cui sempre ha goduto fra noi questo illustre personaggio, in mezzo a tanti disordini non gli venne mai mancata. Era anzi cosa ammirabile come coloro in cui era In que giorni tutto il potere, si confidavano, e di rendevano in parte dalla di lui volontà. La sagacità del suo ingegno usò di tutti i mezzi per man tenersi in superiorità, approntando larghe somme e soccorsi, promettendo, avvertendo, consigliando in guisa che si cattivò la benevolenza di una moltitudine furibonda, e la condusse poi a quel punto di deferenza e di subordinazione, che superò la generale aspettativa, e che sembrava impossibile di potersi ottenere. Nondimeno per quante buone insinuazioni si fossero seminate tanto dal prelodato signor Principe, che dalle poche persone che stava no anco a al lor posto onde desistersi dalle osti lià, e combinarsi una trattativa, non fu possibile potervi riuscire in quel giorno. Il popolo fu irremovibile nella opinione di resistenza. Qualunque proposizione in contrario avrebbe costata assoluta mente la vita a chi la avesse arrischiata. Quindi si bisognò seguire una traccia diversa. Il Principe di Paternò, il Comandante Requesens e il Maresciallo Coglitore erano i soli restati, e premurati a restare alla testa delle cose. La loro posizione era difficilissima; e fa d'uopo della massima prudenza e circospezione per mantenersi, e salvarsi da sospetti e dalla diffidenza. Il savissimo Generale de Rosheneim colto un momento favorevole si ritirò.

I mali del giorno 26 per la città di Palermo sono considerevolissimi. Il quartiere della Kalsa fu molto danneggiato. La casa di Cattolica, e tutte le altre nella strada prossima alla Porta Reale furono in gran parte devastate e bruciate. Lo stesso è di quella dello stradone da Porta Reale fino a porta di S. Antonino, in questo gran tratto molte perdite sono da piangersi. Le campagne pure hanno molto sofferto; e sopra tutto a mali cagionati dalla guerra bisogna pure anche aggiungere quelli prodotti dalla rapina. l cadaveri dei nostri furono trasportati nella chiesa della Kalsa, ove ebbero sepoltura. Pochi furono bruciati nel contorni, il resto nelle campagne.

E deplorabile ugualmente la perdita di molte piante e libri, ed altri oggetti utilissimi che facevano l'ornamento del nostro Orto Botanico. La Villa Giulia è stata pure non poco danneggiata. La no stra città si risentirà per qualche tempo del disastri di questo giorno. E tutti questi mali si sarebbero forse evitati, se la cieca ostinazione dei sediziosi non avesse il giorno 25 distrutta interamente la guardia d'interna Sicurezza, attentato che accelerò l avvicinamento della truppa, poiché il Generale Pepe era divenuto a tutti i mezzi termini possibili per evitare questa orrenda catastrofe, avendo anche alla nostra Deputazione accordato il differimento di qualche altro giorno, secondo si era reputato necessario onde preparare gli animi a ricever l'armata amichevolmente. Con tutto ciò a malgrado degli sforzi che si fa cevano da malintenzionati per realizzare la distruzione che si eran proposta, la Provvidenza vegliava sul destino dei buoni, ed inviava de mezzi per pre servarli da mali che lo stato violento in cui ci trovavamo ingolfati dovea inevitabilmente attirarci. L'anarchia infieriva da ogni dove; la discordia agitava tutte le sue faci, e la sua velenosa influenza; la malignità, l'ignoranza, e l'avidissima sete dell'oro e del sangue erano gli argini insormontabili ed i flagelli che imperversavano in que giorni nella città di Palermo. Nondimeno l'assoluto e costante abbandono in cui la gente sollevata si vedeva ridotta, la deficienza dei mezzi, salvi quelli che la rapacità e la forza potevano somministrare, la presenza di un avvenire incerto e difficile, abbenchè non facessero che incoraggire vieppiù quegli spiriti perduti e rabbiosi, non cessavano però internamente di costernarli.

Nel solo Principe di Paternò questa massa avea ri posta una qualche fiducia; ed ognuno allora vide che se speranza ancora restava di scampo era questa solamente appoggiata al Principe di Paternò.

In questo terribile stato di ondeggiamento e di tumulto, dopo le vicende del giorno, sul far della sera, il Maggiore Cianciulli si avanzò a Porta di Termini, manifestando intenzioni pacifiche, e chiedendo abboccamento co’ capi della Città. Il popolo lo condusse dal Principe di Paternò, dove fu accolto con rispetto e con decenza. Si parlò di trattative, ed il Maggiore fece conoscere quanta vera e tenace inclinazione l'anima generosa del General Pepe nutriva per la conservazione della città, e pel risparmio del sangue dei cittadini. Si propose spedire un messaggio al Generale per domandargli questo abboccamento. Una folla immensa di armati occupava la strada, e si incalzava innanzi alle por te del palazzo, curiosa di sapere l'oggetto della venuta del Maggiore, e declamando e movendo mille condizioni, che tutte poi andavano a concludere per l'ostinazione alla resistenza. Pure fu scritta una lettera a S. E. il Gen. Pepe, e fra la confusione e i differenti impulsi ed opinioni che si esternavano, un Prete si o??erì di essere apportatore della lettera. Nella notte si innoltrò, e fu ricevuto al campo con garbatezza e con distinzione.

Per tutta la notte pertanto la città fu in gran sospensione. Il fuoco continuava in qualche punto, ma con interruzione e lentezza, 27 settembre, mercordi. Sotto questa data furono ricevute dal Quartier Generale alcune lettere dirette al mentovato Maggiore Cianciulli. Noi non possiamo far meglio che trascriverle per esteso. Esse serviranno a contestare quale sia stata la condotta del Tenente General Pepe, il di cui nome non potrà essere ripetuto in Sicilia che con trasporto e con v1v1ssima riconoscenza.

S. Giovanni la Commenda 27 settembre 182o.

Signor Maggiore Trovo che il casino dell'Orto Botanico è soverchiamente eccentrico, e bramando abbreviare, desidero vedere il signor Principe al luogo istesso ove oggi mi sono arrestato, cioè al piede del Ponte al principio dello Stradone. L'ora è per me indifferente, e può stabilirla il signor Principe medesimo.

Siccome però il suo Cappellano mi dice che egli si alza verso le ore 13, così se altrimenti non giudica, e se gli convenga, potrete fissare quest'ora. lo vi ordino di seguire l'E. S.

Prego S. E. che si faccia accompagnare da per sona che stimerà utile al pubblico bene.

ll Ten. Generale

F. PEPE.

S. Giovanni la Commenda 27 settembre 182o.

Signor Maggiore.

L'ordine di non tirare già tante volte dato, com' è voi noto, è ora ripetuto per mezzo di un uffiziale. E' prescritto a tutte le truppe di astenersi dal far fuoco, a meno che non siano insultate. Ciò spero che non avvenga.

Conto molto sulla lealtà palermitana per vedervi in sicurezza; e tanto più ora che sento, che siete in casa del signor Principe di Paternò, che vi pre go di ossequiare da mia parte non meno che la si gnora Principessa. io mi auguro che la vostra gita costà, quantunque non ordinata, apporti felici resultamenti, e vi attendo con impazienza domattina.

ll Ten. Generale

F. PEPE

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Niente essendomi più a cuore che la tranquillità di Palermo; niente essendomi più caro che di con servare la vita e le proprietà di ciascun individuo, io non potrei essere rigoroso se non con chi volesse compromettere le proprietà dei suoi concittadini, o portare offesa alle loro persone. Far che tutti rientrino nell'ordine, che Palermo sia rispettato, che profondo obblio copra il passato, che ricominci l'impero di una legge giusta e benefica, una legge che non guardi il passato, ma che assicuri a ciascuno il possedimento del suo per l'avvenire, solo questo è il mio scopo. Qualunque cittadino contribuisca a questa bell'opera sarà benemerito del Re e della sua patria; sarà la persona che meriterà la bene?ieenza del Governo, la riconoscenza del paese, e la speciale protezione.

Il Comandante di Castellammare, cui dirigo questo, ne dia conoscenza a tutti i buoni; rassicuri i timorosi, si rechi o mandi presso di me, ove troverà protezione ed amicizia, assicurandolo sulla mia parola, che la sua persona, o le persone che manderà saranno ben trattate, e rinviate a loro ri chiesta.

Dal mio Quartier generale innanzi Palermo 27 settembre 182o.

ll Ten. Generale

F. PEPE

Signor Maggiore,

Fate sentire a cotesto popolo, che la cavalleria non è avanzata, come loro credono. Al contrario, da dentro la città sono uscite molte persone arma te, si sono accostate al primo posto dalla parte del mare, e mentre dicevano d'essere pacifici amici si sono buttati addosso. La poca cavalleria che hanno veduta sono state le mie ordinanze, le quali sono accorse per garentire la fanteria, e si sono ritirate.

Nel mio campo tutto è tranquillo, e vi è ordine di non tirare affatto a meno che non siano assaliti.

Il sig. Principe di Paternò ha promesso di venire al mio Quartier generale. L'aspetto se vuole onorarmi, onde stabilire tutto ciò, che può assicurare la tranquillità ed il ben essere del Palermitani.

Voi più di ogni altro sapete quanto ho fatto per evitare le scene orribili tra i compatriotti, e potete dirlo a cotesti signori.

Il Ten. Generale.

F, PEPE

(Sarà continuato)

–Con proclama di S, E. il Comandante Generale delle Armi del giorno 12 sono state rimesse tutte le autorità che esistevano prima del 15 luglio. Noi ci facciamo un piacere di avvertire il Pubblico che, ad istanza e sollecitazione del Duca di Serradifalco Direttore Generale dei rami e diritti diversi, S. E. il 'Tenente Generale Pepe ed il Signor Commissario Politico Massone si sono compiaciuti di approvare che non si rimetta in questa Capitale il Registro ed il Bollo.

















Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - l'ho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura!

Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin)










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