Eleaml - Nuovi Eleatici


Guerra ad oriente dalla guerra di Crimea alla guerra d’Ucraina di Zenone di Elea

LA QUESTIONE D’ORIENTE

STORIA CONTEMPORANEA CHE DESCRIVE LE CAUSE DELLA QUESTIONE E NE SEGUE L'ANDAMENTO

DIPLOMATICO FINO ALLA CONCHIUSIONE DELLA PACE

SVILUPPA L’ORIGINE E L’ANDAMENTO DELLE CONFERENZE DI PARIGI

NE RACCOGLIE

i Protocolli ed i Trattati

CON QUANT’ALTRO VI SI RIFERISCE E TRACCIA LE BIOGRAFIE DEI PLENIPOTENZIARI

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VOLUME UNICO

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VENEZIA

COI TIPI DI TERESA GATTEI EDITRICE

1856
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LA GUERRA DI CRIMEA (1853-1856) - ELENCO DEI TESTI PUBBLICATI SUL NOSTRO SITO
1856 VENEZIA questione d oriente protocolli trattati biografie

NOMI DE' PLENIPOTENZIARJ

SECONDO L'ORDINE CON CUI SONO DISPOSTI NELLA FOTOGRAFIA

DA SINISTRA A DESTRA DI CHI LI GUARDA

Rango in piedi

Co. Benso di Cavour

March. di Villamarina

Co. di Hatzfeldt

Sig. Benedetti Segret

Mehemmed-Djémil-Bey.

Il Barone di Brunnow;

Bar. di Manteuffel

Co. de Buol

Rango seduti

Bar. de Hübner

S. A. Aali Pacha

Co. di Clarendon

Co. Walewski

Co. Orloff

Bar. di Bourqueney

Lord Cowley;


Le conferenze di Parigi – Preliminari Protocollo N I — Danubio — Mar Nero — Popolazioni cristiane soggette alla Porta Annesso al Protocollo N X Protocollo N XX - Seduta del Aprile  1856
Parigi sede delle Conferenze Protocollo N II - Seduta del  Febbraio 1856  Convenzione separata
tra la Sublime Porta e la Russia
Protocollo N XXI - Seduta del Aprile  1856
Neutralizzazione del mar Nero Protocollo N III - Seduta del Primo marzo 1856 Protocollo N XI - SEeconda Seduta del Marzo 1856 Protocollo N XXII - Seduta del Aprile  1856
Libertà del Danubio Protocollo N IV - Seduta del Marzo 1856 Protocollo N ° XII - Seduta del Marzo 1856 Annesso al Protocollo N. XXII - Dichiarazione
Cristiani sudditi della Porta Protocollo N V - Seduta del Marzo 1856 Protocollo N XIII - Seduta del Marzo 1856 Protocollo N XXIII - Seduta del Aprile  1856
La questione italian Protocollo N VI - Seduta dell’ Marzo 1856 Protocollo N XIV - Seduta del Marzo 1856 Protocollo N XXIV - Seduta del Aprile  1856
Diritto marittimo Protocollo N VII - Seduta del Marzo 1856 Protocollo N XV - Seduta del Marzo 1856 BIOGRAFIE - Austria - S. E. Il Co. Buol-Shauenstein - Barone De Hubner
Sunto storico della questione d’oriente Protocollo N VIII - Seduta del Marzo 1856 Protocollo N XVI - Seduta del Marzo 1856 Francia - Co. Colonna Walewsky -  Gran Brettagna - S. E. Clarendon - Lord Cowley
Trattato di pace - In nome di Dio onnipotente Protocollo N IX - Seduta del Marzo 1856 Protocollo N XVII - Seduta del Marzo 1856 Prussia - De Manteuffel - Co. Hatzfeldt - Russia - Conte Orloff - Barone Brunnow
Allegato I - Allegato II - Allegato III Protocollo N X - Peima Seduta del Marzo 1856
Protocollo N XVIII - Seduta del Marzo 1856
Sardegna - Marchese Di Villamarina
Turchia - Aali-Pacha -  Mehemmed

LE CONFERENZE DI PARIGI

Les gouvernements qui ont prohibe, et qui prohibent encore l’étude de l’histoire, ou qui la restringent à des points de Mie arbitrairement

fixes, nélaissent pas à la civilisation la seule base qui puisse la rendre morale.


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Preliminari

Rotto è il mistero che avvolgeva le Conferenze. L’opera della diplomazia superò grandi ostacoli, ed il suo spirito conciliativo né abbreviava il cammino. Il grande avvenimento intorno al quale s’aggirarono tante speranze, s’ombreggiavano tanti timori, verso al quale si rivolsero tante aspirazioni, si formularono tanti desiderj, passò nell’ordine dei fatti compiuti. Un Trattato che scioglie la questione d'Oriente, che mette fine alla guerra per la quale tanti milioni di danaro furono dispendiati, tante mille vite perirono, fu segnato a Parigi il 30 Marzo 1856.

Ed era pur tempo che lo spirito conciliativo venisse efficacemente esercitato; era pur tempo che cessasse la guerra anche per appagare le esigenze di certi spiriti incontentabili i quali non sapevano scorgerci un motivo troppo evidente che la giustificasse.

Imperocché, dicevan essi, quando il Governo russo annunciava altamente il progetto di chiamare tutti i cristiani d’Oriente a prendere le armi per la difesa della loro fede, — questa fede era veramente minacciata? —

E quando gli Alleati d’Occidente bramando in lor favore il consenso dell’opinione publica per rannodare attorno ad essi i popoli volonterosi. dichiararono che prendevano le armi per la difesa della civilizzazione europea, che la Russia volea distruggere, — questa civilizzazione era veramente minacciata? — La Russia dal 1703, ha progredita sempre o decadde nella sua interna civilizzazione? — Poteva e può ella veramente nuocere alla civilizzazione europea, ella che non ha in possesso un solo punto del globo fuori del suo territorio da dove essere ostile e pericolosa a chi che sia? —

O la questione, soggiungevano, che adombravasi sotto que’ motivi speciosi, non era piuttosto una questione di semplice preponderanza politica? —

Ma, riguardo alla Russia, questa idea non avrebbe eccitato il popolo russo alla guerra. Cotesto popolo ha il sentimento della propria grandezza, della forza del proprio paese; se ha desiderj, se attende miglioramenti nella sua posizione, sente che deve ripeterli dal suo governo, e che una guerra straniera di carattere semplicemente politico non glieli procurerebbe.

Riguardo agli Alleati, il solo motivo della preponderanza politica non avrebbe ottenuto che un assenso troppo parziale nel publico europeo. Se la Russia esercitò qualche preponderanza sugli stati limitrofi ed altri secondarj, nessuno in Francia, e meno in Inghilterra avrebbe voluto convenire che fosse la Russia superiore a que’ due Stati; l’ammetterlo faceva discendere dalla propria altezza.

Così ragionavano. Noi ad ogni modo, e riconoscendo che alcuni vantaggi della guerra incontestabilmente si ottennero, ripetiamo: era pur tempo che lo spirito conciliativo venisse efficacemente esercitato.

Originarono le negoziazioni dalle trattative apertesi a Vienna nel mese di Novembre 1855 fra le tre Potenze che firmarono il Trattato del 2 Decembre 1854.

La caduta di Sebastopoli, seguita da quella di Kinbum, coronava il successo ottenuto dagli Alleati nel mar d’Azoff, ed annientava nel mar Nero i mezzi d’azione della Russia; la quale d’altronde fu in grado per cotal guisa di meglio apprezzare le forze de' suoi avversarj, i pericoli che derivar le potevano dal prolungare la lotta, e la necessità di devenire a qualche concessione per metter fine onorificamente ad una guerra in cui s’era impegnata non forse con ogni debita ponderazione. Il momento era dunque opportuno ai tentativi di pace.

L’Austria che dopo la rottura delle Conferenze di Vienna, aspettava occasione di riprendere il suo ascendente negli affari e di riacquistare il terreno perduto, seppe comprendere il partito che trar poteva dalle circostanze. Le condizioni d’ogni negoziazione erano indicate dai quattro punti che costituivano la essenza delle Note scambiate a Vienna sin dal giorno 8 Agosto 1854, e la realizzazione dei quali formato aveva l’oggetto del Trattato del 2 Decembre. Era adesso mestieri di darvi ima interpretazione che fosse in rapporto coi successi ottenuti nel Baltico, nel mar d’Azoff, nella Crimea. Il Co. Walewski, nell’assumere il portafoglio degli affari esteri, ebbe in animo di far conoscere a Vienna le intenzioni del suo Governo su tale importante argomento. Ben lontano il Gabinetto di Parigi dall’affievolire il legame del 2 Decembre, tendeva pur nullameno ad approfittare delle avvantaggiate circostanze militari, e ad estendere opportunamente le sue pretese in relazione a' propri sacrifizj. Né in ciò dissentiva il Gabinetto inglese.

A primo aspetto era lecito dubitare che la Russia fosse poco inclinata alla pace; e difatti Gortschakoff aveva impegnato d’onore la Russia a non accettare, come realizzazione del terzo punto, qual si fosse limitazione delle sue forze navali nel mar Nero, e il Co. di Nesselrode aveva sanzionato formalmente il linguaggio del plenipotenziario Russo a Vienna. Pure il Governo francese pensò di accogliere favorevolmente le proposizioni dell’Austria, salve le modificazioni da concretarsi fra Parigi e Londra affine di darvi l’estensione desiderabile. Nell’ipotesi d’adesione da parte della Russia a quelle proposizioni, le potenze Occidentali trovavansi nella certezza di negoziare sopra basi realmente conformi allo scopo della guerra, e per una pace soddisfacente. Nell’ipotesi invece d’un rifiuto, l’Austria si sarebbe trovata in tali legami cogli Alleati da dover rompere senza esitanza le sue relazioni col Gabinetto di Pietroburgo. Conseguentemente, a qualunque partito si fosse decisa la Russia, o le Potenze alleate conchiudevano una pace onorevole, o proseguivano la guerra con un potente alleato di più. L’Inghilterra però trovavasi meno disposta della Francia all’idea di ima prossima pace. Incominciata la guerra senz’esservisi apparecchiata, aveva fatto giganteschi preparativi per continuarla; d’altronde ella non era senza prevenzioni a riguardo dell’Austria, prevenzioni che datavano dalle ultime rivoluzioni; e nessuno ignora con quali manifestazioni sbrano esse tradotte dopo la guerra d’Ungheria; ma comunque ella avesse mostrato poca premura a conchiudere il trattato coll’Austria, ed attestata poca confidenza nel valore di quello, pure vi si era prestata, e giustamente apprezzando la generale situazione del momento, pose da parte le prevenzioni e le esitanze, e francamente calcò la nuova via che si apriva. Il calcolo del tornaconto fa superare molte contrarietà.

Modificate che furono di concerto le proposizioni dell’Austria, ed impegnatesi le due Potenze occidentali di loro adesione, pel caso dell’accettazione russa, fu convenuto che l’Austria medesima le presenterebbe al Gabinetto di Pietroburgo come sua propria iniziativa, ritenuto che dovessero venire accettate completamente, senza riserve, cosi nel loro complesso che nel loro dettaglio, nel termine di tre settimane.

Per verità l’articolo quinto era oscuro ed incerto; però le condizioni particolari, alle quali si riferiva, nulla contenevano di strano: la neutralizzazione delle Isole d’Aland, e l’esame dello stato dei territorj all’Est del mar Nero.

Nel mentre l’Europa tutta riteneva l’ultimato dell’Austria come irrevocabilmente rejetto, la risoluzione definitiva presa dal Gabinetto russo recò un’impressione profonda. — Quali motivi abbiano mai determinato una mutazione si rapida e decisiva? — Dalla Campagna in Crimea la Russia molto sofferse. Poteva bensì ancora continuare a difendersi, ritirandosi nella sua parte centrale coll’abbandono delle sue provincie frontiere; ma è certo che questa tattica la quale obbligava gli alleati ad ulteriori sacrifizj, esponeva la Russia a gravi calamità, ed avrebbe sollevato questioni territoriali risolvibili presumibilmente a suo pregiudizio. D’altronde le relazioni co’ suoi vicini peggioravano di giorno in giorno. Una volta compiuta la rottura, e la guerra avvicinandosi alle frontiere dell’Austria, questa era forzata ad alzare le armi. La Svezia, mediante un Trattato erasi legata alle Potenze occidentali; e le ostilità dovendo necessariamente involgere le Provincie russe del Baltico e probabilmente la Finlandia, era a presumersi che eziandio il Governo svedese fosse astretto a prendere le armi. Finalmente gli Stati secondarj di Germania, e la Prussia stessa, diradato il prestigio dell’influenza russa, già manifestavano la dissenziente loro opinione dalla politica militante di quel governo. Egli non aveva pertanto che a continuare la lotta sotto condizioni sempre più sfavorevoli.

Ecco l’imperatore Alessandro, più previdente che ardito, più cedevole che ostinato, accogliere l’occasione che gli si offriva di metter fine alla guerra. D’altronde la situazione difficile non l’aveva egli creata; non era egli quindi in obbligo di subirne tutte le conseguenze. Dapprima, il suo Impero non poteva inaugurarsi col deporre le armi senza avere tentato uno sforzo per sostenerne l’onore; egli è dunque evidente che la pace non si conchiudesse al momento delle negoziazioni di Vienna nel 1855. Ma dappoi, co testa mira raggiunta, resistita onorevolmente la difesa in Crimea, ed ottenuta d’altra parte la resa di Kars, la quale se non fu gloriosa quanto all’ingegno strategico ed al valore effettivo delle armi, fu però un’importante avvenimento sotto più militari riguardi e valse nell’animo dei Russi a contrabilanciare in qualche modo la caduta di Sebastopoli, l’imperatore Alessandro fu più in grado e in facoltà di rinunciare alla politica bellicosa che da suo padre aveva ereditata. Ond’è che per la pace francamente e lealmente si decise.

Parigi sede delle Conferenze

Tostoché si conobbe che la Russia consentiva a negoziare sulle basi dell’Ultimato Austriaco, fu unanime il pensiero ch’esser dovesse a Parigi la Sede delle definitive Conferenze dei Plenipotenziarj, e che all’influenza della Francia fosse inoltre riservato l’onore di dirigere i loro lavori.

Questa scelta rese alla Francia una duplice soddisfazione: poter cancellare la memoria umiliante della pace del 1815; avere un onorevole riscontro al trattato sugli affari d’Oriente stipulato a Londra, senza e contro di essa, nel 15 Luglio 1840. La Francia, sotto l’imperatore Napoleone DI, si è ben meritata questa duplice soddisfazione, giacche con tutta l’energia e con tutta l’annegazione di cui è suscettibile il carattere francese, combattà contro il sistema che condusse alla pace del 1815, e contro la dottrina del diritto del più forte. L’attuale sua posizione nella questione d’Oriente ili confronto al 1840, non solo presenta il contrapposto della vittoria alla sconfitta, ma olire anche la differenza che passa tra gli sforzi dell’egoismo ed il riconoscimento dei comuni interessi.

Tutti i tentativi anteriori di componimento avevano avuto luogo a Vienna. Quivi si compilò la celebre Nota che, accettata dalla Russia e respinta dalla Porta, pur sembrava poter conciliare i loro interessi ed impedire la guerra. Quivi furono firmati i Protocolli che dovevano successivamente vincolare l’Austria alla politica occidentale; quivi le Note dell’8 Agosto ed il Trattato del 2 Decembre 1854; quivi finalmente le trattive del Marzo 1855.

Le circostanze ormai toglievano necessariamente all’Austria il favore goduto; e non avendo ella partecipato alla guerra, non poteva dirigere le finali negoziazioni di pace.

Il Gabinetto inglese, rinunciando di reclamare in favor proprio la sede delle Conferenze, poteva chiedere che si aprissero le negoziazioni in un paese neutro; ma preferì di dare al Governo francese una dimostrazione di confidenza, riconoscendo spontaneo l’opportunità di Parigi, e proponendo di fissarvi la riunione dei Plenipotenziarj.

Considerato che l’Inghilterra pur consentendo a negoziare, avrebbe forse preferito la continuazione della guerra, e viste le abili mosse dei plenipotenziarj russi verso la Francia, dacché giunsero a Parigi, taluni pensarono che ciò potesse occasionare un turbamento nell’alleanza. Ma i due Gabinetti, come in altre occasioni, si accordarono preventivamente sui diversi punti che dovevano formare l’oggetto delle deliberazioni del Congresso; ed abbiamo fondamento per ritenere che il piano fosse ideato dalla Francia e concepito in guisa, nelle sue essenziali disposizioni, da provare all’Inghilterra che, a Parigi come a Londra, erano disposti di dare alle condizioni accettate a base delle Conferenze la maggior possibile estensione, senza spingere all’estremo le proprie esigenze e le deduzioni dei principj contenuti nell’ultimatum.

Non sappiamo a questo punto superare una considerazione, di noi non esclusiva, che dimostra quanto spesso alla sorte piaccia distruggere le risoluzioni degli uomini i quali pretesero incatenar l’avvenire come aveano vinto il loro presente. La Storia nel secolo decimonono ci presenta, già a quest’ora, l’Inghilterra incorniciata fra due imperi napoleonici; il primo dei quali ella perseguitò a tutt’oltranza e col quale la dinastia avrebbe dovuto avere e principio e fine; nel mentre che si compiacque congiungere la propria fortuna alla recente esistenza dell’altro che ruppe il Trattato onde la dinastia di quel Sommo veniva per sempre sbandita dal Trono!....

L’Inghilterra si penetrò della saggia condotta del suo Alleato, ed all’opinione di questo aderì pienamente.

La Turchia poi, questa principale interessata, non fu per verità consultata sempre, durante lo scambio delle comunicazioni originate dall’ultimatum.

Ma ciò è attribuibile alla prontezza con cui volevasi effettuare l’inoltro delle proposte al Gabinetto di Pietroburgo, ed alla distanza in cui giace Costantinopoli, piuttostoché a noncuranza delle opinioni della Porta. E le Potenze occidentali, che avevano d’altronde la coscienza di agire nel migliore interesse europeo, non omisero di renderla successivamente edotta di quanto avevasi praticato, già calcolando del pieno suo consentimento. La Porta aderì infatti per intiero alle condizioni di pace, le quali appunto rispondevano agl’interessi proprj. Non solamente disarmavasi la Russia nel mar Nero, ma l’impero Ottomano riacquistava un territorio assai conteso; riacquistava gli sbocchi del Danubio, e la cittadella d’Ismail baluardo un tempo della sua potenza sul Danubio; quest’angolo di terra, in qualche guisa divenuto sacro, nel sentimento dei Turchi, per l’eroismo che vi aveano tante volte dispiegato nelle ultime loro lotte contro la Russia.

Conseguentemente i plenipotenziarj dell’Imperatore Alessandro presentandosi a Parigi trovavano gli altri Rappresentanti già intesi intorno ai principii generali delle negoziazioni; e sebbene qualche temperamento d’opinione avesse potuto farsi strada nelle discussioni del Congresso, l’accordo degli Alleati prestabilito non poteva per guisa alcuna venire turbato.

La prima conferenza si tenne il giorno 25 Febbraio 1856 nel Palazzo del Ministero degli Affari Esteri e precisamente nella Sala degli Ambasciatori.

V’intervennero come plenipotenziarj:

Per la Francia:

Il ConteColonna Walewski, ed

Il Baronedi Bourqueney;

per l’Austria:

Il Conte de Buol Schauenstein, ed

Il Baronede Hübner;

per la Gran Brettagna:

Il Conte di Clarendon, e

Lord Cowley;

per la Russia:

Il Conte Orloff, ed

Il Baronedi Brunnow;

per la Sardegna:

Il Contedi Cavour, ed

Il Marchesedi Villamarina,

per la Turchia:

Aali Pachia, e

Mehemmed-Djémil-Bey.

Sulla proposizione del Co. Buol, motivata specialmente dal poter offrire un omaggio al Sovrano della cui ospitalità godevano i Rappresentanti d’Europa, la Presidenza fu ad unanimità conferita al Co. Colonna Walewski; e, sulle di lui proposizioni, la Conferenza decise di affidare la redazione dei Protocolli al Sig. Benedetti Direttore degli Affari Politici nel Ministero degli Affari Esteri.

L’Ordine Alfabetico del nome delle Potenze semi di regola all’assegnazione del posto occupato al Tavolo del Consiglio dai Rappresentanti di ciascuna di esse.

La Prussia non formava parte degl’intervenuti. La Prussia erasi volontariamente isolata; e dall’epoca delle Note di Vienna, che non aveva firmate, ella non partecipò a veruna delle transazioni o delle deliberazioni seguite tra la Francia, l’Inghilterra e l’Austria. Ma, giusta quanto era stato ritenuto nella Conferenza del giorno 28 Febbraio, e dopo che eransi già ventilate le questioni che implicavano la pace o la guerra, il Co. Walewski espose, nella Sessione del 10 Marzo, ch’era venuto il momento d’invitarla a farsi rappresentare al Congresso; ed il Congresso aderiva considerando essere d’una importanza europea che la Prussia, firmataria della Convenzione conchiusa a Londra il 43 Luglio 1841, si renda partecipe dei nuovi componimenti.

Il Re di Prussia inviava a Parigi il barone di Manteuffel il quale, in unione al Conte di Hatzfeldt, intervenne alle Conferenze ulteriori incominciando dalla seconda seduta del giorno 18 Marzo.

Neutralizzazione del mar Nero

Dopo di avere riveduto con mirabile accordo le basi generali delle discussioni, e di essersi intesi sulla nomina della commissione mista incaricata di verificare e rettificare le frontiere della Turchia e della Russia in Asia, sulla proposta del PresidenteValewski,i plenipotenziarii deliberarono di occuparsi, prima d’ogni altra cosa, dello svolgimento del terzo punto concernente la neutralizzazione del mar Mero; punto che in se conteneva le maggiori difficoltà di soluzione.

All’epoca delle conferenze di Vienna, l’idea della neutralizzazione era stata respinta dal gabinetto austriaco, come troppo decisiva e radicale anche sotto il punto di vista di togliere la preponderanza russa in Oriente. Mentre egli non voleva apposti altri limiti alla marina russa nel mar Nero, all’infuori di quelli che la ritornassero alle condizioni anteriori alla guerra, come poteva mai accogliere una situazione che, sotto apparenza di reciprocità fra i due Stati finitimi, doveva far disparire lo stendardo di guerra della Russia in quelle acque che pur non ha guari signoreggiava?—L’aver quindi l’Austria accolto il principio della neutralizzazione del mar Nero dimostra quanto fossero ululate le circostanze in favore degli Alleati. — E la Russia, che nel 1855 vi avea manifestata tanta contrarietà, non opponeva ora più ostacolo. Quando l'ultimatum dell’Austria fu presentato a Pietroburgo e che il Gabinetto russo credette dapprima rispondervi mediante controproposte, queste implicavano importanti mutazioni relativamente alle rettifiche delle frontiere in Bessarabia. Tendevano inoltre a respingere ogni idea di condizioni speciali in aggiunta ai quattro punti; e si limitavano, per quanto concorreva la neutralizzazione, ad alcune modificazioni di espressione destinate a restringere l'applicabilità del principio. Quanto al principio stesso, veniva ammesso senza riserva. Il Governo russo desiderava, che nella stipulazione relativa ai bastimenti leggieri, ch'egli restava autorizzato di mantenere nell’Eusino, si contemplasse non solamente le necessità del servigio, ma altresì il bisogno della difesa delle Coste. E, preoccupato inoltre di escludere il suo arsenale di Nikolajeff dalle piazze alle quali veniva interdetto di conservare e di creare arsenali militari marittimi, avrebbe voluto che tale interdizione si limitasse categoricamente al littorale propriamente detto del mar Nero.

Ricusando di accettare queste controproposte, giusta l'impegno che assunse verso la Francia e l'Inghilterra, l'Austria aveva provato al Gabinetto di Pietroburgo non esservi transazione possibile intorno a cotesti punti essenziali. Aderendo definitivamente al sistema della neutralizzazione, la Russia l'ammetteva dunque in tutta la sua estensione e con tutte le sue conseguenze.

Sorse pertanto nel seno delle Conferenze la questione se Nikolajeff, che possiede un arsenale per costruzioni marittime di prim’ordine, e che giace sul Bug affluente del mar Nero, potesse conservarsi senza ledere lo stabilito principio. Ma essendo Nikolajeff situata lunge dalle rive di quel mare, il sentimento della propria dignità non poteva permettere alla Russia di lasciar estendere ad altre parti dell’impero un principio solamente applicabile al littorale. D’altra parte la sicurezza delle Coste e la loro sorveglianza esigevano che la Russia, com'era stato riconosciuto, tenesse dei navigli leggieri, e se ella consentiva all’abbandono dei Cantieri di Nikolajeff, sorgeva allora la necessità di stabilirne altri s'un altro punto de' suoi possessi meridionali.

L’esigere, nel Trattato, una esplicita stipulazione con cui la Russia s’impegnasse a distruggere 'un’arsenale rimasto estraneo al teatro della guerra, avrebbe resa più difficile la conchiusione della pace. Se dunque non dovevano gli Alleati insistere sulla distruzione di Nikolajeff, altrettanto doveva la Russia dal canto suo dar prova a questo riguardo di buon volere: e cosi avvenne. Ricusando ogni accordo su Nikolajeff ella avrebbe sollevato diffidenze allarmanti ed autorizzato a mettere in dubbio la sincerità delle suo intenzioni, avrebbe autorizzato a maggiori esigenze, ad aumento di precauzioni. Non contraendo obblighi positivi, poteva assumerne di morali; non vincolata ad impegnarsi, ella poteva promettere; e procurando di rendere soddisfatte le potenze alleate, ella salvava in pari tempo la sua dignità. Ecco l’oggetto, e l’effetto della dichiaratone del Co. Orloff, inserita nei protocolli, la quale, comunque spoglia di solennità, non è perciò meno obbligatoria delle particolari stipulazioni nel Trattato inserite.

«La Russia non farà costruire a Nikolajeff o in altri luoghi sulle rive del mar Nero o sovra i suoi affluenti (mar d’Azoff etc.) che le navi da guerra menzionate nelle basi della negoziazione;«quelle cioè che tornano necessarie alla sicurezza del mar Nero ed il numero delle quali fu regolato di comune accordo fra la Russia e la Turchia. Ecco la dichiarazione che fé’ svanire ogni inquietezza, tanto più quando il Co. Orloff aggiunse che per dare una prova della sincerità delle sue espressioni, l’imperatore Alessandro l’aveva incaricato di chiedere il libero passaggio degli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli pei due vascelli di linea che trovavansi a Nikolajeff e che dovevano trasferirsi nel Baltico tosto conchiusa la pace.

Per farsi una idea esatta della neutralizzazione, è d’uopo rammentarsi che la Turchia conserva nel mar Nero un numero di bastimenti leggieri eguale a quello accordato alla Russia; e che il Sultano resta libero di avere non solo nel Mediterraneo, ma del mar di Marmana e nel Bosforo, quante navi da guerra a lui meglio convenga. D’altronde in virtù dell’articolo che, nell’interesse della libera navigazione del Danubio, facoltizza le Potenze firmatarie a mantenere due bastimenti leggieri negli sbocchi del Fiume, gli Alleati vanno ad avere un effettivo navale, equivalente almeno in numero, e superiore in forza affa squadra permessa alla Russia. E giova avvertire eziandio che, al bisogno, le loro flotte partendo da Tolone, da Malta, da Genova e da Trieste, sono in grado in pochi giorni di fornire al mar Nero navi e cannoni da rendere, anche per questa semplice possibilità, sempre efficaci in Oriente i patti conchiusi.

La neutralizzazione dell'Eusino, ormai divenne un fatto compiuto.

Non devesi però, inferire che l’Europa abbandoni alla Turchia sola il pensiero di mantenere il nuovo stato di cose. Ogni diritto ha mestieri d’essere sorvegliato e difeso; e l’Europa occidentale non potrà dispensarsi dal tener d'occhio il mar Nero. Intanto non disconosciamo il notevole cangiamento che recò in Oriente tale neutralizzazione. Avanti la pace del 1856, la Russia avea diritto di tenere in quelle acque una flotta che i venti del Nord e le correnti del Bosforo potevano condurre in breve tempo sotto le mura di Costantinopoli; e fa meraviglia anzi che durante le guerre guerreggiate negli ultimi sessant’anni fra la Russia e la Turchia, il Bosforo da quella non sia mai stato sforzato. Ora questo pericolo più non esiste. Questo pericolo che incominciato era per la Turchia dal giorno in cui la sua antagonista avea posto piede sulle rive del mar Nero, dal giorno in cui ella s’era impossessata d’Azoff. Costantinopoli per essere tranquilla, bisognava che dominasse il Nord o loneutralizzasse. Il

Trattato del 30 Marzo raggiunse quest’ultimo scopo.

Il mar Nero fu chiuso alla guerra, ma venne aperto alla civilizzazione. Nell'antico stato di cose, la barbarie dapprima, e la dominazione turchesca dappoi impedivano bensì che l’Eusino fosse un pericolo per Costantinopoli; ma in pari tempo impedii ano ch’egli fosse una via aperta alla civilizzazione. La civiltà italiana, che, la mercé dei Genovesi e dei Veneziani, aveva surrogato in Oriente quella di Grecia e di Roma, cotesta civiltà, era sparita, soffocata dalla dominazione dei Turchi. Nel secolo decimottavo il mar Nero ricadde nella barbarie; e per istrapparnelo era quasi una fatale necessità ch’ei divenisse russo. Oggi la quistione fu sciolta felicemente: il mar Nero non è più turco, né sarà per diventare russo: egli appartiene al progresso europeo. Un nobile concorso è aperto in certa guisa fra le Potenze per animare e vivificare il più presto ed il meglio possibile cotesto mare già causa, un tempo, di discordia, anello invece attualmente di congiunzione fra l'Oriente e l’Occidente. Nessuno vi è escluso: né le Potenze occidentali, né la Germania, né tampoco la Russia che ben comprende esser meglio, piuttosto che estendere il suo Impero, progredire nella interna sua civiltà. (V. gli art.11-14 del Trattato, p.82, e la Convenz. annessa in alleg. II. p.92, nonché la dichiarazione del Prot. n. IV p.109.)

Libertà del Danubio

Neutralizzazione del mar Nero, e libertà del Danubio sono fra loro strettamente legate. Il Congresso infatti dopo esaurito il primo argomento, soggetto del terzo punto dei preliminari, passava a trattare del secondo.

Senza la libertà o la neutralizzazione del mar Nero, il Danubio è schiavo, o inutile. A che giova che questo gran fiume attraversi la Germania tutta e si carichi nel suo corso delle ricchezze e delle idee della civiltà, s’egli è poi schiavo incatenato, o se va a gettarsi in luogo di barbarie? La neutralizzazione incivilita del mar Nero è necessaria al Danubio, e questo in pari tempo è singolarmente utile a quella, imperocché la mantiene e la difende costituendo la Germania in territorio limitrofo del mar Nero.

In addietro quando il mar Nero era tutt’affatto turco, anche il Danubio era turco, e non profittava né della sua sorgente né del suo corso cristiano e incivilito; egli scorreva, per così dire dalla civiltà alla barbarie, perdendo ad ogni tratto, da Vienna in poi, alcun che del suo carattere e della sua importanza, passava dall’Ungheria ancor piena di medio-evo, alla Turchia ed ai Principati per ritrovarvi paesi che sembravano all’indomani della invasione barbarica. Era deplorabile che questo gran fiume fosse meno incivilito a seconda ch’era più navigabile, e quindi perdesse d’ogni suo avvantaggio! — Dopo le conquiste dei Russi, dopo il trattato di Bucarest e specialmente dopo il trattato di Adrianopoli, il Danubio divenne russo come russo era il mar Nero. Inoltre i suoi sbocchi arrenandosi sempre più di giorno in giorno, s’avanzava il momento in cui il gran fiume, lunge dall’essere un veicolo di comunicazione, avrebbe formato una barriera di sabbie, onde la Germania, in ispecialità, andava ad escludersi dal mar Nero per sempre.

Qualche parola di spiegazione tornerà utile a riguardo di questo ostruimento delle foci, che suscitò tante querele in Europa. La Russia, per una convenzione firmata a Pietroburgo nel mese di Agosto 1840, dopo di avere riconosciuto il principio della libera navigazione del Fiume, s’era formalmente impegnata di mantenere il Canale di Sulina alla profondità d’acqua necessaria al libero passaggio di tutti i bastimenti mercantili.

Sotto la dominazione dei Turchi, cotesta profondità fu sempre mantenuta almeno fra i 46 e i 42 piedi; ma la libera navigazione, come via commerciale, era inceppata allora dalle imposizioni arbitrarie con cui i Pacha, stabiliti nelle varie piazze, angheriavano i bastimenti di passaggio. La Porta non avea cura che degli sbocchi del fiume per assicurare a Costantinopoli il regolare trasporto dai Principati dei grani ad essa indispensabili. Il resto negligeva.

Stipulata la Convenzione, il governo russo incaricò l’amministrazione marittima di Odessa di sorvegliarne l’esecuzione, e sotto questo reggime novello la navigazione del Danubio acquistò un rapido incremento. L’Ungheria, la Germania tutta se né giovarono assai. Il porto di Galatz guadagnò d’importanza, divenendo il deposito per l’esportazione dei cereali dai Principati. Ma da qui sorse la gelosa rivalità del porto di Odessa, e l’amministrazione marittima circuita dai molli interessati, e nazionali e stranieri non più si applicò colla stessa diligenza all’opera che le incombeva. Ai negozianti che lottavano contro Galatz in favore di Odessa, si aggiunsero anche i possidenti le cui terre sono comprese nel raggio territoriale che può ancora con benefizio trasportare a Odessa le derrate, e questi possidenti lottavano contro i bojardi della Moldavia e della Valacchia, che tutti avevano il vantaggio d’un più breve tragitto fino al Danubio: motivo anche questo per procurar loro maggiori difficoltà.

Senonché un’altra causa di corruzione diretta veniva attribuita agl’impiegati russi preposti, lungo il fiume dalle sue foci fino a Reni, ai differenti uffizii richiesti dalla navigazione resa negli ultimi anni sì difficile e perigliosa. — Tostoché il Danubio si rese attivo in commercio, s’era formata a Costantinopoli una società di Greci la quale stabilì alle bocche di Sulina una flottiglia di leggere barche destinata ad offrire e vendere i suoi servizi a tutti i bastimenti di carico superiore e perciò impossibilitati a superare i banchi di sabbia. Più questi banchi mantenevansi od elevavansi, più aumentavano i profitti della società che giunsero perfino ad una misura impensata; onde fu accreditata l’accusa che la società pagasse generosi premj d’inazione a tutti i preposti degli Uffizj russi summentovati. D’altronde l’esercizio dei mezzi destinati agli escavi non essendo sorvegliato dalle Autorità locali, lo si lasciò tanto più di leggieri cadere in abbandono anche dalle Autorità superiori in quanto che ciò meglio corrispondeva agl’interessi particolari di Odessa.

Il commercio soffriva, e le doglianze divennero multeplici: non furono ascoltate. Le cancellerie dei grandi Stati hanno dovunque e in generale il sistema di non accogliere troppo facilmente i reclami degli stranieri, reputando cosi meglio difendere gl’interessi del proprio paese. Ma le giuste querele non esaudite, si mutano presto in clamori, poscia in grida disperate, finalmente in grido di guerra. E cosi avvenne. Quest’incidente si collegò alla questione generale che gialla guerra ebbe sviluppo, e soluzione dalla pace. La navigazione del Danubio dovea rendersi libera dacché la supremazia del mar Nero era svanita. Il porto di Galatz diverrà quind’innanzi il rivale libero del porto di Odessa.

Indipendentemente poi dall’interesse in genere che doveva assumere l’Impero d’Austria per la libera navigazione del Danubio, il Governo Austriaco aveva una ragione diretta e personale di muover lagno contro la Russia, perché fu verso l’Austria che la Russia erasi direttamente vincolata colla Convenzione firmata a Pietroburgo. L’onore politico dell’Austria era dunque impegnato in tale quistione; un diritto internazionale d’alta importanza era stato violato col rendere impossibile quella navigazione. Ecco il motivo che fece inchiudere questo punto nel novero delle garanzie prestabilite a base delle negoziazioni.

Ora gli sbocchi del Danubio non sono più russi; sono Moldavi e vassalli della Turchia come la Moldavia. Depositarj di cotesta grande comunicazione dell’occidente Coll’Oriente, della Germania col mar Nero, importava adesso più che mai avessero i Principati, per quanto era possibile, una neutralità indipendente, affinché il Danubio conservasse il carattere europeo che gl’imprimeva il trattato di Parigi. — E cosi effettuossi come ci sarà, dato osservare nel capitolo seguente.

Il Congresso non si limitò a decretare la libertà del Danubio; volle darvi una organizzazione di cui potranno indirettamente approfittane i Principati ch'egli attraversa. Una commissione europea, composta di delegali degli Stati che presero posto alle Conferenze, è incaricata di far eseguire i la ori necessarj a rendere il fiume e le sue foci e il mare circonvicino nelle migliori possibili condizioni di navigabilità. Questa commissione europea determinerà inoltre le tariffe dei diritti da pagarsi, ed il prodotto servirà a coprire le spese dei lavori ordinati. Poscia un’altra commissione permanente non più europea, ma solo composta di delegati delle Potenze finitime, veglierà all’esecuzione di quanto l’altra abbia costituito.

Sulla composizione di questa commissione esecutiva s’impegnò un contraddittorio nelle Conferenze, non già fra la Russia e le Potenze occidentali, ma fra l’Austria e la Francia, riferibilmente alla Baviera che il Co. Walewski voleva rappresentala, e che il Co. Buol voleva esclusa: il contraddittorio cessò coll’adesione da parte dei plenipotenziarj austriaci. La commissione esecutiva sarà composta dei delegali dell’Austria, della Baviera, della Sublime Porta, del Wurtemberg, della Servia, della Valacchia e della Moldavia, ch’è quanto dire di tutte le Potenze finitime.

L’accennata questione non era spoglia d‘ importanza. Trattavasi di conoscere se fosse la Germania danubiana, ovvero solamente l’Austria, quella che rappresenterebbe tutta la Germania nella commissione esecutiva del Danubio. Francia ed Inghilterra, fedeli in ciò allo spirito delle negoziazioni non voleano privarsi del concorso della Baviera e del Wurtemberg, né privare la Germania dei diritti che le competono più che a tutt'altri, di vegliare sulla indipendenza del Danubio.

Chiudiamo questo Capitolo affermando che la neutralizzazione del mar Nero, e la libertà del Danubio sono due eccellenti principi introdotti nel diritto publico europeo. (V. gli art.15-1» del Trattalo a p.83.)

Principali Danubiani

Abbiamo di già osservato quanto importasse che i Principati avessero una neutralità indipendente, affinché il Danubio potesse conservare quel carattere europeo che gl'imprimeva il Trattato di Parigi.

Questo è il soggetto del primo punto delle quattro garanzie che il Congresso passò a discutere e stabilire, e che forse più d’ogni altro fu dibattuto, perché trovò le opinioni dei Plenipotenziarj essenzialmente divise.

Avanti tutto giova constatare una distinzione notevole su questo argomento.

Comunque la Servia sia compresa nella denominazione di Principati danubiani, e né sia la posizione analoga a quella della Valacchia e della Moldavia, pure dal lato geografico e politico, per più riguardi, vi differisce. La Servia, collocata sulla riva destra del Danubio, siffattamente si attacca al territorio ottomano che non la si potria separare, né rallentare i vincoli che la unisce alla Porta, senza incorrere in gravi inconvenienti. Come gli altri due principati, quello della riva destra possiede un’amministrazione nazionale, non ha guari garantita dai Trattati conchiusi tra la Russia e la Porta: questa garanzia esclusiva non era più possibile sull’una e sull’altra riva egualmente. Non si poteva nemmeno più rimettere la Servia nella condizione d’una semplice provincia dell’impero ottomano ed abbandonarla ad un eventuale futuro, spoglia di garanzie; ma una volta queste ottenute, l’Europa non avea che ad avanzar voti per la riforma di alcune fra le istituzioni nazionali di quel Principato; né v'era più motivo alcuno di disaccordo fra le Potenze. (V. art.28, 2» del Trattato p.86.)

Era men facile il concerto sui mutamenti da introdursi nella costituzione degli altri due Principati. La loro posizione geografica, sebbene li renda disgiunti dal resto della Turchia europea propriamente detta, è importante alla difesa di quell’impero, avendo anche l’esperienza dimostrato come possano servire di stazione opportunissima alle armate nemiche dirette contro Costantinopoli. Scopo del primo punto egli è che servano invece di baluardo contro ogni attacco possibile.

Nessuna contestazione insorse sull’abolizione del protettorato russo. Il Plenipotenziario ottomano osservò: «che la cessazione d’ogni protettorato particolare esclude naturalmente ogni idea di protettorato collettivo, e che l’intervento delle Potenze verrà circoscritto dai limiti di una semplice garanzia.«— La garanzia collettiva sembra preferibile al protettorato collettivo: infatti è difficile comprendere come potrebbe l’Europa esercitare in comune il protettorato che significa sorveglianza attiva e continua; invece i Principati, una volta regolarmente costituiti, è più facile comprendere l’effettuazione della garanzia europea, mercé la quale a nessuno sarà lecito attentare contro di essi, nemmeno alla Turchia, imperocché il rapporto fra questa e quelli sarà d’un semplice omaggio e d’un tributo, non già di sudditanza; liberi e indipendenti del resto con ima armata nazionale distinta dall’armata turca, con leggi ed istituzioni proprie.

La questione dominante, agitatasi vivamente nel Congresso, fu per determinare se la Moldavia e la Valacchia verranno riunite in un solo Principato, o se continueranno ad avere una separata amministrazione. La Francia, l’Inghilterra, la Sardegna e la Russia stettero per la riunione; e poiché l’Austria e la Turchia pretendevano che le popolazioni rumene non bramassero cotesta unione, il Co. Orloff si compiacque formalmente contraddire una tale opinione, dichiarando «che i plenipotenziarj russi essendo in grado di apprezzare i bisogni ed i mali dei due principati, appoggiavano il progetto di riunione come utile alla prosperità di quelle provincie.«D’altronde è un fatto che i Rumeni non emigrati o banditi, dimoranti a Parigi, indirizzarono una rimostranza dove sta espresso il voto della riunione dei due principati.

Di già alle conferenze di Vienna, il Gabinetto francese aveva fatto conoscere su questo punto le sue intenzioni in una memoria presentata dal Bar. di Bourqueney. Egli chiedeva la unione dei due principati sotto un solo Governo ereditario, da potersi confidare ad un principe scelto tra le famiglie sovrane di Europa. Naturale infatti si manifesta l'unione, perché ambedue sono della stessa stirpe, parlano il medesimo linguaggio, appartengono allo stesso rito, hanno istituzioni analoghe; ed è necessaria per offrire al paese gli elementi di forza di cui abbisogna, se vogliasi che serva di utile barriera contro le invasioni nemiche.

Era mai da temersi che un principato stabilito sulle dette basi si trovasse bentosto e quasi di necessità in conflitto colla Potenza signoriale, e le divenisse una sorgente di brighe e di difficoltà favorevoli ai nemici dell’impero ottomano? La posizione dei Moldo-Valacchi, rispetto alla Porta sarebbe assai differente da quella dei Greci. La Valacchia e la Moldavia sono disgiunte dalla Turchia da una frontiera naturale ch’è

Il Danubio; non hanno come la Grecia, numerose popolazioni della loro razza in tutte le parti dell’impero, e non sono in contatto cogli Slavi della Bulgaria e della Servia che a causa d’interessi materiali che però non si confondono. 11 nuovo principato nulla avrebbe a sperare dall’indebolimento dell’Impero turco, non frontiere da estendere, non un villaggio da conquistare a scapito della Turchia. Non è d’altronde a supporsi che tentasse di rompere un vincolo di vassalità consacrato da trattati europei, e di procurarsi una indipendenza assoluta che l’esponerebbe senza difesa a tutti i pericoli della formidabile vicinanza dei suoi antichi protettori. Dovrebbe mantenersi nelle sue legali relazioni colla Porta, ciocché costituirebbe la garanzia della solidarietà de' suoi interessi coll’impero ottomano, e quindi cogl’interessi dell’Europa stessa. Le obbiezioni fatte alla proposta francese sembrano dunque più speciose che solide. Tuttavolta era stato convenuto previamente fra gli Alleati, che la riorganizzazione propriamente detta non verrebbe dal Congresso direttamente risolta. Era indispensabile di pronunciar tosto la definitiva soppressione del protettorato russo, di fondare il principio della garanzia collettiva, nonché le basi del sistema difensivo da adottarsi di concerto col Sultano; ma non di regolare le questioni di spezialità che avrebbero complicate le deliberazioni. Mancava poi uno degli essenziali elementi della discussione, il voto esplicito del paese: il buon senso, le convenienze, la necessità, dicasi, di consultare l’opinione dei principali interessati, faceva un dovere d’aggiornare le deduzioni dei principj stabiliti, e rimettere l’organizzazione definitiva delle due provincie ad un esame ulteriore. Fu dunque ritenuto di nominare una commissione che, trasferendosi sui luoghi, studi le circostanze e prepari la soluzione dei quesiti dei quali non poteva occuparsi il Congresso senza ritardare indefinitamente la conchiusione della pace. (art. 22-27 del Trattato p.85).

Conchiudendo, domandiamo: È presumibile che i principati rifiuteranno la unione? — si può credere che a Jassi vi sia meno volontà che a Bukarest per una combinazione che diminuirebbe l’importanza d’una capitale a profitto dell’altra? La diversità degl’interessi materiali locali potrà vincere la comunione degl’interessi politici? — Considerata la cosa dal lato meschino e ristretto, la Valacchia ha, più della

Moldavia, a guadagnare nella fusione, perché Bukarest trovasi in una posizione più centrale e più vicina al Danubio. Ma se Jassi perde il vantaggio d’essere la prima città d’una piccola provincia senza importanza, non acquista invece quello d’essere la seconda d’un grande Principato ricco d’oltre quattro milioni di cittadini, occupante un posto nel sistema politico d’Oriente? —

Noi reputiamo non esservi in Moldavia una sola persona ben pensante che possa esitare davanti a questa alternativa.

Ma d’altro canto chiedono alcuni: I popoli rumeni lungamente oppressi, e che quindi conservano un sentimento naturale di timidezza, oseranno considerarsi liberi di esprimere ciò che pensano? — Ammetteranno d’essere interrogati in buona fede? — E sarà vero ciò che dice Vauvenargues, che la oppressione degrada gli animi al punto da farsi amare, e a segno da lasciar credere che non vi sia altra civile condizione possibile all’infuori della servitù? —

Noi non vogliamo ascriverci alla sentenza affermativa; e crediamo che l’opinione di que’ popoli, sinceramente consultata, si pronuncierà franca, perché quei popoli sono di razza intelligente, che per sentimenti e per origine si annodano all’Europa occidentale. Noi crediamo che unanime sarà il loro voto in favor della unione.

Cristiani sudditi della Porta

Il quarto punto delle garanzie, che formò soggetto dei preliminari di Vienna, era cosi concepito. «Le immunità dei sudditi raia della Porta saranno confermate senza lesione della indipendenza e della dignità della Corona del Sultano.»

«Avendo luogo fra l’Austria, la Francia., la Gran Brettagna e la Sublime Porta deliberazioni ad oggetto di assicurare a' sudditi cristiani del Sultano i loro diritti religiosi e politici, la Russia sarà invitata, dopo la pace, ad associarvisi.»

Nessuno, oggi, revoca in dubbio le vessazioni sofferte dai cristiani d’Oriente sotto la dominazione dei Turchi. E non è a dirsi che i tirannici abusi fossero imputabili al Sultano o agli alti suoi funzionari, dominati da sentimenti di giustizia e umanità; erano piuttosto attribuibili al fanatismo religioso dei Mussulmani, ed alla idea della loro supremazia di conquista, che rendono spesso inconciliabili l’eguaglianza civile, e la comunione degli interessi.

La Francia che senza mai esercitare un protettorato legale su qualsiasi categoria dei sudditi ottomani, pure sotto gli antichi re, era stata riguardata come un appoggio tutelare per tutti i cristiani, s’era ridotta a proteggere i soli cattolici, negligendo i scismatici.

L’Imperatore Nicolò, trovò opportuno di dichiararsi il patrocinatore dei cristiani d’Oriente, e prendere le armi, egli diceva, per rendere rispettati in essi i diritti della umanità e della religione; ma l’Europa occidentale sospettò che tanto zelo nascondesse una grande ambizione, e che la Russia, più che difendere i suoi correligionarj, avesse in mira d’impossessarsi della Turchia, vogliasi col protettorato semplice, o colla forza delle armi.

Il Trattato di Kainardji conteneva una stipulazione che autorizzava il Governo di Pietroburgo a produrre rimostranze al Sultano in favore delle chiese cristiane. S’era per tal modo costituita una posizione che gli autorizzava una ingerenza, nel cuore dell’impero Ottomano, incompatibile coi privilegi della Sovranità.

Per rimediarvi era mestieri non solo togliere al Gabinetto russo ogni diritto d’ingerenza; -ma bisognava persuadere la Porta a fare quelle saggie riforme che mettessero un termine a troppo legittime accuse.

Ancora prima che le proposizioni dell’Austria fossero concretate, era stato convenuto fra i Gabinetti di Parigi e di Londra da una parte, e la Porta dall’altra, che non si attenderebbe la conchiusione della pace per convenire sulla sorte dei cristiani d’Oriente. Se né traeva cosi il vantaggio di regolare una questione che la Russia aveva dibattuta da sola colla Turchia, e si offriva ai popoli cristiani una manifesta prova d’interessamento. Tali idee comunicate a Vienna, il Bar. Prokesch, trasferendosi a Costantinopoli quale internunzio austriaco, fu incaricato di agire in questo proposito di concerto col Sig. Thouvenel e con Lord Redcliffe.

La Porta emise pertanto, l’Hatti-scherif del 18 febbraio, rimarchevole per elevatezza di viste, e per chiarezza di forme che attestano

l’influenza sotto cui fu compilato. Importante documento d’organizzazione amministrativa? politica e sociale i cui vantaggi, che derivano ai cristiani d’Oriente, sono ben superiori a quelli che la Russia pretendeva ottenere e che erano proposti nel sened del principe Menschikoff.

Apertasi nel congresso di Parigi la discussione su questo punto interessante delle garanzie, il Co. Orloff esprimeva il desiderio che venisse precisata la via che la Porta si proponeva seguire, affine di darvi l’applicazione di cui è suscettibile il punto stesso. Aali pascià allora annunziava il recente succitato Hatti-scherif, dichiarando rinnovati per esso i privilegi religiosi concessi ai sudditi non mussulmani della Porta, e prescritte nuove riforme che attestano appunto la sollecitudine del Sultano per tutti i suoi popoli indistintamente; soggiungeva, che cotest’atto fu pubblicato; e che, la sublime Porta proponendosi di comunicarlo alle Potenze, mediante Nota uffiziale, erasi per tal modo soddisfatto alle previsioni concernenti il quarto punto delle garanzie.

Dopoché i plenipotenziari tutti, appoggiando al testo medesimo del quarto punto, avevano espresso il parere che nel trattato generale si facesse menzione delle determinazioni prese dal Governo ottomano, e dopo alcune discussioni attivatesi ed a più sedute rimesse, il Congresso conchiuse per la redazione del seguente articolo:

«S. M. I. il Sultano, nella sua costante sollecitudine per il bene de' suoi sudditi, avendo emanato un firmano, che, migliorando la loro condizione senza distinzioni di religione, né di razza, consacra le sue generose intenzioni verso le popolazioni cristiane del suo impero, e volendo dare una novella testimonianza de' suoi sentimenti a questo riguardo, ha risoluto di comunicare alle potenze contraenti il detto firmano, spontaneamente largito dalla sua volontà sovrana. Le potenze contraenti constatano l’alto valore di questa comunicazione. È ben inteso che non sarà dato, in nessun caso, il diritto alle Potenze d’ingerirsi, sia collettivamente, sia separatamente, nei rapporti tra S. M. il Sultano e i suoi sudditi, né tampoco nell’amministrazione interna del suo impero.«(V. l’Art. del Trattato, pag.84.)

É facile di scorgere notabili differenze fra questo articolo del Trattato, ed il quarto punto delle condizioni preliminari di Vienna. Ma gioverà considerare alla sostanza più che alla forma. La situazione generale d’Europa e dell’Impero ottomano spiega il vero senso di questo articolo. L’Europa volle cessata l’oppressione dei cristiani d’Oriente: ecco una cosa incontestabile. La Russia offrivasi da lungo tempo ad ottenerne lo scopo. L’Europa non accettò la sua interposizione che reputò ambiziosa; assunse invece la difesa della Turchia; ma in pari tempo impegnandosi in favor dei cristiani. S’indirizzò alla Porta ed ottenne l’Hatti-scherif comunicato al Congresso. Il Congresso poteva inserirne il tenore nel Trattato; ma amò meglio di prender atto della comunicazione e constatarne l’alto valore, il valore internazionale. É bensì vero che tale semplice comunicazione non dà alle potenze europee alcun diritto d’ingerenza nell’interna amministrazione dell’impero Ottomano, ma non devesi neppure obliare che la Turchia è entrata nella confederazione europea, e che le fu garantita l’indipendenza e l’integrità territoriale in correspettivo anche di sue nuove concessioni. La condizione dei Cristiani d’Oriente deve migliorarsi costantemente sotto la sorveglianza attiva e liberale d’Europa: sorveglianza tanto più necessaria in quanto che i Cristiani si crederanno autorizzati ad esercitare i diritti che ottennero; ed i Turchi s’irriteranno d’una uguaglianza che essi non vogliono trovare giustificata.

Condizioni speciali

Già coll’articolo quinto dei patti preliminari le Potenze belligeranti s’erano riservato il diritto di proporre, nell’interesse europeo, delle condizioni speciali oltre alle quattro garanzie che da noi furon discorse. Coteste condizioni noi toccheremo di volo.

La prima di cui si occuparono le Conferenze fu quella riferibile alle Isole d’Aland. E la Russia per corrispondere al desiderio delle Potenze di Francia e d’Inghilterra dichiarò che quelle Isole non saranno fortificate, né vi sarà mantenuto né creato alcuno stabilimento militare o navale. Questa convenzione leggesi nell’Allegato III, a pagina 94, ed è citata all’art. 33 del Trattato generale.

Per seconda, il Presidente Walewski manifestò che le Potenze alleate domandavano di sottoporre ad un particolare esame lo stato dei territorj situati all’Est del mar Nero; ed Aali pascià rammentava in tale proposito le difficoltà insorte fra la Porta e la Russia, e l’utilità di procedere ad una verificazione e, s’è mestieri, alla rettifica delle frontiere fra' possedimenti dei due Imperi in Asia.

L’argomento fu discusso in più sessioni come nei Protocolli N. III. IV. VI. VII. e fu definito come all’articolo 50 del Trattato generale, nella guisa stessa che coll’art. 20 del Trattato medesimo, allo scopo di viemeglio assicurare la libertà della navigazione del Danubio, si provvide alla rettifica della frontiera in Bessarabia.

Anche la Convenzione del 15 Luglio 1841 relativa alla chiusura degli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli fu riveduta di comune accordo come nell’Atto separatamente conchiuso (p. Allegato I. p.88) e rammentato nell’art. 10 del Trattato generale.

Discussioni ulteriori

Dopo la stipulazione del Trattato 50 Marzo e delle annesse convenzioni, varie altre conferenze si tennero; imperocché si credette non perfezionata l’opera della pace, se i plenipotenziarj non si fossero scambiate alcune idee su varj oggetti che domandavano soluzioni opportune, e l’occuparsi dei quali poteva prevenire novelle complicazioni. Il presidente Walewski esternava: che il Congresso avrebbe potuto fare a se stesso un rimprovero se non avesse approfittato della circostanza, che teneva riuniti i Rappresentanti delle principali Potenze d’Europa, per dilucidare talune questioni, stabilire certi principi, esprimere delle intenzioni, emettere infine alcune deliberazioni, sempre ed unicamente nello scopo di assicurare per l’avvenire il riposo dell’Europa, dissipando, pria che non fossero divenute minacciose, le nubi che tuttavia si addensano sull’orizzonte politico.

Gli argomenti della Grecia, della stampa belgia, dell’Italia, del diritto marittimo in tempo di guerra furono passati in rassegna e discussi, comunque si avrebbe potuto forse utilmente occuparsi d'altri di essi in modo più completo ed esplicito. (V. Protocollo N. XXII a pag.159).

Quanto alla Grecia: «nessuno contestò la necessità di occuparsi«maturamente del miglioramento della sua situazione, e le Corti protettrici riconobbero la importanza d’accordarsi fra loro a questo proposito.»

Quanto alla stampa belgia, argomento che più particolarmente concerne il Governo di Francia perché ad esso più ostile, considerando come quella spesso travii dalla libertà alla licenza, era desiderabile, esponeva il primo plenipotenziario Co. Walewski, che il Governo Belgio fosse in grado di porre modo ad uno stato di cose, che può creare o tosto o tardi difficoltà e pericoli che il Belgio stesso ha interesse di prevenire. Ed il Congresso non esitò «a biasimare gli eccessi ai quali impunemente trascorrono i giornali belgi, e riconoscere la necessità di rimediare ai gravi inconvenienti che emergono dalla sfrenata licenza di cui tanto si abusa.»

La questione italiana

Eccoci sopra un terreno che sembra a taluni ardere sotto ai pie’ di chi vuole calcarlo; eccoci sopra un terreno che molti rifuggono siccome periglioso; eccoci alla questione italiana: permanente questione la quale più vivace s’agita quando scossa è l’Europa, imperocché ogniqualvolta le armi questa divide, o la Diplomazia pon mano alla macchina complicata del suo equilibrio politico, Italia spera non restino obliate le incessanti sue aspirazioni; ad ogni crisi la sua fede rafforza, e tanto più ella è spinta a far valere le proprie sofferenze, quanto più trova l’adito aperto ad essere ascoltata.

Le speciali circostanze di Parma, di Napoli, degli Stati pontificj offrivano ragioni sufficienti onde il Congresso rivolgesse le sue attenzioni alla penisola comunque la questione italiana punto non si collegasse alla questione d’Oriente.

Il Trattato del 50 Marzo schiudeva un’era novella; ma, ond’essere conseguenti, nulla dovevasi negligere per rendere la pace solida e duratura, e, come lord Clarendon esprimevasi, «rappresentando il Congresso le principali Potenze d’Europa, non era lecito silenziare sopra alcune situazioni che sono di nocumento all’equilibrio politico e che son lunge dal porre la pace fuori di pericolo in un paese il più interessante d’Europa.»

D’altronde il Piemonte virilmente partecipando alla gran lotta, mirò a consolidare la sua condizione di Stato liberale, ed a prestare alla sua politica l’autorità d’una potente alleanza. Ne derivò che se dall’un canto, le sue armi aggiunsero splendore alla gloria del vessillo italiano, dall’altro, egli almeno acquistò il diritto di aver voce sulle gravi questioni europee, e su quelle in particolare d’Italia.

Giusta le precorse intelligenze, i Plenipotenziarj sardi presentarono ai Ministri di Francia e d’Inghilterra il Memorandum 27 Marzo che riportiamo qui in calce.(1))(*)

Fors’anche in conseguenza di questo fu laFrancia che prese, nel Congresso, la iniziativa della questione italiana; e il Presidente Walewski esponendo la situazione degli stati Pontificj, constatò come necessiti recarvi miglioramento, onde la Francia e l’Austria possano ritirare le loro truppe, l’una da Roma, l’altra dalle Legazioni, — deplorando la condizione d’una Potenza che, per mantenersi, ha bisogno d’essere sostenuta da armi straniere. — Egli nonesita ad affermare che le assicurazioni della Francia e dell’Austria sulle loro intenzioni a questo riguardo produrranno ovunque una impressione favorevole.

Il primo Plenipotenziario inglese si spinse più innanzi ancora nello stesso ordine d’idee, ed osservò che ammesso pur fossero legittime le cause conducenti armate straniere in varie parti d’Italia, non ne conseguiterebbe però meno una condizione anormale, non giustificabile che da una estrema necessità, e che deve cessare tostoché la necessità non si faccia più imperiosamente sentire. Ma che se non si cerca li por fine ai bisogni, essi continueranno ad esistere; che se si sta paghi di appoggiarsi alla forza, in luogo di rintracciare il rimedio ai giusti motivi di malcontento, si renderà permanente un sistema poco onorevole pei Governi, e troppo disgustoso ai popoli. L’amministrazione degli Stati Romani offrire inconvenienti, d’onde potriano sorgere pericoli che il Congresso ha diritto di prevenire; non porvi mente, essere quanto esporsi a lavorare in profitto della rivoluzione che ogni governo biasima e vuole evitare. Essere urgente conciliare il ritiro delle truppe straniere col mantenimento della tranquillità; e per ottener ciò, doversi organizzare un’amministrazione che, facendo nascere la fiducia, renda il governo indipendente dall’ajuto straniero: il quale ajuto non essendo mai capace di sostenere un governo a cui l’opinione publica sia contraria, conseguirne una posizione che Francia ed Austria non vorranno accettare. Pel ben essere degli Stati Pontificj, come per l’interesse dell’autorità Sovrana del Papa, essere dunque utile raccomandare la secolarizzazione del Governo e l’organizzazione d’un sistema amministrativo in armonia colle tendenze del secolo ed avente per fine la felicità del popolo. Tale riforma poter forse presentare a Roma, in questo momento, qualche difficoltà; ma nelle Legazioni potersi facilmente effettuare.

Esser poi rimarchevole la inutilità della occupazione da parte dell’Austria in riguardo allo scopo manifestato: già da otto anni Bologna è in istato di assedio, pure le campagne sono invase da briganti e la sicurezza publica tuttaffatto è sbandita. Si miri invece di stabilire in questa parte dello Stato romano un’ordinamento amministrativo e giudiziario laico e separato; si organizzi una forza armata nazionale: la sicurezza e la confidenza sorgeranno rapidamente, e le truppe austriache potranno ritirarsi, senza che abbiansi a temere novelle agitazioni.

Locché significa, diciam noi, far calcolo del buon senso politico civile e morale della nazione italiana.

Proseguendo lo stesso ordine d’idee, il Co. Walewski considerava: se non fosse da augurarsi che certi Governi della penisola italiana, adottando per l’avvenire di esercitare atti di clemenza bene intesi, mettessero termine ad un sistema che va direttamente contro il suo scopo, e che, invece di estinguere i nemici dell’ordine, ha per effetto di colpire i Governi, e di accrescere partigiani allo spirito di riforma, di indipendenza, di radicalismo. — Si renderebbe così, egli disse, un segnalato servigio al governo delle Due Sicilie, nonché alla causa dell’ordine nella penisola, lui avvertendo della falsa via nella quale s’è posto.

Lord Clarendon seguì l’esempio del Conte Walewski passando sotto silenzio gli atti del Regno di Napoli ch'ebbero un’eco tanto spiacevole. Sebbene in massima, nessun Governo abbia diritto d’ingerirsi negli affari interni d’altro Stato, egli crede, e giustamente, esservi casi nei quali la eccezione a questa regola diventa un diritto e un dovere. Il Governo Napoletano aver conferito questo diritto ed impostò questo dovere all’Europa; e poiché i Governi rappresentati al Congresso vogliono tutti collo stesso impegno sostenere il principio monarchico e respingere la rivoluzione, doversi alzare la voce contro un sistema che tiene accesa fra le masse l’effervescenza rivoluzionaria, anziché spegnerla. La pace non dev’essere turbata; — ma non v’ha pace senza giustizia; = dunque esser mestieri far giungere al re di Napoli il voto del Congresso perché migliori il suo sistema di governo; dunque esser mestieri chiedergli un’amnistia a favore delle persone che furono condannate o che sono in carcere, senza giudizio, per colpe politiche.

Dietro i quali nobili sentimenti, ed in mezzo alla controversia' agitatasi fra i membri del Congresso, si elevò la pur nobile e franca voce del Conte di Cavour primo Plenipotenziario del Regno Subalpino. — Colui che la difese a viso aperto, senza contestare il diritto che ad ognuno compete di non prender parte alla discussione d’un argomento non preveduto nelle istruzioni di alcuni, tuttavia disse: credere del più alto interesse che l’opinione manifestata da alcune Potenze sull’occupazione degli stati Romani, sia registrata nel protocollo.

E soggiungeva: tale occupazione per parte delle truppe austriache prendere ogni di più un carattere permanente; durare già da otto anni, e non iscorgersi indizio veruno che cessi più o meno tardi per l’avvenire; sussistere ognora le cause che la motivarono; la condizione del paese non essersi certamente migliorata; e bastare, per trovarsene convinti, la osservazione che l’Austria reputa necessario di mantenere, in tutto rigore, a Bologna lo stato d’assedio, sebbene questo dati fino dalla sua occupazione. La presenza delle truppe austriache nelle Legazioni e nel Ducato di Parma distruggere l'equilibrio politico in Italia, e costituire un reale pericolo pel regno Sardo.

Desiderar cessata, con quella austriaca, eziandio la occupazione francese, ma ravvisar la prima molto più perigliosa dell’altra per gli Stati indipendenti d'Italia. Un tenue corpo d'armata a gran distanza dalla Francia, non suonar minaccia per alcuno, mentre è inquietante assai veder l’Austria appoggiata a Ferrara ed a Piacenza, di cui accresce le fortificazioni contro lo spirito se non contro la lettera de' trattati di Vienna, stendersi lungo l’Adriatico fino ad Ancona.

Riguardo poi alla questione di Napoli, il Co. di Cavour divise pienamente le opinioni espresse dal Co. Walewski e dal Co. Clarendon, e dimostrò come importi al più alto grado di suggerire temperamenti, che, calmando le passioni, rendano meno difficile il procedere regolare delle cose negli altri Stati della Penisola.

Noi osserveremo che le proposte riforme, non sono pensieri di questi giorni: nello scopo e nei mezzi rassomigliane quelle che la Francia di già chiedeva nel 1831, a mezzo del Co. di Sainte-Aulaire.

I punti principali delle negoziazioni d'allora noi li troviamo chiaramente compendiati da Guizot in una lettera del 28 Luglio 1847, indirizzata al Sig. Rossi, in allora Ambasciatore a Roma, quando la Francia nuovamente credeva quelle riforme effettuabili. — «Voi sapete che nel 1831 (cosi diceva) in conseguenza dei commovimenti i quali provocarono l’intervento militare dell’Austria, le grandi Potenze, considerando la riforma degli abusi ch’esistevano nell’amministrazione degli Stati Romani, come una garanzia necessaria al solido ristabilimento dell'ordine e della tranquillità, s'unirono per chiederla al Governo pontificio. I loro rappresentanti a Roma rimisero il 24 Maggio al cardinale segretario di Stato un Memorandum nel quale furono esposti i principj che lor parevano servire di base alle riforme.

Cotesti principj erano:

1.° Applicazione generale delle innovazioni amministrative e giudiziarie nella capitale e nelle provincie;

2.° Ammissibilità generale dei laici a tutte le funzioni dell’ordine amministrativo e giudiziario;

3.° Sistema di municipalità elettive e di consigli provinciali facenti capo

ad un consiglio centrale d’amministrazione tolto dal seno stesso delle nuove municipalità;

4.° Creazione d’uno stabilimento centrale destinato a sorvegliare l’amministrazione finanziaria dello Stato, composta d’uomini eletti dai consigli locali e di consiglieri del Governo, formante cosi una giunta o consulta amministrativa, a cui sarebbe coordinato un Consiglio di Stato composto di membri nominati dal Sovrano e scelti fra i notabili del paese.»

Ecco l’esatto compendio del memorandum che, nel 1831, le grandi Potenze d’Europa presentarono al Papa Gregorio XVI. — Allora l'Europa erasi intesa su questa parte della questione italiana; ella non aveva solamente discusso, ella aveva conchiuso.

Il 12 Gennaio 1848, lo stesso Guizot chiariva alla Camera dei Pari qual fosse la politica della Francia in Italia, esternando: «Io sono profondamente convinto che gli Stati d’Italia, e gli Stati romani in particolare, hanno bisogno di vaste e numerose riforme, e che quei popoli né hanno diritto. Il cattivo governo, a un certo punto, è ormai impossibile. Sotto ogni forma, sotto ogni principio di governo, gli uomini non sopportano più di vedere i loro affari assai male trattati: essi hanno ragione. Io credo quindi le riforme in Italia profondamente necessarie.»

Pure nel Congresso di Parigi nulla venne ora conchiuso decisivamente sulla questione italiana che s’agita da tanto tempo: i Plenipotenziarj scambiarono soltanto le loro idee ed il Presidente Walewski felicitandosene, espose che né emergeva:

«I.° Che i Plenipotenziarj dell'Austria si associarono al voto espresso dai Plenipotenziarj della Francia di vedere sgombri gli Stati Pontificj dalle truppe francesi ed austriache appena potrà ciò, operarsi senza inconvenienti per la tranquillità del paese e per la consolidazione dell’Autorità della Santa Sede.»

«II. (0) Che il maggior numero dei Plenipotenziarj non hanno contestata la efficacia di atti di clemenza che venissero esercitati in modo opportuno dai Governi della Penisola Italiana, e specialmente da quello delle Due Sicilie.«— (V. Prot. N. XXII p. 474.)

I Plenipotenziarj Sardi però non se né felicitarono egualmente anzi — «scorgendo fallite le loro speranze, scorgendo, malgrado gli sforzi di Francia e d’Inghilterra, sciogliersi il Congresso senza che s’abbia apportato il minimo alleviamento ai mali d’Italia, senza aver fatto rifulgere un lampo di speranza per l’avvenire, atto a calmare gli spiriti ed a far loro sopportare con rassegnazione il presente«— il giorno 16 aprile, ultimo delle conferenze scrissero al Co. Walewski e a Lord Clarendon la Nota che riportiamo qui in calce(2))(**)

Fedeli al nostro uffizio di storici riportiamo eziandio il testo del dispaccio austriaco, che risponde a questa Nota ed al Memorandum piemontese, tal quale ci venne riferito da varj giornali tedeschi(3))(***)

A nostro avviso, sterili di utili conseguenze non possono riuscire le discussioni del giorno 8 Aprile publicate col Protocollo N. XXII, imperocché non si agitano questioni di cotal natura le quali mostrano ai popoli la giustizia del loro malcontento, senza avere ferma nell’animo la volontà d'ottenere necessarie riforme. Diversamente, come osservava il primo Plenipotenziario prussiano, si avrebbe niente altro che incoraggiato lo spirito di opposizione e di moti rivoluzionarj, in luogo di rispondere alle idee che si avrebbe voluto realizzare con intenzioni certamente benevoli.

Dal seno del Congresso la questione passò nelle Assemblee deliberanti e nei Gabinetti dei Governi. Nel Parlamento inglese specialmente e nelle Camere piemontesi ella risuonò animatissima. La causa dell’Italia fu portata davanti il Tribunale dell'opinione publica che naturalmente se ne impadronì, perché delle grandi cause, se ne preoccupa ognora.

Mediazione di Stati

Fu inserita nell’art. 8.° del trattato di pace ima stipulazione che raccomanda di ricorrere all’azione mediatrice d'uno Stato amico,prima di appigliarsi alla forza nel caso di dissensione fra la Porta ed una o parecchie delle altre Potenze firmatarie.

Ebbene, Lord Clarendon, prendendone argomento, disse: che le calamità della guerra sono ancora troppo presenti perché non sia necessario ricercare ogni mezzo atto ad impedirne il rinnovamento; che quindi sarebbe utile, senza nuocere alla indipendenza dei Governi, dare a' quel patto una più generale applicazione, costituendone una barriera contro conflitti i quali sovente hanno luogo solo perché non è sempre facile lo spiegarsi e lo intendersi.

Il Co. Walewski appoggiava tale idea cui pienamente aderiva il Par. di Manteuffel, trattandosi d’un voto che rispondendo alle tendenze della nostra epoca, non attraversa in veruna guisa la libertà d’azione dei singoli Governi.

Pure della proposta del Ministro Inglese, forse perché tocca dappresso al diritto d’intervento ed ancora agli affari d’Italia, si formò una questione che, agitata vivamente nel Congresso, non sorti veruna risoluzione, all’infuori dell’aver formulato un pio desiderio.

Il Protocollo N.° XXIII ne offre la redazione ufficiale che alcuni dicono molto abbreviata e modificata. (V. pag. 174-177).

Il primo Plenipotenziario dell’Austria non volle assumere in proposito qualsiasi impegno assoluto che ponesse un limite alla indipendenza del Gabinetto Austriaco; e desiderò che il Congresso, nel momento in cui stava per compiere le sue fatiche, non si vedesse obbligato a trattare delle questioni irritanti che avrebbero potuto turbare l’armonia fino allora esistita. Circospezione naturale questa alla posizione dell’Austria in Italia, mentre al nascere d’una contesa fra l’Austria ed il Piemonte quella non vorrebbe certo assoggettarsi all’arbitramento di Francia o d’Inghilterra.

La proposta di Lord Clarendon stava per cadere intisichita, come già cadde dappoi, in seguito anche alle dichiarazioni del primorappresentante russo, quando sorse il Co. di Cavour a chiedere se il voto che potrebbe esprimere il Congresso si estenderebbe agl’interventi militari diretti contro i Governi di fatto, citando come esempio l’intervento dell’Austria nel Regno di Napoli, l’anno 1821. — Questa interpellanza sollevò una discussione che pose in chiaro la divergenza degli interessi e delle intenzioni; dimostrò la tendenza quando liberale e progressista, quando conservatrice, o peggio, che potrebbe avere to Stato mediatore; persuase insomma della immensa difficoltà di raggiungere una risoluzione consensuale e definitiva.

Cade però in acconcio qui una osservazione: come insegni la storia d’Europa die, specialmente da quaranta anni a questa parto, molto si operò la mercé del diritto di mediazione o d’intervento che non ebbe mestieri d’essere proclamato per avere il suo effetto. Questo diritto fa esercitato quando in favore dello spirito strettamente monarchico, come l’intervento dell’Austria a Napoli nel 1821, in seguito al

Congresso di Lubiana, e come della Francia a Madrid nel 1823; quando in favore dello spirito liberale, come la mediazione della Francia, dell’Inghilterra e della Russia in riguardo alla Grecia nel 1827, e come la mediazione e l’intervento della Francia e dell’Inghilterra, nel 1831, in favore del Belgio.

I Plenipotenziarj chiusero finalmente la sessione del giorno 44 Aprile esprimendo, in nome dei loro Governi, il voto «che gli Stati, Ira i quali si sollevasse una seria dissensione, prima di venirne alle armi, abbiano ricorso, per quanto sia conceduto dalle circostanze, ai buoni uffizii di una Potenza amica.«(V. pag.177.)

L’umanità terrà conto anche di questo semplice desiderio.

Diritto marittimo

É questo l’ultimo degli oggetti trattati nelle Conferenze., Già nella Sessione del giorno 8 Aprile il presidente Walewski proposto aveva al Congresso di terminare l’opera sua con una Dichiarazione che costituirebbe, diceva, un notevole progresso nel diritto internazionale e che sarebbe accolta dal mondo intero con viva riconoscenza. — Il Congresso di Westfalia aver consacrato la libertà di coscienza; il Congresso di Vienna, l’abolizione della tratta dei Negri e la libertà della navigazione de' fiumi. Esser degno del Congresso di Parigi posar le basi d’un diritto marittimo uniforme in tempo di guerra, riguardo ai neutri. — Sul quale argomento lord Clarendon ricordò che l’Inghilterra ad imitazione della Francia, nel primo inizio della guerra studiò tutti i modi per attenuarne le conseguenze, e che a tal fine rinunciò a pro dei neutri, durante la lotta ora finita, a' principj che aveva sempre praticati. Aggiunse essere disposta a rinunciarvi definitivamente, se le lettere di marca si aboliscano per sempre: queste essere null’altro che una pirateria ordinata e legale; i corsari essere uno dei più gravi mali della guerra; il nostro stato di civiltà, di umanità, esigere che si ponga fine ad un sistema che non è più dei tempi nostri.

Rimessane la discussione nelle conferenze dei giorni 14 e 16 Aprile, fu in quest’ultimo giorno sanzionata la Dichiarazione che leggeri per esteso a pag. 472, con cui si stabilirono i seguenti quattro principj:

1.° La scorreria (course)

è e rimane abolita;

2.° La bandiera neutra copre la mercanzia nemica, ad eccezione del contrabbando di guerra;

La mercanzia neutra, ad eccezione del contrabbando di guerra, non può essere predata sotto bandiera nemica;

4. " I Hocchi per essere obbligatorii debbono essere effettivi, cioè mantenuti con forza sufficiente per impedire realmente l’accesso al Litorale nemico.

Riconoscendosi poi di comune interesse il mantenere l’indivisibilità di questi principi, i Plenipotenziarj convennero a Protocollo, che le Potenze le quali avranno firmata quella Dichiarazione, o vi avranno aderito, non potranno entrare, in avvenire, dietro l'applicazione del diritto dei neutrali in tempo di guerra, in verun accomodamento il quale non abbia per base i principi medesimi. Finalmente il Congresso riconobbe, che la presente risoluzione non potendo avere effetti retroattivi, non potrebbe invalidare le Convenzioni anteriori. (F. Protocollo N. XXIF a pag. 178)

Cosi i lavori delle diplomatiche Conferenze furono chiusi da un Atto che realizzerà un progresso degno dell’epoca nostra.

Conchiusione

Uopo è riconoscerlo e dichiararlo; Il Congresso di Parigi non si è unito, non fece il Trattato del 30 Marzo e le annesse Convenzioni, per assicurare qualche speciale vantaggio ad una sopra un’altra Potenza: assicurò a tutti gli Stati eguali diritti, onde né derivino utili eguali.

L’abolizione della scorreria, che scema i flagelli della guerra; il riconoscimento dei diritti della bandiera e della merce neutrale, che garantisce la sicurezza del commercio; la riabilitazione dei cristiani d’Oriente, che salva dalla miseria e dal disonore uomini simili a noi per fede e per idee; le garanzie dei principati danubiani, che rimettono nei loro diritti una porzione importante della razza latina; la neutralizzazione del mar Nero, che libera le popolazioni limitrofe dalle stragi che seco trascina la guerra; la libertà del Danubio, che tanto giova ai Principati, alla Germania ed al Commercio in generale; gli altri voti esternati che sono canoni di giustizia, e tendono alla consolidazione della pace europea; —non contemplano privilegi speciali; sono vantaggi che profittano a tutti: agli uomini come agli Stati.

Gli Atti quindi emanati dal Congresso di Parigi sono conformi allo spirito della vera civiltà.


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SUNTO STORICO DELLA QUESTIONE D’ORIENTE

La Russia è Potenza conquistatrice. Fino da Pietro il Grande, ebbe ella aspirazione di estendere il suo dominio dove l’attraea una prospettiva di godimenti che ricusava ad essa il proprio clima gelato.

D’energica imperiosa volontà, Pietro seppe vincere ogni ostacolo per realizzare la sua impresa riputata a que’ tempi una mostruosa utopia, e seppe ordinare in un corpo di Nazione sedici milioni d'anime di popoli semi-selvaggi.

Estendersi senza posa nel Nord, lungo il Baltico, non meno che verso il Sud, lungo il mar Nero; Avvicinarsi a Costantinopoli ed alle Indie; e sul mar Nero stabilire Cantieri, impadronendosi a poco a poco di questo mare non meno che del Baltico; — affrettare la decadenza della Persia; penetrare nel Golfo Persico; ristabilire, possibilmente, per la via della Siria, l’antico commercio del Levante, ed inoltrarsi fino alle Indie che sono l’emporio del mondo; procacciare e conservare l’alleanza dell’Austria, mostrando di favorire le sue idee di futuro predominio sulla Germania; ed esercitare, il più possibile, una specie di protezione che predisponga il dominio futuro; — interessare l’Austria medesima ad espellere il Turco dalla Europa, e neutralizzarne le gelosie al momento della conquista di Costantinopoli; — applicarsi a raccogliere a se d’intorno tutti i Greci scismatici, facendosi loro centro ed appoggio; e stabilire in prevenzione una preponderanza universale mediante una supremazia sacerdotale. — Smembrata la Svezia, vinta la Persia, soggiogata la Polonia, conquistata la Turchia, custoditi il mar Nero ed il Baltico, doversi allora proporre a Versaglia ed a Vienna la divisione dell’Impero del mondo. Dell’uria che accetti valersi per annientar l’altra, e poi quella distruggere alla sua volta. E se nessuna accettasse la proposta lusinghiera, ricorrere in tal caso ad altri non prestabiliti mezzi, l’una spossando coll’altra. Poi a decisivo momento piombare sulla Germania, nell’atto stesso che due flotte partissero una dal mar d’Azof e l’altra dal porto d’Arcangelo, cariche di truppe asiatiche, sotto convoglio delle flotte armate del mar Nero e del Baltico; avanzandosi pel Mediterraneo e per l'Oceano, inondare la Francia da un lato e la Germania dall’altro; vinte le quali il rimanente dell’Europa di leggieri cadrebbe. Potersi e doversi così l’Europa soggiogare.

Ecco in qual guisa, in mezzo ad altri consimili dettati, si esprime il celebre testamento di quel grande Monarca.

Catterina II non declinò queste mire; fu anzi attiva, perseverante, e l'Impero ottomano sembrò segnare a sua meta. La francese rivoluzione né rallentò l’ardore, ma nondimeno tale fu del Governo russo la perseveranza che dal 1771 al 182» la Russia s’impadronì della Crimea, della Georgia, della Polonia, dell’Ucraina, della Lituania, della Podolia, della Curlandia, delle provincie caucasee, di parte della Bessarabia e dell’Armenia, dello Schirwan, della Finlandia e dell’Erivan, aumentando l'impero di ventiquattro milioni di sudditi.

Paolo I non seguì le orme de, suoi predecessori. Egli mori assassinato.

Alessandro, alleatosi dapprima con Napoleone, ruppe in guerra dappoi, e fu sviato ne' suoi disegni dal, genio del grande Guerriero; il quale trovava saggio partito conservare l'Impero turco, che sotto l'aspetto militare era un pantano atto ad impedir sempre alla Russia di straripare per la sua destra.

Nesselrode comparve nel gran dramma europeo. Sorto da nobile famiglia d’origine Sassone, nacque nel 1780 a Lisbona, ove suo padre era ministro plenipotenziario di Caterina II. Prima, alle armi, si che poscia alla diplomazia. Per la incontrastabile alta sua intelligenza, rapido progredì, e nel 1811 era a Parigi consigliere d’ambasciata. Tendevano i suoi sforzi, alla conciliazione; ma impossibile per la pace, egli fu richiamato.

Dopo l'ingresso degli alleati in Parigi, Nesselrode, ministro favorito di Alessandro, sostenne i Borboni a risalire sul Trono, Sognò nel 1815 la dichiarazione che poneva Napoleone al bando dell’Europa; e nel 1816 ebbe la direzione degli affari esteri, quando appunto la guerra contro la Francia aveva sommamente contribuito a rendere la Russia una potenza colossale.(4))(*)

Sul Ràdere del 1825 morto Alessandro, salì al Trono col titolo impaziente di impigliare con vigore la politica tradizionale degli Avi, ché Alessandro mostrato aveva da ultimo di abbandonare.

Sollevati i Greci contro la Turchia, Nesselrode fu attivissimo in diplomatiche relazioni, onde lo stendardo della Croce avesse a trionfare su quello della Mezzaluna, e quella Nazione di eroi sottratta venisse alla Maomettana dominazione. La battaglia di Navarino successe.

Nell’anno 182» fu segnata la pace di Adrianopoli, quando ai Russi sembrava non abbisognasse che un debole sforzo per insignorirsi di Costantinopoli.

Nel 1830 altra guerra apprestavasi in Russia contro la Turchia. La caduta di Carlo X in Francia, la sollevazione della Polonia mutarono le determinazioni, e fu d’uopo differire.

Insorta la discordia tra il Viceré di Egitto ed il Sultano, i Russi si accamparono sotto Costantinopoli, né vi si ritirarono che dopo il trattato di Unkiar-Skelessi, che metteva la Turchia in loro potere.

Intanto fra vicende varie procedeva il tempo a maturare con lento processo quegli avvenimenti, che poi un lieve soffio sovente basta à disperdere.

Avvenne il cataclisma politico del 1848 che scosse tanti troni d'Europa.

«Prender parte in ogni occasione agli affari, alle vertenze quali si sieno dell’Europa, e segnatamente à quelle di Germania, la quale essendo alla Russia più vicina interessa più direttamente.«Fu altro questo dei consigli dettati da Pietro il Grande nel suo testamento. — La Russia non si tenne neutrale; e Nicolò accorse in aiuto dell’Austria, di cui facevano tanto strazio le rivoluzioni di tanti popoli agglomerati sotto un solo dominio. Sperava egli legar l'Austria coi vincoli della riconoscenza, e così indurla a dismettere quella opposizione che contrariato avea lunga pezza i progetti suoi contro la Turchia. Ma fallaci sono i calcoli dell'uomo! — Pare tornasse egli all’idea vagheggiata, e sorse in campo di beh nuoto la già rancida questione dei Luoghi Santi a porgere argomento di complicazione.

Superno volere! — I luoghi santificati dalla nascita, dalla vita, dalla morte di Gesù Cristo sono in potere dei Mussulmani; né volgere di secoli, né reiterate associazioni volonterose di succedentisi Crociate valsero a riscattarli!

Lunghe negoziazioni ad appianar differenze, a decidere contestazioni non solamente fra cristiani e maomettani, ma fra cristiani di rito greco e quelli di rito latino, sortirono sempre poca efficacia.

Un trattato concluso tra Francesco I di Francia ed il Sultano Solimano stabiliva che i Latini rimarrebbero perpetuamente in possesso dei santuarii che allora avevano; e ciò ratificassi in altro trattato, concluso nel 1740.

Pur nullameno la maggior parte dei santuarii, durante il secolo a quest'epoca posteriore passarono, in esercizio dei Greci che vi praticarono non lievi distruzioni.

Le rimostranze dell'Ambasciatore Bourqueney pel Re Luigi Filippo fatte a Costantinopoli in favor dei Latini, per diplomatiche lentezze, furono sopraggiunte e sospese dalla rivoluzione del 184S. Il Generale La Hitte ministro degli affari esteri, nel 1850, le riprese e Note furono indirizzate all’uopo a tutte le potenze Cattoliche.

L’ambasciatore inglese sir Stratford de Redcliffe, scriveva a lord Palmerston: che comunque trattisi semplicemente d'una questione di proprietà e di esplicite stipulazioni, pure scorgeva esser difficile separare tale questione dai politici riguardi, ed essere verosimile una lotta di generale influenza, in ispecie se la Russia, come si potea prevedere, interviene in favore della Chiesa greca. E ciò accade: l’Imperatore Nicolò scrisse lettera autografa al Sultano dolendosi con modi risentiti delle decisioni dei ministri ottomani e pretendendo invalido il trattato 1740 perché colpito dalla dissuetudine.

Intanto la Russia adunava forze considerevoli; e quando il Sultano credette di aver trovato il mezzo di porre d’accordo i contendenti e propose di render comuni a tutti i cristiani di qualsiasi comunioni i Luoghi Santi, lo Czar rifiutò questa conciliazione.

Allora una commissione composta di mussulmani e nominata dal Sultano unanime decise:

1.° La gran cupola del Santo Sepolcro sarà d’ora innanzi comune ai due riti greco e latino,

2.° La piccola cupola, detta cupola dell'ascensione, nella quale fino a questo giorno i Latini furono ammessi ad uffiziare, resta d’ora innanzi addetta al culto greco, al quale è stata da antichi firmani aggiudicata.

3.° I Latini, sono ammessi ad uffiziare nel Santuario della tomba della B; Vergine, donde furono esclusi fino a questo giorno, a condizione di non operare cangiamenti di sorta nell’interno di quel Santuario, e di torne via tutti gli oggetti del loro culto dopo avere uffiziato.

4.° Sebbene sembri probabile che la chiesa di Betlemme sia stata eretta dai Latini, continuerà essa ad appartenere ai Greci, che da secoli la possiedono. Nondimeno la grotta della Natività essendo collocata sotto l’altare di quel Santuario, saranno consegnate ai Latini due chiavi del Santuarii od una della chiesa.

Questa decisione fu approvata dai ministri della Porta; ma la Russia dichiarava che tale accomodamento non poteva accettare perché troppo in danno dei Greci. Il suo minaccioso linguaggio, e gli ordinati armamenti spaventarono siffattamente la Porta, che il governo emise un filmano il quale colpiva di decadenza il trattato del 1740, e dichiarava ingiuste le pretensioni dei Latini, senza però annullare le concessioni da quest’ultimi ottenute.

Se ne dolse amaramente l’ambasciatore Francese; ma limitatasi ad esigere che quel firmano non venisse letto alle comunità radunate a Gerusalemme. La Russia invece ne volle formale pubblicazione; e vi aderiva, debole, il Divano, promettendo eziandio che la chiave della porta maggiore della Chiesa di Betlemme non sarebbe consegnata ai Latini.

Giunti noi a questo punto della questione; e poiché demmo in iscorcio un cenno delle tendenze russe tradizionali e conquistatrici; e poiché offrimmo una idea della vertenza sui Luoghi Santi; ne progrediremo adesso la storia non solo cronologicamente, ma in forma di diario, affine di ottenere la più possibile precisione e chiarezza, e di procacciare al lettore il più pronto reperimento delle date importanti.

1853 — 14 Gennaio. Tutto ciò che da noi venne discorso, non condusse a. veruna definizione; però la Porta, stanca di concedere senza utile scopo, ricorse agli anteriori trattati stabiliti colla Francia e dichiarò di non più dipartirsene.

La Russia intanto concentrava milizie presso le frontiere turche, e Nesselrode scriveva al barone di Brunnow, ambasciatore di Russia a Londra, un dispaccio da comunicarsi al governo inglese; e querelandosi del procedere della Porta, e delle violate promesse, manifestava la necessità d’una riparazione; ed accennando al contegno della Francia di cui mostrava non soddisfarsi, esprime: «Fu appellato il cannone l’ultima ragione dei re: il governo francese lo fece la sua prima ragione. È questo l’argomento con cui ha dichiarato di primo slancio di voler esordire a Tripoli come a Costantinopoli… Doversi quindi premunire contro le intraprese d’un governo abituato a procedere per sorprese, assicurando il riposo del Sultano, e ristabilendo la sua autorità compromessa dall’ambasciatore di Francia agli occhi de' suoi sudditi di rito greco, che formano in Europa la maggior parte della popolazione de' suoi Stati.»

Tendeva finalmente il dispaccio all’effetto che le relazioni coll’Inghilterra fossero più sempre rassicurate.

Il quale effetto non venne poi raggiunto; e sulla incessante osservazione che faceva Io czar ed i suoi ministri: essere l’impero ottomano prossimo a cadere in dissoluzione; essere come un uomo gravemente ammalato che può da un giorno all’altro morire, e restar sulle braccia dell'Europa; lord Clarendon ministro degli affari esteri rispondeva che non avvi niente di più idoneo a precipitare fa caduta della Turchia quanto il predire incessantemente ch’ella vi è prossima...»

5 febbrajo. Nesselrode notifica a Sir Hamilton Seymour la nomina del principe Menzikoff quale Ambasciatore straordinario a Costantinopoli. «Le istruzioni dategli sono alquanto vaghe, né poteva essere altrimenti, tanto si è sforzata la legazione francese d'imbrogliar la questione. Tuttavia non vogliamo innovare sui privilegi accordati al Latini, né altro domanderemo pei Greci che un equivalente di questi privilegi.

8 detto. Nota di Nesselrode a Kisselef Ambasciatore russo a Parigi, da comunicarsi al ministero francese. Ne sorto i sensi conciliativi. «Il Gabinetto imperiale non trascurerà mezzo (così dice) per sollecitare una conclusione sì desiderabile per tanti riguardi, e nella quale l'intera Russia prende il più serio e più legittimo interessamento. Esso ama di far calcolo sulla disposizione e sul concorso della Francia. Non dubita della cooperazione efficace che la Imperiale Corte d’Austria chiamata dai suoi trattati colla Torchia ad intervenire nella questione, vi presterà per sua parte. Gli è in questo senso che noi siamo per fare a Costantinopoli nuovi ed energici passi, i quali, nell’atto che rammenteranno alla Porta i suoi impegni, la convinceranno, non esservi in realtà oggidì né conflitto né antagonismo tra noi e la Francia, come non ve ne fu in altre epoche, per ciò che concerne l’ordine stabilito da secoli nei luoghi venerati delta Palestina ecc. ecc.»

28 detto. Il principe Menzikoff, Ambasciatore straordinario della Russia, giunge a Costantinopoli, e ne consegue, il 6 marzo, il cangiamento del Ministero turco.

16 marzo; Il principe Menzikoff spedisce alla Sublime Porta la prima sua Nota, nella quale dice: avere il Sultano il 10 febbraio del 1852 annunziato all’Imperatore di Russia che la questione relativa al Luoghi Santi era stata finalmente risolta; avere un attisceriffo e un firmano confermato tal dichiarazione. Tuttavia, lungi dal conformarsi a tali impegni, avere i ministri di S. M. il Sultano prese disposizioni del tutto ad essi contrarie, e aver quindi ferito le convinzioni religiose dell’Imperatore e mancalo a' riguardi dovuti alla sua persona. In Conseguenza, il principe dichiarava essere incaricato di chiedere, non solamente la riparazione di tali torti, ma ancora la conclusione d’un accordo durevole, il quale ponesse fine la scontentezza de' sudditi greci del Sultano, e desse loro, per l’avvenire, sicure ed inviolabili guarentigie. Il 22 il principe rinnovava la sua donando sotto forma d’un progetto di convenzione fra la Russia e la Turchia.

19 detto. In conseguenza di questi fatti, la flotta francese, comandata dal viceammiraglio di La Susse, riceve l'ordine di recarsi nelle acque della Grecia.

19 aprile. Seconda Nota del principe Menzikoff ministro degli affari esterni della Turchia: «L’Imperatore, ei dice, ha il diritto d’esigere solide guarentigie per l'avvenire; e queste guarentigie ei le chiede nel modo, che gli sembra meglio assicurare l’integrità del culto, ch’egli e la maggior parte de' sudditi cristiani del Sultano professano. L’Imperatore non potrebbe, trovar tali guarentigie se non in un atto avente forza di trattato, e tale che nulla abbia a patire dal mal volere o dall’ignoranza degli agenti del Governo della Porta.»

5 maggio. Il Governo ottomano comunica al principe Menzikoff i due firmani del Gransignore, relativi al ristabilimento della cupola del Santo Sepolcro, come pure al termine della controversia fra' Greci e i Latini, in riguardo a certi santuarii di Gerusalemme. Il principe Menzikoff, con una nuova Nota al ministro degli affari esterni della Sublime Porta, rispondere al contenuto de' due firmani non appagare se non in parte le domande dell’imperatore di Russia e passare sotto silenzio guarentigia de' privilegi de' Greci, da darsi con un trattato, il quale dichiarasse tutte le concessoni irrevocabili, e le proteggesse, contro, il capriccio, ed il mal volere del Governo ottomano; questo punto essere tuttavia il più importante, ed, essere assolutamente necessaria che la questione venga, senza indugio, risolta: le basi della convenzione rimaner le medesime nella loro, essenza, ed attendersi la risposta della Porta sinno al 10 maggio.«Alla Nota andava aggiunto, il progetto in sei articoli del sened (trattato) proposto; l’articolo 1° del quale era del tenore seguente:

«Nessun cangiamento può farsi ne’ diritti, ne’ privilegi e nell’immunità, che la Chiesa greca e il suo clero possedettero ab immemorabili, o possedono presuntemente, in tutta l’estensione dell'Impero ottomano.»

10 detto. In questo termine prefinito alla Porta per la risposta diffinitiva, una Nota del Governo, turco dichiara: che la Porta, guidata da costante desiderio di mantenere coll’Imperatore di Russia relazioni di buon, vicinato, esitato non aveva ad accogliere quelle fra le domande del principe Menzikoff, le quali non ledessero né il suo onore né la sua indipendenza, ma che ella non poteva conchiudere con una Potenza straniera un trattato, concernente cose, le quali riguardavano unicamente l’amministrazione interiore, poiché ciò sarebbe sacrificare i diritti della sua sovranità. Il Sultano dichiarava spontaneamente che i privilegii e le immunità delle Chiese cristiane ne’ suoi Stati, e massime quelli de' Greci, sarebbero mantenuti intatti. II principe Menzikoff replicò prolungando il termine per la risposta dell’ultimato fino al 14, ma nuovamente chiedendo che la Porta si obbligasse con un trattato, e dichiarando che, in caso di rifiuto, ei riguarderebbe le sua missione come terminata.

13 maggio. Avveniva un nuovo cangiamento nei Ministero turco: Mustafa pascià era nominato granvisir, Mehemet Ali pascià ministro della guerra, Rescid pascià ministro degli affari esterni, ec.; ed il 15 si mandava una Nota al principe Menzikoff', per annunziargli essere impossibile, stante la mutazione nel Ministero successa, regolare la pendente questione prima di cinque o sei giorni. Il principe riscriveva il 18 a Rescid pascià ch'ei non vedeva nelle comunicazioni, fatte dalla Porta, se non mezzi di guadagnar tempo; che quindi, convinto dell’inutilità de' suoi sforzi, ei considerava come finita la sua missione, e, in forza de' poteri datigli, lascierebbe Costantinopoli con tutta la Legazione imperiale.

19 detto. Nota di Rescid pascià al principe Menzikoff: «La proclamazione del firmano, che il Gransignore concesse al Patriarca greco, dee dileguare tutt’i timori, che l’Imperatore di Russia avesse potuto accogliere in riguardo alla sicurezza della fede greca. Nessun cangiamento avverrà nello stato di cose relativo a' Luoghi Santi di Gerusalemme, senza che i Governi della Francia e della Russia né siano anticipatamente avvisati. I Russi sono abilitati a fabbricare una chiesa ed uno spedale a Gerusalemme, e la Sublime Porta è pronta a soscrivere un atto solenne, sì in questo riguardo, che in quello de' privilegii particolari del clero greco.»

21 detto. In risposta a tal Nota, il principe Menzikoff annunzia, alla Sublime Porta, rotte le relazioni diplomatiche, e fasciava Costantinopoli. E il 26 di quel mese, fa Sublime Porta mandava a' rappresentanti della Francia, della Gran Brettagna, dell’Austria e della Prussia, un Memorandum, nel quale diceva che fa questione relativa ai Luoghi Santi era già stata regolata colla Russia, con soddisfazione delle due parti, quando il principe Menzikoff accampò, rispetto al culto grecò, nuove pretensioni, le quali avrebbero intaccato l’indipendenza e le basi d’ogni Governo, il quale vi si fosse assoggettato; ond’elle dovettero venire respinte. «La Porta conserva i suoi-sentimenti d’amicizia per la Russia; ma, considerando gli armamenti che quella Potenza fa in terra ed in mare, credesi obbligata a mettersi in istato di difesa.»

Il 30 detto, una circolare del Gabinetto russo agli ambasciatori ed agenti politici russi appresso le Potenze straniere, dichiara non esser altrimenti nelle intenzioni dell’Imperatore offender l'integrità o l'indipendenza dell’impero ottomano.

E il 31 detto, un dispaccio del conte di Nesselrode a Rescid pascià dice: «L’Imperatore considera il rifiuto della Porta come un’offesa personale; approva compiutamente il contegno del suo ambasciatore è concede alla Porta un ultimo termine d’otto giorni, spirato il quale, le truppe russe passeranno il confine, non per fare la guerra, ma per ottenere dal Sultano le concessioni, che questo rifiutò di fare all’amichevole.»

4 giugno. Le flotte congiunte della Francia e della Gran Brettagna ricevono l'ordine di avvicinarsi immediatamente ai Dardanelli, ed il 6 davasi il firmano del Gransignore a' capi ecclesiastici di tutte le Chiese cristiane dell’Impero, circa la conferma de' privilegii, delle immunità e delle concessioni religiose, accordati alle nazioni cristiane, e la riparazione degli abusi, che avessero potuto introdursi in tale riguardo.

Il 16 detto, Rescid pascià risponde al dispaccio del co. di Nesselrode del 31 maggio: la Sublime Porta appellarsi a' firmani del 6, e credere d’aver con essi pienamente appagate le domande della Russia. Ella manterrà le assicurazioni, date spontaneamente da essa e contenute pel progetto di Nota fattole pervenire dal principe Menzikoff, poco tempo innanzi alla sua partenza; ma esserle impossibile conciliare un’obbligazione, contratta mediante un trattato, con l’indipendenza e i diritti di sovranità dell’impero ottomano.

25 detto. Alla circolare del 30 maggio del conte di Nesselrode, sopraddetta, rispondeva il ministro degli affari esterni di Francia, sig. Drouyn di Lhuys. «La costante moderazione, di cui la Francia fe’ pruova, diceva il ministro, la sgrava d’ogni parte di malleveria nella peripezia presente, e le dà in pari tempo il diritto di sperare che i sacrifizii, da essa fatti per conservare la pace in Oriente, non saranno vani, e che, mosso dagli stessi motivi, il Gabinetto di Pietroburgo saprà conciliare le sue esigenze co’ diritti di sovranità del Sultano, é terminare la controversia altrimenti che colla forza.

Il 26 detto, usciva il manifesto dell’Imperatore di Russia contro la Turchia: «A malgrado di lutti i nostri sforzi per difendere l'integrità dei diritti e privilegii della nostra Chiesa ortodossa, molti atti arbitrarli del Governo ottomano hanno, in questi ultimi tempi, leso tali diritti. Dopo aver adoperati tutt’i mezzi della persuasione, abbiamo giudicato indispensabile far entrare le nostre truppe ne’ Principati danubiani. Per altro, non è nostra intenzione incominciare la guerra; vogliamo soltanto aver nelle mani un pegno, che ci risponda del ristabilimento de' nostri diritti.«Le truppe russe passavano il Pruth il 2 luglio seguente.

1.° luglio. Il generale di Castelbajac, ambasciatore di Francia a Pietroburgo, riceve una Nota del sig. Drouyn di Lhuys, la quale dice in sostanza che l’Imperatore Napoleone faceva la debita stima de' sentimenti dell’imperatore Nicolò, e l’ambasciatore era invitato a consegnare, da parte dell’imperatore de' Francesi all’imperatore della Russia un progetto d’aggiustamento, allegato alla Nota, e che aveva ricevuto l'approvazione dell’Inghilterra.

2 detto. Circolare del conte di Nesselrode agli ambasciatori ed agenti russi nelle Corti straniere. Eccone il sunto: «Presentando alla Porta l’ultimato, col quale, oltre alle disposizioni particolari a' Luoghi Santi, domandavamo una conferma scritta delle concessioni, da lungo tempo fatte alla Russia in favore del clero greco, come la sola e vera riparazione che l’imperatore possa accettare per l’offesa, commessa verso lui, con la violazione del firmano dell’anno 1852, come altresì delle promesse formali del Sultano, noi abbiamo informato i grandi Gabinetti delle nostre intenzioni; avevamo invitato segnatamente la Francia e la Gran Brettagna a non aggravare col loro contegno le difficoltà della situazione. Non pertanto, pigliando innanzi a noi l’iniziativa, quelle due Potenze hanno tosta inviato le loro flotte ne’ paraggi di Costantinopoli. Con tal dimostrazione comminatoria, le due Potenze aggiunsero alla peripezia nuove complicazioni. A fronte del rifiuto della Porta, spalleggiato dalla manifestazione della Francia e dell’Inghilterra, S. M. I. spedì alle sue truppe l’ordine di passare il confine per occupare i Principati. Esse vi entrano, non per fare alla Porta una guerra offensiva, ma perché la Porta, rifiutandoci la guarentigia morale, che avevamo diritto d’attendere, ci obbliga a sostituirvi temporaneamente una guarentigia materiale; perché la posizione, che presero le due Potenze ne’ porti e nelle acque del suo Impero, ci dà inoltre una ragione di ripristinar l’equilibrio delle situazioni reciproche, prendendo una posizione militare. L’occupazione de' Principati sarà tutto temporanea; ella ci servirà unicamente di pegno finché migliori consigli abbiano preponderato nell’animo de' ministri del Sultano, e cessi la pressione, ch’esercita su noi il contegno delle due Potenze; disconfessiamo anticipatamente ogn’idea di conquista o d’ingrandimento di territorio. L'Imperatore non vuol abbattere l’impero ottomano, od ingrandirsi a sue spese. Non chiede pe’ suoi correligionarii in Oriente se non lo stretto statu quo, se non la conservazione de' privilegi, ch'ei possedono ab antiquo sotto l’egida del loro Sovrano. Ma necessario è altresì che, dal canto suo, la Turchia rispetti i nostri trattati particolari e le conseguenze che né derivano; che atti di mala fede, occulte persecuzioni, molestie perpetue, non ci pongano in una condizione, che, intollerabile a lungo andare, ci forzerebbe. di commetterne il rimedio alle cieche vicende del caso.»

Lo stesso giorno, 2 detto, tenevasi al Ministero degli affari esterni di Londra una conferenza, alla quale intervennero gli ambasciatori d’Austria, di Francia e di Prussia; e né fu conseguenza una Nota comune al Gabinetto di Pietroburgo per indurlo a far concessioni, le quali potessero permettere alla Turchia di soddisfare le domande della Russia senza ferire i suoi diritti di sovranità.

13 detto. Il sig. Drouyn di Lhuys scriveva al conte Walewski, ambasciatore di Francia a Londra, che «pel momento conveniva lasciare alla Russia la cura di scegliere fra' diversi spedienti, che le furono suggeriti all’uopo di terminar la sua controversia colla Porta; ma che, se ogni tentativo di conciliazione fosse dalla Russia respinto, se l’occupazione delle Provincie danubiane si prolungasse, se avvenimenti gravi minacciassero il riposo della Turchia, le squadre unite non potrebbero rimanere più a lungo sull'ancora a Bescika, e sarebbe giunto per le bandiere dell’Inghilterra e della Francia il momento di passare lo Stretto de' Dardanelli.»

14 detto. Nota della sublime Porta alle Potenze europee, in riguardo all’occupazione de' Principati: «I trattati conchiusi tra la Porta e la Corte di Russia non autorizzano in modo alcuno la Russia, ad inviare truppe nella Moldavia e nella Valacchia. L’occupazione di quelle Provincie esser non potrebbe, in massima, considerata altrimenti che come una dichiarazione di guerra, la qual dà alla Porta l'incontrastabile diritto d’usare in ricambio la forza militare: pure, ella si astiene da ogni atto ostile, ma protesta formalmente e apertamente contro quell'atto; e nella convinzione che le Potenze soscrittrlci del trattato del 1844 non darebbero l’assenso loro a tal aggressione, ella spose loro i fatti, e rimane intanto in attitudine armata a propria difesa. Inoltre, ell’è pronta sempre a rinnovare le assicurazioni, promesse nella sua Nota al conte di Nesselrode del 16 giugno, ed è ancora disposta a mandare un ambasciatore straordinario a Pietroburgo per cercare, di concerto col Governo russo, i mezzi di giugnere ad un componimento atto a soddisfare la Corte di Russia, senza nocumento de' sacri diritti del Sultano.»

15 detto. Il sig. Drouyn di Lhuys spediva una Nota circolare in risposta al dispaccio russo dei 2 luglio. Il ministro degli affluir esterni di Francia dichiarava in quella Nota che le forze inglesi e francesi, con la presenza loro fuori de' Dardanelli, punto non intaccavano i sussistenti trattati; che l’occupazione della Valacchia e della Moldavia, per lo contrario, costituiva un’aperta violazione di essi; che l’argomentazione, svolta dalla Russia contro la Porta, rendeva inutile ogni tentativo di accomodamento.

16 detto. Anche lord Clarendon, secretario di Stato degli affari esterni della Gran Brettagna, rispondeva alla circolare del conte di Nesselrode, in data del 2 luglio. Egli diceva: «avere il Governo della Regina udito con dolorosa sorpresa che la Russia pretendesse essere l’occupazione de' Principati avvenuta soltanto in conseguenza dell’entrata della flotta anglo-francese nelle acque della Turchia; i grandi armamenti, che la Russia faceva in terra ed in mare, come pure le sue minacce reiterate contro la Porta, non consentire più il dubbio circa il pericolo, che la Turchia correva.«E siccome l’esistenza di questa (continuava il ministro inglese) è necessaria alla pace dell’Europa, il Governo della Gran Brettagna, fedele al trattato del 1844, ha, il 2 giugno di quest’anno, posto la sua flotta a disposizione del suo ambasciatore a Costantinopoli; Del rimanente, la presenza delle flotte nella baia di Bescika non viola nessun trattato, non offende menomamente i principii del diritto delle genti, né punto minaccia l’indipendenza dell’impero ottomano, laddove l’occupazione de' Principati da parte de' Russi è una violazione manifesta de' trattati, de' principii del diritto pubblico, un atto diretto d’ostilità contro il Sultano, il quale avrebbe il diritto di rispondere a tal provocazione con una dichiarazione di guerra e d’invitar le flotte ad accostarsi a Costantinopoli per proteggerla.»

Il 24 detto, i plenipotenziarii dell’Austria, della Gran Brettagna, di Francia e di Prussia si adunavano a Vienna per deliberare su’ mezzi di regolare in maniera pacifica le cose d’Oriente.

27 detto. Manifesto del Sultano a' suoi sudditi: «Esigendo che i sudditi ottomani della fede greca, la loro religione e le loro chiese fossero poste sotto la sua protezione, la Russia ruppe l’amicizia che legava le due Corti. II passaggio del Pruth dell'esercito russo è un atto d’ostilità, che costringe il Sultano a porre il paese in istato di difesa. Si raccomanda la pace e l’accordo scambievole a tutt’i sudditi dell’Impero, a qualunque religione o stirpe possano appartenere.»

31 detto. La Conferenza di Vienna approvava la seguente proposta di Nota alle Corti di Costantinopoli e Pietroburgo; «S. M. il Sultano nulla ha più a cuore quanto ripristinare fra essa e S. M. l'Imperatore di Russia le relazioni di buon vicinato e di perfetto accordo. Se, in ogni tempo, gl’Imperatori di Russia mostrarono sollecitudine pel mantenimento delle immunità e de' privilegii della Chiesa ortodossa greca nell’impero ottomano, i Sultani non si rifiutarono di confermarli di nuovo con atti solenni. Pigliando quindi in attenta considerazione le rappresentanze del principe Menzikoff, la Sublime Porta dichiara: Il Governo di S. M. il Sultano rimarrà fedele alla lettera ed allo spirito delle convenzioni de' trattati di Kutsciuk-Kainargì e d’Adrianopoli, relative alla protezione del culto cristiano. Il Sultano riguarda essere dell’onor suo far osservare in perpetuo e preservar da ogni lesione, e adesso e in futuro, il godimento de' privilegii spirituali, che furono conceduti da' suoi antenati alla Chiesa ortodossa d’Oriente che sono mantenuti e confermati da essa, e inoltre di far partecipare il rito greco a' vantaggi conceduti agli altri riti cristiani. Quanto alla guarentigia per l’avvenire, dia risulta dal firmano, munito dell’hattihumoyun il 15 della luna di rebiul.akir

1268 (febbraio 1852); la Sublime Porta promette uffizialmente che non sarà fatta nessuna modificazione allo stato di cose, qual fu regolato, senza un preliminare concerto co’ Governi di Francia e della Russia La Sublime Porta s’impegna del pari a soscrivere un atto solenne, il quale porrebbe le pie fondazioni russe sotto la sorveglianza speciale del console generale di Russia in Siria ed in Palestina.»

10 agosto. La Russia risponde a tal Nota di mediazione dell’Austria. Il Gabinetto russo dichiarasi soddisfatto purché la Sublime Porta accetti dal suo canto la Nota; ma aggiunge non poter egli considerarsi da tal dichiarazione legato, se non in quanto l’adesione della Porta sia pura e semplice.

13 detto. Il conte di Nesselrode manda al conte di Kisseleff, ambasciatore di Russia a Parigi, il seguente dispaccio: «Le due circolari del Governo francese, in data del 25 giugno e del 15 luglio, contengono circa il contegno nostro e le nostre intenzioni, alcune viste, che non ci sembrano ad essi conformi. Fin dall’origine del presente contrasto, la Russia fece una sola e medesima questione così dell’accordo particolare a' Luoghi Santi, come della guarentigia generale in favore de' privilegii religiosi del culto ortodosso. I vantaggi, conferiti a' Latini a Gerusalemme, a detrimento de' nostri correligionarii, attestano la parzialità del Governo turco per le altre Comunioni cristiane. La missione del principe Menzikoff a Costantinopoli comprendeva due scopi distinti: 1. aggiustamento speciale delle difficoltà dei presente; 2. guarentigia generale per l’avvenire. Se con la pubblicazione di nuovi firmani sull’affare de' Luoghi Santi, la parte delle negoziazioni, che aveva potuto mettere i nostri interessi religiosi in opposizione con quelli del Governo francese, era risoluta, rimaneva ancora a conseguir l’altro scopo, a sostegno del quale la Russia invocò i trattati. Gabinetto francese ci contrasta l’autorità di que’ trattati; ei contrasta l’analogia, che abbiamo voluto stabilire fra il patronato, che la Francia in ogni tempo esercitò sui Cattolici d’Oriente, ed il principio che un diritto di protezione religiosa, esercitato sui sudditi d’uno Stato non. cristiano, non è tanto inconciliabile come si crede con la sua indipendenza politica. Tuttavia, malgrado la sua moderazione negli ultimi tempi, la Francia, col suo sistema d’intimorimento seguito finora, ha talmente indebolita. la posizione di tutti gli altri Gabinetti, che recente mente l’Austria e da ultimo la Russia, furono obbligate a presentare le lor rimostranze. Rappresentare il trattato del 1841 come una garantia collettiva, data dalle Potenze all’integrità dell’impero ottomano, è dargli un’importanza che mai non ebbe. Infine la Russia non potrebbe interdirsi per sempre e per ogni contingenza la facoltà d’ottenere da se stessa soddisfazione de' suoi lagni particolari, ed obbligarsi con trattato ad aver ricorso, per ogni offesa de' suoi interessi, all’intervento delle altre Potenze.»

In un secondo dispaccio, della medesima data, il conte di Nesselrode tornava sull’occupazione de' Principati da' Russi, e cercava di provare che la posizione presa sul mare dall’Inghilterra e dalla Francia al primo annunzio della rottura delle pratiche fra il principe Menzikoff e la Porta, aveva, precorrendo le sue determinazioni finali, forzato il Gabinetto russo a prendere in terra una posizione militare.

13 stesso. Il Sultano aderiva al progetto di mediazione di Vienna, e, il 19, Rescid pascià mandava alle quattro Potenze mediatrici le seguenti Spiegazioni circa i cangiamenti, che la Porta desiderava fossero fatti nella Nota di mediazione: «1. Se in ogni tempo gl’imperatori di Russia attestarono la più viva sollecitudine per la conservazione de' privilegii della Chiesa ortodossa greca, i Sultani, dal canta loro, non Cessarono mai d'invigilare al loro mantenimento.

2. Il paragrafo del progetto di Nota, concernente il trattato di Kainargi, non può riferirsi se non alla promessa fatta dalla Porta di proteggere ella stessa la religione cristiana; per conseguenza, ei debb’essere modificato in modo che la promessa di protezione, in esso trattato contenuta, e la questione relativa a' privilegii religiosi, siano separate per guisa che sia impassibile il dubbio; 3. Per quanto concerne la promessa che il culto greco debba partecipare a tutt’i vantaggi concessi alle altre confessioni cristiane, è da notarsi, per evitare ogni malinteso, che si tratta qui soltanto de' sudditi turchi e non delle persone poste sotto la protezione delle grandi Potenze.

Subito dopo l’ammissione di tali cangiamenti, il Governo turco s’affretterà di sottoscrivere il progetto e d'inviare immediatamente un ambasciatore straordinario, a condizione però che i Principati siano sgomberati. La Porta s’aspetta inoltre che le eccelse Potenze le daranno sicure guarentigie contr’ogni esigenza ulteriore e contro l’occupazione, già più volte. rinnovata, della Moldavia e della Valacchia.»

Parimenti in data del 49, il sig. Drouyn di Lhuys, in una Nota al conte Walewski, dichiarava che, se i Principati 'non fossero sgomberati al 1.° ottobre, sarebbe assolutamente necessario che le flotte lasciassero la baia di Bescika per passare i Dardanelli, ed invitava il Governo della Gran Brettagna a prendere un’eguale risoluzione.

1.° settembre. In un altro dispaccio al conte Walewsky, il sig. Drouyn di Lhuys parla di nuovo dell’ingresso delle flotte ne’ Dardanelli, e aggiunge che quell’ingresso non avrebbe potuto essere a Pietroburgo riguardato, se non come un provvedimento imposto da considerazioni nautiche, e non come un mezzo d’incuorare la Porta nel suo rifiuto d’accettar la Nota di Vienna. Del resto, si acconsentiva a richiamarle tosto, non appena l’ordine di sgombrare i Principati fosse stato dato.

7 detto. Dispaccio del conte di Nesselrode al barone di Mevendorff, ambasciatore di Russia a Vienna. La Russia rigetta le modificazioni proposte dalla Porta alla Nota della Conferenza di Vienna, ma desiste però dalla sua prima risoluzione di non considerarsi in modo alcuno legata, caso che la Porta, dal canto suo non desse il suo consenso senza restrizione. Più, ella si dichiara di nuovo pronta ad accettare la Nota di Vienna nella primitiva sua forma; e, relativamente alla condizione dello sgombramento de' Principati, ripete che bastato sarebbe l’arrivo a Pietroburgo dell’ambasciatore turco, latore della Nota austriaca non modificata, perché fosse immediatamente dato alle truppe l’ordine di ripassare i confini.

8 detto. La comunità degli ulemi intima al Sultano di dichiarare la guerra alla Russia o di abdicare, e questo entro quattro giorni, vale a dire fino al principio della festa del Bairam. Lo Sceick-ul-Islam

si dichiara contro le pretensioni degli ulemi, a' quali annunziavasi che lor si farebbe nota la risoluzione del Sultano, quando fosse giunta la risposta che aspettavasi da Pietroburgo.

14 detto. Per domanda degli ambasciatori d’Inghilterra e di Francia, e col consenso del Gabinetto ottomano, due fregate inglesi e due francesi passano Io stretto de' Dardanelli e gettano l’ancora dinanzi Costantinopoli.

15 detto. S. M. l’imperatore d’Austria partiva pel campo d’Olmùtz, ove S. M. l’imperatore di Russia giungeva il 24.

17 detto. Nota del sig. Drouyn di Lhuys al barone di Bourqueney, ambasciatore di Francia a Vienna: Allorché le quattro Potenze mediatrici giudicarono che la Porta commettesse un fallo di contegno, rifiutando per ragioni puerili, la sua adesione pura e semplice al progetto di conciliazione, ch’esse le proponevano, l’hanno francamente e unanimemente dichiarato. Però, nell’opinione del Gabinetto di Pietroburgo, le modificazioni proposte da Rescid pascià non sono senza importanza, e chiaramente risulta dall’argomentazione della Russia ch’ella pretende ingerirsi nelle relazioni del Sultano co’ suoi sudditi cristiani, e invigilar ella stessa, nell’avvenire, al mantenimento dei diritti e delle immunità della Chiesa greca nell’impero ottomano. Il commento russo cangia lo spirito dell’Opera della Conferenza.

21 detto. Un’altra nota del sig. Drouyn di Lhuys, al sig. di Moustier, ambasciatore di Francia a Berlino, faceva osservare la coincidenza dell’opinione del Gabinetto prussiano con quella del Governo francese circa il valore intrinseco delle modificazioni, introdotte da Rescid pascià nella Nota di Vienna e circa la necessità di premunire la Porta contro un’interpretazione abusiva di quel documento.

In un altro dispaccio, della stessa data, indirizzato a Londra al conte Walewski, il sig. Drouyn di Lhuys, vista la rivolta degli ulemi e considerando che avvenimenti imprevisti potevano minacciare l’autorità e la vita del Sultano e porgere quindi alla Russia l’occasione di precorrere le Potenze alleate a Costantinopoli, tornava ad insistere perché la Gran Brettagna spedisse, nel tempo stesso che il Governo francese, l'ordine di chiamare immediatamente le due squadre a Costantinopoli.

23 detto. Dopo aver rispinte le domande rinnovate dal Gabinetto russo nella Nota del 7 al barone di Mevendorff, il Sultano, d’accordo co’ suoi ministri, decide di convocare un medscilissiamuni

(Consiglio del popolo), il quale abbia a dar il suo parere sulla questione.

Il dì stesso, dispaccio del signor Drouyn di Lhuys al conte di Lacour ambasciatore di Francia a Costantinopoli: «L’esitazione della Conferenza di Vienna nel contraddire il commento russo della Nota di mediazione e nel determinare ella stessa il valore del documento derivato da essa, dando cosi al Governo turco assicurazioni abbastanza esplicite per indurlo a rivocare la prima sua decisione, inceppa l’opera nostra, e non ci permette più di dare consigli, che non avrebbero probabilità alcuna d’essere ascoltati.»

25 detto. La Porta assoggetta al Consiglio nazionale turco, convocato nel palazzo imperiale e composto de' primarii personaggi religiosi e laici, le questioni seguenti: 1.° Accettazione della Nota di Vienna senza mutamenti; o 2.° Accettazione della detta Nota sotto la guarentigia immediata delle grandi Potenze contr'ogni intervento della Russia nell'amministrazione della Chiesa ortodossa; o 3°. Rifiuto della Nota come inconciliabile colla dignità del trono. Il parere unanime dell’Assemblea fu che la Porta doveva in ogni caso persistere nelle modificazioni proposte alla Nota di Vienna, stante che la sua accettazione pura e semplice distruggeva la sua sovranità e feriva l'indipendenza del Sultano.

28 detto. S. M. l’imperatore Nicolò lascia Ollmütz per condursi a Varsavia. Il 2» ei giunge in questa città, ove si recano il 2 ottobre S. M. l'Imperatore d’Austria e S. M. il Re di Prussia. Il 6 ottobre, S. M. l’imperatore d’Austria ritorna da Varsavia a Vienna, e S. M. il Re di Prussia ritorna a Sans-Souci, ove, il 7, giungono S. M. l'Imperatore di Russia e il Granduca ereditario. Il 13 ottobre, S. M. l’imperatore di Russia tornava da Berlino a Pietroburgo.

1.° ottobre. Il Divano chiede uffizialmente che le flotte adunate a Bescika facciano vela per Costantinopoli; e il 4, e per allontanare i pericoli, che minacciano un Impero, la cui esistenza è indispensabile all’equilibrio europeo, e per dare alla Porta una forza morale, che le permetta rimanere nelle condizioni d’un Governo regolare ecc. ccc., il ministro degli affari esterni di Francia fa proporre al Governo britannico dall’ambasciatore francese a Londra, di mandare le squadre nel Bosforo e d’estendere anzi la lor posizione fino a Varna.»

5 detto. La dichiarazione di guerra della Sublime Porta viene pubblicata a Costantinopoli.

6 detto. La Porta manda fuori il seguente Manifesto: «Fin dal principio, il contegno del Governo turco non che motivo a querela alcuna. Quand’anche la Russia avesse avuto un argomento di lagno in ordine alla questione de' Luoghi Santi, ell'avrebbe dovuto circoscrivere le sue pratiche a tal sola questione, e non prendere disposizioni d’intimorimento, come quelle di spedir truppe a' confini e far apparecchi marittimi a Sebastopoli. Essendo la questione de' Luoghi Santi stata risoluta con soddisfazione di tutte le parti, ed avendo il Governo del Sultano attestato le più favorevoli disposizioni in riguardo alle assicurazioni richieste, non è egli cercar un pretesto di guerra insistere sulla questione de' privilegi della Chiesa greca, conceduti dal Governo ottomano, privilegii ch’ei reputa dell’onor suo, della sua dignità e della sua autorità sovrana mantenere, e rispetto a' quali è evidente non poter egli ammettere né l'ingerenza né la sorveglianza di nessun Governo? La Russia occupò con forze ragguardevoli i Principati di Moldavia e di Valacchia, dichiarando che quelle Provincie gli servirebbero di guarentigia, finché abbia ottenuto quel ch'ella esige. Quest’atto fu considerato giustamente, dalla Sublime Porta come una violazione de' trattati, e per conseguenza come un casus belli.

Le altre Potenze medesime non poterono giudicarne altrimenti. La Russia è dunque l’aggressore. Quanto alla Nota dì Vienna, il Governo ottomano, nella sua sollecitudine per evitare tutta quanto potesse in avvenire dar alla Russia un pretesto d’immistione negli affari religiosi dell’Impero, si limitò a rigettarne quanto poteva avere un doppio significato. Ma poiché il Gabinetto di Pietroburgo non si contentò delle assicurazioni, che gli erano offerte; poiché gli sforzi benevoli delle eccelse Potenze furono indarno; poiché finalmente la Sublime Porta non può tollerare più lungo tempo lo stato di cose attuale, né manco la prolungazione dell’occupazione de' Principati moldo-valacchi, il Gabinetto ottomano nell’intenzione di difendere i sacri diritti di sovranità e l’indipendenza del suo Governo, vedesi costretto a dichiarare la guerra. Ei diede per istruzione categorica ad Omer Pascià d’invitare il principe Gortschakoff a sgombrare i Principati, e d’incominciare le ostilità, se, termine quindici giorni dall’arrivo del suo dispaccio al quartier generale russo, una risposta negativa gli pervenisse. Tuttavia il Governo ottomano, non volendo frapporre ostacoli alle relazioni mercantili de' sudditi delle Potenze amiche, lascierà durante la guerra gli Stretti aperti alla lor marina mercantile.»

7 detto. Nota del sig. Drouyn di Lhuys al barone di Bourqueney? «Pur rendendo giustizia agli sforzi tentati dall’Austria, la Francia è nell’impossibilità di dar corso, pel momento, alle nuove proposizioni del Gabinetto di Vienna. Gli sforzi dell’Austria, come pur quelli della Francia, avevano per fine di conciliare le pretensioni della Russia co’ diritti sovrani del Sultano; ma con ciò né la Francia, né l’Austria non intesero mai riconoscere legittime le domande originarie del Gabinetto di Pietroburgo. La Russia invase senza causa i Principati, pose in compromesso con tal atto di violenza l’esito delle negoziazioni, e provocò il movimento, che agita adesso tutta la Turchia. Finora il Governo francese ebbe un solo motivo, l’interesse generale dell’Europa; un solò scopo, la conservazione dell’Impero ottomano: mentr’ei credeva che l’accordo de' grandi Gabinetti fosse il miglior mezzo di conseguir tale scopo, il Governo francese si riservò sempre la sua libertà d’azione, e, sotto l’evidente pressione delle congiunture, si determinò ad uscire dalla sua situazione. La Francia spera che il Gabinetto di Vienna, il quale non s’ingannò sul senso della sua dimostrazione, ammetterà le esigenze della sua politica.»

21 detto. Una Nota di Rescid pascià annunzia agl’inviati dell’Austria e della Prussia l’ingresso delle flotte alleate ne’ Dardanelli.

23 detto. Primo scontro sanguinoso fra Russi e Turchi: una parte della flottiglia russa del Danubio, recandosi a Galacz, viene cannoneggiata dall’artiglieria della fortezza d’Isatscha.

31 detto. Una circolare del conte di Nesselrode agli ambasciatori ed agenti politici appresso le Corti straniere, esprimeva che «la Russia, a malgrado della dichiarazione di guerra della Porta, e finché la sua dignità e i suoi interessi gliel’avessero permesso, s’asterrebbe dal pigliar l'offensiva e contenterebbesi di conservare la sua posizione nei Principati, ch’ell’era sempre pronta a sgombrare, non appena ricevuta una soddisfazione sufficiente. Dipenderebbe dunque assolutamente dalle altre Potenze non allargare la cerchia delle ostilità.»

1.° novembre. Manifesto dell'Imperatore di Russia: «La Russia, e’ dice, è provocata alla pugna. Più non le rimane che ricorrere alla forza delle armi per costringere il Governo ottomano a rispettare i trattati e per ottenere la riparazione delle offese, colle quali ei rispose alle nostre domande più moderate ed alla nostra legittima sollecitudine per la difesa della fede ortodossa in Oriente.»

2 detto. La flotta anglo-francese entra nel Bosforo.

10 detto. L’ambasciatore-presidente austriaco, barone di Prokesck-Osten, fa alla Dieta germanica la dichiarazione seguente: Ben disposta a non prender parte al conflitto insorto tra la Porta e la Russia, fino a tanto che gl’interessi particolari dell'impero non saranno minacciati, l’Austria non ha trovato, né nel contegno delle parti belligeranti, né in quello delle altre grandi Potenze dell’Europa, motivi per aumentare le sue forze militari. La diminuzione ideata dell’effettivo de' suoi eserciti verrà adunque in parte eseguita, e con questo disarmamento parziale, il Governo I. e R. darà al mondo un arra novella, non solo delle sue pacifiche disposizioni particolari, ma ben anche della sua speranza in un pacifico scioglimento del contrasto, insorto fra le due Potenze vicine. Non pertanto, tutti i gravi interessi che l’Austria potrebbe avere a guarentire, sia come Potenza europea, sia come Potenza tedesca confederata, troveranno il Governo I. e R. pronto ad operare prontamente e con energia. Fedele alla sua politica di pace, il Gabinetto austriaco si sforzerà invariabilmente di adoperarsi affinché l’incendio locale non si propaghi, e, di concerto colle Corti di Parigi e di Londra, continuerà a cercare i mezzi d’uno scioglimento pacifico alla contesa.»

11 detto. Dispaccio del conte Buol-Schauenstein, ministro degli affari esterni d’Austria, al barone di Bruck, internunzio imperiale a Costantinopoli: «Dalla circolare della Sublime Porta del 4 ottobre, il Governo I. R. ha veduto con vivo rammarico che il Gabinetto ottomano ha rinunciato ad ogni speranza di terminare all'amichevole il suo litigio coll’Imperatore della Russia. Malgrado la dichiarazione di guerra della Porta, l’Imperatore di Russia non riguarda le negoziazioni come del tutto rotte. Chiedendo che il culto ed ii clero greco possano conservare i loro privilegii, l’Imperatore intende che ciò avvenga sotto gli auspicii e sotto l’autorità del Sultano. Assicurazione della stretta osservanza dello statu quo della confessione greca negli affari religiosi, vale a dire eguaglianza di diritti e di libertà tra la Chiesa greca e le Comunioni cristiane soggette al dominio del Sultano; fruizione per la Chiesa greca dei vantaggi di già concessi, e che in avvenire concessi fossero dal Sultano alle altre confessioni: ecco tutto ciò che la Russia desidera. Accettate queste basi, l’imperatore è pronto ad aprire a Bucarest immediatamente e direttamente colla Porta nuove negoziazioni. Il Gabinetto di Vienna invita adunque il suo inviato a Costantinopoli a pressare la Porta ad accettar favorevolmente queste proposizioni.»

23 detto. Il sig. Drouyn di Lhuys partecipa al Governo britannico, per interposizione dell’incaricato d’affari di Francia a Londra, un nuovo progetto di Nota collettiva alla Porta, e gli annuncia che ei s’era determinato d’inviare a Costantinopoli la nuova Nota di Vienna in data dell’11, segnata da tutti i membri della Conferenza.

28 detto. Il ministro degli affari esterni di Francia manda al generale Baraguay-d’Hilliers, ambasciatore a Costantinopoli, un’istruzione, la qual contiene i consigli, che, d’accordo cogli altri inviati delle Potenze alleate, egli deve comunicare ai ministri del Sultano.

30 detto. Una squadra russa di sei vascelli di linea, comandata dal viceammiraglio Nachimoff, distrugge una divisione della flotta turca, composta di 13 bastimenti, all'ancora dinanzi Sinope, sulla costa asiatica del mar Nero; una parte dei vascelli turchi veniva, colata a fondo, l’altra parte saltava in aria; 4000 Ottomani perivano; Osman pascià, ammiraglio comandante, restava ferito e fatto prigioniero; una parte della città di Sinope diveniva preda delle fiamme.

5 dicembre. I rappresentanti dell’Austria, della Francia, della Gran Brettagna e della Prussia, adunati in conferenza a Vienna, stanziano una Nota collettiva alla Porta, in cui dichiarano: i loro rispettivi Governi vedere con profondo rammarico il cominciamento delle ostilità tra la Porta e la Russia, e desiderare vivamente, intervenendo tra le Potenze belligeranti, che si eviti ogni nuova effusione di sangue, e si ponga un termine ad uno stato di cose, che gravemente minaccia la pace di Europa. Avendo la Russia data sicurtà ch'ell’era disposta a trattare, e gli scriventi non dubitando che la Porta non fosse animata da uno stesso spirito, domandavano, in nome dei loro rispettivi Governi d'essere informati delle condizioni, alle quali il Governo ottomano acconsentirebbe a negoziare.

5 detto. Rescid pascià, in una Nota agl’inviati di Francia e della Gran Brettagna, allegando l’impossibilità di difender a sufficienza tutto il tratto delle coste del mar Nero contro gli attacchi della Russia, invocava per la Sublime Porta il soccorso dei Governi alleati, che avevano inviato le loro flotte nel Bosforo.

12 detto. Gl’inviati delle quattro grandi Potenze a Costantinopoli, spediscono al Divano una Nota comune, del tenore seguente: «L’Imperatore di Russia non risguardando il filo delle negoziazioni come del tutto rotto, e la Sublime Porta essendo, dal suo canto, sempre disposta a porre un termine al litigio, insorto tra' due Imperi, la negoziazione da seguirsi sarebbe fondata: 1.° sullo sgombramento, al più possibile sollecito, dei Principati; 2.° sul rinnovellamento degli antichi trattati; 3.° sulla comunicazione dei firmani, relativi ai privilegii spirituali, concessi dalla Sublime Porta a tutti i suoi sudditi non musulmani; comunicazione la quale, fatta alle Potenze, avrebbe ad essere accompagnata da convenienti guarentigie, date a ciascuna di esse; 4.° l’aggiustamento già conchiuso, per compiere l’accordo relativo ai Luoghi Santi, verrebbe definitivamente adottato; 5.° la Sublime porta dichiarerebbe ch'ella è pronta a nominare un plenipotenziario, a fare un armistizio, ed a negoziare sulle basi sopra enunciate, e in una città neutrale, col concorso delle Potenze; 6.° le dichiarazioni, fatte dalle Potenze, nel preambolo del trattato del 13 luglio 1844, sarebbero formalmente confermate da quelle stesse Potenze; 7.° la Sublime Porta dichiarerebbe, dal canto suo, la ferma risoluzione di sviluppare più efficacemente il suo sistema amministrativo e d’interno miglioramento, conforme ai bisogni de' suoi sudditi di tutte le classi.»

13 detto. Un dispaccio del ministro degli affari esterni di Francia al generale Baraguay-d’Hilliers a Costantinopoli, dice: la distruzione della flottiglia ottomana, ancorata nella rada il Sinope, aver fatto una penosa impressione al Governo francese; il colpo ardito e fortunatodato dalla Russia, non aver colto soltanto la Turchia; l’ambasciatore esser quindi incaricato di operare in modo da rendere non solo impossibile la ripetizione d’un simile fatto, ma inoltre di rifornire, cosi d'uomini come di vettovaglie, l'esercito d’Anatolia e le piazze del litorale.

15 detto. Il Signor Drouyn di Lhuys scrive al conte Walewski, ambasciatore di Francia a Londra: «Avendo la Russia abusato della sua posizione per attaccare il nostro alleato ne’ suoi porti, il Governo francese propone al Governo britannico di ordinare a' viceammiragli Hamelin e Dundas di dichiarare al principe Menzikoff o al suo vice-ammiraglio Korniloff, che ogni bastimento russo, incontrato in mare da' nostri sarà d’ora in appresso invitato a rientrare nel porto di Sebastopoli; e che ogni aggressione tentata, malgrado questo avviso, contro il territorio e la bandiera ottomana, sarà respinto colla forza. O l’esercito, comandato dal principe Gortschakoff ripasserà il Pruth, o i nostri vascelli incrocieranno nell’Eusino e intercetteranno tutte le comunicazioni marittime della Russia colle sue Provincie asiatiche; e noi terremo così il mar Nero come un pegno, fino allo sgombramento de' Principati ed al ristabilimento della pace.»

17 detto. Avviene un nuovo mutamento del Ministero ottomano: Riza pascià è nominato ministro della marina e grande ammiraglio, invece di Mahmud pascià.

18 detto. Il Gran Consiglio della Sublime Porta prende, ad unanimità, la risoluzione d’accettare le proposizioni conciliatrici delle grandi Potenze.

20 detto. Compilasi un Masbatà, o autorizzazione, data ai ministri della Porta, di rannodare direttamente colla Russia, e sotto la protezione delle quattro Potenze, le negoziazioni di pace, prendendo per base lo sgombramento dei Principati, come pure l’integrità e l’indipendenza della Turchia.

24 detto. Il conte di Clarendon, secretario di Stato degli affari esterni della Gran Brettagna, scrive a lord Cowley, ambasciatore d’Inghilterra a Parigi, in risposta alla Nota francese del 15, che la proposizione del Governo francese di far proteggere dalle flotte congiunte la bandiera ottomana, del pari che il territorio della Turchia, e d’invitare i vascelli da guerra russi a rientrare a Sebastopoli, era approvata. «La flotta turca, dice la lettera, non dee intraprendere alcuna operazione navale, senza la conoscenza e la sanzione preliminare degli ammiragli francese ed inglese fino a che l'Inghilterra e la Francia non sieno realmente in guerra colla Russia; non sarebbe giusto che le flotte congiunte assistessero e proteggessero le truppe ottomane in atti di aggressione contro il territorio russo, quando non fosse permesso alla dotta russa di respingere tali assalti. L’Inghilterra non dissimula a se medesima che la via, ch'è forzata a seguire, può fra non molto tempo trarre l’Inghilterra e la Francia in una guerra colla Russia; e perciò, nel caso che la risposta della Porta alla i proposizione, recentemente inviata da Vienna, non fosse soddisfacente, i due Governi alleati dovrebbero domandare che le condizioni, secondo le quali un trattato di pace sarà negoziato tra la Russia e la Turchia, siano lasciate alla decisione dell’Inghilterra e della Francia, sotto la riserva che nulla verrà proposto a nome della Porta di quanto ella ha già ufficialmente respinto.»

27 detto. Il conte di Clarendon manda a sir H. Seymour, ambasciatore d’Inghilterra alla Corte di Pietroburgo, la seguente istruzione: «Lo scopo dell’invio delle flotte congiunte a Costantinopoli, era quello di difendere la Turchia e non di assalire la Russia. Le intenzioni dei Governi inglese e francese, annunziate da lungo tempo alla Porta, debbono essere fedelmente e con fermezza recate in atto. Per ciò, senza alcuna intenzione ostile contro la Russia, è essenziale che le flotte congiunte siano padrone del mar Nero, e per prevenire la ripetizione d’un disastro come quello di Sinope, le flotte alleate inviteranno, e all’uopo forzeranno, i vascelli da guerra russi, a rientrare a Sebastopoli o nel porto più vicino. È ben inteso che la flotta turca non farà alcuna operazione offensiva per mare, fino a che le cose rimarranno nello stato attuale.»

27 detto. Il Sultano segna tre attisceriffi relativi alla Moldavia, alla Valacchia ed alla Servia: per essi il protettorato della Russia su que Principati viene abolito, e confermati i diritti ed i privilegii di quelle Provincie.

28 detto. Un dispaccio del sig. Drouyn di Lhuys all’ambasciatore di Francia a Costantinopoli, gli diceva: «Un profondo esame della situazione cl ha convinti ch’era necessario imprimere al nostro contegno un carattere più deciso. i viceammiragli Hamelin e Dundas informeranno dell’oggetto della loro missione il comandante in capo delle forze navali russe. Nel porgere il loro aiuto alla Turchia, la Francia e l’Inghilterra. non vogliono abbandonare il terreno, su cui l’Austria e la Prussia si sono poste con esse. Il Governo dell’imperatore de' Francesi e quello di Sua Maestà britannica hanno il diritto e il dovere di domandare alla Porta di aderire a condizioni, che lor sembrano atte a tutelare la sua dignità e la sua indipendenza, e di non accampare nuove pretensioni tali da poter cangiare il carattere della contesa insorta fra essa ed il Gabinetto di Pietroburgo. La Francia e l’Inghilterra rimangono strettamente legate all’Austria ed alla Prussia, nello scopo di ristabilire la pace sulle basi proposte nella Conferenza di Vienna.»

29 detto. Il ministro degli affari esterni di Francia manda al generale di Castelbajac, e il 30 a tutte le missioni francesi all’estero una Nota, in cui è detto: Avendo le quattro grandi Potenze considerato l’occupazione della Moldavia e della Valacchia come una prima lesione dell’integrità territoriale dell’impero ottomano, integrità che le contingenze della guerra possono ledere ancora più, la Francia e l’Inghilterra hanno deciso che le loro squadre entreranno nel mar Nero, per impedire che il territorio o la bandiera ottomana siano esposti ad un nuovo attacco, e per porsi al possesso d'un pegno che assicuri il ristabilimento della pace in Oriente.

31 detto. Una Nota di Rescid pascià ai rappresentanti delle quattro Potenze a Costantinopoli dichiara: la Porta esser pronta a concluder la pace alle condizioni proposte dalle Potenze alleate e ad inviare un plenipotenziario in una città neutrale, scelta dalle stesse Potenze, come pure a conchiudere un armistizio, tosto che la Russia avesse accettato ' le condizioni seguenti: 1.° Io sgombramento il più sollecito possibile dei Principati; 2.° rinnovamento dei trattali; 3.° conservazione dei privilegi! religiosi alle Comunità di tutte le confessioni; e 4.° regolamento definitivo della convenzione circa i Luoghi Santi.

1854. — 4 gennaio. Le flotte alleate delle Potenze occidentali lasciano il Bosforo per recarsi nel mar Nero. La loro partenza veniva preceduta dall’avviso, indirizzato dagli ambasciatori di Francia e d’Inghilterra all’ammiraglio comandante la flotta russa a Sebastopoli, che lo scopo di quella mossa era di proteggere le coste e i porti dell’impero ottomano da qualunque attacco. Si faceva questa dichiarazione per prevenire ogni scontro, e l’ingresso delle flotte del mar Nero non mirava ad altra cosa che a mantenere la pace.

5 detto. Il sig. Drouyn di Lhuys, in una Nota al conte Walewski, propone che per. collegare le negoziazioni di Costantinopoli con quelle di Vienna, subito dopo l’arrivo della risposta di Rescid pascià a Vienna, sia soscritto in questa città un protocollo, comprovante: 1.° che la Conferenza di Vienna aveva ricevuto la risposta di Rescid pascià; 2.° che tale risposta era conforme alle mire delle Potenze; 3.° ch’era necessario inviarla a Pietroburgo come la base del ristabilimento della pace tra la Porta e la Russia.

7 detto. Una circolare del ministro degli affari esterni di Francia agli agenti dell’Imperatore presso le Corti della Confederazione germanica, dice che nella quistione che si agitava, la Francia aveva in mira soltanto l’equilibrio europeo; e invitava la Germania ad unirsi alla Francia e ad aiutarla colla fermezza del suo contegno, nell’impedire la guerra, e nel consolidare l’ordine appena ristabilito.

13 detto. Seguiva la soscrizione del protocollo della Conferenza di Vienna; i rappresentanti delle quattro grandi Potenze approvavano con esso la risposta di Rescid pascià alle ultime proposizioni della Conferenza e prendevano la risoluzione di farla pervenire a Pietroburgo.

Lo stesso di sir G. H. Seymour, ambasciatore della Gran Brettagna a Pietroburgo, inviava al conte Clarendon un dispaccio, relativo alle comunicazioni, fatte verbalmente al cancelliere dell’impero, conte Nesselrode, circa l’ingresso delle flotte alleate nel mar Nero. Il dispaccio dice, che il cancelliere dell’Impero deplorava che fosse stata presa una tale disposizione nello stesso momento in cui a Vienna si faceva prova di comporre la questione.

14 detto. Dichiarazione del Consiglio dei ministri di Russia: «L’ordine dato dalla Gran Brettagna e dalla Francia alle loro flotte congiunte di entrare nel mar Nero, non venne recato se non verbalmente a conoscenza del Gabinetto imperiale; questo ha creduto dovere, prima d’ogni altra cosa, di far domandare, tanto a Londra che a Parigi, spiegazioni categoriche sul carattere e sulla estensione delle provvidenze che i due Governi vi connettono.»

15 detto. Nota del sig. Drouyn di Lhuys al marchese di Moustier, ambasciatore di Francia a Berlino: «Il Governo francese ha la ferma fiducia che il Gabinetto di Berlino coglierà risolutamente l’occasione, che viengli offerta, del pari che a' suoi alleati, di porre i suoi sentimenti d’accordo cogli interessi della sua politica e di porre nell’atto stesso sotto la tutela delle grandi Potenze l’integrità della Turchia, come pure l’avvenire delle sue popolazioni cristiane. Se la Russia si rifiutasse a risguardare la questione sotto il suo vero aspetto, avverrebbe una delle due: od ella agirebbe coll’intento di distruggere un paese, la cui conservazione è necessaria all’equilibrio dell’Europa; od ella obbedirebbe ad uno spirito di setta, che le altre Comunioni non saprebbero né comprendere né incoraggiare. La parte della Russia in Oriente rimarrà sempre grandissima, e s’ella non Faccettasse, ciò sarebbe pretendere ad una onnipotenza materiale e morale, che nulla potrebbe giustificare. Il contegno della Francia e dell’Inghilterra prova ch'elleno sono risolute ad opporsi a tale ingrandimento di potenza; e ciò ch'è essenziale oggidì, si è che il linguaggio della Prussia e dell’Austria annuncii la stessa volontà. La Francia peserà su quella delle due parti, che mettesse maggiori ostacoli al ristabilimento della pace; ma ella pera fin pari tempo che le altre Potenze imiteranno il suo esempio.»

16 detto. Vengono chiuse le conferenze di Vienna, aperte per hi mediazione della pace; e 11 dì medesimo, il conte di Nesselrode scrive agli ambasciatori di Russia a Londra ed a Parigi, che l’Imperatore era dolente di veder posta in compromesso la pace coll’Inghilterra e colla Francia dal nuovo sviluppo (l’ingresso delle flotte nel mar Nero), dato al sistema di pressione che le due Potenze marittime avevano credito dovere, sin dal principio, abbracciare a suo riguardo; ch’egli avrebbe non pertanto aspettato, per decidersi sul partito ulteriore da prendere, di veder il contegno che i loro vascelli fossero per prendere verso i legni russi; e domandava prima di tutto che la squadra ottomana si astenesse da ogni aggressione contro la bandiera e contro il territorio russo sulla costa d’Europa e d’Asia, e che si riconoscesse nei vascelli russi lo stesso diritto de' bastimenti turchi di trasportar truppe, munizioni e vettovaglie. «Un accidente, diceva il conte di Nesselrode, basta oggidì a produrre una collisione, da cui potrebbe nascere una combustione generale; e l’Imperatore respinge anticipatamente la malleveria dell’iniziativa, che né avrà dato il segnale.»

27 detto. Sollevazione di parecchi distretti dell’Epiro e dell’Albania; il 28, alcuni capi proclamano al quartiere generale di Radobitzi, nella Provincia d’Arta, la libertà e l’indipendenza di tutte te Provincie della Grecia.

28 detto. Giunge a Vienna il conte Orloff, aiutante di campo generale dell’imperatore di Russia; l'8 febbraio egli ritorna a Pietroburgo.

2» detto. Lettera dell’imperatore Napoleone all’imperatore Nicolò, relativa ad un armistizio da conchiudersi in Oriente e al richiamo delle truppe, per lasciare un libero corso alle negoziazioni diplomatiche. Il » febbraio, l’Imperatore Nicolò rispondeva con un rifiuto.

30 detto. Nuovo cangiamento parziale del Ministero a Costantinopoli: il ministro della marina, Riza pascià, è nominato ministro della guerra in luogo di Mehemed Ali pascià, e Mehemet Kipristi pascià, fino allora governatore di Adrianopoli è nominato ministro della marina.

31 detto. Il conte Clarendon, dietro chieste spiegazioni, risponde al barone Brunow: li Governo britannico aver inviato i suoi vascelli net mar Ne?o per prevenire la rinnovazione di sventure simili a quella di Sinope; ma siccome ei desiderava al par di prima lo scioglimento pacifico della quistione, avrebbe provveduto per impedire ogni attacco della flotta turca contro il territorio russo. La Turchia esser la parte più debole, la parte lesa; proteggendola contro il danno imminente, di cui la minacciavano gli armamenti della Russia, l’Inghilterra altro non faceva che difendere il principio fondamentale della politica europea, il quale esigeva la conservazione dell’impero ottomano, e ch’era stato proclamato più volte dalle cinque grandi Potenze. «Il partito che piglierà la Russia, conchiudeva lord Clarendon, deciderà dell’importanza di tale difesa, come pure delle operazioni, ch’ella fosse per rendere necessarie».

Lo stesso dì 31 gennaio, il Gabinetto di' Berlino con un dispaccio al barone di Rochow, ambasciatore di Prussia a Pietroburgo, risponde alla proposizione, fatta dalla Russia alla Prussia, d’un progetto di triplice alleanza fra l’Austria, la Prussia e la Russia: «Il protocollo di Vienna del 5 dicembre e le negoziazioni che l’hanno seguito, stringono fra le quattro Potenze un impegno, dal quale la Prussia non può disciogliersi. Inoltre, debbesi attendere il risultamento delle proposizioni, fatte a Pietroburgo sulla base delle conferenze di Vienna. In verun caso, il Governo prussiano non potrebbe rinunciare all’opera, impresa in comune cogli altri Governi; volere stringere adesso una neutralità armata fra l’Austria, la Prussia e la Russia, sarebbe legarsi le mani rispetto ad avvenimenti possibili d’una importanza inestimabile.»

Parimenti il 31 gennaio, il conte Clarendon, in una Nota a sir G. H. Seymour, ambasciatore d’Inghilterra a Pietroburgo, esprimeva la sorpresa del Gabinetto inglese sulla conchiusione del dispaccio del conte Nesselrode del 16, e riversava energicamente la responsabilità dei gravi avvenimenti, fino allora successi; come pure dell’iniziativa, da cui potesse nascere una combustione generale, sulla parte, che durante una profonda pace aveva invaso il territorio del suo vicino.

1.° febbraio. Il sig. Drouyn di Lhuys risponde nel seguente modo alla domanda di spiegazioni sull’ingresso delle flotte nel mar nero, fattagli il 25 dal sig. di Kisseleff: «il Governo dell’Imperatore ha voluto coll'interposizione delle sue forze navali, arrestare, per quanto dipendeva da lui, il corso d’una guerra, ch’egli deplora. Proteggendo la bandiera turca, la squadra francese impedirà che i vascelli turchi dirigano alcuna aggressione contro il litorale dell’impero russo. Que’ bastimenti non debbono venir impiegati se non a vettovagliare le coste della Romelia e dell’Anatolia; ma interdire, in modo assoluto, alla bandiera ottomana la navigazione del mar Nero, sarebbe attenuare ancor più i mezzi di difesa, già insufficienti, della Sublime Porta.»

Lo stesso dì, un dispaccio del ministro degli affari esterni di Francia all’ambasciatore francese a Pietroburgo, esprime: «Il Gabinetto di Pietroburgo conosce oggidì le condizioni onorevoli, alle quali la pace può esser ristabilita. La nostra presenza nell’Eusino gli è parimente spiegata con abbastanza franchezza perch’ei comprenda ch’egli è l’arbitro di farla cessare. Ciò avverrebbe, s’egli facesse sgombrare i Principati e gli altri punti del territorio ottomano occupati dalle truppe russe, e se negoziasse con un plenipotenziario della Porta una convenzione, la quale verrebbe sottomessa ad una Conferenza delle quattro Potenze unite nel medesimo luogo.»

4 detto. Dispaccio del conte Westmoreland, ambasciatore della Gran Brettagna a Vienna, al conte Clarendon: «Il conte di Buol ha annunciato all’ambasciatore di Francia ed a me che la proposizione all'Imperatore d’Austria del conte Orloff, era che l’Imperatore d’Austria s’impegnasse ad una stretta neutralità in caso di guerra tra la Turchia e la Russia, guerra alla quale sembra che la Francia e l'Inghilterra stiano per prender parte; ma, ricusando la Russia di prender l'impegno di non passare il Danubio, di sgombrare i Principati dopo la guerra, e di non turbare l’assetto generale, attualmente esistente, delle Provincie turche, l’Imperatore d’Austria rimarrà fedele a' principii, ch'egli ha ammessi di concerto colle altre tre Potenze, e non verrà guidato nel, suo contegno se non dagli interessi e dalla dignità del suo importo.«In un secondo dispaccio, in data dell’8, il conte Westmoreland annunciava al secretario di Stato degli affari esterni della Gran Brettagna il rifiuto formale dell’Austria d’impegnarsi a mantenere, unitamente alla Prussia, una stretta neutralità verso la Russia nella guerra colla Porta. Il Governo austriaco tiensi come obbligalo d’invigilare alla stretta conservazione dei principii dell’indipendenza e della integrità della Turchia.

L’ambasciatore russo a Parigi, sig. di Kisseleff, dichiarava, lo stesso giorno 4, al ministro degli affari esterni di Francia, che la sua risposta, in data del 1.° del mese, non adempieva le condizioni di giusta reciprocanza, sulla quale, a nome della sua Corte, egli doveva insistere; gli annunziava la sua partenza per la Germania e la rottura delle relazioni diplomatiche tra la Francia e la Russia. Una Nota nello stesso senso veniva indirizzata a lord Clarendon dal barone Brunnow, ambasciatore di Russia a Londra. D’altro canto, il Governo russo faceva all’Austria nuove proposizioni di pace conformi a quelle del conte Orloff; ma la Conferenza delle quattro Potenze a Vienna le rigettava come non ammissibili.

6 detto. Lord John Russell annuncia alla Camera de' comuni la rottura delle relazioni diplomatiche tra la Gran Brettagna eia Russia; ed il barone di Kisseleff, ambasciatore russo alla Coi te di Francia, lascia Parigi.

Il Foglio della sera della Gazzetta di Vienna annunciava il 6 che, in virtù d’un ordine dell’Imperatore, un corpo d’esercito austriaco di 25,000 uomini sarebbe spedito nel Voivodato e nel Banato di Tetnes. Il 22, lo stesso foglio conteneva l’ordine d’aumentare di altri 25,000 uomini il corpo d’occupazione, per far compita la sicurezza delle frontiere dell’Impero.

7 detto. Il conte Clarendon invia all’ambasciatore della Gran Brettagna a Pietroburgo le sue lettere di richiamo; ed il barone Brunnow, ambasciatore russo alla Corte di St. James, lascia Londra.

12 detto. Nota di sir H. Seymour, ambasciatore della Gran Brettagna a Pietroburgo, al conte Clarendon: «Nel suo ultimo progetto di protocollo, il plenipotenziario russo dichiara: che varii atti della Porta, e specialmente riguardo i Luoghi Santi, apparendo all’imperatore indicare disposizioni poco favorevoli al culto ch'egli professa, avevano impegnato S. M. a domandare, unitamente all’ordinamento speciale dei suddetti Luoghi, una guarentigia generale dei diritti, privilegi ed immunità religiose accordate alla Chiesa ortodossa; con queste brevi parole, la Russia confessa pertanto che la convenzione speciale, relativa a' Luoghi Santi, forma una quistione affatto distinta da quella della domanda di guarentigie per diritti, privilegii ed immunità della Chiesa greca.»

Proclama del capo degl’insorti greci, Spiridione Karaiskaki, dato dal campo d’Arta e indirizzato a tutti gli Elleni: Il grido di raccolta dei Greci dev’essere l'Impero greco o la morte,

13 detto. Il cancelliere russo, conte Nesselrode, annunzia all’ambasciatore della Gran Brettagna a Pietroburgo la rottura delle relazioni diplomatiche fra' due Governi; ed il 46 il ministro degli affari esterni di Francia autorizza il marchese di Castelbajac, ambasciatore di Francia in Russia, a domandare i suoi Passaporti e a lasciar Pietroburgo.

18 detto. Il conte di Clarendon scrive al conte di Westmoreland, ambasciatore d’Inghilterra a Vienna: «Il conte Colloredo mi ha letto un dispaccio del conte di Buol, relativo alla missione del conte Orloff a Vienna. L’Imperatore d’Austria non si legherà le mani con un trattato di neutralità assoluta, finché non avrà guarentigie sufficienti che gl’interessi del suo impero non saranno compromessi col discioglimento della Turchia d’Europa. Non appena l’Imperatore di Russia prendesse la risoluzione di spinger la guerra con vigore oltre il Danubio, una sollevazione della popolazione cristiana potrebbe avere conseguenze inestimabili. L’Austria dee riservarsi la sua intera libertà d’azione. Egli è per ciò che un corpo di truppe venne concentrato nelle Provincie austriache vicine al sito della guerra, e il numero di quelle truppe verrà accresciuto, se gli avvenimenti rendano necessario un aumento; ed anche qualora una intervenzione armata dell’Austria divenisse indispensabile, essa avverti colla ferma intenzione di mantenere intatto, sotto tutti i riguardi, lo statu quo stabilito dai trattati.

22 detto. Un dispaccio di lord Cowley, ambasciatore della Gran Brettagna a Parigi, annunzia al conte Clarendon avere il conte Buol assicurato all'ambasciatore di Francia a Vienna che, se l’Inghilterra e la Francia volessero assegnare un termine per lo sgombero delle Provincie danubiane (termine, lo spirar del quale sarebbe il segnale delle ostilità), il Gabinetto di Vienna sosterebbe tale proposta. Un rifiuto, od anche il silenzio da parte della Russia, verrebbe considerato come una dichiarazione di guerra.

25 detto. Lord Bloomfield, ambasciatore della Gran Brettagna a Berlino, scrive al conte Clarendon che il presidente de' ministri, barone di Manteuffel, gli aveva dichiarato non pensare egli che il Re facesse ostacolo a partecipare all’ingiunzione, che si aveva in animo di fare al Governo russo, di sgombrar i Principali; ma non creder egli che il Re volesse prender parte attiva alle ostilità, in caso di rifiuto della Russia.

27 detto. Lord Clarendon scrive a lord Bloomfield: «Le condizioni non accettabili, alle quali soltanto l’Imperatore di Russia consente a negoziare la pace, come pure la grandezza degli armamenti russi per terra e per mare, non permettono più dubitare della sua fatale politica. Come ultima parola, la Francia e l’Inghilterra indirizzano in pari tempo alla Russia l’ingiunzione di sgombrare i Principati in un dato tempo. In questa circostanza decisiva per gli affari dell’Europa, i due Governi desiderano la conservazione della cordiale intelligenza fra le quattro Potenze, e sperano che il Gabinetto di Berlino si unirà all’ingiunzione fatta alla Russia, od almeno ch'egli farà sapere al Gabinetto di Pietroburgo che l’approva e l'appoggia.«

Nota del conte Clarendon al conte Nesselrode: «Dopo aver esaurite tutte le vie di negoziazione, il Governo della Gran Brettagna vedesi nella necessità di dichiarare al Gabinetto russo che, se la Russia ricusasse di restringere la sua contesa colla Sublime Porta nel confini diplomatici, e, col ritorno del corriere latore del presente dispaccio, non dichiarasse esser pronta a ritirare intieramente le sue truppe dalla Moldavia e dalla Valacchia da oggi al 30 aprile, il Governo britannico considererebbe il rifiuto, ed anche il silenzio del Gabinetto di Pietroburgo, come equivalente ad una dichiarazione di guerra.«Un simile ultimato era indirizzato alla Russia da parte della Francia.

2 marzo. Segue l’apertura della sessione legislativa francese del 1854, e l’Imperatore dice nel suo discorso: «… La guerra incomincia: io ho fatto ogni mio sforzo per conservare la pace e rassicurare l'Europa; al fine d'evitare una lotta, io giunsi fin dove mi permetteva l’onore. L’Europa sa adesso che, se la Francia trae la spada, ella vi sarà stata costretta. Ella sa che la Francia non ha alcuna idea d'ingrandirsi. Ella vuole unicamente resistere ad usurpazioni pericolose; il tempo delle conquiste è passato per non far più ritorno. Questa politica ebbe per risultamento un’alleanza più intima tra l’Inghilterra e lo Francia. La Germania ha racquistato l’indipendenza del suo contegno, e guarda liberamente da qual canto trovinsi i suoi interessi. L’Austria soprattutto, la quale non può vedere con indifferenza gli avvenimenti, che si apparecchiano, entrerà nella nostra alleanza, e verrà così a suggellare il carattere di moralità e di giustizia della guerra, che noi imprendiamo. Noi andiamo a Costantinopoli colla Germania.»

Lord Cowley, ambasciatore della Gran Brettagna a Parigi, scriveva a lord Clarendon, che il Governo prussiano avrebbe sostenuto, come l’Austria; l’ingiunzione indirizzata alla Russia dall’Inghilterra e dalla Francia; ma non vi avrebbe apposto la sua soscrizione. In un dispaccio del 4, lord Bloomfìeld annunziava al segretario di Stato degli affari esterni che, nelle sue istruzioni al suo ambasciatore a Pietroburgo, il Gabinetto di Berlino invitava il Governo russo a considerare a quali pericoli un rifiuto da sua parte esporrebbe la pace del mondo, facendogli osservare che una risposta negativa avrebbe fatto ricadere sull’imperatore tutta la malleveria della guerra.

5 detto. Una circolare del sig. Drouyn di Lhuys agli agenti diplomatici di Francia sulla risposta dell’Imperator Nicolò all’Imperator de' Francesi, e sul suo Manifesto del 21 febbraio al suo popolo; declina di nuovo la malleveria degli avvenimenti, |e deplora che l’Imperatore della Russia abbia fatto un appello al fanatismo religioso. «La Francia e l'Inghilterra, dice la circolare, non sostengono l'islamismo contro l’ortodossia greca; ma, prestando il loro aiuto alla Turchia, esse credono esser più utili alla fede cristiana che non il Governo, il quale né fa lo strumento della sua personale ambizione, ed è lontano dall’esercitare nel suo Impero, quanto alle sette che non professano il culto dominante, una tolleranza eguale a quella, di cui la Sublime Porta può a buon diritto onorarsi.»

11 detto. La prima divisione della flotta inglese, destinata pel mar Baltico, e comandata dal viceammiraglio sir Carlo Napier, scioglie le vele a Spithead in presenza della Regina.

12 detto. Si conchiude il trattato tra la Francia, la Gran Brettagna e la Turchia: «1.° La Francia e la Gran Brettagna si obbligano a difendere la Turchia colle armi, fino alla conchiusione d’una pace che guarentisca l’indipendenza dell’Impero ottomano e i diritti del Sultano; 2.° Dal suo cantò, la Sublime Porta s’impegna a non conchiudere armistizii, né a far la pace colla Russia, se non di concerto colle due Potenze alleate; 3.° Subito dopo la conchiusione della pace, le due Potenze ritireranno tutte le truppe da tutti i punti occupati durante la guerra. In pari tempo, segnavasi un protocollo, concernente: l'eguaglianza innanzi la legge e l’ammissibilità a tutti gl’impieghi di tutti i sudditi della Porta, senza differenza di religione; il diritto di testimonianza innanzi a' Tribunali, accordato ai Cristiani; l’istituzione di Tribunali misti in tutto l’impero; il regolamento per levare le imposte; l’abolizione dell’haratsch o tassa personale, ecc. ecc. (Ratificato a Costantinopoli l'8 maggio).

14 detto. Circolare del Gabinetto austriaco agli Stati della Confederazione germanica: «Il Governo imperiale deplora che i suoi tentativi di mediazione non abbiano avuto alcun successo, e non dissimula che la lotta, che si prepara, potrebbe porre in compromesso i suoi interessi. Per quanto le circostanze glielo permetteranno, egli non prenderà alcuna parte a tal lotta; ma egli dee non pertanto prevedere il caso, in cui una cooperazione attiva divenisse necessaria. Gl’interessi, di cui si tratta, sono gl’interessi di tutta la Germania. Inoltre, il Gabinetto imperiale spera che in questo caso la Prussia e gli altri Stati tedeschi uniranno le loro forze a quelle dell’Austria.»

Circolare del ministro degli affari esteri di Prussia alle Legazioni prussiane presso le Corti tedesche: «Il Governo del Re ha veduto con piacere le misure, che l’Austria ha prese alle sue frontiere del Sud-Est, specialmente in quanto si tratta di proteggere gl’interessi della Germania. Egli considera queste misure come una nuova guarentigia che la lotta, che si prepara, conserverà il suo carattere locale. Gli piace credere che gli altri Stati tedeschi considereranno l'affare sotto il medesimo aspetto. Si riserva a più maturo esame di sapere fino a qual punto la Dieta Germanica dovrà, nell’interesse della Germania, prender parte alla questione.»

Circolare del conte di Nesselrode agli agenti diplomatici della Russia presso le Corti straniere, relativa all’insurrezione dell’Epiro: «La Russia non ha fatto nulla per far nascere questo movimento, ma se dovesse derivarne una lotta all'ultimo sangue, l’imperatore non consentirà giammai che quelle popolazioni vengano riposte sotto il giogo ot tornano, e non ricuserà né i suoi soccorsi né il suo appoggio a' suoi correligionarii.»

19 detto. Il console generale dell’Inghilterra a Pietroburgo, de Michele, annunzia al conte Clarendon che il cancelliere dell'Impero, conte di Nesselrode, aveva preso gli ordini dell’Imperatore relativamente alla Nota inglese del 27 febbraio, e che l’Imperatore non giudicava conveniente «dare una risposta a lord Clarendon.»

23 detto. Il principe di Gortschakoff fa varcare alle truppe russe il Danubio su tre punti diversi: a Galacz, a Brada e ad Ismail.

27 detto. Il ministro di Stato di Francia, Achille Fould, fa al Senato e al Corpo legislativo, a nome dell’Imperatore, la dichiarazione seguente: «Le ultime risoluzioni del Gabinetto di Pietroburgo costituiscono uno stato di guerra tra la Francia e la Russia.«D’altra parte, un Messaggio della Regina della Gran Brettagna annunciava al Parlamento che le negoziazioni colla Russia erano rotte. La Regina diceva riguardarsi come obbligata di dare al Sultano un’assistenza attiva. Ella s’affidava adunque sugli sforzi de' suoi sudditi per assisterla a proteggere gli Stati del Sultano contro le usurpazioni della Russia.

28 detto. Dichiarazione di guerra della Gran Brettagna: «Stia Maestà si sente chiamata dai riguardi dovuti ad un alleato, e ad un Impero, l’integrità e l'indipendenza del quale sono essenziali alla pace d’Europa, dalle simpatie del suo popolo in favore del diritto contro l’ingiustizia, e dal desiderio di salvare l’Europa dalla preponderanza d’una Potenza, che ha violato la fede dei trattati, a prendere le armi, di concerto coll’Imperatore di Francia, per difendere il Sultano.»

9 detto. Il protocollo seguente viene segnato a Vienna dai plenipotenziarii dell’Austria, della Francia, dell’Inghilterra e della Prussia: 1.° Conservazione dell. ’ integrità territoriale della Turchia, della quale il fatto dello sgombramento dei Principati danubiani è una delle condizioni essenziali: 2.° Conservazione dei diritti religiosi e civili dei sudditi cristiani della Porta, nel senso delle intenzioni del Sultano. Le quattro Potenze s’impegnano inoltre reciprocamente di non entrare colla Corte di Russia, né con alcun’altra Potenza, in verun accordo in opposizione ai principii più sopra enunciati, senza averne prima deliberato in comune.»

10 detto. Trattato d’alleanza tra la Francia e l’Inghilterra nello scopo di sostenere l’impero ottomano contro l’aggressione dell’Impero russo: «1.° Le due parti contraenti s’impegnano a fare quanto dipenderà da esse per operare il ristabilimento della pace europea sopra basi, che guarentiscano l’Europa dal ritorno di deplorabili complicazioni; 2.° A fine di liberare il territorio del Sultano, elle s’impegnano di mantenere tutte le forze di terra e di mare, necessarie a questo scopo; 3.° S’impegnano di non accogliere alcuna proposta tendente a far cessare le ostilità, di non entrare in alcun accordo colla Corte di Russia, senza averne prima deliberato in comune; 4.° Rinunciano anticipatamente a ritrarre alcun vantaggio particolare dagli avvenimenti che potessero prodursi; 5.° Riceveranno con premura nella loro alleanza quelle Potenze dell’Europa che volessero entrarvi.»

11 detto. Dichiarazione del Governo russo: «L’invito, fatto al Governo imperiale, di sgombrare i Principati, danubiani in un tempo che l’Inghilterra aveva fissato al 1830 aprile, e la Francia, più perentoriamente ancora, al 315 dello stesso mese, senza che pur l’ombra delle condizioni, alle quali l’imperatore aveva subordinato la cessazione di quell’occupazione temporaria, sia stata accolta dal Governo ottomano, toglie alla Russia ogni possibilità di cedere onorevolmente. Non rimane all’imperatore che di accettare la situazione, che gli si fa, riservandosi tutti i mezzi che la Provvidenza ha posto nelle sue mani per difendere con energia l’onore, l’indipendenza è la sicurezza del suo Impero. In pari tempo, egli protesta solennemente contro la pretensione di riversare sopra di lui solo la malleveria dei mali, che questa lotta è per ispargere sull’umanità. La malleveria delle sciagure d’una guerra appartiene a chi la dichiara, non chi si limita ad accettarla.»

Il medesimo giorno, i rappresentanti della Francia e dell'Inghilterra consegnano ad Atene al Ministero greco una Nota, in cui annunziavano avere i comandanti dei bastimenti inglesi e francesi ricevuto l’ordine di sequestrare tutte le munizioni da guerra, trovate a bordo del bastimenti greci.

20 detto. L’Austria e la Prussia sottoscrivono il seguente trattato dì alleanza offensiva e difensiva: «1.° Le due Potenze si guarentiscono reciprocamente i loro possedimenti in Germania e fuor di Germania, e considereranno ogni impresa contro il territorio dell’una come un attaccò diretto contro il territorio dell’altra; 2.° Siccome si tratta soprattutto di preservare i diritti e gl’interessi tedeschi da ogni pregiudizio, avverrà il caso della protezione reciproca non sì tosto l’una o l’altra parte contraente credesse dover intervenire attivamente per difendere gl’interessi della Germania; 3.° in caso di bisogno, forze militari convenienti saranno poste a disposizione della parte interveniente, sui punti che verranno indicati; 4.° L’ingresso in quest’alleanza è aperto a tutti gli Stati della Confederazione germanica; 5.° Nessun trattato contrario a questa convenzione non può venir conchiuso con un’altra Potenza per la durata di tale alleanza.«In pari tempo sottoscrivesi un articolo addizionale al trattato: «Se contro tutte le speranze, le risposte della Corte di Russia fossero tali da non dare una compiuta soddisfazione, e se una occupazione prolungata dei territorii del Sultano sul basso Danubio da parte delle truppe russe, mettesse in pericolo gl’interessi della Confederazione germanica, vi sarebbe il caso d'attuare le provvidenze convenute nell’articolo 2.° del trattato. Tuttavolta, un’azione offensiva non sarà determinala se non dall’incorporazione dei Principati o da un attacco o passaggio della linea dei Balcani per parte dei Russi.»

21 detto. Il Moniteur Universel annuncia che la flotta francese, destinata pel mar Baltico, aveva lasciato il porto di Brest.

23 detto. Manifesto dell’imperatore di Russia ai suoi sudditi: «La Russia non vuol altro che ristorare i lesi diritti dei Cristiani ortodossi, soggetti alla Porta. Per l’Inghilterra e per la Francia, la contesa colla Turchia non è se non una questione secondaria: loro scopo comune è di indebolire la Russia e strapparle ima porzione de' suoi possedimenti. La Russia non combatte per vantaggi temporali, ma per la fede e pel Cristianesimo.»

29 detto. Nuovo cangiamento nel Ministero turco: il ministro della marina, Mehemed Ripristi, è nominato granvisir, ed A’ali pascià incaricato del Ministero della marina.

3 giugno, Rescid pascià si ritira momentaneamente dal Ministero degli affari esteri, e viene surrogato da Scekib pascià; Kianùl pascià è nominato presidente interinale del Consiglio privato, invece di Scekib pascià. (Il 1.° luglio, Rescid pascià ripigliava le sue funzioni di ministro degli affari esterni.)

Lo stesso giorno, l’Austria intima alla Russia di sgombrare i Principali danubiani. Il 12, una Nota della Prussia appoggia la domanda dell'Austria.

8 detto. S. M. l’Imperatore d’Austria ha un abboccamento colle LL. MM. i Re di Prussia e della Sassonia, a Teschen, dove intervengono i ministri di Buol, di Manteuffel, e di Buest.

14 detto. È conchiusa tra l’Austria e la Sublime Porta una convenzione, relativa allo sgombramento dei Principati danubiani ed al ristabilimento dello stato di cose legale in quelle Provincie: si pattuisce che, fino alla conchiusione d’un trattato di pace tra la Russia e la Sublime Porta, i Principati sarebbero occupati da truppe austriache.

Il 14 stesso la Prussia, e il 16 l’Austria, mandano alle Corti rappresentate alla Conferenza di Bamberga una Nota conforme, di cui ecco la sostanza: «La Germania potrà tanto meglio sperare di conseguire l’intento, ch’ella proponesi cioè la piena libertà del commercio d della navigazione sul Danubio, e la protezione delle popolazioni cristiane che stanno sotto il dominio turco, quanto più sarà completa, energica e sin?cera adesione dei membri della Confederazione germanica al trattato alleanza offensiva e difensiva, conchiuso tra l’Austria e le Prussia.«

22 detto. Seguiva l’ultimo combattimento, sotto Silistria: il 26 n’era levato l’assedio, ed i russi si ritirano sulla sponda destra del Danubio.

25 detto. Il barone di Budberg, luogotenente generale russo, annuncia ufficialmente ai boiardi valacchi il richiamo delle truppe, come pure di tutte le Autorità russe, da Bucarest.

2» detto. Un dispaccio dei conte di Nesselrode al principe Gortschakoff, inviato di Russia a Vienna, dichiara: «Il Gabinetto austriaco impegna la Russia a porre un termine alla crisi attuale, sgombrando i Principati nel tempo più breve possibile; e reca a motivo di tal desiderio gl’interessi austriaci e tedeschi, che verrebbero posti in compromesso dal prolungamento e dalla estensione della lotta sul Danubio. Se, nella opinione del Governo austriaco, l’occupazione prolungata dei Principati fu il motivo della guerra, dovrebbe risultare che, cessata questa occupazione, la guerra cessasse pel fatto stesso, dopo di che le ostilità sarebbero sospese. Il Gabinetto di Vienna è egli in grado di darci questa assicurazione? Egli si spieghi apertamente con noi, circa le guarentigie di sicurezza, ell'egli può darci, e l’Imperatore sarà disposto ad entrare in negoziazioni sul tempo preciso dello sgombramento. Ei non fa neppure difficoltà di acconsentire ai tre principii, enunciati nel protocollo del » aprile: integrità della Turchia, sgombramento dei Principati, consolidazione dei diritti dei Cristiani in Turchia, movendo dall’idea che i diritti civili, da ottenersi per tutti i sudditi cristiani della Porta, sono inseparabili dai diritti religiosi, e diverrebbero senza valore pei nostri correligionarii, se questi, acquistando nuovi privilegii, non conservassero gli antichi. Se così fosse, le domande che l’Imperatore ha fatte alla Porta sarebbero adempiute, e il motivo della contesa annullato.«Il » luglio, l’Austria rispondeva: «La posizione, che il Gabinetto austriaco ha preso nella questione, non gli permette se non di comunicare alle Potenze marittime e di raccomandare alle mature loro deliberazioni la domanda della Russia, che lo sgombramento dei Principati abbia per risultamento la sospensione generale delle ostilità; essa non potrebbe autorizzarlo ad esercitare nessuna influenza diretta sulle operazioni militari dell’Inghilterra e della Francia. Il Governo austriaco vedesi adunque costretto di mantenere in tutta la sua estensione la proposizione, ch’egli ha fatta alla Russia.»

30 detto II Gabinetto russo risponde alla Nota prussiana del 12, in sostegno della Nota austriaca: «Prendendo in considerazione gl’interessi particolari dell’Austria e della Germania sul Danubio, come pure la natura delle obbligazioni che, col protocollo del » aprile, le Corti di Vienna e di Berlino hanno contratto colle Potenze dell’occidente, la Russia è pronta a sgombrare i Principali, sotto la riserva delle guarentigie, ch'ella chiede conoscere, e a trattare la pace sui principii enunciati nel protocollo, ovvero ad aprire la via alle negoziazioni colla conchiusione d’un armistizio. «Nella sua replica del 17 luglio, la Prussia dichiarava che, persistendo nel punto di vista, da essa indicato nei suo dispaccio del 12 giugno, ella rinnoverebbe i suoi sforzi a Vienna, e di concerto col Gabinetto austriaco, a Parigi ed a Londra, per ottenere il ristabilì mento della pace sopra eque basi.»

2 maggio. Un dispaccio di lord Cowley, ambasciatore della Gran Brettagna a Parigi, al conte di Clarendon, gli annunzia che la Francia aveva risolto d’inviare un piccolo corpo di spedizione ad occupare Atena e il Pireo. «La presenza d'una forza destinata a mantenere l’ordine nella capitale della Grecia (diceva il dispaccio) servirà in oltre a provare la sincerità del Re Ottone e quella della sua Corte nel caso in cui il Re fosse dominato da un movimento nazionale e religioso, egli troverà nelle truppe francesi il mezzo di resistere alla violenza, che gli vien fatta, e tutti gli amici dell’ordine un punto centrale d’unione.»

4 detto. Una Nota del barone di Brnck, internunzio austriaco a Costantinopoli, comunica a Rescid pascià l'invio d’alcuni bastimenti da guerra della marina imperiale nelle acque di Prevesa e d’Arta per appoggiare H cordone delle truppe austriache, come pure l’ingresso delle truppe imperiali nelle Provincie di frontiera turche, nel caso che le congiunture lo esigessero.

23 detto. Rescid pascià risponde: la Sublime Porla acconsentire al movimento proposto de' bastimenti austriaci, come pure all’ingresso delle truppe imperiali e reali nell’Albania e nel Montenegro, però dopo essersi intesi su questo soggetto.

11 detto. Il Moniteur Universel

annuncia il richiamo del generale Baraguay d’Hilliers, ambasciatore di Francia a Costantinopoli.

13 detto. Gli ambasciatori di Francia e d’Inghilterra intimano al Governo greco di dichiararsi, nello spazio di quattro giorni (fino al 17) sull’accettazione o non accettazione de' punti seguenti: «1. Dichiarazione di piena neutralità nella guerra d’Oriente; 2. Disapprovazione pubblica di quanto è succeduto fino al presente; 3. Richiamo di tutti gl’impiegati che hanno presa parte all’insurrezione; 4. Soppressione della rivolta, anche colla forza delle armi; 5. Dichiarazione pubblica di non ammettere in avvenire nel servigio civile e militare alcuno di quelli che prenderanno parte al movimento; 6. Pubblicazione del protocollo di Vienna del » aprile, relativo all’integrità dell’impero ottomano.«Per domanda del Governo greco, il termine assegnato per l'accettazione dell’ultimo era prolungato fino al 22.

18 detto. Lord Clarendon scrive al ministro plenipotenziario della Gran Brettagna ad Atene, Tommaso Wyse: «La persistenza della Corte e del Governo greco ne’ loro attacchi contro la Porta, malgrado le rimostranze e gli avvisi ripetuti impongono al Governo britannico il dovere di prendere, di concerto con la Francia, energiche misure. Forze inglesi e francesi stanno per essere immediatamente inviate al Pireo.«Le Potenze occidentali dichiarano la Grecia in istato di blocco.

23 detto. Dichiarazione degl’inviati dell’Austria e della Prussia nella sessione della Dieta germanica a Francoforte circa il contegno, preso da quelle due Potenze nella quistione orientale; e invito agli altri Stati della Confederazione di aderire alla loro politica. II. 24 luglio, seguiva l’adesione quasi unanime de' confederati al trattato austro-prussiano del 20 aprile.

Lo stesso dì, un nuovo protocollo è sottoscritto a Vienna tra' rappresentanti dell’Austria, della Francia, della Gran Brettagna e

della Prussia, relativamente alla comunicazione reciproca e alla menzione in un atto comune delle convenzioni, conchiuse, da un lato tra la Francia e la Gran Brettagna il 10, e dall’altro tra l’Austria e la Russia il 20 aprile di quest’anno, allo scopo di dare una nuova sanzione all'accordo delle quattro Potenze nella questione orientale.

25 detto. Giungono le truppe inglesi e francesi al Pireo. Gli ambasciatori delle quattro Potenze domandavano, dacché l’ultimato era rimasto senza risposta, che il Governo greco segni nello spazio di dieci ore, una dichiarazione diffinitiva. Avendo per ciò il Ministero presentata la sua dimissione, essi dichiarano che bastava la firma del Re, il 26 il Re promette di osservare una stretta neutralità negli affari d’Oriente, e cangiasi il Ministero. La Camera de' deputati viene sciolta.

26 detto. I rappresentati degli Stati del centro della Germania si adunano a Bamberga, per deliberare sul contegno, che aveva a prendere la Germania durante la crisi orientale. Il 30, la Conferenza è chiusa, e si dichiara essere interesse della Germania aderire al trattato austro-prussiano del 20 aprile.

28 detto. Esce il proclama del nuovo Ministero greco, il quale dichiara rispettar egli le simpatie dei Greci, ma sperare dal patriottismo dei cittadini che sapranno far distinzione tra il possibile e l’impossibile, e daranno il loro aiuto ai ministri, per secondarli a ristabilire la sicurezza del paese e degli abitanti. Il 30, il Re Ottone dà un decreto d'amnistia per tutti i militi, che avevano preso parte all’insurrezione, e che tornassero nello spazio d’un mese.

9 luglio. Un dispaccio del barone di Beust, ministro degli affari esterni di Sassonia, al conte Vitathum, ministro residente del Re di Sassonia a Londra, Oppugna i rimproveri indirizzati alla Sassonia dai conte di Clarendon, segretario di Stato degli affari esterni della Gran Brettagna, circa la Conferenza di Bamberga; ei dichiara che, unendosi alle due grandi Potenze tedesche, gli Stati secondarii non erano stati spinti né dd una misera gelosia, né dal desiderio d’un intervento mal ispirato: essi non avevano fatto che adempiere ai loro dovere di Stati federali indipendenti.

20 detto. Il trattato d'alleanza offensiva e difensiva, conchiuso il 20 aprile fra l’Austria e la Prussia, viene depositato, nette sessione della Dieta germanica, dagl’inviati delle due Corti, colla dichiarazione che, nel caso in cui la Confederazione aderisce unanimemente a quel trattato, le obbligazioni, che né derivavano, dovrebbero, conforme all’Atto federale, estendersi a tutto il territorio della Confederazione, egualmente che a' possedimenti noti tedeschi dell'Austria e della Prussia; in questo caso, tutta la Germania riunita sarebbe chiamata ad operare come una sola Potenza, per proteggere gl’interessi tedeschi e per contribuire a mantenere l’equilibrio europeo. Il 24, la Dieta aderiva senza condizioni al trattato austro-prussiano.

21 detto. Il Gabinetto di Vienna spedisce agii ambasciatori di Londra e di Parigi, un dispaccio, col quale la risposta russa del 17 (29) giugno viene assoggettata alle Potenze occidentali: «La Russia, evvi detto, non fa difficoltà di aderire ai principe comunicati nel protocollo di Vienna del » aprile; essa dichiarasi pronta a conservare l’integrità della Porta e sgombrare i Principati, a condizione d’avere le sicurtà convenienti, e finalmente a partecipare alla consolidazione dei diritti dei Cristiani della Turchia, pigliando parte alla guarentigia europea, sotto la quale questi diritti dovranno esser posti, comprendendovi i privilegii del rito greco non unito. Questa triplice base potrebbe, come pensa la Corte di Russia, servir di punto di partenza a negoziazioni di pace, che sarebbero precedute da una sospensione generale delle ostilità. L’accettazione compiuta di questi tre punti permetterebbe di fare un gran passo verso lo scioglimento della quistione di rannodare resistenza dell’Impero ottomano all'equilibrio generale dell’Europa. L’Austria spera che le Potenze belligeranti apprezzeranno l’importanza di questi elementi di pacificazione, e ch’essi avranno un gran peso nelle risoluzioni ch’esse dovranno prendere.«Una Nota concepita nello stesso senso è indirizzata il 24 dalla Prussia alle Potenze occidentali.

22 detto. Un dispaccio del sig. Drouyn di Lhuys al barone di Bourqueney, ambasciatore di Francia a Vienna, risponde: «La Francia e l’Inghilterra non potrebbero consentire ad una sospensione d’armi. Le condizioni della pace dipenderanno dalle contingenze della guerra. Tuttavolta, i punti che le due Potenze riguardano come indispensabili al ristabilimento della pace, sono i quattro seguenti: 1.° Cessazione del protettorato russo nei Principati danubiani e nella Servia; 2.° Libertà piena della navigazione del Danubio alle sue foci, secondo, i principii stanziati dal Congresso di Vienna; 3.° Revisione del trattato del 13 luglio 1844, nell'interesse dell'equilibrio europeo e nel senso d’una limitazione della potenza della Russia nel mar Nero; 4.° Rinuncia da parte di ciascuna delle Potenze in particolare ad un protettorato ufficiale dei sudditi della Sublime Porta, e invece di questo protettorato, mutuo concorso delle grandi Potenze per ottenere dall’iniziativa del Governo ottomano la confermazione de' diritti e de' privilegii de' Cristiani, sudditi di S. M. il Sultano.«Nello stesso giorno era indirizzato dal Gabinetto di Londra al suo inviato a Vienna un dispaccio, contenente le medesime domande e le medesime condizioni.

29 detto. Un dispaccio del barone di Manteuffel presidente del Consiglio de' ministri di Prussia, all'ambasciatore di Prussia a Londra, e al primo segretario della Legazione prussiana a Parigi, respinge il rimprovero, indirizzato al Gabinetto di Berlino da que’ due Governi, di contribuire, col suo desiderio di ritardare le conferenze di Vienna, a far vacillare la pubblica fiducia, ed anzi d'aver così ricusato di continuare a prendervi parte. Prima di tutto, la Prussia ha cercato d’intendersi coll’Austria sull'importanza delle entrature del Gabinetto rosso, nel convincimento che spetti in ultima analisi alle Potenze soscrittrici del trattato del 20 aprile, di valutare la risposta del Gabinetto di Pietroburgo: «Benché, diceva il dispaccio, al momento della sua alleanza coll’Austria, la Prussia abbia avuto lo stesso scopo, che il concorso delle quattro Potenze cerca di conseguire, essa non rinuncia tuttavia d’esaminare in piena libertà, con indipendenza e fuori delle conferenze, i documenti che si riferiscono al suo trattato d'alleanza; e dal momento in cui, secondo le sue mire, essa ha creduto trovar materia ad un protocollo, ha autorizzato i suoi rappresentanti ad intervenire alle conferenze. Finalmente, la Prussia si duole che la sua maniera di ravvisar la questione differisca sì essenzialmente da quella de' Gabinetti di Parigi e di Londra; ma essa sarà sempre soddisfatta di poter mettere la posizione, che i suoi interessi le impongono di conservare, d'accordo co’ suoi desideri! di prender parte agli sforzi comuni nel ristabilimento della pace.»

3 agosto. Un dispaccio circolare del Governo prussiano ai suoi inviati presso le Corti tedesche dice: il Gabinetto di Vienna aver avvisato la Prussia ch'egli riguardava i preparativi militari dei Governi tedeschi come necessitati, tanto dalla situazione politica in generale, quanto dal contegno strategico della Russia; e che, in conseguenza dell’adesione della Dieta alla convenzione del 20 aprile; egli né sperava l’effettuazione nel più breve termine. «S. M. il Re (è detto nel dispaccio) è compresa dell’alta importanza, che potrà acquistare l’estensione di detta convenzione all’intera Confederazione germanica. E però, S. M. considera le provvidenze militari, prese da essa fino al presente, come il risultamento d’una risoluzione volontaria ed indipendente, non avente altro scopo che di tutelare la potenza e la dignità della Prussia a fronte della crisi attuale. Ma S. M. desidera che le questioni militari, in quanto riguardano la Dieta, siano sottomesse ad un esame profondo e accurato.«A questa circolare andavano uniti, per essere presentali alla Dieta, i documenti riguardanti la questione sugli affari d’Oriente.

8 detto. Il principe Gortschakoff, inviato straordinario russo alla Corte di Vienna, dichiara al conte Buol, ministro degli affari esterni d’Austria, e al conte Alvensleben, ambasciatore di Prussia a Vienna, che l’Imperatore Nicolò ha fatto pervenire alle sue truppe l’ordine di sgombrare i Principati danubiani. 11 giorno seguente, il Governo austriaco rispondeva: l’Austria vedere nello sgombramento dei Principati fatto un passo pel ristabilimento della pace, esser ella decisa ad occupare quelle Provincie col consentimento della Porta; ma essere ben lontana dal voler dare ai movimenti, che in questo scopo debbono fare le truppe imperiali reali, un carattere ostile alla Russia.

Lo stesso dì, scambiavasi a Vienna, fra i ministri plenipotenziarii di Francia e della Gran Brettagna da una parte, e il ministro degli affari esterni dell’Austria dall’altra, le seguenti Note: «Le tre Potenze sono d’avviso, che le relazioni della Sublime Porta colla Corte imperiale di Russia non possono essere ristabilite sopra solide e durevoli basi: 1.° Se il protettorato, esercitato fino al presente dalla Russia sulla Valacchia, la Moldavia e la Servia, non cessa per l’avvenire, e se i privilegii, accordati dal Sultano a quelle Provincie, non sono posti sotto la guarentigia collettiva delle Potenze; 2.° Se la navigazione del Danubio alle sue foci non è liberata da tutti gli ostacoli; 3.° Se il trattato del 43 luglio 1844 non è riveduto di concerto con tutte le altre parli contraenti nell’interesse dell’equilibrio europeo: 1.° Se la Russia non cessa di rivendicare il diritto di esercitare un protettorato ufficiale sopra i sudditi della Sublime Porta; e se la Francia, l’Austria, la Gran Brettagna, la Prussia e la Russia non prestano il loro mutuo concorso per ottenere dal Governo ottomano, senza che né risulti alcuna lesione alla sua dignità e alla sua indipendenza, la conferma e l’osservanza dei privilegi! religiosi delle diverse comunioni cristiane.«Dal canto suo, l’Austria s’impegnava colle due Potenze occidentali, e fino alla conclusione d'una pace generale, di non entrare colla Corte di Russia in aggiustamenti, che non contenessero, da parte della suddetta Corte, una piena adesione ai quattro principii enumerati, riservandosi tuttavolta la libera valutazione delle condizioni, ch'ella porrebbe al ristabilimento della pace, se venisse ella stessa costretta a prender parte alla guerra.

10 detto. Dispaccio del conte Buol, ministro degli affari esterni d’Austria, al conte Esterhazy, ambasciatore d’Austria a Pietroburgo. Le quattro condizioni della pace, proposte dalle Potenze occidentali, erano comunicate al Gabinetto russo; l’Austria dichiara di riguardarle ella pure come indispensabili al ristabilimento d’una pace durevole; e né raccomanda vivamente l’accettazione alla Corte di Pietroburgo.

13 detto. In un dispaccio indirizzato all’ambasciatore di Pietroburgo, il Gabinetto di Berlino sostiene la Nota austriaca del 10; esprime la speranza che la Corte di Russia mostrerebbe a coloro, che calunniavano la sua politica, da qual lato si trovassero le intenzioni più pacifiche.

17 detto. L’Austria e la Prussia presentano in comune, nella sessione della Dieta germanica, le Note del 2» giugno, del 21 e 24 luglio, ecc., scambiate fra le Corti di Pietroburgo, di Parigi, di Londra, di Vienna e di Berlino, circa gli affari d’Oriente; alla fine di questa comunicazione, si riconosce che lo sgombramento dei Principati doveva essere riguardato come un passo importante verso il ristabilimento della pace.

25 detto. Il barone di Prokesch-Osten, ministro plenipotenziario d’Austria presso la Confederazione germanica, sottopone al Comitato federale pegli affari d’Oriente parecchie considerazioni, dalle quali risulta quanto importi alla dignità della Dieta che la Germania non s’astenga più oltre dalla questione che divide l’Europa.

26 detto. Nota del conte di Nesselrode al principe Gortschakoff a Vienna in risposta alle domande dell’Austria: La Russia respinge i quattro punti; ella si terrà sulle difese, attendendo che le si facciano eque proposizioni di pace, ma decisa a difendere risolutamente il suo territorio contro qualunque aggressione, da qualunque parte essa venga.«Una risposta analoga era indirizzata alla Prussia: «Il Gabinetto di Pietroburgo riguarda l’accettazione dei quattro punti come inconciliabile col suo onore del pari che coi suoi interessi materiali e politici. Lo sgombramento dei Principati soddisfaceva alle domande, che la Prussia e l’Austria avevano indirizzato a Pietroburgo, tanto nell’interesse dei loro Stati, che in quello della Germania. Con questa concessione, la Russia crede aver fatto cessare le cause, che hanno servito di pretesto all’articolo addizionale del 20 aprile, come pure alla promessa di prendere partito per l’Austria, caso che questa Potenza venga assalita.»

31 detto. Circolare del Gabinetto di Vienna ai suoi rappresentanti presso le Corti tedesche. Gl’inviati imperiali sono invitati a far conoscere tutto il valore, che l’Austria annette all’adesione della Dieta federale ai quattro punti; si desidera che la Dieta consenta pienamente nelle mire dell’Austria e prenda una decisa posizione politica, dichiarando che ogni accomodamento colla Russia dipende dall’adesione di quest’ultima alle quattro proposizioni. L’indifferenza della Germania sarebbe fatale alla sua dignità. L’Austria non dubita che non venga riconosciuto come, occupando i Principali, ella opera conforme al trattato del mese d’aprile.

3 settembre. Un dispaccio circolare del barone di Manteuffel, presidente del Consiglio dei ministri di Prussia, agli invitali prussiani presso le Corti tedesche, dice che, in conseguenza dello sgombramento dei Principati e della dichiarazione della Russia ch'ella si terrebbe esclusivamente sulla difesa dentro il suo territorio, l’articolo addizionale del trattato del 20 aprile doveva essere riguardato come adempito: la Prussia manterrebbe ed eseguirebbe fedelmente quel trattato: ma ammettendo per base necessaria delle negoziazioni future i quattro punti rigettati dalla Russia, i confederati tedeschi si esporrebbero ad assumere pesi ed impegni, che non sembravano comandali né dallo spirito né dallo scopo dell’alleanza. L’inviato prussiano alla Dieta germanica era invitato a dichiararsi, così nelle Commissioni come nella Dieta medesima, nel senso di tali considerazioni e ad adoperarsi a farle valere. All’osservazione, espressa in una Nota che porta la stessa data, e indirizzata al conte Arnim, che, cioè, il. Governo del Re non aveva ricevuto alcuna preliminare comunicazione circa le proposte fatte dal Gabinetto di Vienna alla Commissione della Dieta nella seduta del 25 agosto, l’Austria dichiarava, il 24, che il rimprovero della Prussia non era fondato.

5 detto. Risposta della Prussia alla Nota russa del 26 agosto: «Quantunque il Gabinetto di Berlino non pensi, che i quattro punti rigettali dalla Russia possono esser considerati come la base esclusiva delle negoziazioni della pace, e per questa ragione appunto egli sia rimasto estraneo allo scambio delle Note avvenuto a Vienna, egli trova tuttavia in quei principii, elementi, che, con qualche modificazione, potrebbero servir di base ad un accomodamento». Nello stesso tempo un dispaccio confidenziale, indirizzato al conte di Bernslorff, ambasciatore di Prussia a Londra, dice: «La Prussia declina ogni solidarietà nella Nota russa, che respinge i quattro punti. Essa non si oppone ad una nuova ripresa delle conferenze di Vienna, e non farà difficoltà di dare il suo appoggio morale ai quattro punti, senza impegnarsi tuttavolta ad impiegare misure militari per farli accettare dalla Russia.»

6 detto. Nota prussiana alle Corti di Vienna, di Parigi e di Londra: «La Prussia non prenderà parte né ad una guerra né ad altre misure coattive di sorta contro la Russia, per costringere questa Potenza ad accettare le domande di garantia; il trattato di alleanza offensivo e difensivo non potrebbe ricevere una estensione dalla parte della Germania, se non in quanto la Prussia avesse preso parte alle negoziazioni; si rinnova l’assicurazione di dare un appoggio morale ai quattro punti.»

12 detto. Dispaccio del conte Buol al conte Esterhazy a Berlino: «Il pieno rifiuto, fatto dalla Russia, delle basi preliminari d'un accomodamento, dispensa il Gabinetto di Vienna dalla cura di entrare nell’analisi degli argomenti intesi a giustificare questa increscevole determinazione; gli basta di respingere l'insinuazione, secondo la quale l’Austria avrebbe voluto associarsi ad un progetto, apertamente confessato, di conseguire l’abbassamento morale e materiale della Russia; egli insiste nel suo convincimento Che le basi, raccomandate all’accettazione del Gabinetto di Pietroburgo, sono le sole che avrebbero potuto, nelle circostanze attuali, condurre ad una solida e durevole pace.»

14 detto. Le truppe francesi, inglesi e turche, partite dal 4 al 6 da Varnà e da Baltscik sopra 200 bastimenti, e comandate dal maresciallo dì Francia Le Roy di Saint-Arnaud, sbarcano sulle coste occidentali della Crimea, presso Forte Vecchio, 7 leghe al Nord di Sebastopoli.

Il dì stesso, un dispaccio circolare austriaco agl’inviati del Governo presso le Corti della Confederazione germanica, dice: il Gabinetto di Vienna deplorare che, pel rifiuto delle proposizioni che dovevano servire di preliminari alla ripresa delle negoziazioni, il Governo russo avesse rispinto le speranze della pace in un lontano avvenire. Tuttavolta lo sgombramento dei Principati, fatto dai Russi, essere un gran passo verso la conciliazione. L’Austria non essersi punto formalmente impegnata ad impiegare la forza per ottenere dalla Russia una soluzione definitiva; ma, volendo rimanere fortemente armata e perfettamente libera nelle sue risoluzioni, manteneva la domanda d’essere -energicamente sostenuta dai Governi confederati. Coll’occupazione della Moldavia e della Valacchia, l’Austria non solo tutelava il diritto europeo, ma otteneva uua garantia pegl’interessi austro-germanici. L’Austria desiderare adunque che, nel caso in cui, causa l'occupazione dei Principati, ella si vedesse assalita dalla Russia, purch’ella non avesse provocata ella stessa le ostilità pigliando l'offensiva, la Confederazione germanica s’impegnasse formalmente a considerare tale attacco come una lesione fatta agli interessi di tutta la Germania, e a sostener l’Austria con tutti i mezzi che sono a sua disposizione, Come la Prussia ha già promesso di fare.

20 detto. Le truppe russe ripassano il Pruth: i Principati sono interamente sgombrati.

21 detto. Risposta del presidente del Consiglio dei ministri di Prussia alla circolare austriaca del 14: «La Prussia si dichiara perfettamente d’accordo coll’Austria sul modo di comprendere gl’interessi tedeschi sul Danubio, in quanto l’occupazione dei Principati danubiani, fatta dalle truppe austriache, impedisce lo stabilimento d'elementi stranieri in quei paesi. Ma essa crede che, nel caso in cui l’occupazione austriaca dei Principati non impedisse che questi divenissero, per le parti belligeranti, il campo d'operazioni militari, il pericolo d'un conflitto fra l’esercito austriaco non farebbe se non divenire maggiore. Sarebbe adunque opportuno di porre nella bilancia, accanto degl’interessi locali, che l’occupazione austriaca è chiamata a difendere, l’interesse generale, che consiglia di astenersi dal prender parte ad una guerra europea.»

30 detto. Il conte Buol risponde al conte Esterhazy a Berlino! «L’Austria crede che i suoi interessi e quelli della Germania saranno gravemente minacciati finché la Russia non dia guarentigie pel ristabilimento d’una pace sicura e durevole. Il Gabinetto austriaco non ha alcun diritto di escludere i Principali dalla cerchia delle operazioni militari, e crede che la Prussia non sia in condizione di dichiarare che gl’interessi tedeschi nei Principali non saranno garantiti se non a condizione che l’Austria occupi esclusivamente le sue Provincie. Il Governo austriaco si duole che il Gabinetto di Berlino sollevi ora difficoltà ed obbiezioni, tanto contro la dichiarazione, che ha fatto egli stesso, di dare il suo aiuto all’Austria nel caso ch'ella fosse attaccata dalla Russia, quanto contro i quattro punti, ch'egli s’è impegnato di sostenere moralmente. L’Austria non fa a Francoforte se non proposizioni, intese a porre la posizione della Confederazione d’accordo con quella presa da sé medesima, e considera le obbiezioni contro i quattro punti come inconciliabili colla promessa fatta di dare un aiuto morale alle sue domande:«A questo dispaccio andava unita la lettera confidenziale seguente: «Il Gabinetto austriaco è determinato di non dipartirsi dai risoluto contegno, che assunse. Egli non saprebbe considerarsi come autorizzato ad impedire nei Principati le operazioni militari delle Potenze belligeranti e in nessun caso egli non può rinunciare al diritto di passare dalla sua posizione attuale di aspettativa armata, a quella della partecipazione alla guerra.«(Questo dispaccio fu poi comunicato a tutte le Corti tedesche.)

13 ottobre. La Prussia risponde alla Nota austriaca del 30 settembre: «Si è riguardato come più conveniente alla dignità della Confederazione germanica, e quella della Prussia, di astenersi dall’influire, con nuove comunicazioni, nelle decisioni degli Stati tedeschi La Prussia condente nelle viste dell’Austria, relativamente alla libera navigazione del Danubio e alla questione del protettorato; ma essa non conviene se non affatto condizionatamente nell’opinione che la Confederazione assuma fin da ora un contegno deciso in tal questione europea. Il Gabinetto di Berlino deplora i dispareri, che si manifestano nelle mire delle due Corti; ma non crede ingannarsi, attribuendole per la massima parte all'aver l’Austria preso risoluzioni senza aver consultato né la Prussia, né gli altri Stati della Confederazione, e contratto impegni, il valore de' quali è evidente per l’impero austriaco non così per la Prussia e per la Germania. Quanto alla Prussia, ella è decisa a rimaner fedele all’alleanza, e segnatamente all’articolo 2.° del trattato.»

13 detto. Circolare del sig. Drouyn di Lhuys agli inviati francesi accreditati presso le Corti tedesche: «La Germania è forse prossima ad una dissensione fra l’Austria e la Prussia perché la Dieta germanica ha creduto poter rimanere neutrale in una questione d’interesse generale, ed ha negletto di secondare con un contegno deciso le Potenze occidentali, quando operavano ancora poter evitare la guerra. L’unico mezzo di risparmiare alla Confederazione una crisi dannosa, sta nell’adesione al senso, che nella sua ultima comunicazione, fatta il 30 settembre al Gabinetto di Berlino, l’Austria ha dato alla convenzione del 20 aprile. La dichiarazione che l’ingresso degli Austriaci nella Moldavia e nella Valacchia cade sotto le disposizioni dell’articolo 2.° del trattato del 20 aprile, e l'approvazione espressa e formale delle basi d’un trattato di pace, contenute nelle Note dell’8 agosto, sarebbero, da parte degli Stati secondarii della Germania, un provvedimento di potente efficacia, laddove, per lo contrario, caso che la Germania rifiutasse di rispondere ai voti del Governo austriaco, non esso certamente si troverebbe isolato.»

23 detto. Il conte Buol rispondeva al conte Esterhazy a Berlino: «l’Austria non aver mai preteso di voler restringere il diritto, che ha la Prussia, di prendere ella pure ùna decisione libera e indipendente; ma il Gabinetto di Vienna essersi pur riservato nel trattato d’aprile, di far passi indipendenti, in quanto almeno e’ fossero consoni ai principii dell’alleanza. Il trattato, conchiuso colla Porta, essere stato una condizione preliminare e necessaria dell’articolo addizionale del 20 aprile; la disparità d’opinione della Prussia e dell’Austria fondarsi, non già sopra una differenza di principii, ma sulla maniera d’interpretare i fatti; nello sgombramento de' Principati, fatto dalle truppe russe, l’Austria non poter vedere se non una misura puramente militare: mentr’ella riguarda la concentrazione d’un esercito russo nella Polonia come una minaccia. Il Gabinetto di Vienna annetter sempre il più gran valore ad un passo, fatto in comune colla Prussia presso la Dieta germanica; e per ciò, prima di farne uso, affrettarsi ella di comunicare alla Corte di Berlino il progetto d’istruzione, destinato all’ambasciatore presidiale.»

25 detto. Il Gabinetto russo risponde alla raccomandazione, rinnovatagli dalla Prussia, d’accettare i quattro punti di garantia, che «cedendo alle istanze reiterate della Prussia, e volendo risparmiare alla Germania ogni dissensione ed ogni imbarazzo, la Russia era disposta ad accettare que’ quattro punti preliminari della pace, e a prenderli per basi di negoziazioni coll’Austria.»

30 detto. Risposta del Gabinetto prussiano alla Nota austriaca del 23: «A fronte d’un momento così grave e cosi decisivo, la Prussia rinuncia a confutare parecchie proposizioni della Nota austriaca. Essa crede che un invito, indirizzato alla Russia da tutte le Potenze soscrittrici del trattato d'aprile, d’ammettere i quattro punti riguardati unanimemente come base d’una durevole pace, potrebbe avere un esito favorevole. Ma per questo motivo, è della maggior importanza per la Prussia e pei confederati tedeschi, sapere con certezza, se e sino a qual segno, l’Austria si troverà soddisfatta con l’accettazione dei quattro punti per parte della Russia, e qual posizione essa prenderà incontro %di quest’ultima Potenza. Nel caso del rifiuto dei quattro punti da parte del Gabinetto di Pietroburgo, la Prussia dichiara ch'essa non opporrà alcuna obbiezione alla estensione dell’aiuto della Confederazione ai conflitti, ai quali l’Austria potesse esser esposta per un attacco fatto contro le sue truppe nei Principati; e ch'essa è pronta ad esprimere la sua disposizione di riconoscere tal estensione, in un articolo addizionale, che sarà sottoposto senza ritardo alla Dieta germanica.»

2 novembre. Un ordine del giorno di S. M. l’Imperatore d’Austria prescrive che per la fine di gennaio 1855, tutto l’esercito imperiale debba esser posto in assetto di guerra..

5 detto. Il conte di Nesselrode scrive al barone di Budberg, ambasciatore di Russia e Berlino che, volendo preservare la Germania dai. mali, cui l’esporrebbe una divisione tra le due grandi Potenze tedesche, l’Imperatore è disposto a prender parte alle negoziazioni di pace. Qual punto di partenza di queste negoziazioni, s’avrebbe potuto ammettere le basi seguenti: 1.° Guarentigia comune, data dalle cinque Potenze ai diritti civili e religiosi della popolazione cristiana dell’Impero ottomano senza differenza di culto; 2.° Protettorato delle Provincie danubiane, esercitato dalle cinque Potenze alle stesse condizioni che quelle ne’ trattati tra la Porta e la Russia pattuite in favore dei Principati; 3.° Revisione del trattato del 1844; 4.° Libertà della navigazione del Danubio, la quale esiste in diritto. L'Imperatore sperava che, dopo questa dichiarazione, la Confederazione germanica sarebbe pienamente rassicurata sui suoi interessi. In ogni caso attendersi l’Imperatore dagli Stati confederati una neutralità perfetta, qual essi l'avevano proclamata sin dal cominciamento della lotta.

9 detto. Una Nota del conte Buol al conte Esterhazy dice: «L’Austria non saprebbe accettare, sotto veruna forma, impegni contrattuali, che limitassero la sua libertà d’azione di un modo qualunque. Ella non s’è punto impegnata a rimaner puramente sulla difensiva; in pari tempo, essa riconosce nelle Potenze occidentali il diritto di far nuove domande, con riserva d’apprezzare in tutta libertà le nuove condizioni; e non può dichiararsi soddisfatta se non da guarentigie, generalmente riconosciute. Per tutti questi motivi, sembra molto più conveniente che la decisione della Dieta venga ristretta ai tre punti, contenuti nell’istruzione indirizzata all’inviato presidiale, barone di Prokesch-Osten, istruzione della quale essa dà immediatamente comunicazione a tutti i Governi tedeschi, nella speranza che la Prussia sarà disposta a dare al suo rappresentante presso la Dieta istruzioni analoghe alle sue. (Ecco il testo dei tre punti sopraccitati: La Dieta avrebbe a dichiarare: 1.° che un attacco contro l’Austria, sia questo o contro il territorio dell’impero, o contro le sue truppe nei Principati, obbligherebbe tutta la Germania a sostener l’Austria con tutti i suoi mezzi; 2.° Che la Confederazione germanica riconosce, quale Potenza europea, i quattro punti preliminari come basi proprie ad aprir la via per istabilire uno stato di pace, e, quale Potenza tedesca, si appropria e mantiene in particolare il primo e secondo punto. S’avrebbe infine a riconoscere l’esistenza del pericolo d'un attacco e ad incaricare in conseguenza la Commissione militare di prendere tutte le misure necessarie per mettere in assetto di guerra i contingenti federali.«A questa nota andavano uniti: 1.° un dispaccio colla stessa data, e nel quale il conte Boul faceva osservare la differenza d’interpretazione dell’istruzione austriaca, fatta dalla Prussia: 2.° una comunicazione confidenziale, nella quale l’Austria dichiarava che, pur volendo usare da per tutto il suo influsso in guisa pacifica e moderata, essa non si troverebbe tuttavia soddisfatta se non qualora la Russia s’impegnasse formalmente ad ammettere i quattro punti. Riguardo a ciò, un secondo rifiuto della Corte di Pietroburgo avrebbe per conseguenza la rottura delle relazioni diplomatiche. Perciò, sino a tanto che il Gabinetto russo non avesse accettato i quattro punti, l’Austria si riserbava il diritto d’intervenire ella stessa attivamente per ottenerne l’accettazione. Inoltre, nel caso che la guerra venisse ad accendersi fra essa e la Russia, l’Austria non s’impegnava a contentarsi di que’ quattro punti.

15 detto. II Gabinetto prussiano così rispondeva alla Nota austriaca suddetta: «La Prussia vede con soddisfazione che le due Corti siano sufficientemente d’accordo intorno a' mezzi ed allo scopo della loro posizione comune nelle grandi questioni, che si riferiscono alle emergenze dell’oriente, per fare in comune nuove proposizioni ai loro confederali tedeschi. Il Governo prussiano accetta quasi testualmente i tre punti, contenuti nel progetto d’istruzione, comunicato dall’Austria. Dal canto suo, S. M. il Re desidera che, prima che la Dieta prenda una risoluzione, si convenga sopra un articolo addizionale, regolato e della quistione relativa all’aiuto da darsi all’Austria nei Principati.«A questa risposta andavano uniti due dispacci confidenziali al conte Arnim, ambasciatore di Prussia a Vienna, nei quali il barone di Manteuffel riconosceva che, qualora tornasse in acconcio che le pratiche dal Gabinetto di Berlino, latte presso il Governo russo, venissero rinnovate dai confederali tedeschi, dovrebbesi prima determinare la gravita delle conseguenze, che un secondo rifiuto potrebbe trar seco. Per questi motivi, il Re sperava ricevere l’assicurazione che, conforme allo spirito del trattato d’aprile, del pari che agli articoli dell’Atto federale ed agli interessi della Germania il Gabinetto austriaco si sarebbe fatto un dovere d’operare in tal congiuntura nel più perfetto accordo colla Prussia e cogli altri suoi confederati tedeschi.

16 detto. Lord Palmerston giunge a Parigi; ed il 18 viene ricevuto dall’Imperatore dei Francesi.

23 detto. Nuova modificazione del Ministero ottomano: il granvisir Mehemet-Kiprisli pascià viene surrogato da Rescid pascià; il Ministero degli affari esterni è affidato ad A’alì pascià.

26 detto. L’articolo addizionale al trattato d’alleanza offensiva e difensiva, conchiuso il 40 aprile fra l’Austria e la Prussia, è segnato a Vienna, dal co. Buol-Schauenstein e dal co. Arnim«I quattro punti preliminari sono riconosciuti quali basi di negoziazioni future della pace; la guarentigia d’un’azione comune di tutta la Germania riconoscersi comandata dalla gravità della situazione, in cui si trova l’Europa; la Prussia s'impegna a difender l’Austria, nel caso che le truppe austriache, le quali occupano I Principati, fossero assalite.

28 detto. Il principe Gortschakoff al conte Buol, ministro degli affari esterni: «Sua Maestà l’Imperatore di Russia accetta le quattro proposizioni del Gabinetto di Vienna per servire di punto di partenza a negoziazioni di pace. 11 3 ed il 4 dicembre i Gabinetti di Vienna e di Berlina facevano su questo soggetto comunicazioni ufficiali alle Corti di Londra e di Parigi.

2 dicembre. Si conchiude a Vienna il trattato d’alleanza tra la Francia, l’Austria e la Gran Brettagna: «1.° Le alte parti contraenti s’impegnano vicendevolmente e reciprocamente a non entrare in verun accordo colla Corte di Russia prima d'averne deliberato in comune; 2.° L’Austria s’impegna di difendere la frontiera dei Principati, da essa occupati contro ogni ritorno delle forze russe, e di non recare alcun pregiudizio al libero movimento degli eserciti alleati sul medesimo territorio; 3.° Incominciate le ostilità tra l’Austria e la Russia, l’Austria contrae colle Potenze occidentali un alleanza offensiva e difensiva; 4.° Nel caso preveduto dall’articolo precedente, le alte parti contraenti promettonsi reciprocamente di non accogliere, da parte della Russia, senza essersi accordate fra esse, alcuna proposizione tendente alla cessazione delle ostilità; 5.° Nel caso che la pace non venisse ristabilita nel corso dell’anno presente tra la Russia e le Potenze occidentali, le tre grandi Potenze delibereranno senza indugio sui mezzi efficaci per ottenere l’oggetto della loro alleanza; 6.° La Prussia sarà invitata a dare la sua adesione ai trattata.»

9 detto. La Dieta germanica aderisce all'articolo addizionale, segnato il 26 novembre dalle due grandi Potenze tedesche. «Art. 4.° Conforme a questo trattato, e in considerazione dello stato, ognor più minaccevole, degli affari europei, la Commissione militare è incaricata di prendere le misure necessarie per tener pronti i contingenti della Confederazione.»

19 detto. Un dispaccio del bar. di Manteuffel, presidente del Consiglio dei ministri di Prussia, al conte Arnim, ambasciatore prussiano a Vienna, risponde all’invito fatto il 16 dalla Francia, dalla Gran Brettagna e dall’Austria di aderire al trattato del 2, che «dopo aver accuratamente esaminato il trattato, la Prussia non credeva potervi aderire sino a tanto che l’importanza non né fosse pienamente conosciuta.«In pari tempo, una Nota, compilata nel medesimo senso e colla stessa data, era indirizzata agli ambasciatori di Prussia a Londra e a Parigi.

«Lo scopo speciale dell’alleanza del 2 essendo raccordo tra le Potenze occidentali e l’Austria, né consegue (dice la Nota) che la Prussia non può aderire al trattato; ma essa è disposta a conchiudere, al caso, per parte sua, un analogo accordo.»

24 detto. Il conte Buol scrive al conte Esterhazy: «La Russia ha terminato sulle frontiere dell’Est tutt’i suoi preparativi di guerra. Se adunque la Prussia vuol adempiere l’impegno, ch’essa ha preso, di difender l’Austria contro qualunque attacco, diviene ogni giorno più urgente che il Governo del Re tenga pronte le forze necessarie allo scopo della difesa comune. In conseguenza, l’Austria propone la mobilizzazione, preveduta dalla convenzione militare del 20 aprile, d’un corpo di 200,000 uomini di truppe prussiane presso Posen e Breslavia, e spera che la Prussia opererà in comune coll’Austria presso la Dieta germanica, per ottenere una pronta ed energica esecuzione della convenzione del 20 aprile.»

Lo stesso di, il ministro degli affari esterni d’Austria risponde al dispaccio prussiano del 19: «Il Gabinetto del Re desidera riservare la sua adesione al trattalo d’alleanza del 2 dicembre, fino a che egli venga assicurato della interpretazione, che le Potenze occidentali danno a' quattro punti della Nota dell’8 agosto; ma fino a tanto che la guerra continuerà ad infierire, e che le negoziazioni tra le parti belligeranti non saranno per anco incominciate, non si potrebbe attendersi una determinazione completa delle condizioni della pace.

26 detto. Si apre la sessione legislativa di Francia pel 1855. L’Imperatore de' Francesi annunzia nel discorso d'apertura il fatto dell’alleanza coll’Inghilterra ed il trattato coll’Austria, che si era staccata dalia Russia, la quale da quarant’anni minacciava l’indipendenza dell’Europa. «L’Imperatore d’Austria (diceva S. M.) ha conchiuso un trattato difensivo per ora, offensivo in breve fors’anco. L’esercito francese sarà accresciuto di 140,000 uomini, e a questo scopo si domanderà l’autorizzazione di conchiudere un nuovo prestito nazionale. L’Esposizione dell’industria unirà Canno venturo a Parigi tutt’i prodotti della pace.»

Lo stesso dì, manifesto dell’Imperatore di Russia: «Compresi dal nostro dovere di Cristiani, noi non possiamo desiderare una più lunga effusione di sangue, e certo non respingeremo condizioni di pace, quando siano conciliabili con la dignità del nostro Imperò e cogli interessi dei nostri sudditi. Ma un altro dovere non meno sacro ci comanda in questa lotta ostinata, di tenerci pronti agli sforzi ed ai sacrificii proporzionati ai mezzi d’azione diretti contro di noi.»

27 detto. Risposta di Drouyn di Lhuys al dispaccio prussiano del 19: «Il Gabinetto francese riguarda ogni nuova negoziazione come superflua; se vuoisi ottenere un risultamento qualunque, questo scopo potrebbe appieno venir conseguito senza perdita di tempo colla semplice adesione al trattato del 2 dicembre; si protesta contro qualunque supposto, contro qualunque sospetto che, dopo aver conchiuso l’alleanza del 2 dicembre, la Francia possa segnare una seconda convenzione simile, senza l’approvazione compiuta dell’Austria.»

28 detto. In conseguenza della comunicazione, fatta li 28 novembre dal principe Gortschakoff, ambasciatore di Russia alla Corte di Vienna, i rappresentanti delle Potenze soscrittrici del trattato del 2, si raccolgono a Vienna, e nello scopo di precisare il senso e il valore del quattro punti, fanno la dichiarazione seguente: «1.° Nessuna stipulazione degli antichi trattati della Russia con la Porta, concernenti la Moldavia la Valacchia e la Servia, le quali devono d’ora innanzi esser poste sotto la garantia collettiva delle cinque Potenze, non potrà venir rimessa in vigore al concludersi della pace; 2.° II concorso del basso Danubio debb’esser tolto alla giurisdizione territoriale, esistente in virtù dell'articolo 3.° del trattato di Adrianopoli, e la libera navigazione del Danubio sarà posta sotto la sorveglianza d'un’Autorità sindacale; 3.° L’esistenza dell’Impero ottomano sarà congiunta più compiutamente all’equilibrio europeo, e si porrà fine alla preponderanza della Russia nel mar Nero; 4.° La Russia rinuncierà a far rivivere alcuno degli articoli de' suoi trattati anteriori, e specialmente del trattato di Kut'sciuk-Kainargi. Le cinque Potenze si presteranno vicendevole aiuto per ottenere dall’iniziativa del Governo ottomano, e preservando da ogni lesione la dignità di S. A. e l’indipendenza della sua corona, la confermazione e l’osservanza dei privilegii religiosi delle varie comunioni cristiane, senza distinzione di culto.»

1855. — 5 gennaio. La Prussia risponde alla domanda di mobilizzazione fatta dall’Austria. La Prussia non riconoscere alcun pericolo per l’Austria nella sua posizione difensiva, e riguarda per conseguenza una mobilizzazione come inutile. Del resto, come grande Potenza, essa rivendica il diritto di prendere, in ogni modificazione dei trattati, la parte che le assegna la sua posizione di Potenza europea. Ed una risposta del Ministero degli affari esterni di Francia al marchese Moustier, inviato imperiale a Berlino dice: Niuno contrasta alla Prussia il grado di grande Potenza, ma non si potrebbe separare i diritti e i doveri che ci vanno congiunti. La Francia, l’Inghilterra e l’Austria non possono acconsentire che, pur rimanendo estranea ai grandi avvenimenti attuali, una Potenza qualunque conservi il diritto di prender parte alle misure, destinate a dare uno scopo a quegli avvenimenti.»

7 detto. Il principe Gortechakoff, inviato russo in missione straordinaria a Vienna, dichiarasi autorizzato a trattare in generale, prendendo per base i quattro punti, interpretati nel modo seguente: «1.° Abolizione del protettorato esclusivo della Russia in Moldavia e Valacchia; 2.° Libertà della navigazione del Danubio, secondo i principi! stabiliti dagli Atti del Congresso di Vienna; 3.° Revisione del trattato del 43 luglio 1841 per congiugnere più pienamente l'esistenza dell’impero ottomano all’equilibrio europeo; 4.° Guarentigia collettiva delle cinque Potenze per la confermazione e per l’osservanza de' privilegii religiosi delle varie comunioni cristiane.«Quanto al terzo punto, il principe non ricusava di accordarsi, in conferenze formali di pace, circa i mezzi, che le tre Corti proponessero per por fine a quella, ch’esse chiamavano la preponderanza della Russia nel mar Nero, a condizione che, nella scelta di tali mezzi, non se né trovasse alcuno che potesse ledere i diritti di sovranità dell’Imperatore in casa sua.

14 detto. Replica austriaca alla Nota prussiana del 5, e in pari tempo dispaccio del conte Buol agl'inviati austriaci presso le Corti tedesche: «Il Gabinetto di Vienna esprime il suo rammarico perché la Prussia non abbia risposto al desiderio austriaco, espresso nella Nota del 24 dicembre 1854. Egli insiste nella domanda d’una mobilizzazione parziale dei contingenti federali, e fonda le sue domande sulla risoluzione federale del » dicembre 1854. Il pericolo d’un attacco della Russia contro l’Austria non è cessato, e tutte le dichiarazioni russe, fatte nella conferenza del 7 gennaio, non potrebbero venir considerate dal Gabinetto austriaco come guarentigie sufficienti.«In un dispaccio confidenziale, unito a questa replica l’Austria invita gli Stati. della Germania, che convenivano nelle sue mite, ad unirsi ad essa, nel caso, che la Prussia persistesse nella sua politica d’esitazione, e in caso di guerra, a porre i loro eserciti sotto il comando dell’Imperatore; a queste condizioni, si guarentiva l’integrità dei loro possedimenti territoriali, e lor si promettevano alla pace, vantaggi proporzionati a' sacrifìzii, che fatto avesse ciascun di loro.

17 detto. In un dispaccio circolare del barene di Manteuffel agli inviati prussiani presso i Governi tedeschi, la Prussia, dichiara di non poter rinunciare alla posizione, da essa tenuta fino allora né alle riserve, che n’erano la conseguenza. Ed insiste per esser posta in grado di esercitare sull’andamento delle negoziazioni quell’influsso, ch’essa crede poter rivendicare, tanto in forza della sua partecipazione alle conferenze pre cedute a Vienna, quanto in virtù della sua posizione europea.

19 detto. In una istruzione al suo inviato a Vienna, il Gabinetto di Dresda dichiara che, consentendo nell’opinione della Prussia, ei non poteva pel momento impegnarsi a sostenere la proposizione di mobilizzare i mezzi contingenti.

21 detto. Il Gabinetto prussiano, ai suoi inviati a Londra ed a Parigi, rinnova la dichiarazione, già espressa nel dispaccio del 1» dicembre, che ogni negoziazione, avente per iscopo di determinare la Prussia a prendere altre misure, sarebbe inutile, finché un rappresentante del Re non intervenisse alle conferenze destinate a por fine alle complicazioni orientali. «É un solo diritto, ma ancora dovere della Prussia di prendervi parte: i protocolli di Vienna, segnati dall’inviato di Prussia, hanno dato alla risoluzione di tal quistione il carattere d'una operazione comune. Ma que’ protocolli, che non si cessa d’invocare contro di noi, quando trattasi di dedurne obbligazioni, ci assicurano pure diritti; e noi non sapremo riconoscere le une senza entrare nel pieno esercizio degli altri.»

22 detto. Proposizione dell’Austria nella seduta dei Comitati uniti della Dieta germanica: «1.° I contingenti, od almeno i mezzi contingenti dell’esercito federale saranno mobilizzati nel più breve tempo possibile: 2.° La Dieta procederà senza ritardo alla scelta d’un comandante supremo.»

24 detto. Il barone di Pfordten, presidente del Consiglio dei ministri di Baviera, dichiara in un dispaccio al conte di Lerchenfeld, ambasciatore di Baviera a Vienna, che il Governo bavarese riguarda la proposta di mobilizzazione, come assai men urgente, che nel momento della risoluzione presa dalla Dieta il » dicembre 1854.

25 detto. Il rappresentante della Prussia, conte di Bismark-Schonhausen, fa nella seduta della Dieta germanica una dichiarazione, nella quale, rammentando che l’accettazione dei quattro punti da parte della Russia permetteva di prevedere con fiducia che le negoziazioni di pace fossero per incominciare, aggiungeva che, non appena elle avessero presa, per la partecipazione diretta delle due grandi Potenze tedesche, un carattere europeo generale, il Governo prussiano non avrebbe mancato di accordarsi colla Dieta su questo oggetto. «Le truppe austriache (continuava il ministro prussiano) non essendo esposte ad un attacco russo, il caso, nel quale le forze tedesche sarebbero chiamate ad una cooperazione attiva in virtù dell’atto addizionale, non accadrà. Un maggiore sviluppo delle relazioni esistenti non potrebbe aver luogo se non col consenso delle Potenze contraenti. La Prussia eseguirà fedelmente i trattati, ma essa si rifiuterà ad ogni domanda, che andasse più oltre, fino a tanto che se né possa valutare tutta l’importanza, in proporzione de' sacrificii, ch’essa imporrebbe, e degli scopi, che si proporrebbe di conseguire. Finalmente, la Prussia vede nella sua propria potenza, in quella di tutta la Germania e nei fondamenti della Costituzione federale, guarentigie sufficienti per la conservazione della dignità e della sicurezza della patria comune.«L’ambasciatore presidiale austriaco, barone di Prokesch-Osten, rispondeva: «I passi per giungere a negoziazioni di pace non debbono esser, confusi colla conchiusione della pace medesima. La guarentigia più sicura d’una pace, conveniente agl’interessi della Germania, trovasi nell’attuazione d’ima unione energica e fedele, collo sfoggiare prontamente una forza generale bastevole».

26 detto. Si ratifica il trattato d’alleanza tra la Sardegna e le Potenze occidentali; in pari tempo segnasi una convenzione militare circa l'invio in Crimea d’un corpo ausiliario piemontese di 15,000 uomini, sotto gli ordini del generale Lamarmora. Articolo addizionale tra la Sardegna e la Gran Brettagna, circa un prestito di 4,000,000 di lire di sterlini (lire 25,000,000).

Lo stesso dì, circolare del sig. Drouyn di Lhuys ai rappresentanti della Francia presso le Corti della Germania: «L’unione della Germania è posta in compromesso per la divergenza sopravvenuta tra l’Austria e la Prussia, e non può venir rassodata se non dalla fermezza degli altri membri della Confederazione. La Dieta ba a scegliere fra due opinioni: intanto, tutte le domande che l’Austria indirizza a' suoi confederati, sono giustificate dalla differenza, che esiste tra assicurazioni morali e fatti materiali, tra congetture e certezze. Il Gabinetto di Berlino non potrebbe ascrivere se non a se stesso la posizione, in cui egli si è posto, e che sta in suo arbitrio di modificare. Persistendo nell’astenersi, egli perde il diritto di partecipare alla revisione del trattato del 13 luglio 1841, ch’egli ba sottoscritto bensì, ma che gli aggrada, o non eseguire, o ridurre a proporzioni di poco rilievo.»

Un dispaccio del conte Buol alla Prussia, del giorno stesso, confutava l’opinione manifestata nella circolare prussiana del 47 intorno alle condizioni, alle quali il trattato di aprile, come pure l’articolo addizionale, dovessero esser recati in atto. Il 31, il Governo prussiano rispondeva riserbar egli a sé medesimo il giudizio di tali condizioni, e non voler lasciarselo imporre da chi che sia.

29 detto. Il sig. Drouyn di Lhuys risponde alla Nota prussiana del 24: «Ciò che la Francia avrebbe meglio gradito, sarebbe stato che la Prussia aderisse semplicemente al trattato del mese di dicembre; ma volentieri si tien conto della delicatezza, che la Prussia manifestò in questo argomento, e la Francia è pronta a prendere in accurata considerazione le proposte d’un trattato, ideato secondò l’opinione prussiana, e contenente le stesse obbligazioni finali, già ammesse dall’Austria, cioè: Azione comune contro la Russia, in caso che riescano indarno le negoziazioni future. Per prender parte a tal trattato, la Prussia dee prima porsi sulla medesima linea della Francia, della Gran Brettagna e dell’Austria, e non dee restare alcuna incertezza circa lo spirito, che l’animerà, né circa il suo contegno futuro.»

30 detto. Dispaccio del barone di Manteuffel al conte Arnim a Vienna: «La Nota confidenziale, che il conte Buol ha unito alla sua circolare del 14 alle Legazioni imperiali in Germania, e che venne appoggiata dagl’inviati di Francia presso le Corti tedesche, ha dolorosamente sorpreso il Gabinetto prussiano; il Re rimane convinto che v’hanno nelle basi fondamentali della Confederazione guarentigie Sufficienti, le quali non possono né venir corroborate da promesse, né poste in pericolo da insidia qualsiasi.»

Il medesimo giorno i comitati uniti della Dieta germanica risolvevano a voti unanimi di porre immediatamente i contingenti in assetto di guerra.

1.° febbraio. Il conte Buol-Schauenstein scrive al conte Apponv, ambasciatore d’Austria a Monaco: Il Gabinetto austriaco non considerare l'assetto di guerra, proposto alla Dieta germanica, se non come il foriero della mobilizzazione, che l’Austria era decisa a richiedere di nuovo con tutte le sue conseguenze.

8 detto. Conforme al parere de' comitati uniti, la Dieta germanica risolve con 44 voti (tre inviati si dichiaravano senza istruzioni) l'immediato assetto di guerra de' contingenti principali.

14 detto. Il principe Gortschakoff dichiara al conte Buol che l’Imperatore di Russia, col suo nuovo manifesto, non intendeva fare alcuna minaccia; ma, a fronte delle colleganze già fatte e d’altre prossime a formarsi contro essa, la Russia doveva pur apparecchiare tutti i suoi mezzi di difesa. Come per lo addietro, l’Imperatore era disposto a negoziare la pace sulla base dei quattro punti.

16 detto. Una circolare dei conte Buol agl'inviati austriaci presso le Corti tedesche, dice la confederazione non esser più esclusivamente sul terreno dell’Atto federale, ma su quello del trattato d’alleanza offensiva e difensiva del 20 aprile; ed aver ella già preso una posizione troppo decisa, per non aver dedotto la sua risoluzione dell'8, se non dallo stato minaccioso degli affari generali in Europa. L’Austria confuta perentoriamente l’opinione della Prussia, che i. contingenti federali non dovessero venir impiegati se non sul territorio federale, e scappella alle risoluzioni anteriori della Dieta, secondo le quali gli eserciti tedeschi sono destinati a difendere, non solo il territorio federale, ma ancora le parti non tedesche della Prussia e dell’Austria, ed anzi a sostenere quest’ultima Potenza, ov'ella fosse stata assalita nella sua posizione nei Principati danubiani.

17 detto. Circolare del conte di Nesselrode ai ministri russi all’estero: «L’imperatore non comprende come la Sardegna abbia potuto, senza motivo espresso, senza appiglio legittimo e senza dichiarazione di guerra, porre a disposizione dell’Inghilterra un corpo ausiliario per combattere in Crimea. Se la Corte di Torino viola i diritti delle genti, l’imperatore non vuole fare del pari. Egli dichiara adunque la pace come rotta dall’atto d’ostilità manifesta, il cui torto ricade sul Governo Sardo.»

24 detto. Dichiarazione dell’inviato prussiano presso la Confederazione germanica, nella seduta della Dieta: «Il caso d’aver a respingere in comune un attacco contro la Monarchia austriaca, o contro i Principati danubiani, più non esiste; e la risoluzione federale dell’8 debbe esser considerata come avente una nuova base: quella, cioè, della necessità di opporre alle circostanze, ognor più minacciose nelle quali si trova l’Europa, un assetto di guerra capace di far fronte a tutte le emergenze.«Risposta dell’ambasciatore presidiale imperiale barone di Prokesch-Osten: «Il Governo imperiale non riguarda la risoluzione federale dell’8, conforme al recesso della Dieta del » dicembre, presentata dalla Commissione militare, raccomandata dai comitati uniti pegli affari di Oriente, e ratificata dalla Dieta con un voto diffinitivo, se non come la conseguenza delle risoluzioni del 24 giugno e del 6 dicembre 1854.»

28 detto. L’Austria protestava contro l’opinione della Prussia, che la neutralità armata avesse due scopi: ed ella sperava che nel caso, in cui le negoziazioni di pace andassero a vuoto, la Confederazione, spiegando le sue forze congiuntamente all’Austria, non lascierebbe ad alcuno de' suoi membri e a nessun Gabinetto d’Europa verun dubbio sulla significazione de' suoi armamenti.

2 marzo. Muore l’Imperatore di Russia, Nicolò I. Nato il 6 luglio (25 giugno) 4796; egli era succeduto, il 4.° dicembre (1» novembre) 1825, a suo fratello l’Imperatore Alessandro, in virtù del manifesto del 28 (16) agosto 1823, e in conseguenza della rinuncia al trono, fatta dal Granduca Cesarewitsch Costantino. Suo figlio e successore Alessandro II sale al trono, e pubblica un manifesto, nel quale, fra le altre cose, è detto: «Lo scopo dei nostri sforzi sarà quello, verso il quale hanno incessantemente mirato l’Imperatore Pietro I, l’Imperatrice Caterina, l’Imperatore Alessandro, e nostro padre di gloriosa memorie.»

Lo stesso dì, un dispaccio confidenziale del barone di Manteuffel a! conte di Hatzfeld a Parigi, si lagna del contegno e del linguaggio del Governo francese riguardo alla Prussia e conchiude dicendo: Del resto, nulla è più lontano dalle Intenzioni della Corte di Berlino quanto a volere neppur l’apparenza d’una dimostrazione contro le Potenze occidentali: essa non vuole se non mantenere, com’è suo dovere, l’indipendenza assoluta de' suoi convincimenti politici.»

4 detto. Si pubblica il Manifesto della Sardegna contro la Russia.

5 detto. In un’altra circolare a' suoi inviati presso le Corti tedesche, l’Austria, conforme alla replica fatta nella seduta della Dieta del 22 febbraio dal suo ambasciatore presidente, dichiara che, se la Dieta germanica volesse interpretare i provvedimenti, ordinali in riguardo all'esercito imperiale, nel senso della dichiarazione prussiana del detto giorno 22, ovvero s’ella dar volesse un corso qualunque a quella dichiarazione, il Gabinetto imperiale vedrebbesi obbligato di protestare formalmente contro una tale interpretazione.

6 detto. Nota del barone di Beust, ministro degli affari esterni di Sassonia, al consigliere inviato di Konneritz, rappresentante della Sassonia a Vienna, in risposta alla circolare austriaca del 28 febbraio: «La libertà di decisione pel caso che l’Austria avesse ad assalire la Russia, non esisterebbe più, se la Confederazione avesse già preso un contegno decisamente offensivo contro l’Est. Tre posizioni differenti sono possibili: una posizione difensiva contro l’Est; una posizione offensiva, nel caso che la Confederazione prenda parte a una guerra offensiva, intrapresa dall’Austria; e finalmente, una posizione difensiva per tutelare, nell’ultimo caso, la risoluzione di non partecipazione, o in altri termini la neutralità. Tuttavolta, il prendere nuovi divisamenti per istabilirsi nell’una o nell’altra di queste posizioni, non è perora imposto da veruna emergenza.»

8 detto. Una circolare del barone di Manteuffel alle Legazioni prussiane presso le Corti tedesche, rispinge il rimprovero d’aver fatto, circa la risoluzione federale dell’8 febbraio, parecchie proposizioni suppletorie, indirizzate contro la politica delle Potenze occidentali o contro l’Austria, La posizione del Governo del Re, a fronte della risoluzione federale, esser tanto semplice, quanto chiara. Come Potenza federale tedesca, la Prussia attenersi ai motivi della Dieta, fino a tanto che questa non desse loro, con nuove risoluzioni, una direzione determinata. La Prussia aver la coscienza d’esser libera, non solo da ogni idea di fare una dimostrazione, ma eziandio da ogni pensiero occulto, e da ogni irritazione contro le Potenze occidentali.»

10 detto. Circolare del conte di Nesselrode: L’Imperatore rinnova i poteri e conferma le istruzioni, di cui i plenipotenziarii russi sono muniti dal mese di dicembre, allorquando dovevasi aprire le negoziazioni di Vienna. Era loro scopo di ristabilire la pace; di consolidare la libertà del culto in Oriente; di assicurare la libera navigazione del Danubio a profitto del commercio di tutte le nazioni; di porre le immunità dei Principati sotto una guarentigia collettiva; di prevenire il ritorno di nuove complicazioni: finalmente, di accordarsi colle grandi Potenze circa la revisione del trattato, concernente il principio della chiusura degli Stretti dei Dardanelli e del Bosforo, e di giungere così ad una transazione onorevole per tutte le parti. Però, la speranza di conchiusione della pace rimarrebbe infruttuosa, se le condizioni della transazione da conchiudersi dovessero oltrepassare il limite, che il sentimento della dignità della Corona segna irrevocabilmente alle risoluzioni del nostro nuovo Sovrano, ecc.»

15 detto. Le negoziazioni di pace s’aprono a Vienna, in presenza " di tutti i plenipotenziarii (il conte di Buol-Schanenstein e il barone di Prokesch-Osten per l’Austria, il barone di Bourqueney per la Francia, il principe Gortschakoff, e il consigliere privato di Titoff per la Russia, lord John Russel e il conte di Westmoreland per l’Inghilterra, Arif effendi e Riza bei per la Porta ottomana).

23 detto. Nota austriaca in risposta alla circolare prussiana dell'8: «Le dichiarazioni formali dell’inviato prussiano presso la Dieta germanica danno occasione all’Austria di far nuovamente la franca esposizione delle sue viste; ma nulla è più lontano dalle intenzioni del Gabinetto imperiale, quanto continuare una polemica. infruttuosa.»

detto. Essendo il primo e secondo punto delle condizioni di pace stati ammessi dai plenipotenziarii delle cinque Potenze alla Conferenza di Vienna, si procede alla discussione del terzo punto: Il principe Gortschakoff respinge la proposta, fatta dall’Austria, e ammessa dalla Francia e dall’Inghilterra, d’invitare gl'inviati della Russia e della Turchia ad indicare alla Conferenza i mezzi d’assicurare l'esito della convenzione. In forza di ciò, le sessioni vengono aggiornate sino all’arrivo di A’alì pascià e del sig. Drouyn di Lhuys.

26 detto. Risposta del sig. Drouyn di Lhuys al dispaccio indirizzato il 2 dal presidente del Consiglio dei ministri di Prussia al conte Hatzfeld a Parigi: «Il Governo francese contrasta il principio, secondo il quale sarebbe interdetto alle Potenze straniere di occuparsi delle deliberazioni della Dieta germanica, quand’anche queste deliberazioni non abbiano per oggetto gl’interessi puramente tedeschi. Facendo allusione ad una tendenza, che le sembrava ostile, la Francia non ha voluto se non cessare nel suo nascere un conflitto increscioso alle due parti. D’altro canto, la Francia non saprebbe più a lungo lasciar pesare sopr’essa vaghe accuse di mal volere contro la Prussia. Essa non ha punto operato nel senso di tali accuse, ma con un vero spirito di fiducia e di unione: e, se il Governo prussiano deplora nel suo dispaccio la mancanza d’un atto che, stabilendo il perfetto accordo delle mire politiche della Prussia e della Francia, avrebbe posto fine alla divergenza d’opinione dei loro inviati rispettivi, la Francia può rispondere ch'essa ha tutto adoperato per facilitare alla Prussia l’adesione al trattato, conchiuso tra le Potenze occidentali.»

3 aprile. Lord Clarendon manda a lord John Russell un dispaccio, in cui era detto: a Benché l’Austria riconosca che la limitazione della potenza navale russa nel mar Nero sia il mezzo più semplice di por fine alla preponderanza russa in quel mare, risulta nondimeno da una lettera del conte Buol che il Gabinetto di Vienna non potrebbe trovare, nel rifiuto d’aderire a tal clausola, un motivo sufficiente per essa di dichiarare la guerra. In luogo di tal condizione l’Austria propone un sistema di contrappeso. Tuttavia, il Governo britannico, giudicando tal sistema insufficiente, non si arretrerà dinanzi alcun sacrifizio per conseguire, anche senza la cooperazione dell’Austria, una garantia sì giusta e necessaria alla sicurezza dell’Europa. Il sig. Drouyn di Lhuys sottoporrà al Gabinetto di Vienna la risoluzione del Governo francese di proporre alla Conferenza il sistema di neutralizzazione, consistente nel chiudere il mar Nero a tutti i bastimenti da guerra; sistema, al quale aderisce il Gabinetto di Londra.»

6 detto. Il sig. Drouyn di Lhuys, ministro degli affari esterni di Francia, e l'8 A'alì pascià, giungono a Vienna per prender parte alle conferenze.

10 detto. Lord John Russell scrive a lord Clarendon: «Il conte Buol ha dichiarato nella Conferenza d’ieri, che l’Austria vedrebbe con piacere ammesso dalla Russia il sistema di neutralizzazione, ma ch’essa non crede che questa Potenza aderisca a tal progetto di disarmamento. Dal canto suo, ella proponsi di discutere il terzo punto come i due primi; ma in ogni caso, ella non potrebbe trovare in alcuni bastimenti di più o di meno un motivo per cominciare le ostilità.»

12 detto. Lord John Russell riscriveva a lord Clarendon: «L’Austria non può impegnarsi di vantaggio, fino a che le proposizioni russe non siano presentate. Del resto, ella non è pulito convinta della necessità di limitare le forze navali della Russia, Nell’interpretazione dei quattro punti, si trattò, non di questa limitazione, ma principalmente della revisione del trattato del 1841, nell’interesse dell’equilibrio europeo. L’Austria non vedrebbe un caso di guerra se non nel fatto che la Russia rifiutasse di guarentire l’integrità della Turchia.»

15 detto. L’Imperatore e l’Imperatrice dei Francesi partono per Londra; il giorno seguente giungono a Windsor; il 22 ritornano a Parigi.

16 detto. Il plenipotenziario inglese a Vienna comunicava a lord Clarendon un nuovo progetto di limitazione.

18 detto. Risposta del secretario di Stato degli affari esterni della Gran Brettagna: «Si deve insistere ad esigere la limitazione della flotta russa, e rispingere il sistema di contrappeso.»

Altro dispaccio di lord John Russell a lord Clarendon: «Alla do manda rinnovata dai rappresentanti delle Potenze occidentali, d’adottare la limitazione della flotta russa come uno dei punti principali dell’ultimato, che l’Austria dee indirizzare alla Russia, il conte Buol risponde che la flotta russa non fa correre alcun pericolo alla Porta, e che, per qualche vascello di più o di meno, l’Austria non si lascierà indurre alla guerra: ella è pronta ad esigere che la Russia non accresca l’effettivo della sua flotta, oltre a quello esistente prima della guerra d’altra parte, caso che la Russia aumentasse la sua marina, la Turchia potrebbe sempre ampliare la sua nelle medesime proporzioni.»

17 detto. Si riprendono le conferenze di Vienna. Il principe Gortschakoff annuncia che la Russia rifiuta di prendere l’iniziativa delle proposizioni relative al terzo punto, ma che i suoi plenipotenziarii entrerebbero gravissimamente, e col sincero desiderio di riuscire ad un accomodamento, nell’esame de' provvedimenti che fossero proposti, a condizione ch’essi non fossero tali da usurpare i diritti dell’Imperatore di Russia sul suo territorio. Alla domanda del sig. Drouyn di Lhuys, se la Russia considererebbe i suoi diritti di sovranità come violati, nel caso in cui si privasse ella stessa della libertà di costruire un numero illimitato di bastimenti da guerra nel mar Nero, il principe Gortschakoff risponde che la Russia non acconsentirebbe che la forza della sua marina venisse ristretta ad un numero determinato di bastimenti, sia in virtù di trattati, sia in altra maniera.

18 detto. Lord John Russell annunzia a lord Clarendon avere il conte Buol fatto nuove proposizioni: «1.° Guarentigia per parte di tutte le Potenze contraenti dell’integrità della Turchia; 2.° Sistema di contrappeso nel mar Nero; 3.° Limitazione della flotta russa all’effettivo, ch’ella aveva prima del cominciamento delle ostilità; in caso di rifiuto da parte della Russia, l’Austria farà la guerra unitamente agli alleati.«Nella sua risposta a lord John Russell, lord Clarendon rispingeva il secondo punto delle proposte austriache.

1» detto. Protocollo della conferenza tenuta a Vienna: Al cominciamento della sessione A’alì pascià fa la proposizione che l'integrità della Turchia sia riconosciuta dalle cinque Potenze. Questa proposizione viene ammessa da tutti i plenipotenziarii: perciò l'inviato russo dichiara che la Russia non potrebbe vedere un caso di guerra nella violazione di questa integrità. Quindi il sig. Drouyn di Lhuys presenta il progetto seguente: «L’Imperatore di Russia ed il Sultano s’impegnano rispettivamente a non avere nel mar Nero più di quattro vascelli, quattro fregate, ecc. I regolamenti della chiusura degli Stretti del Bosforo e de' Dardanelli, pattuiti nel trattato del 43 luglio 1841; sono mantenuti; tuttavia ciascuna delle parti contraenti, che non ha alcun possedimento nel mar Nero, sarà autorizzata da un firmano del Gransignore, notificandolo cinque giorni prima, ad armare in quel mare un numero di bastimenti eguale alla metà delle forze navali, che ciascuna delle due Potenze del litorale è autorizzata a mantenervi.»

24 detto. Nella dodicesima sessione della Conferenza di Vienna, viene presentato dal principe Gortschakoff il seguente controprogetto: «La Russia consente alla modificazione del trattato del 1844 nel senso che in avvenire il libero passaggio dei Dardanelli e del Bosforo sarà accordato ai bastimenti da guerra di tutte le nazioni. In caso di ostilità, il Sultano avrà la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, tal libertà.«I plenipotenziarii delle Potenze occidentali e della Sublime Porta dichiarano non poter negoziare su questa base.

23 detto. Lord John Russell parte per Vienna; e il 24 lord Palmerston fa alla Camera dei comuni la dichiarazione seguente: «Le conferenze di Vienna sono aggiornate; la Russia ha respinto le proposte, fatte dall’Inghilterra, dalla Francia, dall’Austria e dalla Turchia di diminuire la sua flotta, o d’escludere dall’Eusino i vascelli da guerra di tutte le nazioni, senza fare altre proposizioni accettabili.»

26 detto. Nella decimaterza sessione della Conferenza di Vienna, i plenipotenziarii russi fanno nuove proposte. Il sig. Drouyn di Lhuys dichiara che le sue istruzioni erano esaurite, e non trovava inoltre nei progetti proposti alcun mezzo di limitare la preponderanza russa nel mar Nero. I plenipotenziarii ottomani aderivano a questo parere. Dal canto suo, il conte Buol trovava che il progetto russo conteneva elementi, giusta i quali l’Austria sarebbesi adoperata per giungere ad una conclusione di pace. Al momento di chiudere l’adunanza, il principe Gortschakoff dichiara avere i plenipotenziarj russi largamente attenuto la loro promessa, proponendo parecchi mezzi di soluzione.

27 detto. Il sig. Drouyn di Lhuys lascia Vienna.

28 detto. Circolare del Gabinetto russo a' suoi inviati, relativa così a quello ch’era stato determinato nelle conferenze di Vienna, come alle circostanze che né avevano impedito il buon esito, ed al pensiero che aveva guidato il Gabinetto imperiale nella discussione di ciascuna delle diverse quistioni: «La prima quistione diceva la circolare, era quistione di rivalità politica; e l’Imperatore l’ha risolta nell’interesse della prosperità dei Principati. La seconda era legata agl’interessi generali del commercio; e l’Imperatore l'ha decisa in favore della libertà commerciale di tutte le nazioni. La terza, non solo concerneva l’equilibrio generale, ma toccava davvicino l’onore e la dignità della Russia; tale appunto l’Imperatore l’ha giudicata, ed il sentimento nazionale risponderà pienamente alla sua decisione. La quarta era una quistione di libertà religiosa, di civiltà e d'ordine sociale per tutta la Cristianità. Agli occhi del Gabinetto imperiale, essa è quella, che dovrà un giorno esser posta a capo d'un trattato di pacificazione generale, degno di venir munito della sanzione di tutti i Sovrani d'Europa.»

30 detto. Un dispaccio del conte di Nesselrode al consigliere Glinka, inviato della Russia a Francoforte, dice che «per dare un valore ed una forza reale ai due punti, concernenti i Principati danubiani e la navigazione del Danubio, risolti in maniera pacifica da tutti i plenipotenziarii adunati a Vienna, sarebbe stato necessario dar loro la forma d’un trattato. Collo scioglimento delle Conferenze di Vienna, era cessata ogni obbligazione formale e reciproca delle Potenze; tuttavia, siccome que’ due punti toccavano gl’interessi tedeschi, l’Imperatore voleva riguardarli come obbligatomi, fino a. tanto che le Corti della Germania conservassero il loro contegno di stretta neutralità.»

7 maggio. Il conte Colonna Walewski è nominato ministro degli affari esterni di Francia, invece del sig. Drouyn di Lhuys, la cui dimissione è accettata. '

8 detto. Nota del conte Clarendon al conte Westmoreland a Vienna, circa un dispaccio indirizzato dal conte Buol all’ambasciatore austriaco a Londra: «Se l’Austria può trovar un nuovo disegno d’accomodamento«l’Inghilterra è dispostissima a prenderlo in considerazione, purché corrisponda all’intento del Gabinetto di Londra; ma ei deve imporre condizioni alla Russia, e non farne agli alleati di tali, che lascino a questa Potenza la mano pienamente libera nel mar Nero. Poiché anzi la Russia si è rifiutata di sottoscrivere la garantia della integrità dell’Impero ottomano, ed ha provato con ciò ch'ella non aveva rinunciato ai suoi progetti sulla Turchia, sembra giunto il momento d’invitar l’Austria a discutere sulle disposizioni da prendersi per porre in atto il trattato del 2 dicembre.»

9 detto. Circolare del conte Walewski, ministro degli affari esterni di Francia alle Legazioni francesi all’esterno: «Dopo l’aggiornamento delle conferenze, il Gabinetto di Vienna, manifestando però l’intenzione formale di mantenere l’alleanza del 2 dicembre, ha sottoposto a' Governi della Francia e della Gran Brettagna nuove proposizioni circa il terzo punto, le quali non rispondono né all’aspettazione di que’ Governi, né alla grandezza de' sacrifici!, ch’essi hanno fatto. Tuttavia il trattalo del 2 dicembre non è messo punto in quistione.»

14 detto. Un dispaccio austriaco agl’inviati austriaci presso le Corti tedesche, dice che, avendo il Governo britannico resi pubblici i protocolli delle conferenze prima che queste fossero chiuse, il Gabinetto imperiale giudicava conveniente di comunicarli dal canto suo alle Corti tedesche.

16 detto. II conte Westmoreland indirizza al conte Clarendon un dispaccio, a cui va unito un nuovo progetto di pacificazione, proposto dall’Austria, la quale dichiara che «qualora tale progetto venisse accolto dall’Inghilterra e dalla Francia, e respinto al contrario dalla Russia, l'Austria annunzierebbe rotte le conferenze, senza però spingere ai loro ultimi limiti le conseguenze del trattato del 2 dicembre.»

17 detto. Una circolare austriaca agli inviati imperiali presso le Corti tedesche dice: «IL Gabinetto imperiale vede con soddisfazione che, anche in caso di rottura delle negoziazioni, la Russia, per porre fuor di quistione gl’interessi tedeschi, è disposta a mantenere il loro risultamento relativo ai due primi punti. Tuttavia, siccome i quattro punti principali delle negoziazioni formano per le parti contraenti un tutto completo, e siccome la Confederazione germanica gli ha ella stessa riconosciuti, nel loro insieme, come proprii a servir di base alla pace, il Gabinetto austriaco crede poter fare assegnamento che i membri della Confederazione si asterranno di far succedere alle dichiarazioni della Russia proposizioni o progetti, le cui conseguenze potessero, o rivolgersi contro l’Austria, ovvero aumentare le difficoltà della situazione.«Indrizzando questa circolare all’inviato imperiale a Berlino, il conte Buol aggiungeva: «Cercando a più riprese di separare gl’interessi particolari della Germania dagl’interessi generali dell’Europa, la Russia non può avere altro scopo che quello di far durare le dissensioni in Germania, e di assicurarsi, quanto è possibile, delle risoluzioni delle Corti tedesche, prima che il risultamento finale delle conferenze di Vienna venga lor sottoposto.»

19 detto. Il bar. di Manteuffel scrive all’inviato prussiano a Vienna: «Il Governo del Re aderisce volentieri al desiderio del Gabinetto austriaco di astenersi pel momento dal fare comunicazioni alla Dieta germanica. I confederati tedeschi non possono dubitare della maniera, colla quale la Prussia comprende quant’è necessario alla Germania per assicurare i suoi veri interessi, e quanto forma in pari tempo i limiti, perfettamente giustificati, a più ampie esigenze. La Russia attende nuove comunicazioni da parte dell’Austria, e spera ch’esse saranno in armo nia coi principii, a cui il Re, convinto della vocazione pacifica d’una Germania grande e forte per sé medesima, si attenne, segnando II trattato d’aprile e le convenzioni ulteriori.»

20 detto. Risposta dell’Austria alla Nota inglese dell’8: «Il Gabinetto imperiale deplora che il Governo britannico non abbia giudicato possibile d’ammettere i due progetti austriaci, che di nuovo presentansi (V. sotto); in caso di ammissione, essi dovrebbero venir sottoposti alla Russia in forma d’ultimato. Un trattato fra l’Austria, la Francia e la Gran Brettagna avrebbe potuto considerare ogni attacco della Russia contro l’indipendenza e l’integrità dell’impero ottomano, del pari che l’aumento eccessivo delle forze navali russe nel mar Nero, come un casus belli. Lord Clarendon crede che sia venuto il momento per l'Austria d'intendersi colle Potenze occidentali circa il porre in atto il trattato del 2 dicembre; però, questo trattato non ha avuto per iscopo che di ristabilire la pace sulla base dei quattro punti deliberati in comune, i due primi de' quali furono ammessi. Quanto al terzo, l’Austria ha proposto uno scioglimento, ch'essa riguarda come efficace, compiuto e affatto acconcio agli interessi dell’Europa; e ch’essa, in caso di bisogno, si è obbligata di sostenere colla forza dell’armi. Ora, questo caso sarebbe sopraggiunto, se la Russia avesse respinto i due progetti d’ultimato. Ma, fino a tanto che il difetto di buona volontà da parte degli alleati non permetterà di tentare quest’ultima forma, l’Austria non può far ricadere sulla sola Russia la malleveria del mal esito delle negoziazioni.«A questa risposta andavano uniti i sopraccitati due progetti seguenti:

Primo progetto. Art. I. Garantia dell’indipendenza e dell’integrità del territorio della Turchia; Art. II. Eguaglianza reale della potenza navale delta Russia e della Turchia nel mar Nero, secondo il numero attuale dei vascelli russi in quel mare. Art. III. Conservazione della chiusura degli Stretti del Bosforo e de' Dardanelli; Art. IV. Diritto in ciascuna delle Potenze contraenti d’inviare o di fare stanziare due fregate nel detto mare; Art. V. Facoltà lasciata al Sultano d’aprire, in caso di pericolo, a tutti i vascelli de' suoi alleati gli Stretti del Bosforo e de' Dardanelli.

Secondo progetto. I primi articoli conformi a quelli del primo progetto. Art. IV. Nel caso che la Russia aumentasse lo stato delle attuali sue forze navali nel mar Nero, le parti contraenti saranno autorizzate con un firmano ad inviare un numero di vascelli corrispondente alla metà della flotta russa; Art. V. In verun tempo non sarà permesso ai bastimenti da guerra stranieri di gettar l'ancora dinanzi il Corno d’Oro; in tempo di pace, oltre i vascelli stanziati nel mar Nero, non dovranno trovarsi in pari tempo più di quattro vascelli innanzi Costantinopoli o ne’ Dardanelli.

Articolo secreto del progetto di trattato. Ogni forza effettiva preponderante della marina russa nei mar Nero sarà riguardata, dopo rimostranze comuni fatte senza frutto, come un caso di guerra per costringere la Russia a sottoporsi alle condizioni dell’equilibrio necessario agl’interessi dell’Europa.

Lo stesso dì, un dispaccio del conte Buol al bar. di Hübner, ministro d’Austria a Parigi, raccomandava l’adesione ai progetti dell’Austria; nell’opinione del Gabinetto austriaco, la diminuzione od anche l’annientamento quasi compiuto della flotta russa nel mar Nero, non avrebbero bastato a togliere alla Russia i vantaggi che la sua posizione geografica le assicurava verso la Porta; non doversi limitare la sua potenza politica se non quanto fosse necessario per impedirle, a così dire, d’abusai' dei suoi mezzi materiali. L’Austria non considerava però la domanda che la Russia prendesse un’obbligazione internazionale di limitare, per sempre, la sua potenza navale nel mar Nero, come contenuta nelle convenzioni del trattato del 2 dicembre. Che se le Potenze occidentali credessero dover attendere dalle contingenze della guerra uno scioglimento del terzo punto più in relazione coi loro sacrifici!, l’Austria attenderebbe di pie’ fermo il momento favorevole per rannodare le negoziazioni di pace.

23 detto. Risposta del conte Walewski alla circolare del conte di Nesselrode del 40 maggio: «La Francia si propone di serbare il silenzio sino alla chiusa ufficiale delle conferenze; ma essa deve confutare le asserzioni del ministro russo. La Francia e la Gran Brettagna potevano inferire dal desiderio, espresso dalla Russia, d'aprire le conferenze, che quest’ultima Potenza fosse decisa a fare il sacrificio della sua preponderanza nel mar Nero. Le Potenze occidentali non hanno bisogno di giustificarsi, se, malgrado la moderazione della loro domanda, il doppio scioglimento proposto dalla Russia non le appaga. Le Potenze occidentali non sono per nulla responsabili della continuazione della guerra; la loro ostilità non è punto implacabile. Esse non hanno voluto imporre alla Russia una pace lesiva del suo onore e della sua dignità; ma l'Europa, raffermata nelle sue basi, sarà lor grata d'aver conservato tra giusti confini una influenza, che si sforzava di oltrepassare da per tutto la cerchia della sua azione legittima.»

Lo stesso di, il barone di Manteuffel così rispondeva al dispaccio austriaco, indirizzato il 47 al conte Esterhazy a Berlino: «Nel riservarsi d'apprezzare la dichiarazione russa, la Prussia non potrebbe ammettere l’opinione del Gabinetto austriaco, non aver la Russia altro scopo che la disunione della Germania, quand’ella fa, riguardo a questa, una dichiarazione che, per la stessa confessione della circolare austriaca, soddisfa il Governo imperiale. Per riguardo verso l’Austria, la Prussia sospende il suo esame e le sue risoluzioni: ma essa non rinuncia per questo, in nessun modo, al diritto più assoluto d'un esame libero e p(:)eno. La Prussia, e la Germania con essa, trovansi sul terreno del trattato d’aprile e de' suoi articoli addizionali.»

24 detto. Dispaccio confidenziale dell’Austria alla Prussia: «Se l’ultimo passo, che fa l’Austria, per indurre le Corti di Parigi e di Londra ad esaminare ancora una volta le proposizioni, ch’essa vuol presentare in forma d’ultimato alla Russia, dovesse essere inutile, il Gabinetto di Vienna resterebbe semplicemente sulle basi delle obbligazioni, ch’egli ha contratte, senza per ciò contrastare alle Potenze belligeranti il diritto di esigere condizioni più larghe; egli si atterrebbe ai principii riconosciuti da lui nelle conferenze, e continuerebbe a difendere l’integrità dell’impero ottomano contro un nuovo attacco.«Il 25, una circolare nello stesso senso era indirizzata dal conte Buol agli inviati austriaci presso le Corti tedesche.

29 detto. Lord Clarendon così risponde a lord Westmoreland circa la comunicazione del 16: «Se gli affari delle Potenze occidentali fossero senza speranza, dovrebbesi presentare un progetto, la cui ammissione per parte della Russia fosse probabile, invece d'una proposta, contenente il principio di limitazione respinto da questa Potenza; se, al contrario, le apparenze di buon esito fossero per gli alleati, si può obbiettare a quel progetto che, per verità, ei contiene il principio di limitazione, ma non il mezzo di farlo valere; Inoltre, la condizione d’un’ammistia generale non v’è punto espressa, ed esso non fa menzione alcuna della Sardegna. Per questi motivi, il Governo britannico non può, con suo rammarico, aderire ad un progetto, che non gli offre alcuna base per la pace,»

31 detto. Il conte Buol scrive al conte Esterhazy a Berlino: «Nella convinzione dell’Austria, la posizione della Germania non può essere considerata come strettamente neutrale appunto perch’essa (la Germania) é sul terreno del trattato d’aprile e de' suoi articoli addizionali; non potrebbesi proporle una stretta neutralità, lino a tanto che i fondamenti della pace non fossero assicurati, finche il territorio ottomano avesse bisogno della protezione delle armi dell’Austria. Per questo motivo, l’Austria crede aver il diritto di ripetere che una proposta, fatta alla totalità dei membri della Confederazione, e la cui ammissione non è consentanea alla posizione della prima Potenza della Dieta, contiene un attacco contro l'unità federale.«

2 giugno. Un dispaccio del secretario di Stato degli affari esterni della Gran Brettagna al conte Westmoreland, inviato d’Inghilterra a Vienna, deplora che il Governo austriaco rinnovi proposizioni, che il Gabinetto di Londra è già stato costretto a respingere. «Il progetto austriaco lascia (dice il dispaccio) affatto da parte il vero oggetto, che il terzo punto aveva per iscopo; giacché quel progetto avrebbe per conseguenza, non già la limitazione della forza navale russa, ma Una lotta perpetua tra gli alleati e la Russia, circa la preponderanza di quest’ultimo nel mar Nero. Non puossi aderire all’opinione che questa limitazione della flotta russa non sia compresa nel trattato di dicembre, perch’essa costituisce il più importante dei quattro punti, che l’Austria voleva garantire.»

4 detto. Venivano chiuse le conferenze di Vienna. (Presenti il conte Buol e il barone di Prokesch, il principe Gortschakoff ed il consigliere di Titoff, il barone di Bourqueney, il conte Westmoreland, A’alì pascià ed Arif effendi). In quest’ultima sessione della Conferenza, l’Austria presentava un progetto d'accordo di vicendevole gradimento tra la Russia e la Turchia sopra una base di ponderazione delle loro forze nel mar Nero. I plenipotenziarii russi trovavano in quel progetto le basi d’uno scioglimento possibile della terza garantia. I plenipotenziarii della Francia e della Gran Brettagna evitavano di prendere un impegno su questo particolare. Quindi il conte Buol dichiarava che l’Austria non aveva altre proposizioni da fare; ma ch’ella sarebbe sempre pronta, specialmente se fosse nell’interesse della pace, a trasmettere alle Potenze belligeranti quanto l'una o l’altra di esse potess’essere in caso d’indirizzarle.

6 detto. Nota del barone di Manteuffel all’inviato del Re a Pietroburgo, circa il dispaccio del conte di Nesselrode al consigliere di Glinka: «So il Gabinetto di Pietroburgo fa dipendere le sue risoluzioni circa i due primi punti delle conferenze di Vienna dalla condizione che la Germania rimarrà estranea alla lotta, e ch'ella continuerà ad osservare la neutralità, la Prussia non può. intenderla se non nel senso delle obbligazioni eventuali e reciproche, contratte fra essa, l’Austria e la Confederazione germanica col trattato del 20 aprile, come pure all’articolo addizionale. Pur continuando ad opporsi che queste obbligazioni ricevano un’estensione, che non sarebbe imposta né dai veri interessi della Prussia e della Germania, né da quelli dell’Europa, il Re non riguarda come poco importante che venga tolto ogni dubbio sul fatto di queste obbligazioni e sulla ferma risoluzione, in cui egli è, d’osservarle; S. M. spera eziandio che il dispaccio del 30 aprile non sia stato dettato da nessun ostile pensiero contro l’Austria.»

11 detto. Il Gabinetto di Pietroburgo risponde alla circolare del conte Walewski agli agenti di Francia all’esterno. Dopo aver dato un nuovo schiarimento circa i quattro punti, ei fa osservare che la maggior parte delle difficoltà da appianarsi avevano ricevuto imo scioglimento onorevole per tutte le parti, e che il chiudimento delle conferenze, di Vienna era stato provocato dal rifiuto dei plenipotenziarii di Francia e d’Inghilterra, di aderire a Ile proposizioni dell’Austria, fatte per uno scopo di ravvicinamento. Il torto della rottura cadere adunque sulle Potenze occidentali; il Gabinetto di Russia non esserne mallevadore; egli lascierebbe la via aperta ad una riconciliazione onorevole.

12 detto. In un dispaccio a lord Westmoreland, il conte Clarendon ritorna sui motivi, che avevano dissuaso dall’accettazione delle proposizioni austriache il Gabinetto di Londra. 11 secretario di Stato degli affari esterni della Gran Brettagna osservava, terminando, che l’Austria erasi impegnata a recare in atto il trattato del 2 dicembre, nel caso che la pace non venisse ristabilita entro un tempo determinato, e già spirato da lungo tempo, sopra basi che la Russia aveva già rigettate.

13 detto. Lo stesso conte Clarendon scrive a lord Westmoreland dolergli che l’Austria si riguardi come sciolta dai suoi impegni, ai quali il Gabinetto di Vienna aveva aderito in antecedenza, e che poscia aveva appoggiato nelle conferenze. «I quattro punti (dice il dispaccio inglese) saranno, alla ripresa delle conferenze, sottoposti ad un nuovo esame; ma la Francia e l’Inghilterra riguardansi come perfettamente libere d’operare secondo le circostanze, e di considerare le negoziazioni delle conferenze di Vienna come non avvenute.»

17 detto. Risposta del Gabinetto prussiano all’Austria: «Le obbligazioni contratte saranno mantenute, senza aderire per ciò alla solidarietà pel trattato di dicembre, né all’indivisibilità perfetta dei quattro punti.»

19 detto. Un dispaccio circolare del conte Clarendon ai rappresentanti della Gran Brettagna all'estero espone le viste del Gabinetto inglese circa la serrata delle conferenze di Vienna, in opposizione a quelle dei Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo. La risoluzione delle Potenze occidentali d’insistere sulla cessazione della preponderanza russa nel mar Nero era giustificata dagli sforzi ostinati dei plenipotenziarii russi di sostituire una garantia puramente morale alla garantia effettiva del1 integrità territoriale e dell'indipendenza della Turchia, come pure dal loro rifiuto di contrarre un obbligazione che le altre Potenze erano disposte ad accettare; cioè l'impegno, non solo di rispettare quell’indipendenza, ma ancora di difenderla colle armi, in caso di bisogno. L’Inghilterra non poteva cessare di chiedere garantie sufficienti per allontanare pericoli, l’allontanamento de' quali era lo scopo della guerra attuale.

24 detto. La politica indipendente, che l’Austria mantiene per la difesa degli interessi europei, fino che stanno in armonia cogli interessi speciali Austriaci, ha avuto la decisa espressione nell’ordine di Sua Maestà Francesco Giuseppe all’esercito, dato da Lemberg. In conseguenza di questo ordine 200,000 uomini depongono le armi. Sollevati onorevolmente dal servigio, diminuiscono i pesi del tesoro dello Stato. I punti di garantia furono il centro dell’operare dell’Europa non Russa; avendo le Potenze occidentali abbandonato quel centro, quei quattro punti diventarono eccentrici per l’Austria: e mentre molti tremano per la risoluzione austriaca, le stesse Potenze d'Occidente riconoscono la ragionevolezza di tale divisamente; e il ministro inglese degli affari esteri difese in Parlamento contro critica appasionata il contegno dell’Austria.

28 detto. Circolare dell’Austria ai Governi tedeschi: «La Dieta germanica è stata invitata ad approvare il contegno dell’Austria negli affari dell’Oriente, e in pari tempo a decidere sulla continuazione dell’assetto di guerra. Il plenipotenziario austriaco a Franeforte farà la dichiarazione che le misure militari dell’Austria dipendono dalla durata dell’incertezza, che regna circa la situazione presente; questa situazione permette attualmente, è vero, una riduzione di forze, richieste sino adesso dalle congiunture: ma, in pari tempo, essa domanda che il corpo d’esercito, che trovasi nei Principati, venga sostenuto all’uopo, e che in caso di necessità l’esercito possa, nel più breve termine esser rimesso nell’antico suo assetto.

2 Luglio. S. M. l’Imperatore Napoleone, nell’aprir la tornata straordinaria del Senato e del Corpo legislativo, pronuncia un discorso, di cui l’estratto: «Essendo le Conferenze di Vienna riuscite impotenti a ripristinare la pace, mi rivolgo al patriottismo del paese. Gli alleati sperano ancora che l’Austria adempia l'impegno di rendere il trattato offensivo e difensivo. Se le negoziazioni sono esaurite la guerra continua; la devozione dell’esercito condurrà in breve ad un fortunato risultamento. Sta a voi dare i mezzi di continuare la lotta, la leva del 1855 sarà di 140,000 uomini.»

4 detto. La Dieta Germania ha dichiarato che ringrazia il Governo austriaco per la comunicazione, che le fece, circa la chiusa delle conferenze di Vienna,. e pei tentativi da esso dedicati al ripristinamento della pace europea. Essa crede che viste le conclusioni federali del 24 luglio e del » dicembre 1854, la situazione attuale non rende necessario alcun nuovo provvedimento, neppur quello d’ampliare gli obblighi o impegni attuali della Confederazione.

1» detto. È pubblicato il carteggio diplomatico fra Vienna, Parigi e Londra;,da questo nulla trasparisce che possa render più implicata la questione. Vi si notano le ultime parole di lord Clarendon: «quando in avvenire giunga il tempo delle pratiche di pace il Governo di S. M. si terrà fermamente presenti i principii che lo guidarono negli ultimi negoziati; e non trascurerà alcun mezzo per ottener per l’impero ottomano e principalmente per l'Europa, garantie sufficienti contro il ritorno del pericolo.»

23 detto. Il Principe Gortschakoff consegnò all’imperatore Francesco Giuseppe una dichiarazione del Gabinetto di Russia, la quale contiene che l’Austria dalla parte della Russia non sarebbe minacciata di alcun pericolo pei Principati danubiani.

26 detto. Le proposte austriache alla Dieta Germanica furono evase coll’accettazione dei tre punti, proposti dalla Prussia.

1.° settembre. La missione a Vienna dell’inviato presidenziale alla Dieta germanica, tenente maresciallo barone di Prokesch, pare non rimanga senza influsso sullo Stato delle relazioni fra l’Austria e la Prussia. Anche colle Potenze occidentali pare sieno intavolate nuove pratiche. Nel soggiorno della Regina Vittoria a Parigi, vi furono importanti colloquii fra ministri inglese e francese, mentre l’Austria inviava ad essi il barone di Hübner.

S. settembre. — Caduta di Sebastopoli — Dal complesso delle operazioni, eseguite per ottenere tale successo, appare sempre più grande la vittoria ottenuta ed eroico lo sfogo degli alleati, costretti a vincere ciò che parve sempre insuperabile. Forse nessun altro combattimento nei fasti delle armi moderne può esser paragonato a questo per la rapidità delle mosse, il coraggio degli assalitori, la fermezza dei cinti. — Ai momento dell’assalto non meno di 700 bocche di fuoco facevano fronte alla forte artiglieria nemica: e nell’assalto e nel bombardamento non si tirarono meno di un milione e seicentomila colpi. L’assalto ebbe luogo a mezzodì preciso del giorno 8: e fin da tre giorni un bombardamento non interrotto aveva permesso che i lavori d'offesa fossero spinti più innanzi. A mezzodì si mossero le colonne francesi, la sinistra diretta sul forte Malakoff, la dritta sai Redan del Carenaggio; la guardia imperiale faceva di riserva. L’ordine di battaglia era dato dal Generale Bosquet, ed il maresciallo Pélissier dal ridotto Bramion né dirigeva le operazioni. L’assalto fu breve dinanzi a Malakoff. In pochi istanti i francesi, usciti dalle trincee, varcarono lo spazio interposto, passarono la fossa, gettarono le scale, e furono alla cinta esterna del forte. L’impeto loro fu irresistibile, la resistenza vinta in un momento. Dopo un quarto d’ora la bandiera francese sventolava sul muro di cinta. Gli inglesi mossero anch’essi contro il gran Redan del bastione, serrati in tre colonne destinate a sostenersi tra loro. La mischia s’impegnò forte e terribile:! russi indietreggiarono e perdettero la posizione; ma agli inglesi non venne fatto di mantenervisi, e si ritirarono eroicamente come eroicamente a' erano avanzati. La brigata piemontese non uscì dalle trincee, ma rimase esposta al fuoco delle artiglierie, che sostenne con italiana fermezza. Anche le flotte sebbene contrariate dal vento avversò danneggiarono non poco l’inimico. Alle quattro e mezza dopo mezzodì i Russi erano sconfitti, decisa la pugna, vinta la giornata. Nella quale i francesi vi ebbero più di 7500 tra morti e feriti, gl’inglesi 2000, e 40 i piemontesi. Perdite non tanto gravi, avuto riguardo all’importanza di una presa che doveva pesar tanto sulla bilancia degli avvenimenti avvenire.

Sebastopoli caduto, la quistione entrò in un’altra fisse, nella quale le armi dovevano, ceder alla diplomazia il diritto del futuro.

9 detto. Dopo la caduta di Sebastopoli, Pelissier annuncia: «La parte meridionale di Sebastopoli non è più. La batteria della Quarantena saltò in aria: 4200 bombe delle flotte cagionarono lo scoppio dell’incendio. I soldati sono sparsi pei bastioni, la città abbandonata: le navi furono mandate a picco.

13 detto. S. M. l’imperatore dei Francesi assiste a Nólre Dame al Te Deum in rendimento di grazie per la presa di Sebastopoli. Tutti i corpi dello Stato vi intervengono.

17 detto. La Prussia offre nuovamente la sua mediazione all’Austria, la Francia, l’Inghilterra. Non la si accetta.

23 detto. Il principe Gortschakoff annunzia: Il nemico ha sbarcato presso Eupatoria più di 20,000 uomini. Ivi debbono trovarsi riuniti più di 30,000 uomini. Al 22 ed al 23 il nemico fece degli attacchi sulla nostra sinistra.

25 detto. L’imperatore di Russia giunge a Nicolajeff, ad oggetto d’ispezionare le opere di fortificazione ed i cantieri. Prima di partire da Mosca S. M. scrive al governatore di quella città una lettera, nella quale si legge: la Russia ha avute prove ancora più gravi, e Dio Signore le ha sempre conceduto il suo benignissimo ed invisibile aiuto... Mi consola che tutti siano pronti a dare l’ultima goccia del loro sangue, onde conservare la totalità dell’Impero, l'onore della nazione.

29 detto. I Russi sono sconfitti dinanzi a Kars. li combattimento durò sette ore; piena fu la rotta dei Russi, i quali ebbero più di 4000 morti. I Turchi perdettero 4000 uomini.

5 ottobre (Atene 23 settembre). Un programma del nuovo gabinetto ellenico (composto dei Signori Rulgari, Silivergo, Fotti Smalens, e Miaulis) rafferma l’adempimento fedele degli obblighi greci verso le potenze straniere ed in particolare la severa osservanza della neutralità.

9 detto. Odessa è minacciata di bombardamento dalle flotte alleate.

3 novembre. S. M. l’imperatore Alessandro giunge in Odessa per ispezionare in persona quella fortezza.

10 detto. Lord Palmerston manifesta, che l’Inghilterra è risoluta a continuare la guerra fino a che possa ottenersi la pace a condizioni utili ed onorevoli.

12 detto. Lo Czar ritorna a Pietroburgo.

15 detto. S. M. l’imperatore dei Francesi, nel suo discorso di chiusura dell’Esposizione Universale d’industria, dice: Voi tutti dunque, i quali pensate che i progressi dell’agricoltura, dell’industria e del commercio d’una nazione contribuiscono alla prosperità di tutte le altre, e che quanto più le relazioni si moltiplicano, tanto più i pregiudizi! nazionali tendono a svanire, dite a' vostri concittadini, tornando nella vostra patria, che la Francia non ha odio contro nessun popolo, ch'ella ha simpatia per tutti coloro, i quali vogliono, come ella vuole, il trionfo del diritto e della giustizia. — Dite loro che, se desiderano la pace, bisogna che apertamente facciano almeno voti pro o contro noi, poiché in mezzo ad un gran conflitto europeo, l’indifferenza è un cattivo calcolo, il silenzio un errore. — Quanto a noi, popoli alleati pel trionfo d’una gran causa, tempriamo armi senza rallentare le nostre officine, senza fermare i nostri telai; siamo grandi per le arti della pace, come per le arti della guerra; siamo forti per la concordia, e riponiamo la nostra fiducia in Dio per farci trionfare della difficoltà del presente e delle vicende dell’avvenire.

23 detto. S. M. il Re di Sardegna Vittorio Emanuele giunge a Parigi in mezzo ad un’immensa folla, che l’accoglie con vive acclamazioni di un poetico entusiasmo. Alla stazione Egli viene ricevuto dal Principe Napoleone; appiè della scala delle Tuilerie, l’imperatore dei Francesi abbraccia cordialmente il Re italiano, il quale mostrasi visibilmente commosso dalle calorose manifestazioni, di cui è l’oggetto.

28 detto. La fortezza di Kars si rese al generale Meurawieff. La guarnigione tutta col muscir Wassif pascià, 8 pascià, il generale Wìlliams ed il suo stato maggiore sono prigionieri di guerra. Estenuata dai disaggi, ridotta alle ultime estremità, abbandonata a se stessa, la guarnigione, dopo aver fatto prodigi di valore, dovette por fine all’eroica sua. resistenza.

2» detto. Il Re di Prussia apre le Camere con un discorso con cui manifesta che, la continuazione delle complicazioni politiche impongono la necessità di mantenere ancora, benché in men larga misura, gli apparecchi di guerra; ed esprime la speranza, che la sua patria abbia a rimanere un asilo di pace.

30 detto. Il Re di Sardegna giunge a mezzodì a Londra; è ricevuto alla stazione di Douvres dal Principe Alberto: Ei traversa la città fra le acclamazioni del popolo.

2 dicembre. Il monitore pubblica la seguente lettera del Conte Walewski, diretta ai rappresentanti della Francia presso gli Stati neutrali:

«Signore. — Secondo quanto mi perviene da parecchi punti della -Germania, il discorso, pronunciato dall’imperatore in occasione della chiusa dell’Esposizione universale, produsse, com'era facile prevedere, -Un’impressione profonda. Tuttavia, esso non sarebbe stato giudicato da per tutto allo stesso modo, e sarebbe divenuto oggetto d’interpretazioni diverse. Eppure, esso non né comporta che una sola; e gli Stati neutrali non potevano prender equivoco intorno a' sentimenti, de' quali evidentemente non hanno se non a lodarsi.

«L’imperatore ha detto ch'egli desiderava una pace pronta e durevole. Io non ho ad insistere su questa dichiarazione; ella si comprende da sé e non abbisogna di commento.

«Rivolgendosi ai neutrali per invitarli a far voti con essa in tal senso, S. M. imperiale ha attestato bastantemente il valore, che annette alla loro opinione, e, il conto in cui tiene la loro influenza nel corso degli avvenimenti. Tale fu, del resto, il suo modo di vedere a loro riguardo, fin dal principio del conflitto diplomatico, che precedette le ostilità.

«L’imperatore ha opinato sempre che se, fin d’allora, essi avessero espresso con maggior forza il giudizio, che formavano sull’oggetto del litigio, avrebbero esercitato un’azione salutare sulle risoluzioni della Potenza, che ha provocato la guerra. La loro posizione non can giò punto agli occhi di S. M. imperiale; ed essi posson oggi, con un contegno fermo e deciso, affrettare lo scioglimento d’una lotta, cui, se condo la sua convinzione, potevano prevenire.

«In questo pensiero appunto l’imperatore domanda loro di far conóscere altamente le loro disposizioni alle Potenze belligeranti, e di porre nella bilancia delle forze rispettive il peso della loro opinione. Quest’appello, che fu del resto si bene compreso ed accolto sì fervorosamente da un uditorio, composto di rappresentanti di tutte le nazioni, non è dunque altro che un omaggio solenne, reso all’importanza e all’efficacia della parte spettante ai neutrali nella presente crisi.»

4 detto. S. M. il Re di Sardegna ha in Londra tutte quelle accoglienze, feste ed ovazioni, che ebbe l’imperatore dei Francesi. Nell’occasione d’una rassegna delle truppe, il Re visitò i feriti della Crimea, ai quali disse parole di conforto, versando lagrime di tenerezza alla vista di quei valorosi mutilati. Ed in risposta all’indirizzo in francese del Lord mayor nella City, egli rispose in italiano «L’accoglienza, che io ricevo, è una prova della simpatia inspirata dalla politica che seguii finora, ed in cui persisterò costantemente.»

6 detto. La formazione d’una speciale legione polacca, equipagiata ed esercitata in Inghilterra, è risoluta nel ministero Inglese.

22 detto. Il Monitore di Parigi pubblica il trattato, concluso il giorno 21 novembre, tra le Potenze Occidentali ed il Regno di Svezia e Norvegia, in seguito alla missione e colla mediazione del Generale Canrobert. Eccone il testo:


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TRATTATO

«S. M. l'Imperatore de' Francesi, S. M. la Regina del Regno unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, e S. M. il Re di Svezia e di Norvegia, bramosi d’impedire ogni complicazione, atta a turbare l’equilibrio europeo, hanno deciso d’intendersi tra loro nell’intento d’assicurare l’integrità dei Regni uniti di Svezia e Norvegia, ed hanno eletti plenipotenziarii, per conchiudere a tal uopo un trattato, cioè:

«S. M. l’Imperatore de' Francesi, il sig. Carlo Vittore Lobstein, ufficiale dell’Ordine Imperiale della Legion d’onore, grancroce dell’Ordine regio della Stella polare di Svezia, commendatore dell’ordine de! Cristo e cavaliere di quello della Concezione di Portogallo, suo inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso S. M. il Re di Svezia e di Norvegia;

«S. M. la Regina del Regno unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, il signor Arturo Carlo Magenis, scudiere, suo inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso S. M. il Re di Svezia e di Norvegia;

«E S. M. il Re di Svezia e di Norvegia, il sig. Gustavo Nicolò Algernon Adolfo barone di Slierneld, suo ministro di Stato e degli affari esterni, cavaliere e commendatore de' suoi Ordini, grancroce del suo Ordine di S. Olaf di Norvegia, ecc., ecc.;

«I quali, dopo essersi scambievolmente comunicati i proprii pieni poteri, trovati in buona e debita forma, hanno convenuto quanto segue:

«Art. 4. S. M. il Re di Svezia e di Norvegia si obbliga a non cedere alla Russia, a non permutare con essa e a non permetterle di occupare parte niuna de' territorii appartenenti alle Corone di Svezia e di Norvegia. S. M. il Re di Svezia e di Norvegia si obbliga inoltre a non cedere alla Russia niun diritto di pascolo, di pescagione o di altro qualsiasi genere, tanto sopra i detti territorii, quanto sulle spiagge di Svezia e di Norvegia, ed a respingere ogni pretensione che la Russia potesse accampare, onde stabilire l’esistenza di qualcuno de' suddetti diritti.

Art. 2. In caso che la Russia facesse a S. M. il Re di Svezia e di Norvegia qualche proposta o domanda, diretta ad ottenere, sia la Cessione o la permuta di qualsiasi parte de' territorii appartenenti alla Corona di Svezia e Norvegia, sia la facoltà di occupare certi punti dei medesimi territorii, sia la cessione de' diritti di pescagione, di pascolo, od altro qualsiasi sui medesimi territorii e sulle spiagge di Svezia e Norvegia, S. M. il Re di Svezia e di Norvegia si obbliga a fare incontanente consapevoli di cosi fatta proposta S. M. l’Imperatore de' Francesi e S. M. Britannica; e le dette Maestà si assumono, dal canto loro, l’impegno di somministrare a S. M. il Ré di Svezia e di Norvegia bastevoli forze, si navali e sì militari, onde cooperare, unitamente colle forze navali e militari di S. M. suddetta, allo scopo di resistere alle pretensioni od aggressioni della Russia. La natura, l’importanza e la destinazione delle forze, di che trattasi, saranno, al caso, determinata di comune consenso delle tre Potenze.

«Art. 3. II presente trattato sarà ratificalo, e le ratificazioni verranno quanto prima scambiate a Stoccolma.

«In fede di che, i rispettivi plenipotenziarii l'hanno firmato ed bannovi apposto il sigillo dei loro stemmi.

«Fatto a. Stoccolma il ventuno novembre, l'anno di nostra salute mille ottocento cinquantacinque.

23 detto. Si festeggia a Berlino con un Tedeum la presa di Kars.

2» detto. L’Imperatore dei Francesi in occasione d’incontrare sulla piazza della Bastiglia la Guardia imperiale, reduce dalla Crimea, arringa i soldati, e dopo gli encomi di circostanza, fatti a quei valorosi, conchiude: Io v'ho chiamato, quantunque la guerra noti sia giunta a termine, perché è giusto di dare il cambio alle divisioni che maggiormente soffersero. Per tal modo potrà ogni soldato toccare la sua parte di gloria; ed il paese che tiene in assetto dì guerra 600,000 combattenti, ha interesse che siavi ora in Francia, un esercito copioso ed agguerrito, pronto ad accorrere ovunque necessità lo chiami. Serbate adunque con ogni cura le abitudini di guerra; ringalgiarditevi nell’acquistata esperienza; e state pronti a rispondere, quando abbisogni, al mio appello.

10 gennaio 1856. Un consiglio di guerra si raduna a Parigi sotto la presidenza dell’Imperatore Napoleone III, ad oggetto di illuminare il governo sulle varie combinazioni ammissibili, prevedere le contingenze, regolare le esigenze.

16 detto. Il Conte Esterhazy scrive oggi da Pietroburgo, che il sig. Nesselrode gli notificò l’accettazione pura e semplice delle proposizioni contenute nell'ultimato, le quali proposizioni dovranno servire di preliminari di pace. E ciò dietro gli uffizii dell’Austria presso lo Czar.

1.° febbrajo. Avendo la Russia aderito alle cinque proposizioni dei preliminari di pace senza riserva; all’oggetto di comprovarne l’adesione, e determinare che i plenipotenziarii abbiano ad adunarsi fra tre settimane a Parigi per procedere successivamente alla sottoscrizione dei preliminari, alla conclusione dell’armistizio, od all’apertura delle negoziazioni, fu tenuta conferenza a Vienna, e furono parafatti i preliminari suddetti.

25 detto. Oggi i plenipotenziarii dell’Austria, della Francia, della Gran Brettagna, della Russia, della Sardegna e della Turchia, si riuniscono in conferenza a Parigi, nel palazzo del Ministero degli affari esteri.

La soluzione della questione d’Oriente, e degli atti diplomatici relativi, trovano compimento nel trattato di Pace, conchiuso il 30 marzo, in esito delle conferenze suddette.


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TRATTATO DI PACE

Conchiuso a Parigi il trigesimo giorno del mese di marzo dell’anno 1856, tra l’Austria, la Trancia, il Regno Unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, la Prussia, la Russia, la Sardegna e la Turchia.

IN NOME DI DIO ONNIPOTENTE

Le LL. MM. l’imperatore dei Francesi, la Regina del Regno Unito di Gran Brettagna e d’Irlanda, l’Imperatore di tutte le Russie, il Re di Sardegna, e l’Imperatore degli Ottomani, animati dal desiderio di metter fine alle calamità della guerra, e volendo evitare che si rinnovino le complicazioni che la generarono, decisero d’intendersi con S. M. l’imperatore d’Austria sulle basi da porre per il ristabilimento e la consolidazione della pace, con assicurare, per mezzo di garanzie efficaci e reciproche, l’indipendenza e la integrità dell’impero ottomano.

A tal fine le LL. MM. nominarono a loro plenipotenziari!, cioè:

S. M. l’imperatore d'Austria: il signor Carlo Ferdinando conte di Buol-Schauenstein, gran croce, ecc., e il signor Giuseppe Alessandro barone di Hübner, gran croce, ecc.

S. M. L’Imperatore dei Francesi: il signor Alessandro conte Colonna Walewski, senatore dell'Impero, Grand'Uffiziale, ecc. e il Signor Francesco Adolfo Barone di Bourqueney, gran croce, ecc.

S. M. la Regina del Reame Unito di Gran Brettagna e d’Irlanda: l’onerevolissimo Giorgio Guglielmo Federico conte di Clarendon barone Hyde di Hindon, pari del Regno Unito, consigliere di S. M. Britannica, ecc., è l’onorevolissimo Enrico Riccardo barone Cowley, pari del Regno Unito, ecc.

S. M. Imperatore di tutte Russie: il signor Alexis conte Orloff, suo aiutante di campo generale, e generale di cavalleria, ecc., e il signor Filippo barone di Brunnow, suo consigliere privato, ecc. ecc.

S. M. il Re di Sardegna: Il signor Camillo Bejhso colite di Cavour, gran croce dell’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, ecc. tee., e il signor Salvatore marchese Villamarina, gran croce, ecc.

S. M. l’Imperatore degli Ottomani, Mohammed-Guia-Aali Pacha, Gran Visir ecc. e Mohamed-Djémil-Bey, decorato dell’Ordine Imperiale di Medjidir ecc.;

I quali si sono riuniti in Congresso a Parigi.

L’accordo essendo stato felicemente stabilito fra essi LL. MM. l’Imperatore d’Austria, l’Imperatore dei Francesi, la Regina del Reame Unito della Gran Brettagna e dell’Irlanda, l’imperatore di tutte le Russie, il Re di Sardegna, e l’Imperatore degli Ottomani, considerando, che nell’interesse europeo S. M. Il Re di Prussia, firmato nella Convezione del 13 luglio 1841 doveva essere chiamato ad avere parte nei nuovi ordinamenti stabiliti, ed apprezzando il valore che aggiungerebbe a un’opera di pacificazione generale il concorso della detta Sua Maestà, l’hanno invitata a mandare Plenipotenziarii al Congresso.

In conseguenza S. M. il Re di Prussia nominò a suoi Plenipotenziarii il signor Ottone Teodoro Barone de Manteuffel Presidente del Consiglio ecc. Il signor Massimiliano Federico Carlo Francesco conte di Hatzfeld-Wildenbourg Schoenstein, Consigliere privato ecc.,.

I Plenipotenziarii, scambiati i loro pieni poteri, e trovatili regolari, convennero sui seguenti articoli:

Art. 1. Vi sarà, a datare dal giorno dello scambio delle ratifiche del presente trattato, pace ed amicizia tra S. M. l’Imperatore de' Francesi, S. M. la Regina del Regno Unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, S. M. il Re di Sardegna, S. M. I. il Sultano da una parte, e S. M. l’imperatore di tutte le Russie dall’altra, del pari che tra i loro eredi e successori, loro Stati e sudditi rispettivi, in perpetuo..

Art. 2. Essendo felicemente stabilita la pace tra le dette Maestà, I territorii conquistati o occupati dalle loro armate, durante la guerra, saranno reciprocamente sgombrati. Speciali accomodamenti regoleranno il modo dello sgombramento, che dovrà effettuarsi al più presto che sia 'possibile.

Art. 3. S. M. l’Imperatore di tutte le Russie s’impegna a restituire a S. M. il Sultano la città e la cittadella di Kars, come pure le altre parti del territorio ottomano, di cui le truppe russe si trovano in possesso. ,

Art. 4. Le LL. MM. l’imperatore dei Francesi, la Regina del Reame Unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, il Re di Sardegna e il Sultano si obbligano a restituire a S. M. l'Imperatore di tutte le Russie le città e porti di Sebastopoli: Balakava, Kamiesch, Eupatorio, Kertch, Jenikaleb, Linburn, non che tutti gli altri territorii occupati dalle truppe alleate.

Art. 5. Le LL. MM. l’imperatore dei Francesi la Regina del Reame-Unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, l'Imperatore di tutte le Russie, il Re di Sardegna e il Sultano, accordano amnistia piena ed intiera a quei loro sudditi che siano stati compromessi per una partecizione qualunque ai casi della guerra in favore del nemico.

È espressamente inteso che questa amnistia comprenderà i sudditi di ciascuna delle parti belligeranti, che abbiano continuato durante, la guerra ad essere impiegati nel servizio di alcuno degli altri belligeranti.

Art. 6. I prigionieri di guerra saranno immediatamente restituiti d’ambe le parti.

Art. 7. S. M. l'Imperatore d’Austria, S. M. l'Imperatore dei Francesi, S. M. la Regina del Regno-Unito della Gran Brettagna e dell’Irlanda, S. M. il Re di Prussia S. M. l'Imperatore di tutte le Russie, e S. M. il Re di Sardegna dichiarano, ammessa la Sublime Porta a partecipare a tutti i vantaggi del diritto pubblico e del concerto europeo. Le LL. MM. si obbligano, ciascuna per la parte sua, a rispettare l'indipendenza e la integrità territoriale dell’impero ottomano, guarentiscono in comune la stretta osservanza di questo impegno, e considereranno in conseguenza quale questione di interesse generale ogni atto di natura da recarvi pregiudizio.

Art. S. Se fra la Sublime Porta ed una o più fra le altre delle Potenze firmate sopravvenga un dissenso che minacci la durata dei loro rapporti, la Sublime Porta e ciascuna di esse Potenze, prima di usar la forza, metteranno le altre parti contraenti in grado di evitare questo estremo colla loro azione mediatrice.

Art. 9. S. M. I. il Sultano, nella sua costante sollecitudine per il bene de' suoi sudditi, avendo emanato un firmano, che, migliorando la loro condizione senza distinzioni di religione, né di razza, consacra la sue generose intenzioni verso le popolazioni cristiane del suo impero, e volendo dare una novella testimonianza de' suoi sentimenti a questo riguardo, ha risoluto di comunicare alle potenze contraenti il detto firmano, spontaneamente largito dalla sua volontà sovrana. Le potenze contraenti constatano l'alto valore di questa comunicazione. È ben inteso che non sarà dato, in nessun caso, il diritto alle Potenze d’ingerirsi, sia collettivamente, sia separatamente, nei rapporti tra S. M. il Sultano e i suoi sudditi, né tampoco nell’amministrazione interna del suo impero.

Art. 40. La convenzione del 43 luglio 1844, che mantiene l’antica regola dell'impero ottomano, relativa alla chiusura degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, è stata riveduta di comune accordo. L’atto con chiuso a tale oggetto, e conformemente a questo principio, tra le alti parti contraenti, è, e rimane annesso al presente trattato, ed avrà anche forza e valore come se né facesse parte integrante.

Art. 11. Il Mar Nero è neutralizzato, aperto alla marina mercantile di tutte le nazioni. Le sue acque e i suoi porti sono formalmente in perpetuo interdetti alle bandiere di guerra, sia delle potenze finitime, sia di tutt’altra potenza, salvo le eccezioni menzionate negli articoli 44 e 1» del presente trattato.

Art. 12. Libero di qualunque intoppo il commercio nei porti è nelle acque del Mar Nero, non sarà soggetto che a de' regolamenti di sanità, di dogana, di polizia, concepiti in un senso favorevole allo sviluppo delle transazioni commerciali. Per dare agli interessi commerciali e marittimi di tutte le nazioni tutta la desiderabile sicurtà, la Russia e la Sublime Porta ammetteranno de' consoli ne' loro porti situati sul littorale del Mar Nero, conforme ai principii del diritto internazionale.

Art. 13. Il Mar Nero essendo neutralizzato, a' termini dell’art. 44, il mantenimento o lo stabilimento sul suo littorale di arsenali militari marittimi diventa senza necessità, come senza oggetto. In conseguenza S. M. l’imperatore di tutte le Russie e S. M. Il Sultano si obbligano a non costruire né conservare, su questo littorale, alcun arsenale militare marittimo.

Art. 14. Le LL. MM. l'Imperatore di tutte le Russie ed il Sàltano, avendo conchiuso una convenzione all’oggetto di determinare la forza ed il numero dei bastimenti leggieri, necessarii al servizio delle loro coste, che si riserbano di mantenere nel Mar Nero, questa convezione viene ‘annessa al presente trattato, ed avrà anche forza e valore come se né facesse parte integrante. Essa non potrà essere né annullata né modificata, senza il consenso delle potenze segnatane del presente trattato.

Art. 15. L’atto del Congresso di Vienna avendo stabilito i principii destinati a regolare la navigazione de' fiumi che separano o attraversano più Stati, le potenze contraenti stipulano tra loro, che per lo avvenire questi principii saranno egualmente applicati al Danubio ed alle sue bocche. Esse dichiarano che questa disposizione fa d’ora in poi parte del diritto pubblico dell’Europa, e la prendono sotto la loro guarentigia. La navigazione del Danubio non potrà essere soggetta ad alcun ostacolo né tassa, che non fosse espressamente preveduta dalle stipulazioni contenute negli articoli seguenti. In conseguenza, non sarà esatto alcun pedaggio, basato unicamente sul fatto della navigazione del fiume, né alcun diritto sulle mercanzie che si trovino a bordo de' navigli. I regolamenti di polizia e di quarantena da stabilirsi per la sicurezza degli Stati separati o attraversati dal fiume, saranno concepiti in modo da favorire, per quanto sarà possibile, la circolazione de' navigli tranne questi regolamenti, non sarà frapposto alcun ostacolo, qualunque ei sia, alla libera navigazione.

Art. 16. Nello scopo di realizzare le disposizioni dell’articolo precedente, una Commissione, nella quale l’Austria, la Francia, la Gran Brettagna, la Prussia, la Russia, la Sardegna e la Turchia saranno, ciascuna, rappresentante da un delegato, sarà incaricata d'ordinare e far eseguire i lavori necessari, al di la di Isatcha, per sgomberare le bocche del Danubio, non che le parti del mare che vi si avvicinano, dalle sabbie e altri ostacoli che le ostruiscono, affine di mettere questa parte del fiume e le dette parli del mare nella miglior condizione possibile di navigabilità. Per coprire le spese di questi lavori, non che quelle degli stabilimenti che hanno per oggetto di assicurare e facilitare la navigazione alle bocche del Danubio, potranno essere prelevati diritti fissi, di una tassa conveniente, stabiliti dalla Commissione a maggioranza di voti, coll’espressa condizione che, sotto questo rapporto come su tutti gli altri, le bandiere di tutte le nazioni saranno trattate sul piede d'una perfetta uguaglianza.

Art. 17. Sarà stabilita una Commissione, e si comporrà di delegati dell’Austria, della Baviera, della Sublime Porta, e del Wurtemberg (uno per ciascuna di queste potenze), a' quali si uniranno i commissari! de' tre Principati Danubiani, la cui nomina sarà stata approvata dalla Porta? Questa Commissione, che sarà permanente, 4. elaborerà i regolamenti di navigazione e di polizia fluviale: 2. farà scomparire gli ostacoli di qualunque natura potessero essere, che si oppongono tuttavia all’applicazione al Danubio delle disposizioni del trattato di Vienna: 3. ordinerà e farà eseguire i lavori necessarii lungo tutto il corso del fiume; 4. veglierà, dopo lo sciolgimento della Commissione europea, al mantenimento della navigabilità delle bocche del Danubio e delle parli del mare che vi si avvicinano.

Art 1S. È ben inteso che la Commissione europea avrà fornito il suo compito, e che la Commissione fluviale avrà terminato i lavori destinati ne' paragrafi 4. e 2. nello spazio di due anni. Le potenze segnatarié riunite in conferenza, informate di questo fatto, pronuncieranno, dopo averne preso atto, lo scioglimento della Commissione europea, e da quel punto la Commissione finitima permanente godrà degli stessi poteri de' quali era fino allora investita la Commissione europea.

Art. 19. All’oggetto di assicurare l'esecuzione de' regolamenti che saranno stati stabiliti di comune accordo, dietro i principii sopra enunciati, ciascuna delle potenze contraenti avrà il diritto di far stazionare costantemente due bastimenti leggieri alle bocche del Danubio.

Art. 20. In cambio delle città, porti e territorii enumerati nell’art. 4 del presente trattato, e per viemeglio assicurare la libertà della navigazione del Danubio, S. M. l'Imperatore di tutte le Russie consente alla rettificazione della sua frontiera in Bessarabia. La novella frontiera partirà dal Mar Nero, ad un chilometro all’est del lago Bournasola, raggiungerà perpendicolarmente la strada di Akerman, seguirà questa strada sino al vallo di Traiano, passerà per il sud di Belgrado, risalirà lungo la riviera di Jalpuk sino all'altura di Saratsika, e andrà a terminare a Katamori sul Pruth. Risalendo da questo punto, l'antica frontiera tra i due imperi non subirà alcuna modificazione. De’ delegati delle potenze contraenti fisseranno i particolari della linea della nuova frontiera.

Art. 21. Il territorio ceduto dalla Russia sarà annesso al Principato di Moldavia, sotto la signoria (suzerainetè) della Sublime Porta. Gli abitanti di questo territorio godranno dei diritti e privilegi assicurati a' Principati, e durante io spazio di tre anni sarà loro permesso di trasportare altrove il proprio domicilio, disponendo liberamente delle loro proprietà.

Art. 22. I Principati di Valachia e di Moldavia continueranno a godere, sotto la signoria (suzerainetè) della Sublime Porta, e sotto la guarentigia delle potenze contraenti, i privilegi e le immunità di cui sono in possesso. Verun protettorato esclusivo non sarà esercitato sii d'essi da una sola delle potenze garanti. Non vi sarà alcun dritto particolare d’ingerenza nei loro affari interni.

Art. 23. La Sublime Porta s’impegna a conservare ai suddetti Principati un'amministrazione indipendente nazionale, non che la piena libertà di culto, di legislazione, di commercio e di navigazione. Le leggi e statuti oggidì in vigore saranno Tiveduti. Per istabilire un completo accordo sopra questa revisione, una Commissione speciale, intorno alla composizione della quale s’intenderanno le alte potenze contraenti si riunirà senza indugio a Bukarest con un Commissario della Sublime Porta. Questa Commissione avrà per incarico d’informarsi dello stato attuale dei Principati e di proporre le basi della loro futura organizzazione.

Art. 24. S. M. il Sultano promette di convocare immediatamente un Divano ad hoc in ognuna delle due provincia, composto in modo da formare la rappresentanza più esatta degl’interessi di tutte le classi della società. Questi Divani saranno chiamati ad esprimere i voti delle popolazioni relativamente alla definitiva organizzazione de' Principati. Una istruzione del Congresso regolerà i rapporti della Commissione con questi Divani.

Art. 25. Pigliando in considerazione l’opinione espressa da' due Divani, la Commissione trasmetterà senza indugio alla sede attuale delle conferenze i risultamenti del proprio lavoro. L’accordo finale colla potenza signoriale sarà consacrato da una convenzione conchiusa a Parigi tra le alte Parti contraenti, e un Hatticheriff conforme alle stipulazioni della convenzione costituirà definitivamente l’organizzazione di queste provincie, poste da qui innanzi sotto la garanzia collettiva di tutte le potenze segnatarie.

Art. 26. Rimane convenuto che vi sarà ne’ Principati una forza armata nazionale, ordinata allo scopo di mantenere la sicurezza interna e di assicurare quella della frontiera. Non si potrà opporre alcun ostacolo a' provvedimenti straordinari di difesa che, di accordo colla Sublime Porta, i Principati fossero costretti a prendere per respingere qualsivoglia aggressione straniera.

Art. 27. Se la quiete interna dei Principati si trovasse minacciata o compromessa, la Sublime Porta s'intenderà colle altre potenze contraenti sulle misure da prendersi per mantenere o ripristinare l'ordine legale; e un intervento armato non potrà aver luogo se non previo accordo tra coteste potenze.

Art. 2S. II. principato di Servia continuerà a rimanere nella dipendenza della Sublime Porta, conformemente agli hals imperiali, che fissano e determinano i suoi diritti e immunità, posti quindi innanzi sotto la guarentigia collettiva delle potenze contraenti. Per conseguenza il detto Principato conserverà la propria amministrazione indipendente e nazionale, come benanco piena libertà di culto, di legislazione, di commercio e di navigazione.

Art. 29. Il diritto di guarnigione della Sublime Porta, come trovasi stipulato da' regolamenti interni, è mantenuto: verun intervento armato potrà aver luogo in Servia, senza previo accordo tra le alte potenze contraenti.

Art. 30. S. M. l’imperatore di tutte le Russie e S. M. il Sultano mantengono nella sua integrità lo stato dei loro possessi in Asia, come esisteva legalmente avanti la rottura. Per antivenire qualsivoglia contestazione locale, la linea della frontiera verrà rettificata, se farà mestieri, senza che né possa risultare un danno territoriale per l'una o l’altra delle due parti. A quest’effetto una Commissione mista, composta di due commissari! russi, di due commissari! ottomani, di un commissario francese, di un commissario inglese, sarà mandata sui luoghi, immediatamente dopo il ripristinamento delle relazioni diplomatiche tra la corte di Russia e la Sublime Porta. Il suo lavoro dovrà essere terminato infra otto mesi, a datare dallo scambio delle ratifiche del presente trattato.

Art. 31. I territori occupati: durante la guerra dalle truppe delle LL. MM. l’Imperatore d’Austria, l’Imperatore de' Francesi, la Regina del Regno Unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, e del Re di Sardegna, a' termini delle convenzioni sottoscritte a Costantinopoli, il 12 marzo 1834 tra la Francia la Gran Brettagna e la Sublime Porta, il 14 giugno dello stesso anno tra l’Austria e la Sublime Porta, e il 15 marzo 1855 tra la Sardegna e la Sublime Porta, saranno sgombrati dopo lo scambio delle ratifiche del presente trattato, tosto che sarà fattibile. I tempi ed i mezzi di esecuzione formeranno l'oggetto di accomodamento tra la Sublime Porta e le potenze, le cui truppe hanno occupato il suo territorio.

Art. 32. Fintantoché i trattati o le convenzioni esistenti prima della guerra tra le potenze belligeranti, sieno stati o rinnovati o surrogati da atti nuovi, il commercio d’importazione e di esportazione avrà luogo reciprocamente a norma dei regolamenti vigenti prima della guerra; e i loro sudditi in qualsiasi altra materia saranno respetlivainente trattati come la nazione più favorita,

Art 33. La convenzione conclusa in questo giorno tra le LL. MM. l’imperatore dei Francesi e la Regina del Regno Unito della Gran Brettagna e della Irlanda da una parte, e S. M. l’imperatore di tutte le Russie dall’altra, relativamente alle isole d’Aland, è, e rimane annessa al presente trattato, ed avrà la stessa forza e valore come se né facesse parte.

Art. 34. Il presente trattato sarà ratificato, e le ratifiche saranno scambiate a Parigi nello spazio di quattro settimane, o prima, se è possibile.

In fede di che i plenipotenziarii rispettivi l’hanno sottoscritto, e vi hanno apposto, il suggello delle loro armi.

Fatto a Parigi, il 30 marzo 1856.

(L. S.) BUOL SCHAUENSTEIN.

«HÙBNER.

«A. WALEWSKI.

«BOURQUENEY.

«CLARENDON.

«COWLEY.

«MANTEUFFEL.

«HATZFELDT.

«ORLOFF.

«BRUNNOW.

«C. CAVOUR.

«DE VILLAMARINA.

«AALI.

«MEHEMMED DJÉMIL.

Articolo addizionale transitorio.

Le stipulazioni della convenzione degli Stretti firmata in questo giorno, non si applicheranno ai navigli di guerra impiegati dalle potenze belligeranti per Io sgombro, per via di mare, dei territorii occupati dai loro eserciti; ma esse stipulazioni riprenderanno tutta la loro efficacia, appena compiuto lo sgombro.

Fatto a Parigi il 30 marzo 1850.

(L. S.) BUOL SCHAUENSTEIN.

«HÙBNER.

«A. WALEWSKI.

«BOURQUENEY.

«CLARENDON.

«COWLEY.

«MANTEUFFEL.

«HATZFELDT.

«ORLOFF.

«BRUNNOW.

«C. CAVOUR.

«DE VILLAMARINA.

«AALI.

«MEHEMMED DJÉMIL.


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ALLEGATO I.

IN NOME DI DIO ONNIPOTENTE

Le loro Maestà l’Imperatori d’Austria, l’imperatore de' Francesi, la Regina del Regno Unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, il Re di Prussia, l’imperatore di tutte le Russie, sottoscrìventi la Convenzione del tredici Luglio mille ottocento quarantauno, e Sua Maestà il Re di Sardegna, volendo constatare in comune la loro unanime determinazione di conformarsi all’antica regola dell’impero Ottomano, dietro la quale gli Stretti dei Dardanelli e del Bosforo sono chiusi ai bastimenti da guerra stranieri, finattantoché la Porta si trova in pace;

Le dette Maestà da una parte e Sua Maestà il Sultano dall’altra, hanno risolto di rinnovare la Convenzione conchiusa in Londra il tredici Luglio mille ottocento quarantauno, tranne alcune modificazioni di dettaglio, che non arrecano nocumento alcuno al principio sopra il quale esso riposa;

In conseguenza, le dette Maestà Loro hanno nominalo a questo effetto per loro Plenipotenziarii, vale a dire:

Sua Maestà I Imperatore d’Austria, il sig. Carlo Ferdinando Conte de Buol Schauenstein, Gran Croce dell’Ordine Imperiale di Leopoldo d’Austria, Cavaliere dell’Ordine della Corona di Ferro di prima classe, Gran Croce dell’Ordine Imperiale della Legion d'Onore, Cavaliere degli Ordini dell’Aquila nera e dell’Aquila rossa di Prussia, Gran Croce degli Ordini Imperiali d’Alessandro Newsky (in brillanti) e dell’Aquila bianca di Russia, Gran Croce dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, decorato dell’Ordine Imperale del Médjidié di prima classe ecc. ecc. Suo Ciambellano e Consigliere intimo attuale, Suo Ministro della casa e degli affari esteri, Presidente della Conferenza dei Ministri,

E il Sig. Giuseppe Alessandro barone di Hübner, Gran Croce dell’Ordine Imperiale della Corona di Ferro, Grand'Officiale dell’Ordine Imperiale della Legion d’Onore, suo Consigliere intimo attuale e suo Inviato Straordinario e Ministro plenipotenziario alla Corte di Francia;

Sua Maestà l’Imperatore de' Francesi, il Sig. Alessandro Conte Colonna Walewski, Senatore dell’impero, Grand’Officiale dell’Ordine. Imperiale della Legion d’Onore, Cavaliere Gran Croce dell’Ordine equestre dei Serafini, Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, decorato dell’Ordine Imperiale del Médjidié di prima Classe ecc. ecc. suo Ministro e Secretario di Stato al dipartimento degli affari esteri,

Ed il Sig. Francesco Adolfo Barone de Bourqueney Gran Croce dell’Ordine Imperiale della Legion d’Onore e dell’Ordine di Leopoldo d’Austria, decorato dell’effigie del Sultano in diamanti ecc. ecc., suo Inviato Straordinario e Ministro plenipotenziario presso Sua Maestà Imperiale Reale Apostolica;

Sua Maestà la Regina del Regno Unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, l’onorevolissimo Giorgio Guglielmo Federico Conte di Clarendon, Barone Hyde de Hindon, Pari del Regno Unito, Consigliere di Sua Maestà Britannica nel suo Consiglio privato, Cavaliere del nobilissimo Ordine della Giarrettiera, Cavaliere Gran Croce dell’onorevolissimo Ordine del Bagno, principal Secretario di Stato di Sua Maestà per gli affari esteri,

E l’onorevolissimo Enrico Ricardo-Carlo Barone Cowley, Pari del Regno Unito, Consigliere di Sua Maestà nel suo Consiglio privato Cavaliere Gran Croce dell’onorevolissimo Ordine del Bagno, Ambasciatore straordinario e plenipotenziario di Sua Maestà presso Sua Maestà l’imperatore dei Francesi;

Sua Maestà il Re di Prussia, il Signor Ottone Teodoro Barone di Manteuffel, Presidente del suo Consiglio e suo Ministro degli affari esteri, Cavaliere dell’Ordine dell’Aquila rossa di Prussia, prima Classe, con foglie di quercia, corona e scettro, Gran Commendatore dell’Ordine di Hohenzollern, Cavaliere dell’Ordine di San Giovanni di Prussia, Gran Croce dell’Ordine di Santo Stefano di Ungheria, Cavaliere dell’Ordine di Sant’Alessandro Newsky, Gran-Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e dell’Ordine del Nichan Iftichar di Turchia ecc. ecc. ecc.

E il Sig. Massimiliano, Federico, Carlo, Francesco, conte di Hatzfeld-Wildenburg Schoenstein, suo Consigliere privato Attuale e suo Inviato straordinario e Ministro Plenipotenziario alla Corte di Francia, Cavaliere dell’Ordine dell’Aquila rossa di Prussia seconda Classe, con foglie di quercia e piastra, Cavaliere della Croce d’Onore de Hohenzollern prima Classe ecc. ecc. ecc.

Sua Maestà il Re di Sardegna, il signor Camillo Benso, Conte di Cavour, Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, Cava liere dell’Ordine del Merito Civile di Savoja, Gran Croce dell’Ordine Imperiale della Legion d’Onore, decorato dell’Ordine Imperiale del Médjidié di prima classe, Gran Croce di parecchi altri Ordini stranieri, Presidente del Consiglio dei Ministri e Suo Ministro Secretario di Stato per le Finanze,

E il Sig. Salvatore, Marchese di Villamarina, Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro Grand’Officiale dell’Ordine Imperiale della Legion d’Onore ecc. ecc. ecc. Suo Inviato straordinario e Ministro Plenipotenziario alla Corte di Francia;

Sua Maestà l’imperatore di tutte le Russie, il Signor Alessio Conte Orloff, suo Ajutante di Campo generale, Generale di Cavalleria, Comandante del Quartiere generale di Sua Maestà, Membro del Consiglio dell’’Impero e del Comitato dei Ministri, decorato dell’effigie in diamanti delle loro Maestà, il defunto Imperatore Nicolò e l’Imperatore Alessandro II, Cavaliere dell’Ordine di Sant’Andrea in diamanti e degli Ordini di Russia, Gran Croce dell’Ordine di Santo Stefano d’Austria di prima Classe, dell’Aquila nera di Prussia, in diamanti, de 1l'Annunziata di Sardegna e di parecchi altri Ordini stranieri.

E il Sig. Filippo Barone di Brunnow suo Consigliere privato, suo Inviato Straordinario e Ministro plenipotenziario presso la Confederazione Germanica e presso S. A. R. il Granduca de Hesse, Cavaliere dell’Ordine di San Wladimiro di prima Classe, di Sant’Alessandro Newsky, arricchito di diamanti, dell’Aquila bianca, di Sant’Anna di prima Classe, di Santo Stanislao di prima Classe, Gran Croce dell’Ordine dell’Aquila rossa di Prussia di prima Classe, Commendatore dell'Ordine di Santo Stefano d'Austria e di parecchi altri Ordini stranieri;

E sua Maestà Imperiale il Sultano, Mouhammed-Emin-Aali-Pacha, Gran Visir dell’Impero Ottomano decorato degli Ordini Imperiali del Médjidié e del Merito di prima Classe, Gran Croce dell’Ordine Impe-. riale della Legion d’Onore, di Santo Stefano d’Austria, dell’Aquila rossa di Prussia, di Sant’Anna di Russia, dei Santi Maurizio e Lazzaro di Sardegna, della Stella polare di Svezia, e dì parecchi altri Ordini stranieri.

E Mehemmed-Djémil-Bey, decorato dell’ordine Imperiale del Médjidié di seconda Classe, e Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, suo Ambasciatore straordinario e plenipotenziario presso Sua Maestà l’Imperatore dei Francesi, accreditato nella medesima qualità presso Sua Maestà il Re di Sardegna; quali dopo avere scambiato i loro pieni poteri, trovati in buona e debita forma, sono convenuti degli Articoli seguenti:

Art. I.

Sua Maestà il Sultano da una parte, dichiara ch’egli ha la ferma risoluzione di mantenere in futuro il principio invariabilmente stabilito, come antica regola del suo Impero, e in virtù del quale è stato in ogni tempo vietato ai bastimenti da guerra delle Potenze straniere di entrare negli Stretti dei Dardanelli e del Bosforo; e che fino a tanto che la Porta si trova in pace, Sua Maestà non ammetterà alcun bastimento da guerra straniero nei detti Stretti.

E le Loro Maestà l’imperatore d’Austria, l’imperatore dei Francesi, la Regina del Regno Unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, e il Re di Prussia, l’imperatore di tutte le Russie, e il Re di Sardegna, dall’altra parte, si obbligano di rispettare questa determinazione del Sultano e di conformarsi al principio qui sopra enunciato.

Art. II.

Sultano si riserva, come per lo passato, di rilasciare dei Birmani di passaggio ai bastimenti leggieri sotto stendardo di guerra, i quali saranno impiegati com’è d’uso, al servigio delle Legazioni delle Potenze Amiche.

Art. III.

La medesima eccezione viene applicata ai bastimenti leggieri sotto stendardo di guerra, che ciascuna delle Potenze contraenti è autorizzata a far stazionare alle imboccature del Danubio, per assicurare l’esecuzione dei regolamenti relativi alla libertà del fiume, ed il cui numero x non dovrà eccedere di due per ogni Potenza.

Art. IV.

La presente Convenzione annessa al Trattato generale firmato a Parigi, in questo giorno, sarà ratificata e le ratifiche né saranno scambiate entro lo spazio di quattro settimane o più presto, se è possibile.

In fede di che i Plenipotenziarii rispettivi l’hanno firmata, e vi hanno apposto il suggello delle loro armi. Fatto a Parigi, il trentesimo giorno del mese di Marzo dell’anno mille ottocento cinquanta sei.

(L. S.) BUOL SCHAUENSTEIN.

«HÙBNER.

«A. WALEWSKI.

«BOURQUENEY.

«CLARENDON.

«COWLEY.

«MANTEUFFEL.

«HATZFELDT.

«ORLOFF.

«BRUNNOW.

«C. CAVOUR.

«DE VILLAMARINA.

«AALI.

«MEHEMMED DJÉMIL.

ALLEGATO II

IN NOME DI DIO ONNIPOTENTE

Stia Maestà l’imperatore di tutte le Russie, e Sua Maestà Imperiale il Sultano, prendendo in considerazione il principio di neutralità del Mar Nero, stabilito coi preliminari registrali al protocollo N.° I, firmato a Parigi il 25 febbrajo del presente anno; e volendo in conseguenza regolare di comune accordo il numero, e la forza dei bastimenti leggieri che Elleno si sono riservate ili mantenere nel Mar Nero per il servigio delle loro coste, hanno risoluto di firmare a questo scopo una Convenzione speciale ed hanno nominato a questo effetto:

Sua Maestà l’Imperatore di tutte le Russie, il sig. Alessio Conte Orloff, suo abitante di Campo generale, e Generale di Cavalleria, Comandante il Quartier generale di Sua Maestà, Membro del Consiglio dell’Impero e del Comitato dei Ministri, decorato della effigie in diamanti delle Loro Maestà, il fu Imperatore Nicolò e l’Imperatore Alessandro II, Cavaliere dell’Ordine di Santo Andrea in diamanti e degli Ordini di Russia, Gran Croce dell’Ordine di Santo Stefano d’Austria di prima Classe, dell’Aquila nera di Prussia in diamanti, dell’Annunziata di Sardegna e di parecchi altri Ordini stranieri,

E il sig. Filippo Barone di Brunnow, suo Consigliere privato, Suo Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario presso la Confederazione Germanica e presso S. A. R. il Gran Duca di Hesse, Cavaliere dell’Ordine di San Wladimiro di prima Classe, di Santo Alessandro Newsky, fregiato in diamanti, dell'Aquila bianca, di Sant’Anna di prima Classe, di Santo Stanislao di prima Classe, Gran Croce dell’Aquila rossa di Prussia di prima Classe, Commendatore dell’Ordine di Santo Stefano d’Austria e di parecchi altri Ordini stranieri;

E Sua Maestà Imperiale il Sultano, Mouhammed-Emin-Aali Pacha, Gran Visir dell'Impero Ottomano, decorato degli Ordini Imperiali del Médjidié e del Merito di prima Classe, Gran Croce dell’Ordine Imperiale della Legion d’Onore, di Santo Stefano d’Austria, dell’Aquila rossa di Prussia, di Sant’Anna di Russia, dei Santi Maurizio e Lazzaro di Sardegna, della Stella polare di Svezia e di parecchi altri Ordini stranieri.

E Mehemmed-Djémil-Bey decorato dell’Ordine Imperiale del Médjidié di seconda Classe e Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, Suo Ambasciatore straordinario e plenipotenziario presso Sua Maestà l’Imperatore dei Francesi, accreditato nella medesima qualità presso Sua Maestà il Re di Sardegna.

I quali, dopo avere scambiato i loro pieni poteri in buona e debita forma, sono convenuti negli Articoli seguenti:

Art. I.

Le Alte Parti contraenti si obbligano vicendevolmente a non avere nel Mar Nero altri bastimenti da guerra tranne quelli il cui numero, la forza e le dimensioni sono stipulate qui appresso.

Art. II.

Le Alte Parti contraenti si riservano di mantenere ciascheduna in questo mare sei bastimenti a vapore di cinquanta metri di lunghezza, a fior d’acqua, del peso di ottocento tonnellate al maximum, e quattro bastimenti leggeri a vapore o a vela d’una forza che non sorpasserà duecento tonnellate per ciascheduno.

Art. III.

La presente Convenzione annessa al Trattato generale, firmato a Parigi in questo giorno, sarà ratificata e le ratifiche né verranno scambiate entro lo spazio di quattro settimane o più presto se è possibile.

In fede di che i Plenipotenziarii rispettivi l’hanno firmata e vi hanno apposto il sigillo delle loro armi.

Fatto a Parigi il trentesimo giorno del mese di marzo dell’anno mille ottocento cinquanta sei.

(L. S.) ORLOFF.

«BRUNNOW.

«AALI.

«MEHEMMED DJÉMIL.

ALLEGATO III

IN NOME DI DIO ONNIPOTENTE

Sua Maestà l’Imperatore dei Francesi, Sua Maestà la Regina del Regno Unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, e Sua Maestà l'Imperatore di tutte le Russie, volendo estendere fino al Mar Baltico l’accordo sì felicemente stabilito fra di loro in Oriente, e consolidare in tal guisa i benefizj della pace generale, hanno determinato di conchiudere una Convenzione e nominato a tale effetto:

Sua Maestà l’imperatore dei Francesi, il sig. Alessandro Conte 'Walewki, Senatore dell’Impero, Grande Officiale dell’Ordine Imperiale della Legion d’Onore, Cavaliere Gran Croce dell’Ordine equestre dei Serafini, Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, decorato dell’Ordine Imperiale del Médjidié di prima classe ecc. ecc. ecc. Suo Ministro e Secretario di Stato al dipartimento degli affari esteri,

E il signor Francesco Adolfo Barone di Bourqueney, Gran Croce dell Ordine Imperiale della Legion d’Onore e dell’Ordine di Leopoldo d’Austria, decorato dell’effigie del Sultano in diamanti ecc. ecc. ecc. Suo Inviato straordinario e Ministro plenipotenziario presso Sua Maestà Imperiale Reale Apostolica;

Sua Maestà la Regina del Regno Unito della Gran Brettagna e d'Irlanda, l’onorevolissimo Giorgio Guglielmo Federico Conte di Clarendon, Barone Hyde de Hindon, Pari del Regno Unito, Consigliere di Sua Maestà Britannica nel suo Consiglio privato, Cavaliere del nobilissimo Ordine della Giarrettiera, Cavaliere Gran Croce dell’onorevolissimo Ordine del Bagno Principale, Secretario di Stato di S. M. per gli affari esteri,

E l’onorevolissimo Enrico-Riccardo-Carlo Barone Cowley, Pari del Regno Unito, Consigliere di Sua Maestà nel suo Consiglio privato, Cavaliere Gran Croce dell’onorevolissimo Ordine del Bagno, Ambasciatore straordinario e plenipotenziario di Sua Maestà presso Sua Maestà l’imperatore dei Francesi;

E Sua Maestà l’Imperatore di tutte le Russie, il signor Alessio Conte d’Orloff, suo Ajutante di Campo generale e Generale di Cavalleria, Comandante il quartier generale di Sua Maestà, Membro del Consiglio dell’impero e del Comitato dei Ministri, decorato della effigie in diamanti delle Loro Maestà, il fu Imperatore Nicolò e l’imperatore Alessandro II, Cavaliere dell’ordine di Sant’Andrea in diamanti, e degli Ordini di Russia, Gran Croce dell’Ordine di Santo Stefano d’Austria di prima classe dell’Aquila nera di Prussia in diamanti, dell’Annunziata di Sardegna e di parecchi altri Ordini stranieri,

E il sig. Filippo Barone di Brunnow, suo Consigliere privato, suo Inviato straordinario e Ministro plenipotenziario presso la Confederazione Germanica e presso S. A. R. il Gran Duca di Hesse, Cavaliere dell’Ordine di San Wladimiro di prima classe, di Sant’Alessandro Newsky fregiato in diamanti, dell’Aquila bianca, di Sant’Anna di prima classe, di Santo Stanislao di prima classe, Gran Croce dell’Ordine dell’Aquila rossa di Prussia di prima classe, Commendatore dell’Ordine di Santo Stefano d’Austria e di parecchi altri Ordini stranieri;

I quali, dopo avere scambiato i loro pieni poteri, trovati in buona e debita forma sono convenuti negli Articoli seguenti:

Art. I.

Sua Maestà l’imperatore di tutte le Russie, per corrispondere al desiderio che Le è stato espresso dalle Loro Maestà l’imperatore dei Francesi e la Regina del Regno Unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, dichiara che le Isole d’Aland non saranno fortificate e che non vi sarà mantenuto, né creato alcuno stabilimento militare o navale.

Art. II.

La presente Convenzione annessa al Trattato generale, firmato a Parigi in questo giorno, sarà ratificata e le ratifiche né saranno scambiate entro lo spazio di quattro settimane, o più presto, se è possibile.

In fede di che i Plenipotenziarii rispettivi l’hanno firmato e vi hanno apposto il sigillo delle loro armi.

Fatto a Parigi, il trentesimo giorno del mese di marzo dell'anno mille ottocento cinquanta sei.

(L. S.) A. WALEWSKI.

«BOURQUENEY.

«CLARENDON.

«COWLEY.

«ORLOFF.

«BRUNNOW.


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PROTOCOLLO N.° I

Presenti:

Per l'Austria:

Il Conte de Buol, Schauenstein, ed

Il Barone de Hübner;

per la Francia:

Il Conte Colonna Walewski, ed

Il Barone di Bourqueney;

per la Gran Brettagna:

Il Conte di Clarendon, e

Lobo Cowley;

par la Russia:

Il Conte Orloff, ed

Il Barone di Brunnow;

per la Sardegna:

Il Conte di Cavour, ed

Il Marchese di Villamarina;

per la Turchia:

Aali Pacha, e

Mehemed-Djemil-Bey.

I signori plenipotenziarii dell’Austria, Francia, Gran Brettagna, Russia, Sardegna e Turchia si sono riuniti quest’oggi in conferenza al palazzo del Ministero degli affari esteri.

Il conte Buol prende la parola e propone di confidare la presidenza dei lavori della conferenza al conte Walewski. «Non è questo, dice egli, solamente un uso consacrato dai Congressi precedenti e di recente osservato a Vienna; ma è in pari tempo un omaggio, al Sovrano, della cui ospitalità godono al presente i rappresentanti d’Europa.«IL conte Buol ritiene che questa scelta, la quale sotto tutti i rapporti è un’arra di eccellente direzione pei lavori delle conferenze, sarà approvata unanimemente.

I plenipotenziarii aderiscono ad unanimità alla proposta, ed il conte Walewski, avendo presa la presidenza, né ringrazia i plenipotenziarii In questi termini:

«Signori vi rendo grazie dell’onore, che mi fate, scegliendomi per vostro organo; e sebbene mi reputi non degno di questo onore, io non debbo né posso esitare ad accettarlo, perché reggo in esso una«nuova testimonianza dei sentimenti, si dei nostri alleati che dei no«stri avversarli, nel domandare che Parigi sia la sede dei negoziati,«che già si aprono.

«L’accordo unanime, che si è manifestato su questo punto e di«buon augurio pel risultato finale dei nostri conati.

«Per quanto è in me, io mi sforzerò di corrispondere alla vostra confidenza, adempiendo coscienziosamente ai doveri, che mi avete attribuiti; le mie care mireranno a toglier di mezzo le inutili lungaggini; ma inteso specialmente a conseguire prontamente lo scopo, non dimenticherò che la soverchia precipitanza potrebbe allontanarmene.

«Del resto, o signori, animati come siamo d’un medesimo spirito di conciliazione, disposti a dar prova d'umana benevolenza, coll’evitare le discussioni irritanti, noi sapremo compire scrupolosamente e con tutta la necessaria maturità la grande missione, che è confidata, senza perdere di vista la giusta impazienza dell’Europa, i cui occhi sono rivolti su noi, aspettando con ansietà il risultamento delle nostre deliberazioni.»

Sulla proposizione del conte Walewski la Conferenza decise di confidare la redazione dei protocolli al signor, benedetti, direttore degli affari politici al Ministero degli affari esteri, il quale viene introdotto nella sala.

I plenipotenziarii procedono, alla verifica dei loro poteri rispettivi, i quali essendo stati trovati in regola, vengono, annessi agli atti della Conferenza.

Il conte Walewski propone, e i signori plenipotenziarii convengono d'obbligarsi vicendevolmente a osservare un secreto assoluto su tutto dò che succederà nella Conferenza,

Siccome la Sardegna non sottoscrisse it protocollo deliberato a Vienna nel d.° febbraio ultimo, perciò i plenipotenziarii sardi dichiarano d’aderire pienamente al detto protocollo e al documento che vi è annesso.

Il conte Walewski, dopo aver esposto l’ordine dei lavori, di cui la Conferenza deve occuparsi, opina doversi dichiarare che il protocollo segnato a Vienna il febbraio terrà luogo di preliminari di pace.

I plenipotenziarii, dopo avere scambiate le loro idee su questo punto, Considerando che il protocollò, segnato a Vienna nel detto giorno dai rappresentanti d’Austria, Francia, Gran Brettagna, Russia e Turchia, constata l’adesione delle loro Corti alle basi de' negoziali contenuti nel documento annesso al detto protocollo, e che queste disposizioni compiono l’oggetto, che sarebbe conseguito da un atto, destinato a fissare i preliminari di pace, convengono che questo medesimo protocollo col suo annesso, di cui una copia sasrà segnata da essi ed unita al prefato protocollo, avranno la forza di preliminari formali di pace.

Essendo i plenipotenziarii rimasti d’accordo sui preliminari di pace, il conte Walewski propone di passare alla conclusione d’un armistizio. I plenipotenziarii avendone discusso i termini e la natura, e considerando essere il-caso di procedere, durante la presuntiva durata de' negoziati, a una sospensione d’ostilità fra gli eserciti che si trovano di fronte, deliberano che verrà conchiuso, fra' comandanti in capo, un armistizio, il quale cesserà, di pieno diritto, nel 31 marzo prossimo inclusivamente, ove prima di quest’epoca non sia di comune accordo rinnovato.

Durante la sospensione delle ostilità, le truppe conserveranno le rispettive posizioni che occupano, astenendosi da qualsivoglia atto aggressivo.

In conseguenza, la presente risoluzione sarà trasmessa, sena ritardo, e per telegrafo, ai comandanti in capo, perché vi si conformino subito che riceveranno gli ordini dei loro Governi.

I plenipotenziarii decidono, inoltre, che l’armistizio non riguarda i blocchi stabiliti o da stabilire; ma i comandanti delle forze navali riceveranno l'ordine d’astenersi, durante il tempo dell’armistizio, da qualunque atto d’ostilità contro i territorii dei belligeranti.

Ciò deliberato, i plenipotenziarii, convengono di riunirsi dopo dimani 27 febbraio, per passare ai negoziati del trattalo definitivo.

Fatto a Parigi, nel venticinque febbraio mille ottocento cinquantasei.

Segnato BUOL SCHAUENSTEIN.

» HÜBNER.

» A. WALEWSKI.

» BOURQUENEY.

» CLARENDON.

» COWLEY.

» ORLOFF.

» BRUNNOW.

» C. CAVOUR.

» DE VILAMARINA.

» AALI.

» MEHEMMED DJÈMIL.

Per copia conforme all'originale.


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ANNESSO AL PROTOCOLLO N.° I

Presenti

I rappresentanti dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Russia

» della Turchia

Per effetto dell’accettazione fatta dalle loro Corti rispettive delle cinque proposizioni contenute nel documento qui annesso, sotto,il titolo di progetto dei preliminari, i sottoscritti, dopo averlo segnato, a norma dell’autorizzazione, che hanno ricevuto a questo riguardo, ben convenuto che i loro Governi nomineranno dei plenipotenziarii muniti dei pieni poteri necessarii per procedere alla sottoscrizione de' formali preliminari di pace, conchiudere un armistizio ed un trattato definitivo di pace. I suddetti plenipotenziarii si riuniranno a Parigi nel termine di tre settimane a partire da questo giorno od al più presto possibile.

Fatto a Vienna il primo febbraio mille ottocento cinquanta sei, in cinque copie.

Hanno firmato: Bourqueney.

Buol Schauenstein.

G. H. Seymour.

Gortschakoff.

Hizam.

Paraf. B.

H.

W.

B.

C.

O.

B.

V. A.

M. D.

Per copia conforme all’originale.


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Annesso al Protocollo N.° 1

Principati Danubiani.

Piena abolizione del protettorato russo.

La Russia non eserciterà alcun diritto particolare o esclusivo di protezione od ingerenza negli affari dei Principati danubiani.

Principati conserveranno i loro privilegi ed immunità sotto la sovranità della Porta, ed il Sultano, di conserva colle Potenze contraenti, accorderà, inoltre ai detti Principati o vi conformerà un ordinamento i interno conforme ai bisogni ed ai voti delle popolazioni.

I Principati, d’accordo colla Potenza Sovrana, adotteranno un sistema difensivo permanente reclamato dalla loro situazione geografica; nessun ostacolo sarà portato alle misure straordinarie di difesa che essi saranno chiamati a prendere per respingere ogni aggressione straniera.

In iscambio delle piazze forti e dei territorii occupati dalle armi alleate, la Russia consente ad una rettifica,della sua frontiera colla Turchia europea. Questa frontiera, reificata in modo conforme agl’interessi generali, partirebbe dai dintorni di Seiotyn, seguirebbe te. linea delle montagne che si estendono nella direzione Sud-Est e finirebbe al lago Salsyk. La linea sarebbe definitivamente regolata dal trattato di pace, ed il territorio concesso ritornerebbe ai Principiati ed alla sovranità della Porta.

Danubio

La libertà del Danubio e delle sue foci sarà efficacemente assicurata da istituzioni europee, nelle quali le Potenze contraenti saranno egualmente rappresentate, salvo le posizioni particolari dei rivieraschi, che saranno regolate sui principii stabiliti dall’Atto del Congresso di Vienna in materia di navigazione fluviale.

Ciascuna delle Potenze contraenti avrà il diritto di tenere in stazione, alla foce del fiume, unn o due bastimenti di guerra leggieri, destinati ad assicurare l’esecuzione dei regolamenti relativi alla libertà del Danubio.

Mar Nero

mar Nero sarà neutralizzato.

Le sue acque, aperte, alla marina mercantile di tutte le nazioni, saranno interdette alle marine militari.

Per conseguenza non vi saranno creati né conservati arsenali militari marittimi.

La protezione degl’interessi commerciali e marittimi di tutte le nazioni sarà assicurata nei porti rispettivi del mar Nero dallo stabilimento d’istituzioni conformi al diritto internazionale e agli usi riconosciuti sul proposito.

Le due Potenze rivierasche si obbligheranno scambievolmente a non tenervi che il numero di bastimenti leggieri, d’una forza determinata, necessari! ai servigio delle loro coste. La convenzione che avrà luogo fra di esse in proposito, dopo d’essere stata preventivamente riconosciuta dalle Potenze segnatario del trattato generale, sarà annessa di detto trattato, e avrà la stessa forza e valore come se né fosse parte integrante. Questa convenzione separata non potrà essere né annullate né modificata senza il consenso delle Potenze degnatane del trattato generale.

La chiusura degli Stretti ammetterà l’esenzione applicabile a' legni stazionari!, menzionata nell’articolo precedente.

Popolazioni cristiane soggette alla Parta

Le immunità de' sudditi raià della Porta saranno confermate nonna lesione dell’indipendenza e della dignità della Corona del Sultano.

Avendo luogo fra l’Austria, la Francia, la Gran Brettagna e la Sublime Porta deliberazioni ad oggetto di assicurare a' sudditi cristiani del Sultano i loro diritti religiosi e politici, la Russia sarà invitata, dopo la pace, ad associarvisi.

Condizioni particolari

Le Potenze belligeranti si riservano il diritto che loro appartiene di proporre, nell'interesse europeo, delle condizioni particolari oltre alle quattro garantie.

Paraf. a Vienna: B. - B. G. H.

Paraf. a Parigi: B. H.

W. B.

C. C.

O. B.

C. V.

A. M. D.

Per copia conferme all’originale.


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PROTOCOLLO N.° II

SEDUTA DEL 28 FEBBRAIO 1856

Presenti

ì plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il primo plenipotenziario della Russia annunzia che avendo comunicato al sua Governo la risoluzione adottata dal Congresso riguardo all’armistizio ne aveva avuto avviso essere stati spediti ordini immediatamente ai comandanti in capo delle armate russe in Crimea ed in Asia.

I plenipotenziarii della Francia, Sardegna e Turchia fanno comunicazioni analoghe,

Il conte Clarendon annunzia a sua volta, che anche ai comandanti delle forze navali degli alleati nel mar Nero e nel mar Baltico fu dato ordine di astenersi da qualunque atto d’ostilità contro i territorii russi.

Il sig. conte Walewski espone farsi luogo a trattare di alcune quistioni pregiudiziali onde determinare la via alla discussione generale.

Il sig. conte Buol pensa che sarebbe conveniente, prima di procedere allo svoglimento di ciascun punto parziale, di rivedere rapidamente le basi generali.

Il sig. conte Clarendon appoggia questo parere, e dichiara che l’ordine da tenersi nell’esame definitivo dovrebbe essere determinato dalla importanza della materia.

I plenipotenziarii di Russia, Sardegna e Turchia, aderiscono a questa proposta.

La questione — se si redigerà un solo o parecchi istrumenti — viene aggiornata all'unanimità; ma tutti i plenipotenziarii ammettono farsi luogo alla chiusura dei negoziati con trattato, generale, eui saranno poi annessi gli altri atti.

Il conte Walewski, conseguentemente, dà lettura, per paragrafi, della proposte di pace accettate dalle Potenze contraenti come basi dei negoziati, e che si leggono nel documento unito al protocollo firmatosi a Vienna il febbraio scorso.

Sul paragrafo 1.° del primo punto, il signor barone di Brunnow fa osservare che la parola protettorato esprime impropriamente la parte devoluta alla Russia nei Principati: i plenipotenziarii russi l’avevano già segnalato alle conferenze di Vienna ed avevano già ottenuto che vi fosse sostituito un’altra denominazione onde restituire all’azione della Russia il di lei vero carattere. Il sig. barone di Brunnow chiede che sia mantenuta la definizione, che già aveva prevalso negli atti della Conferenza di Vienna.

Il sig. co. Buol ricorda, che il protettorato stava nei fatti e nella situazione, se la parola non era a rinvenirsi nelle stipulazioni diplomatiche colla Turchia; che l’espressione è in fatto quella di garantia, ma che importa di trovare una redazione propria ad esprimere con esattezza che cesserà questa garantia esclusiva.

A’alì pascià ricorda a sua volta che la parola protettorato è stata adoperata in altri documenti diplomatici, e principalmente nello Statuto organico dei Principati.

I primi plenipotenziarii della Francia e della Gran Brettagna soggiungono, che le determinazioni adottate a Vienna non hanno soddisfatto egualmente tutte le potenze alleate, e che d'altra parte non si doveva in oggi preoccuparsi di quelle, dacché i tentativi fatti a quell'epoca pel ristabilimento della pace erano rimasti infruttuosi.

Tuttavia i plenipotenziarii russi esprimono il desiderio che, allo scopo di affrettare i lavori del Congresso, si vorrà tener conto dell’accordo ottenutosi a quell’epoca su certi punti.

Il sig. barone di Brunnow pensa che la situazione della Servia dovrebbe formare tema d’un articolo speciale.

A quest’opinione assentono tutti i plenipotenziarii. A’alì paseià osserva che la cessazione di qualsiasi protettorato particolare esclude naturalmente qualunque idea di protettorato collettivo, e che l’intervento delle Potenze sarà circoscritto nei limiti di una semplice garantia.

Dopo aver dato lettura del 2.°' paragrafo del primo punto, il sig. conte Walewski ricorda che la futura organizzazione dei Principati ha fatto nascere parecchi sistemi. I plenipotenziarii sono dell’unanime parere che tutte quelle combinazioni dovranno essere rimandate ad una Commissione scelta nel seno stesso del Congresso, al quale però incomberà soltanto di porre i principii della costituzione politica ed amministrativa delle Provincie danubiane, lasciandola cura dell’elaborazione dei particolari ad una seconda Commissione, della quale faranno parte le Potenze contraenti, e che si adunerà immediatamente dopo la conclusione della pace.

Il 3.° paragrafo del primo punto, risguardante il Sistema difensivo del Principati, vien ietto dal conte Walewski.

Il barone Brunnow dichiara, che in tale oggetto i plenipotenziarii della Russia si riferiscono volentieri alla redazione concertata a Vienna.

Il barone di Bourqueney risponde, che le idee risguardanti questo punto importante sono in oggi molto più sviluppate è meglio definite; e che, riportandosi a quella redazione, mal si risponderebbe all'oggetto propostosi nella redazione del paragrafo in discussione.

Il conte Walewski, dopo aver dato lettura del 4. ed ultimo paragrafo del primo punto, passa al 3.° punto, che si comprende in un solo paragrafo.

Il conte Orloff fa osservare che la presenza alle bocche del Danubio di navi da guerra con bandiera di Potenze non rivierasche del mar Nero, sarà un’offesa al principio della neutralizzazione.

Il conte Walewski risponde che ad un’eccezione convenuta dalle Potenze contraenti non si può attribuire il carattere di un’infrazione del principio.

Il conte Buol aggiunge, che i bastimenti delle Potenze non rivierasche di stazione alle bocche del Danubio potranno però liberamente circolare nel mar Nero; dacché la natura e le esigenze del servizio loro affidato non permetterebbero che in tale riguardo si elevasse il minimo dubbio.

Il conte di Brunnow ricorda che l’oggetto della loro missione rimane però sempre definito.

La lettura dei paragrafi 4.°, 2.° e 3.° del terzo punto non dà luogo ad alcuna osservazione.

Una breve discussione ha constatato l’accordo de' plenipotenziarii sull'interpretazione dei paragrafi 4.°, 5.° e 6 °, concernenti la protezione degl’interessi commerciali nel mar Nero e la convenzione particolare che sarà stipulata tra la Russia e la Porta ottomana.

In quanto al paragrafo 8.° relativo alla rinnovazione della convenzione degli Stretti, i plenipotenziarii emisero voto unanime che l’atto particolare destinato allo stanziamento di quest’importante principio venga aggiunto al trattato generale.

Il conte Walewski osserva che, allorquando i plenipotenziarii saranno arrivati a questo punto dei negoziati, sarà allora il momento di chiedere quali Potenze saranno chiamate a concorrervi: ed il conte Orloff, come il conte Buol, soggiungono che la Prussia sarà invitata naturalmente a prendervi parte.

Facendo adesione a quest’opinione, il conte Clarendon ha esposto' che la Prussia non doveva essere invitata a partecipare ai negoziati, se non quando le clausole principali del trattato generale fossero già stabilite. Il conte Walewski dice che i plenipotenziarii decideranno in seguito in qual tempo si dovrà fare invito alla Prussia.

Il quarto punto vien letto nel suo complesso, ed il conte Walewski ricorda in questa occasione che vi sarà luogo a constatare l’ingresso della Turchia nel diritto pubblico europeo. I plenipotenziarii riconoscono essere importante di constatare questo nuovo fatto, mediante una particolare stipulazione inserita nel trattato generale. Si dà lettura della redazione già stata concertata a Vienna a tal fine, e si ammette ch'essa possa venir accettata dal Congresso.

Il conte Orloff esprime il desiderio che venga precisata la via che la Turchia si propone di battere, onde poter dare al quarto punto quell’applicazione di cui è suscettibile.

A’ali pascià annunzia che uh nuovo hattiecherif ha rinnovati i privilegi religiosi concessi ai sudditi non musulmani della Porta, e prescrive nuove riforme che attestano la sollecitudine di S. M. il Sultano per tutti i suoi popoli indistintamente: che quest’atto fu pubblicato, e che la Sublime Porta, proponendosi di comunicarlo alle Potenze mediante Nota ufficiale, avrà così soddisfatto alle previsioni concernenti il quarto punta

Il conte Orloff, come il barone di Hübner, ed in seguito anche gli altri plenipotenziarii, esprimono il parere che nel trattato generale venga fatta menzione delle misure adottate dal Governo ottomana, Essi invo- cano il testo stesso del quarto punta che né dà obbligo ai plenipotenziarii, senza che tuttavia né rinfanga offesa l'indipendenza e la dignità della corona del Sultano.

I plenipotenziarii dell’Austria, della Francia e della Gran Brettagna rendono omaggio al carattere liberale delle provvidenze emanate a Costantinopoli, e per questa appunto giudicano indispensabile che siano menzionate nell’atto finale del Congresso, e non già per creare un diritto qualunque d’intervento nei rapporti del Governo di S, M. il Sultano cqi suoi sudditi.

A’alì pascià risponde che le istruzioni non gli consentono di aderire compiutamente all’opinione degli altri plenipotenziarii; ed avverte che eoi telegrafo chiederà ordini al suo Governa.

La seduta viene sciolta, e l’esame del quinto punto è rimandato alla prossima adunanza. (Seguono le firme)

Per copia conforme all’originale.


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PROTOCOLLO N.° III

SEDUTA DEL PRIMO MARZO 1850

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il protocollo della seduta precedente è letto ed approvato.

Il Congresso, siccome aveva risoluto, passa all’esame del quinto punto.

Il conte Walewski né dà lettura, ed aggiunge che in primo luogo, e come special condizione, le Potenze alleate richiedono Che la Russia quindi innanzi non possa più ricostruire o creare alcuno stabilimento navale o militare nelle isole Aland.

Il conte Orloff risponde, che la Russia è disposta ad aderire a questo patto, qualora i plenipotenziarii riuscissero, come egli spera, ad intendersi sugli altri punti della negoziazione. Egli domanda che un tal patto sia registrato in un atto a parte da stipularsi tra la Francia, la Gran Brettagna e la Russia, dappoiché queste Potenze esclusivamente han preso parte a' fatti di guerra nel Baltico.

I plenipotenziarii dell’Austria enunziano l’opinione che Fatto separato sia nonostante annesso al trattato generale.

Il conte Walewski manifesta che per seconda speciale condizione le Potenze alleate domandano di sottoporre ad un particolare esame lo stato dei territori! situati all’Est del mar Nero.

Il barone di Brunnow espone i fatti diplomatici che han posto la Russia in possesso di questi territori], e l'attuale loro situazione.

A’alì pascià rammenta che in tale proposito, delle difficoltà insorsero tra la Porta ottomana e la Russia, e che utile sarebbe il procedere ad una Verificazione e, se è mestieri, alla rettifica delle frontiere tra(» )possedimenti dei due Imperi in Asia.

Il barone di Brunnow Ih osservare che la linea di confine, fissata dalla convenzione sottoscritta a Pietroburgo nel 1834, non ha dato luogo, da quell'epoca in poi, ad alcuna contesa tra i due Governi; che nel distretto della Cabulesia, la cui carta è stata presentata, elevaronsi, è vero, alcuni reclami, ma ch'essi ebbero tutt’affatto il carattere di particolari lagnanze, aventi origine da titoli di proprietà religiose. Inoltre il plenipotenziario russo aggiunge, che l’Austria che sicurtà alla Russia che le condizioni speciali non implicherebbero alcuna cessione di territorio.

Il conte Walewski risponde che una revisione di limiti non costituisce un ricomponimento territoriale, e per dare una prova dello spirito di equità, che anima tutte le parti, propone che una Commissione mista sia incaricata, dopo la conclusione della pace, di statuire su questo punto dentro un termine da fissarsi.

Questa proposta è accolta in principio da tutti i plenipotenziarii, ma né è rimessa l'adozione definitiva alla prossima riunione.

Il conte Walewski ricorda che la Russia avea costruito sulla costa orientale del mar Nero alquante fortezze, che in parte essa stessa ha distrutte, e che però vi sarebbe tuttavia luogo d’intendersi a questo riguardo.

Il conte di Clarendon, fondandosi massimamente sul principio della neutralizzazione del mar Nero, si studia di dimostrare che quelle fortezze non potrebbero essere ricostruite.

I plenipotenziarii della Russia, mettendo avanti la distinzione ehe, secondo loro, esiste tra fortezze ed arsenali marittimi, sostengono l’opinione contraria.

L’esame di questo punto è differito.

Il conte Walewski stabilisce che la città di Rara e il territorio ottomano, in questo momento occupati dall'armata russa, dovranno essere restituiti alla Turchia.

Il conte di Clarendon appoggia e sviluppa questa opinione.

I plenipotenziarii russi ammettono il principio di tale restituzione; ma siccome essa non dee ricevere la sua definitiva sanzione che al termine dei negoziati, così eglino manifestano la speranza ehe, nel corso delle trattative, loro sarà tenuto conto della pieghevolezza dimostrata nell'esame, delle condizioni speciali di la dalle basi di già consentite.

Il conte Walewski, prendendo atto dell'adesione dei plenipotenziarii di Russia, rende testimonianza dello spirito di conciliazione, di cui eglino han dato prova in queste sedute, tanto in quel che riguarda Rara, quanto circa le isole di Aland.

Prima di levare la seduta, il conte Walewski rammenta che alla prossima riunione sarà il caso di occuparsi dello svolgimento delle basi e della redazione degli articoli del trattato. Egli crede che sarebbe opportuno di cominciare dal terzo punto relativo alla neutralizzazione del mar Nero. (Seguono le firme)

Per copia conforme all’originale.

PROTOCOLLO N.° IV

SEDUTA DEL 4 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il protocollo dello precedente seduta è letto ed approvato.

Il conte Walewski rammenta che il Congresso si è riservato di prendere una definitiva decisione nella presente tornata, in proposito della Commissione mista, incaricata di verificare e rettificare, se c’è luogo, le frontiere della Turchia e della Russia in Asia.

Il barone di Brunnow ricorda, dal canto suo, che una tale revisione dee Carsi senza pregiudizio delle partì, e in guisa da non costituire una gratuita o superflua cessione di territorio.

I plenipotenziarii di Francia, della Gran Brettagna e della Turchia opinano che la Commissione debba comprendere, oltre i commissarii delle due partì direttamente interessate, i delegati delle Potenze contraenti.

Di seguito, il conte Walewski propone di comporre la Commissione di due commissari! turchi, due commissarii russi, un commissario inglese ed un commissario francese. I plenipotenziarii della Russia aderiscono, riserbando l'approvazione della loro Corte.

Si conviene che i lavori di questa Commissione dovranno essere terminati nello spazio di otto mesi dopo la firma del trattato di pace.

Il conte Walewski dice che ormai sarebbe il caso di passare, coma tu deciso dal Congresso, allo svolgimento del terzo punto, relativo alla neutralizzazione del mar Nero, col convenire sulla redazione dei patti, le cui basi sono state fissate nelle precedenti sedute. Il plenipotenziario francese propone il testo del primo paragrafo, il quale, dopo essere sfato oggetto di un esame, a cui piglian parte tutti i plenipotenziarii, è stabilito come qui appresso:

«Il mar Nero è neutralizzato. Le sue acque e i suoi porti, aperti alla marina mercantile di tutte le nazioni, sono assolutamente, i in perpetuo interdetti alle bandiere di guerra, siano di Potenze rivierasche, sieno di tutt’altra Potenza, salvo le eccezioni stipulate nel pre«sente trattato.

«Libero da qualunque incaglio, il commercio bei porti e nelle«acque del mar Nero, non sarà soggetto che ai regolamenti in vigore.»

«Il secondo paragrafo è parimenti approvato da tutti i plenipotenziarii, dopo essere stato redatto nelle forme seguenti:

«Il mar Nero essendo dichiarato neutrale, il mantenimento o Io stabilimento sul suo litorale di piazze militari marittime divengon senza necessità come senza oggetto. Di conseguenza, S. M. l'Imperatore di Russia e S. M. il Sultano si obbligano a non innalzare e a non conservare su questo litorale alcun arsenale militare marittimo.»

Il plenipotenziario della Gran Brettagna espone che la Russia possiede a Nikolajeff un arsenale di costruzioni marittime di primo ordine, la cui conservazione sarebbe in contraddizione coi principii, sui quali è fondato il paragrafo, del quale il Congresso ha or ora fissato i termini. Questo arsenale non essendo situato sulle rive del mar Nero, lord Clarendon non pretende di stabilire che la Russia sia tenuta a distruggere i cantieri che ivi si trovano; ma fa osservare che l'opinione pubblica avrebbe ogni ragione a supporre nella Russia quelle intenzioni, dalle quali esser dovrebbe lontana, qualora Nikolajeff conservasse, come centro di costruzione marittima, l'acquistata importanza.

Il plenipotenziario della Russia replica che l’imperatore suo augusto padrone, acconsentendo lealmente alle proposte di pace, ha preso la ferma risoluzione di eseguire strettamente tutti gl'impegni che né derivano; ma che, Nikolajeff essendo situata lungi dalle rive del mar Nero, il sentimento della propria dignità non permetterebbe alla Russia di lasciar estendere all’interno dell’Impero un principio solamente applicabile al littorale; che la sicurezza delle coste e la loro sorveglianza d’altra parte esigono che la Russia abbia, siccome è stato riconosciuto, un tal quale numero di navigli leggieri nel mar Nero, e che, s essa consentisse all’abbandono dei cantieri di Nikolajeff, sarebbe nella necessità di stabilirne altri sopra un altro punto de' suoi possessi meridionali; che, onde soddisfare ad un tempo ai suoi impegni ed all’esigenza del servigio marittimo, è intenzione dell’imperatore di non autorizzare a Nikolajeff che la costruzione delle navi da guerra, di cui è fatto parola nelle basi dei negoziati.

II primo plenipotenziario della Gran Brettagna, e dopo di lui gli altri plenipotenziarii, considerano queste dichiarazioni come soddisfacenti.

Il conte di Clarendon domanda al primo plenipotenziario della Russia se egli consente che sia inserita la sua dichiarazione nel protocollo. Dopo aver risposto affermativamente, il conte Orloff aggiunge che per dare una prova della sincerità nelle sue disposizioni, l’Imperatore lo ha incaricato di domandare il libero passaggio degli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli pei due vascelli di linea che trovansi a Nikolajeff, e che devono navigare pel Baltico subito che la pace sarà conchiusa.

La redazione degli altri paragrafi, relativi al terzo punto dopo deliberazione dei plenipotenziarii, rimane concepita nei termini seguenti:

«Per dare agl’interessi commerciali e marittimi di tutte le nazioni la sicurezza desiderabile, la Russia e la Sublime Porta metteranno dei consoli nei loro porti situati sul littorale del mar Nero, in conformità dei principii del diritto internazionale.

Le LL. MM, l’Imperatore di tutte le Russie, ed il Sultano, avendo conchiuso una convenzione all’oggetto di determinare la forza ed il numero dei legni necessarii al servizio delle loro coste, che esse potranno intrattenere nel mar Nero, questa convenzione viene annessa i«al presente trattato, ed avrà la stessa forza e valore come se né facesse parte integrante. Essa non potrà essere né annullata, né modificata, senza il consenso delle Potenze segnatane del presente trattato.

«La convenzione del 13 luglio 1841, che mantiene l’antica regola dell’impero ottomano relativa alla chiusura degli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli, essendo stata riveduta di comune accordo, l’atto all’uopo conchiuso resta ed è annesso al presente trattato.»

I plenipotenziarii della Russia e della Turchia sono invitati a concertarsi sulla convenzione, che deve esser conchiusa tra loro in quanto idle navi leggiere, che la Sublime Porta e la Russia potranno mantenere nel mar Nero, ed è convenuto che il progetto in proposito sarà comunicato al Congresso nella prossima riunione.

(Seguono le firme)

Per copia conforme all’originale.


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PROTOCOLLO N.° V

SEDUTA DEL 0 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia.

Il protocollo della precedente seduta è letto ed approvato.

Il corte Orloff annuncia che i plenipotenziari! della Turchia e della Russia Don sono al caso di presentare al Congresso il progetto di trattato relativo ai bastimenti di guerra, che le Potenze rivierasche potranno tenere nel mar Nero, e domanda di rinviare tale comunicazione alla seduta seguente.

Il priora plenipotenziario della Gran Brettagna domanda ai plenipotenziarii di Russia, se lu dichiarazione fatta dal conte Orloff nella precedente seduta a riguardo di Nikolajeff si applica ugualmente a Kerson e al mare di Azoff.

Il primo plenipotenziario della Russia risponde che, siccome Nikolajeff, anche il mare di Azof dovrebbe non cadere sotto l'applicazione diretta del principio dalla Russia accettato. Che d’altra parte è fuori di dubbio non potere in quel mare navigare le navi di alto bordo; non pertanto, egli mantiene le assicurazioni che il conte Clarendon ha richiamate e ripete che la Russia, volendo conformarsi pienamente agli obblighi da lei assunti, non farà costruire navi da guerra in nessun luogo sulle rive del mar Nero o sovra i suoi affluenti, né sulle acque dipendenti, all'infuori di quelle che la Russia terrà nel mar Nero a tenore della sua convenzione colla Turchia.

Il Congresso passa a sviluppare il secondo punto.

Il primo plenipotenziario della Francia ricorda che la Conferenza di Vienna aveva accuratamente studiate tutte le questioni concernenti la navigazione del Danubio, e che perciò sarebbe il caso di tener conto dei lavori da lei preparati.

Il conte Buol dà lettura dell’annesso al protocollo di Vienna n.°5.

Il conte Walewski propone la redazione dei sei paragrafi seguenti: «L’atto del Congresso di Vienna avendo stabilito i principii destinati a regolare la navigazione dei fiumi, che attraversano parecchi Stati, le Potenze contraenti stipulano fra di loro, che in avvenire quegli stessi principii saranno pur anche applicati al Danubio ed alle sue bocche: esse dichiarano, che questa disposizione fa parte ormai del diritto pubblico d’Europa, e la prendono sotto la loro garantia.

«La navigazione del Danubio non potrà essere sottoposta ad alcun incaglio o tassa, non espressamente prevista dalle seguenti stipulazioni. Per conseguenza, non si riscoterà pedaggio alcuno che si fondi unicamente sul fatto della navigazione del fiume, né si opporrà ostacolo alcuno, qualunque siasi, alla libera navigazione.

«La Sublime Porta si obbliga di far eseguire, d’accordo coll’Amministrazione locale dei Principati, i lavori, che sono necessarii in oggi e potessero diventarlo in seguito, tanto per liberare le bocche del Danubio dalle sabbie che le ingombrano, che per mettere quel fiume nelle migliori condizioni possibili di navigabilità in altri punti, a monte del corso, e principalmente tra i porti di Galatz e di Braila.

Per sopperire alle spese di questi lavori, come pure degli Stabilimenti, che hanno per iscopo di rendere sicura e facile la navigazione, potranno levarsi tasse fisse, in una misura conveniente, sui bastimenti che scorrono il basso Danubio, colla condizione espressa che sotto questo rapporto, come in tutti gli altri, le bandiere di tutte le nazioni saranno trattate tutte egualmente.

«Per realizzare le disposizioni dell’articolo precedente, verrà incaricata una Commissione, la quale non potrà essere disciolta se non di comune accordo e sarà composta di e sarà incaricata di determinare l'estensione dei lavori da farsi, e di elaborare le basi di un regolamento di navigazione e di sorveglianza fluviale marittima; essa redigerà pur anche le istruzioni destinate a servire di norma per una Commissione esecutiva.

«In conformità alle stipulazioni dei trattati di Vienna, questa Commissione esecutiva si comporrà di… nella loro qualità di Stati rivieraschi; ed essa sarà permanente. In caso di disaccordo relativamente all’interpretazione da darsi ai regolamenti stabiliti, se né dovrà riferire alle Potenze contraenti.»

Il conte Walewski fa osservare, che il Congresso dovrà occuparsi ulteriormente della composizione delle due Commissioni, di cui è parola negli ultimi due paragrafi, ma che, la Commissione esecutiva dovendo contenere delegati di tutte le Potenze rivierasche del Danubio, vi sarà luogo ad invitare la Baviera a farvisi rappresentare.

Il conte Buol osserva che il regolamento, di cui questa Commissione dovrà sorvegliare l'esecuzione, non può toccare che agli interessi della navigazione nel basso Danubio; che la navigazione dell’alto Danubio non ha sollevato nessun conflitto tra le parti interessate; e che non vi sarebbe ragione alcuna di dare all’autorità della Commissione un’estensione che nulla giustificherebbe.

Il primo plenipotenziario della Francia risponde, che il Congresso si occupa di una questione generale, relativa all’interesse generale della navigazione del fiume; che essa è stata concepita in questo senso nel documento che serve di base alla negoziazione; e che dal momento che è convenuto che la Commissione, detta esecutiva, deve essere composta dei rivieraschi, non sene può escludere la Baviera; egli aggiunge, che d’altronde il testo degli articoli proposti non si presta all’ambiguità e indica sufficientemente la natura delle attribuzioni di questa Commissione.

Il conte Walewski dà lettura del 7.° ed ultimo paragrafo cosi concepito: «All’oggetto di assicurare l’esecuzione de' regolamenti, che saranno stati stabiliti di comune accordo, dietro i principii sopra enunciati, ciascuna delle Potenze contraenti avrà il diritto di far istazionare (uno o due) bastimenti leggieri alle imboccature del Danubio.»

Il Congresso aggiorna ad una prossima seduta la redazione definitiva di questi diversi paragrafi.

Il primo plenipotenziario della Gran Brettagna emette il parere, che la redazione delle stipulazioni inserite nei protocolli non dovrebbe legare il Congresso d’una maniera irrevocabile. Egli aggiunge, che nella sua opinione, ogni plenipotenziario conserva la facoltà di proporre ulteriormente le modificazioni, ch'egli giudicherà utile di presentare.

Il conte Orloff risponde, che trasmettendo i plenipotenziarii ogni protocollo ai loro Governi rispettivi, egli non può ammettere che clausole accettate d’un comune accordo possano essere indefinitivamente alterate.

I plenipotenziarii della Gran Brettagna aggiungono, ch’essi non intendono riservare ad ogni plenipotenziario il diritto di modificare le determinazioni prese ed i principii accettati dal Congresso, ma la facoltà di proporre una semplice revisione del testo, se avvi luogo, e a fine di. meglio precisarne il senso e il valore.

Circoscritte in questi limiti, le osservazioni del conte Clarendon sono approvate dal Congresso.

(Seguono le firme).

Certificato conforme all’originale.

PROTOCOLLO N.° VI

SEDUTA DELL’8 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il plenipotenziario della Turchia avverte che Mehemed-Djemil-Bey non assisterà alla seduta, non essendogli ciò permesso dallo stato di sua salute.

Si legge, e si approva il protocollo della seduta precedente.

II plenipotenziario della Russia annunzia che la sua Corte acconsente all’istituzione della Commissione mista, che avrà incarico di rivedere la frontiera nell’Asia, e a cui, come risulta dal protocollo N.° 4, i plenipotenziarii russi non avevano aderito se non colla riserva che fosse approvata dal loro Governo.

Dietro proposta del conte Walewski, il Congresso passa a sciogliere il primo punto, e decide che, prima di discutere le quistioni che si riferiscono all’organizzazione dei Principati, si occuperà della rettificazione delle frontiere fra le Provincie danubiane e il territorio russo.

Il barone di Brunnow legge una Memoria, con cui si stabilisce, che la disposizione dei luoghi e la direzione delle vie di comunicazione non permettono di tirare una linea diretta fra i due punti estremi indicati nei preliminari di pace. Ricorda, che le Potenze alleate hanno avuto di mira di assicurare la libera navigazione del Danubio«e pensa che quest’oggetto si otterrebbe con un’altra linea; che egli è incaricato di proporre al Congresso: questa linea, che avrebbe il vantaggio di non recare alcuna perturbazione nell’economia della Provincia, partirà da Waduli-Isaki sul Pruth, seguirà il vallo di Traiano, e riuscirà al Nord, del lago Valput. La Russia abbandonerà. le isole del Delta, e rasenterà i porti d’Ismail e di Kilia nuova.

Il conte Walewski risponde che questa proposizione si scosta di troppo dalle basi stesse del trattato, perché i plenipotenziarii delle Potenze alleate possano prenderla in considerazione.

Il barone di Brunnow, ritornando sulle osservazioni già per esso fatte, osserva che riuscirà difficile fissare una buona demarcazione, allontanandosi dai limiti da lui indicati. Aggiunge che tuttavolta si potrebbe unire al territorio, che la Russia cede colla linea già da lui proposta, quello che trovasi compreso fra il lago Kaltabug, il vallo di Traiano e il lago Salsyk.

Il primo plenipotenziario della Gran Brettagna fa notare, che l’accettazione della linea, additata dal plenipotenziario russo, equivarrebbe all’abbandono delle proposte formulate dall’Austria col consenso delle Potenze alleate; che quelle proposte sono state accettate a Pietroburgo, confermate a Vienna e a Parigi; e che i plenipotenziarii di queste Potenze, qualunque sia lo spirito di conciliazione, da cui sono animati, non potrebbero allontanarsi, in una simile misura, dalle condizioni di pace, e rinunciare interamente a concessioni ammesse da principio da tutti i Governi rappresentati al Congresso.

Il conte Walewski fa analoghe osservazioni.

Il conte Buol fa pure notare che la linea, presentata dal barone di Brunnow, non comprende che una piccola. parte del territorio, la cui cessione è stata acconsentita dalla Russia, accettando le condizioni della pace recate a Pietroburgo dall’Austria; e che egli spera che i plenipotenziari russi faranno al Congresso una proposta, che s’accosterà di più ai fatti che hanno preceduto l’apertura delle trattative.

Il barone Hübner rammenta che la linea, indicata ne’ suoi estremi due punti, nelle proposte dell’Austria, è fondata sulla configurazione riprodotta in tutte le carte.

I plenipotenziarii russi rispondono che essi hanno fatto testimonianza, nelle precedenti sedute, delle loro intenzioni concilianti; che essi hanno messo sotto gli occhi del Congresso considerazioni, di cui, a loro avviso, si debbe tener conto; ch’essi non hanno altro scopo fuorché di provocare un accordo conforme alla topografia del paese, agli interessi delle popolazioni, che lo abitano; che in conseguenza essi sono disposti a discutere ogni altra proposta, che loro venisse comunicata.

Il primo plenipotenziario della Francia ripete, che le Potenze alleate non potrebbero aderire ad una demarcazione, che non fosse in relazione colle concessioni ottenute nelle trattative, ma che tuttavia è lecito di procedere in via di compensazione; e che forse sarebbe possibile accordarsi prolungando il confine al Sud-Est e al di la del lago Salsyk, se, come avvisano i plenipotenziarii della Russia, esso incontra, al Nord, difficoltà topografiche.

Dopo una discussione impegnatasi intorno a questo emendamento, a cui tutti i pie ni potenziarli prendono parte, è dato ai pieni potenziarli russi di stabilire la frontiera col mezzo d'una linea, che, partendo dal Pruth, fra Scheova e Hush, passerebbe al Nord del lago Salsyk e si arresterebbe al di sopra del lago Albedies.

I plenipotenziarii russi, obbligati, dicono essi, ad assicurarsi della posizione che né risulterebbe per le colonie dei Bulgari e dei Russi, stabilite in quella parte della Bessarabia, chieggono che sia rimandato il seguito della discussione alla prossima seduta.

Il Congresso vi aderisce; ma i plenipotenziarii della Francia e della Gran Brettagna stabiliscono che la proposta, a cui essi si sono accostati, per ispirito di conciliazione, costituisce, sotto ogni rapporto, una concessione, la cui importanza viene attestata dall’estensione del territorio compreso fra Chotvn e Hush; ed essi esprimono la convinzione che tale concessione verrà apprezzata dai plenipotenziarii della Russia.

Il conte Orloff attesta le buone disposizioni, che i plenipotenziarii russi riconoscono, alla loro volta, per parte degli altri membri del Congresso; e aggiunge che, domandando di poter sottoporre ad un esame particolare la proposta, che viene loro fatta, essi non hanno altro scopo che quello di procurare di conciliarla colle esigenze locali..

Il Congresso passa ad esaminare le proposte relative all’organizzazione dei Principati.

Il conte Walewsky, fa rilevare che, prima di trattare questo importante punto del trattato, torna indispensabile il deliberare sopra una questione, che è dominante, e alla cui soluzione sono di necessità subordinati gli ulteriori lavori del Congresso a questo scopo: la questione consiste nel sapere se la Moldavia e la Valacchia saranno riunite in un solo Principato, o se esse continueranno ad avere un’amministrazione separata. Il primo plenipotenziario della Francia opina, che la riunione dei due Principati, rispondendo a necessità manifestatesi dopo un attento esame dei loro veri interessi, il Congresso dovrebbe ammetterla e proclamarla.

Il primo plenipotenziario dell’Inghilterra divide ed appoggia la stessa opinione, fondandosi particolarmente sull’utilità e la convenienza di prendere in seria considerazione i voti della popolazione, di cui, egli aggiunge, è sempre bene tener conto.

Il primo plenipotenziario della Turchia la combatte. A’ali pascià sostiene che non si saprebbe attribuire alla separazione delle due Provincie la situazione, a cui si tratta di porre un termine; che la separazione data da tempi remotissimi; e che la perturbazione, che durò nei Principati, risale ad un’epoca relativamente vicina; e la separazione è la conseguenza naturale dei costumi e delle abitudini che sono diversi nelle due Provincie; che alcuni individui sotto l’influenza di riguardi personali, hanno potuto formulare un’opinione contraria allo stato attuale; ma che tale non è certo l’opinione delle popolazioni.

Il conte Buol, quantunque non sia autorizzato a discutere una questione, che non fu prevista nelle sue istruzioni, pensa, come il primo plenipotenziario della Turchia, che nulla giustificherebbe la riunione delle due Provincie; le popolazioni, soggiunge, non furono consultate, e, se si considera il valore che ogni agglomerazione dà alla propria autonomia, si può inferire sin d’ora che i Moldavi come i Valacchi desiderano soprattutto di conservare le proprie istituzioni locali e separate.

Dopo d’aver addotto altri motivi a sostegno della sua opinione, il conte Walewski risponde, che il Congresso non può consultare direttamente quelle popolazioni, e ch’egli deve necessariamente procedere, a questo riguardo, in via di presunzione. Ora, dice, tutti i ragguagli s’accordano nel rappresentare i Moldo-Valacchi come animati da unanime desiderio di non formare più, in avvenire, fuorché un solo Principato; questo desiderio trova la sua spiegazione nella comunanza di origine e di religione; come anche nei precedenti che hanno dimostrato gl’inconvenienti dell’ordine politico o amministrativo, che derivano dalla separazione; essendo l’unione incontrastabilmente un elemento di prosperità per le due Provincie, risponde allo scopo proposto alle cure del Congresso.

Il primo plenipotenziario austriaco non crede poter prestar fede intieramente. alle informazioni, su cui si fonda il primo plenipotenziario della Francia. Del resto, egli è d’avviso che l’opinione del primo plenipotenziario turco, che trovasi in istato più che qualunque altro membro del Congresso di apprezzare i veri bisogni e i voti delle popolazioni,. merita d’essere presa in considerazione particolare; che, d’altra parte, le Potenze sono impegnate soprattutto a mantenere i privilegii dei Principati, e che sarebbe una grave violazione dei medesimi il costringere le due Provincie a fondersi insieme; poiché fra gli accennati privilegii v ha prima di tutto, quello di potersi amministrare separatamente. Soggiunge che più tardi, e quando si sarà costituita nei Principati un’istituzione, che possa regolarmente considerarsi come l'organo legittima delle aspirazioni del paese, si potrà, se mai occorrerà, procedere alla unione delle due Provincie con piena cognizione delle cose.

Il barone Bourqueney risponde al primo plenipotenziario austriaco, ch’egli non può accettare il suo giudizio; le basi del trattato, soggiunge, portano che i Principati, conservino i loro privilegii e immunità, e che il Sultano, d’accordo co’ suoi alleati, accorderà ai medesimi, oppure vi confermerà un’organizzazione interna conforme ai bisogni e ai desiderii delle popolazioni. Noi abbiamo pertanto, a Vienna, inteso di conservare al Sultano e ai suoi alleati il diritto e la cura di accordarsi intorno alle misure atte ad assicurare la felicità di quei popoli, tenendo conto delle loro aspirazioni. Ora, la Francia ha deposto, nelle conferenze dello scorso anno, un atto che ha posto la questione sul terreno della discussione, e non si è sollevata da nessuna parte, da quell’epoca in poi, una manifestazione tendente a confutare le informazioni, che c’ inducono a credere che i Moldo-Valaechi aspirino alla riunione delle Provincie in un solo Principato.

Il primo plenipotenziario sardo fa notare, per istabilire che il voto delle popolazioni a questo riguardo è anteriore alle presenti circostanze, che un articolo dello Statuto organico ha pregiudicato la questione, disponendo in questo atto il principio della riunione eventuale dei Principati.

A’ali pascià sostiene che l’articolo citato dal conte Cavour non potrebbe avere una simile interpretazione.

Il conte Orloff dichiara, che i plenipotenziarii russi, avendo potuto apprezzare i bisogni e le tendenze dei due Principati, appoggiando il progetto di riunione, come tendente a dover aiutare la prosperità delle Provincie.

Sulla dichiarazione fatta da A’ali pascià, che i plenipotenziarii della Turchia non sono autorizzati a seguire la discussione sopra questo terreno, e mancando d’istruzioni gli stessi plenipotenziarii austriaci, la questione è rimandata ad un’altra seduta, a fine di porli in condizione di ricevere ordini dalle loro Corti.

(Seguono le firme)

Riconosciuto conforme all’originale.


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PROTOCOLLO N.° VII

SEDUTA DEL 10 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell’Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

II secondo plenipotenziario della Turchia, impedito per indisposizione di salute, non assiste alla seduta.

Viene letto e approvato il protocollo della precedente seduta.

Il Congresso riprende la discussione sulla demarcazione delle frontiere della Bessarabia.

Il barone di Brunnow espone, che i plenipotenziarii russi hanno esaminato, collo stesso spirito di concordia che né ha suggerito i termini ai plenipotenziarii delle Potenze alleate, la linea che fu loro proposta nella precedente seduta; che essi riconoscevano come questa linea giustifica la confidenza ch'essi avevano posto nelle disposizioni concilianti del Congresso; ma che, dopo avere consultato le loro istruzioni, e fondandosi sulle considerazioni topografiche e amministrative, che essi hanno già fatto valere, si vedono costretti, nell’interesse medesimo di una buona demarcazione, di domandare un emendamento alla linea che è stata loro presentata, di maniera che la frontiera, partendo dal confluente del Pruth e della Saratsika, risalirebbe quest’ultima riviera sino al villaggio dello stesso nome, per dirigersi di la verso la riviera del Valput, di cui essa scenderebbe il corso fino al punto ove raggiunge il vallo di Traiano, ch'essa seguirebbe fino al lago Salsyk, per giungere quindi all’estremità settentrionale del lago Alabies.

Questa proposizione diventa l’oggetto d’un esame al quale partecipano tutti i plenipotenziarii, che infine d’accordo decidono, che la frontiera partirà dal mar Nero, a un chilometro all'Est del lago Bowm Sola, raggiungerà perpendicolarmente la strada fino al vallo di Traiano, passerà al sud di Bolgrad, risalirà il fiume Valput fino all’altezza di Saratsika, e si terminerà a Katamori sul Pruth.

Sottoponendosi a questa deliberazione, i signori plenipotenziarii russi, avendo dovuto, dicono essi, sviarsi dalle loro istruzioni, riservano l’approvazione della loro corte.

Una Commissione, composta d'ingegneri e di geometri, sarà incaricata di fissare, nei suoi dettagli, la demarcazione della nuova frontiera.

Il colite Orloff, fondandosi sui precedenti, propone al Congresso di decidere, che gli abitanti del territorio ceduto dalla Russia conserve ranno il godimento intiero dei privilegii e dei diritti, di cui sono in possesso, e che sarà loro permesso di trasportare altrove il loro, domicilio, cedendo le loro proprietà contro un’indennità pecuniaria, convenuta amichevole o col mezzo d’un accordo particolare, che sarebbe, conchiuso coll’amministrazione dei Principati.

Diversi plenipotenziarii, facendo notare che questa proposta può sollevare delle difficoltà ch'essi non sono in misura di apprezzare, la prendono ad referendum. :

Il conte Walewski rammenta, che lo sviluppo del primo punto, in ciò che concerne l'ordinamento futuro dei Principati, esige di affidarne i dettagli ad una Commissione, i cui lavori, se si dovesse subordinar loro la conclusione della pace, ritarderebbero, senza sufficienti motivi, il principale oggetto affidato alle cure del Congresso. Nell’opinione del primo plenipotenziario della Francia, si potrebbe limitarsi a consegnare nel trattato le basi del regime politico ed amministrativo, che reggerà ormai le Provincie danubiane, convenendo che le parti conchiuderanno, nel più breve tempo possibile, una convenzione a quest’oggetto. In questo caso, aggiunge egli, il trattato di pace potrà essere firmato prossimamente, e la aspettativa dell’Europa non sarebbe più tenuta lungo tempo in sospensione.

Questa proposta è l'oggetto d’una discussione, nella quale intervennero particolarmente i signori plenipotenziarii dell’Austria e della Gran Brettagna.

Il primo plenipotenziario dell’Austria ì propone un emendamento, ch'è accettato; e, in conseguenza, il Congresso decide che una Commissione composta de' signori di Buol, di Bourqueney e d’A’ali pascià, presenterà alla prossima tornata il testo degli articoli del trattato di pace, destinati a fissare le basi della convenzione, che sarà conchiusa al soggetto dei Principati.

Il conte Walewski emette il parere, che al punto cui sono felicemente giunti i negoziati, il momento è giunto d’invitare la Prussia a farsi rappresentare al Congresso, come è stato deciso nella tornata del 28 febbraio, ed egli propone di procedere e di far pervenire a Berlino la seguente risoluzione:

«Il Congresso, considerando ch’egli è d’un interesse europeo che la Prussia, la quale ha firmato la convenzione conchiusa a Londra il 13 luglio 1841, partecipi ai nuovi accomodamenti da prendersi, decide che un estratto del protocollo di questo giorno sarà indirizzato a Berlino, per cura del conte Walewski, organo del Congresso, per invitare il Governo prussiano ad inviare de' plenipotenziarii a Parigi.

Il Congresso aderisce.

Il conte Clarendon, palesando la fiducia che egli pone nei sentimenti della Corte di Russia, e parlando a nome delle Potenze alleate, crede poter essere certo che i campi santi, ove riposano gli ufficiali e soldati che sono morti innanzi a Sebastopoli o su altri punti del territorio russo, come pure i monumenti elevati alla loro memoria, saranno mantenuti a perpetuità, e circondati dal rispetto dovuto alle ceneri dei morti; egli aggiunge che sarebbe felice di averne la certezza dalla bocca stessa de' signori plenipotenziarii russi.

Il conte Orloff ringrazia il Congresso dell’occasione che gli è offerta di dare un segno delle disposizioni, che animano l'Imperatore suo Augusto Padrone, di cui egli è certo di essere il leale e fedele interprete, dichiarando che tutte le misure, proprie a effettuare intieramente il desiderio espresso dai plenipotenziarii delle Potenze alleate, saranno prese.

Il conte Walewski rammenta, che il trattato di pace dovrà fare menzione dell’amnistia piena ed intiera, che ogni Potenza belligerante accorderà ai proprii sudditi per ogni cooperazione per fatti di guerra.

I plenipotenziarii della Russia aderiscono a questo parere, che è ugualmente accolto da tutti i membri del Congresso.

(Seguono le firme)

Per copia conforme all’originale.

PROTOCOLLO N.° VIII

SEDUTA Del 12 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il protocollo della tornata precedente è letto ed approvato.

Il barone di Bourqueney rende conto del lavoro della Commissione che, nell’ultima riunione è stata incaricata di preparare il testo degli articoli del trattato relativo al futuro ordinamento dei Principati.

Avanti di dare lettura degli articoli proposti dalla Commissione, il barone di Bourqueney stabilisce, che lo scopo. del lavoro di questa Commissione è stato di conciliare le opinioni emesse nell’ultima tornata.

L’andamento proposto dalla Commissione, aggiunge il barone di Bourqueney, riposa su tre principii:

Conchiudere la pace senza subordinarne l'istrumento finale ad un atto diplomatico, rimasto in sospensione;

Prendere le misure più propizie per assicurare i voti delle pope lezioni su alcune questioni di principio non ancora sciolte;

Rispettare i diritti della Potenza sovrana e don mettere da parte quelli delle Potenze mallevadrici, collo stabilimento della doppia necessità d’un atto diplomatico per consacrare i principii [adottati come basi dell’ordinamento dei Principati, e d’un hatti-eceriff per promulgarne l’applicazione.

Partendo da queste tre idee«la Commissione propone l’invio immediato a Bucarest de' delegati, che,vi si riuniranno ad un commissario ottomano.

De’ Divani ad hoc sarebbero convocati senza ritardo al capoluogo delle due Provincie. Eglino sarebbero composti in modo da offrire le guarentigie d’una vera e seria rappresentanza.

La Commissione europea, prendendo in considerazione i voti espressi da' Divani, rivederebbe gli Statuti ed i regolamenti in vigore. Il suo lavoro sarebbe trasmesso alla sede attuale delle conferenze. Una convenzione diplomatica, basata su questo lavoro, sarebbe conchiusa tra le Potenze contraenti, ed un hatti-sceriff, costituente l’ordinamento definitivo, sarà promulgato dal Sultano.

Il Congresso adotta l'andamento proposto e rimanda ad un’altra tornata l’adozione definitiva del testo degli articoli, di cui il barone di Bourqueney ha dato lettura.

I plenipotenziarii della Russia e della Turchia comunicano al Congresso il progetto della convenzione che deve essere conchiusa tra loro, dopo essere stata gradita dagli altri plenipotenziarii, relativamente a' bastimenti di guerra leggieri che le Potenze rivierasche manterranno nel mar Nero.

Eglino annunciano, ch'essi non sono d’accordo su d'un punto: i plenipotenziarii della Russia pensano che la convenzione deve autorizzare l’una e l’altra Potenza a mantenere, oltre i bastimenti di guerra, che saranno impiegati alla polizia del mar Nero ed al numero determinato de' trasporti, de' legni d’un minore tonellaggio, destinati a sorvegliare l’eseguimento de' regolamenti amministrativi e sanitarii ne’ porti. I plenipotenziarii della Turchia non sono autorizzati ad accogliere una stipulazione in questo senso.

I plenipotenziarii della Russia danno al Congresso spiegazioni, tendenti a dimostrare la necessità di provvedere alla polizia interna dei porti, e d’inserire nella convenzione una clausola relativa agli stazionarli che vi saranno impiegati, a fine di non esporre le Potenze rivierasche del mar Nero alle interpretazioni, che potrebbe autorizzare il silenzio tenuto a questo riguardo.

I plenipotenziarii della Gran Brettagna e della Francia rispondono, che questi bastimenti non potendo comportare né le dimensioni né l’armamento dei bastimenti di guerra, non avvi luogo di farne menzione nella convenzione, e che se la Russia non intende avere ne’ suoi porti che dei bastimenti detti pataches pel servigio della dogana e della sanità, non dovendo essere impiegati in mare, non avvi luogo a temere che la presenza di questi pataches nei porti di commercio possano diventare occasione di pericolose interpretazioni.

I plenipotenziarii della Russia ritirano la loro domanda relativa all’inserzione nella convenzione della clausola, che concerne i piccoli legni destinati al servigio interno dei porti, riservandosi nullameno l'approvazione della loro Corte.

Il conte Clarendon fa osservare che i bastimenti di trasporto non dovranno essere armati.

Il conte Orloff risponde, che, come tutti i trasporti impiegati dalle altre. Potenze in altri mari, quelli della Russia nel mar Nero saranno esclusivamente muniti dell'armamento di sicurezza, che comporta la natura del servigio, al quale essi saranno assettati.

Il conte Clarendon, non credendo dovere ammettere queste spiegazioni, la questione è aggiornata.

Il Congresso riprende la discussione del progetto di redazione del secondo punto, che ha fatto l’oggetto delle sue deliberazioni nella tornata del 6 marzo.

Il conte di Buol espone che i principii stabiliti dal Congresso di Vienna e destinati a regolare la navigazione dei fiumi che traversano diversi Stati, posano, come regola principale, che le Potenze rivierasche saranno esclusivamente chiamate a concertarsi sui regolamenti della polizia fluviale, e a sorvegliarne l’esecuzione; la Commissione europea, di cui è fatto menzione nella redazione inserita nel protocollo N. 5, comprenderà, oltre i delegati delle Potenze rivierasche del Danubio, dei delegati di Potenze non rivierasche; che la Commissione permanente, che sarà costituita, sarà incaricata di eseguire le risoluzioni prese da essa; che quindi, per restare nello spirito come nei termini dell'Atto di Vienna, l’una e l’altra Commissione dovranno limitare i loro lavori al basso Danubio ed alle sue foci.

Il conte Walewski rammenta le basi dei negoziati, accettati da tutte le Potenze contraenti, e stipulanti che la libertà del Danubio e delle sue foci sarà efficacemente assicurata; ch'egli è quindi stato inteso che si provvederà alla libera navigazione del fiume.

Il conte di Clarendon aggiunge, che, se fosse altrimenti, l’Austria, rimanendo sola in possesso dell’alto Danubio e partecipando alla navigazione della parte inferiore del fiume, acquisterebbe dei vantaggi particolari ed esclusivi, che il Congresso non potrebbe sanzionare.

I plenipotenziarii dell’Austria rispondono che tutti gli sforzi del loro Governo, come le sue tendenze, in materia commerciale, hanno per oggetto di stabilire e di propagare, su tutti i punti dell’Impero i principii d’una intiera libertà; e che la libera navigazione del Danubio è naturalmente compresa nei limiti dei miglioramenti ch’egli si propone; ma ch’egli si trova, a questo riguardo, in presenza d’impegni anteriori ai diritti acquistati, di cui egli è obbligato di tenere conto; che le sue intenzioni rispondono dunque al voto deposto nei preliminari di pace; che, ciò nonostante, essi non possono riconoscere nelle Commissioni, che si tratta d’istituire Un’Autorità che non può appartenere loro sull’alto Danubio.

Il primo plenipotenziario della Francia dice, che vi è difatti luogo a distinguere tra due risoluzioni egualmente ammesse in principio, ma aventi l’una e l’altra un oggetto perfettamente distinto; che da una parte il Congresso deve provvedere alla libera navigazione del Danubio stabilita dal Congresso di Vienna; e dall’altra provvedere ai mezzi per fare scomparire gli ostacoli, che impediscono il movimento commerciale nella parte inferiore del fiume ed alle sue foci. Che questa è la sola incombenza che sarà affidata ai commissari che si ha intenzione d’istituire; ma che perciò è essenziale di intendersi sullo sviluppo del principio generale, a fine di completare l’opera che le Potenze contraenti hanno avuto in vista, stipulando, come egli è detto nei preliminari, che la navigazione del Danubio e delle sue foci sarà efficacemente assicurata, riservando le posizioni particolari dei rivieraschi, che saranno regolate sui principii, stabiliti dall’Atto del Congresso di Vienna in materia di navigazione fluviale.

Dopo le spiegazioni che precedono, è deciso che i plenipotenziarii dell’Austria presenteranno a una delle prossime tornate gli emendamenti, ch’essi crederanno dovere proporre alla redazione inserita nel Protocollo N. 6.

(Seguono le firme.)

Certificato conforme all’originale.

PROTOCOLLO N.° IX

SEDUTA DEL 14 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il protocollo della seduta precedente è letto ed approvato.

Il conte Orloff annunzia, che la linea di confine tra la Russia e l’impero ottomano in Europa, fissata dal Congresso nella seduta del 10 marzo, è stata approvata dalla sua Corte.

Il Congresso ripiglia l'esame della redazione degli articoli concernenti i Principati, e destinati a figurare nel trattato di pace, preparata dalla Commissione, di cui il sig. Bourqueney, in qualità di relatore, ha dato comunicazione al Congresso nella seduta precedente.

Ogni paragrafo di questa redazione è oggetto d’una discussione, alla quale prendono parte tutti i plenipotenziarii, e, dopo essere stata modificata su due punti, è adottata dal Congresso nei termini seguenti:

«Verun protettorato esclusivo sarà d’ora innanzi esercitato sui«Principati danubiani. Non vi sarà né garantia esclusiva né diritto particolare d’ingerenza nei loro affari interni. Essi continueranno a godere, sotto la sovranità della Sublime Porta e sotto la garantia europea, de' privilegii ed immunità, di cui sono in possesso.

«Nella revisione, che avrà luogo, delle leggi e degli Statuti attualmente in vigore, la Sublime Porta conserverà a' detti Principati«un’amministrazione indipendente e nazionale, come pure piena libertà«di culto, legislazione, commercio e navigazione.

«Per istabilire un completo accordo sopra questa revisione, una Commissione speciale, intorno alla composizione della quale s’intenderanno le Alte parti contraenti, si riunirà senza indugio a Bucarest, con un commissario della Sublime Porta.

«Questa Commissione avrà per. incarico d’informarsi dello stato attuale dei Principali, e di preparare le basi della loro futura organizzazione.

«S. M. il Sultano promette di convocare immediatamente un Divano ad hoc in ognuna delle due Provincie, composto in modo da formare la rappresentanza più esatta degli interessi di tutte le classi della società. Questi Divani saranno chiamati ad esprimere i voti delle popolazioni relativamente all’organizzazione definitiva pei Principati.

«Un’istruzione del Congresso regolerà i rapporti della Commissione con questi Divani.

«Prendendo in considerazione l’opinione espressa dai due Divani, la Commissione trasmetterà senza indugio alla sede attuale della Conferenza i risultamenti del proprio lavoro.

«L’accordo finale colla Potenza sovrana sarà confermato da una convenzione conchiusa a Parigi tra le alte parti contraenti; e un hatti-sceriff, conforme alle stipulazioni della convenzione, costituirà definitivamente l’organizzazione di quelle Provincie, poste da qui innanzi sotto la guarentigia collettiva di tutte le Potenze segnalarle.

«Vi sarà nei Principati una forza armata nazionale, ordinata allo scopo di mantenere la sicurezza interna e di assicurare quella delle frontiere. Non si potrà opporre alcun ostacolo ai provvedimenti straordinarii di difesa, che, d’accordo colla Sublime Porta, i Principati fossero chiamati a prendere per respingere qualsivoglia aggressione straniera.

Se la quiete interna dei Principati si trovasse minacciata o compromessa, la Sublime Porta s’intenderà colle altre Potenze contraenti sulle misure da prendersi per mantenere o ripristinare l’ordine legale; e un intervento armato non potrà aver luogo senza un preventivo accordo tra codeste Potenze.»

Il primo plenipotenziario di Turchia fa notare, che le sue istruzioni non gli permettono d'aderire diffinitivamente a questa redazione, e perciò ne riserva l'approvazione della sua Corte, che solleciterà per via telegrafica.

I membri della Commissione, che ha preparato il lavoro di cui il Congresso si è occupato, sono incaricati di volersi riunire per elaborare il progetto d’un testo, che dovrà essere egualmente inserito nel trattato, e fissare le disposizioni, che dovranno esser prese all’uopo, relativamente alla Servia.

Il primo plenipotenziario della Francia dice essere il caso di intendersi sui termini, di cui si farà uso per constatare l'entrata della Turchia nel concerto europeo, e dà lettura d’un progetto concepito in. due articoli.

Sulla proposizione del conte Walewski, il Congresso decide che una Commissione, composta d’A’alì pascià e dei secondi plenipotenziarii d’Austria, Francia, Gran Brettagna, Russia e Sardegna, si riunirà al più presto possibile per preparare un progetto dì redazione di tutte le stipulazioni del trattato di pace, tenendo conto delle risoluzioni affidate ai protocolli, e rinvia a questa Commissione i progetti presentati dai primi plenipotenziarii di Francia e Turchia sull’ammissione dell’impero ottomano nel diritto pubblico europeo.

Il conte Walewski dice, che in risposta alla comunicazione ch'è stato incaricato di fare pervenire a Berlino, come organo del Congresso, ha ricevuto l’avviso che la Prussia, rispondendo all’invito che l’è stato indirizzato, ha nominato per suoi plenipotenziarii il barone di Manteuffel, presidente del Consiglio, ministro degli affari esterni, e il conte d’Hatzfeldt, inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso la Corte di Francia.

(Seguono le firme)

Per copia conforme all’originale.


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PROTOCOLLO N.° X

PRIMA SEDUTA DEL 18 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il protocollo della seduta precedente è letto ed approvato.

I plenipotenziarii della Russia e della Turchia presentano il progetto di convenzione, concertato fra essi, e relativo al numero ed alla portata de' Bastimenti leggieri che le Potenze rivierasche terranno nel mar Nero per la sorveglianza del mare e la sicurezza delle loro coste. Esaminatine i termini, il Congresso, trovando quel progetto in tutto conforme alle basi poste nei preliminari, determina che la copia deposta e paralTata dai plenipotenziarii della Russia e della Turchia verrà annessa a) presente protocollo.

La Commissione di redazione, per organo del suo relatore, barone di Bourqueney, rende conto dei suoi lavori. Il secondo plenipotenziario della Francia, in quella sua qualità, espone che la Commissione si è occupata prima di tutto dell’ordine da tenersi nell’inserzione delle varie stipulazioni nel trattato, ed aggiunge essere stato adottato l’ordine seguente:

Ristabilimento della pace — Sgombramento dei territori! occupati —-Prigionieri di guerra — Amnistia — Entrata della Turchia nel concerto europeo — Sorte dei Cristiani — Revisione della convenzione del 1841 — Neutralizzazione del mar Nero — Libertà del Danubio — Nuova linea della frontiera della Turchia europei — I due Principati — La Servia — Commissione mista per la revisione della frontiera in Asia.

Passando poi a leggere i testi preparati dalla Commissione, il Barone di Bourqueney comunica un progetto di preambolo così concepito:

«S. M, l’Imperatore dei Francesi, S. M. la Regina della Gran Brettagna e d'Irlanda, S. M. l’Imperatore di tutte le Russie, S. M. il Re di Sardegna e S. M. il Sultano, animate dal desiderio di mettere un terimine alle calamità della guerra, e volendo, di concerto con S. M. l’Imperatore d’Austria, prevenire la rinnovazione di quelle complicazioni che l’hanno prodotta, si sono messe d’accordo sui mezzi atti ad assicurare, mediante garantte efficaci e reciproche, l’indipendenza e l’integrità dell’Impero ottomano; e le predette LL. MM., avendo fissate le condizioni proprie a raggiungere questo duplice scopo, hanno fatto invito a S. M. il re di Prussia di associarsi a quest’opera di generale pacificazione.

In conseguenza le LL. MM. hanno nominato………………………….. »

Il barone di Bourqueney legge i paragrafi seguenti:

«A datare di questo giorno vi sarà pace ed amicizia tra S. M. l’Imperatore dei Francesi, S. M. la Regina del Regno Unito della Gran Brettagna e d’Irlanda, S. M. il Re di Sardegna, S. M. il Sultano, da una parte, e S. M. l’imperatore di tutte le Russie, dall’altra parte, come pure fra' loro eredi, e successori, i loro Stati e sudditi rispettivi in perpetuo.

«La pace essendo felicemente ristabilita fra le dette Maestà, i territorii conquistati ed occupati durante la guerra saranno reciprocamente sgombrati.

«Speciali accordi regoleranno il modo dello sgombramento, che dovrà essere effettuato al più presto possibile.

«S. M. l’Imperatore di tutte le Russie s’impegna a restituire a S. M. il Sultano la città e cittadella di Kars, e le altre parti, del territorio ottomano, attualmente possedute dalle truppe russe.

«Le LL. MM. l’Imperatore dei Francesi, la Regina della Gran Brettagna, il Re di Sardegna ed il Sultano, s’obbligano a restituire a S. M. l’Imperatore di tutte le Russie le città ed i porti di Sebastopoli, Balaklava, Kamiesb, Eupatorio, Kertsch, Jenikalè, Kinburn, e tutti i territorii occupati dalle truppe alleate.

Lord Cowley fa notare che il ravvicinamento de' due ultimi paragrafi può dar luogo a credere che le Potenze belligeranti procedano a uno scambio; laddove i preliminari portano che la Russia, in iscambio de' territorii occultati dagli eserciti alleati, consente ad una retificazione della sua frontiera colla Turchia europea.

Il secondo plenipotenziario della Russia risponde, che trattasi qui d'una mutua restituzione di territorii occupati da una parte e dall’altra degli eserciti belligeranti, non già di cessione territoriale; che quest’ultimo punto verrà a suo luogo, quando si tratterà, a norma de' preliminari, della retificazione della frontiera in Europa.

Il relatore della Commissione propone in seguito i seguenti paragrafi:

«S. M. l’imperatore di tutte le Russie e LL. MM. L’imperatore dei Francesi, la Regina della Gran Brettagna, il Re di Sardegna ed— il Sultano si obbligano a rimettere in libertà i prigionieri di guerra, subito dopo che le retificazioni del presente trattato saranno scandiate.

«Le LL. MM. l’imperatore de' Francesi, la Regina, della Gran Brettagna, l’Imperatore di tutte le Russie, il Re di Sardegna ed il Sultano accordano piena ed intera amnistia a tutti quelli de' loro sudditi, che fossero stati compromessi, partecipando agli avvenimenti della guerra in favore della causa nemica.

«S. M. l’imperatore de' Francesi, S. M. l’imperatore d’Austria, S. M. la Regina del Regno unito della Gran Brettagna, S. M. l’Imperatore di tutte le Russie e S. M. il Re di Sardegna, dichiarano la Sublime Porta ammessa a partecipare ai vantaggi del concerto europeo. Le LL. MM. s’impegnano, ciascuna per la sua parte, a rispettare l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’impero ottomano, guarentendo in comune la stretta osservanza di questo impegno; e in conseguenza, ogni atto od avvenimento, capace di portarvi offesa, sarà da essi considerato come una questione d’interesse generale.

«Le convenzioni o trattati, conchiusi e da conchiudersi fra di esse«e la Sublime Porta, d’ora innanzi faranno parte del diritto pubblico«europeo.

«Avvenendo fra la Sublime Porta e qualunque delle Potenze contraenti un dissenso, atto a minacciare il mantenimento delle loro re«lozioni, i due Stati, prima di ricorrere all’uso della forza, metteranno le altre Potenze in misura di prevenire, colla conciliazione, siffatta emergenza.»

Il conte Buol annunzia, d’avere ricevute le istruzioni della sua Corte sul secondo punto concernente il Danubio. Egli dichiara, che l'Austria aderisce all’intera applicazione dei principii stabiliti dall’Atto del Congresso di Vienna, sì rispetto all’alto che al basso Danubio; ben inteso però che questa misura sia combinata colle obbligazioni antecedenti, prese bona fide dagli Stati rivieraschi. Egli propone in conseguenza una nuova redazione, che ha per oggetto di rispondere compiutamente al principio della libertà di navigazione consegnato nei preliminari!, tenendo calcolo per un tempo determinato delle predette obbligazioni.

Dopo aver intesa la lettura di questa nuova redazione, il Congresso risolve che se né aggiunga copia al presente protocollo, rinviandone la -discussione alla prossima seduta.

Il presente protocollo è letto ed approvato.

(Seguono le firme)

Certificalo conforme all'originale.

ANNESSO AL PROTOCOLLO N.° X

CONVENZIONE SEPARATA
TRA LA SUBLIME PORTA E LA RUSSIA

(Firma dei due primi plenipotenziarii.)

Orloff, A’ali

S. M. I. il Sultano, e S. M. l’Imperatore di tutte le Russie, prendendo in considerazione il principio della neutralizzazione del mar Nero, stanziato nel trattato generale in ditta del…………..., del quale essi sono parti contraenti, e volendo conseguentemente regolare di comune accordo il numero e la forza de' bastimenti, ch’essi si riserbano di conservare nel mar Nero, hanno risoluto di sottoscrivere a tal fine una convenzione speciale, ed hanno a quest’effetto nominato:

S2 M. I. il Sultano,

A’ali pascià, gran visir e suo primo plenipotenziario al Congresso di Parigi, e Mehemed-Djemil-Bey, suo ambasciatore straordinario e plenipotenziario;

S. M. l’Imperatore di tutte le Russie,

L’aiutante di campo generale conte Orloff, suo primo plenipotenziario al Congresso di Parigi, ecc. ecc. ecc. ed il barone di Brunnow, ecc. ecc. ecc.

Art. 1.° Le alte parti contraenti s’impegnano mutuamente a non tenere nel mar Nero altri bastimenti di guerra fuori di-quelli, il cui numero, forza e dimensioni sono qui appresso convenuti.

Art. 2.° Ciascuna delle due alte parti contraenti si riserbano di mantenere in questo mare sei bastimenti a vapore di cinquanta metri di lunghezza, linea a fior d’acqua, e quattro bastimenti leggieri, d’un tonnellaggio non maggiore di duecento tonnellate ciascheduno.

ANNESSO AL PROTOCOLLO N.° X

Art. 1.° Avendo l’Atto del Congresso di Vienna stabilito i principii destinati a regolare la navigazione de' fiumi che attraversano varii Stati, le Potenze contraenti stipulano fra di loro, che in avvenire questi principii saranno egualmente applicati al Danubio ed alle sue bocche; esse dichiarano che questa disposizione fa d’ora innanzi parte del diritto europeo e se né portano garanti.

La navigazione del Danubio non potrà essere sottoposta ad incagli o tasse non espressamente prevedute dalle stipulazioni che seguono. Conseguentemente non si leverà pedaggio alcuno, fondato unicamente sul fatto della navigazione del fiume, né tassa alcuna sulle mercanzie a bordo delle navi, e non si opporrà ostacolo qualsiasi alla libera navigazione.

Art. 2.° Per mandar ad effetto il disposto dall’articolo precedente una Commissione composta de' delegati dell’Austria, della Francia, della Gran Brettagna, della Prussia, della Russia, della Sardegna e della Turchia, sarà incaricata di determinare i lavori necessarii per tenere spazzate le bocche del Danubio dalle sabbie che le ingombrano, e d’ordinare l’eseguimento de' lavori.

Onde sopperire alle spese di queste opere, come a quelle degli Stabilimenti aventi per oggetto di far sicura e facile la navigazione alle bocche del Danubio, potrannosi prevalere diritti fissi, in conveniente misura, colla condizione espressa che, tanto sotto questo rapporto, come in ogni altro, le bandiere di tutte le nazioni saranno trattate sul piede d’una perfetta eguaglianza.

Art. 3.° Sarà formata una Commissione, composta de' delegati dell’Austria, della Baviera, del Wurtemberg, della Servia, della Valacchia, della Moldavia e della Turchia. Essa sarà permanente e redigerà: a) i regolamenti di navigazione e polizia fluviale; b) toglierà gl’incagli legislativi, che tuttora si oppongono all’applicazione sul Danubio delle disposizioni del trattato di Vienna; c) ordinerà e farà eseguire i lavori necessarii lungo tutto il corso del fiume.

Art. 4.° Resta inteso che la Commissione europea dovrà esaurire i proprii incumbenti, e che la Commissione rivierasca dovrà compiere i lavori descritti nell’articolo precedente alle lettere a, b, nello spazio di due o tre anni, o prima se è possibile.

La Conferenza sedente in Parigi, informata di questo fatto, dopo averne preso atto, pronuncierà la dissoluzione della Commissione europea.

Art. 5.° Per far sicuro l’adempimento de' regolamenti, che saranno convenuti di comune accordo conforme a' principii qui sopra enunciati, ciascuna delle Potenze contraenti avrà il diritto di far istazionare (uno o due) bastimenti leggieri alle bocche del Danubio.


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PROTOCOLLO N.° XI

SECONDA SEDUTA DEL 18 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Russia

» della Sardegna

» delta Turchia

Il conte Walewski annuncia che l’arrivo de' plenipotenziarii prussiani a Parigi gli è stato notificato dal conte Hatzfeld.

Il bar. di Manteuffel e il co. Hatzfeldt sono introdotti e presentano i loro pieni poteri, che sono trovati in regola e annessi agli atti del Congresso.

È presentata a' plenipotenziarii della Prussia una copia de' protocolli delle sedute precedenti.

Il barone di Bourqueney dà lettura de' paragrafi preparati pel rinnovamento della convenzione degli Stretti; questi paragrafi sono concepiti ne’ seguenti termini:

«La convenzione del 43 luglio 1844, che mantiene l’antica regola«dell’Impero Ottomano, relativa alla chiusura degli Stretti del Bosforo«e de' Dardanelli, è stata riveduta di comune accordo.

«L’atto conchiuso a tale riguardo, conforme a questo principio,«è, e resta annesso al presente trattato.»

Il conte Walewski propone d’affidare a una Commissione la cura di redigere lo strumento, destinato a surrogare la convenzione del 13 luglio 1841; il Congresso aderisce, e la Commissione è composta dei primi plenipotenziarii della Prussia e della Turchia, e de' secondi plenipotenziarii di Francia, Gran Brettagna, Russia e Sardegna.

(Seguono le firme)

Certificato conforme all’originale.

PROTOCOLLO N.° XII

SEDUTA DEL 22 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell’Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il protocollo della seduta, tenuta il 18 marzo 1856, è letto ed approvato. Il conte Orloff fa sapere al Congresso, che la Corte di Russia ha dato la sua approvazione al progetto di convenzione, concertato tra i plenipotenziarii della Turchia e della Russia e che è stato inserito net protocollo N. 10.

Il conte Walewski propone di designare una Commissione, che sarà incaricata di presentare al Congresso un progetto definitivo di preambolo. .

Questa proposizione è adottata, e la Commissione è composta de' secondi plenipotenziarii.

(Seguono le firme)

Per copia conforme all’originale.


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PROTOCOLLO N.° XIII

SEDUTA DEL 24 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell’Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Rustia

» della Sardegna

» della Turchia

Il protocollo della precedente seduta è letto ed approvato.

Il barone di Bourqueney rende conto dei lavori della Commissione, incaricala di preparare il progetto definitivo di preambolo del trattato generale. La Commissione, dice il secondo plenipotenziario della Francia, aveva per iscopo di trovare una redazione, che, facendo parte di tutte le situazioni, fosse ugualmente soddisfacente per ciascuna delle Potenze, che concorrono all’opera della pace.

Vien data lettura in questi termini del progetto, unanimemente accettato dalla Commissione:

«Le LL. MM………………………………………………………….…

«animate dal desiderio di mettere un termine alle calamità della guerra, e volendo prevenire il ritorno delle complicazioni, che l’hanno fatta«nascere, hanno risoluto d’intendersi con S. M. l’Imperatore d’Austria sulle basi da darsi al ristabilimento ed alla consolidazione della pace, assicurando per garantia efficace e reciproca l’indipendenza e l’integrità dell’Impero ottomano.

Al quale effetto le Loro dette Maestà hanno nominato per plenipotenziarii………………………………………….

«I quali si sono riuniti in Congresso a Parigi.

«L’accordo essendo stato fortunatamente stabilito tra essi, le«LL. MM. l’imperatore de' Francesi, l’imperatore d’Austria, la Regina del Regno della Gran Brettagna, l’Imperatore di tutte le Russie, il«Re di Sardegna ed il Sultano, considerando che, nell’interesse euro«peo, S. M. il Re di Prussia, segnatario della convenzione del 13 luglio 1841, doveva essere chiamato a partecipare ai novelli accomodamenti da prendere, ed apprezzando il valore che aggiungerà all’opera«della pacificazione generale il concorso della detta Maestà, l'hanno in«vitata ad inviare plenipotenziarii al Congresso.

«In conseguenza, S. M. il Re di Prussia ha nominato per suoi plenipotenziarii……………………………………..……………..»

Il Congresso adotta.

Il conte Walewski ricorda che il Congresso ha deciso, in una delle sue precedenti sedute, che sarà fatta menzione nel trattato generale dell’hatti-sceriff, emanato recentemente da S. M. il Sultano in favore de' suoi sudditi non musulmani, e ch'è stato convenuto tuttavia che questa menzione sarà concepita nei termini proprii a stabilire la spontaneità, che il Governo ottomano ha usato in questa circostanza, e di maniera che non possa, in alcun caso, risultarne un diritto d’ingerenza per le altre Potenze.

Il conte Walewski propone d’inserir nel trattato generale sul quarto punto, la redazione seguente, che gli sembra contenere le intenzioni del Congresso:

«S. M. I. il Sultano, nella sua costante sollecitudine pel ben essere di tutti i suoi sudditi, senza distinzione di religione e di stirpe, avendo concesso un firmano, che consacra ugualmente le sue generose intenzioni verso le popolazioni cristiane del suo Impero, volendo dare una novella testimonianza de' suoi sentimenti a questo riguardo, ha risoluto di comunicare alle Potenze contraenti il detto firmano, sponta neamente emanato dalla sua sovrana volontà.

«Egli è ben inteso che questa comunicazione, della quale le Potenze contraenti constatano l’alto valore, non potrebbe in alcun caso dare il diritto alle dette Potenze d’immischiarsi, sia collettivamente, sia separatamente, nei rapporti di S. M. il Sultano coi suoi sudditi, né nell’amministrazione interna del suo Impero.»

I plenipotenziarii dell’Austria, della Gran Brettagna e della Turchia appoggiano questa proposizione, come rispondente pienamente all’oggetto ch’essi si propongono. A’alì pascià aggiunge, che sarà impossibile associarsi a tutt’altra redazione, se tende a conferire alle Potenze un diritto proprio a limitare l’autorità sovrana alla Sublime Porta.

I plenipotenziarii della Russia rispondono, che questo punto merita un’attenzione particolare, e ch'essi non potrebbero esprimere la loro opinione prima d’avere esaminato con cura la redazione messa in deliberazione. Essi dimandano l’invio ad una Commissione.

È stabilito che la discussione avrà luogo in Congresso nella prossima seduta.

Il plenipotenziario della Francia comunica gli articoli relativi alla Servia, e che sono stati redatti dalla Commissione dei Principati.

Sulla proposizione del conte di Clarendon, il Congresso decide, che questi articoli saranno inseriti al presente protocollo, rimettendone l’esame alla riunione seguente.

Questi articoli sono cosi concepiti:

Articolo:

«Il Principato' di Servia continuerà a dipendere dalla Sublime Porta, conformemente agli hats imperiali, che stabiliscono e determinano i diritti e le immunità di che esso gode.

«In conseguenza, il detto Principato conserverà la sua amministrazione indipendente e nazionale, la piena libertà di culto, di legislazione, di commercio, di navigazione.

«I miglioramenti, che sembreranno divenire necessari! ad introdursi nelle attuali instituzioni del Principato di Servia, non dovranno«essere che il risultamento d’un concerto tra la Sublime Porta e le altre parti contraenti.»

Articolo:

«Il diritto di guarnigione della Porta, tal quale si ritrova stipulato pei regolamenti antecedenti, è mantenuto.»

Articolo:

«La Servia trovandosi ormai collocata sotto la garantia collettiva di tutte le Potenze, nessun intervento armato esclusivo potrà aver luogo sul suo territorio dalla parte dell’una o dell’altra delle Po«lenze contraenti.»

(Seguono le firme)

Certificato conforme all’originale

PROTOCOLLO N.° XIV

SEDUTA DEL 25 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

II protocollo della precedente seduta è letto ed approvato.

I plenipotenziarii della Russia sono invitati a partecipare al Congresso le osservazioni, che si sono riservati di presentare sulla redazione inserita nel protocollo N. 45, relativa al quarto punto.

Il barone Brunnow espone che, assicurando ai Cristiani dell’Impero ottomano il pieno godimento de' loro privilegii, si è data alla pace una garantia di più che non sarà la meno preziosa; che a questo titolo non si potrebbe apprezzare abbastanza l’importanza dell’hatti-sceriff emanato recentemente dalla volontà sovrana del Sultano; che i plenipotenziarii della Russia non esitano a riconoscere, e sono anche lieti di dichiarare, che quest’atto, di cui ogni paragrafo attesta altamente le benevole intenzioni del Sovrano, che l’ha emesso, effettua ed anche oltrepassa. tutte le loro speranze; che, facendone menzione nel trattato di pace si rende omaggio all’alta saggezza del Sultano, e si fa testimonianza della sollecitudine, che anima egualmente tutti i Governi d’Europa; che su questo punto si è d’accordo, e che non trattasi ora d’altro che d’intendersi sui termini. Il sig. di Brunnow aggiunge che l’interesse particolare, che la Russia sente pei Cristiani della Turchia, aveala determinata a dare il suo pieno consenso ad una prima redazione, che' pare frattanto abbia sollevate certe obbiezioni, quantunque siffatta redazione, conformemente al parere unanime del Congresso, facesse rimontare esclusivamente alla volontà sovrana e spontanea del Sultano l’atto, che si vuol ricordare nel trattato, e stipulasse che non potesse risultarne alcun diritto d’ingerenza per nessuna Potenza.

Avendo riguardo, egli dice, a suscettibilità, che noi rispettiamo, vi rinunziamo, e proponiamo al Congresso una redazione, che ci sembra soddisfaccia a tutti i bisogni, rimanendo nei limiti, che ci vengono fissati.

Il barone di Brunnow dà lettura di questa redazione così concepita: S. M. il Sultano, nella sua costante sollecitudine pel benessere di tutti i suoi sudditi, senza distinzione di religione né di stirpe, avendo concesso un firmano, che conferma le sue generose intenzioni verso le popolazioni cristiane del suo Impero, ha risoluto di portare; il detto firmano alla conoscenza delle Potenze contraenti.

«Le LL. MM. l’imperatore de' Francesi ecc. constatano l’alta importanza di quest’atto spontaneo della volontà sovrana di S. M. il Sultano. Le prefatte LL. MM. accettano questa comunicazione come un pegno del miglioramento della sorte de' Cristiani in Oriente, oggetto comune dei loro voti in un interesse generale d’umanità, di civiltà e di pietà.

«Manifestando a questo riguardo l'unanimità delle loro intenzioni, le alte parti contraenti dichiarano di comune accordo che la comunicazione dell’atto suaccennato non potrebbe dar luogo ad alcuna ingerenza collettiva o isolata negli affari d’amministrazione interna dell’impero ottomano, in pregiudizio dell’indipendenza e della dignità dell’Autorità sovrana nelle sue relazioni coi suoi sudditi.»

lì primo plenipotenziario della Francia, e dopo di lui il conte di Clarendon, fan notare che il progetto, presentato dai plenipotenziarii russi, non differisce essenzialmente da quello, cui desiderano sostituirlo, e che, insistendo, porrebbero i plenipotenziarii della Turchia nell’obbligo di riferire nuovamente a Costantinopoli e così provocare nuovi aggiornamenti: che la differenza, che si nota fra i due testi, o ha una importanza degna d’occupare il Congresso, e in questo caso i plenipotenziarii della Russia dovrebbero precisarne il carattere e la natura; o questa differenza è insignificante, còme può rilevarsi dietro una semplice lettura, ed allora converrebbe attenersi alla redazione stata aggradita dal Governo ottomano, principale interessato nella questione.

Il conte Orloff risponde che, d’accordo col barone di Brunnow, e prendendo in considerazione i motivi enunciati dai plenipotenziarii della Francia e della Gran Brettagna, rinunzia a far adottare il progetto presentato dal secondo plenipotenziario della Russia, e aderisce a quello presentato dal conte Walewski, domandando però un lieve cangiamento e riservando l'approvazione della sua Corte.

Lord Cowley dice, non potere lasciar passare espressioni, di cui si è servito il barone di Brunnow, parlando dell’interesse particolare, che la Russia porta ai sudditi cristiani del Sultano; che l’interesse, che le altre Potenze cristiane non han cessato di testimoniar loro, non è meno grande, né meno particolare.

Il barone di Brunnow risponde che, ricordando le disposizioni, di cui la sua Corte è stata sempre animata; non ha inteso mettere in dubbio o contestare quelle delle altre Potenze pei loro correligionarii.

A’ali pascià, dopo aver dichiarato che le sue istruzioni non gli permettono d’aderire ad alcuna modificazione senza ricevere gli ordini del suo Governo, riconoscendo che il cangiamento, richiesto dal conte Orloff, consiste in una semplice trasposizione di parole, vi consente, ed il Congresso adotta la redazione seguente, divenuta definitiva, salvo la riserva fatta sopra dal primo plenipotenziario della Russia... (V. l’art. » del Trattato.)

Il conte Walewski dice che, avendo lo stato di guerra invalidato i trattati e le convenzioni che esistevano tra la Russia e le altre Potenze belligeranti, occorre convenire intorno ad una stipulazione transitoria che fissi i rapporti commerciali de' loro sudditi rispettivi a datare dalla conclusione della pace.

Il conte di Clarendon emette l’avviso, che converrebbe stipulare mutuamente per il commercio e per la navigazione, il trattamento della nazione più favorita, aspettando che ciascuna Potenza alleata possa rinnovare con la Russia i suoi antichi trattati, o negoziarne altri.

I plenipotenziarii della Russia rispondono essere a tal proposito senza istruzioni, e che non sarebbe loro permesso prender impegni che creino uno stato di cose differente da quello esistente prima della guerra, e che prima di prestarsi alla combinazione proposta dal conte di Clarendon, dovrebbero riferirne alla loro Corte, che la Russia ha conchiuso d’altronde cogli Stati limitrofi trattati, i quali accordano ai sudditi rispettivi vantaggi, che forse non le converrebbe concedere anche contemporaneamente ai sudditi di altri Potentati, atteso che potrebbe non risultarne una giusta reciprocità; e per tali motivi propongono di convenire che i trattati e le convenzioni esistenti prima della guerra, saranno rimessi in vigore in un termine determinato e sufficiente per permettere alle parti di concertarsi intorno a nuove stipulazioni.

Riserbata la questione, il conte di Clarendon dice, che, chiamando la Turchia a far parte del sistema politico dell’Europa, i Potentati contraenti darebbero segnalata testimonianza delle disposizioni, che li uniscono e della loro sollecitudine per gl’interessi generali de' loro sudditi rispettivi, se cercassero d’intendersi nello scopo di mettere i rapporti dei loro commercio e della loro navigazione in armonia con la nuova posizione, che sarà data all’Impero Ottomano.

Il conte Walewski appoggia codesto avviso, e si fonda sui nuovi principii, che saranno per derivare dalle deliberazioni del Congresso, e sulle garantie che i recenti provvedimenti presi dal Governo del Sultano danno all’Europa.

II conte di Cavour fa osservare che nessun Potentato possiede una legislazione commerciale più liberale di quella della Turchia, e che l'anarchia, che regna nelle transazioni o meglio nelle relazioni personali degli stranieri residenti nell’Impero Ottomano, ha origine da stipulazioni nate da una situazione eccezionale.

Il barone di Manteuffel dice, che la Prussia, avendo avuto a negoziare un trattato di commercio con la Porta, ha avuto occasione di provare le difficoltà di ogni genere, cui dà luogo la moltiplicità delle convenzioni conchiuse con la Turchia, stipulanti per ciascun Potentato il trattamento della nazione più favorita.

Il conte di Buol riconosce che taluni vantaggi verrebbero dal regolamento delle relazioni commerciali della Turchia con gli altri Potentati; ma differendo gl’interessi con le rispettive situazioni, non si può procedere se non con molta circospezione ad un rimpasto, che toccherebbe certe posizioni, acquistate, le quali rimontano a' primi tempi dell’Impero Ottomano.

A’alì pascià attribuisce tutte le difficoltà, che impacciano le relazioni commerciali della Turchia e l’azione del Governo Ottomano, a stipulazioni che già han compito il lor tempo. Egli entra in particolari, che stabiliscono che i privilegii, acquistati con capitolazioni dagli Europei, nocciono alla loro propria sicurezza e allo sviluppo delle loro transazioni, restringendo l’intervento dell’amministrazione locale; che la giurisdizione, sotto la quale gli agenti stranieri cuoprono i loro nazionali, costituisce una moltiplicità di Governi nel Governo e per conseguenza un ostacolo insormontabile ad ogni miglioramento.

Il barone di Bourqueney, e con lui gli altri plenipotenziarii, riconoscono, che le capitolazioni rispondono ad una situazione, alla quale il trattato di pace tenderà necessariamente a metter fine, e che i privilegii da esse stipulati per le persone circoscrivono l’autorità della Porta in limiti dispiacevoli; che occorre avvisare a temperamenti atti a conciliar tutto; ma che non è meno importante di proporzionarli alle riforme che la Turchia introduce nella sua amministrazione, in modo che si combinino le garantie necessarie agli stranieri con quelle, che nasceranno, da' provvedimenti, la cui applicazione si prosegue dalla Porta.

Scambiate queste spiegazioni, i plenipotenziarii riconoscono unanimemente la necessità di rivedere le stipulazioni, che fissano i rapporti commerciali della Porta con gli altri Potentati, come pure le condizioni degli stranieri residenti in Turchia; e decidono di trascrivere nel presente protocollo il voto che sia aperta una deliberazione a Costantinopoli, dopo la conchiusione della pace, tra la Porta e i rappresentanti degli altri Potentati contraenti, per raggiungere questo doppio scopo in modo che si dia piena soddisfazione a tutti gl’interessi legittimi.

Il Congresso ripiglia la discussione degli articoli relativi alla Servia; il conte Walewski né dà lettura; e, dopo essere stati ritoccati, vengono accettati dal Congresso ne’ termini seguenti...

(V. art. 28 e 29 del Trattato – meno l’ultima parte dell’art. 28, che più non si legge, e così fu concepita: «S. M. il Sultano s’impegna a ricercare, d’accordo con le alte parli contraenti, i miglioramenti che comporta l’attuale ordinamento del Principato.»)

Il Congresso decide inoltre, che i ministri della Porta, s’intenderanno a Costantinopoli coi rappresentanti delle Potenze contraenti sui mezzi più atti a metter termine agli abusi privati dietro investigazione, la cui natura essi determineranno tra di loro.

Il conte Buol pensa che sarebbe utile, in occasione dei differenti punti, di cui il Congresso si è occupato, di ottenere dai plenipotenziarii della Russia, a proposito del Montenegro, assicurazioni, che verisimilmente son disposti a dare. Aggiugne che circostanze, le quali rimontano a tempi diversi, han potuto far credere che la Russia intendeva esercitare un’azione, che avesse qualche analogia con quella che le era stata devoluta nelle Provincie danubiane, e che i suoi plenipotenziarii potrebbero togliere tutti i dubbi intorno a ciò, con una dichiarazione che rimarrebbe inserita nel protocollo.

I plenipotenziarii della Russia rispondono, che non è stata fatta menzione del Montenegro né nei documenti che sono usciti dalle conferenze di Vienna, né negli atti, che han preceduto la riunione del Congresso; che non ostante essi non esitano a dichiarare, sendo interpellati, che il loro Governo altri rapporti non mantiene col Montenegro, se non quelli che nascono dalle simpatie dei Montenegrini per la Russia e dalle disposizioni benevole della Russia per que’ montanari.

Questa dichiarazione si giudica soddisfacente, ed il Congresso passa all’esame degli articoli sopra i Principati danubiani, che sono stati rivisti dalla Commissione di redazione.

Dopo essere stati soggetto di novella discussione, essi rimangono nel protocollo nel tenor che segue... (V. art. 22-27 del Trattato).

Dietro un’osservazione, presentata dal conte di Clarendon, rimane inteso che il firmano prescrivente la convocazione dei Divani ad hoc sarà concertato coi rappresentanti delle Potenze contraenti a Costantinopoli, e compilato in modo che provvegga all’intiera esecuzione dell’articolo, il quale determina la composizione di codeste assemblee.

Prima di chiuder la tornata, il co. Walewski fa osservare che, sendo stati stabiliti la più parte degli articoli del trattato generale, e trovandosi inseriti ne’ protocolli, il Congresso nella prossima adunanza potrà passare in rivista tutti i testi destinati a comporre l’istrumento finale.

(Seguono le firme.)

Per copia conforme all’originale

PROTOCOLLO N.° XV

SEDUTI DEL 26 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell’Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Rustica

» della Sardegna

» della Turchia.

Sendo stata data lettura del protocollo della tornata precedente; i plenipotenziarii dell’Austria, della Gran Brettagna e della Turchia dichiarano, considerare le spiegazioni dei plenipotenziarii della Russia relativamente al Montenegro, come producenti l’assicurazione, che la Russia mantiene con quella Provincia relazioni di carattere esclusivamente politico.

A’alì pascià aggiunge, che la Porta riguarda il Montenegro come parte integrante dell’Impero Ottomano e dichiara tuttavia che la Sublime Porta non ha intenzione di mutare l’attuale stato delle cose. Dopo queste spiegazioni, il protocollo è letto ed approvato.

Il conte Walewski dà una generale e definitiva lettura di tutte le stipulazioni approvate dal Congresso, le quali trovansi successivamente inserite nel presente protocollo, dopo aver ricevuto alcune modificazioni convenute di comune accordo:

«Le LL. MM., ec., animate dal desiderio, ec. ec.»

(V. il Trattato dal preambolo sino all’art. 14.)

(Seguono le firme)

Per copia conforme all’originale.


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PROTOCOLLO N.° XVI

SEDUTA DEL 27 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il protocollo della tornata precedente è letto ed approvato.

Il conte Walewski dà lettura del progetto di convenzione destinato a surrogare l'atto sottoscritto a Londra il 13 luglio 1844.

Questo progetto è accolto e il Congresso decide che sarà annesso al presente protocollo.

Il Congresso decide inoltre che un protocollo particolare, il quale sarà sottoscritto prima di questa convenzione, stipulerà, pel termine necessario allo sgombro dei territorii dagli eserciti belligeranti, un eccezione temporanea alla regola della chiusura.

Il conte Walewski ripiglia la lettura degli artieoli del trattato generale, interrotta sulla fine della precedente tornata; i quali articoli sono successivamente approvati come segue;

Art. 15-16 (V. il Trattato.)

All’articolo 16:

i plenipotenziarii della Turchia dichiarano che la Sublimi Porta farà volontieri le necessarie anticipazioni per l'eseguimento di lavori, di cui si fa menzione nell’articolo superiore (i lavori di sgombro delle foci del Danubio, ecc.)

(Il conte Walewski prosegue la lettura degli articoli del trattato generale dal 17 al 28.)

Rivedendo quest’ultimo articolo (il 28) il Congresso stabilisce che la decisione, la quale vi fa seguito nel protocollo N. 44, è mantenuta.

Art. 29-30 (V. il Trattato.)

Il primo plenipotenziario della Francia dice, ch’egli giunse all’articolo che stipula lo sgombro del territorio ottomano dagli eserciti delle

Potenze alleate. Egli fa osservare che le convenzioni anteriori, conchiuse con la Porta, fissano a tal effetto termini che, a ragione dello sviluppo preso dalia guerra, sono divenuti materialmente insufficienti per lo sgombro delle truppe e del materiale, riuniti in questo momento in Crimea. Aggiunge che io sgombro comincierà tosto che la pace sarà conchiusa, e che è intenzione della Francia e di tutt’i suoi alleati di richiamare il suo esercito nel più breve termine possibile, ma che cotesta operazione non esigerà meno di sei mesi: che quindi gli alleati della Porta si troveranno nell’impossibilità, qualunque sia il loro desiderio di conformarvisi, di eseguire nel termine convenuto gl’impegni, che han preso su tal punto, e che però occorre d’intendersi su questo.

In conseguenza di tali osservazioni, il Congresso decide che si riunirà immediatamente dopo la conchiusione della pace, per convenire intorno agli accordi che si dovran prendere per fissare i termini, in cui lo sgombro dovrà essere compito.

L’approvazione degli ultimi articoli del trattato generale è rinviata alla prossima adunanza.

Il progetto della convenzione da conchiudersi tra la Russia e la Turchia, e che si trova unito al protocollo N. 40, essendo stato riveduto, è accolto, e rimane stabilito nel modo in ch'egli si trova annesso al presente protocollo.

(Seguono le firme)

(Seguono le convenzioni per i legni leggieri e quelle per gli Stretti.)

Per coppa conforme all’originale.

PROTOCOLLO N.° XVII

SEDUTA DEL 28 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il protocollo della precedente tornata è letto ed approvato.

Il conte Walewski dà lettura degli ultimi articoli del trattato generale, i quali sono stabiliti ed accolti dal Congresso in questi termini:

Art. 31 al 34 (V. il Trattato.)

Il Congresso inoltre decidé che il trattato finirà coll’articolo addizionale e transitorio che segue... (V. il Trattato.)

Bendo stati letti ed approvati tutti gli articoli, il conte Walewski propone al Congresso di riunirsi domani per contrassegnare il trattato e le convenzioni che vi saranno annesse. Egli propone anche che si fissi per domenica 30 di questo mese la sottoscrizione della pace.

Il Congresso aderisce.

Il conte Walewski fa finalmente osservare che, sottoscrivendo il trattato di pace, il Congresso non sarà arrivato al termine di que’ lavori; ch'esso dovrà continuare a riunirsi per esser d’accordo in tutto ciò che concerne la cessazione delle ostilità e particolarmente i blocchi; per preparare le istruzioni da darsi alla Commissione, che deve recarsi ne’ Principati, e per convenire finalmente sulle disposizioni che debbonsi prendere per assicurare lo sgombro di tutt’i territorii occupati dalle armi delle Potenze alleate.

In conseguenza, il Congresso decide che continuerà ad adunarsi nel luogo delle sue tornate.

(Seguono le firme)

Certificato conforme all’originale.

PROTOCOLLO N.° XVIII

SEDUTA DEL 29 MARZO 1856

Presentì

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il Protocollo della precedente seduta è letto ed approvato.

Vien fatta lettura successivamente:

1° del progetto del Trattato generale;

2° del progetto di Convenzione degli Stretti;

3° del progetto di Convenzione relativa ai bastimenti leggeri da guerra che le Potenze finitime manterrebbero nel Mar Nero;

4° del progetto di Convenzione concernente le isole d’Aland;

Ed i sigg. Plenipotenziarii, dopo avere sostituito il nome di Isatcha a quello di Toultcha nell’Articolo XVI del primo di questi progetti, avendoli trovati conformi ai testi inscritti ai protocolli N. XV, XVI e XVII li rendono autentici e né rimettono la firma, come è stato convenuto, a domani, all’ora del mezzodì.

Il presente protocollo è letto ed approvato.

(Seguono le firme)

Certificato conforme all’originale.

PROTOCOLLO N.° XIX

SEDUTA DEL 30 MARZO 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Riuniti all’ora del mezzodì nella Sala delle loro deliberazioni, i sigg. Plenipotenziarii collazionano, sopra gl’istrumenti autenticati nella precedente seduta:

1° Il Trattato generale di pace

2° La Convenzione degli Stretti

3° La Convenzione relativa ai bastimenti da guerra leggeri, che le Potenze finitime manterranno nel mar Nero;

4° La Convenzione concernente le isole di Aland.

E tutti questi Atti, essendo stati trovati nella forma dovuta, i sigg. Plenipotenziarii vi appongono la loro firma ed il sigillo delle loro armi.

Dopo di che, e sulla proposta del sig. Conte Walewski, il Congresso dichiara che l’Armistizio, in conseguenza della pace firmata, trovasi prorogato fino al momento dello scambio delle ratifiche, e resta convenuto fra i sigg. Plenipotenziarii della Francia, della Gran Brettagna, della Sardegna e della Turchia, da una parte, ed i signori Plenipotenziarii della Russia dall’altra, che saranno trasmessi degli ordini, senza dilazione, a questo effetto.

Il Congresso decide inoltre, che lo scambio delle ratifiche avrà luogo in sei esemplari, che le ratifiche dell’Articolo Addizionate al Trattato generate si faranno unitamente al Trattato generate medesimo, e che te ratifiche di questo Trattato come di ciascheduna delle annesse Convenzioni, saranno registrate in atti separati.

Il sig. Co. di Clarendon propone ai Plenipotenziarii di recarsi alte Tuilleries per informare l’imperatore che il Congresso ha compiuto l’opera di pacificamento, a cui Sua Maestà poneva grande interesse, e che l'Europa aspettava con sì viva impazienza.

Il primo Plenipotenziario della Gran Brettagna dice, che questo passo verso il Sovrano del paese, ove il Congresso trovasi riunito, è, in pari tempo, un omaggio rispettoso di riconoscenza dovuto all’alta benevolenza ed alla graziosa ospitalità, di cui i Plenipotenziarii individualmente e collettivamente furono oggetto, da parte di Sua Maestà Imperiale.

Lord Clarendon aggiunge di avere l’anticipata certezza che tutto quello che fosse di tal natura da render palesi i sentimenti di rispetto e di alta considerazione, onde sono animati i Plenipotenziarii verso la persona dell’Imperatore Napoleone, incontrerebbe la piena approvazione dei Sovrani, che i Plenipotenziarii hanno l’onore di rappresentare.

Il Congresso accoglie con sollecitudine unanime la proposta del primo Plenipotenziario della Gran Brettagna.

Il sig. Co. Walewski ringrazia il primo Plenipotenziario della Gran Brettagna della proposta da lui fatta, e non esita a farsi mallevadore che l’imperatore suo Augusto Sovrano, sarà sensibilissimo alla misura suggerita da Lord Clarendon, ed avrà eguale riconoscenza ai sentimenti che l’hanno dettata come all’unanime sollecitudine con cui fu accolta.

Il presente Protocollo è letto ed approvato.

(Seguono le firme)

Certificato conforme all’originale.


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PROTOCOLLO N.° XX

SEDUTA DEL 3 APRILE 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell'Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Come era stato deciso, il Congresso si occupa della questione di sapere, se i blocchi possono essere levati prima dello scambio delle ratificazioni del trattato di pace.

Il sig. Co. Walewski espone, come i precedenti stabiliscano che, generalmente, i blocchi non sieno stati levati se non al momento dello scambio delle ratificazioni, in virtù del principio che la guerra non è terminata se non al momento in cui le stipulazioni che debbono porvi fine hanno ricevuto la consacrazione dei Sovrani; come lo spirito di liberalità il quale esercita a nostri giorni una sì fortunata preponderanza sopra il diritto internazionale, e sopra i rapporti che le differenti Potenze mantengono fra di loro, permetta nondimeno di derogare a questa regola; come la Francia e la Gran Brettagna, le quali hanno messo i blocchi esistenti, rimanessero d’accordo nel dare in questa circostanza una prova della loro sollecitudine per il commercio in generale, e come altro non resti quindi fuorché concertarsi sopra i mezzi atti ad assicurare all’Europa questo nuovo benefizio.

D’accordo col primo Plenipotenziario della Francia, il sig. Co. di Clarendon propone di conchiudere un armistizio marittimo. Una tale misura, per suo avviso, avrebbe per effetto la cessazione immediata dei blocchi esistenti.

Il sig. Co. Walewski aggiunge, che questa combinazione permetterebbe di considerare le prese, fatte posteriormente alla segnatura della pace, come non avvenute, e di restituire le navi ed i carichi catturati; che il commercio si troverebbe quindi autorizzato a ripigliare, senza ulteriore ritardo, tutte le sue transazioni, ove la Russia da parte 20 sua levasse fin d’ora quelle misure eccezionali da lei prese durante la guerra, per vietare nei suoi porti le operazioni commerciali che si fa cevano in tempo di pace.

Adottando, solleciti, i voti esposti dai signori plenipotenziarii della Francia e della Gran Brettagna, i signori plenipotenziarii della Russia rispondono, che la proposizione sottoposta al Congresso sarà probabilmente accettata col massimo favore dal loro Governo, e ch'essi si affrettano quindi di aderirvi, per i medesimi motivi che l’hanno suggerita ai plenipotenziarii, i quali né hanno presa l'iniziativa, ma che si trovano in obbligo di riservarne l’approvazione alla loro corte.

I signori plenipotenziarii delle altre Potenze dichiarano, che questa misura sarà accolta con sentimenti di viva riconoscenza degli Stati neutrali.

Egli è quindi deciso, che se nella prossima seduta, come si presume, i signori plenipotenziarii della Russia sono autorizzati a far sapere che il loro Governo ha tolte le proibizioni imposte, durante la guerra, al commercio d’importazione ed esportazione nei porti e sulle frontiere dell’Impero Russo, sarà conchiuso fra la Francia, la Gran Brettagna, la Sardegna e la Turchia da una parte, e la Russia dall’altra un armistizio marittimo, che avrà luogo alla data della segnatura della pace, e che avrà per effetto di levare tutti i blocchi. Conseguentemente, le prese fatte posteriormente al giorno 30 marzo passato, saranno restituite.

Gli atti consolari e le formalità richieste dai navigatori e commercianti sqrannó adempiuti provvisoriamente dagli Agenti delle Potenze che hanno acconsentito durante la guerra a prendere cura ufficiosa degl’interessi dei sudditi degli Stati belligeranti.

(Seguono le firme)

Certificato conforme all’originale.

PROTOCOLLO N.° XXI

SEDUTA DEL 4 APRILE 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell’Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il Protocollo della precedente seduta è letto ed approvato.

I Sigg. plenipotenziarii della Russia annunziano d’essere autorizzati a dichiarare, che le misure proibitive prese durante la guerra per chiudere i porti russi al commercio di esportazione saranno rimosse.

In seguito a tale dichiarazione e conforme alla risoluzione presa nella precedente riunione, il Congresso stabilisce, essersi conchiuso un armistizio marittimo fra la Francia, la Gran Brettagna, la Sardegna e la Turchia d’una parte e la Russia dall’altra, e che le prese fatte posteriormente alte segnatura della pace saranno restituite.

Resta convenuto perciò che si daranno gli ordini per te cessazione immediata dei blocchi esistenti, e che de misure prese in Russia durante la guerra contro l’esportazione dei prodotti russi e segnatamente contro quella de' cereali, saranno egualmente rivocate senza dilazione.

Dopo essersi proposto al Congresso di occuparsi della evacuazione dei territorii russo e ottomano, il Sig. Co. Walewski dice, che in quanto concerne gli Alleati, è loro intenzione, siccome già se né son fatti mallevadori, di richiamare tosto le loro truppe, e di dare gli ordini opportuni affinché questo movimento incominci immediatamente dopo lo scambio delle ratificazioni.

Egli è d’opinione, e crede poter accertare, che i territori della Russia saranno egualmente evacuati entro lo spazio di sei mesi. Egli aggiunge, che le armate alleate abbandoneranno, entro lo stesso termine, quelle posizioni che occupano nella Turchia.

1 Sigg. plenipotenziarii della Turchia assicurano da parte loro, che saranno prese delle disposizioni affinché le truppe russe che si trovano a Kars e ne’ suoi dintorni effettuino quanto più prontamente è possibile la loro ritirata sul territorio russo. Essi si obbligano di far conoscere al Congresso, in una delle prossime riunioni, il termine che sarà giudicato necessario al pronto compimento di questa operazione. Esprimono il desiderio che le armate alleate, le quali sono in Crimea, comincino il loro movimento di ritirata da Kertch e Jenikalé, affinché il Mar d’Azoff si trovi aperto quanto prima alla navigazione ed al commercio.

Il Sig. Co. di Buol si compiace della sollecitudine che dimostrano le Potenze belligeranti nel richiamare le loro armate, e nell’eseguire quindi senza dimora una delle più importanti stipulazioni del Trattato di pace.

Egli dice, che l’Austria, per parte sua, avrà cura di far rientrare nel suo territorio quelle fra le sue truppe che occupavano i Principati.

Aggiunge, che non incontrando questa operazione le medesime difficoltà, che deve promuovere rimbarco delle armate presenti in Crimea e del loro materiale, potrà perciò compiersi più prontamente, e -che le truppe Austriache avranno evacuato i Principati prima che le Armate belligeranti abbiano potuto da parte loro, evacuare totalmente l’impèro ottomano.

Dopo queste dichiarazioni, resta convenuto d’unanime accordo che tutte le armate belligeranti, o alleate, incomincieranno, il loro movimento di ritirata immediatamente dopo lo scambio delle ratificazioni del Trattato di pace, e che lo continueranno senza interruzione.

Resta parimente convenuto, che le armate della Francia, della Gran Brettagna e della Sardegna, avranno un periodo di sei mesi per effettuare l’evacuazione totale dei territori che esse occupano in Russia e nell’Impero Ottomano: questa evacuazione principierà possibilmente da Kerteb, Jenikalé, Kiuburn ed Eupatoria.

I Trattati eonchiusi a Costantinopoli il 13 Marzo 1854 e il 15 Marzo 1855, fra la Francia, la Gran Brettagna, la Sardegna e la Turchia, i quali stipularono che con la pace il territorio dell’impero Ottomano sarebbe evacuato entro lo spazio di quaranta giorni, e l’adempimento di un tal obbligo, essendo divenuto materialmente impossibile in seguito allo sviluppamento preso dalla guerra, resta convenuto che istruzioni e poteri saranno inviati ai Rappresentanti della Francia, della Gran Brettagna e della Sardegna a Costantinopoli, affinché debbano conchiudere con la Porta una Convenzione destinata a fissare un nuovo termine che non potrà eccedere quello di sei mesi.

Il Congresso decide poscia, che i Commissari i quali a termini dell’Articolo 20 del Trattato di pace, procederanno alla delimitazione della nuova frontiera in Bessarabia, dovranno riunirsi a Galatz il giorno 6 maggio prossimo, per adempiere senza ritardo la missione che verrà loro affidata.

Sigg. plenipotenziarii della Russia dichiarano, che le Autorità russe rimetteranno, tosto che questa operazione sarà terminata, alle Autorità moldave quella porzione di territorio che, dietro la nuova delimitazione, dovrà essere annessa alla Moldavia.

Rimane inteso che questa cessione ha luogo in iscambio, e coinciderà con lo sgombramento dai territori russi delle armate alleate.

Sig. Co. di Clarendon osserva, che per affrettare l’evacuazione della Crimea, sarebbe utile che i bastimenti delle Potenze alleate potessero penetrare liberamente nel porto di Sebastopoli; questa concessione, secondo il parere del primo plenipotenziario della Gran Brettagna, anticiperebbe di parecchie settimane rimbarco degli uomini e del materiale.

Sigg. plenipotenziari della Russia rispondono, che per questo riguardo, prenderanno gli ordini dalla Corte loro.

Sig. Co, Walewski dice, essere uopo d’occuparsi delle istruzioni destinate ai Commissari! che saranno incaricati di recarsi ai Principati, per informarsi, secondo il voto dell’articolo 23 del Trattato di pace, dello stato attuale di quelle provincie e proporre le basi della futura loro organizzazione.

Egli espone che queste istruzioni potrebbero essere concepite in termini generali; che fissando l’oggetto della missione dei Commissari, tale quale è stato definito dal Trattato stesso, esse debbono lasciar ai medesimi la necessaria latitudine per prendere dei lumi e mettersi in istato di adempiere in modo perfetto e soddisfacente l’incarico che verrà loro affidato.

Egli è d’avviso che tale opinione possa essere tanto più accetta al Congresso, in quanto che il Firman, prescrivente la Convocazione dei Divani ad hoc deve essere, siccome consta dal Protocollo N. XIV, concertato coi Rappresentanti delle Potenze contraenti a Costantinopoli, ed esteso in modo da provvedere all’intera esecuzione dell’articolo del Trattato che determina la convenzione di queste adunanze.

Egli è finalmente di parere, che la redazione di queste istruzioni, le quali non potrebbero essere preparate dal Congresso, dovesse essere confidata ad una Commissione tolta dal suo seno.

Il Congresso aderisce e la Commissione viene composta del primo plenipotenziario della Turchia, e dei secondi plenipotenziari della Francia e della Gran Brettagna.

Dopo novello esame, e giudicandosi utile il modificare quello che era stato fissato sul medesimo soggetto nella sua seduta del 30 marzo, il Congresso prende la seguente risoluzione.

Nelle ratificazioni del Trattato generale, questo Trattato sarà seguito testualmente e in estenso dall'Articolo addizionale e dalle tre convenzioni annesse; ma la ratificazione porterà sul Trattato generale e Sull’Articolo addizionale i seguenti termini: «Noi.... avendo veduto ed esaminato il detto Trattato e il detto Articolo addizionale e transitorio, li abbiamo approvati e li approviamo in tutte e ciascuna delle disposizioni che vi sono contenute ecc.»

Queste ratificazioni saranno scambiate in sei esemplari per ogni Potenza contraente.

La Convenzione relativa ai bastimenti leggeri verrà ratificata fra la Porta e la Russia.

La Convenzione relativa agli Stretti sarà ratificata fra la Porta da una parte che dovrà presentare sei esemplari, e le altre Potenze dall’altra parte, le quali non avendo scambio di ratificazioni da fare fra loro, dovranno semplicemente ratificare con la Porta, e presentare quindi un solo esemplare.

La Convenzione d’AIand sarà ratificata fra la Francia e l’Inghilterra da una parte, le quali dovranno produrre ciascuna un esemplare destinato alla Russia e la Russia dall’altra parte, che dovrà produrre due esemplari.

(Seguono le segnature)

Certificato conforme all’originale.

PROTOCOLLO N.° XXII

SEDUTA DEL 4 APRILE 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell’Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

Il protocollo della seduta precedente è letto ed approvato.

Il Co. Clarendon ricorda che, nell’ultima riunione, e siccome tutti i plenipotenziarii non erano ancora in grado di acconsentire ad altre proposte, il Congresso si era limitato a convenire che il blocco fosse tolto. Annunzia che i plenipotenziarii della Gran Brettagna sono autorizzati a dichiarare che le decisioni restrittive, imposte in occasione della guerra, al commercio ed alla navigazione, sono prossima ad essere rivocate.

I plenipotenziarii della Russia, avendo rinnovata la analoga dichiarazione, già fatta nella seduta del 4 aprile, e tutti gli altri plenipotenziarii avendo emesso un parere favorevole, il Congresso decide che tutte indistintamente le misure prese al principio od in vista della guerra, ed aventi per oggetto di sospendere il commercio e la navigazione collo Stato nemico sono abrogate, ed in tutto ciò che è relativo sia alle transazioni commerciali, non escluso il contrabbando di guerra, sia alle spedizioni delle merci ed al trattamento dei bastimenti di commercio, le cose sono ristabilite ovunque, a datare da questo giorno, sul piede in cui erano prima della guerra.

I plenipotenziarii russi annunziano, che ricevettero l’ordine di dichiarare, in risposta alla domanda loro fattane, che il porto di Sebastopoli sarà aperto ai bastimenti delle Potenze alleate, onde affrettare l’imbarco delle loro truppe e del loro materiale.

Aggiungono che le istruzioni loro pervenute permettono l’assicurare che lo sgombro dell’armata russa dal territorio ottomano in Asia comincierà immediatamente dopo lo scambio delle ratifiche; che si porrà mano, appena la stagione e le strade lo permettano, al trasporlo dei magazzeni e del materiale di guerra, che il movimento generale dell’armata russa si opererà nel medesimo tempo in cui avrà luogo quello degli alleati, e terminerà nella stessa epoca e nei termini fissati per lo sgombro degli altri territorii.

A nome della Commissione incaricata di proporre la redazione, il barone di Bourqueney dà lettura di un progetto d’istruzioni destinate ai commissarii che dovranno recarsi nei Principati, a tenore dell’articolo 23 del Trattato di pace.

Il conte Clarendon fa osservare, che il congresso s è proposto, prima d’ogni cosa, trattando delle Provincie danubiane, di provocare l’espressione libera del voto delle popolazioni, e che questo disegno non potrebbe effettuarsi, se gli Ospodari rimanessero in possesso dei poteri di cui dispongono, e che sarebbe forse necessario di cercare una combinazione capace di assicurare una completa libertà ai Divani ad hoc.

Il primo plenipotenziario dell’Austria risponde che non debbesi toccare all'amministrazione in un momento di crisi come quello ne] quale si troveranno i Principati, che coi massimo riserbo, e che sarebbe compromettere tutto, qualora si sciogiiessero i poteri pria che altri fossero costituiti, e che alla Porta, in ogni caso il Congresso dovrebbe lasciar la cura dei mezzi che giudicherebbe necessarii.

A’ali Pascià espone che l'attuale amministrazione non offre forse tutte le garanzie che il Congresso potrebbe desiderare; ma che sarebbe esporsi a cadere nell’anarchia, se si tentasse di escire dall’ordine legale.

Lord Clarendon fa presente che non è sua intenzione di proporre il rovesciamento di tutti i poteri; e unito ad altri plenipotenziarii, rammenta che l’autorità degli attuali Ospodari è presso a toccare il termine stabilito dagli accordi che l'hanno loro affidata, e che per rimanere nella legalità è precisamente il caso di riflettere ai mezzi.

Altri plenipotenziarii rammentano pure che la legge organica prevede il caso della interruzione dei poteri degli Ospodari.

In seguito a queste spiegazioni, il Congresso decide di riferirsi alla Sublime Porta che si appiglierà, se sarà il caso, allo spirar del potere degli Ospodari attuali, ai mezzi necessari e propri! ad attuare le intenzioni del Congresso, combinando la libera espressione -dei voti dei Divani col mantenimento dell’ordine, e col rispetto dello stato legale.

Sulla proposizione dei primi plenipotenziarii della Gran Brettagna e della Francia, e per prevenire ogni conflitto, o discussioni dispiacevoli, si convenne pure che il firmano che debbe ordinare la convocazione dei Divani ad hoc, fisserà le norme da seguirsi in quanto concerne la presidenza di queste Assemblee, ed il modo delle loro deliberazioni.

Dopo avere prese queste risoluzioni, il Congresso adotta, con al-, cune modificazioni, le istruzioni, delle quali il barone Bourqueney ha presentato il progetto, e che sono annesse al presente protocollo.

Il conte Valewski esterna il desiderio che i plenipotenziarii, prima di dividersi, scambino le loro idee sui differenti soggetti ch'esigono delle risoluzioni, e di cui potrebbe essere utile occuparsi, affin di prevenire nuove complicazioni. Quantunque riunito specialmente per regolare la questione d’Oriente, il Congresso, secondo il Primo plenipotenziario della Francia, potrebbe rimproverare a se stesso di non avere approfittato della circostanza che mette in presenza i rappresentanti delle principali Potenze dell’Europa, per dilucidare talune questioni, stabilire certi principii, esprimere delle intenzioni, sempre e unicamente nello scopo di assicurare per l’avvenire il riposo del mondo, col dissipare, pria che non sieno divenute minacciose, le nubi che tuttora si veggono spuntare sull’orizzonte politico.

«Non si potrà disconvenire (dice egli) che la Grecia non sia in una situazione anormale. L’anarchia, alla quale è stato abbandonato questo paese, ha obbligato la Francia e l’Inghilterra a inviar delle truppe al Pireo, in un momento in cui le loro armate non mancavano di essere occupate. Il Congresso sa in quale stato fosse la Grecia; esso non ignora altresì che quello in cui trovasi oggidì è lontano dall’essere soddisfacente. Non sarebbe quindi utile che le potenze rappresentate al Congresso manifestassero«il desiderio di vedere le tre Corti protettrici prendere in matura considerazione la situazione deplorabile del regno che esse hanno creato, avvisando ai mezzi di provvedervi?»

Il conte Walewski non dubita punto che lord Clarendon non si unisca a lui per dichiarare, che i due Governi attendono con impazienza il momento in cui sarà loro permesso di far cessare una occupazione, alla quale frattanto essi non saprebbero metter termine senza seriissimi inconvenienti, sino a che non saranno apportate delle modificazioni reali allo stato delle cose in Grecia.

Il Primo plenipotenziario della Francia rammenta in seguito, che gli Stati Pontificii sono ugualmente in una situazione anormale; che la necessità di non abbandonare il paese in preda all’anarchia ha determinato la Francia, non che l’Austria, ad acconsentire alla dimanda della Santa Sede, facendo occupar Roma dalle sue truppe, nell’atto che le truppe austriache occupavano le Legazioni.

Egli espone che la Francia aveva un doppio motivo di differire senza esitazione alla dimanda della Santa Sede, come potenza cattolica e come potenza europea. Il titolo di figlio primogenito della Chiesa, di cui il sovrano della Francia si gloria, fece un dovere all’Imperatore di prestar aiuto e sostegno al Sovrano Pontefice. La tranquillità degli Stati Romani, da cui dipende quella di tutta l’Italia, tocca troppo da vicino il mantenimento dell’ordine d’Europa, perché la Francia non abbia un interesse maggiore a concorrervi con tutti i mezzi che ha in suo potere. Ma dall’altro canto non si potrebbe disconoscere ciò che v'ha di anormale nella situazione di una potenza, che per mantenersi ha bisogno di essere sostenuta da truppe straniere.

Il Co. Walewski non esita punto di dichiarare, e spera che il Co. Buol si associerà per quanto concerne l’Austria a tale dichiarazione, che non solamente la Francia è pronta a ritirar le sue truppe, ma che affretta con tutti i suoi voti il momento, in cui essa lo potrà fare senza compromettere la tranquillità interna del paese e l’autorità del governo Pontificio, alla prosperità del quale l’imperatore, suo augusto sovrano, non cesserà mai di prendere il più vivo interessamento.

Il Primo plenipotenziario della Francia rappresenta quanto sia desiderabile nell’interesse, dell’equilibrio europeo, che il governo romano si consolidi abbastanza fortemente, perché le truppe francesi ed austriache possano sgomberare senza inconvenienti gli Stati Pontificii, ed egli crede che un voto espresso in questo senso potrebbe non essere senza utilità. Egli non dubita, in ogni caso, che le assicurazioni che sarebbero date dalla Francia e dall’Austria, circa le loro intenzioni a questo riguardo, non producano dappertutto un’impressione favorevole.

Proseguendo lo stesso ordine d’idee, il conte Walewski dimanda a sé stesso: se non è da augurare che certi Governi della penisola italiana richiamino a sè, con degli atti di clemenza ben intesi, gli spiriti traviati e non pervertili, mettendo termine ad un sistema che va dirittamente contro il suo scopo, e che, invece di estinguere i nemici dell’ordine, ha per effetto d’indebolire i Governi, e di accrescere partigiani alla demagogia.

Nella sua opinione, questo sarebbe un render segnalato servigio al governo delle Due Sicilie, non che alla causa dell’ordine nella penisola italiana, illuminando il Governo sulla falsa via nella quale s’è posto. Egli pensa che degli avvertimenti concepiti in questo senso, e prove nienti dalle potenze rappresentate al Congresso, saranno tanto meglio accolti, in quanto che il gabinetto napolitano non potrebbe mettere iiv dubbio i motivi che li avrebbero dettati.

II Primo plenipotenziario della Francia richiama in seguito l’attenzione del Congresso sopra un argomento, il quale, benché concernente: più in ispezialità la Francia, non è tuttavia d’un interesse men positivo per tutte le potenze europee. Egli crede superfluo il dire che han luogo tuttodì nel Belgio per mezzo della stampa le pubblicazioni più ingiuriose, più ostili contro la Francia e il suo Governo; che vi si predica apertamente la rivolta e l'assassinio. Egli rammenta che di fresco alcuni giornali belgi hanno osato preconizzare la società detta La Marianna, di cui si conoscono le tendenze e l’oggetto; che tutte queste pubblicazioni sono altrettante macchine di guerra, dirette contro il riposo e la tranquillità interna della Francia da' nemici dell’ordine sociale, i quali, forti dell’impunità che trovano sotto l’egida della legislazione belgia, nutriscono la speranza di giungere ad effettuare i loro colpevoli di segui.»

Il conte Walewski dichiara che Punico desiderio del Góverno dell’Imperatore è quello di conservare i migliori rapporti col Belgio. Egli è sollecito d’aggiungere, che la Francia non ha che da lodarsi del Ga binetto di Bruxelles e de' suoi sforzi per attenuare uno stato di cose che non è in poter suo di cangiare, non permettendogli la sua legislazione, né di reprimere gli eccessi della stampa, né di prendere l’iniziativa d’una riforma divenuta assolutamente indispensabile. «Noi siamo dolenti (dic’egli) di doverci trovare nell’obbligo di far comprendere noi stessi al Belgio la necessità rigorosa di modificare una legislazione che non permette al suo Governo di adempiere il primo de' doveri internazionali, quello cioè di non tollerare in casa sua delle mene aventi per iscopo manifesto di portar offesa alla tranquillità degli Stati vicini. La rimostranza del più forte somiglia troppo alla minaccia, perché noi non evitassimo di farvi ricorso. Se i rappresentanti delle grandi Potenze dell’Europa considerano sotto lo stesso punto di vista di noi, cotesta necessità, giudicheranno opportuno di emettere la loro opinione a questo riguardo ed è probabile che il Governo Belgio, appoggiandosi sulla gran maggioranza del paese, si troverebbe in grado«di por modo a uno stato di cose, che non può mancare, o tosto o tardi di far nascere delle difficoltà, e anche dei pericoli, che è nell’interesse del Belgio di scongiurare preventivamente.»

Il Co. Walewski propone al Congresso di terminare la sua opera con una dichiarazione, che costituirebbe un notevole progresso nel diritto internazionale, e che sarebbe accolta dal mondo intero con un sentimento di viva riconoscenza.

«Il Congresso di Westfalia (egli aggiunge) ha consacrato la libertà«di coscienza; il Congresso di Vienna, l’abolizione della tratta de' ne«gri e la libertà della navigazione de' fiumi. Sarebbe degnò del Congresso di Parigi di metter fine a troppo lunghe dissensioni ponendo le basi d’un diritto marittimo uniforme, in tempo di guerra. I quattro«principii seguenti raggiungerebbero completamente questo scopo.

«l.° Abolizione del corseggiare (course).

2.° La bandiera neutrale copre la mercanzia nemica, eccetto il«contrabbando di guerra.

«3.° La mercanzia neutrale, eccetto il contrabbando di guerra,«non è sequestrabile neppure sotto bandiera nemica.

«4.° I blocchi non sono obbligatorii se non in quanto sono effettivi. Sarebbe questo certamente un magnifico risultato; al quale nessuno di noi può rimanere indifferente.

Il Co. Clarendon, dividendo le opinioni espresse dal conte Walewski, dichiara che al pari della Francia, l’Inghilterra intende richiamare le truppe che fu obbligata mandare in Grecia, appena potrà farlo senza inconvenienti per la tranquillità pubblica, ma che fa d’uopo, prima, cercare salde guarentigie onde sia mantenuto un ordine di cose soddisfacente. Secondo lui, le potenze protettrici potranno intendersi sul rimedio che è necessario di apportare ad un sistema dannoso al paese, e che si è completamente allontanato dallo scopo che esse s’erano proposto, quando stabilivano una monarchia indipendente, pel benessere e per la prosperità del popolo greco.

Il Primo plenipotenziario della Gran Brettagna rammenta, che il trattato del 30 marzo schiude un’era novella; che come l’Imperatore lo diceva al Congresso, nel riceverlo dopo la segnatura del trattato, questa è l’era della pace; ma che per essere conseguenti non dovevasi tralasciar cosa alcuna per renderla solida e duratura; che, rappresentando le principali potenze, d'Europa, il Congresso verrebbe meno al suo dovere se nello sciogliersi, egli consacrasse col suo silenzio alcune situazioni che son di nocumento all’equilibrio politico, e che son lungi dal porre la pace fuori di pericolo in un paese il più interessante d’Europa.

Noi abbiamo, continua il conte Clarendon, provvisto allo sgombro de' vari territori occupati dalle armate straniere durante la guerra; noi abbiam fatta promessa solenne di effettuare questo sgombero nel più breve termine; come potremmo non intrattenerci delle occupazioni che ebbero luogo prima della guerra, ed astenerci dal cercar modo di porvi fine?»

Il Primo plenipotenziario della Gran Brettagna non crede utile lo investigar le cause che condussero armate straniere in molte parti d’Italia; ma egli avvisa che ammesso pure fossero queste cause legittime, non è men vero, egli dice, che né conseguiti uno stato anormale, irregolare, che non può essere giustificato che da un’estrema necessità, e che debbe cessare appena la necessità non si fa più sentire imperiosamente: che tuttavia, se non si cerca a por fine a tali bisogni, essi continueranno a esistere; che, se si sta paghi ad appoggiarsi alla forza armata, in luogo di cercar rimedio ai giusti motivi di malcontento, è certo si renderà permanente un sistema poco onorevole pei governi, e disgustoso pei popoli. Egli pensa che l’amministrazione degli Stati Romani offre degli inconvenienti, donde potriano sorgere pericoli, che il Congresso ha diritto di cercar modo di prevenire; che non porvi mente, sarebbe esporci a lavorare a profitto della rivoluzione, che tutti i governi biasimano, e vogliono prevenire. Il problema che è urgente risolvere, consiste nel combinare, egli dice, il ritiro delle truppe straniere col mantenimento della tranquillità, e questa soluzione sta nell’organizzare un’amministrazione, che, facendo rinascere la fiducia, renderà il governo indipendente dall’aiuto straniero; questo soccorso non essendo giammai capace a sostenere un governo, al quale l’opinione pubblica è contraria, né conseguirà, secondo la sua opinione, una posizione che la Francia e l’Austria non vorranno accettare per le loro armate. Pel benessere degli Stati pontifici!, come nell’interesse della autorità sovrana del Papa, sarebbe dunque utile, secondo il suo parere, di raccomandare la secolarizzazione del Governo e l’organizzazione d’un sistema amministrativo in armonia colle tendenze ‘del secolo, ed avente per iscopo la felicità del popolo. Ammette che questa riforma può presentare forse a Roma, in questo momento, alcune difficoltà, ma crede che potrà facilmente effettuarsi nelle Lezioni.

Il Primo plenipotenziario della Gran Brettagna fa notare che da otto anni a questa parte, Bologna è in istato d’assedio, e che le campagne sono invase da briganti; puossi sperare, ei crede, che coll’istabiiirsi in questa parte del Romano Stato un regime amministrativo e giudiziario laico e separato, e coll’organizzarsi una forza armata nazionale, la sicurezza e la confidenza si ristabiliranno rapidamente, e che le truppe austriache potranno ritirarsi fra poco, senza che abbiansi a temere novelle agitazioni; è, se non altro, a suo parere, un’esperienza che si potrebbe tentare, e questo rimedio, offerto a' mali incontestabili, dovrebbe essere sottoposto dal Congresso alle serie riflessioni del Papa.

Per quanto concerne il governo Napoletano, il Primo plenipotenziario della Gran Brettagna desidera imitare l’esempio del Co. Walewski, passando sotto silenzio degli atti che ebbero un’eco si spiacevole. Ei pensa, che deesi, senza dubbio, riconoscere in massima che niun Governo ha diritto d’ingerirsi negli affari interni di un altro Stato, ma crede esservi casi nei quali la eccezione a questa regola diventa un diritto e un dovere. II governo Napoletano pare che abbia conferito questo diritto e imposto questo dovere all’Europa; e poiché i Governi rappresentati al Congresso vogliono tutti, collo stesso impegno, sostenere il principio monarchico e respingere la rivoluzione, deesi alzar la voce contro un sistema che tien accesa fra le masse l'effervescenza rivoluzionaria, invece di spegnerla. Noi non vogliamo, ei dice, che la pace sia turbata, e non vi ha pace senza giustizia, noi dobbiamo dunque far giungere al Re di Napoli il voto del Congresso perché migliori il suo sistema di governo, voto che certo non può rimanere sterile; noi dobbiamo inoltre chiedergli un’amnistia per le persone che furono condannate, o che sono in carcere senza giudizio per colpe politiche.

Quanto alle osservazioni del conte Walewski sugli eccessi della stampa belgia, e sui pericoli che né derivano ai paesi limitrofi, i plenipotenziari della Gran Brettagna né riconoscono l'importanza, ma rappresentando un paese dove la stampa libera e indipendente è, per così dire, una istituzione fondamentale, non si potrebbero associare a provvedimenti coattivi contro la stampa di un altro paese. Il Primo rappresentante della Gran Brettagna, lamentando la virulenza di certi giornali belgi, non esita a dichiarare che gli autori delle esecrande dottrine alle quali alludea il Co. Walewski, che gli nomini che raccomandano lo assassinio quale un mezzo di ottenere un fine politico, sono indegni della protezione che guarentisce alla stampa la sua libertà e la sua indipendenza.

Nel conchiudere, lord Clarendon ricorda che l'Inghilterra, ad imitazione della Francia, al principio della guerra cercò tutti i modi di attenuarne le conseguenze, e che a tal fine rinunciò a prò dei neutri, durante la lotta ora finita, a' principii che avea sempre praticati. Aggiunge essere disposta a rinunciarvi definitivamente, il corseggiare si abolisca per sempre: questa essere altra cosa che una pirateria ordinata e legale; i corsari essere uno dei più gravi mali della guerra; il nostro stato di civiltà, di umanità, esigere che si ponga fine ad un sistema che non è più dei nostri tempi; se tutto il Congresso aderisse alla proposta del sig. Walewski, sarebbe inteso che essa sarebbe valida solo per Potenze che avrebbervi acceduto, ma non potrebbe invocarsi dai Governi che non avrebbonvi voluto prender parte.

Il Co. Orloff osserva, che i suoi poteri avendo solo per oggetto il ristabilimento della pace, non credesi autorizzato a entrare in una discussione che le sue istruzioni non poterono prevedere.

Il Co. di Buol si rallegra di vedere i Governi di Francia e d’Inghilterra disposti a cessare, appena si possa, dell’occupazione della Grecia. L’Austria, egli assicura, forma i voti i più sinceri per la prosperità di questo regno, e a un tempo ella desidera colla Francia che tutti i paesi d’Europa godano, sotto la protezione del diritto pubblico, la loro indipendenza politica e una piena prosperità.

Egli non dubita, che una delle condizioni essenziali di uno stato di cose tanto da desiderarsi risieda nella saggezza di una legislazione, tendente a prevenire, od a reprimere gli eccessi della stampa, che il Co. Walewski ha biasimato con tanto fondamento, parlando d'uno Stato vicino, e la repressione dei quali deve essere considerata come un bisogno europeo. Egli spera che in tutti gli Stati del Continente, nei quali la stampa presenta gli stessi pericoli, i governi sapranno trovare nelle legislazioni i mezzi di contenerla nei giusti limiti, ed otterranno in tal modo di mettere la pace al sicuro da nuove complicazioni internazionali.

Per ciò che ha relazione coi principii di diritto marittimo de' quali il Primo plenipotenziario della Francia ha proposta l’adozione, il Co. Buol dichiara, che egli né apprezza Io spirito e le conseguenze, ma che non essendo autorizzato dalle sue istruzioni ad esternare il suo sentimento sopra una materia tanto importante, egli dee limitarsi pel momento ad annunziare al Congresso, ché è pronto a sollecitare gli ordini del suo Sovrano.

Ma in questo punto, egli dice, dee aver termine la sua missione. Sarebbe per lui impossibile, in fatto, di trattare della situazione interna di stati indipendenti, che non hanno rappresentanti al Congresso. I plenipotenziarii non ricevettero altro mandato che quello di occuparsi degli affari dell’oriente, e non furono convocati per far conoscere ai sovrani indipendenti i loro voti, relativamente all’organizzazione interna de' loro stati: i pieni poteri uniti agli atti del Congresso farne fede. Le istruzioni dei plenipotenziarii austriaci in ogni caso avendo definito l’oggetto della missione loro affidata, non darebbero permesso di prender parte ad una discussione non preveduta.

Per le stesse ragioni il Co. Buol crede doversi astenere dal partecipare alle opinioni espresse dal Primo plenipotenziario della Gran Brettagna, e dal dare spiegazioni sulla durata dell’occupazione degli Stati Romani, per parte delle truppe austriache, associandosi tuttavia completamente alle parole pronunziate a tal riguardo dal Primo plenipotenziario della Francia.

Il Co. Walewski fa notare, che qui non trattasi né di prendere definitive resoluzioni, né di contrarre impegni, meno poi di immischiarsi direttamente negli affari Interni dei Governi rappresentati, o non rappresentati al Congresso; ma unicamente di consolidare, di perfezionare l'opera della pace, occupandosi preventivamente delle nuove complicazioni che potrebbero sorgere, sia dalla prolungazione indefinita, o non giustificata, di alcune occupazioni straniere, sia da un sistema di rigore inopportuno ed impolitico, sia d'una licenza perturbatrice contraria ai doveri internazionali.

Il barone Hübner soggiunge, che i plenipotenziarii dell’Austria non sono autorizzati né a promettere definitivamente, né ad esprimere voti. La riduzione dell’armata austriaca nelle Legazioni esprimere assai chiaro, a suo avviso, che il Gabinetto imperiale ha l’intenzione di richiamare le sue truppe, quando una simile misura sarà giudicata opportuna.

Il barone Manteuffel dichiara, conoscere abbastanza le intenzioni del Re suo augusto signore, per non esitare ad esprimere la sua opinione, sebbene sia senza istruzioni, sulle questioni recate al Congresso.

principii marittimi, dice il Primo plenipotenziario della Prussia, che il Congresso è invitato ad appropriarsi, sono stati ognora professati dalla Prussia, che costantemente si è applicata a farli prevalere, e si considera come autorizzato a prendere parte alla segnatura di qualsiasi alto diretto a farli ammettere definitivamente nel diritto pubblico europeo. Esprime la convinzione che il suo Sovrano non ricuserà di approvare quanto verrebbe stabilito, in questo senso, dai plenipotenziarii.

Il barone di Manteuffel non disconosce punto l’alta importanza delle altre questioni che vennero dibattute; ma osserva che si passò sotto silenzio un affare d’un’importanza maggiore per la sua corte, e per l'Europa; ei vuol parlare dell'attuale situazione del Neuchatel. Fa notare che questo principato è forse il solo punto d’Europa in cui, in isfregio dei trattati, e di quanto venne formalmente riconosciuto da tutte le grandi Potenze, domini un potere rivoluzionario che non riconosce i diritti del Sovrano. Il barone di Manteuffel fa istanza che questa sia compresa nel numero di quelle che dovranno essere esaminate. Soggiunge che il Re, suo sovrano, chiede con tutti i suoi voti, la prosperità del Reame di Grecia, e che desidera ardentemente veder tolte le cause che condussero la situazione anormale creata dalla presenza delle armate straniere; ammette nondimeno, che potrebbe esservi luogo ad esaminare i fatti in maniera, da porre questo affare sotto il vero suo aspetto.

In ordine ai passi che si crederebbe utile di fare, per quanto concerne lo stato delle cose nel Regno di Napoli, il barone Manteuffel osserva, che tali passi potrebbero presentare vari inconvenienti. Ei dice che sarebbe bene di investigare se le mozioni, della natura di quelle che vennero proposte, non susciterebbero nel paese uno spirito di opposizione e di moti rivoluzionari, ih luogo di rispondere alle idee che si sarebbe voluto realizzare con intenzioni certamente benevoli. Egli non crede dover esaminare la situazione attuale degli Stati Pontifici!; egli si limita ad esprimere il desiderio di porre questo governo in posizione, tale, da rendere superflua l’occupazione delle truppe straniere. Il barone Manteuffel termina col dichiarare che il Gabinetto Prussiano conosce perfettamente la funesta influenza che esercita la stampa sovversiva d’ogni ordine regolare, ed i pericoli che ella semina predicando il regicidio e la rivolta; aggiunge che la Prussia parteciperebbe volentieri all’esame delle misure che si stimerebbero opportuno per porre un termine a queste mene.

Il Co. Cavour non intende contestare il diritto che compete ad ogni plenipotenziario di non prendere parte alla discussione di una questione, che non venne preveduta nelle sue istruzioni; e tuttavia, egli crede del più alto interesse che l’opinione, manifestata da alcune Potenze sull’occupazione degli Stati Romani, sia inserta nel protocollo.

Il Primo plenipotenziario della Sardegna espone, che l’occupazione degli Stati Romani per parte delle truppe austriache, prende ogni di più un carattere permanente, che essa dura da sette anni, e che tuttavia non si scorge verun indizio che possa far supporre che essa cesserà più o meno tardi per l’avvenire: che le cause, che la motivarono, sussistono ognora, che lo stato del paese che esse occupano, non fa per certo migliorato, e che, per esserne convinti, basta osservare che l’Austria credesi nella necessità di mantenere, in tutto il suo rigore, in istato d’assedio Bologna, sebbene la data di questo assedio rimonta alla sua occupazione. Nota che, la presenza delle truppe austriache nelle Legazioni e nel ducato di Parma, distrugge lo equilibrio politico in, Italia, e sostituisce un reale pericolo per la Sardegna.

I plenipotenziarii della Sardegna, egli dice, credono dover segnalare all’attenzione d’Europa uno stato di cose tanto anormale, come ' quello che risulta dall’occupazione indefinita d’una gran parte dell’Italia per parte delle truppe austriache.

A proposito della questione di Napoli, il Co. di Cavour divide pienamente le opinioni espresse dal Co. "Walewski, e dal Co. Clarendon, ed avvisa che importa al più alto grado di suggerire temperamenti, che, calmando le passioni, renderebbero meno difficile il procedere regolare delle cose negli altri Stati della Penisola.

barone Hübner dice, che il Primo plenipotenziario della Sardegnu ha solamente parlato della occupazione austriaca, e non ha fatto parola dell’occupazione francese; che le due occupazioni, nondimeno ebbero luogo alla stessa epoca ed al medesimo scopo 5 che non si potrebbe ammettere la conseguenza che il Co. Cavour ha voluto trarre dalla permanenza dello stato d’assedio di Bologna; che se uno stato eccezionale è ancor necessario per questa città, mentre da gran tempo ha cessato in Roma ed in Ancona, ciò parrebbe, tutt'al più, provare, che le disposizioni delle popolazioni di Roma e di Ancona sono più soddisfacenti che quelle della città di Bologna. Ricorda che in Italia non i soli Stati Romani sono occupati da truppe straniere; che li commi di Mentone e Roccabruna, facenti parte del Principato di Monaco, sono, da otto anni, occupati dalle truppe sarde, e che la sola differenza, che corre tra le due occupazioni, è, che gli Austriaci e Francesi vennero chiamati dal Sovrano del paese, mentre le truppe sarde penetrarono nel territorio del Principe di Monaco, contro la sua volontà, e che esse t vi si mantengono non ostante i richiami del Sovrano di questo paese.

Rispondendo al barone Hübner, il Co. Cavour dice, che egli desidera cessata l'Occupazione austriaca non solo, ma eziandio la occupazione francese; ma che non può far a meno di ravvisare la prima molto più pericolosa della seconda per gli stati indipendenti d’Italia.

Aggiunge, che un debole corpo d’armata, a sì gran distanza dalla Francia, non suona minaccia per alcuno, mentre è molto inquietante vedere l'Austria, appoggiata a Ferrara ed a Piacenza, di cui accresce le fortificazioni, contro lo spirito, se non contro la lettera, de' trattati di Vienna, stendersi lungo l’Adriatico fino ad Ancona,

Quanto a Monaco, il conte Cavour dichiara che, la Sardegna è pronta,a ritirarne i cinquanta soldati che l’occupano, se il Principe è in grado di entrare in questo paese, senza esporsi a gravissimi pericoli. Del resto, egli non crede che si possa accusare la Sardegna di aver contribuito a rovesciare l’antico governo, onde occupare questi Stati, mentre il Principe non ha potuto conservare sotto la sua autorità che la sola città di Monaco, che la Sardegna occupava nel 1848 in virtù dei trattati.

Il Barone di Brunnow crede dover segnalare una' circostanza particolare, ed è che l’occupazione della Grecia, per parte delle truppe alleate, avendo avuto luogo durante Id guerra, e che le relazioni trovandosi per fortuna ristabilite tra le Potenze protettrici, era venuto il momento di accordarsi sui mezzi di far ritorno ad una situazione conforme all’interesse comune. Assicura che i plenipotenziarii della Russia hanno raccolto con soddisfazione, e trasmetteranno con premura al loro

Governo, le disposizioni a questo riguardo manifestate dai plenipotenziarii di Francia e della Gran Brettagna, e che la Russia si associerà volontieri, ad un fine conservativo, ed in vista di migliorare lo stato delle cose in Grecia, a tutte le misure che parranno proprie ad ottenere il fine dalle Potenze propostosi nel fondare un Regno Ellenico.

I plenipotenziarii della Russia soggiungono, che prenderanno gli ordini della Corte sulle proposizioni assoggettate al Congresso relative ai diritto marittimo.

Conte Walewski si compiace d’aver impegnati i plenipotenziarii a comunicarsi le loro idee sulle questioni che vennero discusse. Egli aveva in animo che si sarebbe potuto, forse utilmente, pronunziarsi in modo più completo sovra alcuni dei punti che richiamarono l’attenzione del Congresso. Ma, lo scambio delle idee anche nel modo in cui si è verificato, (dic’egli) non è privo di utilità.

Il Primo plenipotenziario della Francia stabilisce che né emerge in fatto:

1° Che nessuno contestò la necessità di occuparsi maturamente del miglioramento della situazione della Grecia, e che le tre Corti protettrici riconobbero la importanza di accordarsi tra di loro a questo proposito.

2° Che li plenipotenziarii dell’Austria si associarono al voto espresso dai plenipotenziarii della Francia, di vedere sgombri gli Stati Pontificii dalle truppe francesi ed austriache, appena potrà operarsi senza inconvenienti per la tranquillità del paese, e per la consolidazione dell’autorità della Santa Sede.

3° Che il maggior numero dei plenipotenziarii non hanno contestata la efficacia di alti di clemenza, che venissero esercitati in modo opportuno dai Governi della Penisola Italiana, e specialmente da quello delle Due Sicilie.

4° Che tutti i plenipotenziarii, eziandio quelli che credettero dover rimettere il principio della libertà di stampa, non esitarono a biasimare altamente gli eccessi ai quali impunemente si lasciano trascorrere i giornali belgi, e riconoscere la necessità di rimediare ai gravi inconvenienti che emergono dalla sfrenata licenza, di cui si fa sì grande abuso nel Belgio.

Che infine l'accoglienza fatta da tutti i plenipotenziarii all’idea di chiudere i loro lavori con una dichiarazione di principii in materia di diritto marittimo, deve far nascere la speranza che alla prossima seduta eglino avranno ricevuto dai loro rispettivi Governi l’autorizzazione di aderire ad un atto, che, coronando l’opera del Congresso di Parigi realizzerà un progresso degno della nostra epoca.

(Seguono le firme)

Certificato conforme all’originale


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Annesso al Protocollo N. XXII

DICHIARAZIONE

I plenipotenziarii, che hanno firmato il Trattato di Parigi del trenta marzo mille ottocento cinquanta sei, riuniti in conferenza,

Considerando:

Che il diritto marittimo, in tempo di guerra, fu per lungo tempo oggetto di contestazioni dispiacevoli;

Che l’incertezza del diritto e dei doveri, in tale materia, dà luogo, tra i neutri e le parti belligeranti, a divergenze d’opinioni che possono essere causa di serie difficoltà ed anche di conflitti;

Che è utile, per conseguenza, stabilire una dottrina uniforme sopra un punto sì importante;

Che i plenipotenziarii riuniti al Congresso di Parigi non saprebbero meglio corrispondere alle intenzioni, dalle quali sono animati i loro governi, che col cercare di introdurre nelle relazioni internazionali principii stabiliti a questo riguardo;

Debitamente autorizzati, i suddetti plenipotenziarii, convennero di concertarsi sui mezzi di raggiungere questo scopo, ed essendo andati d’accordo, hanno stabilita la solenne dichiarazione seguente:

1° Il corseggiare (course) è, e rimane abolito.

2° La bandiera neutra copre la mercanzia nemica, ad eccezione del contrabbando di guerra.

3° La mercanzia neutra, ad eccezione del contrabbando di guerra, non può essere predata sotto bandiera nemica.

4° I blocchi per essere obbligatorii debbono essere effettivi, vale a dire mantenuti con forza sufficiente per impedire realmente l’accesso al littorale nemico.

I Governi dei plenipotenziarii sottoscritti si obbligano a recare la presente Dichiarazione a conoscenza degli Stati, che non furono chiamati a prender parte al Congresso di Parigi, e ad invitarli ad accedervi»

Convinti che le massime che essi proclamano saranno accolte con gratitudine dal mondo intiero, i plenipotenziarii sottoscritti non dubitano che gli sforzi dei loro Governi per generalizzarne l’accettazione verranno coronati di un pieno successo.

La presente Dichiarazione non è e non sarà obbligatoria che per quelle potenze che vi accedono o vi accederanno.

Fatto a Parigi il 16 aprile 1856.

(L. S.) Buol Schauenstein.

« Hübner.

« A. Walewski.

« Bourqueney.

« Clarendon.

« Cowley.

« Manteuffel.

« Hatzfeldt.

« Orloff.

« Brunnow.

« C. Cavour.

« De Villamarina.

« Aali.

« Mehemmed Djémil.

Per copia conforme alla Dichiarazione originale, depositata negli archivi del dipartimento degli affari esteri di Francia.

Il Ministro degli affari eteri

A. Walewski.

PROTOCOLLO N.° XXIII

SEDUTA DEL 14 APRILE 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell’Austria

» della Francia

» della Gran Brettagna

» della Prussia

» della Russia

» della Sardegna

» della Turchia

II Protocollo della Seduta precedente e suoi Allegati sono letti ed approvati.

Il sig. Co. Walewski rammenta che il Congresso deve ancora spiegarsi sopra il progetto di dichiarazione, di cui egli ha indicate le basi nell’ultima riunione, e dimanda ai plenipotenziarii, che si erano riservati di pigliare gli ordini dalle loro Corti rispettive sopra questo punto, se sieno autorizzati a darvi il loro assenso.

Il signor Co. di Buol dichiara, che l’Austria si compiace di poter concorrere ad un atto di cui riconosce i salutari effetti, e ch’egli è stato munito dei poteri necessari per aderirvi.

Il sig. Co. Orloff si esprime nel medesimo senso, egli aggiunge tuttavia, che adottando la proposta fatta dal Primo plenipotenziario della Francia, la sua Corte non saprebbe obbligarsi a mantenere il principio dell’abolizione della corsa ed a difenderlo contro le Potenze, che non crederebbero dover aderirvi.

I signori plenipotenziarii della Prussia, della Sardegna e della Turchia, avendo dato egualmente il loro assenso, il Congresso adotta il progetto di redazione annesso al presente Protocollo, e né rimette la firma alla prossima riunione.

Il sig. Co. di Clarendon, avendo chiesta la permissione di presentare al Congresso una proposta che gli sembra debba essere favorevolmente accolta, dice che le calamità della guerra sono ancora troppo presenti a tutti gli animi, perché non sia necessario di ricercare tutti i mezzi che sono di natura tale da impedirne il rinnovamento; che è stato inserito all’articolo 7 del Trattato di pace una stipulazione, la quale raccomanda di ricorrere all’azione mediatrice d’uno Stato amico, prima di appigliarsi alla forza nel caso di dissenzione fra la Porta ed una, o parecchie, delle altre Potenze sottoscriventi.

Il Primo plenipotenziario della Gran Brettagna opina, che questa avventurata innovazione potrebbe ricevere un’applicazione più generale, e divenire così una barriera opposta a quei conflitti i quali sovente non iscoppiano se non perché non è sempre possibile Io spiegarsi e l'intendersi.

Egli propone dunque di accordarsi sopra una deliberazione capace di assicurare in avvenire il mantenimento della pace con probabilità di durata, senza portar nocumento all’indipendenza dei Governi.

Il sig. Co. Walewski si dichiara autorizzato ad appoggiare l’idea èmessa dal Primo plenipotenziario della Gran Brettagna; egli si fa mallevadore, che i plenipotenziarii della Francia sono tutti disposti ad as sociarsi per l’inserzione nel protocollo d'un voto, che,rispondendo pienamente alle tendenze della nostra epoca, non attraverserebbe in veruna guisa la libertà d’azione dei Governi.

Il sig. Co. di Buol non esiterebbe punto ad adottare anch’egli il parere dei plenipotenziarii della Gran Brettagna e della Francia,se la risoluzione del Congresso dovesse avere la forma indicata dal Co. Walewski, ma egli non saprebbe prendere in nome della sua Corte un impegno assoluto e di natura tale, da porre uh limite all’indipendenza del Gabinetto Austriaco. .

Il sig. Co. di Clarendon risponde che ogni Potenza è, é sarà sola, giudice delle esigenze del proprio onore e dei propri! interessi; ch'egli non intende menomamente di circoscrivere l’autorità dei Governi, ma bensì' di somministrar loro soltanto l'occasione di non ricorrere alle armi ogni qualvolta le dissenzioni potessero essere appianate per altre vie.

Il sig. barone di Manteuffel assicura che il Re suo Augusto Signore, partecipa pienamente alle idee esposte del sig. Co. di Clarendon, ch'egli si crede quindi autorizzato ad aderirvi e a dar loro tutto Io sviluppamelo che possono comportare.

Il sig. Co. Orloff, pur riconoscendo la saggezza della proposta fatta al Congresso, credé doverla riferire alla sua Corte, prima di esprimere l’opinione dei plenipotenziarii della Russia.

Il sig. Co. di Cavour desidera saper? prima di dare, la sua opinione, se nell’intendimento dell’Autore della proposta, il voto che sarebbe espresso dal Congresso si estenderebbe agl’interventi militari diretti contro i Governi di fatto, e cita come esempio, l’intervento dell’Austria nei Regno di Napoli l’anno 1821.

Lord Clarendon risponde che il voto del Congresso dovrebbe ammettere l’applicazione la più generale, egli fa osservare che se i buoni uffizi i di un’altra Potenza avessero determinato il Governo greco a rispettare le leggi della neutralità, la Francia e l'Inghilterra si sarebbero probabilissimamente astenute dal far occupare il Pireo delle loro. truppe; egli rammenta gli sforzi fatti dal Gabinetto della Gran Brettagna nel 1823 per impedire l’intervento armato, il quale ebbe luogo a quest’epoca in Ispagna.

Il sig. Co. Walewski aggiunge, qui non trattarsi né di stipulare un diritto, né di assumere un impegno; che il voto espresso dal Congresso non saprebbe in verun caso opporre dei limiti alla libertà d’estimazione, che nessuna Potenza non può alienare nelle questioni che concernono la sua dignità; non esservi quindi inconveniente alcuno nel generalizzare l’idea di cui si è inspirato il sig. Co. di Clarendon, e nel darvi la più ampia estensione.

Il sig. Co. di Buol dice che il sig. Co. di Cavour parlando in altra seduta dell’occupazione delle Legazioni fatta da truppe Austriache, ha dimenticato che altre truppe straniere sono state chiamate sul suolo degli stati Romani. Oggi, parlando dell’occupazione fatta dall’Austria nel Regno di Napoli l’anno 1821, egli dimentica che questa occupazione è stata il risultamento di una intelligenza fra le cinque Grandi Potenze riunite al Congresso di Lubiana. In ambo i casi egli attribuisce all’Austria il merito di un’iniziativa e d’una spontaneità che i plenipotenziarii Austriaci sono ben lontani dal rivendicare per Essa.

L’intervento rammentato dal plenipotenziario della Sardegna ha avuto luogo, aggiunge egli, in seguito alle Conferenze del Congresso di Lubiana: tale intervento rientra dunque nell’ordine delle idee enunciato da Lord Clarendon.

Dei casi simili potrebbero ancora riprodursi, e il sig. Co. di Buol non ammette già, che un intervento effettuato in seguito ad un accordo stabilito fra le cinque Grandi Potenze possa divenire oggetto di reclami per uuo stato di secondo ordine.

II sig. Co. di Buol applaudisce alla proposta, quale Lord Clarendon l’ha presentata in uno scopo di umanità, ma egli non potrebbe aderirvi, ove si volesse darvi una troppo ampia estensione o dedurne delle conseguenze favorevoli ai Governi di fatto e a dottrine ch'egli non saprebbe ammettere.

Egli desidera del resto che il Congresso al momento medesimo, in cui sta per compiere le sue fatiche non si vegga obbligato di trattare delle questioni irritanti e di natura tale da turbare la perfetta armonia che non ha cessato di regnare fra i plenipotenziarii.

Il sig. Co. di Cavour dichiara di essere pienamente soddisfatto delle spiegazioni da lui provocate, ed egli dà quindi la sua adesione alla proposta sottomessa al Congresso.

Dopo di che i sigg. plenipotenziarii non esitano ad esprimere in nome dei loro Governi il voto che gli Stati, fra i quali si sollevasse una seria dissensione, prima di venirne alle armi, abbiamo ricorso, per quanto sia conceduto dalle circostanze, ai buoni offizi di una Potenza amica.

I sigg. plenipotenziarii sperano che i Governi non rappresentati al Congresso si associeranno al pensiero che ha inspirato il voto registrato nel presente protocollo.

(Seguono le firme)

Certificato conforme all’originale.

PROTOCOLLO N.° XXIV

SEDUTA DEL 16 APRILE 1856

Presenti

i plenipotenziarii dell’Austria

« della Francia

« della Gran Brettagna

« della Prussia

« della Russia

« della Sardegna

« della Turchia

Il Protocollo della precedente seduta è letto ed approvato.

Il sig. Co. d’Orloff annunzia di essere in istato, in virtù delle istruzioni avute dalla sua Corte, di aderire definitivamente al voto registrato nel penultimo paragrafo del Protocollo N. XXIII.

Vien fatta lettura del progetto di dichiarazione annesso al protocollo dell’ultima riunione; dopo di che, conforme era stato deliberalo, i sigg. plenipotenziarii procedono alla segnatura di quest’Atto.

Sopra la proposta del sig. Co. Walewski, e riconoscendosi di comune interesse il mantenere l’indivisibilità dei quattro principj mentovati alla dichiarazione firmata in questo giorno, i sigg. plenipotenziarii convengono, che le Potenze le quali l’avranno firmata, o che vi avranno aderito, non potranno entrare in avvenire, dietro l’applicazione del diritto dei neutrali in tempo di guerra, in verun accomodamento il quale non riposi ad un tempo stesso sopra i quattro principj, oggetto della detta dichiarazione.

Dietro un osservazione fatta dai sigg. plenipotenziarii della Russia, il Congresso riconosce che la presente risoluzione non potendo avere effetti retroattivi non potrebbe invalidare le Convenzioni anteriori.

Il sig. Co. Orloff propone ai sigg. plenipotenziarii, di offrire prima di separarsi al sig. Co. Walewski tutti i ringraziamenti del Congresso per il modo con cui ha condotto a termine i suoi lavori: «Il sig. Co. Walewski formava, diss’egli, all’apertura della prima nostra riunione, il voto di vedere le nostre deliberazioni volte ad un esito fortunato; questo voto trovasi compiuto, e sicuramente lo spirito di conciliazione con cui il nostro Presidente ha diretto le nostre discussioni, ha esercitato un’influenza che non potrebbe mai essere bastevolmente riconosciuta, ed io sono convinto di essere l'interprete dei sentimenti di tutti i plenipotenziarii, pregando il sig. Co. Walewski di gradire l'espressione della gratitudine del Congresso.»

Il sig. Co. di Clarendon appoggia questa proposta, che è accolta con unanime sollecitudine da tutti i plenipotenziarii, i quali decidono di farne una menzione speciale nel protocollo.

Il sig. Co. Walewski risponde, ch'egli è oltremodo sensibile alle benevole dimostrazioni di cui fu oggetto; e per sua parte è pronto ad esprimere ai sigg. plenipotenziarii la sua riconoscenza per l'indulgenza di cui ha avuto incessanti prove nella durata delle Conferenze. Egli si compiace con esso loro di avere sì felicemente e sì compiutamente raggiunto lo scopo proposto ai loro sforzi.

Il presente protocollo è letto ed approvato.

(Seguono le firme)

Certificato conforme all'originale.

BIOGRAFIE

DEI PLENIPOTENZIARI CHE SEDETTERO AL CONGRESSO DI PARIGI


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AUSTRIA

S. E. IL CO. BUOL-SHAUENSTEIN

MINISTRO PEGLI AFFARI ESTERI DI S. M. I. R. A.

PRIMO PLENIPOTENZIARIO D’AUSTRIA

Viario Ferdinando, Co: Buol-Schauenstein de Kiedberg, Slrassberg, e Ehrenfels, ciambellano e consigliere intimo di S. M. Imperiale Beale Apostolica, Ministro pegli affari esteri di Corte e della Casa imperiale, avente la precedenza nelle conferenze dei Ministri ecc. ecc.

Questo eminente diplomatico discende da una delle più antiche famiglie nobili d'Austria, originaria del paese dei Grigioni, ove due de' suoi membri hanno successivamente occupato la sede episcopale di Coira.

Dall’anno 1298, in cui vedesi figurare il capitano Ulrico Buol al servizio d’Alberto d'Austria, fino alla morte di Francesco Tomaso Conte Buol decesso nel 1742, questa famiglia non lasciò mai di occupare una posizione elevata nelle schiere dell’armata imperiale. In difetto di eredi diretti, il maresciallo Francesco-Tomaso aveva adottato, vivente ancora il Barone Carlo-Kodolfo Buol, capo della linea collaterale, e bisavo dell'attuale Ministro degli affari esteri dell'Austria.

Questa corona di Conte, resa più splendida dagl’illustri fatti compiuti per quattro secoli sui campo della gloria, dal ramo primogenito passando al ramo secondogenito, non tardò guari ad acquistare lustro novello per i. servigi segnalali, che questo ramo è stato chiamato a rendere all’Austria nella carriera diplomatica da più d'un secolo, cioè dacché Carlo-Rodolfo Buol andò a sostenere le funzioni di Ambasciatore imperiale presso la corte del principe palatino. Suo nipote, il Conte Giovanni Rodolfo, ba lasciato gloriose memorie a Francforte-sul-Meno, ove per molti anni presiedette la dieta germanica in qualità di Ministro plenipotenziario deh l’Austria.

Alla scuola di suo padre, presidente della dieta germanica, il Conte Carlo-Ferdinando, nato il 17 maggio 1797 erasi informato, quando, all’età di appena diciannove anni, intraprese questa difficile carriera.

Venne dapprima impiegato alla legazione imperiale a Firenze d’onde passò successivamente a Hanovre, Cassel e Francoforte-sul-Meno, sempre nella medesima qualità di addetto alle legazioni imperiali. A Francforte-sul-Meno ebbe la fortuna di ritrovare suo padre tuttavia al suo posto ed approfittare dei lumi e della lunga esperienza di questo diplomatico.

Dopo la morte di suo padre, il giovane Conte Buol fu nominalo Secretarlo di legazione a La Have, e promesso nel 1822 alle funzioni di Secretano d’Ambasciata a Parigi, ove restò fino al 1824 quando fu trasferito come primo Secretario all’Ambasciata 'di S. M. apostolica a Londra. Una singolare coincidenza riuniva egualmente alla stessa epoca nella capitale della Gran Brettagna, il Barone de Bourqueney e il Principe Gortschakoff, l'uno e l'altro impiegati nella qualità di Segretarj d’Ambasciata delle loro Corti respettive. Trent'anni più tardi i tre Segretarj d’allora s’incontravano alle conferenze di Vienna, come incaricati a rappresentare i loro governi, col carattere di plenipotenziarii.

II Conte Buol lasciò nel 1828 ringhiò terra per recarsi a prendere possesso della legazione imperiale a Carlsruhe. Nel 1831 fu simultaneamente accreditato come inviato straordinario presso la Corte di Darmstadt. A quest'epoca ebbe luogo il suo matrimonio con la principessa Carolina Isembourg-Birstein, figlia al principe mediatizzato dello stesso nome ed erede d'un'immensa fortuna.

Nel 1838 fu chiamato a dirigere la legazione imperiale a Stuttgarda. I servigi resi al suo governo in tal posto gli valsero la distinzione di essere al 13 loglio 1844 innalzalo alla dignità di consigliere intimo di S. M. apostolica, distinzione apprezzatissima in Austria, conferendo essa il titolo di Eccellenza.

Quando scoppiò la rivoluzione del 1818, il Conte Buol era accreditato come inviato straordinario e Ministro plenipotenziario alla Corte di Torino e di Parma ad un tempo. Reso accorto che le truppe sarde s’apprestavano a recar soccorso agli insorti milanesi, il Conte Buol senza attendere le istruzioni del suo governo, giudicò conveniente di demandare il suo passaporto, preferendo un’aperta scissura fra i due governi ad una situazione equivoca.

Il Principe Felice di Schwarzenberg che, nei mese di ottobre 1848 prese in mano le redini del governo austriaco, volendo altamente riconoscere la fermezza e l’energia del Conte Buol, esperimentate in si critiche circostanze, affidògli la direzione della legazione imperiale a Pietroburgo.

Correndo l'anno 1850, la Germania travagliata dalle intestine dissensioni vide sorgere una grave collisione fra l'Austria e la Russia, riguardo al diritto d’intervenire nel Ducato di Holstein e nell'Assia-Elettorale. La contesa minacciava già di degenerare in sanguinosa lotta, quando il principe di Schwarzenberg e il Barone di Manteuffel firmarono il 29 novembre 1850 a Ollmùtz un accomodamento in Virtù del quale i punti di litigio venivano rimessi all’esame comune di tutte le potenze germaniche. A tale oggetto furono stabilite delle conferenze a Dresda. Il principe di Schwarzenberg. eletto a presiederle, fece richiamare da Pietroburgo il Conte Buol per associarselo in qualità di secondo plenipotenziario imperiale.

Nell'adempimento di una quanto difficile altrettanto dilicata missione, il Conte Buol fece mostra di tale ingegno e fermezza che la Corte di Vienna avendo bisogno d’uno scelto negoziatore per conservare fra le critiche circostanze del momento, l'ascendente ch’ella avea sempre esercitalo a Londra, non meno che per evitare delle più gravi complicazioni fra i due gabinetti, senza derogare alla sua dignità né compromettere i suoi interessi, fissò la scelta sopra il Conte Buol che nel 1851 venne accreditato qual inviato straordinario e Ministro plenipotenziario presso la Regina Vittoria. Un avvenimento che immerse nel lutto l’Impero d'Austria lasciò d'improvviso vacante il portafoglio degli affari esteri.

Il Principe Felice di Schwarzenberg in tutto il vigore della virilità, veniva colpito da fulminante apoplessia il giorno il aprile 1852. Un interno presentimento annunciava al principe la sua fine prematura.

Nelle intime conversazioni ch’egli avea di frequente col giovane imperatore, mentre dolevasi di dover lasciare incompiuta la sua opera di rigenerazione politica dell’impero, indicava il Conte Buol come un successore che rimarrebbe sempre all’altezza della sua missione. Difatto, tosto che la confidenza del suo sovrano lo pose alla testa degli affari esteri, il Conte Buol entrò francamente e coraggiosamente nella via politica tracciata dal suo illustre predecessore. Pregiudizi tradizionali, considerazioni meschine, apprensioni inveterate, avevano fino dalla prima rivoluzione francese posta la Francia in una specie di contumacia di fronte alle Córti del Nord. Il Principe Felice di Schwarzenberg comprendendo il vero spirito del suo secolo, respinse con tutte le sue forze un sistema più atto a turbare che a consolidare l’equilibrio politico dell’Europa. Ed era d’una mira politica mollo più saggia e previdente il riavvicinarsi alla Francia, piuttosto che lasciare questo grande Stato nell'isolamento, in cui le Corti del Nord sforzavansi di mantenerlo perpetuamente.

Il Principe di Schwarzenberg convinto dei troppo numerosi punti di contatto esistenti fra la Francia e l'Austria, reputava non doversi fissare la loro scambievole alleanza sulla solidarietà degli interessi loro reciproci. Soleva dire di spesso: Le cause di dissensione Ara i due paesi non sarebbero se non passeggere, ove i due governi si persuadessero a rendersi conto degl’interessi molto maggiori che rimane loro a difendere e a raggiungere in comune. Fedele ed abile interprete di una tale politica, il Conte Buol, nel)' assumere la direzione del dipartimento dell'esterno, cominciò da un perentorio rifiuto d'associarsi alle riserve della corte di Pietroburgo a riconoscere l’Impero ristabilitosi in Francia. Tosto dipoi la questione orientale somministrò al Conte Buol una occasione favorevolissima per entrare di piè fermo nell'alleanza con le potenze occidentali. Di qui il profondo risentimento che l’imperatore Nicolò manifestogli nell’ultima intervista ad Ollmütz fra lo Czar e l'imperatore Francesco Giuseppe. L’autocrata che avea sperato rovesciare il Conte Buol, lasciò Ollmütz con animo male disposto e disingannato dacché recava seco la convinzione che il Conte Buol godeva più che mai della fiducia del suo sovrano, la cui politica egli personificava, malgrado l'opposizione che incontrata avea sulle prime fra l’aristocrazia militare dell’Austria.

Nessun monarca spinse più oltre dell’imperatore Nicolò l’arte d’inghirlandare gli uomini quando voleva cattivarsene le simpatie. Egli avea abituali i generali austriaci a non vedere in lui se non un fratello d’armi. Quindi, allorché il Conte Orloff arrivò a Vienna nel mese di gennaio 1854 per proporre all’Austria di rinnovare e ristringere la Santa Alleanza, molli capi dell’armata Austriaca si recarono in grande tenuta presso l’ajutante di campo generale dello Czar, per protestare le loro simpatie in favore della Russia. Forte della giustizia della sua causa e forte specialmente della fiducia e dell'approvazione del suo sovrano, il Conte Buol sempre calmo ed impassibile resistendo ai potenti avversari dell’alleanza francese, progrediva lento ma sicuro verso lo scopo che dall’origine delle complicazioni orientali egli avea segnato anticipatamente all’imperatore, come sola soluzione possibile nella crisi che minacciava di generalizzare e perpetuare la guerra in Europa. Alle difficoltà dell’interna situazione, si aggiunsero gl’imbarazzi continui che la diplomazia prussiana gli suscitava contro talora a Francforte-sul-Meno, talora a Pietroburgo, e perfino a Parigi ed a Londra. Fino all’estremo istante il gabinetto di Berlino mise tutto in opera per far abortire l’alleanza dell’Austria con le potenze occidentali. Avvertito il giorno innanzi che il Conte Buol stava per firmare il trattato del 2 dicembre, li sig. de Manteuffel posto in allarme dagl’impegni che l’Austria era sul punto di contrarre, scriveva immediatamente per telegrafò al Conte Buol: per amor del Cielo non firmate.

Le preoccupazioni politiche che dalla sua entrata al ministero non hanno cessato d’assorbire l'attenzione del Conte Buol, non tolsero ch'egli non palesasse la più feconda attività nella conchiusione del numerosi trattati destinati a fortificare ed ampliare le relazioni dell'Austria con paesi stranieri. A questo numero appartengono le convenzioni postali con gli Stati del Papa, 30 marzo 1852; con la Spagna, 30 aprile 1853; con la Svizzera, 1.° agosto 1853; con la Sardegna, 28 settembre 1853; e con la Russia, 5 maggio 1854; i trattati relativi alla trasmissione dei dispacci telegrafici con la Svizzera, 26 aprile 1852; con gli Stati della confederazione germanica, 23 settembre 1853; con la Sardegna, 28 settembre 1853; il trattato di commercio e delle dogane con la Prussia e con l’Unione doganale tedesca, 1» marzo 1853; il trattato di commercio e di navigazione col Belgio, 2 maggio 1854; il trattato per la consegna dei malfattori conchiuso con la Francia il 13 novembre 1855. ecc. ecc.

Da ciò si vede come gl’interessi materiali, in altri tempi sì trascurati dalla diplomazia austriaca, abbiano ricevuto un potente impulso sotto la previdente direzione del Conte Buol, il cui talento eminentemente pratico ha da lungo tempo compreso ed apprezzato il grande movimento che ogni giorno diviene più rapido nella vita dei popoli, ove la forza motrice dei materiali interessi è divenuta oggidì sì decisiva.

L’alleanza della Francia e dell'Austria doveva necessariamente risultare dalle complicazioni orientali. Sebbene questa alleanza sia, anzi tutto l’opera dell’imperatore Francesco Giuseppe, non conviene però astenersi dall’attribuire al ministro degli affari esteri il merito di averla effettuata in modo si ingegnoso, che gravitò di tutto il suo peso nella bilancia dei consigli dello Czar al momento decisivo. Questo immenso successo è dovuto principalmente alle qualità personali del Conte Buol a cui possono cosi opportunamente applicarsi le memorabili parole del duca di Nivernois che soleva dire: «Gli affari e coloro che li fanno non riescono se non mediante la fiducia; e la fiducia non può accordarsi che alla rettitudine ed all'onestà.

Quando il principe di Talleyrand, nella seduta pubblica dell'istituto di Francia, avvenuta il 3 marzo 1838 proclamava altamente che «si la bonne foi est nécessaire quelque pari, c’est certainement dans les transactions politiques, car c’est elle qui les rend solides et durables» egli disegnava anticipatamente il quadro il più fedele della politica del Conte Buol.

BARONE DE HUBNER

INVIATO STRAORDINARIO E MINISTRO PLENIPOTENZIARIO DI S. M. I. R. A.
A PARIGI

PLENIPOTENZIARIO D’ AUSTRIA

Alessandro, barone di Hübner, consigliere intimo attuale di S. M. Imperiale Reale Apostolica, suo inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso S. M. l’Imperatore dei Francesi ecc. ecc.

Nato a Vienna il 26 novembre 1811, egli compieva i suoi studj all'Università di questa capitale e poi soggiornava qualche tempo in Italia prima di entrare nel 1833 alla cancelleria di Stato ed iniziarsi sotto gli auspicj del principe di Metternich nella diplomatica carriera. Il Sig. de Hübner rimase impiegato al gabinetto del principe fino al 1837. Fece parte negli anni 1837 e 1838 dell’ambasciata imperiale a Parigi, della quale era capo il Conte d’Appony, fu quindi richiamato a Vienna per essere occupato nel gabinetto dell'Arcicancelliere, che diinostravagli una benevolenza singolare.

Quando il principe di Metternich durante la bella stagione recavasi per qualche mese sulle sponde del Reno, nel magnifico podere di Johannisberg, e conduceva seco lui una parte de' suoi impiegati di cancelleria, il Sig. Hübner era sempre del loro numero.

Allorché dopo una lunga interruzione delle relazioni diplomatiche fra l'Austria e il Portogallo, la Corte di Vienna riconosceva nel 1841 il trono della regina

Maria da Gloria, il Barone Marshal fu nominato in qualità d’inviato straordinario e ministro plenipotenziario di S. M. apostolica a Lisbona, ed il Sig. Hübner, adempiendo le funzioni di Secretario, fu incaricato di organizzarvi la legazione imperiale. Egli lasciò il Portogallo nel 1844 per rappresentare in qualità d'incaricato d’affari il suo governo presso le Corti ducali d’Anhalt, e per sostenere le funzioni di console generale d'Austria a Lipsia. Quest'ultimo posto viene ritenuto un punto d'osservazione dei più importanti, sotto il rapporto politico non meno che commerciale.

Dal principio dell’anno 1848 una cupa agitazione manifestavasi in tutta la penisola degli Apennini. La corrispondenza diplomatica dell'Arciduca Rainieri, Vice re del Regno Lombardo-Veneto, con gli Stati limitrofi, acquistando ogni giorno una maggiore importanza ed estensione, fu confidata alla direzione del Sig. Hübner. L’insurrezione milanese essendo scoppiata nel mese di marzo seguente, il Sig. Hübner fu trattenuto a Milano come ostaggio, parecchi mesi.

Di ritorno a Vienna, egli rimase assolutamente estraneo agli affari pubblici. Nella sua quiescenza non manteneva rapporti che col Principe di Schwarzenberg che, terminata la prima campagna d'Italia e riconquistata la Lombardia, era accorso a Vienna per esortare la Corte e gli uomini rimasti fedeli alla càusa della famiglia Imperiale a opporre energica resistenza alla rivoluzione, e a strappare il potere dalle mani d'un ministero agonizzante. Già la rivoluzione dopo avere immolato il 16 ottobre, il Conte Lalour, ministro della guerra che osava resisterle, si era resa padrona assoluta della capitale. Le truppe imperiali ove trovavasi il Principe di Schwarzenberg, si trincierarono immediatamente nei giardini del palazzo Schwarzenberg, affine di respingere più vigorosamente l'attacco che preparavano gl’insorti contro di esse. Il Sig. Hübner riuscì di attraversare le barricate e varcare le file degl’insorti per andare a mettersi a disposizione del principe di Schwarzenberg. Questi era stato richiamato presso l'imperatore Ferdinando; ma in presenza dell’imminente attacco che progettavano i rivoluzionari, giudicò essere il suo vero posto alla lesta delle truppe chiamate a difendere il trono e a salvare la monarchia. Mandò in sua vece presso l'imperatore il Sig. Hübner, che dovette attraversare di bel nuovo, esposto ai maggiori pericoli, i posti nemici prima d’arrivare a Schoenbriinn dove era riunita tutta la famiglia Imperiale.

Essendosi la Corte determinata di trovare un asilo sicuro dietro i bastioni della fortezza d’Ollmutz, il Sig. Hübner ebbe l’onore di accompagnare l’imperatore, l’imperatrice, l’imperatore attuale, allora Arciduca Francesco Giuseppe, i di lui genitori, i fratelli, e quasi lutti i membri dell’imperiale famiglia che scortata da cinque mille uomini di truppe fedeli intrappresero il viaggio da Schoenbrunn a Ollmütz. Il Principe di Schwarzenberg vi raggiunse bentosto le Loro Maestà allorché il Maresciallo Windischgraétz alla testa d’un corpo d'armata riunito frettolosamente in Boemia, si mise in marcia contro la capitale per domare la rivoluzione. Da quel punto la lotta fu energicamente sostenuta, ed ebbe per effetto di compiere dopo l’innalzamento dell'imperatore Francesco Giuseppe il trionfo del trono ed il consolidamento della rigenerazione politica della monarchia.

Dal mese di ottobre 1848 al marzo 1849, il Sig. Hübner rimase a Ollmütz presso il Principe di Schwarzenberg che chiamalo a presidente del consiglio e ministro degli affari esteri, incaricò il Sig. de Hübner a dirigere la corrispondenza politica del dipartimento dell'esterno. In pari tempo il Sig. Hübner ebbe spesso ad attendere agli affari interni dell’impero. I Proclami, i manifesti, gli alti pubblici di quest’epoca e particolarmente quelli che miravano alla lotta impegnata contro la rivoluzione, l’atto di abdicazione dell’imperatore Ferdinando e di suo fratello l'Arciduca Francesco Carlo, come pure:l’alto dell’innalzamento dell’imperatore Francesco Giuseppe oggi regnante, sono sortiti dalla penna del Sig. Hübner, che ha inoltre scelto ed adempiere le funzioni di cancelliere, quando fu d’uopo constatare offizialmente l’abdicazione volontaria dell'imperatore Ferdinando e l’inaugurazione del regno dell’augusto suo nipote.

Nel mese di febbraio 1849, il Sig. Hùbner fu incaricalo di una missione confidenziale presso il principe di Windischgraetz che trovò alla vigilia di movere contro gl’insorti ungheresi la battaglia di Kapolna sulle sponde del Theiss. Tosto dipoi nel marzo 184» fu inviato' in missione straordinaria a Parigi, missione che adempi con tale successo che il governo imperiale nominollo definitivamente qualche mese più tardi, suo inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso l’eletto del 2 decembre. In tal posto che il Sig. Hikbner occupa tuttavia, egli ha potentemente contribuito a preparare e a cementare l'alleanza fra la Francia e l’Austria. L Imperatore Francesco Giuseppe riconobbe tale servigio conferendo al Sig. Hübner la Gran Croce del suo ordine della Corona di Ferro, e l'Imperatore dei Francesi eleggéndolo Grand'Officiale dell’ordine imperiale della Legion d'Onore.

FRANCIA

S. E. IL CO. COLONNA WALEWSKY

MINISTRO PEGLI AFFARI ESTERI DI S. M. L’IMPERATORE

PRESIDENTE AL CONGRESSO DI PARIGI

Fatto il 4 maggio 1810 nel Castello di Walewice, il Conte Colonna Walewsky, oggi Ministro degli affari-esterni dell’imperatore, vide la luce nell’epoca in cui il primo Impero, giunto all’apogeo della sua potenza, rifulgeva in tutta la pompa dello splendore e della gloria.

I destini della Polonia, sua prima patria, erano allora collegati a quelli della Francia che doveva in appresso divenirgli patria seconda.

Trovavasi egli appunto in Parigi allorché gli avvenimenti del 1814 sorsero violenti a frangere il legame che univa questi due paesi, superbi entrambi di cavalleresche memorie nella comune loro storia. Egli continuò a soggiornarvi fino al punto in cui recossi a Ginevra, per ricevere colà una di quelle vigorose educazioni, tanto rare oggidì, per le quali hanno sviluppo ad un tempo e il carattere e l'intelligenza.

Nel 1824, il Conte Walewsky ritornò in Polonia ove passò tre anni.

Nel 1827, egli non anelava che ad una sola cosa: quella di rientrare in Francia; K non ché opponevasi a ciò il Gran Duca Costantino, ma egli tacendo andare a vuoto le misure prese allo scopo di trattenerlo in Polonia, potè rivedere Parigi ove trovavasi quando la rivoluzione del 1830 venne a somministrargli la prima occasione di far mostra di sé in una carriera dove gli erano riserbati i posti i piò eminenti.

Difetto il Generale Sebastiani, allora Ministro degli affari esteri di Francia, incaricò il Conte Walewsky d’una missione delicata presso il Governo Polacco, adempiuta la quale volle egli difendere da soldato la stessa causa ch’era venuto a trattare come diplomatico. Fece la campagna del 1831 in qualità d’Aiutante di Campo presso il Generalissimo dell’Armata polacca, e riportò sul campo di battaglia di Grochow, la Croce militare di Polonia.

Subito dopo la caduta di Varsavia il Conte Walewsky volle divenire francese di nazionalità come lo era per cuore, per principi e per lo spirito. Chiese ed ottenne lettere di naturalizzazione. La carriera delle armi fu il suo primo aringo; creato officiale d’Ordinanza del Maresciallo Gerard, divenne successivamente capitano della Legione Straniera, poi dei cacciatori d'Affrica, e finalmente del 4.° Reggimento degli Ussari. Mentre adempieva ad Oran le funzioni di direttore degli affari d’Arabia, fu incaricato dal Governatore generale dell’Algeria d'una missione coronata da un pieno successo presso l’Emir Abd-el-Kader, del quale fu ospite per tre giorni fra le tribù nemiche.

Ma fu definitivamente nel 1810, dopo il trattalo del 15 luglio, che il Conte Walewsky entrò nella carriera diplomatica. II Vice re di Egitto, Mehemet-Ali, ricusava ostinatamente di accedere alle concessioni che le potenze collegate gli dimandavano, minacciando imporgliele con la forza. Una guerra d’Oriente poteva allora irrompere sotto condizioni che avrebbero posta la Francia in situazione perigliosa e difficile. Il Governo incaricò il Conte Walewsky di appianare una tale situazione persuadendo al Vice re di Egitto di cedere al voto delle Potenze collegate. Egli parti infatti per Alessandria, vide Mehemet-Ali, tenne seco lui il linguaggio della ragione, ed ottenne coi suoi modi persuadenti, quello che alla minaccia erasi contrastalo. Mehemet-Ali, piegatosi ai consigli benevoli ed illuminali del Plenipotenziario francese, arrestò l’armata vittoriosa d'Ibrahim Pascli, che già marciava sopra Costantinopoli, e deponendo i destini della sua Corona nelle mani della Francia, dichiarò di starsene pago all'Egitto ereditario, ed alla Siria a vita.

Per tal modo il Conte Walewsky aveva saputo dare a questa prima critica questione d’Oriente una soluzione nobile e pacifica, allorché un cambiamento di ministero e di politica, come si di frequente accadevano all'epoca del regime parlamentario, rimise in campo le questioni, per cui deliberò egli di abbandonare subitamente Alessandria, lasciando vivo desiderio di sé nel cuore afflitto di Mehemet-Ali, il quale aveagli accordala la sua stima ed il suo attaccamento, per modo che nulla più intrapprendeva se non guidato dai consigli del Plenipotenziario francese. Qualche tempo appresso noi ritroviamo il Conte Walewsky sulle rive della Plata, ove crasi recato nella sua qualità di plenipotenziario francese, affine di trattare come mediatore fra le due repubbliche di Buenos-Ayres e di Montevideo, unitamente a Lord Howden plenipotenziario inglese.

Un governo nazionale e popolare doveva gittar l’occhio sopra il Conte Walewsky. Dopo l'innalzamento del Principe Luigi alla presidenza della Repubblica francese, divenne successivamente ministro plenipotenziario a Firenze e a Napoli, poi Ambasciatore in Ispagna, ove non ebbe il tempo di trasferirsi, essendo stato richiamato quasi subito per occupare la medesima carica a Londra. Egli ritrovò colà, nel seno del ministero inglese, Lord Palmerston, con cui avea avuti altra volta degl’intimi rapporti. A questa Ambasciata si riportano le memorie più splendide della sua diplomatica carriera: primo fra suoi successi fu l’adesione del Governo della Regina d’Inghilterra all’atto del 2 decembre che rimetteva il potere in un Bonaparte.

Sebbene investito per quest’Atto della sovrana autorità, il Principe Luigi restava cionondimeno Presidente a vita d’una Repubblica. Ma il Plebiscito che faceva risorgere l’impero ereditario e che coronava la dinastia Napoleonica, presentavasi sotto un aspetto ben differente. Questo avvenimento poteva suscitare i sospetti dell'Inghilterra, locché arrivò in fatti 11 Conte Walewsky seppe tuttavia ottenere in onta agli sforzi poderosi d’un partito considerabile non d’altro occupato che ad attraversare le sue misure, la riconoscenza immediata del governo imperiale. Poco tempo dopo, egli faceva restituire alla Francia uno de' più preziosi monumenti della sua storia, il testamento di Napoleone I, di cui l’Inghilterra aveva fino allora rifiutato di privarsi, costituendosi a proprio talento la depositaria delle volontà del glorioso suo avversario.

Ma ben presto dovea sorgere una delle più gravi questioni di politica esterna che mal agitasse il mondo ed occupasse l’Europa dai tempi del Consolato e dell'Impero: la questione d'Oriente. li Conte Walewsky stava per divenire uno dei più assidui e dei più importanti ministri dell’Alleanza Anglo francese: e gli avvenimenti congiungevano già la memoria del suo nome all’opera forse la più feconda ed in pari tempo la più inaspettata della diplomazia moderna. Egli dedicossi con una fortuna eguale alla sua intelligenza ed attività a fondare sopra basi solide e durevoli quell’Alleanza Anglo-francese, che il trattalo del 10 aprile dovei a consecrare in faccia al mondo tutto.

Agli atti pubblici dei due paesi tennero dietro gl’intimi rapporti delle due corti. Due fatti sorprendentissimi, che vent'anni addietro si sarebbero ritenuti impossibili, risultarono fortunatamente da questi rapporti che il Conte Walewsky contribuì a preparare e che si sono compiuti mentre egli era Ambasciatore a Londra. Napoleone III recavasi a salutare la Regina d’Inghilterra nel suo Castello di Windsor, e la Regina d’Inghilterra ricambiava a sua volta la visita a Napoleone III nel Castello di Versailles, che riaprivasi per Lei al movimento ed al tumulto delle feste. L’Imperatore doveva bentosto richiamare il Conte Walewsky, affinché continuasse, qual ministro degli affari esteri dell’Impero, l’opera a cui avea posto mano come Ambasciatore di Francia a Londra. Dietro le abortite conferenze di Vienna egli sostituì il sig. Drouyn de Lhuys, ed attese a mantenere la buona armonia della Francia con l’Austria senza alterazione della stretta intimità con l’Inghilterra. In tal momento una simile impresa era quanto difficile altrettanto dilicata. Il Conte Walewsky riuscì a conciliare lutti gl'interessi, a distrarre ogni nube, giunse perfino a ristringere i legami dell'Alleanza del 2 dicembre, un istante compromessa.

Di la a qualche tempo uno splendido trionfo coronava l’intrepidezza dei soldati francesi, inglesi, e piemontesi; l'inespugnabile Sebastopoli era presa d'assalto, e gli stendardi degli alleati sventolavano vittoriosi sopra le sue mura crollate: gloriosa conquista che effettuava lo scopo ed assicurava l'esito della campagna di Crimea.

Sostenuta per tal modo dalle operazioni di guerra, toccava alla diplomazia di rivolgere il pensiero all'opera di pace. Fu allora che il Conte Walewsky, forte dell’appoggio delle armi francesi, preparò, sotto l'alta e saggia direzione di Napoleone III, il proseguimento delle negoziazioni che ebbero ad effetto il trattalo di pace del 30 marzo.

Come si vede, la vita del Conte Walewsky fu colma di accidenti; dedicò la sua giovinezza all'azione ed in età di trent’anni, entrò nella carriera diplomatica con una missione che riferivasi alla prima questione d’Oriente. Quindici anni più tardi, la seconda, la vera questione d'Oriente, quella la cui soluzione è stata lesti quanto decisiva altrettanto gloriosa, Io ha ritrovato, sulle prime Ambasciatore di Francia in Inghilterra, poi ministro degli affari esteri dell'Imperatore nell’ora stessa dello scioglimento. Giunto a un tal passo della sua carriera si vide investito dei maggior onore che potesse ambire, quello di presiedere ad un’illustre riunione di eminenti diplomatici, in mezzo ai quali egli interveniva nella qualità di primo plenipotenziario francese. Egli e perciò che sul suo nome riflettesi lo splendore e l’importanza di questa Assemblea viva Rappresentanza dell’Europa, la quale volle rendere un doppio omaggio alla saggezza dell’imperatore e all’ascendente della Francia chiedendo che Parigi divenisse la sede delle conferenze di pace.

In seno a tale riunione il Conte Walewsky per la sua altitudine, per il suo carattere e per il linguaggio seppe costantemente mantenersi all'altezza del suo assunto e dopo la firma del trattato di pace, la più eminente fra le decorazioni ricompensava Io zelo illuminato del Presidente del Congresso di Parigi. Con decreto 31 marzo 1856, l'imperatore lo innalzava al grado di gran Croce della Legion d’onore.

BARONE DI BOBQUmi

INVIATO STRAORDINARIO E PLENIPOTENZIARIO DI S. M. L'IMPERATORE A VIENNA

PLENIPOTENZIARIO DI FRANCIA AL CONGRESSO DI PARIGI

Francesco Adolfo, barone de Bourqueney, nacque da una famiglia parlamentare della Franca-Contea. Fece I suoi studj a Parigi nel liceo Bonaparte.

Lasciati gli scanni collegiali entrò nella diplomazia, carriera tradizionale per lui, dacché parecchi de' suoi antenati per via -di madre, hanno rappresentato diverse Corti d'Allemagna presso la Corte delle Tuilleries.

Il Sig. de Bourqueney incominciò dall'essere addetto alla legazione di Francia per gli State Uniti sotto il Sig. Hyde de Neuville.

Passò successivamente all’ambasciata di Londra come terzo Secretario sotto il Sig. de Chateaubriand, la stima e l’affezione del quale gli assicurarono quell'avanzamento che ben meritava.

Il Sig. de Bourqueney era da ùn anno Secretario d'Ambasciata in Isvizzera, allorché nel 1824, caduto Chateaubriand, egli interruppe volontariamente la sua carriera diplomatica per prender parte alle lotte della Stampa a fianco e sotto la direzione del Ministro decaduto, la cui disgrazia egli volle dividere. La collaborazione del Sig. de Bourqueney nel Journal de Debate durò parecchi anni.

Insistiamo sopra questo episodio della vita del Sig. de Bourqueney, perché questo diplomatico trasse giustamente eguale onore nel suo cambiamento per mezzo della stampa giornaliera, quanto né trasse dalle sue sincere convinzioni che gli hanno fatto abbandonare per qualche tempo le funzioni pubbliche. La lista degli uomini che il giornalismo ha ceduto agli affari sarebbe lunga; il Sig. de Bourqueney appartiene al piccolo numero di coloro i quali negl’istanti di prova che attraversano il giornalismo, non affettano di rinnegare o denigrare l'istromento della loro elevazione.

Sotto il ministero del Sig. de La Ferronàys, il barone Bourqueney rientrò col titolo di primo Secretario d’Ambasciata, in quella carriera diplomatica ch'egli dovea battere con tanta gloria.

Il suo avanzamento fu rapido, imperciocché sopra di lui cadevano necessariamente gli sguardi ogni qualvolta presentavasi una. di quelle missioni delicate, ove fosse d’uopo mostrare ad un tempo fermezza di carattere, moderazione di vedute e di linguaggio, ed ingegno persuadente.

Nel 1834, il Sig. de Bourqueney fu inviato a Londra come incaricato d’affari, ed in questa qualità venne associato alle lunghe e difficili negoziazioni che ebbero per oggetto di consacrare la separazione del Belgio e dell'Olanda, distruggendo per tal modo col consenso dell’Inghilterra l'opera prediletta e speciale dei plenipotenziari inglesi al Congresso di Vienna.

Il Sig. de Bourqueney ritornò a Londra nel 1841 come Ministro plenipotenziario ed appose la sua firma alla Convenzione degli Stretti, per la quale la Francia rientrava nel concerto europeo d'onde aveala esclusa il trattato di luglio 1840.

Nessuno avrebbe potuto sorvegliare all’esecuzione della Convenzione degli Stretti meglio del Diplomatico che l'aveva firmata.

Nel 1843 il Sig. de Bourqueney fu inviato come Ambasciatore a Costantinopoli, ove dovea trattenersi fino alla fine del governo di luglio: non si allontanò che una sola volta dal suo posto, e fu nel 1845, in occasione del suo matrimonio con Madamigella de Juigné.

Alla rivoluzione di febbraio il Sig. de Bourqueney diede la sua dimissione. Ritirossi in Campagna, ove visse cinque anni in una solitudine profonda, interamente dedicato allo studio; né volle trarsi di là se non quando il discorso di Bordeaux ebbe fatto d’una politica di pace e di progresso il programma del secondo Impero. Il Sig. de Bourqueney fu richiamato al servizio dell'Imperatore Napoleone III nel marzo 1853, ed inviato a Vienna come Ministro plenipotenziario di Francia presso la Corte d'Austria.

II Sig. de Bourqueney figurò in Vienna all'altezza dell’importante missione che eraglisi confidata. Interprete fedele delle intenzioni imperiali, egli seppe con la purezza e la lealtà del suo linguaggio, e con la rettitudine del suo procedere, cattivarsi la fiducia, e fissare le incertezze della Corto d’Austria. Il carattere personale e l’abile perseveranza del Sig. de Bourqueney esercitarono un certo potere sopra le relazioni sempre più intime che si stabilirono fra i Gabinetti di Parigi e di Vienna, e che furono definitivamente consacrale dalla firma del trattato del 2 decembre 1854. Gli Imperatori di Francia e d’Austria hanno entrambi manifestata al Sig. de Bourqueney la loro soddisfazione pe suoi servigi conferendogli il primo la Gran Croco della Legion d’Onore, il secondo la Gran Croce dell’ordine di Leopoldo.

La presenza del Sig. de Bourqueney al Congresso di Parigi come plenipotenziario di Francia, fu ad un tempo per questo diplomatico la ricompensa dei passali, e l’indizio dei novelli servigi che il paese si aspetta da suoi talenti, dalla sua esperienza e dal suo patriottismo.

GRAN BRETTAGNA

S. E. IL COSTE DI CLARENDON

PRINCIPALE SEGRETARIO DI STATO DI S. M. B. AL DIPARTIMENTO DEGLI AFFARI ESTERI

PRIMO PLENIPOTENZIARIO DELLA GRAN BRETTAGNA

Giorgio-Guglielmo Federico Villiers, quarto Conte di Clarendon e Barone Hyde, pari d’Inghilterra, membro del consiglio privato, Cavaliere dell’Ordine della Giarrettiera e Gran Croce dell’Ordine del Bagno, Ministro pegli altari esteri, nacque a Londra, nel 1800.

In Inghilterra meglio che ovunque s’incontrano di quelle antiche famiglie ove l’abitudine dei grandi affari, la capacità politica ed il talento oratorio sembrano quasi riprodursi per una non interrotta tradizione. Direbbesi che per l rappresentanti di tali famiglie, le più alle cariche dello Stato formino in certa qual guisa una parte del loro patrimonio, e che sieno naturalmente chiamali al governo del loro paese.

Lord Clarendon ce né somministra un luminoso esempio. Il primo Conte di questo nome fu gran Cancelliere sotto il regno di Carlo I e di Carlo II, e per via di sua figlia Anna Hyde duchessa d’Yorck, ebbe a nipoti due regine d’Inghilterra, la Regina Anna, e la Regina Maria. Ora si vede da qual alta schiatta discenda il Ministro attuale degli affari esteri della Gran Brettagna.

Il primo Conte di Clarendon possedeva un carattere integerrimo, un’intelligenza eminente, ed era uno de' più accreditali oratori del parlamento: leggasi di lui una Storia della ribellione dal 1641 fino alla riabilitazione di Carlo II; storia consultata anche oggidì, ed ove, malgrado l’attaccamento dell'Autore per la causa regia, i grandi avvenimenti in cui fu avvolto sono raccontati con una lodevole imparzialità.

Il nome storico di Clarendon appare di nuovo oggidì sotto uno splendore singolare nell'uomo di Stato, che ha rappresentata la Gran Brettagna al Congresso di Parigi.

Secondogenito delle famiglie de Jersey e de Hyde, Lord Clarendon è figlio dell’onorevole Giorgio Villiers e dell’unica figlia del primo Lord Boringdon.

Dopo avere compiuti a Oxford quegli studi vigorosi si abituali per la gioventù inglese, il giovane Federico Villiers diede principio alla sua carriera diplomatica nell’età di vent’anni. Egli fu impiegalo, fino dal 1820, all'ambasciata di Pietroburgo, ove si trattenne fino al 1823. A quest'ultima epoca noi lo vediamo a Londra studiare con un ardore affatto giovanile le aride questioni dell’amministrazione, iniziandosi al meccanismo ed all’organizzazione finanziaria e civile della Gran Brettagna. Poco appresso venne nominato primo commissario dell’assisa (excise) (((1))(*)) e rimase in detta carica dicci anni, cioè fino al 1833. Tuttavia, durante questo spazio di tempo,l’onorevole Federico Villiers adempì egregiamente parecchie speciali missioni. Dal 1827 al 182, fu impiegato a regolare in Irlanda la fusione dei due consigli delle assise, ed imparò a conoscere tutti i bisogni di questo paese, la cui amministrazione dovea egli più tardi si abilmente assumere, in qualità di Lord-luogotenente. Nel 1831 recossi in Francia con la missione di negoziare un trattato di commercio. Da quest'epoca in poi, l'onorevole Federico Villiers fu costantemente intromesso negli affari più importanti del suo paese.

Eletto nel settembre del 1833 ad inviato straordinario e a Ministro plenipotenziario a Madrid, l'onorevole Federico

Villiers rimase in Ispagna fino all'ottobre 1839, e durante questi anni di guerra civile, ove la monarchia costituzionale d'Isabella II si è trovata presso a perire, il rappresentante della Gran Brettagna con la fermezza del diplomatico, l'amenità dell’uomo di mondo, e con un particolare ascendente sulla società di Madrid, seppe in varie congiunture venire in ajuto ad un potere che non era soltanto alleato, ma piuttosto cliente del governo inglese.

L’onorevole Federico Villiers non avrebbe potuto capitare nella Penisola in mezzo a circostanze più gravi. Fino dai primi mesi della sua ambasciata, egli si occupò a gettare le basi del trattato della Quadrupla Alleanza conchiusa nel 1834, che assicurò alla Spagna la triplice cooperazione dell’Inghilterra, della Francia e del Portogallo. Egli è superfluo di rammentare che la rivoluzione del 1834 ed il trattato della Quadrupla Alleanza fecero sorgere per la Spagna un'era novella, nella quale il Ministro della Gran Brettagna vide nascere ed ingrandire l’antagonismo dei generali Espartero e Narvaez, e che riuscì a mantenere la bilancia eguale fra questi due capi, costretti a lottare a vicenda contro la rivoluzione democratica e l'insurrezione carlista.

Nel 1839, quando la defezione di Maroto ed il trattato di Vergara che garantiva alle provincie del Nord il mantenimento dei loro fueroi, salva l’unità costituzionale, ebbero compiuto ciò che allora chiamavasi la pacificazione di Spagna, l’assunto del Ministro inglese era terminato in realtà. Da un anno l’onorevole Federico Villiers era succeduto a suo Zio nel nome di Clarendon e nella dignità di pari d’Inghilterra; fu richiamato nel mese d’ottobre a Londra ove non tardò a condurre in {sposa la figlia primogenita del primo Conte di Verulamio, dalla quale ebbe un figlio erede di questo nome e molte figlie.

Un discorso sopra gli affari di Spagna e lo stato politico dell’Europa, richiamò sopra il nuovo Conte di Clarendon l’attenzione del ministero Melbourne. Nel gennaio del 1840 fu nominato Lord del sigillo privalo, ed occupò questo posto fino al settembre 1841, epoca delle elezioni generali. Egli era in pari tempo Cancelliere del ducato di Lancastro, Presidente del consiglio di Commercio nel. 1846, sotto l’amministrazione di Lord John Russel, il Conte di Clarendon fu eletto Vice-re d’Irlanda nel maggio del 1847. In si eminenti funzioni il nobile Lord diede una giusta idea delle grandi sue qualità politiche; fermo a vicenda e conciliante, egli dedicossi con successo a pacificare l’Irlanda mediante la saggia sua amministrazione.

A lui veniva fatto di governarla dopo la morte di O’Connel e comprese di quanta importanza fosse, spento il suo grande tribuno, l'usare verso lei moderazione e clemenza.

Lord Clarendon che era succeduto in Irlanda al fu Lord Bessbarough, vi rimase fino al febbrajo del 1852, epoca della comparsa di Lord Derby agli affari. Per ultimo venne richiamato in qualità di Ministro degli affari esteri a rappresentare la Gran Brettagna al Congresso di Parigi. Non puossi dimenticare con quale fermezza e cautela egli abbia saputo, in seno al parlamento inglese, dilucidare e sostenere le vere intenzioni delle potenze occidentali nella loro lotta contro la Russia. La vigilia ancora della sua partenza per Parigi, il Conte, di Clarendon diceva alla Camera dei Lord. «Quanto a me io son d’avviso che l’imperatore Alessandro ha dato prova' d'un grande coraggio morale, accettando prontamente delle condizioni ch’egli deve ritenere sfavorevoli al partito della guerra in Russia. Io spero ch'egli continuerà a mostrare lo stesso morale coraggio, e che senza valersi di raggiri e sutterfugi, si atterrà rigorosamente allo spirito di tali condizioni. Cosi operando ci viene offerta la speranza di ottenere quello che fu mai sempre lo scopo della guerra, una pace sicura ed onorevole, una pace, io intendo, onorevole per tutte le parti, ché qualora fosse di sfregio alla Russia non potrebbe essere sicura.«Lord Clarendon raccolse la maggiore soddisfazione che un uomo di Stato possa bramare, quella di vedere pienamente effettuate le sue idee col trattalo del 30 marzo, e l’imperatore Napoleone medesimo in una solenne circostanza degnò rendere omaggio agli eminenti servigi del Ministro degli affari esteri della Gran Brettagna.

S. E. LORD COWLEY

AMBASCIATORE DI SUA MAESTÀ BRITANNA A PARIGI

PLENIPOTENZIARIO DELLA GRAN BRETTAGNA

Enrico-Riccardo-Carlo Wellesley, secondo barone Cowley, Gran Croce dell’Ordine del Bagno, consigliere privato, Ambasciatore d'Inghilterra presso la Corte di Francia, nacque a Londra, in Hertfordstreet, nel 1804, da Sir Enrico Wellesley e dalla sua prima moglie, figlia secondogenita al primo Conte Cadogan.

Lord Cowley era dalla stessa sua nascita destinato, per così dire, alla diplomazia, posciaché suo padre, fratello al duca di Wellington, aveva durante le guerre sul principiare del secolo meritamente rappresentato l’Inghilterra in quasi tutte le Corti d'Europa. Il giovane Carlo Wellesley incominciò la sua carriera officiale a vent'anni; fu eletto, nel 1824, aggiunto all'Ambasciata di Vienna, e nel 182» passò in qualità di addetto stipendiato a La Have.

Da quest'epoca, sua signoria segui regolarmente la carriera diplomatica. Nominalo nel gennaio 1832 Secretario di legazione a Stutgarda. l'onorevole Carlo Wellesley sposò nel seguente anno la seconda figlia del fu Lord Enrico Fitz-Gérald e della baronessa de Bos. Da questo matrimonio nacquero tre figli ed una figlia. L'erede del nome fu fatto capitano dei coldstreamguards nel 1854 ed il minore entrò nella marina.

Verso il mese di ottobre 1838, in un momento ove la questione d’Oriente era già gravida di tutte quelle difficoltà che sonosi in appresso sviluppate, e che ebbero per fine la guerra, noi vediamo Carlo Wellesley giungere a Costantinopoli in qualità di Secretario d’Ambasciata presso la Porta Ottomana. Il signor Wellesley fu a più riprese, incaricalo della gerenza dell’Ambasciata in assenza di Sir Stratford Canning, e dietro alcuni dispacci che al Foreign-Office furono presi in considerazione, egli seppe meritarsi la benevolenza del gabinetto britannico. Costantinopoli, per giunta, è stata la scuola ove si sono Informati molli fra i contemporanei diplomatici. L’onorevole Secretario dell'Ambasciata inglese incontrò colà il sig. de Bourqueney che fu suo collega nelle conferenze di Parigi.

Era facile il prevedere fino da quest'epoca che Carlo Wellesley, avendo saputo procacciarsi la fiducia del suo governo, non larderebbe ad essere incaricato di missioni più importanti. Nel 1848 infatti, Lord Cowley (egli avea preso questo nome dopo la morte di suo padre avvenuta nel 1847) ebbe a dirigere in Isvizzera, come ministro plenipotenziario, delle negoziazioni dilicate che interessavano la tranquillità di parecchi Stati vicini; ed in varie circostanze, mentre gli affari d’AIlemagna pigliavano un aspetto minaccioso, dovette recarsi per missione speciale a Francforte, ove sedeva l'Assemblea costituente allemanna. Questa Assemblea essendosi disciolta, e l'antica dieta germanica ristabilita, Lord Cowley fu accreditato come ministro plenipotenziario presso la confederazione germanica nel 1851; e riuscì a cooperare, mediante i suoi consigli ed il suo credilo, al ristabilimento definitivo dell’ordine in Germania.

Altri e maggiori successi attendevaolo a Parigi. Quando per l’innalzamento al trono di Luigi Napoleone, gl’interessi comuni della Francia e dell’Inghilterra fecero desiderare una prossima ed intima alleanza fra le due corti, nessuno parve al ministero di Lord Derby più atto di Lord Cowley. a preparare le basi di quest'alleanza e a rappresentare il Gabinetto di Saint-James presso il governo imperiale. Nel 1852, Lord Cowley fu chiamato a succedere a Lord Normanby nell’alta carica di Ambasciatore d’Inghilterra in Francia, carica occupata durante parecchi anni da suo padre, che avea lasciate dì sé memorie egregie.

I servigi resi alla causa dell'alleanza anglo-francese dal rappresentante della Gran Brettagna a Parigi, furono riconosciuti splendidamente dalle due corti. Lord Cowley si è mostralo sempre abile media toro e partigiano convinto di tale alleanza. Fino dal suo arrivo in Parigi, nel 1852, egli giudicò sanamente della situazione, novella della Francia; dissipò immediatamente molte prevenzioni e molti errori che dominavano ancora a Londra, e che contribuivano già sensibilmente a ritardare l'opera difficile dell'unione. Ognuno sa che l'alleanza della Francia e dell'Inghilterra fu in certa guisa conchiusa dalla necessità stessa. Tuttavia, Lord Cowley ebbe l'onore di appianare le vie, e direbbesi anzi, di segnare le condizioni di ravvicinamento e di accordo fra i due governi e i due popoli. Il suo nome viene perciò collocato nella storia, avendo firmato come uno de' plenipotenziari della Gran Brettagna il trattato che mette fine alla guerra, e dà regola per l'avvenire alla questione d'Oriente. Glorioso guiderdone d'una carriera degnamente percorsa.


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PRUSSIA

S. E. IL BARONE DE MANTEUFFEL

MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI

PRIMO PLENIPOTENZIARIO DI PRUSSIA

Ottone-Teodoro barone di Manteuffel, presidente del consiglio di Stato e del consiglio dei ministri, ministro pegli affari esteri ecc. ecc.

Correndo l'anno 1855, comparve a Lipsia in lingua francese, un fascicolo, il cui autore rimase celato sotto il velo dell’anonimo, sebbene ogni pagina rivelasse un alto personaggio della Corte di Berlino, uno fra i più notevoli corifei del partito della Croce. Questo scritto che ha per titolo: La corte e il governo di Prussia in faccia alla coalizione, sforzavasi di giustificare la posizione mantenuta dal governo prussiano durante le complicazioni orientali, e faceva cadere sopra il Barone di Manteuffel il giudizio che segue: «In questa sì complicata questione d’Oriente quando il giorno del comun patto, vogliam dire della pace sarà giunto, ognuno confesserà gli errori commessi ed i falli sfuggiti all’imprevidenza o alla debolezza umana; ed il sig. di Manteuffel farà allora come tutti gli altri.

Il rimprovero che il partito dominante a Berlino lancia contro il Barone di Manteuffel, è di aver voluto reprimere anziché secondare le simpatie troppo pronunciate che i cortigiani del re Federico-Guglielmo affettavano in favore della Russia. È d’uopo rendere questa giustizia al presidente del consiglio prussiano, ch'egli tentò sulle prime sinceramente e lealmente di far sorgere il suo governò da quell’inazione in cui il partito della Croce, dimentico della missione d’una grande potenza europea, persisteva a ricacciarlo.

Il Barone di Manteuffel appoggiò di tutto il suo credito gli sforzi tentali da uomini indipendenti, quali erano il sig.

Betbman-Hollveg, il Conte Portalès, il sig. de Bunsen per decidere il re di Prussia a firmare la convenzione di Vienna verso il principio dell’anno 1854. Non tardò guari ad avvedersi che a niun potere umano verrebbe fatto d’indurre Federico Guglielmo a contrarre l'impegno di brandire la spada contro la Russia.

Il culto dell’antichità greca nella quale S. M. prussiana fu allevata, le ha sempre inspirato un ardente entusiasmo in favore degli Fileni ed un’avversione eguale per gli ottomani conquistatori.

D’altronde, il fu imperatore Nicolò avendo passato una parte della sua gioventù alla Corte di Potsdam, in seno alla Reale famiglia di Prussia, Federico Guglielmo crasi fin d’allora abituato a non vedere nell'autocrata di tutte le Russie che un prediletto fratello, contro il quale la voce del sangue gridavagli di non portare giammai le armi.

Invano il Barone di Manteuffel erasi provato di ricondurre il suo sovrano ad altre idee. Più d’una volta il presidente del consiglio parve deliberato di dare la sua dimissione. Il solo timore non forse rimanesse libero il campo all’animosità che il partito della Croce nutre contro la Francia, lo decise a restare al suo posto, ben convinto ch’egli così preserverebbe almeno la Prussia da una scissura aperta con le potenze occidentali. Quanto più si esamina la condotta che tenne il Barone di Manteuffel nella questione orientale, tanto meglio vi si scopre il pensiero dominante di quel giusto mezzo che, come principio, corrisponde nel miglior modo alla politica di neutralità. Ma cercando di tenersi ad eguale distanza dai due partiti opposti, il Barone di Manteuffel spiacque, come vedemmo, alla società della Croce, senza effettuare i voti dei partigiani dell'alleanza con le potenze occidentali.

Ciò dipende unicamente dagli ostacoli dell'interna situazione della Prussia, che alcun ministro non è in grado di vincere, testimonio il Barone di Manteuffel che malgrado la fermezza del suo carattere e le rare sue qualità d’uomo di Stato, ha dovuto subirli come una necessità, e dei quali a forza d’ingegno e perseveranza potè attenuare se non neutralizzare gli effetti.

Abbenché il Barone di Manteuffel nella sua carriera politica si sia sempre dimostrato ardente difensore delle idee conservatrici, egli debbe il suo innalzamento principalmente alla rivoluzione, che somministrogli l'opportunità di spiegare un’ammirabile energia nella lotta fra il ministero di Brandeburgo, di cui era membro, e la demagogia che faceva ogni di al governo una guerra più. aspra, sopratutto in seno dell’Assemblea nazionale.

Il Barone Ottone-Teodoro di Manteuffel nacque il 3 febbraio 1805 a Lubben (provincia di Brandeburgo). Dell'età di sette anni perdette il padre, e fu raccolto con suo fratello minore da uno zio che fece dare ai due orfanelli una delle più solide educazioni.

Dal 1824 al 1827 compié i suoi studi! all'università di Halle, dedicandosi più particolarmente al diritto ed all’economia politica. Ivi acquistò in pari tempo una straordinaria destrezza negli esercir] ginnastici.

Lasciata l'Università, recossi a Berlino per essere nel 1829 impiegato dapprima al tribunale delle finanze, e passare inseguito alla politica amministrazione.

filetto poscia consigliere al tribunale di Luckau, vi acquistò una tale riputazione d’ingegno che il circolo di Sternberg lo scelse regolarmente ogni anno a rappresentarlo nella dieta provinciale di Brandeburgo. Egli fu nel 1841 promosso alle funzioni di consigliere della reggenza superiore di Koenigsberg, funzioni ch’egli occupò con merito tale che quasi tutte le città del circolo di Luckau si mostrarono sollecite di offrirgli il diritto di cittadinanza onoraria. Due anni più tardi diveniva vice presidente della reggenza di Steltin che lasciò nel 1844 per recarsi ad occupare presso il principe di Prussia il posto di consigliere referente, col titolo in pari tempo di consigliere intimo. In questa carica di aita fiducia egli si è inizialo ai secreti dell'amministrazione superiore, e sviluppò la sua altitudine al maneggio dei grandi affari pubblici. L’anno seguente entrò nel consiglio di Stato rimanendo cionondimeno incaricalo della direzione della seconda divisione al ministero dall'interno.

Scelto a deputato nella dieta del 1847, combatté vigorosamente gli sforzi del partilo che cercava di ampliare la Costituzione della monarchia prussiana nel senso del moderno costituzionalismo. Durante la sessione del 1848, egli si pronunciò altamente contro il volo personale.

Malgrado questi antecedenti parlamentari, il Barone di Manteuffel conservò il suo posto al ministero dell'interno allorché scoppiò la rivoluzionaria tempesta del 1848, tale era il pregio in cui i suoi talenti erano tenuti da lutti i partiti.

Il re, più tardi, per distrarre I uragano, tentò di fortificare il governo nominando, con ordine di gabinetto 8 novembre 1848, il luogotenente generale Conte di Brandeburgo a presidente dei consiglio dei ministri. L'indomani il Conte di Brandeburgo si presentò all'Assemblea nazionale accompagnato dai ministri de Ladenberg, de Strotha, de Manteuffel.

Il Conto di Brandeburgo era in pari tempo incaricato del portafoglio dell'esterno, mentre il Barone di Manteuffel teneva quello dell'interno. Il presidente del consiglio conformemente al sovrano rescritto pubblicalo il giorno innanzi, veniva ad annunziare all'Assemblea nazionale il trasferimento delle sessioni da Berlino a Brandeburgo, allegando come motivo di una tale misura le minaccie a cui l'Assemblea rimaneva esposta da parte delle fazioni politiche, che agitavansi nella capitale del regno.

Dietro il rifiuto del presidente di chiudere la sessione, il Conte di Brandeburgo dichiarò illegale la continuazione delle deliberazioni. Subilo dopo, il ministero prussiano indirizzò al comandante della guardia nazionale un rescritto portante l’ordine d'intervenire per intercettare ai membri dell’Assemblea costituente l'entrata nella sala delle loro sedute.

Là guardia nazionale dal canto suo protestò contro questa ingiunzione, e prese a proteggere i membri dell’Assemblea, che continuarono le loro deliberazioni. Il giorno 11 novembre ecco apparire un nuovo ordine di gabinetto il quale dichiara che le deliberazioni e le risoluzioni prese da quella frazione dell'Assemblea nazionale, che si riunì illegalmente e contro l'ordine della sua proroga, saranno tenute per nulle e come non avvenute. La guardia nazionale viene disarmata a Berlino, le truppe occupano la città.

L’Assemblea nazionale avendo l’indomani trovale chiuse le porte del locale per le sedute, si riunisce nella sala della Casa degli Archibugieri, ove la guardia nazionale le accorda la sua protezione. Colà i membri dell'Assemblea estendono un proclama diretto al popolo per protestare contro le misure prese dal ministero Brandeburgo-Manteuffel. Da parte sua l'Assemblea costituente di Francoforte fece il 14 novembre la mozione, essere urgente d’invitare il re di Prussia a circondarsi di que' ministri i quali godessero della fiducia popolare.

Era pressoché impossibile di assumere il potere in circostanze più scabrose di quelle incontrate dal-Barone di Manteuffel, nel suo ingresso al gabinetto prussiano. Nondimeno accettando arditamente la lotta di cui nella sua qualità di ministro dell’interno egli dovea sopportare quasi tutto il peso e tutta la responsabilità, egli sollecitò il re a disciogliere l’Assemblea nazionale. Il 5 decembre, un rescritto reale esteso dal Barone di Manteuffel dichiarava: che S. M. convinta che l’Assemblea chiamata per concorrere unitamente alla corona a stabilire la Costituzione, non raggiugnerebbe il suo scopo, senza derogare alla dignità della corona e senza portare pregiudizio alla prosperità del paese, ordina lo scioglimento dell’Assemblea costituente. Nel medesimo tempo una nuova Costituzione, elaborata pur essa dal Barone di Manteuffel, veniva dal re Federico Guglielmo concessa al popolo prussiano.

L’apertura delle Camere convocate di conformità alla legge costituzionale del 5 decembre 1848, ebbe luogo il 26 febbraio 1819. Ma lo spirito di opposizione contro il Gabinetto Brandeburgo Manteuffel vi si sviluppò potentemente il 26 aprile nella seduta della seconda Camera, la quale decise: che la continuazione dello stato d’assedio a Berlino senza l’assenso delle Camere, era un atto illegale a cui la Camera rifiutava tale assenso, intimando per contrario al ministero di levare senza indugi«l’assedio della Capitale.

Il giorno 8 maggio, cinquecento deputati all’incirca delle città Renane si costituivano in congresso a Cologna. Esigevano dall’Assemblea nazionale a Francofone che riunisse delle truppe dell’impero, ad oggetto di imprimere forza ed unità alle tendenze d’opposizione popolare. Si emetteva l’opinione che la dimissione del ministero Brandeburgo-Manteuffel fosse indispensabilmente necessaria, e che la esistenza della Prussia fosse compromessa dall’attuale organizzazione dello Stato.

L’insurrezione che era scoppiala a Dresda il 3 maggio veniva seguila dall’insurrezione di Rastadl. Un’Assemblea popolare convocala a Offenbourg, nel gran ducato di Baden, decretava la guerra contro la Prussia. Le truppe insorte a Carlsruhe facevano causa comune cogli operai. La rivoluzione, più minacciosa che mai, era sul punto di invadere l’Allemagna intera.

Il ministero Brandeburgo-Manteuffel tien testa all’uragano; ma il presidente del consiglio, vi consuma le forze e soccombe dopo corta malattia. Il Barone di Ladenberg assume la presidenza del consiglio, e il barone di Manteuffel l’interim del dipartimento degli affari esteri. Da un tal posto gli vien fatto di ristabilire le intelligenze con l’Austria, a mezzo della convenzione di Ollmütz (29 novembre 1850) e a chiudere le onde rivoluzionarie fra le sponde del Reno ed il Mar Baltico, restringendo i legami della solidarietà fra tutti i governi Allemanni rappresentati al Congresso di Dresda. Affine di stabilire l’unità tedesca sopra la base d’una comunità reale di materiali interessi, tanto efficaci oggidì,

Il Barone di Manteuffel persuase alla Prussia di accedere alle proposizioni dell'Austria concernenti le conclusioni del trattato di commercio e delle dogane, destinato ad aprire più tardi la via ad una unione commerciale più stretta. Questo trattato fu firmato il 24 marzo 1853 a Berlino fra il Barone di Manteuffel e il Barone de Bruck.

Frattanto fino dal 19 decembre 1850 il Barone di Ladenberg aveva offerto al re la sua dimissione come presidente dei consiglio dei ministri. S. M. volendo altamente riconoscere gli eminenti servigi, che il Barone di Manteuffel aveva renduti alla corona non meno che al suo paese in giorni si burrascosi, gli conferì in seguito alla rinunzia del Barone di Ladenberg la presidenza del consiglio e Io confermò definitivamente nelle funzioni di ministro pegli affari esteri. Il Barone di Manteuffel non ha mai cessato da quel punto di occupare questa doppia carica.

Chiamato oggi a sedere in seno al congresso di Parigi, malgrado le oscillazioni continue di cui la Prussia ha offerto il triste spettacolo durante le complicazioni orientali, noi vogliam credere che il Barone di Manteuffel porterà seco, dopo il suo soggiorno in Francia, una giusta idea della forza del governo imperlale e la convinzione che mollo importi alla sicurezza e alla prosperità dell’Allemagna di coltivarne lealmente e sinceramente l’amicizia.

Per il presidente del consiglio d'un paese, che tende un pò di soverchio a rinchiudersi entro le gloriose tradizioni del passato, non è senza utilità di mirare davvicino come la grandezza d'una nazione si sviluppi meravigliosamente, quando alla gloria del passato ella sa riunire la potenza dei presente e l'aspirazione ad un nobile e grande avvenire.

CONTE DI HATZFELDT

INVIATO STRAORDINARIO E MINISTRO PLENIPOTENZIARIO A PARIGI

PLENIPOTENZIARIO DI PRUSSIA

Massimiliano Conte di Hatzfeldt, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di S. M. il re di Prussia, consigliere privato ecc., nacque a Berlino nel 1813, da una di quelle antiche famiglie ove si sono sempre conservale le tradizioni dell’onore e del dovere.

Dal secolo XI in poi, gli Hatzfeldt hanno sostenuto una parte importante nella Storia dell’Alemagna. Ardimentosi, attivi, ambiziosi, tenaci, si trovano sempre immischiati in tutti gli avvenimenti sanguinosi che hanno si profondamente commosso l’impero, e nella guerra dei trent'anni, il valente Conte Melchiore, feldmaresciallo dell'imperatore, meritò la riconoscenza del suo Sovrano, per i segnalati servigi che gli rese nella cospirazione di Waldstein e nella guerra contro la Svezia. L'acquisto della Contea di Gleichen fece loro prendere a quest'epoca, un posto nella dieta dell'impero, e nel 1748, il re di Prussia conferiva loro un titolo eguale. Questo titolo fu portato dipoi dal primogenito della famiglia di cui quasi tutti i membri occuparono un grado eminente nello Stato.

Il Principe Hatzfeldt, padre dell’attuale ministro, era governatore di Berlino nei 1806. L’arte ha celebrato in un magnifico quadro la magnanimità dell'imperatore Napoleone,mentre cede alle preghiere della principessa di Hatzfeldt, venuta a chieder grazia per suo marito, il quale in onta al pericolo non aveva esitato ad adempiere ciò ch’egli riguardava come un dovere verso il suo paese ed il suo re. La generosità dell’Imperatore, o piuttosto il suo spirito di giustizia, è quanto avvi di vero in tale aneddoto, posciaché riconobbe egli stesso che il principe di Hatzfeldt, scrivendo al re, la vigilia del giorno in cui l’armala francese entrava in Berlino, non altro faceva che adempiere fino all’estremo il mandato che erasi a lui conferito. Non solamente l'Imperatore fece mettere il principe in libertà, ma gli manifestò sempre dipoi una grande stima e gliene diede molte prove. La considerazione che l’Imperatore aveva per il principe, e la fiducia di cui onoravalo il suo proprio Sovrano, lo fecero scegliere per le missioni le più dilicate non meno che per quelle di semplice cortesia, per le quali si va in traccia del personaggio che sia egualmente gradito ai due Sovrani. Gli è perciò che il principe che doveva nel 1812, e 1813 adempiere presso l'Imperatore Napoleone delle missioni si difficili, erasi recato nel 1811 a salutarlo in nome del re e fare gli augurj della Prussia, quando la nascita d'un figlio poneva con questa gioja di famiglia e questa speranza, il colmo ai favori della fortuna. Singolare combinazione del destino che permette ora al figlio del Principe di Hatzfeldt di complimentare egli pure un imperatore di nome Napoleone sulla nascita di suo figlio.

Il principe di Hatzfeldt doveva avere in suo figlio Massimiliano, solo seguace della carriera diplomatica, un degno erede de' suoi talenti. Da una scuola sì egregia, quando il precetto univasi all’esempio, non polca risultare un effetto diverso. Fedele all’insegna della famiglia: Virtus et Honor, egli pose nella lealtà e nella rettitudine il suo maggior ingegno; fece della probità di giudizi, se così può esprimersi, la sua maggior forza; e mostrò in una carriera, rapidamente percorsa fino al più alto grado della gerarchia, che l’onestà guidata e sostenuta mai sempre da un carattere fermo ed elevato, vale assai più, anche per l’esito delle umane cose, che non l'astuzia e l’artifizio. Il Conte di Hatzfeldt non fu mai veduto, anche in mezzo all’agitazione degli avvenimenti politici, rinnegare l’amico, ed i più opposti partiti s’incontravano presso di lui, ivi attirati da un comune sentimento di stima.

Una carriera incominciata nel 1838 a Parigi,e continuata senza interruzione nella stessa città, lo avea fatto riguardare in certa guisa come uno di quegli ospiti che non si lasciano più e che sono bene accolti dappertutto. La sua parentela con una famiglia francese aveva fortemente contribuito inoltre a procacciargli quelle solide relazioni sì difficilmente conseguibili da uno straniero. Conducendo in moglie Madamigella di Castellane, il Conte di Hatzfeldt era divenuto parente od alleato de' più antichi nomi di Francia, tributandosi a lui pure una parte di quella considerazione rispettosa, che l’armata professava al maresciallo di Castellane, allora generale, che il governo provvisorio avea potuto mettere in ritiro, mentre era scoppiata la rivoluzione di febbraio, ma riguardo al quale questa rigorosa misura sembrava ancora accrescere la simpatica stima che la sua condotta a Rouen gli aveva meritata.

Questa rivoluzione trovò il Conte di Hatzfeldt secretario d’ambasciata. Alla testa della missione, come incaricato d'affari, nel mese di marzo 1848, seppe varcare questi tempi difficili meritando nuovi titoli dalla soddisfazione del re di Prussia, che nominollo, nel 1840 mentre non contava che trentasei anni, suo invialo straordinario e ministro plenipotenziario. Questo rapido innalzamento, più degno d’osservazione in Prussia che ovunque, dacché ivi per l’ordinario non si raggiungono tali alte dignità se non in un’età avanzata, era ben giustificato; Il Conte di. Hatzfeldt poteva meglio d’ogni altro rappresentare degnamente il suo paese, e la profonda conoscenza ch’egli aveva della Francia, la rettitudine e la sicurezza del suo giudizio, la fermezza congiunta ad uno spirito conciliativo, la quale lo induceva a non mai tacere ciò che riteneva come una verità, ed a cercare in tutti gli affari le soluzioni compatibili con una reciproca dignità, gli hanno permesso di rendere grandi ed utili servigi. Nelle nuove operazioni alle quali egli è destinato a prender parte, il Conte di Hatzfeldt rimarrà fedele a questa regola di condotta. Il passato è un sicuro garante dell’avvenire.

RUSSIA

S. E. Il CONTE ORLOFF

AJUTANTE DI CAMPO GENERALE DELL’IMPERATORE MEMBRO DEL CONSIGLIO DI GUERRA

PRIMO PLENIPOTENZIARIO DI RUSSIA

Alessio-Teodorowitsch Conte Orloff, ajutante di campo generale e comandante della casa militare di Sua Maestà l'imperatore di tutte le Russie, generale di cavalleria, membro del consiglio dell'impero, direttore in capo della terza sezione della cancelleria privata dell'imperatore, ecc. ecc.

Il nome d’Orloff legasi da più d'un secolo ai principali tentativi della Russia per estendere il suo dominio in Oriente. Il Conte Gregorio Orloff, l’avo del quale, da semplice strelitz che era, fu innalzalo alla nobiltà da Pietro il grande per l’indomabile suo coraggio, suggerì a Caterina II l’idea di rendersi padrona del Mar Caspio. Suo fratello, il Conte Teodoro Orloff, che sostenne una parte sì importante nella rivoluzione del 1762, partì da Cronstadt nel 1769 con una numerosa flotta, attaccò la Morea e distrusse nel combattimento di Tschesmé, nel 1770, tutte le forze navali di Mustafà III. In memoria d’un sì glorioso trionfo ottenne il diritto di aggiugnere al suo nome di famiglia il sopranome di Tschesmensky. Alessio Teodorowilsch suo figlio, nato il 1784 si rese tosto distinto nelle guerre contro Napoleone I. Ferito una prima volta ad Austerlitz, ricevette sei altri colpi sul campo di battaglia di Borodino, ove l’imperatore Alessandro nominollo suo ajutante di campo. Dopo ristabilita la pace generale, il Conte Alessio Teodorowitsch, essendo stato promosso al grado di maggiore generale (generale di brigata) ottenne il comando del reggimento della guardia a cavallo, alla cui testa compresse, il 26 decembre 1825, l’insurrezione militare di Pietroburgo. Ognuno sa che la morte di Alessandro I determinò l’esplosione d’una vasta congiura, la quale ordita di lunga mano, coniava numerose ramificazioni, sopratutto tra le schiere militari. Senza il pronto soccorso e la vigorosa energia del Conte Orloff, lo Czar Nicolò i era perduto, ché i capi de' congiurali avevano già penetralo negli appartamenti interni dell’imperiale palazzo, per immolare il Sovrano e proclamare dipoi il regno del Gran duca Costantino suo fratello.

Dacché il Conte Orloff avea salva per tal modo la vita dell’imperatore Nicolò questi aveagll posto una sincera benevolenza, che il tempo rese sempre più forte.. La famiglia imperiale crasi abituata a risguardare il Conte Orloff come l’amico dello Czar, ed a trattarlo come uno de' suoi propri membri. La posizione affatto eccezionale, occupata dal Conte Orloff alla Corte di Pietroburgo, viene messa in una maravigliosa evidenza dalla lettera che l’imperatore Alessandro II dirigevagli nel 1855 allorché il generale compieva appunto l’anno cinquantesimo di servigio, avendo sempre meritato durante mezzo secolo sotto tre regimi successivi il sovrano favore. La più alla testimonianza d’attaccamento che lo Czar possa accordare ad un Suddito, è quella di conferirgli la propria effigie per essere portala in segno di decorazione. Il Conte Orloff aveva già da molti anni ottenuto una simile distinzione da parte dell'imperatore Nicolò I. Il suo successore nell’inviargli egualmente il proprio ritratto con fregi in brillanti, vi univa una lettera delle più commoventi, dicendo che nell’associare i due ritratti sul petto leale dell’amico del proprio, genitore, si compiaceva di credere che il Conte Orloff rivolgerebbe sul Aglio i sentimenti professati verso il padre.

Eletto, dopo l'incoronazione di Nicolò I, aiutante di campo generale dell'imperatore e membro del consiglio dell'impero, il Conte Orloff prese parte alla guerra del 1828 contro la Turchia, compiuta col famoso trattato d'Adrianopoli. Il Conte Orloff fu inviato presso la Porla ad oggetto di sollecitarne l'esecuzione e fu quindi definitivamente accreditato come Ambasciatore presso il Sultano. Lascialo un tal posto nel 1832, egli accompagnò il suo Sovrano in molli viaggi che a quest'epoca fece attraverso l'Europa.

La rivoluzione di luglio in Francia fu seguita bentosto da quella del Belgio. La ricostituzione di quest’ultimo paese come Stato indipendente del regno dei Paesi bassi diede luogo ad una fra le più laboriose negoziazioni, a cui presero parte tutte le grandi Potenze, delegando ciascuna i propri plenipotenziarii alle conferenze fissale a Londra. Dopo una serie interminabile di protocolli, le negoziazioni non avevano per nulla progredito, e la guerra universale sembrava inevitabile. Il Conte Orloff fu incaricato dall’imperatore Nicolò di recarsi prima a Londra poi a La Have per conservare, con un’efficacia moderatrice, la pace. La sua missione fu coronata da un pieno successo; il nodo delle belgiche complicazioni potè disciogliersi senz’essere reciso dalla spada.

Quando nel 1833 il Sultano Mahmud, molestato dalle infermità non meno che dai tradimenti, videsi minacciato nella propria capitale dall'armata egiziana condotta da Ibrahim-Pacha, egli scrisse, eccitato probabilissimamente dal Sig. de Boutenieff, una lettera autografa all'imperatore Nicolò per chiedergli protezione e soccorso in virtù dei trattali. La flotta russa comandala dagli ammiragli Grelgh e Lazareff gittò l'ancora a Boujoukdéré. Bentosto il Conte Orloff giunse a Pera per conferire col Sultano allo scopo di mettere fine alle esitazioni del suo Gabinetto, che, fatto accorto dai rappresentanti delle altre potenze sopra i pericoli della occupazione moscovita, pentivasi d’aver chiamati i Russi in suo soccorso.

Il Conte Orloff guadagnandosi l’intera fiducia di Mahmud, impiegò un tale ingegno a Costantinopoli che indusse la Porta a respingere in un memorandum speciale le rimostranze della diplomazia straniera, sollecita più che mai a far cessare questa strana occupazione di Costantinopoli da parte dei Russi.

A questo colpo di destrezza diplomatica, il Conte Orloff aggiunse ben presto uno de' più luminosi trionfi, posciaché, malgrado tutti gli sforzi degli altri gabinetti, riuscì a cementare l'alleanza intima della Porta e della Russia, mediante il celebre trattato del giorno 8 luglio 1833 firmato a Unkiar-Skelessi, da lui e dal Sig. de Boutenieff, unitamente al Serraschiere-Pacha ed aIReiseffendi. Dall'intima alleanza fra le due alle Parti contraenti risultava che il Mar Nero diveniva una possessione ad esso loro esclusivamente devoluta; ed era semplicissimo che ogni accesso sarebbe stato chiuso alle navi da guerra di altre nazioni. Per quanto era mestieri, il nuovo trattato ratificava I trattati d'Adrianopoli, di Pietroburgo e di Costantinopoli.

II Conte Orloff avea preteso dalla Porta che l'articolo concernente la chiusura degli Stretti rimanesse secreto in vista delle eventualità future; ma una piccola corvetta da guerra francese presentatasi alcune settimane dopo alla foce dei Dardanelli, contribuì a far rivelare resistenza di tale articolo. Il passaggio dei Dardanelli interdettosi alla corvetta, fece si che gli Ambasciatori di Francia e della Gran Brettagna né chiedessero immediata spiegazione alla Porla, la quale fu costretta di dichiarare il trattato offensivo e difensivo stabilito fra lei e la Russia. Da quel punto la questione d’Oriente, agitata fino allora fra il Sultano e il Vice-re d’Egitto, cangiò di forma e divenne una questione europea rinchiudendo cosi il germe di quelle medesime complicazioni orientali la cui soluzione era riserbata al Congresso testé riunitosi nella Capitale della Francia.

Qualche anno appresso, il Conte Orloff fu incaricato di accompagnare il Granduca ereditario Alessandro Nicolaewitch oggi imperatore regnante jiei suoi viaggi.

Nel visitare la Corte di Darmstadt l’erede del trono di Russia restò invaghito della grazia e dello spirito della principessa Maria figlia del fu Luigi II granduca d’Assia.

Per servirci dei vocaboli impiegati dall'imperatore attuale di Russia in una lettera diretta al Conte Orloff, fu sotto gli occhi e dietro i consigli del Conte Orloff che il giovane principe chiese ed ottenne la mano di colei, che forma oggidì la feliciti del suo cuore e l'ornamento del trono di Russia.

Dal 1815 il Conte Orloff fu sostituito al decesso Conte 'de Benkendorff come capo della terza sezione della Cancelleria privata dell'imperatore, che comprende l'ispezione generale sopra qualsiasi amministrazione del paese col diritto di controllo tanto rapporto agli amministratori che agli amministrali. Questa alta carica implica il libero accesso a qualunque ora del giorno ed anche della notte presso l'imperatore, e la facoltà di parlargli di tutti e di tutto.

Di fatto quando lo Czar Nicolò decise di occupare nel 1853 le provincie danubiane a titolo di pegno, il solo Conte Orloff osò combattere questa risoluzione ed impiegò ogni suo potere per indurre l’imperatore a rinunziare ad un' intrapresa che la perspicacia del Conte Orloff prevedeva pur troppo dover riuscire funesta alla Russia. Ogni altro avrebbe pagato il fio di tanta audacia contro i voleri d'un autocrata con l'esilio in Siberia od almeno con la più compiuta disgrazia.

L'imperatore Nicolò non né mosse parola al Conte Orloff, ma fece egualmente pubblicare il suo manifesto del 26 giugno 1853 e mandar l'ordine alle truppe russe di varcare il Pruth. Ma quando lo Czar ebbe certezza che l'Austria sulla quale faceva assegnamento al nascere delle complicazioni orientali, era per sfuggirgli senza ritegno, volendo Atre un ultimo supreme tentativo per ricongiungere la Germania agl’interessi moscoviti, mandò in missione straordinaria il Conte Orloff prima presso il re di Prussia, poi alla Corte di Vienna. Trattavasi niente meno che di ristabilire l'unione la più stretta fra le tre Corti del Nord, sulle basi della Santa Alleanza. Lo Czar sperava che affidando questa missione al suo amico e confidente avrebbe appianate in anticipazione le difficoltà col prestigio che il solo nome del Conte Orloff avea mai sempre esercitato in Germania. Per la prima volta, il successo attaccato fino allora costantemente ai passi del depositario de' più intimi pensieri di Nicolò, fece fallo in tale circostanza.

Ma un campo più fecondo stava per aprirsi ben tosto all'attività ed all'ingegno del Conte Orloff. Tosto che l’imperatore Alessandro piegandosi ai consigli della saggezza e della moderazione, entrò francamente nella via delle concessioni atte a render possibile la pace, il posto del Conte Orloff fu fissalo al Congresso testé riunitosi a Parigi. La rara energia con cui egli, avea tentato di distogliere il fu Czar Nicolò dal provocare la guerra europea con l’occupazione militare delle provincie danubiane, doveva necessariamente far spiccare nel Conte Orloff come negoziatore quello spirito conciliativo, quel sentimento di giustizia, che erano indispensabili per il successo delle conferenze. La lunga e brillante carriera di quest'uomo di Stato, non poteva essere coronata in più splendido modo dacché vide conchiusa una pace, che secondo la dichiarazione dello stesso Conte di Nesselrode, dev’essere il principio della rigenerazione politica della Russia.

SIG. BARONE DI BRUNNOW

INVIATO STRAORDINARIO E MINISTRO PLENIPOTENZIARIO PRESSO LA CONFEDERAZIONE GERMANICA

PLENIPOTENZIARIO DI RUSSIA

Filippo Barone de Brunnow, consigliere privato attuale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di Russia presso la Confederazione Germanica ecc. ecc.

La riputazione che gode a giusto titolo la diplomazia russa, é dovuta in gran parte alla maravigliosa intelligenza con cui seppe attirare nel suo seno gl’ingegni distinti di qualunque paese essi fossero. La corte di Russia è stata una delle prime a comprendere che l’arte del negoziatore riposa sopra meriti troppo personali, perché abbia ad essere retaggio d'una casta privilegiala come suolsi in Inghilterra ed in Germania.

I Nesselrode e i Riheaupierre innestarono alla diplomazia russa la sottigliezza dello spirito francese, e le fecero prendere i nobili modi della Corte di Versailles; i Pozzo di Borgo e i Capo d’Istria le hanno infuso la perspicacia e la destrezza italiana; i Stackelberg e i Mevendorff la perseveranza e la solidità tedesca. Il Barone de Brunnow figura onorevolmente in questa pleiade di stranieri che si sono distinti nel catalogo de' diplomatici di Russia.

Sorto da una nobile famiglia di Curlandia, nacque il 31 agosto 1797 a Dresda, e compié i suoi studi nell'Università di Lipsia. Lasciata l’Università entrò nei 1818 all’epoca del congresso di Aix-la-Chapelle, sotto gli auspici del Consigliere di Stato Slourdza, nella cancelleria del Conte di Nesselrode, ove la sua altitudine diplomatica fu prontamente conosciuta ed apprezzata dall'Arcicancelliere non meno che dai Conte Capo d’Istria. Addetto dipoi. al dipartimento del Consigliere Stourdza fu incaricato di estendere con esso lui il codice civile destinato alla Bessarabia che era stata incorporata all’impero di Russia in virtù, della pace di Bukarest (1812). Egli fu compagno al Conte di Nesselrode nelle conferenze di Troppa u e nel Congresso di Lubiana. Addetto in qualità di Secretario all’ambasciata russa in Inghilterra, nòn vi rimase che un anno, essendo stato richiamato dal Conte di Nesselrode per gli affari del congresso di Verona, dopo il quale ritornò a Pietroburgo per occuparvi un posto superiore presso il ministero degli affari esteri.

Stette qualche tempo a fianco del governatore generale di Odessa, Conte Woronzow, ma se né separò all’epoca della guerra del 1828 e 1829 per assistere il Conte Orloff nelle negoziazioni relative alla pace di Adrianopoli. Il Conte Orloff prese ad amarlo per il suo zelo come per la rara sua capacità. Egli segui il Conte Orloff a Costantinopoli come Consigliere d’ambasciata, e lo accompagnò in appressò nelle straordinarie missioni che il generale dovette compiere alle corti di Saint James e de La Have. Non è ozioso il rammentare questa intimità d’antica data, che esiste da oltre un quarto di secolo fra i due plenipotenziari incaricati di rappresentare lo Czar alle conferenze di Parigi.

Nominato nel 1830 Consigliere di Stato e redattore principale (direttore della divisione politica) al ministero degli affari esteri, il sig. de Brunnow rimase impiegato per ben otto anni consecutivi a fianco del Conte di Nesselrode, e più di qualunque altro fu per tal guisa a portata d’iniziarsi nei secreti della diplomazia moscovita, e di comprendere il vero spirito della politica degli Czar. Nel 183» divenne inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso le Corti di Stuttgarda e di Assia Darmstadt e durante l’Autunno dello stesso anno venne incaricato d'una missione confidenziale a Londra, ad oggetto di rendere più stretti i vincoli fra la gran Brettagna e la Russia, attesoché la crisi orientale toccava al suo punto culminante.

Il Barone de Brunnow arrivò a Londra verso la metà di settembre; ivi pose ogni cura di far accettare per la soluzione della questione orientale a Lord Palmerston le proposizioni seguenti: Azione della Francia e dell’Inghilterra sulle coste della Siria per vincolare il Vice-Re d’Egitto, e presenza d'una forza russa a Costantinopoli durante l’operazione sulle coste della Siria. Questa proposizione come chiaro apparisce era un riconoscere puramente e semplicemente dall'Inghilterra il trattato di Unkiar-Skelessy. Quindi Lord Palmerston tosto rispose. Giammai di nostro consenso, una squadra straniera non comparirà davanti Costantinopoli, senza che la nostra non vi si mostri contemporaneamente.

Il Barone de Brunnow capi che era mestieri aspettare un momento più favorevole, per riuscire a dividere le potenze occidentali sulla questione d’Oriente. Finse di ritornare al suo posto in Germania, ed allorché, poche settimane appresso, la discussione dell’indirizzo nelle Camere francesi, gli svelò la disparità delle tendenze che la Francia e l'Inghilterra tentavano di far prevalere in Oriente, il Barone de Brunnow ripassò sollecito la Manica e presentossi a Lord Palmerston con una nuova variante del Trattato d'Unkiar-Skelessv.

Questo progetto consisteva nell’autorizzare la Francia e l'Inghilterra a far entrare ciascheduna tre vascelli in una parte definita e limitala del Mar di Marmara, mentre i Russi sarebbero venuti a Costantinopoli con la loro flotta.

Questa volta il Barone de Brunnow trovò il gabinetto inglese meglio disposto a pronunciarsi in favore dell’adozione comune delle proposizioni russe da parte della Francia e dell’Inghilterra. Il gabinetto delle Tuilleries, è d’uopo riconoscerlo, respinse con una nobile fermezza la proposizione anglo-russa, imperciocché ella tendeva piuttosto, siccome diceva, a confermare anziché ad impedire l’esclusivo protettorato della Russia, che i gabinetti di comune accordo si erano proposti di distruggere. Allora fu che il Barone de Brunnow insinuando con destrezza al gabinetto inglese, non provenire il rifiuto della Francia che dagl'impegni da essa secretamente contralti col Vice-Re d'Egitto, persuase dolcemente Lord Palmerston dell’urgenza di conchiudere fra quattro Potente quegli affari che non potevano conchiudersi fra cinque. Il risultamento di ciò fu la conclusione del trattato 15 luglio 1840, in conseguenza del quale trovossi la Francia affatto isolata.

Le circostanze che hanno preceduto ed accompagnato la firma di questo famoso trattato sono troppo ignorate sebbene degne di osservazione, ed é perciò che cediamo al desiderio di riportarle, molto più che riflettono una nuova luce sull'ingegno del Barone do Brunnow.

Durante la seconda missione di quest’ultimo, il posto di Ambasciatore di Francia a Londra era occupato dal sig. Guizot, che, come ognuno s’immagina, teneva gli occhi aperti sopra qualunque misura dell'inviato russo, gli sforzi del quale egli voleva paralizzare.

Il Barone di Brunnow avvedutosi dell’attenta osservazione, di cui era oggetto, si pensò di combattere il Sig. Guizot con le sue proprie armi. Servendosi di persona; ammessa nell'intimità tanto dell'Ambasciatore di Francia quanto dell'inviato russo, il Sig. de Brunnow riuscì a far credere al Sig. Guizot che senza nuove concessioni da parte della Russia, le proposte del Conte di Nesselrode, non avrebbero per assoluto nemmeno la probabilità d’essere accettate dalla conferenza di Londra. «Il corriere, diceva egli, che ho spedito al mio governo per sollecitare ad investirmi delI’ autorità di fare delle concessioni sufficienti, è appena partito; dovrò attendere ancora un mese per avere delle istruzioni ulteriori, due altri né decorreranno in conferenze; il giorno dello scioglimento è ancora lontano. Quarant'otto ore dopo il trattato del 15 luglio era firmato. Il Barone de Brunnow era giunto a deludere la vigilanza dell'Ambasciatore francese.

L’imperatore Nicolò a titolo di ricompensa per un sì inatteso successo, accreditò definitivamente il Barone de Brunnow in qualità d'inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso la Corte di S. ‘ James. Raggiunto il suo scopo, il Barone de Brunnow si fece a preconizzare con fervore le tendenza pacifiche del suo governo fra il popolo inglese. In un banchetto che si diede nel 1841 dalla Società russa di Londra, volendo alludere al trattato del 15 luglio esclamò: Era forse la Russia che voleva la guerra? Era forse la Russia che cuopriva delle sue armi e delle sue truppe Furiente? No, nemmeno un soldato russo non varcò la nostra frontiera. Non un solo bastimento russo spiegò le vele nei nostri porti.

Il Barone de Brunnow tracciava così di lunga mano, il cammino per il viaggio che l’imperatore Nicolò fece nel 1844 a Londra, affine di intendersi secretamente con l'Inghilterra sopra il modo di dividere fra lei e la Russia l'eredità dell’uomo ammalato. La corrispondenza intima del sig. H. Sevmur pubblicata or fanno due anni dal gabinetto britannico, dimostra quanto fosse assoluta la fiducia dell'imperatore Nicolò nell’abilità del Barone de Brunnow, dacché poteva accarezzare in petto la speranza che l'Inghilterra presterebbe mano ai progetti ambiziosi, dello Czar.


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SARDEGNA

S. E. IL CONTE DI CAVOUR PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

PRIMO PLENIPOTENZIARIO DI SARDEGNA

Camillo Benso Conte di Cavour, ministro pegli affari esteri di Sardegna, discende da un'antica ed illustre famiglia piemontese, originaria di Chieri. Nato a Torino, il IO maggio 1810, il Conte di Cavour conta appena quarantasette anni, e non ostante egli dirige il governo del suo paese già da quattro anni, con una si abile franchezza, che i rappresentanti delle grandi Potenze vi si sono inchinati.

Camillo di Cavour non e giunto d’un sol tratto all'alto posto che occupa oggidì. Allorché dopo l'elezione di Pio IX, il movimento liberalo rivelossi d'improvviso dall’una all'altra estremità dell'Italia, il Be Carlo Alberto, sorpreso dagli stessi eventi che aveva bramato, fu per un istante preda di serie considerazioni; al sorgere del giorno che da si lungo tempo aspettava, parve esitante; non ch'egli avesse mutato avviso: ciò non era per nulla compatibile col suo carattere; ma temette piuttosto che il popolo italiano non fosse ancora assai maturo per quella giusta libertà che sembrava ardere in ogni petto. In tali istanti di irresolutezza, mentre l’animo del re vedevasi ognora alle prese con ogni sorta di seduzioni e di timori, una deputazione di semplici cittadini di Torino presentossi al Conte Avet, ministro di grazia e di giustizia, per dimandare una Costituzione. Il ministro si recò tosto a dar parte al re d'un fatto cosi inatteso. Carlo Alberto chiese i nomi dei membri della deputazione. Erano tutti onorevoli cittadini; il Colonnello Durando; il Conte Santa Rosa, l'avvocato Brofferio. ed il Conte Camillo di Cavour. Quest'ultimo era conosciuto dal re, ché fanciullo ancora Camillo di Cavour era stato alla Corte in qualità di paggio. Il suo spirito caustico, ed il suo carattere indipendente Io avevano indotto a lasciare la Corte per le armi. Sortito dall'Accademia militare col grado di lenente del genio, e sentendosi debolmente inclinato ad una carriera di prospettiva ristretta per un cadetto d'una famiglia non in buon odore alla Corte, lasciò il suo paese, e fermò sua dimora per lungo tempo, patte a Genova, parte in Inghilterra.

Quando il Re Carlo Alberto udì il nome del Conte di Cavour, comprese che quest’atto della deputazione era grave e ch'era d'uopo prenderlo in considerazione. Il re si pose allora risolutamente all'opera, fece appello ai lumi degli uomini più dotti e più sinceramente liberali del paese, e la Carta Costituzionale comparve ben presto sotto II nome di Statuto.

II. governo costituzionale ha dato ampia ricompensa a suoi sostenitori; il Colonnello Durando è attualmente generale e ministro della guerra; Santa Rosa moti ministro dell'agricoltura e del commercio; Camillo de Cavour é presidente del Consiglio. Il solo Brofferio né fa eccezione. In sulle prime i membri della deputazione non ottennero già I immediata simpatia' popolare. L’epoca era burrascosa, impaziente d’indugi, mal capace a sostenere il lento e paziente processo della riedificazione senza distruggere l’attuale d'un solo tratto. Il popolo sospinto dall'oggi al dimane in una nuova atmosfera politica, agitasi convulsivamente senza saper decifrare egli stesso le proprie idee né tampoco le proprie speranze. Per lui è più spesso necessaria la voce tonante del tribuno, anziché le saggie previdenti inspirazioni dell’uomo di Stato. Il Signor di Cavour stretto per nascita all’Aristocrazia, Ai nei primi anni del parlamento, esposto agli strali della popolare opposizione. Si posero in obblio i di lui zelanti servigi in favore della causa liberale, la lunga iniziazione parlamentare ch'egli attinse dall'Inghilterra; si disconobbero i vantaggi che derivar potevano dagl’incontestabili di lui talenti, e l’uomo il quale aveva si efficacemente contribuito ad erigere una tribuna politica in Piemonte, ebbe poi a trovarla per sé di non Tacile accesso. Se egli non fu edito allora dallo scoramento, egli è che il suo carattere portava l'impronta dell'uomo destinato a grandi cose. Il giornale il Risorgimento fondalo da lui unitamente al suo amico Balbo, e che erasi innalzato con rapido volo in cima alla stampa politica del regno, servi finalmente ad aprirgli le porte della 'camera dei deputati. Egli andò a sedere sugli scanni della destra, fra i conservatori. Il Conte di Cavour, levò invano la voce contro la ripresa delle ostilità da cui derivò al paese la disfalla di Novara, l’abdicazione e l'esilio del Re ad Oporto. Il suo nome era ancora lungi dal godere di quell'autorità acquistala in appresso, cd i suoi discorsi logici, anziché seducenti ed appassionati, non potevano produrre una forte impressione sopra individui meglio inclinati a cedere allo slancio del cuore, che non ai consigli della fredda ragione. Invaso il territorio Piemontese dalle truppe Austriache, le libertà del Piemonte avrebbero potuto risentirne fatali conseguenze, se non fossero state pronte a sorreggerle la lealtà del Re Vittorio-Emmanuele, e la franca devozione di alcuni uomini scelti, e d’uno zelo tanto più disinteressato in quanto che le circostanze, imperanti un'azione modificata, li avevano fatti cadere nell'impopolarità. Fra il novero di questi uomini energici, noi troviamo ancora il Conte Camillo di Cavour. L’opera a cui que' generosi si dedicarono con una costanza cd una fermezza al disopra di qualsiasi elogio, era difficile.

Bisognava combattere a vicenda i due partiti estremi: gli uni che, d’ottime volontà, avrebbero, nella scelta dei mezzi, precipitata ogni cosa; gli altri che malvolenti reclamavano la ristaurazione del regime antico. Fra tali lotte continue, era d’uopo saper conservare per progredire poi, riformando con cautela. Tuttavia nel recare ad effetto un’opera si ingrata il de Cavour trovò l’occasione di trarsi di dosso quella impopolarità che già cominciava a riuscirgli grave.

Il Conte Pietro Derossi de Santa-Rosa, ministro dell’agricoltura, del commercio e della marina, era morto. Per la di lui ingerenza nella redazione della legge di abolizione dei tribunali privilegiali ecclesiastici, Monsignor Franzoni arcivescovo di Torino aveva giudicato essere il Santa-Rosa incorso nella scomunica. Aveva quindi impartito l’ordine formale al curato della parrocchia di non amministrare gli estremi Sacramenti al moribondo, ove non avesse precedentemente ottenuto una esplicita ritrattazione. Il ministro non avendo voluto arrendersi, era morto senza gli estremi conforti della Chiesa. Siffatto rigorismo del clero esacerbò la popolazione; v’ebbe una specie di ammutinamento e né segui l’esilio dell’arcivescovo, nonché la relegazione, in una piccola città di provincia, del curato della parrocchia di San Carlo e di lutti i membri della corporazione religiosa alla quale egli apparteneva. Il popolo avvezzo a sentirsi fortemente rampognalo dal Risorgimento per ogni sua scappata, rimase sorpreso di trovarsi d’accordo col Conte de Cavour. Gli articoli pubblicati da questo giornale in simile congiuntura furono riprodotti dai Togli diplomatici: era la prima volta che un tal onore vennegli reso. Il pubblicista del Risorgimento aveva colto con premura una tale occasione per esporre le sue vedute sopra il principio di assoluta separazione dello Stato e della Chiesa. Il giorno 11 ottobre 1850, il Conte Camillo Benso di Cavour raccoglieva l'eredità del Sig. Santa-Rosa e penetrava, in età di quarant'anni nel Consiglio, passando pel modesto ministero dell’agricoltura e del commercio. Il pubblico non andò errato giudicando che il Conte coll’innestarsi agli affari sarebbe divenuto bentosto l’anima dei governo. Da quest’epoca, meno un breve intervallo (maggio 1852) egli diresse di sua mano il limone dello Stato, sia come ministro delle Finanze, sta come ministro degli affari esteri, sia come presidente del consiglio. Non può ammettersi ch'egli abbia a lasciare si tosto il potere; l'opinione che schernivalo nel 1848, lo considera oggi necessario, e con ragione, al mantenimento delle costituzionali libertà.

Se il primo ministro del re Vittorio Emmanuele li è reputato una personificazione dello Statuto, vuol dire che la natura lo ha fornito di tutte le qualità indispensabili per la pratica d'una costituzione. Antecedentemente a Cavour, v'ebbero molti ministri dotali d'insigni talenti, e di patrio zelo; ma erano forse di principi più liberali che costituzionali; possedevano la teoria e non già la pratica dei governo parlamentare: ed i loro atti stavano sempre al disotto delle loro intenzioni. Ora al raffigurarci il sig. di Cavour mentre fa il suo ingresso alla camera, guardando a diritta e a sinistra i suoi amici ed i suoi avversari, col labbro atteggialo al sorriso e l’occhio scrutatore, non riconosciamo noi forse immediatamente l'uomo di Sialo che entra nel suo vero elemento, col piede franco e sicuro, e che conoscitore delle proprie forze, si compiace di provarle in aringo?

A queste doti che si potrebbero chiamare esteriori dell'uomo politico, il sig. di Cavour unisce i profondi studj e le grandi vedute d’un uomo di Stato. E basta osservare la posizione politica presa dal Piemonte in Europa, da alcuni anni, per rendere omaggio a lui che fu chiamato dalla saggezza del Re Vittorio-Emmanuele alla direzione del subalpino governo.

La franca e generosa parola eh'egli sciolse verso le corti Europee e nel seno delle conferenze di Parigi sugli affari d'Italia, gli valse un monumento che ia nazione italiana riconoscente sta per erigergli in Torino con questa significante epigrafe lolla dal divino poema del sommo nostro Alighieri. -

«A lui che la difese a viso aperto»

SIG. MARCHESE DI VILLAMARINA

INVIATO STRAORDINARIO E MINISTRO PLENIPOTENZIARIO DI S. M. S. A PARIGI

SECONDO PLENIPOTENZIARIO DI SARDEGNA

Il Sig. Marchese Pes di Villamarina, ambasciatore di S. Maestà il re di Sardegna presso il governo francese ed uno fra i plenipotenziari al congresso di Parigi, nacque a Torino, nel mese d’agosto 1808.

Il Marchese di Villamarina deve essere annoverato fra gli uomini i più considerabili di quella forte generazione che si è rivelata in Piemonte in questi ultimi anni, e che talora per mezzo della parola talora per la spada, nei consigli come sul campo di battaglia, ha servito il suo re e la costituzione fra le sventure non meno che Ara le glorie della patria. Sebbene all’università di Torino il Marchese di Villamarina figuri qual dottore in diritto, avendo sostenuto onorevolmente la sua tesi nel 1830, egli era cionondimeno destinato alla carriera delle armi, e comandò qualche tempo un reggimento di cavalleria. Gli esempi e gli ammaestramenti d’un’illustre famiglia lo hanno mirabilmente addestrato alla duplice carica d'uomo politico e d’uomo di guerra. Suo padre II Marchese di Villamarina dopo aver passato la sua gioventù sotto le trionfanti bandiere della Francia imperiale, divenne il consigliere e l’amico del Re Carlo Alberto, e per ben quindici anni diresse come ministro della guerra, la politica del gabinetto di Torino. Tenne lungo tempo in bilico l’ascendente del Sig. della Margherita, retrogrado al movimento dell’opinione ed ai bisogni dell’epoca, e fini con riportare un compiuto trionfo nello spirito del re suo signore. Qualunque fosse la fine del regno di Carlo Alberto, non puossi non rendere omaggio alla politica nazionale e prudentemente liberale che fondò sopra solide basi l’indipendenza della Sardegna ed il suo costituzionale governo. Il Re Carlo Alberto si dimostrò sempre riconoscente ai servigi del marchese. Nel 1844 accordavagli la più dolce ricompensa, chiamando il giovane di Villamarina a sedere nel gabinetto, in qualità di secretario del consiglio dei ministri, associando per tal modo il figlio alle operazioni del padre.

Il Signor Marchese di Villamarina si levò tosto all'altezza di sì difficili funzioni. Riunivasi settimanalmente il consiglio sotto la presidenza del re, ed in queste conferenze successive, il ministro di Sardegna d’accosto al governo francese rimase penetrato delle difficoltà di molte grandi questioni, che sonosi poi agitate dinanzi al mondo.

Per il Marchese di Villamarina fu veramente codesto un tirocinio politico. Carlo Alberto non fu lento ad apprezzare le grandi qualità del secretario del suo consiglio, e gli diede splendida prova della sua soddisfazione nel 1848.

Scatenata la rivoluzione della repubblica del 24 febbraio, in parecchi Stati d’Europa, il regno di Sardegna stava presso ad una crisi che poteva divenir fatale; i rapporti fra i gabinetti di Torino e di Firenze erano divenuti difficili: circostanze sfavorevoli certamente all'iniziamento d’un diplomatico; eppure il re non esitò a nominare il Marchese di Villamarina ministro plenipotenziario in Toscana. Da un tal posto che coprì per varii anni onorevolmente, il Marchese di Villamarina lasciò tosto scorgere quanto poteva attendersi dalla sua capacità politica.

Il governo sardo riconobbe da questa prima missione adempiuta sì fortunatamente, che il Sig. di Villamarina era degno di rappresentare il proprio paese in un teatro più vasto e fu presentito d’allora che il ministro di Sardegna in Firenze, sarebbe in futuro l’Ambasciatore del Re Vittorio Emmanuele presso la Corte delle Tuilleries.

Ma prima di raccogliere dal suo governo questa ricompensa alla ad appagare la più alta ambizione, il Marchese di Villamarina dovea rendere un segnalato servigio alla Sardegna. Stanco il Re Carlo Alberto di contese, di gloria, di sciagure erasi volontariamente confinato ad Oporto; il figlio suo Vittorio Emmanuele trovossi alle prese con tutte le difficoltà sorte dalla guerra e dalla disfatta di Novara. L’indipendenza del Piemonte era sfuggita al disastro; un parlamento sussisteva ancora a Torino; ma i partiti estremi egualmente ciechi, seminavano accanitamente gli ostacoli sotto i passi del nuovo re ed i loro incredibili assalti rendevano ogni dì più incerto l’avvenire del governo costituzionale in Italia. In una congiuntura circondata da tanti pericoli, Vittorio Emmanuele pensò a farsi forte delio zelo il più sperimentato; chiamò allato della sua persona il Marchese di Villamarina. Quest'alto fa onore al re ed al suddito ad un tempo. Nella crisi ministeriale provocata dalla legge dei conventi, il Marchese di Villamarina venne incaricato di concerto col generale Durando di formare un nuovo gabinetto, e mercé il legittimo ascendente che potè esercitare sopra le notabilità parlamentari delle due Camere, pervenne a dissipare l’uragano che sovrastava alla corona ed alla costituzione.

Un siffatto servigio meritava le più splendide testimonianze della reale soddisfazione.

Il Sig. di Villamarina fu nominato Ambasciatore a Parigi verso la fine del 1852. Ognuno sa aver egli più d’ogni altro cooperato a rassodare cioè maggiormente i legami che Stringono la Sardegna e la Francia.

Non aggiugneremo che una sola parola. Negli atti testé compiuti dal congresso, il Marchese di Villamarina mostrassi degno collega del Conte di Cavour, e gli slanci del suo patriotismo gl’inspirarono spesso la parola mossa ad onore d’Italia.

TURCHIA

S. A. AALI-PACHA

GRAN VISIR DI SUA MAESTÀ IMPERIALE IL SULTANO

PRIMO PLENIPOTENZIARIO DELLA TURCHIA

Due uomini rappresentano la Turchia al Congresso di Parigi; tutti e due sembravano destinati anticipatamente dalla loro posizione a tanto onore e a tale responsabilità.

Il primo, Aali-Pacha, già investito come gran Visir dell'autorità e della firma stessa del Sultano, diveniva col Tatto la più alta personificazione della civiltà Musulmana.

Il secondo Mehemed-Djemil-Bey trova vasi, qual Ambasciatore a Parigi, nell’immediato contatto agl’interessi europei, associato quindi fin d'allora alla loro azione, e parte integrante del loro accordo.

Nato a Costantinopoli nel 1815, Mehemed-Emin-Aali applicossi fino dalla sua giovinezza a coltivare le lettere Arabe e Persiane e divenne orientalista altrettanto profondo quanto scrittore elegante, qualità che gli valsero delle distinzioni da parte di Reschid-Pacha.

Dalle più modeste funzioni della Cancelleria di Costantinopoli arrivò giovane ancora alla più alta dignità del suo paese, senza patrocinio di famiglia, senza beni di fortuna, e, che più è, senza brogli; è vero che la Costituzione ottomana favorisce singolarmente queste promozioni personali, effettuando meglio d’ogni altra l’idea della democrazia, ma non avendo Aali-Pacha preso giammai parte alle occulte lotte che disorganizzano si spesso ('Amministrazione turca, ed essendo il suo nome rimasto puro da qualsiasi transazione sospetta, è d’uopo inferire che un merito eccezionale lo abbia raccomandato fino da suoi primi passi, alla scelta persistente e sempre applaudita di Abdul-Medjid.

Sotto gli auspici del medesimo incominciò egli la sua carriera pubblica, quale Commesso, mentre non contava che soli dieciott’anni, passando pur tuttavia per uno de' migliori redattori in lingua turca. Mehemed-Emin-Aali impiegava gli ozi, che gli lasciavano le sue pubbliche funzioni, nell’imparare la lingua francese e le Scienze Occidentali. Dopo avere atteso agli uffizj della Cancelleria della Porta, ed a quello delle traduzioni, entrò nella diplomazia.

Aali-Pacha, infatti, viene ritenuto per Il funzionario il più studioso, il più profondamente istrutto, ed il più disinteressato della Turchia: il suo esterno si distacca, sotto up tale rapporto, dal tipo generalo di fisonomia de' suoi compatrioti. Di modi dolcissimi, concilianti, ed oltremodo cortesi, sebbene NT indole energica, egli porta scolpita nella fronte l’impronta dello studio. Non traspare in lui che un solo lusso quello della biblioteca, ed una sola preoccupazione politica quella degl’interessi del suo paese. La dignità del suo carattere gli valse la stima universale.

Nel 1835, a vent’anni, venne addetto come secondo Secretario alla missione d’Ahmed-Fetbi-Pacha che recavasi a Vienna in qualità di Ambasciatore. Due anni dopo, gli restituivasi a Costantinopoli ove veniva nominato primo dragomanno del divano imperiale.

A quest’epoca, Mèhemmed-Emin-Aali era già considerato come uno de' migliori conoscitori, ch'esistono in Turchia, delle lingue e della diplomazia d'Occidente. Giudicossi quindi opportuno di utilizzare' immediatamente i suoi talenti associandolo qual Consigliere d’Ambasciata alla missione straordinaria di Reschid-Racha a Londra. L’anno seguente, alla partenza dell’Ambasciatore, egli restò incaricato degli affari del suo governo presso il governo della Gran Brettagna.

Reduce a Costantinopoli nel 1839, Aali-Effendi fu eletto Consigliere del Ministro pegli affari esteri, carica a cui è stato testé innalzato S. E. Nourreddin-Ney che fa parte della missione straordinaria del gran Visir a Parigi.

Due anni più tardi egli ritornò a Londra in qualità di Ambasciatore: egli aveva allora venti sei anni, e le sue nobili maniere, l'onoratezza del suo carattere, gli avevano meritata una tale considerazione, che bastò a prevenire un’imminente scissura fra la Porta e l’Inghilterra, mentreché Sir Stratford Couninz già da un mese, non manteneva più alcuna relazione con la Porla; ciò che obbligava, l'Ambasciatore torco a Londra, restando pur sempre al suo posto, di astenersi da qualsiasi rapporto personale col gabinetto britannico.

In tale occasione Lord Aberdeen scrisse, per impulso spontaneo una lettera delle più lusinghiere ad Aali-Effendi, esprimendogli il suo sincero e profondo rincrescimento per le sopraggiunte interruzioni nei loro scambievoli rapporti. Il carattere freddo e riservato di Lord Aberdeen rende doppiamente significante questo contrassegno di stima verso l'Ambasciatore del Sultano.

Non avendo la Santa Sede alcuna rappresentanza presso la Corte della Gran Brettagna, l'Ambasciatore il più anticamente accreditato vi esercita le funzioni di decano del corpo diplomatico, riservate altrove al nunzio pontificio. In assenza dell'Ambasciatore di Francia, Aali-Effendi trovossi cosi alla testa del corpo diplomatico in occasioni solenni, sebbene fosse il più giovane di tutti i suoi Colleghi.

Lungi dall’insuperbirsi per una tale preeminenza egli appariva quasi vergognoso di avere il passo sopra gli altri vecchi diplomatici, tant'è vero che il segno caratteristico del merito reale è sempre la modestia. L'affettato sussiego di certi uomini di stato non è che un manto per coprire la loro mediocrità.

Nel 184, reduce a Costantinopoli, Aali Effendi occupò per alcuni mesi il posto di membro del supremo Consiglio di giustizia. Indi, all’occasione della partenza per la Stiria di Cheltib-Pacha, Ministro allora degli affari esterni, l’interim di questo portafoglio fu a lui confidato.

Nel medesimo anno, quando Reschid-Pacha fu chiamalo al ministero degli affari esteri, Aali-Effendi divenne di bel nuovo Consigliere di tal ministero, ed in pari tempo gran Cancelliere,del divano (Bevliktchy).

L’anno seguente, Reschid-Pacha essendo stato innalzato alla dignità di gran Visir, Aali-Effendi divenne Ministro pegli affari esteri.

Due anni appresso, Aali-Effendi era nominalo Muchir (maresciallo); e nel 1818, il Sultano, volendo ricompensare i suoi servigi in una splendida maniera, gli conferì il grado di Pache. Allora fu che Aali-Pacha diede un esempio unico nei fasti dell’impero ottomano quello di rinunziare volontariamente alle cariche conferitegli dal Sultano, per seguire la fortuna di Reschid-Pacha allora destituito.

Rientrato nella vita privata nel 1848, non vi rimase lungo tempo. Richiamavate il Sultano alla presidenza del Consiglio supremo di giustizia e pochi mesi dopo al ministero degli affari esteri. Quest'ultimo posto non fu da lui lasciato che nel 1852 per diventare gran Visir dopo la ritirata di Reschid-Pacha innanzi le prime complicazioni della questione d'Oriente. Aali-Pacha, aveva compiuto il suo trentasettesimo anno, aveva percorsi tutti i gradini delle dignità del suo paese e poteva rendere a sé stesso questa giustizia ch'egli le aveva ottenute senza viltà, e lasciate senza dolore.

Gli avvenimenti che dovevano fissare l'attenzione dell’Europa sopra Costantinopoli cominciavano a farsi palesi, e da essi risultò una grande mobilità nell'amministrazione ottomana. I ministeri si creavano e si annullavano a grado di una politica che non avea per anco trovalo un punto d'appoggio nell'intervento armato delle due grandi potenze Occidentali. In forza di questa mutabilità, Aali-Pacha non rimase Gran Visir che soli quattro mesi. Gli si diede altera il governo generale di Smyrne; dieci mesi dopo, quello di Brusse; e finalmente la presidenza del consiglio del Tamzimat che doveva elaborare le riforme progettate dal Sultano. Correva l'anno 1854, e le complicazioni esterne avevano raggiunto il loro apogeo. Reschid-Pacha fu richiamato ai grado di Gran Visir, e Aali-Pacha ridivenne ministro pegli affari esteri della nuova amministrazione; In quest’ultima qualità prese egli parte nel 1855 alle conferenze di Vienna, ove rifulsero, per confessione degli stessi suoi colleghi, le più alte e le più onorevoli qualità dell’uomo di stato.

Durante la sua assenza una nuova crisi ministeriale avea rovesciato Reschid-Pacha; questa crisi ebbe gli stessi effetti di quella del 1852. Aali-Pacha fu promosso una seconda volta alla carica di Gran Visir, e sotto questo titolo diresse l’elaborazione dei progetti di riforma, che hanno sortito il loro effetto con la pubblicazione del nuovo Hatti-Scerif.

Da quanto si vede, pochi uomini pubblici furono cosi bene impiegati, e pochi al pari di lui sostennero una parte più importante nel proprio paese. Ma specialmente pochi ministri meritavano con più giusto titolo l’onore supremo di rappresentare la loro nazionalità nei consigli sovrani d’Europa. DI aspetto ancor più giovane che noi sia in fatto, Aali-Pacha offre nel suo esteriore, ne’ suoi modi, nella gentile riservatezza de' suoi atteggiamenti, una seduzione particolare che dà risalto al suo carattere ed a' suoi talenti. È d’uopo fare encomio ad un governo che sa scegliere in tal guisa gli uomini eccezionali, frammezzo alla folla ove si agitano gl’intrighi e la venalità; né deesi disperare della rigenerazione d’un paese che può produrre simili uomini.

Non si è parlato fin qui che dell’uomo politico: nella vita privata noi vediamo Aali-Pacha consacrare gl'istanti d’ozio lasciatogli da' suoi studi 11 sorveglianza dell’educazione de' propri figli, cosa certamente rara in Oriente. Padre tenero ed affettuoso, Aali-Pacha non è meno sublime nella devozione filiale che lo rende amoroso e riverente verso la vecchiaia degli autori de' giorni suoi. Lungi dall’arrossire della modesta sua origine, egli attribuì mai sempre la causa del proprio innalzamento alle cure ed ai sacrifizj che la sua educazione dovette costare a suoi genitori.

E nella stessa guisa che dopo avete raggiunto l’estremo gradino della dignità nel suo paese, egli ha conservato la calma ed il contegno d’un filosofo, nella stessa guisa anche in mezzo al potere, egli non ha mai collocato la vera felicità se non nelle sante e dolci emozioni della famiglia.

S. E. MEHEMMED-DJÉMIL-BEY

AMBASCIATORE DI SUA MAESTÀ IMPERIALE IL SULTANO

PLENIPOTENZIARIO DELLA TURCHIA

La vita politica di Mehemmed-Djémil-Bey offre ancora un campo ristretto, tutto ché ella sia già considerevole, avuto riguardo alla giovinezza dell'Ambasciatore della sublime Porta a Parigi.

Figlio primogenito di Reschid-Pacha, che da più di vent’anni sostiene una parte si preponderante a Costantinopoli, egli segui suo padre in tutte le sue Ambasciate d’Europa, abituandosi per tal modo, giovane ancora, a quella civiltà occidentale che tanto potere dovea in appresso esercitare sopra i destini del ano paese.

Allorché nel 1841, Reschid-Pacha fu inviato per la seconda volta a Parigi, Mehemmed-Bey fu a lui associato come subalterno; e tre anni appresso nel 1814, il giovane impiegato divenne secretario d’Ambasciata.

Nel 1845, divenuto Reschid-Pacha Gran Visir, suo figlio fo destinato agli uffizi degli affari esteri della sublime Porta, d’onde sortì bentosto per coprire presso il Sultano la carica di secondo secretario, e da questo posto di alta fiducia giunse all’Ambasciata che occupa oggidì, ed alla missione straordinaria che le circostanze politiche gli hanno confidata.

Mehemmed-Djémil-Bey ha appena trent’anni. Egli congiunge ad un merito distinto, una grande cortesia ed una singolare affabilità di carattere. Il soggiorno fatto in Europa ad epoche diverse, deve avergli inspirato delle dotte simpatie per i nostri costumi. (1) Memorandum che i Plenipotenziarj Sardi consegnarono ai Ministri di Francia e d'Inghilterra il 27 Marzo

1856. — In un momento in cui i gloriosi sforzi delle potenze occidentali tendono ad assicurare all’Europa i benefici! della pace, lo stato deplorabile delle provincie sottoposte al Governo della Santa Sedo e sopratutto delle Legazioni, richiama l’attenzione tutta particolare del Governa di S. M. Britannica e di S. M. l’imperatore de' Francesi.

Le Legazioni sono occupate dalle truppe austriache fin dal 1849. Lo stata d’assedio e la legge marziale vi sono in vigore da quell'epoca senza interruzione. 11 Governo Pontificio non vi esiste che di nome, poiché al di sopra de' suoi Legati un generale austriaco prende il titolo ed esercita le funzioni di Governatore civile e militare.

Nulla fa presagire che questo stato di cose possa terminare, poiché il Governa Pontificio, tal quale ei si trova, é convinto della sua impotenza a conservare l'ordine pubblico come nel primo giorno della sua ristaurazione, e l’Austria non chiede niente di meglio che di rendere la sua occupazione permanente. Ecco dunque i fatti tali quali si presentano, situazione deplorabile, e che sussiste sempre, d’un paese nobilmente fornito, e nel quale abbondano gli elementi conservatori; impotenza del Sovrano legittimo a governarlo; pericolo permanente di disordine ed anarchia nel centro dell’Italia; estensione del dominio austriaco nella Penisola al di la di ciò che i trattati del 1815 gli hanno accordato.

Le Legazioni, prima della rivoluzione francese, erano sotto l’alta sovranità del Papa; ma esse godevano de' privilegi e delle franchigie che le rendevano, almeno nell'amministrazione interna, quasi indipendenti. Frattanto il dominio clericale vi era fin d'allora talmente antipatico, che le armate francesi vi furono ricevute, nel 1796, con entusiasmo.

Distaccate dalla Santa Sede per effetto del trattato di Tolentino, queste provincie formaron parte della Repubblica, poscia del regno italico fino al 1814. Il genio organizzatore di Napoleone mutò come per incanto il loro aspetto. Le leggi, le istituzioni, la amministrazione francese vi svilupparono in brevi anni il benessere e lo incivilimento. .

Per la qual cosa, in queste provincie, tutte le tradizioni, tutte le simpatie si riattaccano a questo periodo. Il governo di Napoleone é il solo che abbia sorvissuto nella memoria, non solo delle classi illuminate ma del popolo. La sua memoria richiama una giustizia imparziale, un’amministrazione forte, uno stato insomma di prosperità, di ricchezza e di grandezza militare.

Al congresso di Vienna si esitò lungamente a riporre le legazioni sotto il governo del Papa«Gli uomini di Stato che vi sedevano, quantunque preoccupati dei pensiero di ristabilire dappertutto l'antico ordine di cose, sentivano tuttavia che si lascierebbe in questa guisa un focolare di disordini nel bel mezzo dell'Italia. La difficoltà nella scelta del sovrano al quale si darebbero queste provincie, e le rivalità che nascerebbero per il loro possedimento, fecero propendere la bilancia in favore del Papa; ed il cardinale Consalvi ottenne, ma solamente dopo la battaglia di Waterloo, questa concessione insperata.

Il governo pontificio, alla sua ristaurazione, non tenne verun conto del progresso delle idee e dei profondi cangiamenti che il regime francese aveva introdotti in questa parte de' suoi Stati. Da ciò, una lotta tra il governo ed il popolo era inevitabile. Le Legazioni sono state in preda ad un’agitazione più o meno celata, ma che, ad ogni opportunità prorompeva in rivoluzioni. Tre volte l’Austria intervenne, coi suoi armali per ristabilire l’autorità del Papa costantemente disconosciuta da' suoi sudditi.

La Francia risponde al secondo intervento austriaco coll’occupazione di Ancona, al terzo colla presa di Roma. Tutte le volte che la Francia si è trovata in presenza di tali avvenimenti ha sentito la necessità di por modo a questo stato di cose, che è uno scandalo per l'Europa e un immenso ostacolo alla pacificazione dell'Italia.

Il Memorandum nel 1831 constatava lo stato deplorabile del paese, la necessità e l’urgenza di riforme amministrative. Le corrispondenze diplomatiche di Gaeta e di Portici portano l'impronta dello stesso sentimento. Le riforme che Pio IX da sé medesimo aveva iniziale nel 1846 erano il frutto del suo lungo soggiorno in Imola, dove aveva potuto giudicare co’ propri occhi intorno agli effetti del regime deplorabile imposto a queste provincie.

Disgraziatamente i consigli delle potenze ed il buon volere del Papa son venuti ad infrangersi contro gli ostacoli che l’organizzazione clericale oppone a qualunque specie d’innovamento. Se vi ha un fatto che risulta chiaramente dall’istoria di questi ultimi-anni, è

kb difficoltà, diciamo meglio, l’impossibilità di una riforma compiuta del governo pontificio, che risponda a' bisogni del tempo e a' voti ragionevoli delle popolazioni.

L’Imperatore Napoleone III, con quel colpo d'occhio giusto e fermo che lo caratterizza, avea perfettamente affermato e nettamente indicato nella sua lettera al colonnello Nev la risoluzione del problema. Secolarizzazione, Codice Napoleone.

Ma chiaro è che la Corte di Roma combatterà fino all'estremo, e con tutti i mezzi che ha, l'esecuzione di questi due disegni. Ben si capisce, che possa adaggiarsi in apparenza ad accettare riforme civili ed eziandio politiche, salvo a renderle illusorie in pratica; ma essa anche troppo sì avvede che la secolarizzazione e il codice Napoleone introdotti in Roma stessa, la ove l'edificio di sua possanza temporale tien le fondamenta, la scalzerebbero dalle radici e la farebbero cadere, togliendo i principali sostegni: privilegi clericali e diritto canonico.

Tuttavia, se non puossi sperare d'introdurre una vera riforma per l'appunto in quel centro, ove i congegni dell’autorità temporale sono di tal guisa intrecciati con quelli del potere spirituale che non sarebbe dato di disgiungerli compiutamente senza correr pericolo di spezzarli, non potrebbesi almeno prevenirvi in una parte che si mostra men rassegnata al giogo clericale, ch’è un fomite permanente di turbolenze e d’anarchia, che fornisce pretesto all'occupazione permanente degli austriaci, suscita complicazioni diplomatiche e perturba l’equilibrio europeo?

Noi siam d’avviso che lo si possa, ma a condizione di separare, almeno amministrativamente, questa parte dello Stato di Roma. Di tal guisa formerebbesi delle Legazioni un Principato Apostolico sotto l’alto dominio del Papa, ma retto da proprie leggi, avendo suoi tribunali, sue finanze, suo esercito. Stimiamo che, riannodando per quanto fosse possibile cotesto ordinamento alle tradizioni del regno napoleonico, si sarebbe sicuri di ottenere subitamente un effetto morale considerevolissimo, e si avrebbe fatto un gran passo per ricondurre la calma frammezzo coteste popolazioni.

Senza lusingarci che la combinazione di cotesto governo possa eternamente durare, nonpertanto stimiamo che per lungo tempo bastar potrebbe al fine proposto: pacificare coteste provincie e dar una soddisfazione a' bisogni de' popoli, e appunto con ciò assicurare il Governo temporale della Santa Sede senz’uopo di una permanente occupazione straniera.

Indicheremo sommariamente i punti essenziali del progetto e i modi di metterlo ad effetto:

Le Provincie dello Stato romano situate tra il Po, l'Adriatico e gli Appennini (dalla provincia di Ancona sino a quella di Ferrara), pur rimanendo soggette all’alto dominio della Santa Sede, saranno completamente secolarizzate ed organizzale, sotto il rapporto amministrativo, giudiziario, militare e finanziario, in guisa affatto separata e indipendente dal rimanente dello Stato. Tuttavia le relazioni diplomatiche e religiose resterebbero esclusivamente di spettanza della Corte di Roma.

L’organizzazione territoriale ed amministrativa di questo principato sarebbe stabilita nella forma in cui era sotto il regno di Napoleone I fino al 1814. II Codice Napoleone vi sarebbe promulgato, salvo le modificazioni necessarie ne’ titoli risguardanti le relazioni tra la Chiesa e lo Stato.

Un vicario pontificio laico governerebbe codeste provincie con de' ministri ed un consiglio di Stato. La posizione del Vicario nominato dal Papa sarebbe guarentigia della durata dell’ufficio, che continuerebbe almeno per IO anni. I ministri, i consiglieri di Stato e tutti gli impiegati indistintamente sarebbero nominati dal Vicario Pontificio. Il loro potere legislativo ed esecutivo non potrebbe estendersi mai alle materie religiose, né alle materie miste che sarebbero preventiva

mente determinate, né infine a checchessia di ciò che tocca atte relazioni politiche internazionali.

Queste provincie dovrebbero concorrere in giusta proporzione al mantenimento della corte di Roma ed al servizio del debito pubblico attualmente esistente.

Un esercito indigeno verrebbe organizzato immediatamente per mezzo della soscrizione militare.

Oltre i consigli comunali e provinciali sarebbevi un consiglio generale per l’esame e la compilazione del bilancio.

Ora, se considerar si vogliono i mezzi di esecuzione, si vedrà che non presentano cotanta difficoltà come a prima giunta si potrebbe supporre. Anzitutto cotesta idea di una separazione amministrativa delle Legazioni non è cosa nuova per Roma. Fu messa innanzi parecchie volte dalla diplomazia ed eziandio propugnata da qualche membro del Sacro Collegio, sebbene in termini più ristretti di quelli che occorrono per farne un' opera seria e durevole.

Il volere irrevocabile delle Potenze e la loro deliberazione di por termine senza indugio all’occupazione straniera sarebbero due motivi che determinerebbero la Corte di Roma ad accattare cotesto piano, che in fondo rispetta il suo potere temporale e lascia intatta l'organizzazione attuale al centro e nella massima parte dei suoi Stati. Ma, ammesso una volta il principio, conviene che l’esecuzione del progetto sia confidata ad un alto Commissario nominato dalle potenze. É dunque evidentissimo che se questo compito fosse lasciato ai governo Pontificio, troverebbe nel suo governo tradizionale i mezzi di non venirne a capo e di falsare interamente lo spirito delle nuove istituzioni.

Ora non si può dissimulare che se l'occupazione straniera cessar dovesse senza che codeste riforme fossero francamente eseguite, e senza che una forza pubblica fosse stabilita, vi sarebbe ogni argomento di temere il prossimo rinnovellamento di sedizioni, susseguite bentosto dal ritorno degli eserciti austriaci. Un tale avvenimento sarebbe tanto più deplorabile in quanto che gli effetti parrebbero condannare preventivamente ogni prova di miglioramento.

Egli è dunque solo alle condizioni sopra enunciate che noi stimiamo possibile la cessazione della occupazione straniera che potrebbe farsi di questa guisa.

Il governo pontificio ha attualmente due reggimenti svizzeri e due altri indigeni, in somma 8 mila uomini all'incirca. Codesta soldatesca è bastevole pel mantenimento dell’ordine a Roma e nelle provincie che non sono comprese nella divisione amministrativa di cui si è testà parlato. La nuova truppa indigena che si organizzerebbe per mezzo della coscrizione nelle provincie secolarizzate né assicurerebbe la tranquillità. I francesi potrebbero lasciar Roma, gli austriaci le Legazioni. Tuttavia le troppe francesi, ritornando nel proprio paese per la via di terra, dovrebbero nel passaggio soffermarsi temporariamente nelle provincie staccate. Esse vi rimarrebbero per un tempo prestabilito e strettamente necessario alla formazione della nuova truppa indigena che si organizzerebbe col loro concorso.(2) Nota

16 Aprile diretta ai Ministri Co. Walewsky Lord Clarendon, dai Plenipotenziari Sardi Cavour e Villamarina.

I sottoscritti Plenipotenziarj di S. M. il Re di Sardegna, pieni di fiducia nel sentimento di giustizia de' governi di Francia e d’Inghilterra e nell’amicizia che essi professano al Piemonte, non hanno cessato di sperare, dopo l'apertura delle Conferenze, che il Congresso di Parigi non si separerebbe senza aver preso in seria considerazione lo stato dell’Italia, e avvisato a' mezzi di apportarvi rimedio per lo ristabilimento dell’equilibrio politico, turbato dall’occupazione d’una grande parte delle provincia della Penisola da truppe straniere.

Sicuri del consenso de' loro alleali, eglino ripugnavano a credere che alcun’altra potenza, dopo aver testimoniato un interesse si vivo e generoso per la sorte de' cristiani d’Oriente, appartenenti alle razze slava e greca, ricuserebbe di occuparsi de' popoli di razza latina, ancora più infelici, poiché, a motivo del grado d’incivilimento avanzato che dessi hanno raggiunto, sentono più vivamente le conseguenze di un cattivo governo.

Questa speranza è fallita. A malgrado dei buon volere dell'Inghilterra e della Francia; a malgrado de' loro sforzi benevoli, la persistenza dell’Austria nello esigere che le discussioni del Congresso rimanessero strettamente circoscritte nella sfera delle questioni che era stata segnata avanti la sua riunione, è cagione che quest’assemblea, sulla quale sono rivolti gli sguardi di tutta l'Europa, sta per sciogliersi, non solamente senza ch'essa abbia apportato il minimo atteggiamento a' mali dell’Italia, ma senza aver fatto rifulgere al di la delle Alpi un lampo di speranza per l’avvenire, atto a calmare gli spiriti, ed a far loro sopportare con rassegnazione il presente.

La posizione speciale occupata dall’Austria nel seno del Congresso rendeva forse inevitabile questo miserabile risultato. I plenipotenziarj Sardi sono costretti di riconoscerlo. Onde, senza dirigere il minimo rimprovero a' loro alleali, si credono in dovere di richiamar la loro seria attenzione sulla triste conseguenza che può aver per l'Europa, per l'Italia e specialmente per la Sardegna.

Sarebbe superfluo di formar qui un quadro esatto dell'Italia. Ciò che avviene In quelle contrade da lunghi anni è troppo notorio. Il sistema di compressione e di reazione violenta inaugurato nel 1848 e 1849, cui giustificano forse nella sua origine le turbolenze rivoluzionarie ch'eran testà compresse, continua tuttavia senza il benché menomo alleviamento; si può dire perfino che, salvo qualche eccezione, esso è praticato con un raddoppiamento di rigore. Giammai le prigioni e gli ergastoli sono stati più zeppi di condannati per causa politica; giammai il numero de' proscritti é stato più considerevole; giammai la polizia è stata più molesta, né lo stato d'assedio più duramente applicato. Ciò che si osserva in Parma né lo prova pur troppo.

Tali mezzi di governo devono necessariamente mantenere le popolazioni in uno stato d'irritazione costante e di fermento rivoluzionario.

Tale è lo stato dell'Italia da sette anni in quà.

Ma questo non è il solo pericolo che minaccia la Sardegna. Un altro ancora più grande è la conseguenza de' mezzi che l'Austria impiega per comprimere il fermento rivoluzionario in Italia. Chiamata da' Sovrani de' piccoli Stati dell'Italia a contenere il malcontento de' loro sudditi, questa potenza occupa militarmente la più gran parte della vallata del Pò e dell'Italia centrale, e la sua influenza si fa sentire d'una maniera irresistibile sui paesi medesimi ove essa non ha de' soldati. Appoggiata da una parte a Ferrara ed a Bologna, le sue truppe si estendono sino ad Ancona, lungo l'Adriatico, divenuto In certa guisa un lago austriaco; dall’altra, padrona di Piacenza, che, contrariamente allo spirito, se non alla lettera dei trattati di Vienna, essa si adopera a trasformare in piazza di prim’ordine, tiene guarnigione a Parma, è si dispone a spiegare le proprie forze per tutta la distesa che corre dalla frontiera sarda del Pò alla cima degli Appennini.

Quest’occupazione permanente dell'Austria dei territori che non le appartengono la fa quasi assoluta signora di tutta l’Italia«distrugge l’equilibrio stabilito dal trattato di Vienna, ed è una minaccia continua per il Piemonte.

Circondato in certa qual guisa da tutte parti dagli austriaci, vedendo spiegarsi sulla sua frontiera orientale interamente aperta le forze «li una potenza, che sa non essere animata da sentimenti benevoli inverso di lui, questo paese è tenuto in uno stato costante di timore, che l’obbliga a tenersi in armi ed a provvedimenti difensivi oltre ogni dir gravi per le finanze già oberate pe’ casi del 1848 e 1840, e. per la guerra a cui ha testà preso parte.

I fatti che i sottoscritti espongono bastano per far valutare i pericoli della posizione in cui trovasi il governo de! Re di Sardegna.

Turbato all’interno dall’azione delle passioni rivoluzionarie, suscitate intorno da un sistema di compressione violenta e dall'occupazione straniera; minacciato dall’estensione della potenza dell'Austria, può da un’ora all’altra essere astretto da ineluttabile necessità ad appigliarsi a partiti estremi, le cui conseguenze é impossibile stimare.

I sottoscritti punto non dubitano che un tale stato di cose non {sproni la sollecitudine de' governi di Francia e d’Inghilterra, non solo a causa dell'amicizia sincera e della verace simpatia professate da queste potenze pel principe, che solo fra tutti, nel momento in cui l’esito era incertissimo, si è dichiaralo apertamente a favor loro, ma soprattutto perché costituisce un vero pericolo per l’Europa.

La Sardegna è il solo Stato dell'Italia che abbia potuto innalzare una barriera insormontabile allo spirito rivoluzionario e rimanere al tempo stesso indipendente dall’Austria; la Sardegna è il solo contrappeso all'influsso invadente di questa.

Se la Sardegna soccombesse, rifinita di forze, abbandonata da' propri alleali; se essa eziandio fosse astretta di soggiacere ai dominio austriaco, allora la conquista dell’Italia per perle di questa potenza sarebbe compiuta. E l’Austria, dopo avere ottenuto, senza che le costasse il benché menomo sacrifizio, il vantaggio immenso della liberti di navigazione del Danubio e la neutralizzazione del mar Nero, acquisterebbe un’influenza preponderante in Occidente.

Questo è

ciò che la Francia e l’Inghilterra non possono volere; questo è ciò che non permetteranno giammai.

Pertanto i sottoscritti sono convinti che i gabinetti di Londra e di Parigi, pigliando in seria considerazione lo stato dell’Italia, avviseranno d’accordo colla Sardegna al modo di apportarvi efficace rimedio.

Parigi, 16 aprile 1856.

Sottoscritti:

C. CAVOUR.

DE VILLAMARINA.

(3) Alle Imp. Ambasciate presso le Corti di Roma, Firenze, Napoli e Modena. Vienna 18 Maggio 1856.

Le interpellanze dirette al presidente del consiglio dei ministri di Sua Maestà Sarda, sul trattato di pace sottoscritto il 30 marzo a. c. causarono, nelle Camere piemontesi, spiegazioni che senza dubbio avranno attirata la seria attenzione del… governo, come attirarono la nostra.

Il conte Cavour dichiarò che i plenipotenziari dell’Austria e della Sardegna al congresso di Parigi si erano divisi, coll’interna persuasione che i due paesi erano più lungi che mai dall’accordare la loro politica e che i principi rappresentati dai due governi erano inconciliabili. Dopoché ebbimo presa cognizione delle spiegazioni date dal conte de Cavour al Parlamento piemontese, non possiamo, io lo confesso apertamente, che sottoscrivere' una tale dichiarazione da esso fatta sulla immensa lontananza che ci divide da lui sul terreno dei principi politici.

Fra gli allegati che il presidente del consiglio de' ministri assoggettò all’esame della Camera, ci sembrò degna di particolare attenzione la Nota portante la data del 16 aprile, presentata dai plenipotenziari piemontesi al capi dei gabinetti di Londra e Parigi. Ridotto alle più semplici espressioni, quest’atto non è altro che un appassionato libello contro l’Austria. Il sistema di compressione e di reazione violenta, inaugurato nel 1848 e 1849, asserisce il conte Cavour, deve necessariamente mantenere le popolazioni in uno stato d’irritazione costante e di ferimento rivoluzionario e i mezzi dall’Austria impiegali onde comprimere un tale fermento, l’occupazione permanente di territori che non le appartengono, annuivano, secondo il presidente del consiglio de' ministri, l'equilibrio ristabilito dai trattato di Vienna e sono una incessante minaccia pel Piemonte. I pericoli che sorgono pel Piemonte dall’estensione delle forze dell’Austria, sono, agli occhi del conte di Cavour, si grandi ch'essi potrebbero costringere da un’ora all’altra il Piemonte ad appigliarsi a partiti estremi, le cui conseguenze è impossibile valutare. In tale guisa, i timori che il contegno dell’Austria in Italia ispira al capo del gabinetto sardo, servono di pretesto per lanciare contro di noi una a mala pena velata minaccia, da nulla certamente provocata.

L’Austria da suo canto non può in verun modo aderire alla missione assunta dal conte di Cavour, a nome della Corte di Sardegna, di alzare la sua voce in nome d’Italia. V’hanno su questa penisola diversi governi, pienamente l'uno dall'altro indipendenti e come tali riconosciuti dal diritto pubblico di Europa. Questo diritto pubblico d’Europa d'altro canto nulla sà della specie di protettorato che il gabinetto di Torino sembra voler assumersi in suo confronto. Quanto risguarda noi, noi sappiamo apprezzare l’indipendenza del diversi governi esistenti sulla penisola e noi crediamo dar loro nuova prova di questa apprezzazione appellandoci in questo affare al loro imparziale giudizio. Voi non ei taccierete di menzogneri, né siamo altamente persuasi, ove asseriamo che il conte Cavour si sarebbe molto di più avvicinato alla verità ove egli avesse travolto il suo ragionamento e avesse asserito tutto il contrario di quello che fece.

Giudicando dalle sue parole, il prolungato soggiorno delle truppe ausiliario, in alcuni Stati italiani soltanto, mantiene il malcontento e il fermento negli animi. Non sarebbe stato infinitamente più giusto il dire: la continuazione dell’occupazione non è soltanto resa necessaria dalle incessanti manovre del partito dello sconvolgimento, ma nulla è più adatto a incoraggiare le sue colpevoli speranze ed eccitare le sue ardenti passioni dei discorsi incendiari che tuonarono non ha mollo, sotto le volte della sala del parlamento piemontese? Il conte Cavour asserì, la Sardegna, gelosa dell’indipendenza degli altri governi, non permette che una potenza qualsiasi possa avere il diritto d’intervento in altro Stato, quand’anche questo l’abbia formalmente invitata. Spingere tanto oltre il rispetto pell’indipendenza di altri governi, a loro contestare il diritto di chiamare in soccorso una potenza amica, nell'interesse della loro conservazione, ella è una teoria alla quale l'Austria rifiutò costantemente la sua approvazione. I principj che l’Austria professa in proposito son troppo conosciuti per indurci qui ad esporli di nuovo.

L’Imperatore e i suoi augusti predecessori, nell’esercizio del loro incontestabile diritto di sovranità, prestarono più d’una volta soccorso armato a vicini che, lo avevano chiesto contro interni od esterni nemici. Questo diritto vuole l’Austria mantenere inalterato e riservarsi la facoltà di farne uso all’uopo. Del resto è egli permesso a qualunque siasi, di nutrire dubbi sulle intenzioni predominanti nelle

intervenzioni dell’Austria in diversi tempi, quando sta dinnanzi aperto il libro delta storia, per mostrare che noi in tal modo agendo mai seguimmo secondi fini o mire d’interesse e che le nostre truppe si ritirarono immediatamente allorché le competenti autorità dichiararono essere esse in istato di,mantenere la pubblica tranquillità senza aiuto straniero? E sempre si confermerà un tal fatto.

Appunto come le nostre truppe abbandonarono la Toscana, appena fu sufficientemente consolidato l’ordine legale, elle saranno pronte a sgombrare gli Stati pontifici, appena il governo non avrà più bisogno di loro per difendersi contro gli

attacchi del partito rivoluzionario. Del resto non è nostra intenzione di escludere dal novero dei mezzi adotti al più Tacile raggiungimento di questo risultato, gaggie riforme interne che noi abbiamo incessantemente raccomandato ai governi della penisola, nei limiti di una sana pratica e con tutti i riguardi dovuti alla dignità ed alla indipendenza di Stati, in riguardo alle quali non riconosciamo al gabinetto di Torino il diritto di erigersi a censore privilegiato. D'altro canto noi siamo persuasi che gli uomini dello sconvolgimento non cesseranno dal dirigere le loro macchine di guerra contro resistenza dei legali governi in Italia, Ano a tanto vi saranno paesi che loro accordano appoggio e protezione e vi avranno uomini di Stato che non rifuggono di dirigere un appello alle passioni ed agli sforzi tendenti allo sconvolgimento.

In breve, lungi dal lasciarci deviare dalla direzione del nostro procedere da un inqualificabile attacco, che, vogliamo ammettere sia stato provocato dal bisogno di una vittoria parlamentare, attendiamo di fermo piede gli avvenimenti, convinti che il contegno dei governi italiani che furono, come noi, oggetto degli attacchi del conte de Cavour, non differirà dal nostro. Pronti ad applaudire ogni beninteso riforma, pronti ad incoraggiare ogni utile miglioramento che parla dal libero e spregiudicato volere dei governi italiani, pronti ad offrire loro la nostra morale e zelante cooperazione pello sviluppo delle loro fonti di risorsa e del loro benessere, l’Austria è pur anche fermamente risoluta di mettere in opera tutta la sua forza onde respingere qualsiasi ingiusto attacco, da qualunque parto esso provenga, e di cooperare ovunque si estende la sfera della sua attività, perché vadano ad arenare i tentativi dei fomentatori di disordini e-dei fautori dell’anarchia.

lo Vi incarico Signor……………………….. di comunicare questo dispaccio al Signor……………………….. e di darmi rapporto sulle dichiarazioni che Vi saranno falle in proposito,

Accogliete ecc. firm.

BUOL.

(V. Corr. Ital. N. 111 e 129)

(4) Nesselrode rinunciò al ministero degli Affari Esteri dopo che sanzionò con la sua firma il Trattato di pace 30 Marzo 1856.

1 Imposta sulla birra, sul sidro etc.



La guerra di Crimea (1853-1856) - Elenco dei testi pubblicati sul nostro sito

1853
LETTRES SUR LA RUSSIE, LA FINLANDE ET LA POLOGNE PAR X. MARMIER
1855
CONDIZIONI INTIME E MISTERIOSE DELLA RUSSIA TRATTE DA DOCUMENTI AUTENTICI
1855
IL VERO AMICO DEL POPOLO - Domenico Venturini - 1855 (Gennaio-Giugno)
1855
IL VERO AMICO DEL POPOLO - Domenico Venturini - 1855 (Giugno-Dicembre)
1855
Sunto di geografia della Crimea e degli stati limitrofi illustrata da quattro carte diligentemente incise
1856
Discussioni alla Camera dei Deputati  del Regno di Sardegna - Trattato di pace - Parigi 30 marzo 1856
1856
La questione italiana al Congresso di Parigi nell’anno 1856
1856
La questione d’oriente - cause - andamento diplomatico - conchiusione della pace - protocolli e trattati
1856
Il trattato di pace di Parigi 30 marzo 1856 e le convenzioni annesse - seconda edizione
1871
La Russia e il trattato di Parigi del 1856 - Pensieri del cav. Pietro Esperson
1881
Il congresso di Parigi (1856) - Conferenza dell'on. comm. Giuseppe Massari
1882
Le guerre dell’indipendenza italiana dal 1848 al 1870 di Carlo Mariani
1891
Nicolas I et Napoléon III - Les préliminaires de la guerre de Crimée (1852-1854) d’après les papiers inédits de M. Thouvenel
1896
La spedizione sarda in Crimea nel 1855-56 narrazione di Cristoforo Manfredi compilata colla scorta dei documenti
2014
In Crimea nacque l’ITALIELLA. L’inizio dei misteri d’Italia passa per l’oriente di Zenone di Elea


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Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - lho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura!

Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin)












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