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SILENT ENIM LEGES INTER ARMA - la legge sugli assembramenti affonda le sue radici... (Zenone di Elea -Dicembre 2021)

BIBLIOTECA DELL'ECONOMISTA

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SERIE TERZA

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RACCOLTA DELLE PIÙ PREGIATE OPERE MODERNE ITALIANE E STRANIERE DI ECONOMIA POLITICA

DIRETTA DAL PROFESSORE GEROLAMO BOCCARDO

VOLUME QUINDICESIMO

GUSTAVO SCHÖNBERG Manuale di Economia politica

(Continuazione)

Traduzione con Note e Aggiunte dell'Avv. L. EUSEBIO

GIORGIO MEYER, Concetti fondamentali, Essenza e compito della scienza dell'Amministrazione

GUSTAVO RÜMELIN, Statistica

G. MEYER, Organizzazione degli uffici dell'Amministrazione interna

M. SEYDEL, Polizia di sicurezza

L. JOLLY, Polizia sanitaria

EDGARDO LÖNING, Assistenza pubblica EDGARDO LÖNING, Polizia dei costumi

L. JOLLY, Istruzione pubblica.

TORINO

UNIONE TIPOGRAFICO - EDITRICE

Via Carlo Alberto, 33

1892

(se vuoi, scarica il testo in formato ODT o PDF)

IV. POLIZIA DI SICUREZZA

DI
M. SEYDEL
I - Concetto e divisione della polizia della sicurezza
II - Polizia delle associazioni e delle riunioni
III - Polizia del movimenti popolari
IV - La polizia della stampa
5 - La libertà di movimento (Freisugigkeit) e le sue limitazioni per motivi di polizia di sicurezza
6 - Passaporti e obbligo di notificazione all'Autorità
NOTE


Concetto e divisione della polizia della sicurezza

L, Stein, Teoria dell’amministrazione, parte 1°,Stuttgarda 1867; E. Schulze, Diritto pubblico prussiano, §§ 215 e 219;Io, Trattato di diritto pubblico tedesco, I, §§ 221 e 225; G. Meyer, Trattato di diritto amministrativo tedesco, I, § 46; E. Loning, Trattato di diritto amministrativo tedesco, § 57.

§1. La storiadi ciò che si intende per poliziaè ad un tempo la storia delle idee, che nei vari tempi dominarono nella scienza di Stato e nella prassi per ciò che riguarda i compiti amministrativi dello Stato. Dopo avere originariamente designato le res politica e,cioè, il campo dell'attività dello Stato in opposizione alla vita della Chiesa,il vocabolo «polizia» si restringe, nel secolo XVI, a significare quella parte dell’attività di Stato, che ora viene sotto la denominazione di «amministrazione interna». Il primo compito, dinnanzi al quale venne, nel campo dell'amministrazione, a trovarsi lo Stato come appena si fu sciolto dai vincoli del medio evo, fu quello di ristabilire la sicurezza generale, come condizione indeclinabile di qualsiasi attività feconda. Cosi, in Germania, la Dieta imperiale di Worms del 1495, col bandire la «pace eterna», gettò la base di un ordine giuridico sicuro; ed in seguito, specie nelle Ordinanze imperiali di polizia del 1530, del 1548 e del 1577 e in quelle dei singoli Stati, una estesa legislazione amministrativa si andò, nell'Impero e nei territori, svolgendo. Nota caratteristica però di tutto questo sviluppo si è che, pur dove non trattavasi di norme di polizia di sicurezza, bensì di norme della cosiddetta «polizia di benessere», il potere dello Stato nel campo dell’amministrazione appariva quasi esclusivamente come un potere costrittivo di fronte ai sudditi. Di che avvenne che sino alla fine del secolo XVIII non potè affermarsi una distinzione fra il concetto di poliziae quello di amministrazione. Solo lo Stato moderno sentì che l'attività amministrativa non può esaurirsi nell'esercizio del potere costrittivo di Stato, nella polizia, e che essa è piuttosto una attività curativa, per quanto, certo, abbisogni della costrizione di polizia come mezzo di tutela e di ausilio. Con ciò la distinzione fra il concetto di amministrazionee quello di poliziavenne ad affermarsi nel senso che questa apparì come parte di quella. In questo senso modernola poliziaè quel potere costrittivo, col quale lo Stato tutela contro i pericoli minacciati dall’uomo sé e i suoi membri; e il «dirittodi polizia» è il complesso delle norme, che regolano l’esercizio di tale potere.

Secondo il diverso oggettodelle minacele di pericolo, che essa mira a rimuovere, la polizia si distingue in dueparti. In quanto mira a rimuovere pericoli che minacciano in generale la sicurezza dello Stato o dei suoi cittadini essa è «polizia di sicurezza»; in quanto mira ad assicurare determinati rami di attività dello Stato, essa è «polizia amministrativa» — La polizia amministrativa non è punto un campo di attività di Stato distinto, bensì, come ben ebbe a dire L. Stein,«costituisce una funzione negativa per ogni ramo dell’amministrazione». — Per contro la polizia di sicurezza, della quale soltanto dobbiamo qui occuparci, per lo scopo distinto che essa si propone, anche deve costituire per lo Stato un ramo di attività particolare e in particolar modo organizzato, come quella, che non riguarda piuttosto l’una che l’altra attività dello Stato, bensì suo oggetto è la tutela dell’ordine giuridico dello Stato nel suo complesso.

La polizia di sicurezza suol essere variamente divisa. Così, alcuni la distinguono in polizia pubblicao altapolizia e polizia della sicurezza dei privatiod individualeo bassapolizia (E. Schulze, L. Stein)((1)), intendendo per alta polizia o polizia pubblica quella che ha per oggetto la tutela del diritto pubblico e delle sue basi e per bassa polizia o polizia della sicurezza dei privati o individuale ((2)) quella che ha per oggetto la tutela dei diritti dell’individuo. — Se non che il valore sistematico di questa divisione lascia luogo a dubbi. Le varie attività della polizia di sicurezza si distinguono le une dalle altre non tanto per roggello che mirano a tutelare, quanto per la diversa natura della minaccia che mirano a rimuovere, in quanto gli è da questa che dipende la scelta dei mezzi di polizia più conducevoli allo scopo. Epperò, più esalto apparisce il chiamare alta polizia di sicurezza quella, che ha per oggetto la rimozione di pericoli minacciati da più persone od a più persone, e bassa polizia o polizia della sicurezza individuale quella diretta contro i singoli individui costituenti un pericolo per la sicurezza. Dove però vuoisi avere presente che i diritti individuali possono essere minacciati anche da una massa di persone e che il diritto pubblico e le sue basi possono essere minacciati anche da un individuo.

All’alta polizia di sicurezza nel senso della divisione ora accennata appartiene la polizia delle associazioni, delle adunanze, dei movimenti popolari e della stampa; la polizia della sicurezza individuale abbraccia le prescrizioni sul controllo e sul movimento degli individui, come pure la polizia delle armi.

È meno esatto il comprendere nella polizia di sicurezza le misure di sicurezza contro pericoli minacciati dalla natura. Il concetto di polizia si applica soltanto ad una costrizione esercitata contro l’uomo. Il «dirittodi polizia» (Polizeirecht)ha per oggetto di segnare, per la tutela della libertà personale dell’individuo, dei limiti di legge all'attività di polizia. Secondo le forme nelle quali si spiega, la polizia di sicurezza si distingue in «polizia preventiva» e «polizia repressiva» secondo che le sue disposizioni mirano ed impedire che la sicurezza sia perturbata da far cessare la perturbazione già avvenuta.

A conclusione di queste considerazioni generali ci rimane di brevemente considerare i rapporti fra la «polizia di sicurezza» e la «polizia giudiziaria». Tanto l'una quanto l’altra hanno lo stesso intento finale, la tutela della sicurezza pubblica; ma mentre la polizia giudiziaria mira ad assicurare la punizione di offese al diritto già avvenute e quindi sta al servizio dell’amministrazione della giustizia, la polizia di sicurezza opera in servizio e secondo i principii dell'amministrazione. Non è esatto il concepire, come fece R. Mohl((3)), la polizia di sicurezza come una funzione di amministrazione della giustizia: una violazione del diritto non ancora avvenuta non può mai essere oggetto di amministrazione della giustizia. Né mula alcun che in questa intrinseca diversità di funzioni la circostanza che spesso agli stessi organi siano affidale ad un tempo funzioni giudiziarie e funzioni di polizia di sicurezza, come nel § 153 della legge tedesca sull’ordinamento giudiziario secondo cui «gl’impiegati (ufficiali) del servizio di polizia e di sicurezza sono ausiliari del Pubblico Ministero».

La distinzione fra polizia giudiziariae polizia amministrativafu primamente posta in modo esatto dal diritto francese e specialmente nei §§ 8 e 9 del Code d’instruction criminellesecondo cui la «polizia giudiziaria ricerca i crimini, i delitti e le contravvenzioni, ne raccoglie le prove e ne rimette gli autori ai giudici incaricati di punirli. La polizia giudiziaria è esercitata sotto l’autorità delle Corti imperiali……..».

La sottoposizione della polizia giudiziaria agli organi dell’amministrazione della giustizia («ausiliari! del Pubblico Ministero») fu sancita anche nella legge tedesca sull’ordinamento giudiziario (§ 153) e nel Codice di procedura penale tedesco (§§ 98, 105, 156, 157, 159, 161, 187) ((4)).

Polizia delle associazioni e delle riunioni

Trattasi qui dello spiegamento della libera volontà dell'individuo nel campo degli interessi comuni. Lo Stato, che volesse esercitare qui una assoluta repressione, da una parte si priverebbe di una preziosa cooperazione nell’assecuzione dei suoi fini, dall’altra si esporrebbe al pericolo di vedere lo spirito di associazione, soffocalo nelle sue forme di manifestazione pubbliche, svilupparsi nella forma tanto più pericolosa, delle associazioni segrete. Ma intanto non si può disconoscere che anche dalle riunioni pubbliche può, in date circostanze, derivare un grave pericolo ((5)).

Per associazionesi intende in generale ogni unione volontaria e duratura di più persone per la assecuzione in comune di un determinato scopo ((6)). Le associazioni per scopi economici non hanno, in generale, colla polizia di sicurezza che pochi contatti. Quella, che dal punto di vista della polizia ha specialmente importanza, è la distinzione fra associazioni politichee associazioni non-politiche. Associazioni politiche sono quelle che hanno per iscopo o di esercitare sul popolo una influenza politica o di asseguire risultati politici, sia che si tratti dell’attuazione di un qualche programma politico o dell’assecuzione di un determinato scopo concreto. Le associazioni non politiche possono avere scopi svariatissimi; dal punto di vista del diritto di polizia, esse non hanno fra loro altro di comune che il carattere negativo di nonoccuparsi di cose di Stato.

La libertà di associazioneincontra dappertutto un limitenaturale. I cittadini non debbono potere coll’associazione estendere la sfera della loro libertà d’azione di fronte allo Stato. Ciò che non è lecito all’individuo non deve neppure esser lecito all’associazione. Questa non può proporsi scopi né servirsi di mezzi, che o non siano permessi affatto, o siano riservati soltanto al pubblico potere.

Inoltre, l’azione coalizzata di più individui potendo in certe circostanze riuscire per l’ordine e pel bene pubblico più pericolosa che non l’azione isolala dell’individuo, dovrà l’associazione assoggettarsi a quelle norme e prescrizioni di Stato, che sono necessarie nell’interesse del controllo e della polizia preventiva.

Per contro, lo spirito della polizia delle associazioni non dev’esser quello di impedire la manifestazione, nella forma associativa, di tutti gli intenti non rispondenti alle idee di governo del giorno, odi proscrivere addirittura qualsiasi associazione politica, in quanto lo Stato, il quale voglia veramente rispettare la libertà della manifestazione e dell’affermazione delle opinioni, deve rispettarla anche quando si produce sotto questa forma.

Il principio della libertà di associazione è riconosciuto da lutti i moderni Stati costituzionali ((7)).

Per ciò che è dello sviluppoe del foggiamento odiernodel diritto sulle associazioni, valgano i seguenti brevi cenni.

§ 3. Nel medioevovigeva il principio della libertà delle associazioni, principio che in Germania non fu, e ancora gradatamente e assai lardi, limitato che dallo svilupparsi che fece un diritto di divieto nell’autorità di polizia. La introduzione del diritto romanodeterminò in questo stato di cose una completa trasformazione ((8)). Si andò affermando il principio secondo cui un'associazione, per poter esistere, ha bisogno di essere approvata dall'autorità. Le associazioni segrete erano quindi dalla legge colpite. Né era meno nell’essenza del cosidetto «Stato di polizia», che si andava allora più o meno sviluppando e per cui i sudditi non erano che oggetti, privi di volontà, della sua cura, che esso si mostrasse ostile alle associazioni politiche. E cosi specialmente il secolo XVIIIapparisce come il periodo, nel quale la vita associativa fu specialmente dallo Stato soffocata.

Fino al 1848 la legislazione tenne fermo, inGermania, al principio che le associazioni ed adunanze pubbliche devono essere il più possibile represse. Poco tempo dopo che la Costituzione belga aveva proclamato il principio della piena libertà di associazione, una deliberazione del Parlamento federale tedesco dell'8 luglio 1832 proibiva in modo assoluto le associazioni politiche ((9)). Le adunanze e le feste popolari straordinarie potevano aver luogo solo col permesso della polizia e i discorsi politici ne erano assolutamente banditi.

Un più mite trattamento era fatto alle associazioni non politiche: nella massima parte degli Stati tedeschi, se non in lutti, non era per esse necessario il permesso della polizia.

Un rivolgimento nella legislazione al riguardo segnarono le Dichiarazioni dei dirittidel 1849, nelle quali fu proclamata anche la libertà di associazione e di riunione. Le Costituzioni bandite, dopo il 1849, nei vari Stati tedeschi si attennero a questo modello. Quanto alle leggi pubblicate nei vari Stati per regolare, nei riguardi della polizia, il diritto di associazione e di riunione, esse furono essenzialmente calcate sulla legge francesedel 28 luglio 1848, la quale anche in Francia non doveva avere che breve durata. Ciò dicasi specialmente delle leggi sulle associazioni pubblicale, nel 1850, in Prussia((10)), in Bavierae nella Sassonia. Una deliberazione della Dieta federale del 13 luglio 1854, con cui si voleva provocare nei vari Stati uno stringimento dei freni in materia di diritto di associazione e di riunione ((11)), non fu accolla che da pochi Stati, dall’Annovere dal Wurtemberg,dove però fu abrogata nel 1864, dall’Assia, dall’Oldenburgo e da alcuni Stati minori, dove vige ancora. Il Badenha, colla legge del 21 novembre 1876, regolato l’esercizio del diritto di associazione e di riunione secondo principii molto liberali ((12)).

Secondo Kart. 4, n. 16, della Costituzione dell’Impero tedesco, l’Impero ha competenza per far leggi intorno alle associazioni. Esso però non ha emanalo, in questa materia che poche isolate disposizioni ((13)).

I lineamenti fondamentalidel nostro modernodiritto sulle associazionie sulle riunionisono i seguenti:

Sono vietate in modo assoluto le associazioni, la cui esistenza, il cui ordinamento o il cui scopo debbano essere tenuti nascosti allo Stato; quelle, i cui membri promettano obbedienza a superiori ignoti od obbedienza assoluta a superiori noli; finalmente, quelle che hanno per scopo o si occupano di impedire o di rendere inefficaci con mezzi illegali provvedimenti di amministrazione o h esecuzione di leggi ((14)). Del resto, e salve le limitazioni risultami dalle leggi sul pubblico servizio ((15)), i cittadini possono liberamente associarsi senza necessità di previo permesso della polizia.

Per ciò che riguarda il regime di polizia, la legge distingue fra associazioni politiche e associazioni non-politiche. Le associazioni politiche devono avere statuti e una direzione e non possono entrare in combinazioni organiche con altre associazioni ((16)). Certe persone, come le donne, i minorenni, i militari, ecc. non possono farne parte. Esse devono entro un certo termine (ordinariamente, di tre giorni) presentare all’autorità di polizia i loro statuti, le modificazioni che in essi vengano introdotte, come pure un elenco dei membri della direzione (in Prussia e in Sassonia, anche dei membri dell’associazione). Le associazioni non-politiche sono in generale sciolte da vincoli di polizia; in Baviera però le associazioni organizzate, tranne quelle «che vengono sotto il concetto di società civili o commerciali» sono soggette all’obbligo della denuncia.

Nella più parte degli Stati tedeschi è attribuito all’autorità di polizia, rispetto alle associazioni, un diritto di divieto, il cui esercizio è lasciato essenzialmente al suo potere discrezionale. La legislazione prussiana però attribuisce all’autorità di polizia soltanto il diritto di provvisoria chiusura, riservando unicamente all’autorità giudiziaria di pronunziare il divieto definitivo.

La legislazione sulle associazioni badeseè informata a uno spirito più liberale. Approvale dallo Stato devono essere soltanto le associazioni armale ordinate militarmente o per esercitazioni militari. Dà all'autorità di polizia il diritto di richiedere, per motivi di pubblico interesse, informazioni sulle associazioni esistenti, ma non impone alcun obbligo di denuncia. Il Ministero dell’interno può proibire le associazioni contrarie alle leggi dello Stato o alla morale o che costituiscono un pericolo per lo Stato o per la sicurezza pubblica. Per gli stessi motivi può vietare la partecipazione ad associazioni estere o i rapporti fra associazioni nazionali e associazioni estere.

Ancor più liberale è il diritto wurtemburghese. Anch’esso sottopone all’approvazione dell’autorità soltanto le associazioni armale; impone l'obbligo della presentazione degli statuti soltanto alle associazioni politiche e quanto alle altre solo a richiesta del Governo. La legge non attribuisce espressamente all’autorità il diritto di scioglimento, ma questo è ammesso per le associazioni che intendono a scopi illegali o che ricusano di presentare i loro statuti. In tutto il resto le associazioni sono libere ((17)).

In generale si può dire che la legge sulle associazioni relativamente migliore (in Germania)è la badese. Opportunamente si è in essa abbandonalo la distinzione fra associazioni politiche e associazioni non-politiche, bastando attribuire, rispetto a tutte, all’autorità di polizia un diritto di divieto sotto certe condizioni determinale dalla legge. Nella determinazione di queste condizioni si richiede la massima precisione; sebbene, per quanta esattezza si porli nel formolare i motivi di divieto, l’apprezzamento dell'autorità non potrà mai essere escluso del tutto. Alle esigenze dello «Stato di diritto» (RECHTStaat) risponde poi il principio secondo cui il pronunciare in modo definitivo la chiusura delle associazioni deve, com’è stabilito dal diritto prussiano, appartenere al giudice. Ma l'attribuire all’autorità di polizia la facoltà di prendere, fino ad avvenuta decisione del giudice, provvedimenti provvisori, è, per la natura delle cose, indispensabile.

Di fronte ad una legislazione sulle associazioni informata a principii liberali, si presenterà certo, in date circostanze straordinarie, la necessità di disposizioni di legge straordinarie.

In Germania,un diritto eccezionaledi carattere provvisoriofu per le associazioni democratico-socialistiche e simili introdotto colla legge imperiale de) 21 ottobre 1878 ((18)).

Questa legge, nota sotto il nome di «legge pei Socialisti» ((19)) (Socialiste-gesetz)fu fatta sotto l’impressione degli attentati, che avevano ripetutamente minacciato la vita dell'Imperatore. Il progetto presentato dopo il primo attentato fu dal Parlamento imperiale respinto; avvenuto un nuovo attentato, il progetto, presentato al nuovo Parlamento, fu da questo approvato. La legge del 21 ottobre 1878 è una legge di eccezione nel più rigoroso significato della parola. Nell’io-tento di impedire la diffusione dei partili socialistici ed altri affini, essa pone questi partiti, per ciò che riguarda il diritto di associazione, di riunione, di soggiorno, di stampa e, in parte, anche per ciò che riguarda l'esercizio delle professioni, fuori del diritto comune, commettendo essenzialmente l'applicazione delle sue disposizioni all'apprezzamento delle autorità di polizia.

Per ciò che specialmente riguarda le associazioni, le disposizioni eccezionali portate dalla legge sui socialisti sono le seguenti ((20)):

Le associazioni ed unioni di ogni specie, che con mene socialistico-democratiche, socialistiche e comunistiche, mirano a rovesciare l'attuale ordine politico e sociale, sono proibite. Lo stesso dicasi delle associazioni ed unioni, nelle quali si manifestano di siffatti intenti in un modo pericoloso per l'ordine pubblico e specialmente per il buonaccordo delle classi sociali. La proibizione emana dall'autorità di polizia dello Stato e, per le associazioni estere, dal Cancelliere ((21)). Contro la proibizione è ammesso ricorso ad una Commissione imperiale nominala da) Consiglio federale e formata di quattro suoi membri e di cinque membri del Tribunale Supremo ((22)).

§ 4.Il diritto austriacosulle associazioni ((23)) è essenzialmente più rigoroso del tedesco. Tulle le associazioni sono soggette all'obbligo di una previa dettagliatadenuncia e della presentazione dei loro statuti. L’autorità può proibire l’associazione se, nel suo apprezzamento, la giudichi illegale o pericolosa allo Stato nei suoi scopi e nel suo ordinamento. La proibizione deve avvenire entro 4 settimane dalla denuncia. Solo dopo decorso questo termine o dopo ottenuta l’autorizzazione può l’associazione cominciare ad operare. Le ammissioni di soci e le assemblee sociali devono essere denunciate; queste possono essere sorvegliate dalla polizia; i resoconti devono essere presentati all’autorità. Le associazioni che prendono deliberazioni contrarie alla legge, o che esorbitano dai loro statuti, o che «non rispondano più alle condizioni della loro giuridica esistenza», possono essere sciolte. Le associazioni politiche debbono avere un Consiglio direttivo di 5-10 membri, non possono ammettere stranieri, donne e minorenni, non possono aver emblemi distintivi, né entrare fra loro in combinazioni organiche od anche solo mantenere rapporti.

Il diritto ingleseproibisce le associazioni illegali, unlawfulassemblies,cioè, le associazioni, che hanno per iscopo di turbare colla violenza l’ordine pubblico o di commettere altri alti contrari alla legge; poi, a parte alcune disposizioni speciali, le associazioni politiche, che mediante Commissioni o delegati si affigliano con altre ((24)). È nolo quanta parte nello sviluppo delle pubbliche libertà ebbero, precisamente in Inghilterra, le associazioni politiche. Malgrado l'abuso, talvolta grave, che del diritto di associazione era fallo, la legislazione non si lasciò mai trarre a sottoporlo a troppo gravi limitazioni ((25)).

In Francia,la Costituzione del 1791 proclamò il principio della libertà di associazione e di riunione; solo furono con decreto del 29 settembre 1791 proibite le associazioni segrete. Ma già la Costituzione dell'anno IH, caduto il governo dei clubs((26)), portava la proibizione di tutte le associazioni politiche ((27)). Secondo questa Costituzione «non vi potevano essere corporazioni né associazioni contrarie all’ordine pubblico; nessuna assemblea di cittadini poteva qualificarsi come popolare; nessuna società particolare, occupantesi di questioni politiche poteva corrispondere né affigliarsi con un’altra, tener sedute pubbliche composte di membri e di intervenienti distinti gli uni dagli altri, né imporre condizioni di ammissione e di eleggibilità, né arrogarsi diritti di esclusione, né far portare ai suoi membri alcun segno esteriore della loro associazione». Il Codice penale poi all'art. 291 ((28)) disponeva che «le associazioni di oltre 20 persone aventi per scopo di riunirsi ogni giorno o in determinali giorni per occuparsi di materie religiose, letterarie, politiche od altre non possono formarsi che coll’approvazione del governo ed alle condizioni, che l'autorità creda di stabilire» ((29)).

Queste disposizioni si mantennero sotto la Ristorazione, malgrado gli attacchi cui erano state fatte segno ed anche sotto la Monarchia di Luglio, sotto la quale però si cercò di eluderle col riunirsi che gli elementi rivoluzionari facevano in gruppi di meno di 20 membri. La legge sulle associazioni del 10 aprile 1834 andò 31l'incontro di questo ripiego collo stabilire che le disposizioni dell’art. 291 del Codice penale erano applicabili alle associazioni di più di 20 persone anche quando fossero divise in sezioni di un numero minore e non si riunissero lutti i giorni o in giorni determinati ((30)). L’autorizzazione data dal Governo fu dichiarata revocabile sempre. — La Repubblica proclamò nel 1848 la libertà di associazione; ma già il 28 luglio 1848 emanava riguardo ai clubsun decreto non tutt’affattoliberale ((31)). — Un decreto napoleonico del 25 marzo 1862 abrogò il decreto del 1848, ad eccezione dell’art. 13, con cui erano proibitele associazioni segrete, e rimise in vigore le più rigorose disposizioni degli art.291-294 del Codice penale e degli art. 1-3 della legge del 10 aprile 1834 ((32)).

Ed è questo il diritto vigente ancor oggi, le leggi del 6 giugno 1868 e del 30 giugno 1881 riferendosi alle riunioni,non alle associazioni. Queste continuarono a rimaner soggette all’approvazione dell'autorità di polizia ((33)). Una nuova legge sulle associazioni si attende ancora ((34)).

La Costituzione belga((35)) proibisce in termini generali di sottoporre le associazioni a misure preventive.

§ 4(bis)In Italia,l’art. 32 dello Statuto proclama soltanto la libertà di riunione,tacendo affatto di quella di associazione. Qual è pertanto il diritto al riguardo?

Naturalmente, la questione non può sorgere rispetto alle associazioni con personalità giuridica, alle cosiddette «corporazioni», perocché queste costituendo una persona civile, con diritti di possedere ed obbligarsi, stare in giudizio, ereditare, ecc., si fondano bensì anch’esse sulla libertà umana, ma non possono trarre la loro esistenza giuridica che dall’opera dello Stato. Su questo punto la legge (art. 2 Cod. civ.) è così esplicita che non vi è possibilità di dubbio.

Quanto alle altre associazioni, il vecchio Codice penale sardo del 1839 disponeva: «art. 483. É vietata qualunque associazione di più persone organizzale in corpo collo scopo di riunirsi in lutti i giorni od a giorni determinati per occuparsi, senza promessa o vincolo di segreto, di oggetti siano religiosi, siano letterari, siano politici od altri, se pure l’associazione non fosse formata col permesso dell’autorità legittima e siano osservale le condizioni da questa imposte. — Art. 484. Ogni associazione della natura sopra espressa, formata senza autorizzatone o che dopo averla ottenuta avrà violato le condizioni imposte, sarà immediatamente disciolta dalle autorità competenti; ed i capi, i direttori, gli amministratori della medesima saranno puniti col carcere, col confine, ovvero con malta secondo le circostanze. — Art. 485. Se gli individui di una associazione già disciolta tornano a riunirsi saranno puniti colle pene imposte ai capi, direttori ed amministratori giusta l'articolo precedente. I capi, direttori ed amministratori saranno in questo caso puniti col carcere non minore di 6 mesi o col confine secondo le circostanze. — Art. 486. Chiunque avrà conceduto l’uso di sua casa o di una porzione di essa per la riunione dei membri di una associazione, quantunque autorizzata, dovrà renderne partecipe l’autorità competente, prima che segua la riunione, sotto pena di multa estensibile a lire 200».

Ma concesso lo Statuto si vide che tutto ciò non poteva piò conciliarsi colle libertà pubbliche in esso sancite. Quindi con R. D. 26 ottobre 1848 emanato in virtù dei pieni poteri accordati al Governo dalla legge del 22 agosto dello stesso anno, «ad oggetto di far scomparire dal codice penale talune disposizioni non più in armonia coll’attuale ordine politico», i riferiti articoli furono abrogati. Il decreto del 1848, che ha pieno valore di legge, dichiarò adunque implicitamente la libertà di associazione come una delle nostre grandi libertà pubbliche. I dubbi che sorsero di poi sulla facoltà di scioglimento del Governo, sul modo come conciliare la libertà dei cittadini colle esigenze dell’ordine pubblico, non furono però risoluti né allora né poi da alcuna legge.

Or, il diritto storico italiano su questo riguardo, quale apparisce dalle manifestazioni in proposito della coscienza e della ragione nazionale nel suo più autorevole organo, il Parlamento, si possono col Palma((36)) così riassumere: «È contestato se il Governo abbia il diritto di sciogliere le associazioni pericolose, preventivamente; però, non solo è questo il nostro diritto storico applicato costantemente sotto tutti i Ministeri, salvo per breve ora sotto il primo Ministero Ricasolied il Ministero Cairoli-Zanardelli,ma questa interpretazione dello Statuto e delle leggi ha avuto sempre l’approvazione del Parlamento. L'interpretazione contraria in favore della pressoché illimitata libertà degli individui fu condannata, dopo la più ampia discussione, in dicembre 1878 e in aprile 1879, da cui risulta potersi considerare le associazioni a scopo sovversivo come principiidi reato flagrante, e quindi tali da poter essere vietate e sciolte, senza bisogno di apposite leggi, dall’autorità amministrativa, per la punizione giudiziaria, salvo sempre il sindacato supremo del Parlamento».

$ 5. Il diritto di riunioni («Meeting») si è sviluppato in stretta connessione col diritto di associazione; e invero tanto il riconoscimento del diritto in sé quanto la determinazione dei limiti entro i quali l’autorità di polizia può intervenire a regolarne l’esercizio, dipendono dagli stessi punti di vista da cui ve demmo dipendere il riconoscimento e il regolamento del diritto di associazione. Epperò le riunioni delle associazioni sono in generale soggette alle stesse norme, cui sono soggette le riunioni in genere. E l’esercizio di questi due diritti anche suol essere regolato con una sola legge.

Il concetto a cui devono informarsi le leggi regolatrici dell’esercizio del diritto di riunione fu formulato dalla Costituzione francesedel 1791, con cui fu «assicurata ai cittadini la libertà di riunirsi pacificamente e senza armi, ottemperando alle leggi di polizia».

In Germania,prima del 1848, la libertà di riunione non era meglio riconosciuta di quello che lo fosse la libertà di associazione. La Risoluzione federale del 5 luglio 1832 aveva dichiarato puramente e semplicemente vietati i discorsi politici pubblici e così le adunanze pubbliche.

La libertà di riunione fu, dopo che già di fatto era stata esercitata, espressa mente proclamata dalla Dichiarazione dei diritti del 1848 (art. 8). «I tedeschi, ivi era detto, hanno il diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi; non occorre per ciò alcuno speciale permesso. Gli assembramenti popolari di piazza possono, quando costituiscano un grave pericolo per la sicurezza pubblica, essere proibiti».

La conquista politica formulata da questo articolo fu, in complesso, definitiva. Secondo il diritto vigente nella più parte degli Stati tedeschi (specie nella Prussia, nella Baviera e nella Sassonia) ((37)) le riunioni sono soggette alle seguenti disposizioni:

Le riunioni in piazza e le processioni pubbliche o debbono essere autorizzate dalla polizia, o almeno denunciate e, quando costituiscano un pericolo per la sicurezza pubblica, possono essere proibite. Nella sede del Parlamento ed entro un determinato raggio (in Prussia, anche nella residenza reale e nei suoi dintorni), non possono tali riunioni essere tenute. Le altre riunioni debbono, quando vi si debbano trattare affari pubblici, essere denunciate all’autorità di polizia 24 ore prima; secondo la legge badese, solo quando si facciano per esse pubblici inviti ((38)). — Le riunioni, per le quali è necessaria l’approvazione o che debbono essere denunciate, possono essere fatte sorvegliare dall’autorità di polizia mediante un commissario, il quale, ove la riunione trascorra a violazioni di legge, può scioglierla ((39)).

Informata a uno spirito più liberale è la legislazione del Wurtemberg,del Badene dell’Asia. Essa sancisce limitazioni solo per le riunioni popolari, cioè, per quelle a cui tutti possano intervenire. La legge wurtemburghese ((40)) riconosce in lutti i cittadini il diritto di riunirsi senza necessità del permesso della polizia. Le riunioni per trattare affari pubblici debbono essere prima annunziale al pubblico, oppure denunciale al l’autorità di polizia locale. La facoltà nell'autorità di polizia di proibire o sciogliere le riunioni contrarie alla legge o pericolose, si considera come sottintesa. La legge assiana e la badese ((41)) vanno un po' più in là: ogni riunione può essere dall’autorità fatta sorvegliare mediante un commissario; le riunioni popolari in piazza devono essere denunciate 48 ore prima; le riunioni possono essere dall'autorità proibite o sciolte per motivi di sicurezza pubblica o di moralità, come pure quando trascorrano a violazioni di legge.

Anche per ciò che riguarda il diritto di riunione la legge contro i socialisti del 21 ottobre 1878 contiene disposizioni eccezionali. Le riunioni, nelle quali si manifestino intenti socialistici, ecc. debbono essere dall'autorità di polizia sciolte; quelle delle quali vi sia ragione a ritenere che abbiano per oggetto di favorire tali intenti, debbono essere vietate ((42)).

§ 6. La legislazione austriaca((43)) sul diritto di riunione è press’a poco eguale alla prussiana, alla bavarese ed alla sassone. Degna di nota è la disposizione per cui gli stranieri non possono né promuovere, né organizzare, né dirigere una riunione avente per oggetto la trattazione di affari pubblici.

InInghilterrail diritto di riunione non va soggetto ad alcuna limitazione, salvo nell’autorità il diritto di sciogliere gli assembramenti sediziosi. Delle disposizioni a questo riguardo ci occuperemo trattando degli assembramenti popolari ((44)).

In Franciala libertà di riunione, di cui non era parola nella Dichiarazione dei diritti, fu primamente accennata, come già vedemmo, nella Costituzione del 1791, poi espressamente sancita nella Costituzione del 1848 (art. 8) ((45)). Sotto il secondo Impero, la legge del 6 giugno 1868, mentre poneva in principio che le riunioni pubbliche potevano aver luogo senza previa autorizzazione, stabiliva che a queste continuavano ad essere soggette le riunioni pubbliche aventi per oggetto di trattare materie politiche o religiose (art. 1) ((46)). Ogni riunione però doveva essere preceduta da una dichiarazione firmala da 7 persone domiciliate nel Comune, dove la riunione doveva aver luogo ed aventi l’esercizio dei diritti civili e politici; la dichiarazione doveva indicare i nomi, le qualità e i domiciliidei dichiaranti, il locale, il giorno e Fora della riunione e l'oggetto spedale e determinatodi essa, e doveva esser falla in Parigi al prefetto di polizia, nei dipartimenti al prefetto o sottoprefetto; la riunione non poteva aver luogo che tre giorni intieri dopo il rilascio della ricevuta della dichiarazione (art. 2). Le riunioni non potevano esser tenute che in locali chiusi e copertie non potevano protrarsi al di là dell'oca fissata dall’autorità competente per la chiusura dei luoghi pubblici (art. 3). Ogni riunione doveva avere un ufficio composto di un presidente e di due assessori almeno, incaricati di mantenere l’ordine nell’assemblea e di impedire qualsiasi violazione della legge. I membri dell’ufficio non dovevano tollerare la discussione di nessuna questione estranea all'oggetto della riunione (art. 4). Un funzionario dell’ordine giudiziario od amministrativo delegato dall’amministrazione poteva assistere alla seduta (art. 5) col diritto di pronunziarne lo scioglimento quando l’ufficio, sebbene avvertito, avesse lasciato mettere in discussione questioni estranee all'oggetto della riunione o questa fosse diventala tumultuosa (art. 6). Riunioni pubbliche elettoralipotevano esser tenute a partire dalla promulgazione del decreto di convocazione di un collegio per la elezione di un deputato al Corpo legislativo fino al quinto giorno prima di quello fissato per l'apertura dello scrutinio; esse dovevano essere dichiarate 24 ore prima e non vi potevano assistere che gli elettori della circoscrizione elettorale ed i candidati, i quali, per esservi ammessi, dovevano far conoscere il loro nome, la loro qualità e il loro domicilio (art. 8). Il prefetto di polizia a Parigi, i prefetti nei dipartimenti, potevano «aggiornare» ogni riunione, che loro paresse tale da turbare l’ordine o compromettere la sicurezza pubblica; ma la interdizione della riunione non poteva essere pronunciata che con decisione del ministro dell’interno (art. 13).

La legge ora vigente del 30’giugno 1881 sulla libertà di riunione la ruppe colle precedenti tradizioni. Secondo questa legge le riunioni pubbliche sono libere e possono aver luogo senza autorizzazione preventivasotto le condizioni prescritte dalla legge (art. 1). Ogni riunione pubblica deve essere preceduta da una dichiarazione indicante il luogo, il giorno e l’ora della riunione e firmala da duepersone almeno, di cui una domiciliata nel Comune, dove la riunione deve aver luogo; la riunione non può aver luogo che dopo 24 ore almeno dalla dichiarazione (art. 2), termine che è ridotto a 2 ore per le riunioni pubbliche elettorali (art. 3). La dichiarazione deve far conoscere se la riunione ha per scopo una conferenza, una discussione pubblica o se deve costituire una riunione elettorale (art. 4) intendendo per riunioni elettorali quelle che hanno per scopo di scegliere o sentire candidali a funzioni pubbliche elettive; alle quali riunioni non possono assistere che gli elettori della circoscrizione, i candidali, i membri delle due Camere e i mandatari dei candidali (art. 5). Le riunioni non possono essere tenute sulla via pubblica((47)) né protrarsi oltre le 11 ore di sera; però, nelle località dove la chiusura degli stabilimenti pubblici ha luogo più tardi, esse possono protrarsi sino all’ora fissata per la chiusura di questi stabilimenti (art. 6) I clubsrimangono proibiti (art. 7) ((48)). — Ogni riunione deve avere un ufficio composto di tre persone almeno, incaricato di mantener l’ordine, di impedire le violazioni della legge, di conservare alla riunione il carattere che le fu dato dalla dichiarazione; di impedire ogni discorso contrario all’ordine pubblico o ai buoni costumi, o contenente una provocazione a un atto qualificato crimine o delitto (art. 8). Un funzionario dell’ordine amministrativo o giudiziario può essere delegato, a Parigi dal prefetto di polizia e nei dipartimenti dal prefetto, dal sottoprefetto o dal sindaco ad assistere alla riunione; ma questo rappresentante dell’autorità non può esercitare il diritto di scioglimento se non in quanto ne sia richiesto dall'ufficio o avvengano collisioni o vie di fatto (art. 9).

La Costituzione belga((49)) proibisce di assoggettare le riunioni ad un per messo preventivo. Solo le riunioni in piazza sono soggette alle leggi di polizia.

In Spagna,secondo la legge 15 giugno 1880, il diritto di riunione accordalo agli Spagnuoli dall’art. 13 della Costituzione può essere esercitato da tutti senz’altra condizione, quando la riunione dev’essere pubblica, tranne l’obbligo negli organizzatori di fare, 24 ore prima, una dichiarazione scritta e firmata dell’oggetto, del luogo, del giorno e dell’ora della riunione al governatore civile nelle capitali delle provincie ed all’autorità locale negli altri Comuni (art. 1). Per riunioni pubbliche, nel senso della legge, si intendono quelle comprendenti più di 20 persone e che debbono aver luogo in un locale dove gli organizzatori non hanno il loro domicilio abituale (art. 2). Le riunioni pubbliche, processioni civiche e corteggi abbisognano, per potersi produrre per le strade, piazze, corsi ed altri luoghi di passaggio, del permesso preventivo per scritto delle autorità suindicate (art. 3). A ogni riunione pubblica possono assistere le autorità in persona o per mezzo di delegati (art. 4). L’autorità può sospendere o sciogliere le riunioni pubbliche tenute senza l’osservanza delle condizioni stabilite dalla legge; quelle che, sebbene formate in conformità della legge, si occupano di oggetti non indicati nella dichiarazione o sono tenute in un locale diverso da quello dichiarato; quelle che in un modo qualunque impediscono la circolazione, ecc. (art. 5). Non sono soggette alle disposizioni della legge le processioni del culto cattolico, le riunioni di questo culto e degli altri culti tollerati che si tengono nelle chiese e nei cimiteri, le riunioni tenute dalle associazioni e dagli stabilimenti in conformità dei loro statuti approvali dall'autorità; le riunioni per le rappresentazioni teatrali e altri spettacoli (art. 7).

[§ 6(bis). Legislazione italiana sul diritto di riunione. — L’articolo 32 dello Statuto fondamentale del regno riconosce il diritto di radunarsi pacificamente e senz’armi, ma fa una riserva per le adunanze in «luoghi pubblici od aperti al pubblico», che tiene soggette intieramente alle leggi di polizia.

Secondo la legge 23 dicembre 1888, n. 5888 decies(Serie III) sulla pubblica sicurezza delregno, i promotori di una riunione pubblica devono darne avviso, almeno 24 ore prima, all'autorità locale di pubblica sicurezza. Il contravventore è punito con l’ammenda di lire cento. Il Governo, in caso di contravvenzione, può impedire che la riunione abbia effetto. Queste disposizioni non si applicano alle riunioni elettorali (art. 1). Qualora però, in occasione di riunioni (o di assembramenti) in luogo pubblico o aperto al pubblico avvengano manifestazioni o grida sediziose che costituiscano delitti contro i poteri dello Stato o contro i Capi dei Governi esteri ed i loro rappresentanti, ovvero avvengano altri delitti preveduti dal Codice penale, le riunioni (o gli assembramenti) potranno essere sciolte e i colpevoli saranno denunziati all’autorità giudiziaria (art. 2). Le grida e manifestazioni sediziose emesse nelle riunioni (o negli assembramenti), ove non costituiscano delitti contemplati dal Codice penale, sono punite coll’arresto estensibile a tre mesi (art. 3) ((50)).

Disposizioni speciali disciplinano le cerimonie religiosefuori dei templi e le processioniecclesiastiche o civili ((51)). Secondo la citata legge sulla sicurezza pubblica, chi promuove o dirige cerimonie religiose o altro atto di culto fuori dei luoghi a ciò destinati, ovvero processioni ecclesiastiche o civili nelle pubbliche vie, deve dame avviso, almeno tre giorni prima, all’autorità locale di pubblica sicurezza. Il contravventore è punito coll'ammenda sino a 1001(art. 7).

L’autorità locale di pubblica sicurezza può vietare, per ragioni d’ordine e di sanità pubblica, tali cerimonie, alti di culto o processioni, dandone avviso ai promotori almeno 24 ore prima. Alle processioni sono del resto applicabili le disposizioni sulle riunioni pubbliche e sugli assembramenti in luoghi pubblici. Il contravventore al divieto è punito a termini del Codice penale (art. 8). Queste disposizioni non si applicano però agli accompagnamenti del viatico e ai trasporli funebri, salve le prescrizioni delle leggi e dei regolamenti di sanità pubblica e di polizia locale (ari. 9)].

Polizia del movimenti popolari

§ 7. La polizia dei movimenti popolaripoggia sul concetto che a pericoli per la sicurezza dello Stato straordinari vuoisi far fronte con mezzi straordinari. Al qual riguardo vengono naturalmente a distinguersi i casi, in cui trattasi di reprimere un movimento sedizioso passeggiero e quelli in cui trattasi di combattere un pericolo per la sicurezza pubblica diventato imminente. Disposizioni speciali per tali eventualità sono in particolar modo necessarie nello «Stato di diritto» (Rechtstaat] nel quale i limiti che, per la tutela della libertà dei cittadini, sono segnali al potere della polizia, si riferiscono a condizioni normali e quindi debbono, nei casi straordinari, venir allargati.

Si comprende quindi come il modernodiritto di polizia sui movimenti popolari avesse a svilupparsi primamente in Inghilterra.

Le disposizioni della legge ingleseriguardano gli assembramenti sediziosi ((52)). Secondo il Riot Addi Giorgio I((53)), quando dodici o più persone sono il legalmente, sediziosamente o tumultuariamente radunale per turbare la quiete pubblica, un giudice di pace, lo sceriffo o sottosceriffo, oppure il Mavordella città, debbono intimar loro di sciogliersi. La intimazione si fa, previo invito al silenzio (Oves, Oves, Oves),mediante solenne lettura di un proclama da farsi in mezzo all’assembramento o il più vicino che sia possibile. Se dopo un’ora l’assembramento sedizioso continua, oppure la lettura del proclama è impedita ((54)), gli assembrali sono rei di felony. L’ufficiale può, sotto la sua responsabilità, requisire l’aiuto di chiunque e quindi anche della forza pubblica; ogni cittadino, eccettuali i fanciulli al disotto di 5 anni, le donne, i vecchi egli ecclesiastici, è obbligato ad aiutare l’ufficiale a far cessare l’assembramento sedizioso sotto pena di ammenda e di prigione. — Anche il principio della responsabilità dei Comuni pei danni causati da un riotfu dal diritto inglese accolto ((55)).

Non il diritto inglese, ma piuttosto il francese, servi di modello agli altri paesi del Continente((56)).

Il diritto francese conosce due misure straordinarie di alta polizia di sicurezza: l'impiego della forza pubblica contro gli assembramenti (attroupements) e la proclamazione dello stato di guerra o di assedio.

L'assembramento o «attruppamento» consiste, in sé, nel mero fatto di una riunione di più individui tale da costituire un pericolo per l'ordine pubblico. Gli è chiaro che le garanzie legali contro l'abuso dell’impiego della forza militare contro gli assembramenti sediziosi non possono consistere che in una esatta determinazione dei casi, in cui a tale impiego si può ricorrere. Quanto all'impiego in sé, esso rientra non sotto le regole del diritto, ma sotto quelle della lotta. E così è nella natura stessa delle cose che sul punto se debbasi ricorrere all'aiuto della forza militare, decida l'autorità di polizia; sul punto come tale aiuto debba essere prestato, decida l’autorità militare.

La prima legge fatta in Francia contro gli «attruppamenti» fu la cosidetta «legge marziale» del 21 ottobre 1789, legge di un rigore straordinario((57)). —Un decreto del 3 agosto 1791 ne limitò l’applicazione ai casi in cui «la tranquillità pubblica fosse abitualmente minacciata da sommosse popolari o da assembramenti sediziosi, che si succedessero l’uno all’altro».Secondo questo decreto era reputato attruppamento sedizioso e punito come tale ogni assembramento di più di 15 persone opponentisi alla esecuzione di una legge, di un ordine o di una sentenza (art. 9 e 27). I depositari della forza pubblica non potevano impiegare la forza delle armi se non quando: 1) violenze o vie di fatto fossero esercitale contro di essi; 2) quando non potessero difendere altrimenti il terreno che occupavano o i posti commessi alla loro custodia; 3) quando vi fossero espressamente autorizzati da un ufficiale civile. Nel qual ultimo caso il decreto non permetteva di ricorrere alla forza se non osservando certe formalità ((58)). — Con decreto del 23 giugno 1793, quando le insurrezioni popolari erano considerate come un mezzo di governo, la legge marziale era dalla Convenzione nazionale abolita ((59)), rimanendo cosi in vigore soltanto il decreto del 1791.

Le agitazioni popolari, che ebbero luogo nei primi tempi della rivoluzione del 1830, fecero sentire il bisogno di una nuova legge sugli attruppamenti.Si pensò che il miglior modo di prevenirli e di reprimerli era quello di comminare contro quelli che ne avessero fatto parte pene abbastanza moderale per essere applicabili e graduate secondo la gravità dei fatti. Pur autorizzando l’impiego della forza contro le sommosse, la legge del 1791 sembrò non essersi abbastanza occupata di rendere inutile questo modo rigoroso di repressione. Per ottenere questo risultato desiderabile, si reputò conveniente di armare la società di pene leggere, ma efficaci, contro gli attruppamenti, prima che avessero acquistato un carattere troppo pericoloso. Tale fu l’oggetto principale della legge del 10 aprile 1831.

In forza di questa legge le persone, che abbiano formato attruppamenti sulle piazze o sulla via pubblica, debbono sciogliersi alla prima intimazione dei prefetti, sottoprefetti, sindaci (maire),aggiunti od altri magistrati ed ufficiali civili incaricati della polizia giudiziaria, che non siano guardie campestri o forestali. Se l’attruppamento non si scioglie, le intimazioni saranno ripetute tre volte. Ogni intimazione deve essere preceduta da un rullo di tamburo oda uno squillo di tromba. Se le tre intimazioni rimangono inutili, potrà esser fatto uso della forza in conformità della legge del 1791. I magistrati incaricati di fare le intimazioni devono portare la sciarpa tricolore (art. 1).Le persone che dopo la prima intimazione continuano a far parte di un attruppamento, possono essere arrestate e punite con pene di polizia (art. 2); dopo la seconda intimazione la pena può andare fino a tre mesi di prigione e dopo la terza fino ad un anno (art. 3). La pena è più grave (carcere da 3 mesi a 2 anni) pei capi e provocatori dell’attruppamento, se questo non siasi sciolto dopo la terza intimazione e pei portatori d’armi apparenti o nascoste che abbiano continuato a far parte dell’attruppamento dopo la prima intimazione (art. 4). Se l’attruppamento ha un carattere politico, i colpevoli dei delitti ora accennati possono essere interdetti per tre anni, in tutto o in parte, dell’esercizio dei diritti politici (art. 8). Quelli che abbiano continuato a far parte di un attruppamento dopo le ire intimazioni possono, per questo solo fatto, esser dichiarati civilmente e solidariamente responsabili delle condanne pecuniarie pronunciate per riparazione dei danni causati dall’attruppamento(art. 9).

La legge sugli attruppamenti del 7 giugno 1848 ancora in vigore ((60)) distingue fra attruppamenti armati e non armati. Gli attruppamenti armati formati sulla via pubblica sono proibiti; i non armali lo sono quando possano turbare la tranquillità pubblica (art. 1). L’attruppamento è armato: 1) quando più individui che lo compongono sono portatori di armi apparenti o nascoste; 2) quando, essendovi anche un solo portatore di armi apparenti, questo non sia immediatamente espulso dall'attruppamento da quelli stessi che ne fanno parte (art. 2). Quando un attruppamento, armato o non, siasi formato sulla via pubblica, il sindaco o uno dei suoi aggiunti e in loro mancanza il commissario di polizia e ogni altro agente o depositario della forza pubblica e del potere esecutivo, rivestito della sciarpa tricolore, deve recarsi sul luogo dell'attruppamento. Un rullo di tamburo deve annunciare l’arrivo del magistrato. Se l’attruppamento è armato, il magistrato gli intimeràdi sciogliersi e ritirarsi; dopo una seconda intimazione preceduta da un rullo di tamburo, impiego della forza; se l’attruppamento non è armato, il magistrato, dopo il primo rullo, esorta i cittadini a sciogliersi; dopo tre intimazioni, impiego della forza(art. 3). Pene graduate come nella legge del 1831. Ogni provocazione diretta a un attruppamento armato o non armato fatta con discorsi proferiti in pubblico o con scritti o stampati affissi o distribuiti, è punita se anche non sia stata seguila da effetto.

§ 8. La Costituzione dell’Impero tedesco,all’art. 66, non applicabile alla Baviera, stabilisce che i Governi possono requisire per scopi di polizia le truppe dislocale nel loro territorio, e non le proprie soltanto. In seguito alle Convenzioni militari colla Prussia, la più parte degli Stati federali adottarono le prescrizioni delle leggi prussiane per ciò che riguarda l’impiego della forza armate per il mantenimento dell’ordine pubblico. Nel regno di Sassonia((61)) e nell’Alsazia-Lorena((62)) vige essenzialmente lo stesso diritto.

Secondo il diritto prussianola forza armala non può intervenire a sedare torbidi interni e ad assicurare l’esecuzione della legge se non nei casi e nelle forme dalla legge stabilite ed a richiesta dell’autorità civile ((63)). La requisizione della forza armata può, nei casi di sommossa, esser fatta dall’autorità di polizia locale, nei casi di disubbidienza o resistenza alla legge dalPresidente superiore e, ove vi sia pericolo nel ritardo, dal Presidente di Governo. La forza armala può servirsi delle anni quando è assalita o le si resiste con vie di fatto ((64)).

In Bavieravige al riguardo la legge del 4 maggio 1851 ((65)). Hanno diritto di requisire la forza armata le autorità amministrative del distretto. La requisizione deve essere fatta per iscritto; in caso di necessità, può esser falla verbalmente, ma deve essere per iscritto rinnovata. Le formalità, che devono precedere l’impiego della forza (tre intimazioni), sono essenzialmente quelle della legge francese. In certi casi ((66)) l’impiego della forza può aver luogo immediatamente.

In Austriamancano su questo riguardo disposizioni di legge ((67)). Secondo una Risoluzione imperiale del 27 agosto 1844, la forza militare, nel prestar mano all'autorità civile, può far uso delle armi quando il Commissario civile ne la richiede od essa viene assalita ((68)).

Secondo la legge italiana23 dicembre 1888 sulla sicurezza pubblica, le riunioni e gli assembramenti in luogo pubblico o aperto al pubblico possono essere sciolti qualora in occasione di essi avvengano manifestazioni o grida sediziose che costituiscano delitti contro i poteri dello Stato o contro i Capi dei Governi esteri ed i loro rappresentanti, ovvero avvengano altri delitti preveduti dal Codice penale (art. 2). Quando occorra di procedere a tale scioglimento, le persone riunite od assembrate sono invitale a sciogliersi dagli ufficiali di pubblica sicurezza e, in loro assenza, dagli ufficiali o bassi ufficiali dei carabinieri (art. 3); ove l’invito rimanga senza effetto, si ordina lo scioglimento con tre distinte formati intimazioni precedute ognuna da uno squillo di tromba (art. 4); ove rimangano senza effetto anche le tre intimazioni, la riunione o l’assembramento sono sciolti colla forza e le persone che rifiutino di obbedire arrestate; la forza può essere usata eziandio se, per rivolta od opposizione, non si possa fare alcuna intimazione; le persone arrestate sono deferite all’autorità giudiziaria e punite a termini dell’art. 413 del Codice penale (art. 5).

§ 9 La misura estrema dell’alta polizia di sicurezza è la proclamazione del cosidetto «stato d'assedio» ((69)): A questa misura si può ricorrere per due cause: per ragioni di sicurezza militareo per ragioni di sicurezza civile. È un errore della legislazione francese e delle altre che ad essa si inspirarono quello di aver confuso insieme questi due istituti giuridici intimamente diversi l’uno dall'altro e che quindi vogliono essere regolati secondo principii diversi. Per la natura delle cose, il vero e proprio stato di guerra dovrebbe consistere io ciò che il potere esecutivo passi all’autorità militare, la giurisdizione penale, in quanto sia necessario, passi ai tribunali militari, sottentrando in parte alla legge penale comune la legge penale militare. Invece, il cosiddetto «stato d’assedio» come misura di polizia e di sicurezza non esige punto il trapasso del potere esecutivo all’autorità militare, bastando il modificare, nel senso di un maggior rigore a scopo di intimidazione, la legge penale e di procedura penale ed estendere in corrispondenza i poteri delle autorità di polizia.

Il diritto franceseconsiderò e regolò primamente lo stato d’assedio come provvedimento inteso a scopi militari. La sua proclamazione mira a concentrare poteri straordinari nelle mani del comandante militare di una piazza. La legge del l’8 luglio 1791 ((70)) si riferisce allo stato d'assedio come misura militare. Poteri straordinari furono dalla Costituzione del 3 settembre 1791 conferiti al Re nel caso che un intiero dipartimento fosse in preda del disordine.

Nella legge del 10 fruttidoro anno V, con cui fu determinalo «il modo in cui i Comuni dell’interno della Repubblica potevano essere messi in stato di guerra o di assedio», lo stato d’assedio apparve per la prima volta come misuradi polizia di sicurezza, in quanto l'applicazione di esso ai Comuni vi era prevista anche nei casi in cui essi fossero «investiti da ribelli» ((71)).

Un Decreto imperiale del 24 dicembre 1811 relativo alla organizzazione ed al servizio dello stato maggiore delle piazze regolò l'istituto più dettagliatamente. Esso distingue per le «piazze di guerra» lo «stato di guerra,» e lo «stato d'attedio». Lo stato di guerra, oltrecché per motivi militari, sorge, in forza di decreto dell’Imperatore, nel caso di «rassemblements formés dans le rayon de ring journées de marche, sansl’autorisation desmagistrats»ed in altri casi di bisogno. Lo stato d’assedio è proclamato con decreto dell’Imperatore, oltrecché per cause militari, nel caso di perturbazioni causale «par une sedition intérieure ou par desrassemblements formés dans le rayon d'investissement, sans l’autorisation des magistrats».Colla proclamazione dello stato d’assedio il potere di polizia passa al comandante militare e la giurisdizione penale, di regola, ai tribunali militari ((72)).

Durante i Cento Giorni fu, come difesa contro l’abuso dello stato d’assedio, stabilito che questo, nel caso di torbidi interni, non potesse essere proclamato che per legge ((73)).

I successivi Governi applicarono lo stato d’assedio piuttosto arbitrariamente ((74)).

Lo stato d’assedio fu per la prima volta organicamente regolalo colla legge 9 agosto 1849 ((75)). Secondo questa legge lo stato d’assedio non poteva essere dichiarato che in caso di pericolo imminente per la sicurezza interna ed esterna (art. 1) e solo dall’Assemblea nazionale (art. 2), salvo se questa fosse prorogata, nel qual caso lo stato d’assedio poteva essere proclamato dal Presidente della Repubblica su avviso del Consiglio dei ministri, coll’obbligo però di informarneimmediatamente la Commissione nominata dall'Assemblea in virtù dell’art. 32 della Costituzione e, secondo la gravità dei casi, convocare immediatamente l'Assemblea, la cui proroga, anzi, cessava. di pien diritto quando era dichiarata in stato d’assedio Parigi; l’Assemblea, appena riunita, deliberava al riguardo (art. 3). Appena dichiarato lo stato d’assedio, i poteri, onde l'autorità civile era investila per il mantenimento dell’ordine e della polizia, passavano tutti all’autorità militare; l’autorità civile continuava tuttavia ad esercitare i poteri di cui l’autorità militare non l’aveva privata (art. 7). I tribunali militari potevano essere investiti (saisis)della cognizione dei crimini e delitti contro la sicurezza della Repubblica, contro la Costituzione e contro l’ordine e la pace pubblica qualunque si fosse la qualità degli autori principali e dei complici (art. 8). L’autorità militare aveva il diritto: 1) di far perquisizioni di giorno e di notte neldomicilio dei cittadini; 2) di allontanare gli individui non aventi il loro domicilio nei luoghi soggetti allo stato d’assedio; 3) di ordinare la consegna delle armi e munizioni e di procedere alla loro ricerca e al loro sequestro; 4) di proibire le pubblicazioni e le riunioni che essa ritenesse tali da eccitare o mantenere il disordine (art. 9).

Nella Costituzione del 14 gennaio 1852, Napoleone III attribuì a sé il diritto di proclamare lo stato d’assedio ((76)).

Ora, la materia dello stato d’assedio è regolata dalla legge del 3 aprile 1878. Secondo questa legge lo stato d’assedio non può essere dichiarato che in caso di pericolo imminente risultante da una guerra straniera o da una insurrezione a mano annata. Solo una legge può dichiarare lo stato d’assedio; questa deve designare i comuni, i circondari (arrondissements)e i dipartimenti a cui lo stato d’assedio si applica e fissarne la durata, collo spirare della quale lo stato d’assedio cessa di pien diritto a meno che una legge nuova ne proroghi gli effetti (ari. 1). Se le Camere siano aggiornale, il Presidente della Repubblica può dichiarare lo stato d’assedio; ma allora le Camere si riuniscono di pien diritto due giorni dopo (art. 2) e, riunite, deliberano sul mantenimento o no di esso; in caso di dissenso fra le due Camere, è levato di pien diritto lo stato d’assedio (art. 5). Quando la Camera dei deputali è sciolta e fino a che le operazioni elettorali non siano compiute, lo stato d’assedio non può, neppure provvisoriamente, essere dal Presidente della Repubblica dichiarato. Tuttavia, se vi fosse guerra straniera, il Presidente può, sull’avviso del Consiglio dei ministri, dichiaracelo stato d’assedio nei territori minacciati dal nemico a condizione di convocare! collegi elettorali e di riunire le Camere nel più breve termine possibile (art. 3). Nel caso in cui le comunicazioni coll’Algeria fossero interrotte, il Governo può, alle condizioni stabilite dalla legge, dichiarare tutta o parte dell’Algeria io stato d’assedio (art. 5).

La legge del 1849 è da quella del 1878 espressamente mantenuta in vigore in tutto ciò che non le è contraria e quindi, poiché la legge del 1878 non li regola, per ciò che riguarda gli effetti della dichiarazione dello stato d'assedio.

La legislazione tedescasullo stato d’assedio si é essenzialmente modellata sulle prime leggi francesi ((77)). In virtù dell’art. 68 della Costituzione dell’Impero, la materia è regolata, per tutto l’Impero, tranne la Baviera, dalla legge prussiana del 4 giugno 1351.

L’art. 68 della Costituzione dell’Impero dispone: «L’Imperatore ((78)) può, quando la sicurezza pubblica è nel territorio federale minacciata, dichiarare in «stato di guerra» (KRIEGSzustand) qualunque parte di esso. Sino alla pubblicazione di una legge imperiale, che regoli le condizioni, la forma di proclamazione e gli effetti di tale stato, vigeranno al riguardo le prescrizioni della legge prussiana del 4 giugno 1851 ((79))».

Secondo questa legge lo stato d’assedio può essere proclamato quando, in caso di guerra, una provincia é minacciata o già in parte occupala dal nemico e quando, in caso di sommossa, vi è imminente pericolo per la sicurezza pubblica. La proclamazione si fa a suon di tamburo e a squillo di tromba e inoltre mediante comunicazione alle autorità comunali, pubblici affissi e notificazione nei pubblici fogli.

Proclamato lo stato d’assedio, il potere esecutivo passa ai comandanti militari ed a questi rimangono soggette le autorità amministrative. Inoltre, le disposizioni, che limitano i poteri delle autorità per ciò che riguarda l’arresto delle persone, la perquisizione delle abitazioni, il sequestro di lettere e di carte, la polizia delle associazioni, delle riunioni e della stampa, possono venir sospese. Tribunali di guerra possono essere istituiti. Per certi reati le pene sono aggravale (morte) ((80)).

Per la Bavieravigono, in virtù della Convenzione federale del 23 novembre 1870 e finché una legge imperiale sullo stato d’assedio non sia pubblicala, le disposizioni delle leggi bavaresi. Il diritto di dichiarare lo stato d’assedio spetterà, dopo la pubblicazione di quella legge, in tempo di pace al Governo bavarese, corrispondentemente, al re di Baviera, in tempo di guerra all’Impero, corrispondentemente, all’Imperatore.

II diritto bavarese distingue lo stato d'assedio militaree lo stato d’assedio civile» —Lo stato d'assedio militare è regolato dalla Ordinanza penale mi li-tare del 29 aprile 1869 e dall’Ordinanza reale del 19 agosto 1813.

Lo stato d’assedio civile è regolato, per le provincia al di quadel Reno, dagli articoli 441446 del Codice penale bavarese del 1813 ((81)); per il Palatinato, dal diritto francese vigente all’epoca della sua annessione alla Baviera. — Secondo il diritto vigente al diquà del Reno il «diritto statario» (Standrecht) o stato d'assedio civile è proclamato in caso di sommossa che solo con mezzi straordinari possa essere domata e quando spesseggino in certe località gli omicidi, le rapine o gli incendi, specie se commessi da bande, ed i mezzi ordinari per ristabilire l’ordine rimangano inefficaci.

In caso di sommossa il governo del circolo deve proclamare il diritto statario d’accordo col Tribunale supremo; nel caso di estremo pericolo, anche da solo; negli altri casi è proclamato dal re dopo avuto il parere del Tribunale supremo e sentito il Consiglio di Stato. Proclamato il diritto statario, la giurisdizione ordinaria cessa per le località e pei reati, pei quali la proclamazione è avvenuta; ai tribunali ordinari sottentrano «tribunali stateri» (Stand-gerichte)composti di tre giudici civili e di tre ufficiali.

Lo stato d'assedio è tolto nello stesso modo in cui è ordinato. Il tribunale statario però può, quando creda raggiunto lo scopo dell’intimidazione, sospendere, sino a decisione superiore, i suoi lavori, con facoltà di riprenderli quando le circostanze siano venute a mutarsi.

Misure di sicurezza straordinariepossono inoltre, in Germania, esser prese in virtù dell'art. 28 della legge contro i socialisti (cosidetto i piccolostato d’assedio»). Nei circoli o nelle località, dove la sicurezza pubblica è minacciata da agitazioni democratico-socialistiche e simili, le autorità centrali (Ministeri) degli Stati confederati possono, coll’approvazione del Consiglio federale e per non più di un anno, adottare le seguenti misure:

1)assoggettare le riunioni al preventivo permesso dell'autorità di polizia ((82));

2)proibire la vendita di stampati;

3)proibire alle persone pericolose alla sicurezza ed all'ordine pubblico il soggiorno in quei tali circoli o località ((83));

4)proibire, limitare o assoggettare a determinate condizioni il possesso, il porlo, la introduzione e la vendita di armi.

Ognuno di questi provvedimenti deve essere sottoposto al Parlamento imperiale immediatamente o come appena sia convocato.

La legislazione austriacasancisce, come misure straordinarie di alta polizia di sicurezza, la proclamazione dello «stato eccezionale»(AUSNAHMEzustand) e del «diritto statario» (STANDrecht).

La proclamazione dello «stato eccezionale» può aver luogo in tempo di guerra o di pericolo di guerra ((84)), poi nel caso di torbidi interni, come pure quando si manifestino estese mene di alto tradimento o costituenti altrimenti una minaccia per la Costituzione od un pericolo per la sicurezza personale. Il provvedimento è preso con deliberazione del Ministero plenario (Consiglio dei ministri) approvata dall’Imperatore. Per esso, le guarentigie della liberti personale, della inviolabilità del domicilio, della libertà di associazione e di riunione e della libertà di stampa, possono, per un certo tempo e in determinati luoghi, essere, in tutto o in parte, sospese. La legge regola minutamente gli effetti di questa sospensione. Essa autorizza inoltre le autorità ad emanare disposizioni di polizia intorno al porto e al commercio di armi e munizioni, ai passaporti, ai luoghi pubblici, agli assembramenti, alle dimostrazioni, all’uso di segni distintivi, ecc. — Le misure di eccezione devono essere sottoposte alla Dieta dell’impero immediatamente o come appena sia convocata; altrimenti, come pure se il provvedimento non sia dalla Dieta approvalo, questo cessa di pien diritto ((85)).

La dichiarazione del (diritto statario((86)) può, di regola, aver luogo solo nei casi di insurrezione, che non possa esser repressa cogli altri mezzi legali. In questo caso il diritto statario è proclamato dal capo della regione d’accordo col Presidente della Corte giudiziaria di seconda istanza e co) Procuratore superiore di Stato; in coso di pericolo nel ritardo, coi corrispondenti funzionari di prima istanza. Il diritto statario può inoltre essere proclamato dal ministro dell’interno di concerto col ministro della giustizia nei distretti dove gli omicidi, le rapine, gli incendi o i reati di ribellione a mano armata spesseggino in modo pericoloso. — Fungono da tribunali statari le Corti giudiziarie civili di prima istanza. La revoca del diritto statario avviene nel modo stesso della sua proclamazione.

[In Italia,lo stato d’assedio, come istituto giuridico sancito e regolato da una legge organica, è sconosciuto. Quando la gravità delle circostanze rende necessario armare il Governo di maggiori poteri, si procede per via di leggi speciali, che attribuiscono al Governo o i cosidetti «pieni poteri» o poteri eccezionali. Così, con legge del 2 agosto 1848, il Governo del Re fu investito durante la guerra dell’indipendenza di tutti i poteri legislativi ed esecutivi con facoltà quindi di «fare, per semplici decreti reali e sotto la responsabilità ministeriale, salve le istituzioni costituzionali, tutti gli atti necessari per la difesa della patria e delle istituzioni»; poteri straordinari che la legge del 16 dicembre 1848 dichiarò poi essere cessati dal 17 ottobre precedente. — Del pari e più precisamente, undici anni dopo, in previsione della guerra all’Austria, si conferirono al Re i pieni poteri con quest’altra memorabile legge del 25 aprile 1859: «Art. 1. In caso di guerra coll’Impero d’Austria e durante la medesima, il Re sarà investito di lutti i poteri legislativi ed esecutivi e potrà, sotto la responsabilità ministeriale, fare per semplici decreti reali tutti gli atti necessari alla difesa della patria e delle nostre istituzioni. — Art. 2. Rimanendo intangibili le istituzioni costituzionali, il Governo del Re avrà facoltà di emanare disposizioni per limitare provvisoriamente, durante la guerra, la libertà della stampa e la libertà individuale».

Nel 1863, stante il brigantaggio che infestava fieramente le provincie meridionali, il Parlamento approvò la famosa legge Picadel 15 agosto, per la quale, fino a tutto l’anno, termine prorogato di poi, nelle provincie infestate dal brigantaggio, da dichiararsi per decreto reale, il Governo ebbe facoltà di istituire compagnie di volontari; i componenti le bande brigantesche, i loro complici e manutengoli vennero assoggettali al giudizio di tribunali militari e secondo la procedura del codice penale militare. I resistenti alla forza armata erano condannati alla fucilazione o, concorrendo circostanze attenuanti, ai lavori forzati a vita o al massimo dei lavori forzali a tempo; quelli che si fossero presentati fra un mese avrebbero avuto la pena diminuita da uno a tre gradi ed anche dopo questo termine il Governo conservava facoltà di alleviamento, essendo ben naturale che esso sia il solo allo a provvedere secondo le esigenze dell’ordine pubblico e della prudenza civile. Gli oziosi, i vagabondi, i sospetti di manutengolismo, in seguito a parere di una Giunta composta del Prefetto, del Presidente e del Regio Procuratore del Tribunale e di due Consiglieri provinciali, potevano esser mandati a domicilio coatto.

Nel 1866, essendo imminente la guerra nazionale coll'Austria, la legge del 1° maggio conferì al Governo pieni poteri in materia finanziaria; quindi la legge Crispidel 17 maggio 1866 vietò ai giornali di pubblicare altre notizie militari che quelle comunicale dal Governo, pena il carcere da 6 giorni a 6 mesi, la multa fino a 500 lire e la soppressione degli stampati. Il giudizio fu devoluto ai tribunali correzionali; l’azione cumulativa venne ordinata contro l’autore, l’editore, il tipografo, il direttore e il gerente. Il Governo ebbe ancora il potere discrezionale di mandare a domicilio coattoper un anno, convertibile in caso di trasgressione in carcere, non solo gli oziosi, i vagabondi e i camorristi,ma eziandio le persone «per cui ci sia fondato motivo di giudicare che si adoperino per restituire l’antico stato di cose o per nuocere in qualunque modo all’unità d’Italia e alle sue libere istituzioni».

Finalmente, nel 1865, intristendo le condizioni della sicurezza pubblica in Sicilia, il Parlamento, sebbene in mezzo a gravissimi contrasti, approvò la legge sancita dal Re ai 3 luglio. Per essa, fino al 1° luglio 1876, nelle provincie, nei circondari e nei comuni nei quali la sicurezza pubblica fosse gravemente turbata, il Ministero dell’interno, sulla proposta di una Giunta provinciale composta del Prefetto, del Presidente del Tribunale e del Procuratore del Re, con un certo procedimento, ebbe facoltà di assegnare un domicilio coatto da uno a cinque anni alle persone sorvegliate dalla polizia. Queste potevano anche esser fatte arrestare dalla Giunta ed era loro negata la libertà provvisoria del pari che alle persone chiamate a deporre e sospette di falsità o reticenza].

La polizia della stampa

Bibliografia. — Per il diritto tedescov. Hoffmann, Storia della censura dei libri,1819; Sachse, Le origini della censura dei libri,1870; Wiesner, Curiosità della censura,1847; Suhletter, Trattato del diritto tedesco in materia di stampa,1846; Collmann, Fonti, materiali e commento del diritto tedesco sulla stampa,1844; Bluntschli-Brater, Dizionario di Stato(articoli di Bratere Pòzlnel vol. VIII, pag. 250 e seg.); Rotteck-Welcker, Lessico di Stato(articolo di Biedermannnel vol. xi, pag. 708). V. pure i Trattatidi diritto pubblico ed amministrativo di Mohl, Ròslbr, Bluntschli, Stein; Thilo, Commento atta legge imperiale tedesca sulla stampa del1874; v. pure i commenti di Schwarze(1874) e di Marquardsen(1875); Berner, Trattato di diritto tedesco sulla stampa,1876; Kayser,Monografia sui reati di stampa, nel Manuale di diritto penale di Holtzendorff,vol. iv; Liszt, Il diritto imperiale sulla stampa,Berlino 1880. — Per il diritto austriacov. Liszt, Trattato del diritto austriaco sulla stampa,1878. — Per il diritto francese e belga: Hatin, Storia politica e letteraria della stampa in Francia, 8 vol., 1859 e seg.; Id., Manuale teorico e pratico della stampa,1868; Id., Bibliografia storica e critica della stampa periodica francese,1866; Ravelet, Codice manuale della stampa,2(a)ediz. 1872; Rottand de Villargues, Codice dette leggi sulla stampa,3 ediz. 1876; Chassan, Trattato dei delitti e delle contravvenzioni in materia di stampa; Parant, Leggi sulla stampa; De Grattier, Commentario atte leggi sulla stampa; Rousset, Xuovo Codice annotato della stampa; De Berny, Concordanze dette leggi sulla stampa. — Per il diritto belgain ispecie: Schuermanns, Codice della stampa,1861 (2 ediz. 1881); Thonissen, La Costituzione belga annotata, &edis. (1876), pag. 77 e seg.; Haus, Principe generali di diritto penale,3 ediz. 1879,1, pag. 289 e seg. — Per il diritto inglese: Lobbeer, l limiti della libertà di parola e di stampa in Inghilterra,1851; Duboc, Storia della stampa inglese,1873; Fischel, Costituzione inglese,2 ediz. 1864; v. pure i lavori di Gneist,Sulla costituzione e sull'amministrazione inglese. — Per il diritto italiano: Crivellar), La stampa,1868; Buccellati, La libertà di stampa,1880; Bonasi, Sulla legge della stampa.

§10. La stampa,come mezzo di comunicare, colla riproduzione meccanica degli scritti, contemporaneamente ad un gran numero di persone ed in luoghi diversi i pensieri, apparisce come il più importante fattore della vita intellettuale di un paese. Essa è anche uno strumento, che secondo l’animo di chi se ne serve può essere impiegato così a giovamento come a danno della comunità. In questa possibilità dell’abuso della stampa e nella attuabilità di un sistema di prevenzione di tale abuso sta la ragione della polizia della stampa. Compito della legislazione sulla polizia della stampa è quello di regolare i poteri della polizia in questa materia in modo che le disposizioni intese a prevenire gli abusi della stampa non riescano di impedimento alla libera manifestazione del pensiero ((87)).

Di quest'ultimo punto di vista il diritto sulla polizia della stampa, nel primo stadio del suo sviluppo non si preoccupò affatto. Esso ricorse senz'altro al mezzo che certo, dal punto di vista esclusivo della polizia, era il più sicuro, quello della censurapreventiva degli scritti, che si volevano riprodurre colla stampa.

La censura importa, per sua natura, una eccezione al principio della libera manifestazione delle idee ispirata dalla considerazione dei modo, ossia, de) mezzo con cui questa avviene, cioè, dell’impiego della stampa ((88)). In questo sistema, la pubblicazione di uno stampato viene subordinata al previo permesso dell’autorità; il rilascio di questo permesso è lasciato al libero apprezzamento dell’autorità amministrativa. La censura si propone non solo di prevenire le violazioni della legge, ma anche di impedire le pubblicazioni che l’autorità censoria ritiene, per qualunque motivo, dannose al pubblico. Or, gli è chiaro come l’esercizio di tale ufficio non avrebbe potuto esser ridotto sotto norme di legge precise, se anche lo si fosse voluto. Epperò, la censura è la negazione della libertà del pensiero e la sua introduzione fu una delle più gravi aberrazioni del legislatore. Mentre si cercava di prevenire l’abuso della stampa, se ne rendeva impossibile l’uso. Questo potere, esercitato arbitrariamente dall’autorità amministrativa, doveva necessariamente condurre alla oppressione della libera manifestazione delle idee scientifiche e politiche, specie quando l’autorità censoria era preoccupata dall’idea che, col permettere la pubblicazione di uno scritto, essa veniva ad assumere la responsabilità del suo contenuto. Al che si aggiungeva che l’esercizio della censura era tal compito, a cui appena erano pari anche i più capaci, non che quelli, a cui sì delicato strumento era affidato. Così andarono perduti per la vita pubblica i vantaggi, che una critica spassionata degli ordini esistenti può arrecare; vantaggi, che specialmente perii Governo assoluto sarebbero stati inestimabili. E a tutto questo si aggiunse ancora che la censura era spesso, specie nei paesi cattolici, esercitala non solo nel l’interesse, fosse por malinteso, dello Stato, ma in favore di un gretto confessionalismo.

E infatti la vera inventrice della censura fu, propriamente, la Chiesa ((89)). La legislazione ecclesiasticaintrodusse primamente la censura alla fine del secolo XV e al principio del XVI (Alessandro VI, Leone X) ((90)). Il potere civile non tardò a seguirne l’esempio (Filippo II di Spagna), in Germaniacon disposizione imperiale ((91)), l’Editto di Worms del 1521. Mentre in Inghilterragià alla fine del secolo XVII la censura era abolita ((92)), in Germania cosi la legislazione, in questa materia specialmente feconda, dell’Impero, quanto quella dei singoli Stati ((93)) vi tennero fermo. Specialmente, a Francoforte sul Meno, una Commissione imperiale per l’esame dei libri doveva sorvegliare la fiera libraria che vi si teneva. Certe velleità liberali dell’assolutismo illuminalo del secolo XVIII((94)) non lardarono a sparire dinnanzi alle paure destate dalla Rivoluzione francese. Nel modo in cui veniva esercitala, la censura, affidala ordinariamente ad un Collegio o Commissione ((95)), diventò una molestia insopportabile cosi per gli scrittori come per il commercio librario. Trattandosi di libri, bisognava di regola, come del resto già la prudenza consigliava, presentare il manoscritto per ottenere il cosidetto Imprimatur. che spesso, specie per il gran da fare che il Collegio censorio aveva, si faceva aspettare assai, quando non avveniva che sparisse addirittura il manoscritto. I libri proibiti erano confiscali e di essi pubblicavansi, ad imitazione della Curia romana, Indici((96)). Perle opere scientifiche si introdusse, qua e li, una tal quale facilitazione coll’attribuire alle Università la censura sulle opere dei loro membri.

Addirittura intollerabile era poi la censura dei libri e dei giornali esteri, che gli uffici doganali o postali dovevano consegnare alle autorità censorie. Cosi, quando si trattava di opere, che i censori non conoscevano ancora, i librai ed i privati non potevano avere le loro commissioni che dopo molto tempo. Spesso i giornali venivano consegnati al destinatario quando già erano vecchi, oppure non si dava loro corso se non dopo averli mutilati, e spesso ancora non si consegnavano affatto. Solo andavano per eccezione esenti da tali molestie le persone di un certo stato e, per regola, le biblioteche pubbliche. — Non c’è bisogno di mostrare qual malefica azione dovesse esercitare sul movimento letterario questo regime di polizia, nel quale la stampa si vedeva trattata non come un elemento di civiltà, ma come una forza nemica dello Stato, di cui ogni passo doveva essere sorvegliato ((97)).

In Franciala censura fu abolita nel 1791 ((98)), ma, dopo diverse limitazioni della libertà di stampa ((99)), ristabilita col decreto del 5 febbraio 1810 ((100)). La 7 Carta del4 giugno 1814 ((101)) sembrò certo ripudiare la censura, ma ciò non. impedì che la si ristabilisse, specie colle famose Ordinanze del ministero Polignac del 25 luglio 1830. Il popolo francese rispose colla Rivoluzione (giornale di Luglio) e la nuova Carta del 14 agosto 1830 scrisse all'art. 8: «La Censura non potrà mai; essere ristabilita» ((102)).

In GermaniaTu prima la Bavieraad abolire, nel 1803, la censuradei libri, mantenendola per la stampa periodica ((103)). L’Atto federale del 1815 pose, all’articolo 18, sul suo programma la pubblicazione di disposizioni uniformi sulla libertà di stampa. Le Risoluzioni federali del 20 settembre 1819 ((104)) e del 26 agosto 1824 ((105)) introdussero invece la censura per tutti i giornali, per le riviste e pei libri che non constassero di almeno 20 fogli di stampa. La Dieta federale inaugurò da quell’epoca, in materia di stampa, il regime prettamente arbitrario, vietando, ad esempio, la diffusione delle opere di certi scrittori («Giovane Germania») e delle pubblicazioni di certe Case. Il Baden fu costretto a ritirare la sua legge, trovala troppo liberale, del 28 dicembre 1831.

In seguito al movimento politico iniziatosi nel 1848, il principio della libertà della stampa ((106)), che Kart. 4 della Dichiarazione (tedesca) dei diritti aveva proclamato ((107)), riuscì ad affermarsi nella maggior parie degli Stati tedeschi, almeno in quanto vi fu abolita la censura ((108)). Altre limitazioni di polizia, come la condizione della concessione per l’esercizio dell’industria tipografica, l’obbligo della cauzione pei giornali, la revoca della concessione in via amministrativa, ecc. furono mantenute. Una Risoluzione federale del 6 luglio 1854 ((109)), non stata però in molti Stati della Confederazione pubblicata e, specialmente, non nei: maggiori ((110)), andò in questo riguardo sino all'estremo limite del possibile.

La Costituzione della Confederazionedella Germania del Nord, poi quella dell’Imperotedesco, estesero la competenza legislativa della Confederazione al regolamento dell'industria tipografica e la Costituzione imperiale anche alla stampa. Ed infatti la materia fu effettivamente regolata parte dall'Ordinamento tedesco delle industrie e dalle relative Novelle, parte dalla legge imperiale sulla stampa del 7 maggio 1874, la quale però non è in vigore nell’Alsazia-Lorena, dove la materia è regolala ancora dal diritto francese ((111)).

In generale si può dire con Bluntschli((112)) che la libertàdella stampa «è diventata il diritto comune dei paesi civili, tranne la Russia. Essa è riconosciuta in Inghilterragià dal 1694 ((113)); negli Stati Unitidell’America fu proclamata dall’articolo addizionale 3 della Costituzione federale; e del pari la proclamarono le Costituzioni della Svizzera((114)), della Norvegia((115)), del Belgio((116)), dell’Austria((117)), della Francia((118)), dell’Italia((119)), della Spagna((120)) e dell’Olanda((121)). Invece la censura dura ancora in Russia((122)).

§ 11. Libertàdi stampa non vuol dire stampa sfrenata. Essa implica naturalmente la responsabilità penale dei reati commessi col mezzo della stampa ((123)). E neppure imporla che si debba rinunziare a qualsiasi misura di repressione. A prescindere dalle norme, parte di natura personale, parte di natura formate, intese essenzialmente ad assicurare la eventuale esecuzione delle pene, piena mente legittima apparisce l’azione preventiva della polizia nei casi in cui trattasi di prevenire un grave danno pubblico, ai quale, una volta avvenuto, difficilmente si potrebbe rimediare. Ma dal punto di vista dello «Stato di diritto» (Rechtstaat)si richiede che queste norme si producano come eccezioni alla regola, che si colleghino a circostanze di fatto ben definite e che l’atto preventivo della polizia sia, almeno successivamente, sottoposto al controllo dell’autorità giudiziaria.

Prodotti della stampa o stampati,nel senso della polizia della stampa, sono a dirsi tutti i prodotti dall'arte tipografica, come pure tutte le riproduzioni, operale con mezzi meccanici o chimici e destinate ad esser diffuse, di scritti o di rappresentazioni figurative, siano o non accompagnate da scritto, e di composizioni musicali con lesto e spiegazioni ((124)).

[Nella stampa medesima però, nota l’Ellero((125)), vi ha una forma peculiare di pubblicazione, la quale impone una distinta considerazione nei trattati e nelle leggi, e questa è la stampa periodica. Razionalmente presi, un libro ed un giornale non differiscono fra di loro; pure il senso comune afferra di leggieri, ancorché nonla sappia spiegare, la differenza che corre tra l'ano e l'altro: volendo rintracciarne le cause, che naturalmente si assidono Balla stessa ragione per cui uno stampato è più grave di uno scritto, parmi le si possano così accennare. Il libro è di consueto più voluminoso del giornale, e quindi possiede minor numero di lettori, e tra una classe la meno pervertitole e meno perniciosa, qua) è quella dei letterati. Quantunque d'intorno al nome famoso di un autore si faccia una certa scuola e clientela, che veggono come una continuità tra' suoi diversi lavori, il libro non ha un pubblico stabile e sicuro, non ha degli alunni e degli adepti che pretenda dirigere a sua posta. Esso è d'ordinario il prodotto di un individuo; non può quindi, come il giornale, essere il portavoce, l’organo(si dice; di una casta, di una fazione, di una consorteria. Il primo non ba modo di procacciarsi uno spaccio cosi sollecito, facile e quasi certo, come ha il secondo, valendosi questo del sistema di associazione, della distribuzione a domicilio e della vendita per le piazze. Quello piace meno di questo (non al dotto certamente, ma al volgo), il quale si accomuna meglio alla intelligenza di tutti per la spigliatezza e il brio delle frasi e colle notizie di cose minute, attuali e vicine soddisfa alla universa brama di chiacchiere, di mode, di curiosità, di novità. L'argomento dei periodici, che per consueto è di politica, di attualità o in somma di questioni, come si dice, palpitantidi interesse, suole facilmente dar esca alle passioni e far cadere in abusi. In fine, mentre i fogli pervengono rapidi e regolari alle mani di tutti e negli eccitamenti popolari specialmente si gridano e si commentano, di guisa che in un baleno possono produrre una commozione cui l'autorità non è più in grado di sedare, i volami giungono lenti e spesso intempestivi, solo col tempo maturano il danno e intanto l'autorità se ne può schermire. Queste cause fanno sì che il giornalismovenga nelle leggi contemplato come una forma più grave di stampa, del paro che questa quale una forma più grave di scrittura, avvegnaché quello condensi come in sé i vantaggi e i pericoli di ogni pubblicazione].

Le disposizioni di diritto amministrativosulla stampa possono raccogliersi sotto duegruppi: disposizioni, che contengono limitazionidella libertà di stampa e disposizioni intese a mantenere l’ordinenella stampa ((126)).

§ 12. Limitazionidella libertà di stampa sono:

1) La condizione della concessioneo «patente» per le stamperie, le librerie e i giornali ((127)). Questa condizione apparisce come una speciale limitazione della libertà di stampa solo in quanto la legge non sottoponga alla condizione della concessione l'esercizio di una industria in genere. Secondo il moderno diritto industriale la concessione costituisce una eccezione alla regola. Correlativo al sistema della concessione per l'esercizio dell'industria della stampa è l'istituto del ritiro della concessione stessa, come provvedimento giudiziario od amministrativo.

Il sistema della concessione o della patente per l'esercizio dell'industria della stampa è, dal punto di vista dei principii, non meno da condannarsi che quello della censura, riducendosi, come giustamente osservò il Brater((128)), ad una censura delle persone in luogo della censura degli scritti.

[Per ciò che è delregolamento delle stamperie, scrive l’Ellero((129)), il problema più arduo a risolvere è quello se ad ognuno ed a qual condizione possa lasciarsi la facoltà di tenere torchi o caratteri e di adoperarli: di tenerli,perché nel semplice possesso si teme l’agevolezza dell'abuso. In tal riguardo vi sono tre sistemi, il primo dei quali risolve negativamente il problema, facendo dipendere la istituzione o conduzione delle officine tipografiche da una concessionegovernativa, da on privilegio, cioè, da un favore, che può essere dato, rifiutato e tolto senza neanche allegarne le cagioni Era il sistema di Francia (sotto l'Impero) e quando gli si arroge anche la determinazione di un numero di officine non superabile, l’indole di un istituto restrittivo e di un monopolio si palesa più a nudo. Anco se non vi fosse ragione a desiderare e a procacciare la concorrenza e la emulazione pel maggior fiore della produzione libraria, non vi si può accedere, giacché è una lesione alla libertà delle industrie lo interdire a chississia lo esercizio di quelle cui si sente adatto. Il secondo sistema limita semplicemente la facoltà con ammetterla soltanto in seguito ad una ricognizionedei titoli degli aspiranti. Il terzo afferma la illimitata facoltà; e questo certamente è il più liberale, ma non si può dire altrettanto che sia sempre confacente. Vi possono essere condizioni sociali così felici da non abbisognare particolari garanzie degli esercenti l'industria tipografica; ma nelle condizioni locali e presenti, come si esigono per parecchie altre industrie (scuole, convitti, farmacie, alberghi, osterie, ecc.), cosi pure si debbono per quella esigere. Sufficienti garanzie sarebbero il domicilio nel Regno, la età maggiore e la esenzione da condanne criminali, e chi, incapace di offrirle, potrebbe dolersi di un rifiuto, so non gli si chiede che la probità e la capacità a rispondere dei propri falli? L'argomento desunto dall'analogia delle industrie condizionate a dati requisiti personali si può soltanto applicare agli stampatori di professione, cioè, a coloro che fanno atti ripetuti e abituali di stampa per chiunque e a fin di lucro; ma vi sono eziandio di private stamperie, le quali non si vorranno interdire e verso le quali conviene e forse più cautelarsì In tal caso la prescrizione dei requisiti nei direttori delle medesime si dee egualmente esigere, per la ragione stessa per cui si sogliono esigere, esempigrazia, nella delazione d’armi: diritto ancor questo comune, e tuttavia soggetto a certe restrizioni, non ai con fermando legalmente in coloro, i quali danno serio motivo di sospetto per essere già condannati in reati di sangue o di violenza, recidivi, banditi, facinorosi»].

La legge tedescanon stabilisce, in generale, per l’esercizio dell’industria della stampa la condizione della concessione ((130)). Esso è regolato dal diritto comune, cioè, dalle disposizioni dell’Ordinamento dell'industria. Solo la Novella del 1° luglio 1883 introdusse una molto oppugnata eccezione per ciò che riguarda il commercio ambulante di stampati collo stabilire che questi debbano essere approvati dall'autorità superiore ((131)); disposizione che, per quanto non si possa negare la legittimità delle considerazioni che l'hanno inspirata, dà pur sempre luogo a temere che sia dall'autorità di polizia male intesa ed applicata ((132)).

La facoltà di esercitare l'industria della stampa o di pubblicare o spacciare stampati non può essere tolta né in via amministrativa e neppure in via giudiziaria ((133)). A questo principio introdusse una eccezione la legge del 21 ottobre 1878 contro le agitazioni socialistiche ((134)), la quale anche dà diritto al l’autorità di proibire le pubblicazioni, nelle quali si manifestino, in modo pericoloso per la pace pubblica e specialmente per il buon accordo delle diverse classi della popolazione, aspirazioni democratiche e sociali, socialistiche o’ comunistiche.

Se la pubblicazione è periodica, la proibizione pronunciala per un numero può essere estesa alla pubblicazione ulteriore. Le pubblicazioni periodiche straniere possono essere proibite soltanto dal Cancelliere. — In certi casi il Cancelliere dell’Impero ha diritto di proibire anche altre pubblicazioni periodiche estere ((135)).

Secondo il diritto austriaco((136)), le industrie e professioni di stampa (tipografie, librerie, ecc., gabinetti di lettura, ccc.) sono soggette alla condizione della concessione o patente. Esse, salvo eccezione consentita dal Ministro dell’interno, possono essere esercitate solo nei luoghi dove ha sede un’autorità politica o di sicurezza ((137)). Sono eccettuate da queste disposizioni le edizioni fatte dagli stessi autori e la pubblicazione di scritti periodici ((138)). Lo spaccio ambulante di stampati è del tutto proibito. — La concessione può essere lolla con sentenza del giudice e, in seguito a certe condanne dei tribunali penali, anche in via amministrativa ((139)).

In Francia,secondo le leggi di una volta, i tipografi, librai e tenitori di biblioteche dovevano ottenere un brevetto. Essi dovevano giurare di non stampare né diffondere scritti contrari al Capo dello Stato e all’interesse pubblico. Il numero delle tipografie era determinato dal Governo. Pei giornali politici e di economia nazionale occorreva la previa autorizzazione governativa. I giornali potevano venire sospesi per un certo tempo o addirittura soppressi in seguito a condanna penale o a ripetute ammonizioni amministrative; e soppressi potevano venire anche «per misura di sicurezza generale»con Decreto del Capo dello Stato. La sospensione o soppressione in seguito a condanna penale furono poi abolite ((140)). — La legge ora vigente sulla libertà di stampa del 29 luglio 1881 ((141)) dichiara l'industria tipografica (imprimerie)e il commercio librario (librerie)liberi; ogni giornale o scritto periodico può essere pubblicato senza autorizzazione preventiva e senza deposito di cauzione dopo la dichiarazione da farsi all’ufficio del procuratore della Repubblica; la circolazione in Francia dei giornali o scritti periodici pubblicali all’estero non può essere interdetta che con una decisione speciale deliberata in Consiglio dei Ministri; la circolazione di un numero può essere interdetta con una decisione del Ministro dell'interno.

§13. La materia degli affissiè quasi dappertutto assoggettata, per ciò che riguarda la polizia della stampa, ad un diritto speciale. Questo diritto disciplina l'affissione, l'esposizione o la distribuzione gratuita di notificazioni, avvisi, appelli, ecc. Che in questa materia si debbano attribuire alla polizia poteri più estesi, apparisce richiesto dalla natura stessa della materia. Trattasi invero di forme di pubblicazioni fatte per agire sulle masse in modo molto più diretto che non facciano le altre pubblicazioni ordinarie per mezzo della stampa ((142)). Un intervento dell’autorità limitato a reprimere l'abuso del diritto fallirebbe, qui, completamente lo scopo, in quanto l’affisso è, in sé, fatto per produrre un effetto rapido e momentaneo ed al pericolo che con questo mezzo di pubblicità si comprometta la sicurezza o si offenda la morale pubblica può ovviare solo ad un'azione di polizia preventiva. Del resto, dati i tanti altri modi leciti, con cui uno può pubblicamente manifestare le sue opinioni, non può dar luogo a preoccupazioni l'attribuire che in questa materia si faccia alla polizia poteri alquanto più estesi.

La materia degli affissi è, nei diversi paesi, regolata variamente. — La legge tedescasulla stampa (§ 30) si rimette, a questo riguardo, alle leggi dei singoli Stati. In alcuni Stati gli affissi, ecc. di carattere politico o, come anche è detto con dizione negativa, gli affissi che non hanno per oggetto l'annunzio di riunioni permesse, gli annunzi non commerciali, ecc. sono del tutto proibiti ((143)); in altri, si richiede per tutti ((144)), o almeno per certi affissi, il permesso della polizia ((145)); in altri, un esemplare della notificazione che si vuol fare dev’essere presentato all'autorità di polizia ((146)). Talvolta anche è disposto che le affissioni possano essere fatte solo in certi luoghi stabiliti dall'autorità ((147)). — La legge francesesulla stampa del 29 luglio 1881 lascia l'affissione (affichage)completa mente libera ((148)).

§ 14. Un trattamento speciale anche sogliono le leggi sulla stampa fare a quello, che i francesi chiamano colportagedi stampati, cioè, alla diffusione di scritti non in un determinato luogo, ma per le vie o in locali pubblici. Il colportage,ossia, la distribuzione di stampati, si distingue dalla vendita ambulante in quanto quella è fatta in uno stesso luogo, questa è fatta andando da un luogo ad un altro.

In questa materia, alle considerazioni relative alla polizia della stampa si aggiungono considerazioni relative alla polizia delle strade. Sotto il primo riguardo, ricorrono qui essenzialmente le stesse considerazioni, che dominano in materia di affissi; tanto che in certe leggi ((149)) la materia degli affissi e quella della distribuzione per le vie di stampati sono regolate nello stesso modo.

Le disposizioni di poliziasulla distribuzione di stampati per le vie (crieur, vendeur, distributeur public)furono specialmente sviluppate in Francia((150)). La legge francese di una volta, ancora vigente nell’Alsazia-Lorena, esige, per la distribuzione per le vie di stampati, il permesso, sempre revocabile, dell'autorità locale di polizia ((151)); poi, per ogni distribuzione, anche se non professionale, il permesso, sempre del pari revocabile, dell'autorità di polizia di Stato (nell’Alsazia-Lorena, del Presidente del distretto) ((152)). — La legge francese del 29 luglio 1881 ((153)) impone ai colporteurssolo una dichiarazione da farsi alla prefettura o, trattandosi di giornali, alla sottoprefettura od alla mairiesecondo che la distribuzione deve essere fatta in tutto l’Arrondissemento solo in un comune. Per la distribuzione non professionale o, come dice la legge, «meramente accidentale», non si richiede la previa dichiarazione. — Secondo l'Ordinamento tedescosulle industrie (§ 43), «chi vuole professionalmente annunciare (gridare), vendere, distribuire, affiggere sulle vie, strade, piazze pubbliche, stampati od altri scritti o immagini, deve ottenere il permesso dell’autorità locale di polizia e questo portare sempre con sé» ((154)). — La legge austriacaproibisce di gridare, distribuire ed offrire in vendita stampati fuori delle località stabilite ((155)).

§ 15. 2) Le interdizioni amministrativedi stampati, come quelle che sono incompatibili col principio della libertà della stampa, non trovano, di regola, posto nelle leggi sulla stampa moderne ((156)). Anche il sequestro amministrativo preventivo può essere ordinato solo in via di eccezione ed alla condizione di immediatamente provocare la definitiva decisione del giudice.

Tali sequestri appaiono giustificati nel caso di violazione delle prescrizioni formatisulla stampa e quando il lasciare che lo stampato si diffonda potrebbe causare un danno irrimediabile alla sicurezza o moralità pubblica. Sotto quest'ultimo riguardo, le leggi sulla stampa o enunciano — e questo sistema merita la preferenza — i casi, nei quali si può procedere al sequestro, oppure descrivono questi casi con una formola generica ((157)).

Le disposizioni di legge limitative del diritto di sequestro sono imposte dalli considerazione che altrimenti la facoltà di sequestro facilmente potrebbe esser fatta servire, in fraudem legis,per ridurre al nulla la libertà della stampi; oltrecché, trattandosi di scritti di un interesse passeggero, quali sono ad esempio i singoli numeri di un giornale, il sequestro, anche se in seguito sia revocalo e si permetta la diffusione dello scritto, può, negli effetti materiali, equivalere ad una soppressione e causare all’intraprenditore della pubblicazione un danno pecuniario grave.

Il famigerato sistema degli avvertimenti, nel quale ogni giornale poteva, per un articolo che non fosse andato a versi dell’autorità, essere ammonito e, dopo un certo numero di avvertimenti, in via amministrativa soppresso ((158)), è oggi, negli Stati costituzionali, abbandonato ((159)).

[Di questo sistema l’Elleroreca il seguente giudizio: — Forse non si può dire che l'ammonizione, la sospensione e la repressione, tutt'e tre ammesse dalla legislazione francese (del secondo Impero) ripugnino assolutamente a giustizia; bensì che un impaccio grave ingenerano e lasciano come pendere una spada di Damocle sulle effemeridi. L’ammonizioneconsiste in un avviso, di regola comminatorio, dato ad un giornale fuorviarne dal cammino retto, acciocché si emendi, o per lo meno si rattenga dai malpassi, se nonvuole dopo codesta umiliazione cadere in peggior guaio. Il guaio che lo attende soci essere la sospensione,cioè, il divieto temporaneo di uscire sino a un dato tempo; il quale seguita dopo due o tre ammonizioni inutili, o dichiarate inutili, e che si può senza previe ammonizioni infliggere in caso di più gravi mancamenti e come pena stante da tè Infine, la soppressioneequivale ad una sentenza capitale, esaurisce ogni possibile ostili» contro la stampa in quanto stampa, uccide il giornale. Tralascio di osservare che queste tali condanne si sogliono comminare in via ministrativa, anzi che in via giudiziale; suppongo che nella seconda soltanto, e pure dico che in un reggimento libero non le si ponno accogliere 0 si considerano sotto l'aspetto della giustizia punitiva e facilmente divengono aberranti,non cadendo già a danno dei delinquenti, ma dei proprietari o comproprietari del giornale, i quali possono essere e sono di frequente estranei al delitto; il che è grave se si considera che la proprietà del giornale costituisce talvolta runico patrimonio di un individuo o di una famiglia. 0 si considerano sotto l'aspetto della legittima polizia di stampa e, se non impongono il silenzio a veruno, certamente lo impongono a un dato organo di pubblicità, ciò che è pure una restrizione posta a tutti; costringerebbero i proprietari a farsi essi i censori degli scrittori per salvarsi da una vessazione possibile, e censori probabilmente più timidi e interessati dei governativi; e cosi non tanto dissuaderebbero dal maleficio, quanto infiacchirebbero l'apostolato della verità -]

La legge francese sulla stampa del 1881 ha completamente rinunziato al sequestro amministrativo.

Una misura che, senza rivestirne le forme di diritto, si risolve, nei suoi effetti, in una vera interdizione, è la esclusione di un giornale dalla distribuzione per mezzo della posta. Questa misura, specie dove i giornali non possono essere fatti recapitare altrimenti che per mezzo della posta, è assolutamente da condannarsi. E invero questo mezzo di molestare la stampa fu dalle recenti leggi postali, anche talvolta con una disposizione espressa, ripudiato. Cosi, la legge postale tedesca((160)) dispone che nessun giornale che si pubblichi nel territorio dell'Impero può essere escluso dalla distribuzione per mezzo della posta e che nel regolare la provvigione (lassa) per la distribuzione e lo spaccio dei giornali tedeschi, la posta non può fare trattamenti di favore ((161)). Del resto, la inammissibilità della esclusione di giornali dalla distribuzione per mezzo della posta viene, anche senza una disposizione espressa al riguardo, da sè, in quanto la posta, entro i termini del suo monopolio, ha l’obbligo di ricevere tutte le spedizioni postali.

§16. 3) Una limitazione della libertà dell’industria della stampa anche si contiene nell'Istituto della cancionepei giornali.

A sostegno di questo istituto fu detto che la cauzione costituisce una garanzia della solidità finanziaria dell'intrapresa; che con essa si vuole impedire che individui, i quali non hanno nulla a perdere, diano vita ad una stampa sovversiva ed immorale ((162)); che finalmente essa è destinata a servire come mezzo di esecuzione delle condanne.

Di queste ragioni la prima e l’ultima sono le più deboli. Non si vede perché lo Stato debba, precisamente per ciò che riguarda la stampa periodica, interessarsidell’avvenire economico dell’intrapresa e richiedere qui una cauzione penale, che in nessun altro campo richiede. Degna di qualche maggior considerazione apparisce la seconda delle accennate ragioni. Se non che la cauzione non impedisce punto il male, che con essa si vuole impedire. Tutt’al più, se moderata, varrà ad impedire che sorgano fogli clandestini; ma, insieme a questa mala genia di giornali, la cauzione colpirà anche tutto quel gran numero di fogli inoffensivi, anzi, in certo modo indispensabili per il basso popolo, di cuinon si vorrà faro meno. Epperò, contro la cosiddetta «stampa assassina»il miglior partito sarà quello di premunirsi cogli altri mezzi di polizia della stampa ((163)).

L’obbligo della cauzione, che la Risoluzione federale del 6 luglio 1854 imponeva ((164)), non fu dalla legge tedescasulla stampa accolto ((165)). Esso durò in Inghilterrafino al 1869 ((166)), in Franciafino al 1881 ((167)) e vige ancora in Russia ((168)) e in Austria((169)). Secondo la legge austriaca deve prestar cauzione chiunque dà fuori una pubblicazione periodica, la quale esca più di due volte al mese e, sia anche per accessorio, si occupi della politica del giorno e tratti questioni politiche, religiose o sociali. Secondo la popolazione del luogo dove il periodico si pubblica, la cauzione è di 2-8000 fiorini; per quelli che non escono più di tre volle la settimana, la metà. La cauzione risponde delle pene e si devolve, in tutto od in parte secondo la gravità del reato, alla Cassa dei poveri quando «qualcuno», e non soltanto colui che dà fuori il giornale, sia, per il suo contenuto, dichiarato colpevole di crimine o delitto. La devoluzione è pronunziali dal giudice penale ((170)). Ove la cauzione venga ad essere diminuita, la si deve, sotto pena di sospensione del periodico, reintegrare entro 8 giorni ((171)).

[Sull'obbligo della cauzionecosì l'Ellero((172)):

— Gli scrittori, che si sono occupati delle istituzioni di buon governo, giudicarci ottimo spediente una garanzia personale o reale data da chi può maggiormente sentire lo stimolo di trasgredire le leggi, sia perché ne abbia agevolezza, sia per un particolare interesse. Come il pegno e la malleveria assicurano la osservanza dei privati diritti così lo Stato in una guisa analoga volle sicuri i suoi, obbligando le persone fornite qualche delicato ufficio o quelle sospettate in causa di processo o condanna a somministrare idonea cauzione. Non si può gettare un biasimo assoluto contro siffatto provvedimento; imperocché, costringere un individuo ad essere leale(dico lealenel senso primitivo di legale)pel timore di un danno certo, cui egli, rendendosi disleale, soggiacerebbe, può secondo le circostanze commendarsi. Tuttavia (per non dire che la sfiducia verso un uomo che non ha motivo di meritarla è alquanto scortese) un tale provvedimento, mentre accusa un non so quale materialismo che crede alla cupidigia meglio che alla probità umana, alle volte risica di offendere la eguaglianza civile. Conciossiaché il povero indarno offerirebbe una cauzione di virtù e d'ingegno; egli sarebbe respinto dal ricco che offrisse una cauzione di denaro.

Si è creduto, ad evitare gli erramenti ed in uno ad assicurare la percezione delle multe, delle indennità e del reintegro delle spese giudiziali, istituire la cauzione anche nel giornalismo, sia che data da editori o da tersi, sia che (almeno in parte) da' gerenti o dalle persone responsabili. Questo è il costante e indigeno uso della Francia ((173)), non solo sotto a' due Imperi napoleonici, ma anche sotto ai regni intermedi, in alcuno dei quali pur ebbe non molto oppressa la libertà. Certo è però che la cauzione, ed ivi ed altrove, collo aumentarsi o col diminuire, e meglio col cessare, segna le sorti o tristi o liete della predetta libertà; e che anzi i popoli, lungi di vedervi una tutela contro gli abusi, più facilmente vedono la tirannia uggiosa del Governo e un monopolio. Forse si deve senz'altro condannare? Non già: di essa, come di tante altre istituzioni politiche, il giudizio non può essere che relativo, poiché essa stessa non importa un’assoluta ingiustizia e può avere secondo i luoghi certa idoneità. Sventurati i paesi e i principi che temono dalla libertà nocumento; ma codesta sventura si può dare, e chi la soffre, o perché la pace non èsolida, o perché non sicuro il regno, deve pure con un minor male al più grave ovviare.

Ed è un male,bisogna constatarlo, perché l’esclusionein ogni industria, e vieppiù in quella del pensiero, fa sì che non tutti i capaci possano partecipare, che i partecipi, se incapaci, mantengano la ignoranza e l'errore, se capaci si degradino e isteriliscano, quando non hanno più gli incentivi della emulazione e della concorrenza, e si privano degli altrui ammaestramenti e sussidi. Invero, l'effetto della canalone è questo che i giornali non si possano fondare se non da coloro che, ancorché inetti, hanno copia di pecunia e per poterla depositare e per poterla perdere, e non da coloro che, ancorché atti, non ne avessero; il che vuol dire in buon volgare che i ricchi hanno diritto di parlare e i poveri no: ora, i sapienti sono di consueto poveri. Specialmente poi se la cauzione è ingente, il danno si aumenta, risolvendosi il diritto di stampa periodica in un privilegio di pochi: privilegio assai strano in quello Stato senza feudi e senza caste che si chiama la repubblica delle lettere.

La impressione popolare è di vedere nella cauzione non già una cautela, ma un mezzo di impedire all'universalità dei cittadini la produzione, la circolazione e la consumazione di quella merce singolare che è il giornale; insomma, di limitare il numero delle pubblicazioni periodiche. E cosi praticamente avviene; laonde questa prescrizione ed altre cotali vengono ad essere non tanto guarentigie quanto oneri ed inceppamenti: non si combatte più la stampa malvagia, si combatte la stampa. Il che se è vero della cauzione, vieppiù lo è di quella imposta che i francesi chiamano timbro,o di altri aggravi più o meno mascherati, si come quello della tassa postaleche, pesando di soverchio sui periodici, ne aumenta il costo e quindi ne diminuisce lo spaccio. Certo, lo Stato ha i suoi bisogni e il diritto di soddisfarli, né qui si niega che un qualche leggero tributo possa porre anche sugli stampati (specialmente quando è il ricambio di un servizio come nelle poste); ma certo è pure che nessuna cosa è meno di questa acconcia a sopportarlo, che il balzello sulla stampa è alla fin fine un balzello che cade sulla intelligenza della nazione — ].

§ 17. 4) Del bollosui giornali,corrispondentemente, sulle inserzionigià fu, dal punto di vista della politica delle imposte, tenuto parola altrove. In quanto allo scopo finanziario si accompagni l'idea di far servire il bollo come mezzo di polizia della stampa, il suo intento è essenzialmente quello, che vedemmo costituire una delle ragioni che si fanno valere a sostegno dell’istituto della cauzione. Epperò, la tassa di bollo sui giornali e sulle inserzioni non è, neppure dal punto di vista della polizia della stampa, da approvarsi ((174)). E ciò che si dice della tassa di bollo è a dirsi anche dell’imposta sulla carta,specie se per la carta dei giornali la imposta sia commisurata in una misura più grave.

La legislazione tedesca,e neppure ('italiana,non conosce tassa di bollo sui giornali. — In Austriasono soggetti a tassa di bollo i periodici che escono una; o più volte la settimana (1 krpei periodici nazionali, 1-2 krper gli esteri) ((175)), tranne le riviste scientifiche, letterarie e tecniche che non ricevano inserzioni o si limitino ad annunzi relativi alla loro materia ((176)). — L'Inghilterranon ha più tassa sui giornali ((177)). — In Franciail bollo sui giornali fu abolito nel: 1870 ((178)) e la legge 4 ottobre 1871 vi surrogò una imposta sulla carta di 10 l per quintale e di 201per la carta impiegata nella stampa periodica.

§ 18. 5) Un ulteriore gruppo di disposizioni è quello delle limitazioniche riguardano il contenutodegli scritti,o nel senso che si possa pretendere certe pubblicazioni, o nel senso che certe altre pubblicazioni siano vietate ((179)). Queste prescrizioni si riferiscono generalmente alla stampa periodica. — Per ciò che riguarda l'obbligo di fare certe pubblicazioni, accenneremo all'obbligo imposto ai giornali che portano annunzi di ricevere e pubblicare, contro pagamento dei diritti d’inserzione, comunicazioni ufficiali ((180)), e all’obbligo, come correttivo della libertà di stampa, di inserire le sentenze di condanna e rettificazioni.

Per ciò che riguarda le rettificazioni, la legge deve naturalmente fare in modo che da una parte un diritto, inteso ad apprestare una difesa contro gli abusi della stampa, non diventi esso stesso un abuso, e dall'altra non possa esser reso illusorio. — Epperò, da una parte è generalmente disposto che la rettifica non possa riferirsi che a circostanze di fatto pubblicate dal giornale cui la rettifica è diretta, e deve a circostanze di fatto limitarsi; che se ne possa pretendere l’inserzione senza pagamento solo entro certi limiti di spazio (spazio occupato dalla notizia che si rettifica, in Austria e Francia; il doppio di questo spazio in Germania e in Italia); oltre quel limite, solo contro pagamento del prezzo d'inserzione; che essa debba essere sottoscritta e non contenere nulla di perseguibile in via penale; dall'altra è disposto che la rettifica debba pubblicarsi entro un certo termine (primo o secondo numero successivo, ecc.) e nello stesso luogo e cogli stessi tipi dell'articolo cui si riferisce. — il diritto di rettifica spetta alle autorità e ai privati ((181)).

[Sull'obbligo della inserzione delle rettifiche cosi l’Ellero((182)):

— Questa facoltà concessa alle persone menzionate in un articolo di obbligare il giornalista alla inserzione gratuita di una loro risposta che (secondo la legge italiana) può essere doppiadell'articolo, sembrami abbisognare di esame. Primamente, gratuita non può essere la inserzione, dacché questa è un servigio edogni servigio, sia pure obbligatorio, vuole un corrispettivo; né può cessare di essere un servigio so nun quando assuma la natura di una pena, la qual cosa qui non si suppone. Poi, non vi è ragione di ammettere che la risposta possa essere maggiore dell'articolo e quindi rompere la parità fra il giornalista e il terzo: se tutte le persone menzionate in un diario rispondessero agli articoli che le riguardano, ci vorrebbero adunque due giornali di risposte per ogni giornale d'articoli. Vero è che non si abusa di un tal diritto e che anzi di raro si usa, giacché le persone hanno altro che fare di rescrivere a tutti gli scritti dei giornali; ma è altresì vero che la legge non deve essere assurda, né ridicola. In fine, aggiungo che, eziandio ammessa la onerosità della inserzione e la dovuta proporzione della medesima, non so trovare la necessità di prescriverne l'obbligo; giacché,© l’articolo cui si risponde contiene qualcosa d’ingiurioso, di criminoso, e allora incombe alla legge penale sancire la punizione e alla civile la riparazione e ai rispettivi giudizi applicarle; o non ne contiene, e allora come vi può esser bisogno di una risposta? Mi par di afferrare il delicato riguardo che ha consigliato agli ordinatori della stampa periodica siffatta disposizione: i fatti svisati, le frasi ambigue e le parole a doppio senso, questi dardi lanciati in fuggendo alla foggia dei Parti, nuocono alla fama dei cittadini e alla riputazione del Governo e non sempre si possono colpire colle sanzioni della contumelia o della calunnia; ad evitare i risentimenti e le vendette, a raddolcire in una guisa gentile l'asprezza del giornalismo, giovano le inserzioni obbligatorie delle proteste. In tal caso però non si deve ammettere un diritto illimitato di risposta; vi vuole una risposta in rettificazione, acui è necessaria condizione che l'articolo contenga alcun che, se non di falso, almeno di erroneo, di impreciso, di ambiguo, che bisogni dissipare — ].

Il divietodi fare certe pubblicazioni può dipendere da considerazioni diverse. Cosi, per considerazioni attinenti all'amministrazione della giustizia si vieta la pubblicazione degli atti di accusa od altri atti di procedura penale prima della loro lettura in pubblica udienza oppure prima della fine del processo ((183)), e la pubblicazione di inviti a pubbliche sottoscrizioni per raccogliere le somme portate da pene pecuniarie inflitte per un reato e delle quietanze dei relativi versamenti ((184)); cosi, in tempo di guerra o di pericolo di guerra può venir vietata la pubblicazione di notizie sui movimenti di truppe, sui mezzi di difesa ecc. ((185)). Su considerazioni politiche anche poggia la proibizione di pubblicare le discussioni segrete dei Corpi parlamentari senza la loro approvazione ((186)).

§19. Delle disposizioni relative alla disciplina della stampa, quelle che impongono l’obbligo della dichiarazioneappartengono essenzialmente alla polizia delle industrieo professioni((187)). Ma spesso a queste norme generali altre se ne aggiungono speciali all’industria della stampa ((188)).

Queste ed alcune altre disposizioni hanno specialmente per scopo di assicurare od agevolare l’azione della polizia e della giustizia ed anche di ottenere garanzie materiali contro l'abuso della libertà di stampa. — A tale ordine di prescrizioni appartengono le seguenti:

1° Ogni stampato deve indicare ilnomee il domiciliodelle persone che concorsero a farlo e pubblicarlo, cioè, o del solo stampatore, o dello stampatore e dell’editore o, in mancanza di un editore, dell’autore o pubblicatore (Herautgeber). Le pubblicazioni periodiche devono anche portare il nome del redattore ((189)). Al qual riguardo anche è disposto che nel caso che vi siano più redattori, anche debbasi indicare la parte che ciascuno di essi ha nella redazione dello scritto ((190)). — Si eccettuano da queste disposizioni gli stampati inservienti unicamente a scopi industriali o commerciali, quelli relativi alla vita domestica o di socievolezza (formolari, listini di prezzi, carte di visita, ecc.), le schede elettorali, le corrispondenze dei giornali litografate, ecc. e le pubblicazioni ufficiali.

Certe leggi francesi non più vigenti in Francia, ma vigenti ancora nell’Alsazia e Lorena, prescrivevano che gli articoli di argomento politico, religioso o filosofico inseriti nelle pubblicazioni periodiche dovessero portare la firma dell’autore ((191)) ed escludevano dalla facoltà di pubblicare di tali articoli certe persone ((192)).

Queste limitazioni sono incompatibili col principio della libertà di stampa; specialmente, la proscrizione dell'anonimato toglie spesso alla stampa la possibilità di segnalare e discutere mali ed abusi. Agli eccessi che possano prodursi è sufficiente correttivo la responsabilità del redattore (gerente).

[Sull’obbligo della sottoscrizione degli articoli di giornale così l’Ellero((193)):

— Non si può non riconoscere la idoneità di tale precetto a impedire gli abusi della stampa, in particolare quelli che non possono sempre venir colpiti dalla giustizia punitiva, le menzogne, le intemperanze, le insolenze degli scrittori. Pericoloso è il rigettare la responsabilità degli atti propri e tutti nel profondo del loro animo sentir devono non so quale sgomento di porsi per questa via sdrucciola, dove il fallire non ha più i ritegni del timor della pena e della vergogna È un grande preservativo al fallire il mostrare scoperta la sua fronte, e un sublime e terribile diletto quando la si mostri scoperta in difesa di una causa giusta e ai perversi si additi il segno dove colpire. Invece, il celarsi, se non è sempre segno di colpa o di viltà o di debolezza, ci avvezza però a non maturare per bene quello che si dice, ci inchina a fuorviare, ci dà un falso potere, e la illusione che ne deriva, e l'onta e il danno. Non ne guadagnano che i malvagi o gli inetti, coloro che vogliono delinquere impuni, che hanno una fama perduta o non hanno fama, i quali imbizzarriscono e infelloniscono quanto più si sentono dannati ad una perpetua oscurità; donde la baldanza, la impertinenza, la sfacciataggine di scrittorelli, il cui nome devono nascondere per non far ridere o impietosire. Specialmente nella stampa periodica, i mediocri e i nulli trinciano a diritto e a rovescio il mondo, giudicano da barbassori i sapienti e i potenti; e guai se il mondo sapesse chi sono, chi sono costoro, che raffazzonano miseri aborti intellettuali senza logica e senza grammatica, e che pur fanno impallidire qualche ministro

Se non che, quali e quante siano le cause, per le quali è desiderabile la firma nei giornali e negli scritti in genere (giacché ciò che gli uni, riguarda eziandio gli altri, ve ne sono altresì di quelle, e più convincenti, che, lasciando intatto all’opinione pubblica il suo giudizio severo intorno alle opinioni anonime o pseudonimo, tolgono alla legge il diritto d'imporre la indicazione del nome degli autori. Vi sono ottimi libri che, dove la si fosse imposta, non avrebbero veduta la luce, né sempre rei sono i motivi che possono consigliare a tacere il nome. Taluno il fa per un puro sentimento di modestia o di timidezza o di utilità, come gli esordienti, come i non curanti di gloria, come tutti coloro infine che, prima di farsi conoscere, attendono trepidanti la decisione dei saggi e la impressione del pubblico. Taluno altro, rivelando il suo nome, riesporrebbe a persecuzioni di mille maniere, all'ira di un potente, alla destituzione da un ufficio, alle vendette di una setta, altresì e troppo spesso ai furori di un popolo superstizioso: questi non hanno coraggio; vogliono però fare il bene senza sacrificio, né il sacrificio si può imporre. Infine, alle volte adottasi l'anonimo o il pseudonimo per una particolar forma di componimento, come lettere che si fingono scritte, dialoghi supposti, opere apocrife, scoverte immaginarie di croniche; nel qual caso si ha un giuoco innocente. Ma al postutto l'autorità non devo indagarne le cause, quando un atto in sé non è pravo; sia pure un capriccio, un mero capriccio che persuada qualcuno a mandar fuori un dettato senza il suo nome o con un falso nome, bisogna rispettarlo. Quanto ai giornali, la firma del direttore può bastare, salvo al costume di avvezzare eziandio gli autori a firmarsi; e basta, perché della responsabilità politica lui solo è tenuto; della criminale è tenuto chiunque vi incorra, dichiari o non dichiari innanzi il suo nome. Ma a tal fine bisogna sradicare un pregiudizio, che i reati di stampa non si possano riconoscere e castigare che quando gli autori indichino negli scritti il nome; quasi fosse necessità che il delinquente avvisasse prima di delinquere: attenti, che questo crimine lo faccio io ((194))— ].

2° Pei direttori e redattoridi pubblicazioni periodiche la legge richiede certe condizioni personali. Secondo la legge tedesca((195)) essi devono avere la piena capacità giuridica, possedere i diritti civici («diritti onorifici civici»: burgerliche Ehrenrechte)ed avere la loro residenza o dimora abituale nell'impero. — La legge austriacarichiede inoltre la cittadinanza e la residenza nel luogo dove la pubblicazione è fatta ((196)). —. Secondo la legge francese((197)) il «gerente che ogni giornale o scritto periodico deve avere, dev’essere cittadino, maggiore di età, avere il godimento dei diritti civili e non deve essere privato dei suoi diritti civili per condanna giudiziaria. — Secondo la legge italiana((198)) può pubblicare un giornale o scritto periodico qualunque suddito del Re, il quale sia maggiore d’età e goda del libero esercizio dei diritti civili, e qualunque società anonima o in commandita e qualunque corpo morale legalmente costituito nei regi Stati.

3° L’obbligo di presentare esemplari degli stampati all’autorità di polizia (corrispondentemente, alla Procura di Stato) mira a porre l'autorità in grado di avere in tempo notizia dei reali di stampa e quindi di spiegare efficacemente la sua azione. Quest'obbligo è imposto o alla stampa in genere, come in Austria ((199)) (per gli stampati che non eccedono i 5 fogli di stampa) e in Italia((200)) (per qualsiasi stampato, senza eccezione), oppure soltanto alla stampa periodica, come nell’Impero tedesco((201)) e in Francia((202)).

[Sull’obbligo del deperito di esemplari cosi l’Ellero((203)):

— Vi è una certa onerosità anche nel debito imposto agli editori dei giornali e in genere agli stampatori di presentare ai pubblici dicasteri una o più copie; ma è si leggera e può essere cori alleviata mercé un compenso, che non merita venire considerata come tale. Lo scopo unico di codesta prescrizione si deve ritener quello di rendere consapevole l’autorità di tutte le pubblicazioni che si fanno, di difficultare la perpetrazione dei reati, di agevolare le investigazioni giudiziarie e in uno di permettere con un sollecito sequestro che si osti al guasto che si potrebbe promuovere; laonde, sotto un simile aspetto considerata, non si può che commendarla. Fra' poteri sovrani c'è ancor quello di un afta ispezionesu' fatti de' cittadini, che escono fuora dalle pareti domestiche; non la ai può quindi rigettare ed anzi la si deve propugnare in cosa che, mentre non arreca grave impaccio ai privati, agevola il pubblico bene. Prescindendo anche dalle necessità della prevenzione e della repressione, i Governi illuminati devono preoccuparsi di ogni opera che veda la luce, come se fosse astro messaggero della sospirata e fulgida luce della verità: devono, per livellarsi al grado di coltura nazionale e mondiale, essere i primi ad avere contezza ed a ricevere ammaestramento dai nuovi lumi che spuntano dalle officine tipografiche. Non so se i Governi abbiano mostrato e mostrino cotanto interesse per le lettere le scienze da consacrare ai nuovi libri quell'aspettazione annoia e amorosa che i cultori delle medesime vi consacrano: forse molti non videro o non vedono nella produzione libraria che un oggetto di lusso; ma i Governi dell'avvenire, io mi confido, avranno di ciò un assai diverso concetto.

A rigore, perché l’autorità fosse in condizione di conoscere tempestivamente il contenuto di ano stampato e specialmente di ano stampato di qualche mole, occorrerebbe che la presentazione di questo avvenisse con precedenza alquanto ragguardevole alla diramazione; ma ciò produrrebbe un grave incaglio, anzi, equivarrebbe alla distruzione delle effemeridi, le quali, come indica il loro nome, hanno appunto una vita effimera, una vita d istanti. Tardate di qualche ora lo spaccio di un giornale quotidiano, ed esso né risponde più al suo titolo, né al suo intento, né alla curiosa attesa dei lettori: per dò, se alla stampa ordinaria si suol prefiggere un deposito anteriore di una settimana, alla periodica non si può prefiggere che di un'ora; forse ancor meno; ci si accontenta di un deposito contemporaneo all'uscita dei numeri. E anche in ciò non bisogna cavillare, constatata la buona fede, né imbarazzare la consegna con imporre pratiche vessatrici: perché sempre è un limite alla naturale libertà, e sempre con dolce modo, anzi con garbato si dee porre, in guisa che non il giornalista sembri ricevere un favore, ma l'autorità da esso lui. Il deposito degli esemplari si suol fare o alla procura fiscale o all'ufficio di buon governo (questura), o ad amendue, e meglio, perché la conoscenza dei medesimi interessa ai ministri della pubblica vigilanza, non meno che a quelli della pubblica accusa —]

§ 19(bi)(s). [Crediamo opportuno aggiungere, togliendoli dall'accurata opera del Bonasi sulla legge della stampa ((204)), alcuni cenni sulla legislazione in materia di stampa di altri importanti Stati d’Europa:

Inghilterra. Nella stessa Inghilterra, che di secoli precorse gli altri Stati d'Europa nella conquista delle franchigie politiche, la stampa non potè affrancarsi dai vincoli della censura se non dopo lunghe e cruenti lotte. Riservata alla Chiesa sino alla Riforma e divenuta poscia prerogativa della Corona, la censura fu esercitata anzi più tirannica mente in Inghilterra che altrove; poiché combinata con un sistema rigoroso di patenti e di monopoli, rese estremamente difficile l’uso della stampa ((205)).

Questo giogo, in un paese dotato di istituzioni parlamentari, per quanto ancora imperfette, doveva riuscire meno tollerabile che negli altri Stati. La stampa infatti nontardò a ribellarsi e provocò le persecuzioni del Governo, le quali raggiunsero l’estrema loro limite sotto il regno di GiacomoI; tempo, nel quale vennero in voga i libercoli e i fogli volanti. La «Camera stellata «(Star Chamber)colpiva le rivolte della stampa colla prigionia, la gogna, il marchio, la mutilazione; barbari mezzi, che furono usati senza misura e senza pietà contro scrittori, stampatori e importatori di libri proibiti ((206)). — Abolita sotto il Lungo Parlamento la «Camera stellata (febbraio 1641), sembrò dovesse sorgere un'era di libertà per la stampa; la quale infatti prese una parte grandissima alla guerra indetta dai Comuni alla Corona. Ma il Parlamento, dopo essersi servito della stampa come di un'arma di partito, fu non meno inesorabile dei re contro gli scrittori ostili al suo predominio e ricorse ben presto (giugno e agosto 1642) a severe misure di prevenzione e di repressione. Né le sorti della stampa migliorarono sotto il Governo della Repubblica, dorante il quale Milton, con uno scritto improntato del suo genio, indarno si provò a rivendicare il diritto della libera manifestazione del pensiero ((207)). La Restaurazione, com'era naturale, richiamò in vigore tutte indistintamente le spietate sanzioni del tempo dei Tudor, le quali sotto il regno di Giacomo II furono brutalmente applicate. E anche quando, spirato il buidella censura (licensing adì,il Parlamento si rifiutò per un momento di rinnovarlo, i giudici non esitarono a proclamare che, in virtù di un diritto consuetudinario, le misure preventive dovevano ritenersi tuttora vigenti ((208)). — Solamente dopo la Rivoluzione del 1688 si inaugurò un sistema di tolleranza, che preparò la via alla definitiva abolizione del licensing act,la quale avvenne nel 1697 ((209)).

S'ingannerebbe per altro ehi dall’abolizione della censura argomentasse subito la emancipazione completa della stampa; in quanto che la repressione, regolata da statuti antichi ed oscuri, lascierà ancora aperto l'adito alle più strane definizioni e così alle più arbitrarie persecuzioni. I reati di stampa erano tutti indistintamente designati colla qualifica di libello,e a questa designazione si attribuiva un senso così effrenato che uno scrittore de) tempo non esitò a definire il libello: uno scritto che dispiaccia a chicchessia. D'altra parte la giurisdizione riservata alle Camere per gli scritti offensivi delle loro prerogative toglieva ogni sicurtà agli scrittori, nessuno dei quali poteva ritenersi al coperto dalle vendette della parte predominante ((210)).

Ad onta di questo la stampa, liberata dalle pastoie della censura, si senti animata di un vigore nuovo. I fogli volanti si moltiplicarono: la loro pubblicazione da saltuaria divenne periodica e alcuni di essi assunsero la forma dell'odierno giornale. La loro influenza, nella lotta dei partiti, divenne tosto preponderante; tanto che, non riuscendo a vincerla né le persecuzioni del Parlamento, fattosi emulo della «Camera stellata», né le inesorabili repressioni delle Corti di giustizia, si pensò per un momento di ristabilire la censura. Ma non consentendo ornai la pubblica opinione il ritorno ad un sistema, che si rannodava ai più odiosi ricordi della storia inglese, si escogitarono nuovi espedienti. Si propose che tutte le pubblicazioni dovessero portare la firma dell’autore per strappare agli scrittori la maschera dell’anonimo (to drop the anonymous mask),ma la proposta fu respinta come non seria((211)). Fu invece nel 1712 accolto per acclamazione dalla Camera dei Comuni ilprogetto d'imporre ai giornali ed agli opuscoli una tassa di bollo, collo scopo mal dissimulato di diminuirne il numero. Questa legge sortì l'effetto desiderato, perché molti giornali perirono ad no tratto o dopo breve vita di stenti.

La potenza della stampa resistette però anche a questa dura prova; ma ben tosto venne attaccata nel suo ultimo trinceramento, vale a dire nella guarentigia, che nei giudizi ordinari essa trovava nell’intervento dei giurati. Mentre infatti al giurì doveva essere poeta la questione se lo scritto incriminato costituisse libello, per eludere la legge si ricorse all’artificio di proporre al giurì semplicemente la questione se l'accusato avesse pubblicato lo scritto dedotto in accusa. Con questo stratagemma il giudizio per giurati era ridotto ad un mero simulacro, perché la questione relativa al carattere dello scritto, che decideva dell’assoluzione o della condanna, veniva riservata al giudice del diritto.

Il pericolo e il danno di questa usurpazione erano enormi, specialmente di fronte ad una legislazione e ad una giurisprudenza che si prestavano ai più capricciosi apprezzamenti Per averne un'idea basta ricordare che anche in tempi a noi più vicini (1812) i fratelli Hunt furono dichiarati colpevoli di libello e condannati ad un anno di carcere e ad un’ammenda ascendente colle spese a 50 mila lire per aver stampato nell’Examinerche il Morning Postaveva un poco oltrepassato la verità chiamando il principe di Galles, allora cinquantenne, un Adone». — La lotta s'impegnò su questo terreno e la stampa faccettò intrepidamente, affrontando persecuzioni non meno fiere delle precedenti. La sua virile persistenza trovò più tardi un’alleanza nelle suscettibilità del giurì, offeso dall'usurpazione dei suoi attributi, ed un aiuto nella pubblica opinione, della quale si resero eloquenti interpreti Erskinenel foro, Fox nel Parlamento. Nel 1792 finalmente una legge ristabilì pei giudizi di stampa le comuni guarentigie.

Ma sventuratamente allora appunto cominciarono i saturnali della Rivoluzione francese; e il timore che le idee sovversive penetrassero nell’isola indusse il Governo ad armarsi di nuove severità contro la stampa; le quali poi sopravvissero alle circostanze che le avevano determinate e prepararono ai giornali nuove battaglie.

Si aumentarono i diritti di bollo,specialmente sugli annunzi; si imposero nuove guarentigie per assicurare la responsabilità degli stampatori; si diede facoltà ai giudici di pace di rilasciate mandati di arresto contro chiunque fosse accusato con giuramento della pubblicazione di libelli sediziosi; si obbligarono gli accusati a prestare cauzione sotto pena di restare in carcere sino all’esito del giudizio; e si iniziò una serie di processi che, non riuscendo a fiaccare la resistenza degli scrittori, condusse il Governo a proporre ed il Parlamento ad approvare nel 1819 le nuove misure di repressione, le quali, al dire di Cornewall'Lewis, ebbero tristissima riputazione sotto il nome di btf dei sei atti (six actes). Per il secondo di codesti atti, alla Corto di giustizia era data facoltà di staggire, in caso di condanna, tutti gli esemplari del libello sedizioso e d infliggere all’editore. se recidivo, rammenda, la prigionia ed il bando; per il terzo, glieditori furono obbligati a dar cauzione onde guarentire il pagamento delle ammende. Questo bill,salvo l’obbligo della cauzione, che fu mantenuto, venne sospeso dopo due anni; e non già perché ai volesse dar tregua alla stampa, ma perché si riconobbe che le antiche leggi penali, giammai abrogate, potevano largamente sopperire al bisogno; e difatti le persecuzioni giudiziarie continuarono senza intermissione.

L’ultimo tentativo di repressione violenta fu fatto nel 1830 coi processi intentati dall'amministrazione presieduta dal duca di Wellington; ma questo estremo aforzo finì per persuadere gli uomini di Stato inglesi che la stampa, come i torrenti, poteva essere guidata da argini, non arrestata da dighe. Da quel tempo in poi non solo non ai ha traccia di vessazioni inflitte dal Governo ai giornali, ma ministri e Parlamento, dopo avere per due secoli considerato il silenzio della stampa come un privilegio ((212))ed una necessità di governo, hanno cominciato a riguardarlo come un castigo. Questa evoluzione era stata lentamente preparata dalla lunga lotta che la stampa aveva dovuto sostenere. Durante il diuturno conflitto, e in gran parte in virtù di esso, l’educazione popolare si era grandemente migliorata ed innalzato il livello della coltura generale. La stampa dal canto suo, per mantenersi il favore della pubblica opinione, sulla quale unicamente poteva fare assegnamento, si era andata a mano a mano nobilitando ed erano divenute ognora più frequenti le pubblicazioni sane, contrapposte agli scritti di carattere volgare. E via via che si dileguarono gli abusi della stampa e le diffidenze del Parlamento e del Governo, scomparvero colle vessazioni giudiziarie anche gli oneri fiscali: il diritto di bollo sui giornali e sugli annunzi, diminuito nel 1833 e nel 1836, fu abolito definitivamente nel 1853 e 1855, e nel 1861 fu tolta la tassa sulla carta.

Il rispetto, che ormai da tanti anni Parlamento e Governo professano per la stampa, fa credere generalmente che in Inghilterra essa goda di una libertà assoluta, o almeno di una libertà incomparabilmente più larga di quella, che le è lasciata negli altri Stati d'Europa. Se con questo s'intende dire che sono state proscritte dalla legislazione inglese tutte le misure di carattere preventivo, si è nel vero; ma cadrebbe in un errore grossolano se si credesse che la repressione vi si sia indebolita. Nel Regno Unito sussiste ancora intatto il vecchio arsenale delle leggi repressive, colle quali si è per tanto tempo potuto fare alla stampa una guerra spietata, e soltanto il contegno di essa impedisce che si scorgano i limiti, che le sono segnati. Educata dalla lunga persecuzione sofferta e tenuta in freno dalle esigente della pubblica opinione, la stampa inglese si è abituata ad avere un profondo rispetto alle istituzioni fondamentali dei paese, ad attaccare con moderazione gli atti degli uomini pubblici, a discutere con rispetto le loro persone, a non sorpassare, riguardo ai privati, i limiti della moralità e della decenza. I rari fuorviamenti della stampa sono dalla stampa stessa severamente condannati, e appunto la rarità loro rende agevole la tolleranza del Governo. La coscienza, che la stampa inglese ba acquistato del proprio ufficio in ragione dell’accrescersi della sua potenza, rende oggi impossibili in Inghilterra i giornali osceni od empi e le pubblicazioni sovversive, la cui violenza e popolarità sono in altri paesi considerate come un pericolo per lo Stato. Del resto, se le leggi inglesi sulla stampa sono da molti anni inerti e, secondo tutte le previsioni, rimarranno tali anche in avvenire, non sono per questo meno feconde di insegnamenti per chi si accinge allo studio di questo ramo di legislazione. Non è certo per la misura e la qualità delle pene che possono utilmente consultarsi le leggi inglesi, né per la definizione dei reati di stampa. Nella stessa Inghilterra, usa a contemperare con savie interpretazioni le leggi ai bisogni, sotto questi rapporti, la legislazione antica riceverebbe un’applicazione nuova. Ciò che è veramente degno di studio è il modo, col quale da quelle leggi viene regolata la responsabilità.

La legge inglese applica in sostanza alla stampa il diritto comune (common law). Scrittori, editori e spacciatori sono chiamati a rispondere delle infrazioni della legge, rispettivamente come autori e complici del reato. Lo stampatore, considerato come strumento materiale, non è chiamato a rispondere se non quando lasci ignorare l’editore o l'autore, nel qual caso è riguardato egli stesso come editore dello scritto; ed eccettuato lo scrittore, tutti gli altri vanno immani da pena ove possano provare di non avere consapevolmente partecipato alla consumazione del reato ((213)). Nel secolo scorso, quando maggiormente infieriva la persecuzione contro la stampa, la giurisprudenza inaugurò la massima che l'editore fosse ritenuto responsabile del fatto di tutte le persone da lui dipendenti e non potesse essere ammesso a provare di averlo ignorato; ma questa deviazione dai canoni del diritto comune fu in seguito (1843) condannata con un atto legislativo, cioè, colla legge sui libelli di lord Campbell'((214)).

Quanto alla stampa periodica, il suo peculiare ordinamento ha condotto all'adozione di speciali criteri per la determinazione della responsabilità. Il giornale è dappertutto, ma segnatamente in Inghilterra, un'opera essenzialmente collettiva. L’editore o compilatore in capo (publisher)rappresenta il giornale nelle sue relazioni cogli uomini politici e col pubblico ed è egli solo in rapporto immediato coi proprietari, quando non sia egli stesso il proprietario. Era quindi naturale che, in omaggio agli stessi principii di diritto comune, la responsabilità di fronte alla legge si concentrasse nel publisher,salva quella dello scrittore ogni qualvolta fosse conosciuto. Come guarentigie preventive non si richiedono se non che la denunzia della fondazione del giornale ed una leggera cauzione. Alla prima condizione si soddisfa notificando al Governo il titolo del giornale, il luogo in coi viene pubblicato, il nome dello stampatore, dell'editore, del proprietario e del publisher,quando non sia, come d'ordinario, egli stesso il proprietario; il nome dei soci, se il giornale sia fondato da una società; ed ai contravventori è comminata una multa di 500 l.sterline. Alla seconda si adempie presentando all’autorità due proprietari di case, i quali si obblighino a pagare tutte le multe ed i rifacimenti, ai quali il giornale possa essere condannato fino all’ammontare di 400 l.sterline pei giornali di Londra e di 300 per quelli di provincia.

Austria. Nell’Impero austriaco la censura, sebbene temperata, specialmente negli Stati ereditari, da inveterate consuetudini di tolleranza, durò fino ai moti politici del 1848. Una sovrana Risoluzione del 15 marzo di quell’anno l’abolì e promise uni legge sulla libertà della stampa, che fa poi emanata nel 29 dello stesso mese con titolo di «provvisoria». Ma parve informata a principi) così illiberali e provocò ci vive opposizioni che il Governo dovette abrogarla prima ancora che fosse attuata. La libertà della stampa, rimasta così proclamata come principio, senza che una legge la disciplinasse, ingenerò gravi disordini, finché il Ministero dovette provvedervi con due ordinanze del 18 maggio portanti l'una un Regolamento contro gli abusi della stampa,l'altra un Regolamento di procedura in affari di stampa.

Amano a mano che il Governo riuscì a dominare le circostanze che gli avevano strappate le concessioni, si andò restringendo con gli altri ordini anche il regime della stampa. A questo scopo furono emanate le Patenti imperiali dei 13 e 14 marco 1849 e quella del 27 maggio 1852 e le Ordinanze ministeriali del 18 agosto 1852 e del 13 novembre 1854. Questo complesso di leggi restrittive resse la stampa fino a che unmovimento politico più profondo e durevole determinò l’adozione delle leggi del 17 dicembre 1862. Tanto nel primo quanto nel secondo di codesti due periodi della legislazione austriaca, il principio fondamentale era l'applicazione del diritto comune ai reati di stampa. Il progresso segnato da questo su quello consiste specialmente nell’abolizione della licenza preventiva richiesta per la fondazione dei giornali, la quale era alligata alla condizione che chi ne faceva domanda fosse «di irriprovevole moralità e di tale coltura scientifica quale si presuppone in chi mettesi a capo di una impresa letteraria» ((215)); e nell’ampliazione dell’azione giudiziaria a scapito delle ingerenze, che prima erano riservate al potere politico. Un'ultima legge del 15 ottobre 1868 sancita per le provincia cisleithane, vi ha introdotte alcune modificazioni accessorie, ma la legge fondamentale è sempre quella del 1862.

Tenuto conto di codeste modificazioni, lo stato presente della legislazione può compendiarsi come segue: i reati commessi col mezzo della stampa, senza distinzione tra la stampa ordinaria e la periodica, sono puniti secondo le regole sancite nel Codice penale e ne rispondono quindi lo scrittore e tutti i cooperatori alla pubblicazione, quando concorrano gli estremi della complicità; e cosi l'imprenditore, l'editore, lo stampatore e il distributore. Per la stampa ordinaria si deroga ài diritto comune rispetto all’editore, il quale, anche non concorrendo i caratteri di una vera e propria complicità, è responsabile di negligenza quando non sappia indicare l’autore dello scritto e questi non sia domiciliato nel territorio austriaco.

Per la stampa periodica le disposizioni eccezionali sono di due ordini: le une preventive, le altre repressive. Le prime consistono nell’obbligo della denuncia e della cauzione. Chi vuole pubblicare un periodico deve darne avviso preventivo al procuratore di Stato ed all'autorità di buon governo (polizia) indicando il titolo del periodico, il tempo della sua comparsa, le materie del programma, il nome e la dimora del compilatore o dei compilatori responsabili, dello stampatore e dell’editore. Le falsità in queste indicazioni sono punite come delitti coll'arresto di una settimana ad un mese e con multa da 50 a 500 fiorini. La cauzione consiste nel previo deposito di 8 mila fiorini se il periodico deve pubblicarsi in Vienna, di 2-4-6 mila se deve pubblicarsi altrove, in ragione della popolazione del luogo. Le seconde, ossia le disposizioni repressive, sono le seguenti: i compilatori responsabili, anche quando non siano autori o non possano essere ritenuti complici, o perché lo scritto sia stato pubblicato a loro insaputa, o perché non abbiano avuto coscienza delle criminalità di esso, sono semprepunibili per negligenza e incorrono la pena di 1-6 mesi di carcere se lo stampato costituisce un crimine, e la multa di 20-200 fiorini se un delitto.

Due disposizioni caratteristiche della legge austriaca sono: 1) che il diritto di pubblicare o mettere in commercio stampati può perdersi: a)per sentenzagiudiziaria, se l'esercente sia dichiarato reo di crimine per uno scritto da lui stampato o messo in vendita, o nel periodo di due anni sia stato condannato tre volte per delitto o contravvenzione di stampa; b)per decretodell’autorità politica «se vi sia ragione a temere un abuso dalla continuazione dell'esercizio»; 2) che uno stampato incriminabile nell'interesse pubblico può essere sequestrato dall'autorità politica anche indipendentemente dall’impulso del procuratore di Stato; disposizione però raddolcita dall'altra, in virtù della quale chi ò danneggiato da un sequestro arbitrario o non giustificato, ha diritto ad essere risarcito dalla Cassa dello Stato (legge 17 dicembre 1862, § 10).

Belgio. Nel Belgio la stampa, fino al 1814, fu retta dalle leggi francesi. Per il tempo successivo, nella sua legislazione bisogna distinguere due periodi: quello della sua unione coll'Olanda, l'altro iniziato colla Rivoluzione del 1830. Quest'ultimo segnatamente è degno di attenzione, poiché, a partire dalla sua emancipazione, il Belgio è forse, fra gli Stati continentali d'Europa, quello, in coi la libertà si è più solidamente costituita e sinceramente esplicata.

Il re Guglielmo, con decreto del 24 marzo 1814, senza far distinzione fra la stampa ordinaria é la periodica, all'art. 4 statuì: «Ciascuno è responsabile di ciò che scrive e pubblica, di ciò che stampa, vende o distribuisce; il solo stampatore è responsabile se i autore non è conosciuto o non può essere designato. Ed all'art. 5: «Ogni scritto che viene alla luce senza nome dello scrittore editore o stampatore, e senza indicazione del tempo e luogo dell'edizione, è considerato come libello, e l'editore o stampatore può essere perseguito come scrittore di libello famoso La legge fondamentale del 24 agosto 1815 all’art. 227 stabili: Ogni autore, stampatore, o distributore è responsabile degli scritti che offendono i diritti così della società come di un individuo». Questa legge, sopprimendo la eccezione del decreto del 24 marzo in favore degli stampatori, pel caso in cui l'autore fosse noto, sottopose lo scrittore e gli agenti ausiliari ai principi! generali del diritto penale; e il Messaggio del 28 settembre 1816 lo dichiarò formalmente in questi termini: «Per conoscere la estensione di questa responsabilità e le forme colle quali si esplica, bisogna aver ricorso alle disposizioni del Codice penale. Sotto l'impero di questa legislazione erano adunque, senza distinzione di casi, simultaneamente colpiti, per ciascun reato di stampa, lo scrittore, l’editore, lo stampatore, il venditore e il distributore. L’applicazione di codesto regime alla stampa periodica riuscì ben presto vessatoria, eperché alla censura governativa si veniva a sostituire quella, forse più ombrosa, degli editori e stampatori; sia perché ogni reato di stampa involgeva un gran numero di vittime; tanto più che il Pubblico Ministero, rincarando sul testo della legge, non esitò ad allargare la complicità, fino ad estendere i processi contro i giornali ai somministratori di fondi ed ai gestori economici ((216)). E siccome la questione della libertà della stampa si identificava con quella della libertà di coscienza e di insegnamento che rendeva i belgi insofferenti del freno della dinastia olandese, così questo abuso della legge sulla stampa, secondo autorevoli testimonianze, contribuì non poco ad affrettare la esplosione della Rivoluzione del 1830 ((217)). È bensì vero che la legge del 16 maggio 1829 e Ultra del 1° giugno 1830 che la completava, furono a ragione considerate come un progresso comparativamente alla legislazione anteriore, ma queste pure non affranca il suo stampatore dal pericolo di essere processato quand'anche l'autore fosse noto.

Avvenuta la separazione, il Congresso nazionale belga, forse ammonito dagli esempi francesi, volle ovviare al pericolo che i partiti succedentisi al potere, modificando i principii fondamentali della stampa, stringessero od allargassero i freni alla stregua delle loro momentanee convenienze. A questo intento il Congresso non si limitò a proclamare astrattamente nello Statuto la libertà della stampa, ma volle determinare in esso le norme sostanziali della legge, alla quale la libertà stessa sarebbe stata raccomandata, adottando la seguente disposizione, che costituisce l’art. 18 dello Statuto: «La stampa è libera; la censura non potrà mai essere stabilita; non può essere richiesta cauzione agli scrittori, editori o stampatori. Allorché fautore è conosciuto e domiciliato nel Belgio, l’editore, lo stampatore o il distributore non possono essere processati ((218)). La disposizione dello Statuto ebbe la sua esplicazione nel Decreto dei 20 luglio 1831, nelle leggi del 6 aprile 1847, 20 dicembre 1852, 12 marzo 1858, combinate eoo alcuni articoli del Codice penale. Queste leggi non fanno distinzione fra stampa ordinaria e stampa periodica; deferiscono tutti indistintamente i giudizi di stampa ai giurati e, premessa la definizione dei reati e la determinazione delle pene, regolano il modo, col quale si attua la responsabilità. E fedeli allo spirito cui s’informa lo Statuto, mirano essenzialmente a punire l'autore dello scritto incriminato; e la stessa responsabilità, che fanno pesare in via subalterna sull’editore e sullo stampatore nel caso che l’editore rimanga ignoto o non sia domiciliato nel Belgio, è diretta a raggiungere codesto intento. È evidente infatti che editori e stampatori, per mettersi al coperto dalle conseguenze penali, hanno il massimo interesse a non accettare scritti da chi, essendo domiciliato all’estero, non potrebbe essere chiamato a rispondere di fronte alle leggi dei paese, ed a premunirsi sempre di prove atte a stabilire la persona dell’autore. E affinché poi questa responsabilità eventuale degli editori e stampatori sia seria ed efficace, essi sono sempre tratti io giudizio anche se abbiano nominato lo scrittore e questo sia domiciliato nel Belgio, e non vengono prosciolti dall'azione fiscale se non quando sia giudicialmente accertato che la persona indicata è veramente l’autore dello scritto. A quest’uopo, prima ancora che si chiegga al giurì se lo scritto dedotto in giudizio costituisca un crimine o un delitto, gli si propone la questione se colui che è indicato come autore lo sia realmente.

Olanda. Nell’Olanda in materia di stampa rimasero e sodotuttora in vigore le leggi, che vi erano state adottate prima della separazione dal Belgio, vale a dire le disposizioni del Decreto 24 gennaio 1814, delle leggi 28 settembre 1816, 16 maggio 1829 e 1° giugno 1830, di cui si è fatto parola a proposito del Belgio. Soltanto, per risolvere alcune gravi questioni sorte dall’applicazione di codeste leggi, nel 3 maggio 1851 furono sancite alcune regole concernenti la prescrizione dell'azione penale nei reati di stampa. Quanto alla giurisdizione, non essendosi nell'Olanda conservato il giuri, tutti indistintamente i reati di stampa sono deferiti ai magistrati ordinari.

Svizzera. In Svizzera la stampa, uscita trionfante dalla lotta contro la censura, ebbe un assetto corrispondente all’ordinamento politico del paese. La Costituzione federale guarentì la libertà della stampa e lasciò ai Governi cantonali la balìa di sancire particolari discipline, salva l'approvazione del Consiglio federale.

Secondo la interpretazione del Consiglio degli Stati si doveva ritenere sancito dalla Costituzione federale: 1) che nessuna censura preventiva potesse limitare la libertà dei cittadini di esprimere le loro opinioni col mezzo della stampa; 2) che i crimini e delitti nascenti dall’abuso della stampa dovessero essere repressi colle comuni sanzioni penali, con questa modificazione soltanto, che ove più persone avessero cooperato ad no reato di stampa, la responsabilità dovesse raccogliersi sopra una sola, la quale però «offrisse sicure guarentigie di una responsabilità seria, morale e finanziaria» ((219)). Ad onta di questa interpretazione, la legislazione cantonale negli ultimi 30 anni seguì due correnti diverse. Alcuni Cantoni mostrarono la tendenza ad escludere qualsiasi misura preventiva, anche la più innocua, e a disarmare, direttamente o indirettamente, il diritto penale comune di fronte alla stampa. Altri invece, impauriti da qualche eccesso della stampa, tentarono di incepparne la libertà con procedimenti, che mascheravano appena la censura preventiva, o inaugurarono un sistema di soffocanti vessazioni giudiziarie o di polizia. Il Consiglio federale però, con una giurisprudenza equanime e sapiente, si è costantemente opposto ai due eccessi, ed è riuscito a ricondurre le legislazioni cantonali entro i confini della costituzione comune.

Quanto alle misure di prevenzione, i Cantoni si sono ridotti a prescrivere o modiche cauzioni, ritenute pienamente conciliabili colla libertà della stampa nel senso della Costituzione elvetica, o il sequestro preventivo, corretto dall’obbligo della denunzia immediata all'autorità giudiziaria ((220)). Quanto alla repressione, pure concentrando la responsabilità in una sola persona, taluni Cantoni, come quello del Ticino ((221)), hanno imposto per le pubblicazioni periodiche la presentazione di un editore responsabile da aggradirsi e approvarsi previamente dal Governo; altri invece, come quello di Zurigo, hanno stabilito la responsabilità successiva o per cascades, chiamando a rispondere in prima linea lo scrittore; quando questi sia ignoto, l’editore; in difetto di questi lo stampatore, costituendoli solidali unicamente riguardo alle spese].

§ 10(ter.)La legislazione sulla stampa in Italia((222)). — In Italia, la censura mantenne il suo imperio fino al sorgere delle effimere e ridevoli repubbliche importatevi dalla invasione francese. Però, se in alcune regioni della penisola la censura era esercitata con estremo rigore, come nello Stato pontificio e nel Piemonte, in altre, come in Lombardia, in Toscana ed in Modena, era improntata di una certa mitezza ((223)). Anche in questi ultimi Stati però le paure suscitate dagli eccessi della Rivoluzione francese avevano fatto stringere il freno, sicché alla discesa delle schiere repubblicane la censura era dappertutto severamente esercitata.

Come in Francia, così in Italia la libertà della stampa sorse e si propagò ex-legeallo scoppiare dei moti politici. Come appena, all’ombra delle armi francesi, sorgeva in una città una larva di governo popolare, una colluvie di proclami e di manifesti celebrava e propagava le nuove idee; e quando in Lombardia e nella Cispadana si ordinarono i governi repubblicani, sorsero in gran numero i giornali, la massima parie dei quali si abbandonò ben presto alla più sfrenata licenza ((224)). Il disgusto dei sinceri fautori della libertà per questi saturnati della stampa trovò un’eco nella prima Assemblea costituente, in seno della quale, discutendosi l’articolo della nuova Costituzione relativo alla libertà di stampa, parecchi vi si mostrarono recisamente ostili, ed altri proposero che almeno gli scrittori fossero tenuti a manifestare i loro nomi. Nei disaccordo delle opinioni, l'Assemblea si limitò a proclamare nella Costituzione la libertà della stampa con una formola analoga a quella usata nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo, rimettendo al futuro Corpo legislativo la cura di disciplinarne l’uso. Ma la legge preconizzala non ebbe vita perché tre mesi dopo la proclamazione della Costituzione, la Repubblica Cispadana si aggregò alla Cisalpina.

Il nuovo Stato emerso dalla unione delle due Repubbliche fu dal generale Buonaparte dotato della Costituzione del 21 messidoro anno l'(9 luglio 1797), nella quale era parimente proclamata la libertà della stampa, salva la responsabilità nei casi preveduti dalla legge (art. 354). E coll’Editto 24 brumaio anno VI (14 novembre 1798) ((225)) il ministro di giustizia Luosi, in nome della Repubblica, vietava gli attacchi contro il Governo e la Costituzione, le calunnie e le invettive contro i cittadini, le offese ai culli e ai principii della buona morale; dispensava gli scrittori dall’obbligo di pubblicare il loro nome, ma vietava ai tipografi di stampare uno scritto qualsiasi, che non fosse munito della sottoscrizione dell’autore, la cui persona e firma loro fossero note; imponeva agli stampatori l’obbligo di depositare un esemplare di ogni stampato agli uffizi di polizia; non prescriveva la revisione preventiva se non che per gli scritti dei forestieri; rendeva responsabile il tipografo, che volesse eseguire nuove edizioni di libri già stampati, delle massime contenute nell’opera. — La Costituzione del 15 fruttidoro anno VI (1 settembre 1798), raffazzonata a Parigi e destinala a surrogare quella dell’anno VI che il Direttorio non aveva voluto sanzionare, proclamava la libertà della stampa, ma sino alla proclamazione di una legge repressiva incaricava il Direttorio di procedere contro gli scritti calunniosi e sediziosi. E nello stesso giorno della pubblicazione di questa Costituzione, l’ambasciatore Trouvé mandato da Parigi, affermando di applicarne le disposizioni, ordinava con un suo Editto che «i giornali ed altri fogli periodici e i torchi che servivano a stamparli erano posti per un anno sotto l'ispezione della polizia, alla quale era data facoltà di proibirli». — Le armi austro-russe posero linea queste vicende, cancellando ogni vestigio dell’effimera repubblica. Le armi francesi però la fecero presto rivivere, ma la stampa fu trattata anch'essa con le leggi della guerra. L'art. 19 del Regolamento di polizia militare del 30 frimale ordinò che «ogni giornalista fosse obbligato a comunicare al comandante di piazza gli articoli che volesse inserire nel suo giornale»; e questa disposizione, congiunta all’altra del 24 messidoro, colla quale si minacciava di chiudere la stamperia e di sequestrare tutti gli esemplari delle opere non comunicate al Governo prima della loro diffusione, venivano a stabilire una vera e propria censura, e delle più rigorose ((226)).

Trasformatasi la Cisalpina in Repubblica italiana, al silenzio della Costituzione del 26 gennaio 1802, imposta dal Buonaparte alla famosa Consulta di Lione ed assolutamente muta in materia di stampa, supplì il Decreto del 21 gennaio 1803, il quale vietava le offese alla religione, alla morale, alla Costituzione, all’ordine pubblico, alle autorità costituite ed ai privati. In quanto alla stampa ordinaria il Decreto del 1803 imponeva che ciascuna pubblicazione portasse il nome dell’autore e in difetto lo stampatore ne fosse responsabile fino a che non avesse indicato lo scrittore. I libri provenienti dall'estero venivano sottoposti alla revisione preventiva e la stampa periodica si nazionale che estera era puramente e semplicemente mantenuta soggetta alla censura. — La franchigia lasciata alla stampa ordinaria fu tolta col Decreto del 27 settembre dello stesso anno, che, sotto forme larvate, instaurava anche per essa la censura, imponendo ad ogni stampatore di presentare all’ufficio di revisione un esemplare di ogni sua pubblicazione nell’atto stesso di metterla in circolazione e dando ai revisori la facoltà di ordinare la sospensione della vendita o distribuzione dello stampato ogni qualvolta vi fosse «fondata presunzione di censura» salvo il ricorso «agli stessi revisori» per un secondo esame. — Un altro Decreto del 14 aprile 1804 dispose che non potesse fruire dei diritti sanciti dalla legge sulla proprietà letteraria (10 fiorile anno IX) l'autore, che non avesse previamente sottoposto il suo manoscritto alla revisione; eccettuati i professori delle Università e degli altri Istituti di pubblica istruzione pei quali bastava l'approvazione del Collegio cui appartenevano.

Sottentrato alla Repubblica italiana il Regno Italico, la libertà di stampa fu regolata colla legge del 17 luglio 1806, informata a principiiabbastanza larghi, specie in paragone della rigorosa disciplina, sotto la quale Napoleone imperatore teneva la stampa in Francia ((227)). La legge proclamava l'abolizione della censura e soppressione dell'uffizio di revisione, dichiarando gli autori responsabili e, ovenon fossero noli, gli stampatori; imponeva l’obbligo della presentazione dei giornali e delle opere nel giorno stesso della loro pubblicazione e istituiva presso il Ministero dell'interno un Ufficio della libertà della stampaper l’esame di tutti gli stampati. L’Ufficio doveva segnalare gli scrittori degni di incoraggiamento e proporre le misure da prendersi contro gli autori o stampatori di scritti contrari al Governo, alle leggi, alla religione e ai costumi. Il Ministro, sul rapporto dell’Ufficio, poteva sospendere la vendita dello stampato fino a più maturo esame e in seguito, se vi era luogo, ordinare l’arresto degli autori e stampatori e la remissione loro ai tribunali competenti. Agli scrittori, che volessero sottrarsi al pericolo di processi, era data facoltà di sottoporre preventivamente l’opera loro all’Ufficio della libertà della stampa. Se, ottenuta l’approvazione, l’opera fosse stata staggita, l’autore doveva esserne indennizzato a spese dei componenti l’Ufficio. — Ma le velleità liberali del Governo non ebbero lunga durata; ché con Decreto del 6 maggio 1807 fu ordinato che «gli autori, stampatori, portatori o distributori di libelli attentatori al Governo o tendenti ad allarmare i cittadini ed a turbare l’ordine pubblico, sarebbero stati immediatamente arrestali e rimessi al tribunale speciale per esservi giudicali conformemente alla legge del 16 termidoro anno V», in virtù della quale i tribunali criminali giudicavano colle forme prescritte dal Codice militare ed irrogamo le pene in quello sancite. — Del resto, nel Regno d’Italia la disciplina della stampa non lardò ad essere pareggiala legislativamente a quella vigente nell’Impero francese col Decreto 30 novembre 1810 che riprodusse a carico degli scrittori e stampatori le esose disposizioni del Decreto imperiale del 5 febbraio 1810 ((228)).

E, quasi tutto ciò non bastasse, un decreto del dicembre 1811 ridusse, come in Francia, ad un determinalo numero i giornali del regno, tanto politici quanto scientifici e letterari, e vietò a questi ultimi di inserire articoli estranei alla loro materia; e con altro decreto dell’11aprile 1812 venne ridotto altresì il numero delle stamperie.

Nel periodo fortunoso ora percorso le vicende della stampa nelle altre regioni della Penisola possono riassumersi brevemente: in tutte, le larve di governi popolari sorte allo espandersi della prima invasione francese proclamarono nei loro Statuti la emancipazione della stampa. — La Costituzione del popolo ligure del 2 dicembre 1797 e quella della Repubblica romanadel 28 marzo 1798 sancivano la libertà della stampa salva la repressione degli abusi da regolarsi per legge; anzi, la seconda, fino alla pubblicazione di una legge repressiva, incaricava il Consolato di procedere contro gli scritti calunniosi e sediziosi. — La Costituzione della Repubblica partenopeaelaborata da Mario Paganoe alla quale il precipitare dei tempi non consenti neppure l’onore di essere proclamata,riconosceva in una serie di postulati metafisici la libertà delle opinioni e della loro manifestazione «in tutte le possibili forme».

Nel secondo periodo del dominio francese le provincie predestinate ad essere aggregate alla Francia furono governate militarmente anche rispetto alla stampa hoal momento della loro annessione, dopo la quale subirono le leggi dell’Impero ((229)).

L'autonomia apparente del reame di Napoli non procacciò alla stampa sorti migliori. Il re Gioachino non si indusse a riconoscere il diritto dei cittadini alla libera manifestazione delle loro opinioni se non che nello Statuto strappatogli dai disastri del suo esercito e pubblicato a Napoli il 30 maggio 1815 e così due giorni prima del ritorno dei Borboni.

Prima che dal re Murat, la libertà della stampa fu riconosciuta in Sicilia, non tocca dagli influssi della invasione francese. Nella Costituzione del 1812 imposta dall’Inghilterra a re Ferdinandola libertà della stampa non era soltanto riconosciuta in massima, ma regolata da una vera e propria legge organica, nella quale erano definiti i reati, determinate le pene e stabilita la giurisdizione. Abolita h censura, tranne che in materia religiosa, per la quale era mantenuta la censura preventiva a termini del Concilio di Trento ((230)), la Costituzione obbligava il tipografo a far sottoscrivere dall’autore, in presenza di due testimoni, lo scritto da pubblicarsi e lo dispensava dal palesare il nome dello scrittore fino a che non ne fosse ricercato dal giudice ordinario ((231)). Se il tipografo non si metteva in grado, colle indicate formalità, di stabilire chi fosse veramente l’autore, o se ricusava di palesarlo, era passibile egli stesso della pena comminata. Se l’autore rimaneva ignoto, col tipografo erano responsabili l’editore o chi aveva consegnato il manoscritto.

Al compiersi però della Restaurazione del 1815 fu ripristinata pura e semplice la censura, la quale però nel Lombardo-Veneto e nella Toscana, pure allargando o stringendo il freno secondo i tempi, rimase sempre improntala di certa tolleranza. A Milano, nel periodo corso dal 1830 in avanti, era nato un grande movimento artistico e letterario prodotto dalla riunione di varie circostanze e di molti uomini distinti che vi erano concorsi; tanto che,al dire del Cantù, la metropoli lombardaacquistò il titolo di Atene italica. «Che se, aggiunge l’illustre storico, il governo non favoriva gli ingegni, la stampa v’era meno inceppata che altrove, sebbene contro revisori o ignoranti o malignibisognasse spesso reclamare a Vienna, d’onde le decisioni venivano assai meno, ignobili, ma così lente da equivalere ad un divieto.Pure in questo regno si producevano e stampavano opere nel resto d’Italia proibite e attivissimo correva il commercio di libri forestieri» ((232)). In Toscana poi la massima del lasciar correre adottata dal governo fino dai primi anni della restaurazione aveva portato ad una tolleranza che quasi teneva le veci della libertà ((233)). Negli altri Stati la censura fu gretta e dispotica, e si fece sempre più inesorabile man mano che scoppiarono i moti politici di Napoli, dei Piemonte, di Modena e delle Romagne. Non solo in tema di politica e di religione, ma nelle stesse materie scientifiche e letterarie divenne assolutamente impossibile la manifestazione dei più innocenti pensieri che non fossero perfettamente conformi alle idee del governo, e le menome deviazioni furono considerale come un crimenlese. In qualche Stato questa dura condizione di cose riusciva doppiamente dolorosa per la sconcia libertà lasciata agli apologisti del governo di sfidare, colle loro quotidiane diatribe, la pubblica opinione. A meno che non fossero di questa' tinta, le effemeridi politiche non erano permesse e non era dato in pascolo alle popolazioni che il giornale ufficiale; e aNapoli bisognava persino guardarsi dal leggerlo con soverchia assiduità per noncadere in sospetto di eccessiva propensione per la politica. Dal 1815 al 1848 la sola disposizione legislativa nella Penisola propizia alla stampa fu quella scritta nella effimera Costituzione napoletana del 1820, la quale annoverava fra i diritti del Parlamento la facoltà di proteggerne la libertà ((234)) ed abolendo la censura limitava la responsabilità ai casi da prevedersi nella legge ((235)).

Nel 1848 tutti gli Statuti affrancarono la stampa da ogni vincolo preventivo riservando la promulgazione di leggi repressive. Ad eccezione per altro di quelli del Governo siciliano ((236)) e della Repubblica romana ((237)), conservarono lutti la censura ecclesiastica, con questa sola differenza che la Costituzione pontificia ((238)) la manteneva secondo le regole stabilite dalle disposizioni canoniche; quelle di Napoli ((239)) e Toscana ((240)) si limitavano agli scritti che trattavano ex profittodi religione, e quella del Piemonte ((241)) la restringeva alle Bibbie, ai catechismi ed ai libri liturgici e di preghiera ((242)).

L'Editto di Carlo Alberto del 26 maggio 1848, predestinato a divenire in materia di stampa il giure comune degli Italiani, prescrive alcune misure di polizia comuni a tutte le pubblicazioni, e cioè l'indicazione del luogo, della data, della tipografia e la presentazione della prima copia al magistrato ((243)).

In quanto alla responsabilità, sottopone ad un diverso trattamento la stampa ordinaria e la stampa periodica.

Quanto alla stampa ordinaria, pone in prima linea la responsabilità dell’autore; se egli non sia sottoscritto o altrimenti conosciuto, tiene responsabile l'editore; in difetto di questo il tipografo. «Come si vede, scrive il Bonasi((244)), è puramente e semplicemente il sistema della responsabilità d cascadesadottato tanto per la stampa ordinaria quanto per la periodica dalla legislazione belga pel 1830, con lutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti. Il maggior pregio della legge belga sta nel far pesare la responsabilità principalmente sullo scrittore, che in sostanza è l’autore vero del reato, e nel giovarsi della responsabilità subalterna dell’editore e dello stampatore per riuscire alla scoperta dell’autore, subordinando la impunità di costoro alla condizione che provino chi sia fautore. Un altro pregio sta nel rimuovere il pericolo che la censura ricada nelle mani degli editori e dei tipografi, giacché sapendo di essere immuni da ogni responsabilità qualora provino chi sia l’autore, essi non hanno interesse, una volta che siansi muniti delle necessarie cautele, di erigersi a giudici della pubblicazione e dei suoi rischi. Il difetto principale invece di questa legge consiste nell’addossare all’editore ed al tipografo la stessa responsabilità dell'autore ove questi non sia conosciuto. Si comprende che sia minacciata una pena in questo caso al tipografo ed all’editore in quanto si possa presumere la loro mala fede e in ogni modo per creare nei medesimi l’interesse a premunirsi della prova atta a stabilire la persona dell’autore, ma non si comprende comi, indipendentemente dal concorso di altre circostanze atte a stabilire la loro complicità, essi debbano addirittura essere collocati al posto dello scrittore contro la regola secondo cui ciascuno è tenuto a rispondere soltanto del fatto proprio e del fatto altrui solo in ragione della propria partecipazione. Di questa considerazione la legge italiana tien conto solo per il tipografo, rispetto al quale hastatuito che non si possa procedere pei semplice fatto della stampa, e uve non consti che egli abbia operato scientemente e io modo da dover essere conside rato come complice. D'altra parte la legge italiana ha trascurato una precauzione essenziale, che nella legge belga è diretta a rendere veramente efficace la eventuale responsabilità degli editori e dei tipografi e ad impedire la intrusione dei presta-nomi: la disposizione cioè che editore e tipografo debbono sempre essere tratti in giudizio coll’autore e non prosciolti se non quando sia stato giudiziariamente accertato che la persona indicata è veramente l’autore dello scritto» ((245)).

In quanto alla stampa periodica,il sistema della legge italiana si riassume in un unico concetto, vale a dire nella creazione del gerente responsabile Tutte le azioni penali sono dirette contro di lui e non si estendono all’autore se non che nel solo caso che egli abbia firmato lo scritto. Or come, in rapporto a questa creazione, la legge italiana abbia frainteso uno degli istituti fondamentali delle altre legislazioni, così dimostra il già citato Bonasi((246)).

«Il legislatore ha creduto di camminare sulla legislazione inglese e francese I istituendo il gerente responsabile, ma ne ha falsato essenzialmente il concetto! In Inghilterra è responsabile il publisher;ma questi è il direttore effettidel giornale, quegli che scrive o fa scrivere tutto ciò che vi si pubblica, di guisa che nessuno scritto può venire in luce nel giornale senza che sia stato com messo, od almeno riveduto ed approvato da lui ((247)). In Francia fu pure istituii il gerente responsabile colla legge del 18 luglio 1828, ma collo stesso carattere e colle identiche attribuzioni del publisheringlese ((248)). Secondo queste due legislazioni pertanto la responsabilità del gerente rispondeva alla realtà delle cose ((249)) e presentava una guarentigia efficace a chi venisse leso dal giornale nell’onore o negli interessi. La legge italiana, invece, non richiedendo nel gerente se non che la maggiore età e il libero esercizio dei diritti civili, ha, senza avvedersene, sancita una vera mostruosità giuridica e morale. Secondo la. sua disposizione infatti può essere, ed è pur troppo, costituito gerente del giornale chi non solo non ha autorità per impedirvi la pubblicazione di uno scritto, ma neppure la intelligenza per comprenderne il senso, se pure ha la volgare abilità di leggerlo» ((250)).

Ma più ancora che per aver falsato il concetto del gerente e creata una finzione immorale ed assurda, la legge italiana è meritamente fatta segno ai più acri rimproveri per avere spinto tant’oltre cotesta sua finzione da assicurare l’impunità all’autore, tranne il solo caso che egli abbia firmato lo scritto; di guisa che se egli sia altrimenti noto e perfino se con altra pubblicazione rivendichi la paternità dello scritto incriminato, va immune dalla pena, la quale ricade esclusivamente sul gerente ((251)).

Però, aparte il difettoso regolamento della responsabilità penale per ciò che riguarda la stampa periodica, il regime della stampa è, in Italia, informato, sostanzialmente, ad un principio di larga libertà. «In Italia, diremo col Palma ((252)), molte cose sono vietale dalla legge alla libera stampa, ma i limiti si giustificano trattandosi di veri reati contro l'ordine giuridico, politico, morale e sociale. La stampa non deve essere impedita nella libertà della discussione scientifica delle religioni, dei governi, della sovranità, della proprietà, dell’ordinamento della famiglia e simili; ma altro è l’analisi e la critica scientifica, indispensabile alla libertà ed al progresso dello spirito umano, la censura dell’operaio della pubblica autorità, altro è l'offesa alle credenze, al diritto, all'onore altrui, la provocazione a commettere reati contro Re, Papi, Camere, contro la costituzione dello Stato, ovvero contro i privati cittadini. Da noi si possono fare delle giuste critiche sopra alcuni particolari, per esempio, sulle sottoscrizioni per indennizzare i colpiti di condanne giudiziarie. Queste sicuramente dovrebbero essere punite, essendo le decisioni della giustizia emanazioni della legge, si offende essa legge quando si glorifica ciò che i tribunali hanno condannato esi cambia la condanna in trionfo. Ad ogni modo in Italia, specialmente quando si considera la larghezza con cui la legge della stampa è stata ed è interpretali, larghezza che da molti si biasima e deplora come vera non esecuzione della legge stessa, la sua libertà è così ampia che ragionevolmente non potrebbe esser maggiore».

La libertà di movimento (Freisugigkeit) e le sue limitazioni per motivi di polizia di sicurezza

§20. Le misure di polizia di sicurezza dirette contro l'individuo assumono naturalmente la forma di limitazioni della libertà di dimora e cosi di una intromissione della polizia nella liberti di movimento dell'individuo.

La «libertà di movimento» (o «di stanziamento», Freizugigkeit) consiste nel potere l'individuo prendere momentanea dimora o stabile residenza in qualunque località di un dato territorio.L'esservi in uno Stato libertà di movimento Don vuol dir altro se non che essa non vi è dalla legge assoggettata, di regola, a nessuna limitazione; e cosi, giuridicamente, essa esprime qualche cosa di negativo. In sé, la libertà di movimento non è punto un diritto accordato dallo Stato, bensì è la facoltà, spettante per natura a ciascuno, di andare da un luogo ad un altro, in quanto non ne sia in qualche modo impedito. Certo, anche il diritto alla libertà di movimento figura fra i cosidetti «diritti del cittadino», ma questi, per quanto vi trovino la loro espressione principii legislativi importanti, non sono punto diritti soggettivi. Essi dicono soltanto che questo o quell'atto, che l'uomo può per natura e come essere libero nelle sue azioni; compiere, non gli è dalla legge interdetto. Ed il legislatore non sarà condotto a dichiarar questo expressis urbisse non quando toglie limitazioni prima esistenti ((253)).

Néè senza importanza l’insistere su questo; né, come appunto vedrassi a proposito della libertà di movimento, si accresce sicurezza ai diritti del cittadino col rivendicar loro il carattere di diritti particolari.

La libertà di movimento, nel senso che la facoltà dell'individuo di recarsi da un luogo dello Stato ad un altro deve in generale essere illimitata, è un principio di molta importanza economico-sociale((254)). Sotto questo riguardo essa presenta in ogni caso il vantaggio negativo che lo Stato non interviene, con misure inopportune, nel movimento economico. Certo, è forza eziandio riconoscere che raffermarsi della libertà assoluta di movimento anche può riuscire ad effetti economicamente dannosi ((255)); ma sarebbe un errore il rendere di tali perniciosi affetti responsabile la libertà di movimento per se stessa, in quanto il tramutarsi degli individui da un luogo ad un altro essendo un fatto che può dipendere da cause diverse, se da tale fatto derivino inconvenienti, questi non nella libertà di movimento come tale vogliono essere ricercati e combattuti, ma nei moventidel suo esercizio.

Or, qui viene ad avere importanza il concepire che si faccia la libertà di movimento come qualche cosa di datodalla naturao come qualche cosa di creatodal diritto. Se, come a me sembra, vuoisi nella libertà di movimento vedere qualche cosa di dato dalla natura, allora, se anche lo spostamento locale della popolazione sia accompagnato da congiunture dannose per la economia sociale, non si potrà di queste accagionare la legge e dire che di quei mali ha colpa la legge per aver essa riconosciuto la libertà dell’individuo di risiedere dove meglio gli piaccia ((256)). In date circostanze potrà la legge avere la responsabilità di tali mali, ma per altri motivi, non per questo; ché la libertà di movimento non è un diritto creato da lei, ma esiste per natura. Solo può esser questione di vedere se vi siano ragioni per cui lo Stato debba intervenire nell'esercizio di questa facoltà naturale per impedirlo o almeno regolarlo. E questo intervento si può concepire sotto dueforme: o come provvedimento individualemotivato da cause che sono nell’individuo, o come provvedimento generale,consigliato da considerazioni attinenti all’interesse dello Stato. Alla prima specie di limitazioni della libertà di movimento appartengono tutte quelle dipendenti da motivi riguardanti la polizia della sicurezza individuale; sebbene altre ve ne possano essere dipendenti da altri motivi, ad esempio, da considerazioni attinenti all’assistenza dei poveri. Ma in quanto trattisi di toccare con norme generai al principio della libertà di movimento, vuoisi attendere a quanto abbiamo più sopra osservato, che cioè il trasportarsi che gli individui fanno da un luogo ad un altro è un fatto dipendente da cause svariatissime. Epperò, se questo movimento sia accompagnato da mali, questi il legislatore dovrà curare non nel movimento stesso, ma nelle cause da cui esso dipende. Qualsiasi limitazione adunque diretta e generale della libertà di movimento per opera del legislatore, è un errore ((257)), come quella che non colpisce ciò che con essa si vuole colpire ed offende una delle più preziose conquiste dello Stato moderno. Lo Stato, se pur non voglia avventurarsi ad interventi nella vita sociale del paese, le conseguenze dei quali spesso sfuggono ai suoi calcoli, dovrà, quando creda sia il caso, star pago ad agire sul movimento locale della popolazione solo indirettamente, cioè, ad agire sulle cause, da cui quel movimento è determinato. Or, questa sorta di provvedimenti non sono punto, nel senso giuridico, limitazioni della libertà di movimento ((258)).

§ 21. Lo Stato modernoassorse al principio della libertà di movimento non senza difficoltà.

Perciò che riguarda la Germania,il principio della libertà di movimento (freierZng)ben era ai tempi del vecchio Imperoriconosciuto a tutti gli appartenenti ad esso ((259)); ma questo riconoscimento aveva un valore più teorico che pratico. Per la popolazione agricola servile,quella libertà, essenzialmente, non esisteva; le leggi dell'Impero e dei singoli Stati la limitavano e la riducevano pressoché a nulla con mille eccezioni; i Comuni potevano renderla illusoria col proibire o sottoporre a gravi condizioni lo stanziamento di estranei nel loro territorio ((260)). ITerritorii, specie i maggiori, si consideravano a vicenda, perciò che riguardava la migrazione, come paesi esteri e questa limitavano col richiedere il permesso di emigrazione e con tasse. Il periodo della «Confederazionerenana (Rheinbund)» si rimase essenzialmente a questo. L'Atto federaletedesco (articolo 18 i) non accordò ai «sudditi degli Stati della Confederazione tedesca» che una libertà di movimento molto limitata, cioè, la libertà di andare in quell'altro Stato della Confederazione «che si provasse essere disposto ad accoglierlo come suddito», poi (art. 18 c)«la esenzione da ogni tassa speciale, in quanto i beni passassero in un altro Stato della Confederazione e non vi fossero con questo convenzioni speciali al riguardo» ((261)). — Per ciò che riguarda i singoli Statidella Confederazione, il principio della libertà di movimento si affermò, ad esempio, nei regni di Prussia e di Sassonia ((262)). La Costituzione della Confederazione della Germania del Nord, poi quella dell’Impero tedesco(art. 3) e la legge sulla libertà di stanziamento del 1° novembre 1867 sancirono per tutto l’Impero tedesco il principio della liberti di stanziamento e di residenza come principio di diritto comune. Secondo il § 1 della legge del 1867 ogni appartenente all’Impero può momentaneamente o durevolmente rimanere ed acquistare immobili in qualunque località del territorio federale dove esso possa procurarsi una abitazione od un ricetto proprio.

Questo diritto può venir limitato dallo Stato nell’interesse della polizia di sicurezza e dal Comune nell’interesse dell’assistenza dei poveri, ma solo nei casi stabiliti dalla legge.

In Austria,la libertà personale e di movimento è garantita dalla legge fondamentale dello Stato. La libertà di movimento della persona e dei beni nell'ambitodel territorio dello Stato non è soggetta a nessuna limitazione; ogni cittadino può prender dimora e stanza in qualunque punto del territorio, acquistarvi immobili, disporne liberamente ed esercitarvi, sotto le condizioni stabilite dalla legge, qualunque professione ((263)). Nessuno, che non vi sia obbligato per legge, può esser costretto a risiedere in un determinato luogo o territorio («internato», «confinato»). Parimenti, nessuno può, fuori dei casi stabiliti dalla legge, essere da un determinalo luogo o territorio espulso ((264)). Oltre a queste eccezioni stabilite per motivi di sicurezza pubblica, appartiene ai Comuni un diritto di espulsione contro le persone straniere al luogo, che cadono a carico della beneficenza pubblica od hanno una condotta pregiudicata ((265)).

Che in Inghilterrail principio della libertà di movimento sia come sottinteso, appena occorre dirlo ((266)).

In Francia,prima la Costituzione del 1798 garanti ad ognuno «la libertà di andare, rimanere e partire», e questo principio, se anche assoggettato sotto le diverse forme di governo a diverse limitazioni di polizia, rimase però in seguito, specie per ciò che riguarda la libertà di movimento economico, invulnerato.

Anche lo Statuto italiano assicura, colla libertà personale, la libertà di movimento.

§ 22. Le misure di polizia di sicurezza dirette contro l’individuo ricorrono specialmente, se non esclusivamente, nella forma di limitazionedella libertà di movimento,quindi come divietoo assegnazionedi domicilio in un determinato luogo (confino, internamento, domicilio coatto). Oltre a queste limitazioni, è a farsi cenno, come misura di polizia di sicurezza relativa agli individui, della «malleveria di pace» (FRIEDENSBürgschaft).

I vecchi istituti di questo genere appartengono più alla storia del diritto penale che non a quella del diritto amministrativo. L’antico diritto tedescoconosceva, come misura di sicurezza contro la violenta perturbazione dell’ordine pubblico, il «confino» (Vcrstriclang)((267)), la Urfehde((268)) e la prestazione dellacauzioneo sicurezza. La Carolina((269)) disponeva che questa potesse essere richiesta nel caso di rottura della Urfehds,di minacciata ripetizione di un delitto, e, in genere, sempre quando fosse luogo a temere che taluno volesse compiere contro altri una violenza.

Il diritto modernoha con ragione rinunziato a quei vecchi istituti del confino e del l’i si terna mento, in quanto quell’obbligare uno a risiedere in un determinato luogo, specie se in quello del commesso reato, potrà avere qualsiasi altro risultato tranne quello di fare di chi è colpito da tale misura un membro utile della società.

Surrogato, in forma più mite, di questi istituti è la sottoposizione alla sorveglianzadella polizia. Questo istituto di polizia di sicurezza si è svolto primamente in Francia((270)). Un Decreto del 19 ventoso anno XIII concernente la residenza dei forzati liberati, obbligava i forzati a dichiarare, al momento del loro rilascio, in quale Comune volevano prendere stanza ((271)) e li poneva sotto la sorveglianza della polizia locale. Il Decreto del 17 luglio 1806 rese più rigorose queste prescrizioni col dare al ministro di polizia il diritto di imporre o interdire a tali persone la residenza in un determinato luogo. — 11 Codice penale regolò in seguito la materia minutamente. Secondo le sue prescrizioni erano soggetti alla sorveglianza della polizia per tutta la loro vita i condannati ai lavori forzati a tempo ed alla reclusione; e vi erano soggetti per un tempo eguale a quello della pena i condannati al bando; finalmente, vi erano soggetti i condannati per crimini o delitti contro la sicurezza interna od esterna dello Stato e quelli rispetto ai quali tale misura era consentita da una legge speciale ((272)).

La sottoposizione alla sorveglianza della polizia è pronunciata dal giudice. In virtù di essa il governo e la «parte interessata» avevano il diritto di esigere dal condannato o da chi lo aveva sotto la sua potestà, dopo scontata la pena, una «cauzione di buona condotta», il cui ammontare era determinato dalla sentenza. Se il condannato non poteva prestare questa cauzione, «rimaneva a disposizione del governo, il quale aveva il diritto o di ordinarne l’allontanamento da un determinato luogo o di imporgli una determinata residenza». La cauzione prestata rispondeva pel caso di ulteriore condanna del sorvegliato per crimine o delitto. Nel caso di inosservanza delle prescrizioni limitative della libertà di residenza imposte in mancanza di cauzione, poteva essere inflitta la detenzione anche per tutta la durata della sorveglianza ((273)).

L’efficacia, come misura di polizia di sicurezza, della «cauzione di buona condotta» veniva ad essere ristretta da quel non poter essa venir pronunciata che insieme ad una condanna penale; considerata come pena accessoria, essa si risolveva in un privilegio per gli abbienti, e neppur come tale non si era mostrala gran fatto efficace. Del rimanente, l'istituto non ebbe neppur campo di fare tutte le sue prove. Un parere del Consiglio di Stato del 4 agosto 1812 pronunciò che al rappresentante del Pubblico Ministero si apparteneva di richiedere o non la prestazione della cauzione, e cosi questa andò in disuso ((274)). Ed anche fu formalmente abolito nella revisione degli art. 44 e seguenti del Codice penale fattasi colla legge 28 aprile 1832. L’effetto della sottoposizione alla sorveglianza fu limitato a questo che al sorveglialo poteva venire interdetta la residenza io un determinato luogo ((275)); ma quanto al confino, all’assegnazione cioè di una residenza obbligatoria, essa fu abolita ((276)).

Queste disposizioni furono di nuovo modificate in seguito ((277)). La legge del 30 giugno 1874 ammette di nuovo l’assegnazione di residenza, ma solo quando il condannato non ne abbia, 14 giorni prima del termine della sua pena, scelta una. Essa dispone inoltre che colui che si trova sotto la sorveglianza della polizia non possa senza il permesso del governo, cambiare la sua residenza se non una volta ogni sei mesi. La massima durata della sorveglianza della polizia (nel caso di condanna ai lavori forzati, alla reclusione ed alla detenzione) è di 20 anni. Il giudice pronuncia la sorveglianza della polizia secondo il suo apprezzamento, come del pari l'amministrazione può secondo il suo apprezzamento sospenderla ((278)).

Il diritto inglesefu il primo a sviluppare l'istituto della «malleveria di pace(FRIEDENSBürgschaft)come recognisance to keep the peace(promessa di osservare la pace) e recognisance of good behaviour(promessa di buona condotta). La cauzione viene prestata in forma di una obbligazione da parte dell’accusato e di uno o più mallevadori, obbligazione che si risolve se l’accusalo «osserva la pace» fino ad un determinato giorno, nel quale esso devo presentarsi al tribunale (alla prossima sessione trimestrale), corrispondentemente, se tiene buona condotta per il tempo-assegnato.

La recognisance to keep the peaceè imposta su domanda del minacciato ((279)) nei casi di minaccia d'incendio o di vie di fatto ed anche d’ufficio ai malviventinotorii; la recognizance of good bekaviovrè imposta alle persone di mala fimi, come mezzani, ladri, frequentatori di postriboli, ecc. ((280)).

La cauzione è, di regola, imposta dal giudice di pace.

La recente legislazione inglese ((281)) introdusse la sorveglianza della polizia pei condannati rilasciati con ticket of leave. Essa dà inoltre facoltà di pronunciare la sorveglianza della polizia sino a 7 anni contro i recidivi pericolosi, tocchi riesce a questa esorbitanza che queste persone possono esser condannate fino ad un anno di carcere unicamente sul sospetto che siano gente di mal affare e quando siano trovati in circostanze, che diano luogo a sospettare in essi l’intenzione di commettere un crimine, specie quando siano colti in una casa ecc. senza che siano in grado di dare spiegazione del perché vi si trovano ((282)).

I Codici tedeschihanno accolto l’istituto della sorveglianza della polizia, ma in forma alquanto diversa ((283)); quanto al sistema della cauzione,esso fu adottato solo in alcuni Stati (Baden, Amburgo) ((284)).

Secondo il Codice penaletedesco (§§ 38, 39), il giudice può, nei casi stabiliti dalla legge, pronunciare, oltre ad una pena restrittiva della libertà, l’«ammessibilità» della sorveglianza della polizia ((285)). In questo caso l'autorità superiore di polizia può,sentila la direzione dello stabilimento carcerario, sottoporre il condannato alla sorveglianza della polizia per non più di 5 anni.

La sottoposizione alla sorveglianza della polizia ha i seguenti effetti: 1) il sorveglialo può dall'autorità superiore di polizia essere interdetto il soggiorno in determinali luoghi ((286)); 2) il suo domicilio può in qualunque momento essere perquisito ((287)) — Gli stranieri possono essere espulsi dal territorio dell’Impero ((288)).

La convenienza dell'istituto della sorveglianza della polizia fu in questi ultimi tempi da più d'uno contestata, in quanto da una parte esso non sarebbe di vantaggio alcuno alla comunità, dall’altra, colla macchia che imprime sul sorvegliato e col modo in cui la sorveglianza viene esercitata, precluderebbe al sorvegliato la via della riabilitazione. Se non che la prima considerazione in quanto vi possa essere qualche cosa di vero ((289)), verrebbe a dire soltanto che la sorveglianza deve essere ordinata meglio; e per ciò che è della seconda, a parte che quando si tratta di misure di polizia di sicurezza l’interesse di colui che ne è colpito passa in seconda linea, essa non è del tutto giusta, e gli inconvenienti che si lamentano ben possono con una acconcia riforma dell'istituto essere rimossi o almeno attenuati ((290)). Il Berner((291)) osserva giustamente: «La sorveglianza della polizia è da una parte, per la società civile, una misura di sicurezza, dall’altra, per colui che esce dallo stabilimento penitenziario e che, dopo tanti anni di prigionia, non potrebbe senza pericolo per la sua condotta avvenire essere restituito ad una libertà piena, una misura di transizione importante. Quest’ultimo punto di vista ben fu riconosciuto da tempo, ma nella prassi non vi si è atteso abbastanza; ma esso deve affermarsi sempre più e l’attività di polizia intesa alla tutela della società deve sempre più associarsi colla sollecitudine della polizia per il liberato dal carcere. Quella intimità di rapporti fra la polizia ed il liberato, che è necessaria perii controllo, deve ottenersi colla forza di attrazione che la sollecitudine della polizia per il liberato esercita».

L’ideale, che Bernerqui delinea, non potrà certo essere né sempre né completamente raggiunto.

La questione della introduzione dell'istituto inglese della «malleveria di pace» nella legislazione penale tedesca venne in campo nel 1875 ((292)). Una Novella sottoposta al Consiglio federale proponeva di dare al giudice, nel caso di condanna per certi crimini e delitti ((293)), la facoltà di imporre al condannato l’obbligo di prestare una malleveria di pace, che poteva andare da 30 a 3000 marchi e durare da 1 mese ad 1 anno ((294)). La cauzione veniva ad essere sciolta per il decorso del tempo per cui era stata imposta, o per ordinanza del giudice, che ne avesse pronunciata la liberazione «per mutate circostanze». La cauzione non ancora liberata si devolveva al fisco quando il condannato avesse rotto te pace impostagli, considerandosi come rottura di pace anche il tentativo del maleficio, a cui la malleveria di pace si riferiva.

La Novella voleva pertanto fare della malleveria di pace un istituto penale, non un istituto di polizia di sicurezza.

Il Progetto non trovò seguito. E invero esso presentava gravi difetti, io quanto, volendo raggiungere lo scopo che si proponeva, non avrebbe dovuto tenere entro termini così ristretti né i casi in cui la malleveria di pace poteva essere imposta, né la durata di essa. Un'altra considerazione vi ha poi, la quale non investe tanto il Progetto quanto l’istituto stesso della malleveria di pace, ed è che, a volerla richiedere solo da quelli, che sono in grado di prestarla, essa viene a risolversi in una ingiustizia a danno degli abbienti; che se, nel caso che la malleveria non possa essere prestata, vi si sostituisce qualche altro più duro provvedimento, come sarebbe una pena restrittiva della libertà o qualche altro personale controllo, essa viene a risolversi in una ingiustizia a danno del povero. È dubbio se un siffatto esperimento legislativo riuscirebbe ad avere risultati di qualche momento. Ad ogni modo, volendovisi decidere, bisognerebbe attenersi maggiormente alla legge inglese. Specialmente si presta a diventare una istituzione pratica la recognizance to keep the peacesu domanda del minacciato ((295)).

Anche il diritto austriacoha l’istituto della sorveglianza della polizia, ma in una forma molto più rigorosa che non sia nella legislazione tedesca ((296)). L’ammessibilità della sottoposizione alla sorveglianza della polizia può essere dii giudice pronunciata contro i condannati a più di 6 mesi di pena restrittiva della libertà o, se a meno di tal tempo, ripetutamente per falso in carte di pubblico credilo, falsità in monete o reati contro la proprietà, oppure per vagabondaggio e che appaiono pericolosi per la sicurezza della proprietà. Inoltre, vi sono soggetti di pien diritto quelli che, per pronuncia del giudice, possono venir rinchiusi in uno stabilimento di lavoro coattivo.

La sorveglianza della polizia non può durare oltre 3 anni ed è pronunciati dalle autorità politiche di prima istanza. — 1 suoi effetti sono: 1) al sorveglialo può essere interdetto o imposto il soggiorno in un determinato luogo, con questo però che non gli sia interdetto il soggiorno nel suo Comune di origine; come del pari può essergli imposto l’obbligo di non abbandonare la residenza assegnatagli o da lui scelta senza il permesso dell’autorità; 2) esso deve dichiarare all’autorità di sicurezza ogni cambiamento di abitazione nel giorno stesso in cui avviene, presentatesi ad ogni sua richiesta e darle contezza della sua occupazione, dei suoi mezzi di sussistenza e dei suoi rapporti con altre persone; 3) l’autorità di polizia può imporgli l’obbligo di presentatesi a determinati periodi, può vietargli di intervenire a determinate riunioni, di frequentare certi locali o di uscire, senza urgente motivo, di sua casa di notte, oppure in occasione di straordinario concorso di gente; 4) la sua casa e la sua persona possono essere ad ogni momento perquisite per lo scopo dell’esercizio della sorveglianza. — Del resto, la legge aggiunge espressamente che queste misure non siano applicate se non in quanto le circostanze lo richiedano e sempre col massimo riguardo al buon nome ed alla occupazione del sorvegliato. Come appena la necessità loro venga a mancare, esse devono venir revocate.

[Anche la legislazione penale italiana conosce l'istituto della sorveglianza della polizia o, come la chiama la legge, della vigilanza speciale della pubblica sicurezza((297)). — Secondo l’art. 28 del Codice penale, la legge determina i casi, nei quali il giudice deveaggiungere alla pena inflitta la sottoposizione del condannato alla vigilanza speciale dell'autoritàdi pubblica sicurezza.

E ciò si verifica rispetto ai condannati per delitto di associazione per delinquere (art. 248), ai condannati alla reclusione per falsità in monete e in carte di pubblico credito (art. 261), ai condannati per rapina, estorsione e ricatto. Secondo lo stesso Codice la sorveglianza speciale della pubblica sicurezza può essere dal giudice pronunciala contro i condannati a più di 5 anni di detenzione per delitti contro la sicurezza dello Stato (art.138), ai condannati ad almeno sei mesi di reclusione per violenza o minaccia usala per costringere alcuno a fare, tollerare od omettere qualche cosa (art. 154) e ai condannati per delitto di pubblica intimidazione (art. 255), e in genere nelle sentenze di condanna alla pena della reclusione per un tempo maggiore di 1 anno (art. 28). La vigilanza speciale dell'autorità di pubblica sicurezza, ove la legge non disponga altrimenti, non può essere inferiore ad un anno, né superiore ai tre. Il condannato sottoposto a tale vigilanza ha l’obbligo di dichiarare all’autorità competente, entro quindici giorni da quello in cui sia scontala la pena alla quale fu aggiunti, in qua) luogo intenda stabilire la propria residenza e l’obbligo altresì di adempiere le prescrizioni che gli siano imposte in conformità della legge. La stessa autorità gli può vietare la residenza in luoghi determinali durante il tempo della vigilanza (art. 28, capov. 1). La sentenza però può limitare le prescrizioni da imporsi al condannato (art. 28, capov. 3). La vigilanza speciale dell’autorità di pubblica sicurezza decorre dal giorno in cui sia scontata la pena alla quale fa aggiunta. Essa può, ove le condizioni e la condotta del condannato lo permettano, farsi cessare o limitarsi tanto nella durata quanto negli effetti con provvedimento dell’autorità giudiziaria. A limitarne gli effetti può provvedere anche l’autorità competente per la esecuzione della vigilanza, se i medesimi non siano stati determinati nella sentenza di condanna.

Secondo poi la legge sulla pubblica sicurezzadel Regno del23 dicembre 1888 il condannato alla vigilanza speciale dell’autorità di pubblica sicurezza deve uniformarsi, per la durata della pena, alle prescrizioni dell'autorità competente. Le prescrizioni sono trascritte sopra una «carta di permanenza» che gli è consegnala, redigendone verbale (art. 117). — Al condannato alla vigilanza può essere prescritto: 1) di darsi a stabile lavoro e di farlo constare nel termine che sarà prefisso; 2) di non abbandonare l'abitazione scelta senza preventivo avviso all'ufficio locale di pubblica sicurezza; 3) di non ritirarsi alla sera più tardi e di non uscire al mattino più presto di una data ora; 4) di non ritenere né por: tare armi proprie od altri (strumenti atti ad offendere; 5) di non frequentare: postriboli, né osterie od altri esercizi pubblici; 6) di non associarsi ai pregiudicati; 7) di tenere buona condotta e di non dare luogo a sospetti; 8) di presentarsi all'autoritàlocale di pubblica sicurezza nei giorni che saranno indicati e, ad ogni chiamata della medesima; 9) di portare sempre in dosso la carta di, permanenza e di esibirla ad ogni richiesta degli ufficiali od agenti di pubblica» sicurezza (art. 118). L'autorità di pubblica sicurezza però, nel fare al condannato alla vigilanza tali prescrizioni, deve aver riguardo ai precedenti di lui, non che al mestiere o professione che esercita a fine di non rendergli difficile di occuparsi onestamente. Potrà limitarle se il condannato tiene buona condotta o sia accolto da una società di patronato riconosciuta (art. 119).

§ 22(bis)Ulteriori considerazioni sul trattamento delle persone pericolose.

Savie cossi 1 evasioni e preziose notizie storiche sul trattamento delle persone pericolose, in genere, alla società presenta il Lucchini((298))nel suo studio sull'ammonizione e sul domicilio coatto, le quali crediamo opportuno qui riferire a complemento delle considerazioni e delle notizie date qui dal Seydel:

— I rimedi, scrive adunque il Lucchini,che fossero adoperati più opportuni e confacenti a riformare e diminuire la falange degli oziosi, dei vagabondi, degli accattoni validi, opereranno indirettamente a scemare in notevole guisa l’esercito dei delinquenti. Tuttavia rimarrà sempre una classe di individui, dalle azioni dei quali la società ha motivo di ritenersi minacciata nell’autorità delle proprie istituzioni o nella sicurezza delle persone o dei beni; e ciò per funa o l'altra di queste due ragioni: o perché la loro condotta, comunque penalmente incensurabile o lievemente scorretta, riveli un'indole violenta di un carattere immorale od altrimenti una disposizione a delinquere; o perché siano gravemente indiziati di aver realmente commesso qualche delitto e la polizia e la giustizia non abbiano saputo o potuto convincerli.

È naturale che una siffatta schiera di persone deve sempre più assottigliarsi sotto l’influssodella civiltà, dell'educazione, della istruzione e di una maggiore perfezione ed efficacia da introdursi nell'organismo operativo della polizia e della giustizia; ma in maggiori o minori proporzioni essa esisterà sempre, ed è pertanto debito di sagace reggimento politico l’adoperarsi a renderne sempre più ristretto il contingente.

Però, a meno che le pretensioni della scienza antropologica e psichiatrica non vengano a somministrare un ordine di prove intorno alla capacità criminale degli individui e la scienza penale consenta a considerare siffatta capacità come meritevole di punizione, o la scienza amministrativa ad incaricar lo Stato della medica loro riforma, od il diritto e la libertà a consentirne la proscrizione, la società non può uscire dall'ambiente della esteriorità dei fatti per sottoporre ad un qualsiasi provvedimento chi non atti positivi e reali non abbia dato molestia al prossimo e non somministri argomento di censura.

Qui si tratta di provvedere, con intento più preventivo che repressivo, a riguardo di coloro che si sono già incamminati sulla via del delitto, ma che tuttavia non giova e non è possibile punire.

Si affacciano in prima linea quel malintenzionati e facinorosi, i quali, in conseguenza di una disposizione organico-fisiologica, di una guasta educazione o dell’ambiente corrotto in cui vivono, ovvero d'indole morale perversa e malvagia, dimostrano siffatta propensione mediante fatti definiti e definibili dalla legge, giuridicamente e moralmente riprovevoli. — Per minaccio semplici, per risse anche abituali, per lievi offese od ingiurie, per duelli, per propositi sovversivi o ribelli, o per altri disturbi alla pubblica quiete, non qualificati, ma pericolosi, debole o incerto è l’interesse di porre in opera il magistero punitivo. 0 se anche legittimo e fondato ne sia l'esercizio, più che la vana soddisfazione di infliggere un castigo, che per la sua tenuità sarà probabilmente inefficace e per la sua odiosità eventualmente aberrante, premer deve a chi patì l'offesa e alla società che fu resa accorta della rea propensione, di cautelarsi in confronto del facinoroso, scongiurando nell’avvenire nuove turbolenze ed il pericolo di nuovi e più funesti attacchi, con le azioni commesse prospettati. La censura o riprensione giudiziale non suffragherebbe all’uopo, perché non è nel l’indole sua di avere un effetto continuativo sul soggetto che la subisce; qui occorrono altri congegni che da una parte più si discostino dalla sanzione coercitiva e dall’altra dispieghino maggior forza cautelare, preservativa ed optativa.

Vengono in seconda linea quegli altri individui, che la legge odierna qualifica con l'epiteto vago ed empirico di sospetti:sospetti quali grassatori, ladri, truffatori, ricettatori, camorristi, mafiosi, ecc.; gente, che mal si governa col regime dell'ammonizione, la quale, serbate le conseguenze che oggi produce, porterebbe a risultati diametralmente opposti al suo scopo, mentre spogliata degli effetti polizieschi, processuali e politici che oggi le sono proprii, non avrebbe alcuna ragione d'essere e non farebbe che porre in solfarmi chi vi andasse soggetto ((299)); mentre poi conserverebbe sempre il carattere di pena, e niun argomento varrebbe a legittimare in un paese libero e civile l’applicazione di una pena ai cittadini non convinti di veruna delinquenza.

Ma prima ancora di volger la mente ad un ordine diverso di provvedimenti che poi giovi all'uopo, è mestieri ricercare, se è possibile, una base positiva, un sostrato, concreto, affinché l’azione preventiva della legge e dell’autorità sociale abbia titolo legittimo di operare verso quest’ultima classe. Condannato il sistema vigente, che M;fonda e si esaurisce tutto nell'onnipotente arbitrio della polizia, estrinsecato sotto la forma del sospetto, ombreggiato o meno dal manto giudiziale, fa mestieri evitare la possanza unilaterale dell’autorità, da cui mal sa difendersi l’individuo e in cui non può riposar fiducioso il consorzio civile. Dal sistema delle congetture la società non può attendersi che abusi, demoralizzazione, impotenza giudiziaria e amministrativa. L'opera dell’autorità deve essere circoscritta in ben determinati e sensibili confini: lo esige la società per la tutela efficace dell’ordine; lo esigono i cittadini a presidio della libertà delle pubbliche istituzioni. Avvenga che può. o le persone pericolose si rendono manifeste da segni palesi e debitamente accertabili di demerito sociale, e l’interesse della società a provvedere a loro confronto si legittima, e i provvedimenti dell'autorità riscuotono l’adesione e la fiducia dei consociati; o il giudizio di questa loro pericolosità deve dipendere soltanto ed esclusivamente dal sentimento, dall’opinione discrezionale degli agenti dell'autorità, ed il consorzio civile vi rinunzia, vi ripugna.,... Conviene adunque dare lo sfratto al sospettoe determinare criteri positivi e sicuri, da cui debba essere guidato il giudice, limitando il suo ufficio, come in ogni altra materia, alla constatazione dei fatti ed alla severa applicazione della legge, senza disarmare la società e senza che siano tese insidie ai cittadini dagli arbitrari apprezzamenti individuali o dalle equivoche nozioni.

Qui si affaccia dapprima l'alternativa di due sistemi: o appigliarsi alla casistica; o studiare una formula, che chiaramente esprima la nozione di uno stato giuridico logicamente legittimante l'applicazione del provvedimento preventivo. La casisticaè il pessimo dei sistemi nelle leggi di qualsiasi natura, poiché o lascia innumerevoli lacune o, per tema di nulla omettere, amalgama insieme elementi disparati e incompatibili, e fa correre il pericolo di sconfinare lo spirito della legge nelle successive riforme; la casistica poi si scambia spesso per una esemplificazione e porge adito a rovinose interpretazioni estensive. Non rimane quindi che ricorrere ad una nozione sintetica,ma precisa s giuridica.

Alcuni tentativi furono fatti per determinare razionalmente la essenza del sospetto giuridico; or noi, facendo anche tesoro della sapienza della magistratura, lo facciamo consistere e dipendere da un fatto concreto, ilquale costituisce un indizio prossimo di delinquenza. Così definito, è cosa che può seriamente discutersi, che si appoggia a criteri saldi ed irrecusabili e che impone al magistrato che rafferma una motivazione giuridica e concludente. Tuttavia, anche l'indizio prossimodi delinquenza, che non concorra ad integrare una piena prova, non può attribuire peranco legittimità ad una qualsiasi sanzione penale, fosse pure la semplice riprensione giudiziale. Fa tuttora difetto un elemento, che autorizzi l'ufficio preventivo della legge e dell’autorità, che elevi a demerito sociale la triste fama dell'indiziato, che integri giuridicamente la conchiudenza incerta del sospetto.

L’indispensabile complemento che ci fa mestieri e il mezzo più adatto a provvedere efficacemente in linea preventiva verso entrambe le categorie di persone pericolose suaccennate, è la malleveria. «Sacro dovere, dice Blakstone,della giustizia preveniente è di costringere quei particolari che tengono una condotta sospetta, a stipulare colpubblicoe dargli piena sicurtà che non ardiranno commettere il delitto». La convinzione di un fatto costituente un indizio prossimo di delinquenza non può reputarsi bastevole all'applicazione di un provvedimento penale, sia pure a solo titolo preventivo.Ma la malleveria, diversamente dalla ammonizione, non può riguardarsi neppure come simbolo della sanzione penale; applicata al colpevole delle azioni anzi accennate, sarebbe un surrogato della pena; imposta all’indiziato delinquente, sarebbe una specie di saggio, di pietra di paragone, di sperimento della moralità civile, ovvero di complemento della congettura. Se questa sia fallace, il denunciato troverà nell’assistenza dei parenti e degli amici il conforto e la soddisfacente testimonianza della sua onorabilità. Ove sia fondata, ne conseguirà l’uno o l’altro di questi due soli effetti: o riuscirà al denunciato di fini fidanzare da pietosi, caritatevoli o compiacenti garanti, e l’obbligazione scambievolmente incontrata costituirà per quello un efficace controstimolo a delinquere, ed & questo consiglierà tutto l’interesse di invigilare energicamente il fidanzato onde serbi buona condotta, impegnandosi, ove delinqua, a consegnarlo in giudizio; o non troverà persone oneste che si prestino a rendergli questo servizio, ed allora sarà il caso di considerare Pigolamento, l’abbandono io cui è lasciato, la sfiducia generale che lo circonda, siccome un valido argomento per stabilire la incondotta dell’individuo, per contestargli un demerito sociale,ed assoggettarlo quindi a più o meno rigorose misure di prevenzione coattiva; quali potrebbero essere la sorveglianza speciale della polizia, l’ingiunzione di determinati precetti, la custodia notturna, ed ove occorra anche il carcere. La società ha tutto il diritto di guardare con diffidenza e di premunirsi contro colui, che fra gli uomini dabbene non seppe acquistarsi credito, simpatia, fiducia, assistenza, quando ciò d accompagna alla convinzione dei fatti, che indiziariamente lo accusano di avere delinquilo. .

La malleveria deve guardarsi sotto duplice aspetto: dell’obbligazione economica dell’assistenza fideiussoria. Dall’un iato havvi la prospettiva di una perdita patrimoniale, che funge da controstimolo a delinquere; dall’altro lato sonoi garanti che, interessati in quella prospettiva, prendono parte di vigili scolte sui portamenti del loro fidanzato; il vincolo patrimoniale ela solidarietà dei mallevadori; un organismo di dementi materiali e morali, un congegno preventivo, che sfrutta i coefficienti primi della vita sociale per tutelarne la tranquillità.

La diffusione degli agi e del credito, la facilità dei rapporti, degli scambi e delle comunicazioni, hanno attribuito alla economia pubblica e privata una singolare dignità. È quindi tutto conforme all’odierna civiltà assumere il calcolo economico, diffuso in ogni strato sociale, ad ordegno preventivo. La sua confacensa a questo obbietto è unto più evidente quanto più esso si addimostra repugnante a formare la base di quella vera pena,che si addimanda pecuniaria. Fra le sanzioni normali del Codice, si estrinseca in una infeconda venalità; fra i mezzi di prevenzione, contribuisce a rafforzare, tenendo sveglio un interesse positivo e quotidiano, il sentimento della moralità e rattenere la influenza dello stimolo delittuoso.

L’obbligazione patrimoniale, così bene rispondente agii attuali ordinamenti del vivere sociale, si accompagna poi all'altro elemento, che non è meno fondato nella vita reale della società, e fa suo pro di una seconda leva di moralità, di operosità, di sviluppo perenne delle forze umane e delle istituzioni civili. Lo spirito di associazione, fondato sul bisogno di scambievole assistenza fra i consociati e sulla moltiplicazione degli effetti che derivano dall'unione delle forze, è un'altra caratteristica che distingue i tempi presenti. L'associazione e la mutua assistenza sono in natura; l’individuo zoo può farne a meno; costituiscono per lui un diritto ed un obbligo al tempo stesso. Epperò. nel primi trascorsi di un'indole irrequieta, nelle prime avvisaglie dell'individuo non pregiudicato nei rapporti sociali da delitti repugnanti al consorzio degli onesti, come non sarà malagevole l'assistenza di parenti od amici mallevadori della sua condotta avvenire, cosi riescirà sommamente efficace e rassicurante il concorso del loro interessee della loro vigilanza nello scongiurare il proseguire delle minacciose avvisaglie, quanto meno a guarentire alla giustizia sociale l’operosità del suo ministero, se la duplice serie di controstimoli non valesse a rattenere il fidanzato sol pendio della delinquenza.

L’istituto della malleveria fu praticato in Oriente e in Occidente, nei paesi latini e in quelli teutonici; però la sua origine più prossima deve ricercarsi nelle costumanze e leggi germaniche, d'onde poi passò in Inghilterra e forse ancor prima inItalia e in Francia. A stabilire la tregua fra le parti belligeranti o ad impedire che elleno entrassero in lotta, trovasi istituita la paxnelle fonti carolingie, della più tardi nelle leggi imperiali tregua manualis,ovvero Handfried,o «pace promessa» (der gelobte Friede)od anche «trattato di conciliazione»(Sühnevertrag). In generale la violazione della pace è considerata come delitto speciale ed autonomo ed è circostanza qualificativa del reato commesso. L’obbligo della pace era attuato con solenne promessa giurata innanzi al giudice, con la mano levata, talora con l'assistenza di confutatore»,ed era operativo per tutti i componenti la famiglia e senza limitazione di tempo. Il fideiussore dapprincipio era tenuto al mantenimento della promessa contratta dall'obbligato principale, od in caso di promessa inosservata a tradurre in giudizio il trasgressore. Quando soltanto sia questo contumace, è chiamato personalmente responsabile il mallevadore, tenuto di soggiacere in luogo di quello alla stessa pena, od a pagare all'offeso l’equivalente Wehrgeld((300)). — Titoli speciali e più frequenti per procedere alla ingiunzione della sicurtà di pace sono le minacce (punite solo modernamente, specie le qualificate) e le ostilità con parole e con fatti ((301)) — La Peinliche Gerichts-Oràwng porge un sistema completo di consimile foggia di prevenzione. La cauzione comincia ad essere reale,determinata discrezionalmente dal giudice sull'istanza della persona minacciata ed anche d'affido, secondo i casi; tuttavia, può riceversi sicurtà semplicemente giuratoria,se il denunziato sia povero o provveduto di un buon garante. I notori viola tori della Urféhdenon sono ammessi a prestar cauzione, ma si consegnano al carcere o a pubblici lavori ((302)). Mezzi di cauzione sono il pegno di cosa, la pieggeria dei garanti «l’obbligazione di debito pel caso di violazione della pace ((303)). — Non dissimili istituti ritrovano nella Svizzera((304)), nella Moravia((305))e nelle Fiandre((306)).

La cessione ebbe maggiore sviluppo in Inghilterra, che tuttora la conserva e la pratica. Ivi assunse subito un duplice carattere: di garanzia di pace e di provvedimento di polizia, in ispecie contro la recidiva, avverandosi la quale, spesso conseguiva per sanzione penale la morte o qualche grave mutilazione ((307)). La conservazione della pace mediante cauzioni singole o collettive costituiva una delle maggiori cure delle leggi anglo-sassoni e normanne, e venne a formare la base di quell'ufficio del giudice di pace,che anche oggidì nel diritto inglese è la maggior guarentigia del mantenimento dell’ordine ((308)).

L’odierno diritto inglese accoglie le due forme di garanzia: recognizance to keep the peacee recognizance for good behaviour. Per entrambe è eguale il modo di obbligarsi: consiste nella dichiaratone del denunciato e di uno o più suoi mallevadori, assunta da una autorità giudiziaria (in generale il giudice di pace), con coi il dichiarante s’impegna di pagare alla Corona una somma, varia secondo il grado e il patrimonio dell'obbligato (da 5 a 600 sterline, 1200 per un lord), con la clausola che li promessa si risolverà se il guarentito, in un determinato giorno, comparirà in giudizio e farà constare di aver mantenuto nel frattempo la pace con tutti in generale e col querelante in ispecie. Siffatta clausola particolarmente vale per la recognizance to hip the peace;nella recognizance of good behaviourla clausola suona che la promessa si risolverà se nel tempo determinato il guarentito terrà buona condotta in generale, ovvero io un particolare ordine di fatti. L’imposizione si fa d’ufficio o ad istanza di parte, verso persone capaci di imputabilità e di obbligazione; e se l’individuo nega di dar la cauzione o non può darla, si tiene in arresto, commitment for want of spretiti to keep the peacefin tanto che la dia, ma non più in là di un anno. La cauzione si svincola mutandosi il principe, e con dispensa regia, o per morte dell’obbligato principale, o mediante decisione del giudice, o finalmente per espressa o tacita rinunzii di quei che la richiese.

Le condizioni perché sia imposta la recognizance to keep the peacesono: le ingiurie e le vie di fatto in presenza del giudice; la delazione di armi; la notoria indole violenta e proclive alle risse; la violazione di pace già avvenuta; la minaccia di pericoli nella vita o nella persona o di incendio verso qualcuno, ecc. — Il protocollo stabilisce, a seconda dei casi, se la garanzia debba darsi a tutela della generalità o di qualche determinato cittadino.

Quanto alla recognizance for good behaviouro di buona condotta,essa può comminarsi a qualsiasi persona, che non sia of good fameo che inspiri timori per fitti contro bonos moreso contra pacem(conversare e alloggiare abitualmente con prostitute, spargere voci ingiuriose sui magistrati, frequentare male compagnie, dormire di giorno e vegliare di notte, prestare il proprio nome a bastardi, ecc.). Naturalmente, questa categoria è assai estesa e risente delle più vetuste tradizioni. Ad impedire tuttavia facili arbitrii, la consuetudine e la giurisprudenza hanno stabilito che i fatti inducenti sospetto debbano essere giurati,che la cauzione debba imporsi sull’avvisoconcorde di duegiudici di pace, e che dalla loro decisione si possa ancora gravarsi alla Corte superiore.

Tanto l’una che l’altra delle due recognizancesè appresa dal tesoro quando l’obbligato principale non ottemperi alle condizioni prescritte nel protocollo, o commetti qualche violenza contro la persona cautelata o verso altri, secondo le circostanze, o tenga discorsi sediziosi, ecc.

Secondo l’ultimo Criminal Lazo Consolidation Act.(eh. 96, 100) la cauzione puòessere aggiunta ad ogni pena (non capitale naturalmente) nei casi di felonyed aggiunta o sostituita ad ogni pena nei casi di misdemeanour,mantenendosi il surrogato dell’arresto sino ad un anno ((309)); onde può dirsi che trovasi assunta ad istituto completivo generale del diritto penale inglese ((310)). Tuttavia, essa conserva sempre il carattere di provvedimento esclusivamente preventivoanche nella sua applicazione ai condannati, e vi tien luogo, eccettuati pochi casi, della sorveglianza speciale ((311)).

Nél’istituto in disamina è pianta esotica per le contrade latine e per l’Italia. Basata sopra un concetto più individualista e d'indole privata, ma non meno diffusa era in Francia la pratica della cauzione, ricevuta in quei coutumes,sotto l'appellativo di assurement [assecuratio],il quale significava: secwritas qua cor am judice vel domino feudali qui inter se inimicitias ob crimen cdiquod perpetratum exercent, sibi invicem de nihd fedendo cavent ((312)). L'assurement,applicato in origine dal signore feudale, entra poi nelle regie prerogative; e gli Stabilimenti di S. Luigi fanno fede che la sua forai obbligatoria estendevasi anche ai congiunti delle parti, spesso con effetto scambievole fra questi. Se violato, importava un aggravamento di pena ijudex acrius punici offendendum)((313)). Tanto era radicata in Francia la pratica della malleveria che allorquando venne ad istituire la sorveglianza della polizia, essa fu subordinata alla facoltà di offrire un cautionnement de bonne conduite((314)); e se questo andò in disuso e fu poscia abrogato dalla legge del 1832, ciò si deve alle abusive interpretazioni che ne avevano fatte le autorità; mentre, del resto, in tale forma, la cauzione non rispondeva all'indole sua originaria ed essenziale.

La malleveria èin vigore nel Portogallocol nome di termo de bem viver(promessa di buona condotta) con un duplice scopo: di prevenire la delinquenza e di prevenire la recidività ((315))— E non dissimile è la pratica nella Spagna,nel cui Codice penale la malleveria figura come una pena accessoria (art. 26).

Ma senza uscire dall’Italia, qui fra noi venne largamente e generalmente usata la cauzione di buona condotta. Statuti e dottori ne fanno ampia testimonianza. I più insigni e vetusti giureconsulti ci esposero le nozioni e le discipline della securitas, distinta in nuda promissio, fideiussioe signi appositio;la quale, al dire di Bartolo,si prefiggeva lo scopo che il querelato fortius abstinebat ab injuria. Essa poteva imporsi d ufficio dal magistrato, come sull’istanza dei privati; e per tal modo si comprendeva il suo carattere d succedaneo penale e di istituto di prevenzione. E se la cauzione non si presti, il giudice ad arbitrio può pronunciare la interdictio aliquo loco sive provincia, sotto minaccia di pena carceraria ed anche della galera, in caso che l’obbligato si partine dal suo luogo di confine ((316)).

Accanto alla cautio de non offendendotrovasi negli autori romanistici la cautio de benevivendo,la quale sembra specialmente applicata al valderixosus((317)), e regolata presa'a poco conle stesse norme della prima. Molta corrispondenza avvi fraquella sicurtà e la Friedensburgschaifte più ancora con la recognisance of good behaviour,che molto probabilmente ripete la sua origine dalla cauzione italiana.

Cosi per l’uno come per l'altro modo di sicurtà trovatisi molte disposizioni negli Statutiitaliani. Sulla base delle treguegermaniche crebbero e si diffusero gli istituti ed i magistrati di pace ((318)). Ovunque poi è in uso la malleveria, così d'ordine pubblico pei diffamati e sospetti, i quali si bandivano dalla comunità se non prestavano bonamet idoneam cautionem,come d'ordine privato a guarentire la sicurezza personale di chi fosse fatto bersaglio di odii, minacele o ingiuste vendette; e molte volte interveniva d'ufficio il paciere a richieder la sicurtà da ambe le parti ((319)).

Dell'essere la malleveria andata in disuso è stata attribuita la cagione al decadi mento del principio accusatorio. Forse si potrebbe dire in termini più generali che h malleveria doveva venire avversata e logicamente soppressa col consolidarsi del regime monarchico in Francia e con lo stabilimento dei principati in Italia sulla base dell'assolutismo e della teocrazia autocratica, nemica naturale di ogni istituzione che si inspiri al concetto individualistico e che si giovi del concorso civico nella gestione e vigilanza della pubblica cosa.

Tuttavia, l'istituto non scomparve del tutto. Il Codice penale del Regno delle Due Sicilienoverava la malleveria fra le «pene comuni alla giustizia criminale ed alla giustizia correzionale» ((320)), il cui effetto era di astringere il condannato a dare sicurtà di sua buona condotta per un tempo non minore di 3 anni né maggiore di 10(art. 30). Ma essa non era riguardata sempre come pena,sibbene ancora quale sostitutivo penale,e si applicava per lo più ad arbitrio del giudice, allorché qualcuno, quantunque conosciuto colpevole di un reato, pure per legge andava esente da pesi sia in riguardo alle circostanze personali, sia in riguardo a vedute di pubblica utilità che consigliassero una simile esenzione da pena ((321)). Se la parte richiesta non potevi dare la sicurtà ordinata, il condannato era messo a disposizione della polizia (art 311, alla quale era tenuto a dimostrare al termine di ogni mese di essere nell'esercizio di un'arte o di un mestiere (art. 33) sotto pena di essere confinato in un dato luogo. Inoltre, si noveravano fra le «disposizioni comuni alle pene della giustizia correzionale e della polizia» ((322))le «cauzioni ed obblighi delle parti» che si potevano esigere «per provvedere al buon ordine pubblico ed alla loro scambievole sicurezza» (art 431, e che potevano darsi sia dal condannato, sia da un mallevadore, ed in questo caso prendevano il nome di pleggerie ((323)). In caso di trasgressione infliggevasi l'esilio correzionale od il confino od il «mandato in casa» secondo la differenza della giurisdizione (art. 43).

Le leggi di Carlo Felice dimostrano che non fu ignota neppure in Piemonte((324)).

§ 24. Due particolari istituti di polizia di sicurezza si svilupparono in Italia, dove le condizioni della pubblica sicurezza fecero sentire il bisogno di armare la polizia di mezzi speciali e sono l'ammonizionee il domicilio coatto.

Per ciò che è ammonizione,la legge sulla pubblica sicurezza del 23 dicembre 1888, n. 5888, dispone che il capo dell’ufficio di pubblica sicurezza della provincia o del circondario debba, con rapporto scritto, motivato e documentato, denunciare al presidente del Tribunale, per ('ammonizione, gli oziosie i vagabondiabituali, validi al lavoro e non provveduti di mezzi di sussistenza, e i diramalipei delitti dalla legge stessa specificati (art. 94). Si ha poi per «diffamato» colui che è designato dalla pubblica voce come abitualmente colpevole dei delitti di omicidio, di lesioni personali, di minaccia, violenza o resistenza alla pubblica autorità, e sia stato per tali titoli colpito da più sentenze di condanna o sottoposto a giudizio, ancorché sia questo finito con sentenza assolutoria per non provata reità, ovvero sia incorso in procedimenti, nei quali sia stata pronunziata sentenza od ordinanza di non farsi luogo a procedimento penale per insufficienza di prove (art. 95) e chi è designato dalla voce pubblica come abitualmente colpevole di delitti d’incendio, di associazione per delinquere, di furto, rapina, estorsione e ricatto, truffa, appropriazione indebita e ricettazione, o di favoreggiamento di tali delitti, e per questi titoli abbia subito condanne, o sia incorso in procedimenti finiti con deliberazioni della natura ora indicata (art. 96). — Il presidente del Tribunale (o il giudice da lui delegalo, art. 106) verifica sommariamente, per mezzo di testimonianze o di altre informazioni, le cose esposte nella denunzia e, non più tardi di cinque giorni dopo averla ricevuta, deve chiamare innanzi a sé l’imputato con mandato di comparizione, in cui devono essere enunciate la imputazione con la esposizione succinta dei fatti sui quali si fonda e la facoltà di presentare le prove a discarico (ari. 97). Qualora l’imputato non si presenti nel giorno e nell’ora indicati nel mandato di comparizione e non giustifichi la sua assenza, il presidente rilascierà contro il medesimo mandato di cattura (art. 98). — 1) presidente spiega all'Imputato le ragioni e lo scopo della denunzia e lo invita a giustificarsi. Se l'imputato ne fa formate richiesta deve essergli accordata l’assistenza di un difensore (art. 99). Se l’imputato ammette i fatti esposti nella denunzia oli nega senza addurre testimonianze od altre giustificazioni, il presidente pronuncia la sua ordinanza (art. 100). Se l’imputato impugna la denunzia e presenta le prove 3 difesa, il presidente, assunte le testimonianze ed esaminati i documenti esibiti, lo chiama, con mandato di comparizione, a comparire nuovamente innanzi a lui entro un termine non maggiore di dieci giorni da quello della prima comparizione e, uditolo, pronunzia la sua ordinanza (art. 101), la quale, sia che pronunci l’ammonizione, sia che dichiari non esservi luogo, dev’essere, entro ventiquattro ore, comunicata all’autorità di pubblica sicurezza (art. 102). Se si tratta di ozioso o di vagabondo, il presidente gli prescrive, nell’ordinanza di ammonizione, di darsi, in un conveniente termine, al lavoro; di fissare stabilmente la propria dimora; di farla conoscere, nel termine stesso, all’autorità locale di pubblica sicurezza e di non abbandonarla senza preventivo avviso all’autorità medesima (art. 103); se si tratta di persona diffamata, il presidente te prescrive, nell’ordinanza di ammonizione, di vivere onestamente; di rispettare le persone e le proprietà; di non dar ragione a sospetti e di non abbandonare il luogo di sua dimora senza preventivo avviso all'autorità di pubblica sicurezza (art. 104). Il presidente prescrive inoltre all’ammonito, a qualunque categoria appartenga, di non associarsi a persone pregiudicate; di non ritirarsi la sera più tardi e di non uscire al mattino più presto di una data ora; di non portare armi e di non trattenersi abitualmente nelle osterie, bettole o case di prostituzione (art. 105). Contro l’ordinanza è ammesso reclamo soltanto per motivi d’incompetenza o inosservanza delle disposizioni della legge di pubblica sicurezza sulle ammonizioni. Sul reclamo giudica un consigliere di appello delegato dal primo presidente. Se il reclamo non è stato proposto regolarmente od è infondato, il consigliere delegato ordina la esecuzione del provvedimento di primo grado; ove il reclamo sia regolare e fondato nei suoi motivi, il consigliere annulla il procedimento e pronuncia in merito; la pronuncia del consigliere non è suscettiva di altro rimedio. Il reclamo sospende gli effetti dell’ammonizione, a meno che il presidente del Tribunale o il giudice delegato non abbia per gravi motivi dichiarato la sua ordinanza eseguibile non ostante gravame (art. 107). — L’ammonizione cessa di pien dirittoallo scadere del biennio dal giorno dell’ordinanza, se nel frattempo l’ammonito non abbia riportato condanna per delitto o per contravvenzione all’ammonizione. In caso di condanna per tali titoli, il biennio decorre dal giorno del compimento della pena (art. 108). — Il presidente o il giudice delegalo, sulla domanda dell’ammonito, inteso il capo dell'ufficio di pubblica sicurezza, o sulla proposta di questo ultimo, può revocarel’ammonizione quando siano cessate le cause per le qua i fu inflitta (art. 109). — Il contravventore alle prescrizioni dell’ordinanza di ammonizione è punito coll’arresto sino ad un anno estensibile a due in caso di recidiva, e con la vigilanza speciale dell’autorità di pubblica sicurezza. Contro la sentenza è ammesso il ricorso in appello o in cassazione così da parte de! pubblico ministero come da quella dell'imputato (art. 110). —Ove l’ozioso, il vagabondo o il diffamato sia minore di 18 anni, il presidente o il giudice delegalo, sul rapporto del capo dell'ufficio provinciale o circondariale di pubblica sicurezza, ordina che sia consegnato al padre, all’ascendente o al tutore, con la intimazione di provvedere all’educazione e di invigilare la condotta di lui, sotto comminatoria della multa fino a lire mille. In caso di persistente trascuranza potrà essere pronunziata la perdita dei diritti di patria potestà e di tutela (art. 113). Se il minore di 18 anni è privo di genitori, ascendenti o tutori, o se questi non possono provvedere alla sua educazione o sorveglianza, il presidente o il giudice delegato ordina il di lui ricovero presso qualche famiglia onesta che consenta ad accettarlo, ovvero in un istituto di educazione correzionale, finché abbia appreso una professione, un’arte od un mestiere, manon oltre il termine della minore età. I genitori o gli ascendenti sono tenuti al pagamento della retta o di quella parte di essa che verrà di volta in voltadeterminata (art. 114). In nessun caso poi i genitori, ascendenti o tutori possono, prima del termine fissalo, ottenere, senza il consenso dell’autorità com petente, la restituzione del minore ricoverato in un istituto di educazione correzionale (art. 115).

Per ciò che è del domicilio coattola legge stessa sulla pubblica sicurezza del 1888 dispone che ad esso possono assegnarsi, qualora siano pericolosi alla sicurezza pubblica, gli ammoniti ed i condannati alla vigilanza speciale della pubblica sicurezza, che incorrano con distinte sentenze: 1) in due condanne per contravvenzione all'ammonizione o alla vigilanza speciale; 2) in due condanne per delitto contro le persone o le proprietà; 3) in due condanne per violenza o resistenza all'autorità; 4) in una condanna per contravvenzione alla ammonizione o alla vigilanza speciale ed in una per delitto delle specie indicate ai n. 2 e 3 (art. 123). — Il domicilio coatto dura da 1 a 5 anni e si sconta in una colonia o in altro Comune del regno (art. 124). —L’assegnazione a domicilio coatto e la sua durata sono pronunciate da una Commissione provinciale composta del prefetto che la convoca e la presiede, del presidente del Tribunale o di un giudice da lui delegato, de) procuratore del re, del capo dell’ufficio provinciale di pubblica sicurezza e dell’ufficiale dei reali carabinieri comandante l’arma nella provincia (art. 125). Le ordinanze della Commissione sono trasmesse al Ministero dell’interno per la designazione del luogo di domicilio e per la traduzione del coatto (art. 126). Contro l’ordinanza di assegnazione è ammesso il ricorso ad una Commissione d’appello che risiede presso il Ministero dell'interno ed è composta del sotto-segretario di Stato per l’interno che la convoca e la presiede, di due membri del Parlamento, di un consigliere di Stato, di un consigliere della Corte d’appello, di un sostituto procuratore generale, del direttore generale della pubblica sicurezza, del direttore generale delle carceri e del direttore-capo di divisione della polizia giudiziaria ed amministrativa. L'appello non sospende la esecuzione dell'ordinanza della Commissione provinciale. Anche le deliberazioni della Commissione d’appello sono comunicale al Ministero per la esecuzione (art. 127). — L’ufficiale di pubblica sicurezza del luogo assegnato ad un coatto deve adoperarsi presso l’autorità municipale e presso i privati a procurargli lavoro quando non riesca a trovarlo da sé. In mancanza di lavoro e qualora un coatto si trovi senza mezzi di sussistenza e, senza sua colpa, nella impossibilità di guadagnarseli, il Ministero dell’interno provvede al suo alloggio e vitto per il tempo strettamente necessario e nella misura determinala dal regolamento (art. 128). — Qualora il coatto tenga buona condotta, il ministro dell’interno può liberarlo condizionatamente prima del termine stabilito nell’ordinanza di assegnazione (art. 129). Se il coatto proscritto condizionatamente tiene cattiva condotta, il ministro dell’interno può rinviarlo a domicilio coatto sino a compimento del termine, non computato il tempo passalo in libertà condizionata o la espiazione di pena (art. 130). — Il coatto non può allontanarsi dalla colonia o dal Comune assegnatogli. In caso di contravvenzione, esso è dall’autorità giudiziaria locale punito coll’arresto da uno a sei mesi, e il tempo trascorso in carcere non è computato in quello che rimarrebbe di domicilio coatto (art. 131). — Gli assegnati a domicilio coatto sono soggetti alle disposizioni riguardanti i condannati alla vigilanza specialedella pubblica sicurezza, la quale viene esercitata dal direttore della colonia (art, 132).

[§ 24 bis. Sai trattamento degli oziosie dei vagabondi,elevate considerazioni ed utili proposte fa il Lucchininel suo studio sull'ammonizione ((325)), le quali crediamo pregio dell’opera qui riferire:

— È indirizzo tutto moderno delle più stimate legislazioni, scrive il dotto penalista, quello di mitigare i rigori delle pene non solo, ma di farne un uso parco e temperato; e la parsimonia della penalità fu vivamente raccomandata dai più celebri scrittori di cose sociali e penali ((326)). Infatti, la profusione delle pene toglie ad esse ogni salutare effetto preventivo e repressivo, le spoglia di ogni prestigio, impedisce di bene adeguarle alle maggiori delinquenze, involge lo scredito e la impopolarità della giustizia punitiva.

A questo intento giovano tatti quegli espedienti che, in corrispettivo del restringersi dei massimi penali, ottengono congrua estensione della penalità nei minimi gradi, adeguando i quali con mano più libera alle minori delinquenze, si ottiene più efficace e distinta la repressione dei maggiori misfatti e più bisognevoli delle provvidenze penali.

Fra codesti mezzi penali, oltre a quelli che rappresentano modalità progressivamente meno restrittive della libertà individuale, havvene uno che merita tutta la sollecitudine del criminalista e del legislatore; ed è la riprensionegiudiziale od ammonizioniche dir si voglia. La riprensione del giudice, quale primo simbolo della penalità sodale, fu praticata nell'antichità e via via si perpetuò nelle diverse epoche, accolta dal diritto canonico (e spesso sancita nelle ordinanze, costumanze e statuti dell’era di mezzo). Essa si conservò in alcuna delle reputate leggi dei cessati regimi e figurava tra le sanzioni comuni od accessorie dei vigenti Codici penali; né mancarono i suoi fautori nella scienza odierna e nei lavori preparatorii del nuovo Codice penale italiano ((327)).

L'ammonizione, depurata dai caratteri di cui renne rivestita dalle leggi di pubblica sicurezza e ricondotta al suo originario concetto di repressione preventiva,come prima espressione della penalità sociale e meglio ancora quale diffida legale e giudiziaria richiesta ad integrare la imputabilità politica, la perseguibilità penale di certi fatti di indole abitualee di carattere delittuoso formate,elevati a reato pel solo, comunque legittimo, scopo di prevenzionediretta, pur sempre aventi il battesimo della immoralità e del vizio, merita di essere accolta e largamente praticata in una legislazione, che su basi veramente razionali e sperimentali intenda raggiungere i fini tutelari della penalità sociale ((328)).

Sembra giusto, ragionevole ed opportuno che per questi fatti l’avvertimento scritto della legge non basti da solo senta la voce severa e persuasiva del giudice; che ù d’uopo e prudente far precedere l’avvertimento del magistrato, il quale chiami sulla via dell’onesto costume e della vita laboriosa e morigerata il trasgressore, innanzi di: sperimentare in suo riguardo i rigori di una vera e propria pena.

Il mantenimento dell'ammonizione nel senso ora espresso, porta a stabilire i criteri,. che dovrebbero all'uopo servir di norma: dall’un canto, il carattere colposodell'intenzione, combinato colla incensurabilitàed onoratezza del reo; dall’altro canto, lalieveentità politicadel reato combinata coll'indole abitualedelibatone. D'onde due classi separate e distinte dei casi di applicabilità del monito giudiziale.

Nella prima classe farebbe governo la savia discrezione del magistrato, di cui vuoisi limitare, com'è sistema delle leggi inglesi, il rigore e meno che sia possibile la indulgenza. Troppo ragionevole apparisce che in determinati casi, allorché minima, insignificante sia la colpevolezza del reo, il giudice abbia facoltà di mandare esente da una pena umiliante e talvolta rovinosa, sebbene lieve, il cittadino fino a quel dì onorato ed incensurabile. Sotto questo punto di vista, la riprensione per una prima caduta deve rappresentarsi come un mezzo di equa corrispondenza alla severità con cui è trattata la recidiva e come un corollario logico della teoria delle circostanze attenuanti; essa infine è un vero strumento di giustizia per evitare aberranti condanne o pietose assoluzioni.

In grembo alla seconda classe troverebbero posto numerosi fatti, che altrimenti sarebbero senza remissione puniti col carcere o con la multa e molti altri che sfuggono ancora alla censura della legge per naturale ripugnanza di farli penalmente scontare, fra i quali accenneremo, ad esempio, la ubbriachezsa abituale, la trascuratene della prole, il turpiloquio, certe forme di libertinaggio, ecc.

Ed in questa seconda classe verrebbero, seguendo lo stesso criterio, a collocarsi quelle condizioni anormali di vivere e costumi, che il magistero penale novera con legittimo fondamento fra i delitti sociali, quali l’oziosità, il vagabondaggio, l'improba mendicità...

La contravvenzione essenziale dell'ozioso, del vagabondoe del questuanteconsiste nel perdurarerispettivamente nell'ozio, nel vagabondaggio, nell'improba mendicità. Ora, se, considerando la penalità come una rappresagliasociale, la società tragga vendettadi questi sciagurati angustiandone e rovinandone la esistenza con l'obbrobrio della prigione, non per questo essa si sarà sciolta dall’obbligo che le incombe di tutela e di guarentigia dell'ordine e della sicurezza. Ormai fu ripetuto a sazietà che il carcere non significa altro fuorché ozio forzato e che per gli oziosi suole poi equivalere al mezzo più comodo per campare la vita senza pensieri e in buona compagnia. Una pena inefficaceè una pena ingiusta, crudele, feroce, tirannica, recando un male privato senza produrre un bene pubblico» ((329)). Conviene quindi cercare di sostituirvi qualche altro provvedimento.

Varie e disparate sono le opinioni degli uomini versati in materia sull'indole e sulla temibilità degli oziosi. Chi li reputa il semenzaio di ogni fatta di delinquenti, l’olla podridadel consorzio sociale in cui si maturano i malfattori più induriti e perversi ((330)), chi invece li calcola pressoché innocui ed incapaci a commettere reati di qualche entità e scaltrezza ((331)). Quanto a noi, inclinando più per la seconda che per la prima opinione, ci crediamo autorizzati a stabilire due assunti: che gli oziosi difficilmente delinquono in reati gravi ed atroci; che l'ozioso, indotto per necessità a delinquere, specialmente contro gli averi, è il malfattore più incorreggibile e funesto.

Compulsando la statistica non risulta invero che molti siano i delinquenti classificati fra i disoccupati privi di mezzi legittimi di sussistenza, specialmente fra i rei di crimini. Ma il numero costantemente elevato dei non abbienti fra i malfattori in generale, quello relativamente forte degli oziosi come tali qualificati fra i recidivi e la possibilità (che per noi giunge al grado di probabilità) di doverne contare un numero più vistoso fra i delinquenti che sfuggono alle indagini poliziesche e giudiziarie a causa precisamente del trattamento economico e penale che loro è fatto dalle vigenti leggi, tutto ciò rafferma in noi la convinzione dei suesposti assunti ((332)). Oltre di che è a tenersi in conto lo squilibrio economico che cagiona l'ignavia di tanta gente inoperosa, per cui sono sottratte migliaia di braccia alla forza produttrice del paese e influisce a corrompere la vigoria delle popolazioni. Non può quindi mettersi in dubbio la necessità di controperare efficacemente alla codarda e pericolosa neghittosità e cercare di vincerla od almeno impedirne l’aumento ed il contagio.

A taluno sembrerebbe non potersi far di meglio che dividere in due grandi categorie questi disgraziati, nella prima delle quali si collocassero gli inerti di proposito o per natura, gli incorreggibili; nella seconda quelli che per uno od altro modo offrono lusinga di abbandonare uno stato precario, o del quale non sono effettivamente responsabili, e di emendarsi; ponendo i primi ad assoluta disposizione dell'autorità politica e rendendoli passibili di una detenzione illimitata, consacrando pei secondi opportune cure, coercitive o filantropiche, di riforma e di assistenza. Ma un trattamento cosi disparato e una siffatta distinzione di classi non sono né ragionevoli né pratiche. Non sono ragionevoli, perché apparisce strano discorrere di incorreggibilità in presenza di un sistema preventivo che non offre nessun appiglio all'intento correzionale ed anzi è ad esso direttamente opposto. Non sono pratiche, avvegnaché, anche ammesso, dò che è ben lungi da! poterlo essere, che possa stabilirsi e pronunciarsi un esatto e facile giudizio sull'indole e sul carattere degl'individui, non può intendersi e configurarli uni linea netta di demarcazione fra chi sia da reputarsi veramente perverso ed incurabile, e chi non si ritenga tale; nei più dei casi si affaccierebbe l’imbarazzo, il dubbio, l'equivoco, e si dovrebbe riconoscere la necessità di una zona intermedia, simile a quella che gli psichiatri istituirono per collocarvi i mattoidi, gli esaltati e tutti quelli che non rodo veramente pazzi e neppure del tutto sani di mente; a meno che non si inventassero dei criteri meccanici ed artificiali, che sarebbero in assoluta contraddizione con le basi e le aspirazioni del sistema.

Una classificazione di siffatto genere (che poi vorrebbesi estendere alle altre per sono sospette o diffamate in linea amministrativa o giudiziaria) è chimerica e non potrebbe riuscire che arbitraria e fonte di ingiuste oppressioni e di abusi, siccome sarebbe in opposizione ai principii più elementari della civiltà e della politica costituzione. La dichiarazione di incorreggibilità, d'altronde, che portasse ad una detonatone illimitata, sarebbe un provvedimento quanto pericoloso altrettanto poco comodo per gli agenti dell'ordine.

Sembra però assai più logico che prima di affrettarsi a dichiarare la incorreggibilità di questa o di quell’altra serie di persone (che poi, alla fin fine, sono anch'esse cittadiniaventi diritto a partecipare, nei limiti del possibile, alla tutela giuridica e politica della (società), la società sia in debito di sperimentarne la correggibilità mediante istituti e provvedimenti, che si dimostrino davvero e seriamente idonei a conseguirne la riforma fisica e morale. Altrimenti, questa patente di assoluto ed irrimediabile d»merito sociale si risolve in una prepotenza degna dei tempi delle monarchie teocratiche e. dell’Inquisizione.

A parte gli individui impotenti per vizi organici, congeniti o acquisiti, per infermità fisiche o morali, per tutti gli altri individui, che non vogliono o non sanno voler lavorare onestamente, sia prossima o remota la causa, più o meno apparentemente colpe vole, più o meno eliminabile, connessa o meno a condizioni organiche innate od acquisite, purché relativamente sani di corpo ed abili ad una qualche occupazione manuale, per tutti non vi è, non vi deve e non vi può essere che un solo rimedio correttivo e, adeguato alla pervicacia nelle viziose abitudini o inclinazioni che si vogliono combattere, onde apprestare efficace soddisfazione alle giuste esigenze sociali, senza sacrificare ed anzi vantaggiando gli stessi individui che vi si assoggettano. E questo mezzo, l'unico che si rappresenti logico e naturale, è la coercizione al lavoro.

L’abitudine di non lavorare forma una seconda natura degli oziosi; essasi impadronisce delle loro membra, del loro organismo, della loro volontà. Il più delle volte l'ozioso confermato è impotente a rimettere in azione le braccia per la riluttanza del suo fisico reso fiacco dall’inerzia. D'altronde la sua mente partecipa al disorientamento generale dell'individuo indolente, e neppure sa concepire, non che maturare, il pensiero di una occupazione costante ed ordinata. A una tale prostrazione di forze morali e fisiche non può esservi eccitamento o stimolo morale che valga a ritornare il vigore, a correggere la triste abitudine, a rendere assiduamente operoso l’inerte; non può esservi che il costringimento di quel corpo e di quella mente alla pratica del lavoro. Soltanto con la forza di una opposta abitudine può vincersi l’abitudine ribelle dell’ozioso; soltanto o almeno principalmente con questo mezzo possono essere neutralizzate le disposizioni organiche, congenite o formate dell’individuo. E ciò per due modi, che possono segnare due gradi di severità della sanzione: impiegando i contravventori in pubblici lavori a servizio dello Stato, delle provincie o dei Comuni, e costituendo speciali officine (per avventura destinate ad altri intenti filantropici od anche penali), ove la scelta delle industrie e le relative discipline del lavoro si confacessero con la mutabilità, le diverse attitudini e l’eventuale imperizia degli operai.

In presenza di codeste proposte ci suonano all’orecchio alcune facili e vecchie obbiezioni: essere, cioè, pericoloso addossare allo Stato l’obbligo di fornire lavoro ai disoccupati, così venendo quasi a consacrare la utopia socialistica di un corrispettivo diritto al lavoro nei cittadini; essere ingiusto che all’individuo ozioso presti la società una specie di agevolasse di occuparsi fruttuosamente, mentre l’onesto popolano deve spesso procurarsi con mille stenti e difficoltà un pane; essere infine gli stabilimenti così istituiti contrari agl'interessi della libera industria, la quale. ha diritto di non venire angustiata dalla concorrenza officiale.

Questi argomenti presentano al certo una apparenza di vero, ma non tale da ostacolare il propugnato regime di trattamento verso gli oziosi, vagabondi e mendicanti.

Il lavoro è la base degli odierni reggimenti democratici e l’arco di vòlta dell'attuale società; e lo Stato, che lo pone a fondamento delle proprie istituzioni repressive e preventive, non fa che consacrare un regime d'ordine e di conservatone. Il lavoro è il massimo coefficiente di onestà, di moralità; e lo Stato, che costringe gli oziosi a lavorare, adempie ad un obbligo politico verso il consorzio sociale, e niente affatto giuridico verso gl'individui che sono passivi della coercizione; allo stesso modo che esso adopera quando provvede alla salute, all'igiene, alla istruzione, alla educazione pubblica. 0 che forse si vorrebbe scambiare il servizio militare e l'espiazione delle pene in un diritto esigibile? Foss’anche il lavoro un diritto, tale qualità non deriverebbe certo dal fatto che la società lo reclama come un debito. Ma ormai del resto la scienza e la pratica legislativa fecero giustizia di questo specioso argomento, ed il lavoro è universalmente riconosciuto come fattore indispensabile di ogni ben ordinato sistema penale; ed a maggior ragione esso dovrà essere l’equivalente di una pena, che mira appunto a ridurre gli infingardi nell'osservanza del debito sociale corrispondente.

Némaggior valore ha l'altro obbietto che la sanzione proposta sia piuttosto un premio che un castigo, e che ingiusto sia facilitare all'ozioso il mezzo di trovar lavoro, spesso negato o difficultato all'onesto operaio, se si consideri che la penalità è la massima espressione della tutela politica del diritto, ministrata dall'autorità sociale nell'esercizio di un potere che le viene conferito dal risiedere nel consorzio sociale, la collettività dei doveri giuridici, operante pel reo che la subisce la soddisfazione del debito politico contratto col reato, ed equivalente per la società che la infligge alla rivendicazione del diritto, ad un fattore di fiducia, di sicurezza, di tranquillità; e quindi la pena guarda più all'avvenire che al passato, si cura più degli effetti morali che può produrre sul reo e nella società che della nequizie del fatto e della malvagità del suo autore; e nel regolarne le discipline e le modalità si preoccupa soltanto dell’opera giuridicamente tutelare che è suo esclusivo ufficio di compiere. Questo eoo ufficio, repressivo e preventivo ad un tempo, si riscontra pienamente soddisfatto nella sanzione che veniamo proponendo per gli oziosi e vagabondi, poiché dessa appresta l’unico mezzo logico e pratico di repressione correzionale,per riconsacrare il debito sociale inosservato e per riformare la loro viziata e pericolosa natura; mentre poi essa dovrà essere naturalmente provvista di tutti quei caratteri proprii a differenziare il lavoro coattivo, imposto a scopo di riforma penale, dal lavoro libero dell'operaio probo e incensurato. Ed ano dei punti di più sentito divario dovrà consistere in una mercede limitata, la cui restrizione vada, se vuoisi, a profitto degli impotenti, dei travagliati dalle sventure, degli onesti operai. I quali del resto non preferiranno le rigorose ed umilianti discipline del lavoro coattivo al lavoro, anche più grave, ma spontaneo, ma nobilitato da una vita onorata ed operosa che lo seppe procurare ed assicurare. D'altronde il lavoro imposto all'ozioso contravventore ha carattere assolutamente precario, inteso a sradicare in esso le viziose abitudini; e giunta la pena al suo termine, l’individuo deve provvedere colle sole proprie forze a procurarselo e perseverarvi.

Quanto infine si attiene alla concorrenza del lavoro penale alla libera industria, 1 obbiezione, comune d’altronde al regime penitenziario in generale, ha valore soltanto per ciò che concerne la scelta delle opere e delle manifatture, in rapporto al sistema» attuazione e dì ordinamento e alla misura dei salari. Ma, come principio, né la scienza né la pratica trovano modo di seriamente contrastarlo.

Recentissimi studi ed inchieste hanno raffermato la necessità e l’attuabilità pratica del lavoro penale ((333)). Che se tuttavia di qualche lieve squilibrio sarà esso produttivo nei rapporti industriali e commerciali, non certo per questo dovrà essere trattenuta la società dall'ordinario: non vi è istituto sodale che non importi qualche particolare sacrifizio dei singoli ed è sempre in messo a conflitti e conciliazioni di interessi e di profitti che le umane cose procedono].

§ 25. Altre limitazioni della libertà di stanziamento sono la espulsionee l’assegnazionedi domicilio.

Nell’Impero tedescola libertà di stanziamento dei cittadini dell’Impero ((334)) essendo regolala dalla legislazione imperiale, le prescrizioni intorno alla espulsione ed all'internamento, anche in quanto non si contengano nel Codice penale dell’Impero, poggiano parte su facoltà concesse da una legge imperiale, parte su disposizioni immediate di leggi dell’Impero. I divieti di soggiorno ricorrono nella triplice forma di espulsione dall'Impero, di espulsione dal territorio di uno Stato e di espulsione da una data località.

Secondo il§ 3 della legge sulla libertà di residenza del 1° novembre 1867 ((335)), è lasciato alle leggi dei singoli Stati il disporre quali persone possano, in seguito a condanna penale, venire dall’autorità di polizia assoggettale a limitazioni per ciò che riguarda la residenza.

Alle persone, che soggiaciono in uno degli Stati dell’Impero a tali limitazioni ((336)) o che nel territorio dell’Impero furono, negli ultimi dodici mesi, condannate come mendicanti o vagabondi recidivi, può venire interdetto il soggiorno in qualsiasi Stato dell’Impero, che non sia il loro paese di origine ((337)).

L’espulsione o l’internamento possono inoltre, secondo le leggi imperiali del 4 luglio 1872 e 4 maggio 1874, essere inflitti agli appartenenti all’ordine dei Gesuiti e ad ordini e congregazioni affini ed ai sacerdoti ed altri ministri del culto ((338)). Finalmente, in forza della legge contro i socialisti, possono venire espulsi da certi distretti gli agitatori; se stranieri, possono venire espulsi dall’Impero ((339)).

I mezzi di polizia per l’applicazione delle espulsioni sono il trasporlo co attiro, l’obbligo di tenere un determinato itinerarioe di compierlo in un determinato tempo.

In Austria,il diritto di espulsione spettante alla polizia e la materia del trasporto coattivo sono regolati da una legge speciale ((340)). L’allontanamento per opera della polizia di un individuo da un determinato luogo o territorio per rinviarlo al Comune cui apparlieneo,corrispondentemente, espellerlo dallo Stato, ha luogo o nella forma di allontanamento puro e semplice o in quella di interdizione, cioè, dell’allontanamento accompagnalo dal divieto di mai o prima di un certo tempo ritornare in quel dato luogo. A questa forma si ricorre quando la minaccia alla sicurezza pubblica, alla cui tutela l’allontanamento è inteso, si verifica solo per quel tal luogo, da cui l’individuo deve essere allontanato; ed anche vi si può ricorrere trattandosi di individui, a cui già più volle siasi dovuto infliggere l’allontanamento. Nessuno poi può venire allontanato dal Comune cui appartiene. Queste misure sono applicabili agli oziosi e vagabondi che ricorrono alla carità pubblica, agli individui privi di mezzi, alle donne pubbliche, agli usciti dal carcere o da domicilio coatto, in quanto costituiscano un pericolo per la sicurezza delle persone e della proprietà ((341)). L’applicazione loro ha luogo o col prescrivere alla persona che si vuole allontanare un determinato itinerario da compiersi in un determinato tempo secondo un «foglio di via» da presentarsi nel tragitto alle autorità, o, quando questo modo non appaia possibile a seguirsi, col trasporto coattivo della persona coll’accompagnamento di una scorta ((342)).

§ 26. È nella essenza dello Stato di diritto che esso escluda gli arresti arbitrari ((343)). Epperò, l'arresto è di regola una misura della procedura giudiziaria penale ((344)).

Punto di partenza dello sviluppo del diritto moderno a questo riguardo èia legge inglese (Magna Charta, Habeas-Corpus Act)((345)) la quale non permette di arrestare una persona se non nei casi espressamente specificati dalla legge e dà ad ogni individuo arrestato il diritto che sul suo arresto pronunci il giudice ((346)).

(Sulle guarentigie della libertà personale in Inghilterra, così il Palma((347)).

In Inghilterra, la vecchia libertà anglo sassone era spesso violata dagli arbitrii dei re e dei loro ufficiali. Quindi il famoso articolo della Magna Charta:«Nullus liber homo capiatur velimprisonetur... nisi per legale indicium parium suorum, vel per legem terrae». Parole di barbaro latino, di quei Baroni di ferro,ma così auree e preziose nel loro contenuto che fecero dire a lord Chathamche valevano bene tutti i classici ((348)). — Tuttavia, poiché i re, malgrado i ripetuti giuramenti, seguivano a violare la libertà dei cittadini, ai 27 maggio 1679 il Parlamento costrinse il re CarloII a sancire il famoso Atto dell'Habeas Corpus,a ragione considerato come una delle principali basi della Costituzione e della libertà inglese.

InInghilterra, ogni individuo poteva essere arrestato in quattro modi: 1° per l’antico, oggi disusato, detto hue and cry(hutescum et clamorin basso latino), cioè per pubblico clamore ed allarme, e per publica persecuzione di città in città, a piedi e a cavallo; 2° per opera di semplici privati testimoni del suo flagrante reato di fellonia, o come noi diremmo, di crimine; caso, nel quale è giustificato l’omicidio del fuggitivo nella persecuzione o nella lotta per l’arresto; 3° per opera anche di privati che sospettino un cittadino di aver commesso un crimine, ma in tal caso l’individuo arrestato ha la guarentigia, fallendo la prova, di azione di trespass,cioè di danni ed interessi gravissimi contro il suo persecutore; 4° per opera di ufficiali pubblici nei casi e nei modi voluti dalla legge.

Prima dell’Atto famoso citato del 1679, la libertà del cittadino non era ben guarentita contro gli arbitrii dei governanti nell’ordinare gli arresti, degli agenti nell'eseguirli, recando poi gli arrestati davanti al magistrato; nel dovere di questi di subito interrogarli, liberarli quando non ci fossero sufficienti motivi di arresto e di metterli in libertà sotto cauzione quando non si trattasse di gravi reati.

Fin dagli antichi tempi, per la cosidetta common law,cioè per l’antico diritto consuetudinario, non scritto, era riconosciuto ai detenuti, tranne che per crimini o per debiti, il diritto di domandare a una Corte di giustizia, a quella del Banco del re e anche alla Cancelleria, un writ od ordine a tutte le persone che avevano in potere una persona di presentarla al magistrato per esserne convalidata la detenzione, od ordinata la libertà pura e semplice o sotto cauzione: atto detto Habeas Corpusdalle sue prime parole Habeas Corpus ad subjiciendum,dal verbo subjicereche vuol dire qui consegnare, presentare. In tal guisa si aveva rimedio contro le arbitrarie ed illegali detenzioni. Il male consisteva in ciò, che si era protetti contro le violenze private, non contro quelle del Governo; non mancando dei giudici i quali, segnatamente sotto Carlo le II, opinassero e sentenziassero che «un ordine della Corona bastava per detenere un uomo senza che vi fosse neppure l’obbligo di indicare il motivo pel quale egli era arrestato».

Quindi l’Atto famoso del 1679 intitolato «Atto per meglio guarentire la libertà dei sudditi e per prevenire l’invio dei prigionieri oltre mare», ché è l’atto detto comunemente dell’HabeasCorpus.In virtù di esso ogni individuo arrestato e non detenuto per causa di fellonia o di tradimento, specialmente indicata nell’ordine di arresto, deve avere dal lord Cancelliere o da uno dei 12 giudici delle Corti superiori un writdi Habeas Corpus,in forza del quale deve essere condotto in un dato termine davanti al magistrato, che è obbligato a lasciarlo libero, sotto cauzione di ripresentarsi davanti ai tribunali. Inoltre, tutti gli arrestati per causa di tradimento contro lo Stato o por fellonia, cioè per gravi reati o crimini, 1 quali non siano ammessi a libertà sotto cauzione, quando fossero nel tempo determinato messi in stato di accusa e giudicati, devono essere liberati sotto cauzione pel caso in questione. Quel che è più e veramente caratteristico della saggezza inglese, ogni giudice convinto di aver negato un atto di Habeas Corpus, incorre nell'ammenda di 500 sterline a profitto del prigioniero. I condannati, salvo quelli che sollecitassero la deportazione, non potevano essere trasportati fuori dell'Inghilterra propriamente detta, pena ancora ai prevaricatori l'ammenda dì 500 sterline aumentata del triplo delle spese e l’interdizione dai pubblici uffici. Al re ateneo fu vietato di far loro grazia. Ogni carceriere fu obbligato inoltre a comunicare all’arrestato, sei ore dopo la sua domanda, copia del warranto mandato di cattura, pena la multa di 100 sterline, e in caso di recidiva 200 e l'interdizione dai pubblici uffici. Ogni liberato per writdi Habeas Corpusnon potè più essere arrestato per la stessa causa, pena 500 sterline. Il termine massimo per condurre un prigioniero davanti a un giudice fa determinato in 20 giorni. Cotesto atto proteggitore della libertà dei sudditi fa statuito non poter essere sospeso se non coll'assenso del Parlamento, non già per pretesto di ragion di Stato.

Per tal guisa il re non potè più far ordinare arresti arbitrari. Soltanto il Consiglio privato, i segretari di Stato, i giudici superiori ed i giudici di pace possono rilasciare mandati di comparizione (warrants of appear)e di cattura (of apprehension). Ma tali warrantsod ordini di privare un cittadino della sua libertà personale debbono essere io iscritto, debbono contenere l'autorità del magistrato che li emette, la sua firma e il suo suggello, non possono essere generali, ma debbono designare la persona da arrestare e la causa dell’arresto. Mancando questi dati, il carceriere deve rifiutarsi di ricevere un arrestato.

Ogni giudice di pace del Regno ha il potere discrezionale di emettere mandati di comparizione e deve farlo quando vi siano sospetti contro qualcuno di fellonia, un denunciatore giurato e indizi ragionevoli. Il mandato del giudice di pace ha vigore nella sua circoscrizione; altrove, deve essere firmato ancora da un altro giudice de) luogo, che non può rifiutare salvo gravi motivi. I mandati dei giudici supremi hanno vigore in tatto il Regno. 1 mandati di arresto devono essere emessi anche quando l’arresto sia avvenuto per flagranza. L’arrestato in flagrante o per legale mandato deve essere senza indugio (non di notte però) condotto davanti al magistrato per essere interrogato, n magistrato deve rilasciarlo in libertà se in seguito alle sommarie informazioni non glisembri esservi fatti o indizi sufficienti a suo carico; ovvero inviarlo in prigione, oppure ammetterlo in libertà sotto cauzione. Le cauzioni, nei casi gravi, come tradimento, assassinio, incendio, non sono ammesse. Quando lo sono, non debbono essere eccessive: variano da 80 sterline pei popolani, a 300 pei notabili, a 600 pei grandi proprietari, a 1200 pei Pari al maximum. Non si ammettono cauzioni in caso di arresto per ordine del Parlamento o di giudici a causa di irriverenza (contemptof court);in caso di fellonia il Banco del re può ammettere per eccezione a codesto benefizio. Quando si rifiuta la cauzione, si emette dopo l'interrogatorio un mandato definitivo di deposito (warrant commitment)che deve contenere con precisione il capo di accusa, e ciò obbliga il carceriere a non rilasciarlo se non per sentenza o per via di diritto.

Anche le visite domiciliari rimesse al giudizio del giudice richiedono un regolare mandato (search warrant),ma tutto deve essere ben precisato. Sono del pari vietati gli ordini generali della perquisizione (General search warrants). Le visite domiciliari di notte sono ammesse in casi di estrema urgenza, segnatamente per le case sospette.

Giacomo II non rispettò quel famoso Atto. Come aveva usurpato il potere di dispensare dallo leggi, creò abusivamente una nuova High Commissionper l’amministrazione della Chiesa e per comandare ai collegi ed alle scuole anche se fondate dalla liberalità dei privati. Tutti gli insegnanti laici ed ecclesiastici erano alla mercé del re; poteva chi gli piacesse esser citato davanti alla Commissione; non gli si comunicava atto di accusa, lo si imprigionava anche a vita e inappellabilmente. Ma la nazione reagì e Giacomo II finì col perdere la corona. Il Bill of rightsriconsacrò le vecchie preziose e gloriose franchigie. Quindi le celebri parole di lord Chatamin lode e celebrazione del vecchio vanto del cittadino inglese: la mia casa è il mio castello (My home is my castle): La casa di ogni uomo è detta il suo castello. Perché? Forse perché è circondata da fossato o chiusa da una muraglia? No, essa potrà essere una capanna di paglia, il vento potrà fischiarvi intorno, la pioggia entrarvi, non già il re d’Inghilterra»].

In Francia,le Costituzioni de) 1791, de) 1793 e dell’anno Vili garantirono la libertà personale — sulla carta; così pure la Costituzione dell'anno Vili (articolo 82),-però con una riserva degna di nota (art. 46) pei casi di sospetto di cospirazione contro lo Stato, rispetto ai quali, mentre quest’ultima Costituzione prescriveva ancora che l’arrestato fosse nei dieci giorni o rilasciato in libertà o rinvialo alla giustizia ordinaria, il Senatus-consulto del 16 termidoro X dispose (art. 55) che il Senato avesse a stabilire quando tali individui dovessero venir tradotti davanti al giudice ove ciò non fosse avvenuto entro i dieci giorni. Il Senatus-consulto del 28 floreale XII (Costituzione imperiale) trasferì tale attribuzione ad una Commissione del Senato (art. 60 e seg.) detta — lucus a non lucendo —«Commissione senatoria della libertà individuale». Il colmo dell’arbitrio della polizia è segnalo dal decreto riguardante le prigioni di Stato del 3 marzo 1810, il quale risuscitò, se anche sotto altra forma, il sistema delle lettres de cachetco) disporre che in base ad una Risoluzione dell’Imperatore presa nel Consiglio privato, potessero trattenersi nelle prigioni di Stato le persone rispetto alle quali non apparisse «conveniente» né il tradurle davanti al giudice né il rilasciarle in libertà. La Risoluzione valeva, sì, soltanto per un anno, ma poteva ogni anno venir rinnovata. Le Costituzioni del 1814 (art. 4), del 1830 (art. 4) e del 1848 (art. 2) ritornarono al principio secondo cui nessuno può essere arrestato se non nei casi e nelle forme stabilite dalla legge ((349)).

Le Costituzioni imperiali del 1852 e del 1870 stettero paghe a confermare, come base del diritto pubblico, i «grandi principi! del 1789», locché non tolse che nella pratica fossero violati. Questi «principi!» del 1789 si considerano come tuttora in vigore anche sotto la Costituzione del 25 febbraio 1875 ((350)).

Negli Stati dell’Impero tedescol’arresto può aver luogo solo nei casi e nelle forme stabilite dalla legge.

La garanzia contro l’arresto arbitrario è inoltre scritta nelle Costituzioni degli Stati Uniti((351)), del Belgio((352)), dell’Alsazia((353)) e dell’Austria((354)).

[In Italia, secondo le disposizioni del Codice di procedura penale del 1865, si potevano detenere non solo gli imputati di crimini punibili conpene superiori alla interdizione da pubblici uffici, ma in regola generale anche quelli di delitti punibili con più di tre mesi di carcere. Quindi la enormità, di 28 mila imputati contro 17 mila condannati nelle case italiane di giustizia al 31 dicembre 1871; e nel 1873 di 194108mila individui detenuti preventivamente, di cui 93638rilasciati in seguito a ordinante di non luogo a procedere. — Quindi il progetto del guardasigilli Vigliamide! 3 dicembre 1873, chedivenne l’importantissima legge Mancini del 30 giugno 1876 modificante le disposizioni del Codice di procedura penale relative ai mandati di comparizione e di cattura ed alla messa inlibertà provvisoria degli imputati. In virtù di tal legge, quando si tratta di un crimine o di un delitto che importi la pena soltanto della interdizione dai pubblici uffici, il giudice, in caso di indizidi reità contro qualcuno, rilascia contro di lui un mandato di comparizione, ossia l’ordine di presentarsi davanti al giudice incaricato dell'intenzione per essere interrogato sulla imputazione ascrittagli. Può essere rilasciato mandato di cattura nei casi di delitto recante una pena di più di tre mesi di carcere quando si tratta di già condannati a pene criminali, di oziosi, vagabondi, mendicanti ed altri sospetti, grassatori, ladri, truffatori, borsaiuoli, ricattatori; quando si tratti di ribellioni, oltraggi o violenze contro i depositari della pubblica autorità od agenti della forza pubblica; d’imputati per delitti di fabbricazione, introduzione, vendita e detenzione d’armi, condannati precedentemente per resistenza o violenza contro la forza pubblica; d'imputati di farlo, scrocco o frode punibile con più di tre mesi di carcere. Negli altri crimini, a meno che non si tratti degli individui suindicati o non domiciliati nel Regno, il giudice può rilasciare mandato di comparizione o di cattura, o convertir quello in questo, dopo l’interrogatorio. secondo la gravità degli indizi e delle circostanze dimostranti la necessità di assicurarsi della persona. Se però l’imputato, punibile almeno con tre mesi di carcere, non obbedisce e non se ne giustifica, il mandato di comparizione si converte io mandato di cattura Continua il diritto del giudice, che in caso di crimine abbia soltanto rilasciato mandato di comparizione, di ordinare, sotto pena di convertirlo in cattura, che l'imputato si tenga lontano da un determinato luogo. Il mandato di cattura non può esser rilasciato sulla sola querela o denuncia «a meno che siavi sospetto di fuga dell’imputato, o si tratti di denuncia officiale accompagnata da verbali o da altri documenti che somministrino bastevoli indizi di reità» (art. 186 Codice proc. pen.). Esso deve essere revocato quando il corso dell'istruzione non lo chiarisse più necessario.

Appena occorre il dire che i mandati di comparizione e di cattura non debbono estere generali, ma debbono enunciare il nome, il cognome, il soprannome dell’imputato, la paternità, l'età, la professione, il domicilio; debbono essere firmati dal giudice e dal cancelliere e muniti del sigillodel tribunale.L’arrestato deve essere tradotto davanti all'autorità che ha rilasciato il mandato. Gli arrestati in flagrante, per fatti che non possono dar luogo a mandati di cattura, debbono essere rilasciati in libertà dopo f interrogatorio; negli altri casi il giudice deve procedere all'interrogatorio 24 ore dopo aver avuto conoscenza dell’arresto e comunicare gli atti al Pubblico Ministero.

Sopratutto, la citata legge del 1876 ha largheggiato nella concessione della libertà provvisoria. Questa può essere concessa agli imputati di crimini punibili di pena a tempo, detenuti o presentatisi spontaneamente, mediante una conveniente cauzione e la promessa di presentarsi a tutti gli atti di istruzione e per la esecuzione del giudizio tostoché ne saranno richiesti. Pei presentatisi spontaneamente ha luogo dopo la presentazione e l’interrogatorio; pei detenuti può essere differita sino al compimento degli atti di interrogatorio, di ricognizione e di confronto. Nei casi di rinvio di una accusa criminale a un tribunale correzionale, la libertà provvisoria, di regola, si ordina senza dazione. Non possono però, segnatamente sui risultati del corso d’istruzione, essere ammessi alla libertà provvisoria in nessun caso gli oziosi, i vagabondi e i sospetti, i già condannati a pene criminali, gli imputati di delitti recidivi di furto, scrocco o frode, gli crestati per crimini in flagranti, perseguitati dalla vittima o designati dal pubblico cla(m)ore, gli imputati di delitti di ribellione o violenza contro la forza pubblica. La libertà provvisoria non è ammessa dopo una sentenza di accusa criminale. Anche ammettendolo alla libertà provvisoria, l'imputato può essere obbligato a tenersi lontano da un determinato luogo o ad abitare in un dato Comune, o a non uscire dal Comune sede del tribunale, od anche a presentarsi ogni giorno davanti all'autorità. Gli imputati indigenti possono essere ammessi a libertà provvisoria anche senza cauzione, quando Riaccertata la loro moralità; fermo però l’obbligo loro di dichiarare il Comune di loro residenza e di non potercene assentare sotto pena di arresto, senza il permesso dell'autorità che ha emesso l'ordinanza della loro libertà provvisoria.

Con siffatte restrizioni nei mandati di cattura e larghezze nella libertà provvisoria degli imputati, osserva il Palma((355)), tenendo conto del nostro stato sociale e della facilitò a delinquere di tanta parte della nostra popolazione, si è piuttosto ecceduto che scarseggiato nel guarentire la libertà individuale dei cittadini.L’Italia ha oramai da invidiare ad altre nazioni la prontezza nell’amministrazione della giustizia, la vigorosa repressione dei reati, la protezione della vita, della proprietà, della libertà e dei diritti dei pacifici cittadini, non già le guarentigie costituzionali e legislative in favore di quelli che possono essere soggetti ad imputazioni»].

L'arresto come misura di polizia (custodia di polizia) è ammesso solo entro ristretti limiti.Esso può aver luogo solo quando la sicurezza, la moralità o la tranquillità pubblica ((356)) non possono essere altrimenti tutelate.

[§ 26 bis.Della sospensione delle guarentigie di libertà individuali((357)). — I popoli realmente liberi e che seppero mantenere la libertà, seppero obbedire alla necessità di governarsi straordinariamente secondo le esigenze della condizione politica, rinvigorendo in tali casi lo Stato legalmente mediante i pubblici poteri legittimi ((358)). Ve ne furono di quelli che professarono la inviolabilità assoluta di codesti pretesi diritti innati degli individui; ma le necessitàdello Stato e della sua conservazione furono superiori a tutti i sofismi ed alle fantasie dei rètori e si dové, o in un modo o in un altro, fare ciò che bisognava, illegalmente e violentemente. L’Inghilterra, invece, la quale fu ed ècosì gelosa della sua libertà e particolarmente dell'Habeascorpus,ha potuto mantenerla perché nelle necessità dello Stato il Parlamento conferì legalmente al governo i più larghi poteri occorrenti, cioè, sospese l'Habeas corpus,salvo ai ministri a render poi conto del potere eccezionale loro confidalo. Colà, ogni volta che Tallo di sospensione non ha ammesso particolari addolcimenti, le persone cui si è applicato non han potuto reclamare le note guarentigie, né il beneficio della cauzione, né la loro messa in giudizio in un tempo determinato; ed è stato sempre di uso, cessando i poteri eccezionali, che il Parlamento adottasse un Bill d'indennitàper mettere al coperto i magistrati agenti nello interesse pubblico. Si può dire che nella storia inglese le sospensioni delle guarentigie costituzionali non si possono coniare; specie per l’Irlanda, le sospensioni ricorrono, in questo secolo, ad ogni decennio. Per dirne alcun che, l’Atto del 20 dicembre 1847 «per la miglior prevenzione dei crimini e delle violenze in certe parti d’Irlanda» che doveva valere fino al 1849, diè al Luogotenente d’Irlanda facoltà di ordinare con suo proclama le parli dell’isola cui si sarebbe applicalo; ed ivi di vietare la detenzione di armi altrove che nella propria abitazione e di ordinarne la confisca, ad eccezione dei giudici e degli agenti della pubblica forza; conferì a questi il potere di perquisire ed arrestare gli uomini sospetti di portar armi, di ricercarne anche a forza le case per confiscarle, però fra il sorgere ed il calare del sole. L’Atto del 30 giugno 1856, che doveva valere fino al 1858, richiamò in vigore, con qualche modificazione, quello del 1847. Ma poiché i disordini non cessarono, Tatto del 4 aprile 1870 «per la preservazione della pace in Irlanda» revocò le precedenti concessioni di porlo d armi, diè facoltà di emettere mandali di perquisizione nelle case dei privati sospetti di tenere armi e di mandare lettere minatorie; impose a chiunque potesse esser credulo ragionevolmente di conoscere qualche cosa dei misfatti avvenuti, di comparire in giustizia a dare schiarimenti. Il Lord luogotenente, col concorso del Consiglio privato, ebbe facoltà di proclamare quei distretti cui sarebbe applicabile; e in essi ogni giudice di pace ebbe facoltà di far arrestare o di obbligare a cauzione tutti gli individui sospetti trovali «ii notte per i campi o per le vie, di far chiudere di notte i luoghi pubblici, di arrestare le persone estranee al distretto; di ammonire quei giornali che al Lord luogotenente paressero contenere «incisioni, argomenti ed espressioni atte ad eccitare o propagare il tradimento, la sedizione o qualsiasi fellonia Ma poiché i disordini continuavano in Irlanda, segui l'Atto del 16 giugno 1871. «Attesoché, vi si pose a preambolo, una società illecita ed una segreta con giura della Ribbon, esiste attualmente e devesi attribuire all'esistenza di sii fatta società che nei distretti suindicati siano stati commessi degli omicidi ed altri crimini gravissimi; dalla quale condizione di cose, come pure dalla simpatia verso gli autori dei reati, e più ancora dalterrore incusso dalla della società, deriva che le leggi esistenti furono ravvisate insufficienti alla protezione della vita e della proprietà; attesoché è necessario per le premesse cose che altri provvedimenti siano dati allo scopo di proteggere in quei distretti la vita e la proprietà», fra le altre facoltà date al Lord luogotenente era disposto all’art. 7: «dopo il 1° gennaio 1871 ogni persona abitante nei distretti cui si riferisce quest'Atto, sopra la quale, a giudizio del Lord luogo tenente, cadesse ragionevole sospetto di appartenere alla società Ribbon, di mantenere diretta o indiretta corrispondenza colla medesima e di sostenerla mediante contribuzione di denaro, o di esercitarvi qualche funzione, o di aver preso parte a reati commessi sotto la direzione od influenza di essa, può essere arrestata in qualunque parte dell'Irlanda e detenuta mercé ordinanza firmata dal Lord luogotenente o dal segretario capo». E nonostante qualunque statuto in contrario, si vietò a qualunque giudice di scarcerarla mediante atto di Habeas corpus. La nuova legge inglese del 12 luglio 1882, dopo l’assassinio di Cavendish e di Burke, riunendo ed amplificando le precedenti, autorizzò il governo alla interdizione delle pubbliche riunioni ed agli arresti discrezionali, ecc.; assoggettò il paese intero alla osservanza del cosiddetto coprifoco;impose più gravi pene ai testimoni recalcitranti, agli intimidatori (bycotting)non che le indennità alle vittime dei crimini agrari a carico delle località dove venissero commessi, ecc.

Anche negli Stati Uniti il Congresso, nelle circostanze gravi, sospese le guarentigie dei diritti individuali, l'Habeas corpuse il giurì; ed il Presidente ebbe facoltà di istituire, al disopra dei poteri ordinari degli Stati, cui appartiene la giustizia, delle Commissioni o dei giudizi militari per tutta la federazione. Così, l’Alto del 1871 detto Enforcement Actper proteggere i Negri e reprimere i Kuklux((359)), alterò perfino il principio costituzionale che conferiva la cura della pubblica sicurezza agli Stati, devolvendola al Presidente e alle Corti federali. Il Presidente ebbe facoltà di inviare nel Sud delle truppe, di requisire le milizie locali per reprimere le violenze dei Bianchi; di sospendere secondo le esigenze dell’ordine pubblico, a suo giudizio, l’Habeas corpus,il che vuol dire si conferì ai suoi agenti civili e militari la libera facoltà di arrestare e perquisire gli individui e le case sospette, la sospensione del diritto degli arrestati di esser subito tradotti davanti a un magistrato per ottenere la libertà personale, nei casi ammessi dalla legge; diritti, che nell'America, come nella vecchia Inghilterra, erano e sono sempre reputali condizioni della libertà, ma che suppongono uno stato sano della società e che sono sempre subordinati alla conservazione sociale e al fine della società medesima].

§ 26 ter. Alla polizia della sicurezza individuale anche appartiene quella che a potiorìfu della «polizia delle armi». Invero, trattasi qui non solo di limitazioni per ciò che riguarda il porto di armi proprie (Codice penale tedesco, § 367, n. 9: è punito «chi contro il divieto della legge espone in vendila o porta con se armi perforanti, contundenti od esplodenti nascoste in bastoni o canne o in altro simile modo»), ma in genere di norme di polizia intorno agli oggetti, dal cui uso può derivare un pericolo per la vita o per la salute altrui ((360)). Un esempio recente è offerto dalla legge imperiale tedesca del 9 giugno 1884 contro l'uso delittuoso e pericoloso per la comunità di materie esplosive.

[In Italiala polizia delle armi è disciplinata dal capo IVdel tit. in della legge 23 dicembre 1888 sulla pubblica sicurezza del Regno e dal cap. Idel tit. II, libro III, del Codice penale.

Secondo la legge sulla pubblica sicurezza, non si possono stabilire fabbriche d'armi proprie, né importare armi dall'estero In quantità eccedente il proprio uso senza darne preventivo avviso al prefetto della provincia (art. 13). Il commerciante o fabbricante d'armi proprie non può trasportarle fuori del suo opificio o negozio senza preventivo avviso all’autorità locale di pubblica sicurezza (art. 14). — Non possono portarsi fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa armi lunghe da fuoco senza la licenza dell'autorità di pubblica sicurezza del circondario (art. 15). Il prefetto della provincia può concedere la licenza di portare la rivoltella o la pistola di qualunque misura, o il bastone animato, purché la lama non abbia una lunghezza inferiore a 65 centimetri (art. 16). La licenza non può però essere accordata a chi abbia subito condanna a pena restrittiva della libertà personale per tempo superiore a 3 anni e, qualora la pena avesse importato la interdizione, non abbia ottenuto la riabilitazione, né a chi è ammonito o sottoposto alla sorveglianza speciale della pubblica sicurezza. Può rifiutarsi a chi fu condannato a pena minore di 3 anni e non può provare la sua buona condotta. Al minore non emancipato non può essere accordato il porto d'armi; è però in facoltà del prefetto di accordare la licenza per l'arma lunga da fuoco al minore che presenti il consenso scritto del padre o del tutore ed abbia compiuto il 16° anno (art. 17|. La licenza ha la durata di un anno e viene revocata anche prima della scadenza per cattiva condotta o per abuso dell'arma. Verificandosi poi in qualche provincia o Comune condizioni anormali di pubblica sicurezza, il Ministro dell’interno può revocare in tutto o in parte, con pubblico manifesto, le licenze di portar armi (art. 18). Finalmente, senza un giustificato motivo non possono portarsi fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa gli strumenti da taglio o da punta atti ad offendere, specificati dal Regolamento.

Secondo poi il Codice penale del 1889, chiunque, senza prima averne dato avviso all'autorità competente, stabilisce una fabbrica d'armi, o introduce nello Stato una quantità d’armi eccedente il proprio uso, è punito con l’arresto sino a 3 mesi o con multa da lire cinquanta a mille (art. 460). Chiunque, senza licenza dell'autorità competente, fabbrica o introduce nello Stato, ovvero smercia o pone in vendita armi insidiose ((361)), è punito con l'arresto per un tempo non inferiore a sei mesi e con la sospensione dall’esercizio della professione o dell’arte (art. 461). Chiunque smercia o pone in vendita armi senza licenza dell'autorità competente quando tale licenza sia legalmente prescritta, è punito con l'arresto sino ad un mese e con l’ammenda da lire cinquanta a cinquecento (art. 463). Chiunque, senza licenza dell’autorità competente e fuori della propria abitazioni o delle appartenenze di essa, porta armi per le quali occorra la licenza, è punito con l’arresto sino ad un mese o con l'ammenda sino a lire duecento, con l'arresto sino a quattro mesi se l'arma sia una pistola od una rivoltella e da un mese ad un anno se l'arma sia insidiosa (art 464); e queste pene sono aumentate di un terzo se l’arma si porti in luogo ove sia adunanza o concorso di gente, o di notte in luogo abitato, o se il colpevole sia stato condannato per mendicità; da un terzo alla metà se il colpevole sia stato condannato per delitti contro la persona o la proprietà, commessi con violenza, ovvero per violenza o resistenza all'autorità, o se trovisi sottoposto alla vigilanza speciale dell’autorità di pubblica sicurezza; e li applica sempre la pena dell’arresto (art. 465). È punito con l'ammenda sino a lire cento chiunque, ancorché provveduto della licenza di porto d'armi da sparo, consegna o lascia portare una di tali armi carica a persona in età minore dei quattordici anni, o a qualsiasi persona che non sappia o non possa maneggiarla con discernimento; trascura di adoperare nella custodia di dette armi le cautele valevoli ad impedire che alcuna delle mentovate persone giunga ad impossessarsene facilmente; porta un fucile carico in luogo ove sia adunanza o concorso di gente (art. 466).

Per ciò che riguarda la polizia delle materie esplodentisecondo la legge sulla pubblica sicurezza del 23 dicembre 1888, senza licenza dell'autorità di pubblica sicurezza del circondario e la osservanza delle prescrizioni a cui è vincolata, non possono tenersi in casa, né trasportarsi per conto proprio o di privati, polveri da sparo od altre materie esplodenti in quantità superiore a 5 kg. Per la dinamite ed altre materie a base di nitro glicerina la licenza è necessaria per qualsiasi quantità. Il contravventore è punito con rammenda sino a lire trecento, o con l’arresto sino ad un mese (art. 21). L'impianto di polverifici, di fabbriche di fuochi artificiali e di altri opifici nei quali si lavorano polveri ed altre materie esplosive è soggetto alla licenza del prefetto, che non può accordarla senza le necessarie garanzie per la vita delle persone e per le proprietà. Il contravventore è punito a termini dell’art. 462 del Codice penale, cioè conl'arresto sino a tre mesi, e con l’ammenda sino a lire cinquecento. Con la stessa pena è punita la lavorazione non autorizzata di polveri, di fuochi d’artifizio e di materie esplosive (art. 22). La licenza dell’impianto di polverifici e di altri opifici nei quali si lavorano materie esplosive è inoltre vincolata all’assicurazione della vita degli operai (art. 23. Finalmente, senza la licenza dell'autorità di pubblica sicurezza e la osservanza delle prescrizioni a cui verrà vincolata, non possono spararsi armi da fuoco, mortaretti, né lanciare! razzi, accenderei fuochi d'artifizio, innalzarsi arenatati con fiamme, o in generale farsi esplosioni o accensioni pericolose od iucomode negli abitati e nelle loro vicinanze, né contro o lungo Ihvie pubbliche. Il contravventore è punito a termini dell’art. 467 del Codice penale, cioè con rammenda fino a lire cinquecento, alla quale può essere aggiunto, nei casi più gravi, l'arresto sino a quindici giorni (art. 24).

Passaporti e obbligo di notificazione all'Autorità

§ 27. I passaporti,come carie di legittimazione pei viaggiatori, ricorrono, in Germania((362)), dopo la guerra dei Trentanni, primamente sia per scopi di polizia sanitaria, sia come mezzo per la sorveglianza della bassa popolazione errante (garzoni di mestiere, Ebrei) da parte della polizia.

Mentre la legge inglesenon ha mai stabilito nessun obbligo di passaporto e in genere nessun sistema di polizia degli stranieri ((363)), la Franciaè il paese dove, e precisamente ai tempi della Rivoluzione, la polizia dei passaporti fu primamente eretta a sistema di legge ((364)): i cittadini e gli stranieri, che escono dal territorio del cantone dove hanno la loro residenza, debbono essere muniti di un passaporto, che di regola è, per viaggiare all’interno, rilasciato dalla municipalità, per andare all’estero è rilasciato dal sottoprefetto ((365)) (a Parigi, in entrambi i casi, dal prefetto di polizia). — Il passaporto vale per un anno ((366)).

Gli Stati tedeschinon tardarono a seguire l’esempio della Francia. Il passaporto, almeno per ciò che riguarda il movimento attraverso i confini dello Stato, assunse importanza e carattere di una licenza di viaggiare; e invero, si riteneva come un «principio della polizia generale interna» che «nessun suddito poteva andar fuori dello Stato senza l’espresso consenso del Principe» ((367)); e, naturalmente, anche lo straniero abbisognava di tale consenso per entrare e rimanere nel paese. E gli impacci e le molestie crebbero quando si aggiunse l’obbligo di presentare il passaporto all’autorità di polizia pel «visto» e, per chi avesse voluto rimanere in un luogo oltre un certo termine, l’obbligo di procurarsi una «carta di permanenza» ((368)).

L’istituto fu, in Germania, reso meno molesto dalla Convenzione dei passaporti del 21 ottobre 1850 che abolì il visto pel movimento interno; finché la Convenzione del 7 luglio 1865 riconobbe il principio della libertà di circolazione. L’ultimo stadio del diritto tedesco al riguardo è segnato dalla legge federale, ora imperiale, sui passaporti del 12 ottobre 1867 ((369)).

Secondo questa legge non vi è, né pei nazionali né per gli stranieri, obbligo di passaporto. Le carte di permanenza sono abolite. L’ottenere un passaporto è, pel tedesco, un diritto, non un obbligo. Il passaporto non è che una carta di legittimazione. Ogni viaggiatore è bensì tenuto a dare, ad ogni richiesta dell'autorità, contezza di sé; ma ciò esso può fare non solo col presentare il suo passaporto, ma in qualunque altro modo. — Quando la sicurezza dell'Impero o di uno dei suoi Stati, oppure l'ordine pubblico apparisce minacciato da guerra, torbidi interni od altri eventi, l’obbligo del passaporto può, o in generale, o per un determinato distretto, o per le provenienze da certi Stati, essere stabilito con Ordinanza imperiale. — I passaporti sono rilasciati dalle ambasciate dell’Impero e dei singoli Stati, dai consoli, dai ministeri degli esteri e dalle autorità di polizia.

La legislazione austriaca((370)) contiene disposizioni più gravose. I nazionali debbono, per viaggiare all’interno, essere muniti di una carta di legittimazione (corrispondentemente, di un libretto di servizio o di lavoro con clausola di legittimazione), la quale dura un anno; per andare all’estero, di un passaporto; gli stranieri che viaggiano in Austria debbono essere muniti di un passaporto o di sufficienti recapiti. Non tutte però queste disposizioni sono rigorosamente applicate.

In Italia,l’art. 65 della legge sulla pubblica sicurezza del 1865 disponeva che ogni cittadino fuori del circondario al quale apparteneva dovesse, sulla richiesta degli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza, dare contezza di sé mediante la esibizione del passaporto rilasciato dall'autorità competente, del libretto di servizio o di lavoro o di qualche segno, carta o documento sufficiente ad accertare la identità della persona, o la testimonianza di persona dabbene. Ove non avesse potuto farlo, veniva accompagnalo dinnanzi all’autorità locale di pubblica sicurezza, la quale poteva o munirlo di foglio di via obbligatorio a rimpatriare, o, secondo le circostanze, farlo anche accompagnare dalla forza.

L’«obbligo di notificazione» (Meldepflicht)all’autorità ((371)), come disposizione di polizia locale, fu introdotto quasi contemporaneamente all’obbligo del passaporto, ed ancor dura come tale ((372)). Esso è imposto o direttamente allo straniero (viaggiatore) o all’albergatore, corrispondentemente, a chi dà alloggio.

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NOTE

(1) V. anche la divisione di G. Mever, Trattato di diritto amministrativo tedesco, 1, § 46.

(2) In L Stein, oltre all'alta ed alla bassa polizia di sicurezza, trovasi pure distinta una «polizia individuale» (EINZELpolizei). Se non che questa rientra nel concetto dell’alta polizia di sicurezza, come quella, che mira a rimuovere pericoli minacciati alla sicurezza pubblica e all’ordine giuridico dall'individuo; la bassa polizia di sicurezza (polizia della sicurezza individuale in E. Schulze) mira a rimuovere i pericoli minacciati all'Individuo.

(3) La Ubertàdi associazionee di riunioneè a ragione universalmente riguardata come una delle condizioni essenziali di una vita politica libera.

(4) V. Genzmer, L'attività di polizia in materia penale secondo le leggi giudiziarie dell'Impero e il diritto prussiano,Berlino 1881; Hofling, Le autorità di polizia nell'attività loro come ausiliari del Pubblico Ministero e come giudici di polizia,Lipsia 1881; Orloff, Trattato di polizia criminale secondo le leggi dell’Impero tedesco,Lipsia 1881.

(5) V. Bluntschli, Teoria dello Stato moderno,II, pag. 654.

(6) Secondo il diritto generale prussiano (Parte II, Tit. 6, § I) «per società s’intende ogni unione di più membri dello Stato per uno scopo finale comune».

(7) Oltre alla legislazione, di cui ci occuperemo più avanti, della Germania, dell’Austria, dell’Inghilterra, della Francia e dell'Italia, v.: Costituzione belga,§ -0, la quale proclama la libertà di associazione proscrivendo le misure preventive; — Costituzione olandese,§ 10, la quale proclama anch’essa la libertà di associazione, salve le limitazioni portate dalla legge per considerazioni d'ordine pubblico; — Costituzione svizzeradel 1848, art. 46, e del 1874, art. 56, secondo coi «i cittadini hanno diritto di formare associazioni, in quanto queste né per il loro scopo, né per i loro mezzi, non siano contrarie alla legge o pericolose allo Stato. Le disposizioni intorno all’abuso di questo diritto sono di competenza della legislazione cantonale».

(8) V. su questo riguardo Gierke, Il diritto tedesco sulle associazioni,vol. ni, e lo stadio di Sohm nell'Annuario di Legislazione, Amministrazione e Economia sociale di Schmoller, vi (1882), pag. 803.

(9) V. sa questo riguardo Zirkel, Il diritto di associazione dei cittadini,1834.

(10) Diritto generale prussiano, parte il, tit. 6, § 3: «Le società il cui scopo e i cui atti turbano la quiete, la sicurezza e l'ordine pubblico, non sono nello Stato tollerate. § 4: «anche società in sé non inammessibili possono essere dallo Stato vietate quando riescano di impedimento o di danno ad altri intenti od istituti di utilità generale. Vedi pure il § 185, parte II, tit. 20 sulle società segrete. L'Editto del 20 ottobre 1798 proibiva affatto le associazioni politiche.

(11)La sostanza della deliberazione della Dieta federale era la seguente: in tutti gli Stati della Confederazione germanica potevano essere tollerate soltanto quelle associazioni, che potevano dimostrare che i loro scopi erano conformi alle leggi federali e dello Stato e che non costituivano un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica; quindi le associazioni dovevano essere assoggettate ad un continuo controllo. Quanto alle associazioni politiche, in quanto esse non erano dalla legislazione dello Stato vietate ti o non abbisognavano, caso per caso, dell'approvazione dell’autorità, i Governi dovevano essere in grado di sottoporle, secondo le circostanze, a limitazioni e proibizioni temporanee. I minorenni, gli scuolari e gli studenti non potevano farne parte. Ogni unione delle associazioni politiche con altre associazioni era proibita. In tutti gli Stati federali, non solo il Governo doveva avere il diritto di far sorvegliare dall’autorità le adunanze delle associazioni che, senza essere specialmente riconosciute o autorizzate dallo Stato, si occupassero di cose politiche, ma i relativi rappresentanti dell’autorità dovevano avere il diritto di sciogliere tali adunanze in quanto non si fossero osservate le formalità prescritte per la loro convocazione, oppure l’oggetto dello discussioni consigliasse tale scioglimento nell’interesse del mantenimento del rispetto delle leggi, come pure della sicurezza e dell’ordine pubblico. Le adunanze ed associazioni della forza armata erano vietate. Nell’interesse della sicurezza comune tutti i Governi federali si obbligavano a sciogliere entro due mesi le associazioni operaie che ancora esistessero nel loro territorio e che si proponessero scopi politici, socialistici o comunistici e di proibire, colla comminazione di pene, l’ulteriore fondazione di associazioni siffatte.

(12) Una collezione delle principali leggi su questo riguardo v. in E,Lisci!, Le leggi tedesche sulle associazioni,2 ediz., Berlino, 1881.

(13) V. tali disposizioni in Lòning, Trattato di diritto amministrativo tedesco,pag. 272.

(14) Codice penale tedesco, § 128 e 129.

(15) V. specialmente il § 49 della legge militare imperiale del 2 maggio 1874, che proibisce ai militari appartenenti all'esercito attivo di partecipare ad associazioni politiche.

(16) Di quest’ultima disposizione si potrebbe quasi dire che essa è efficace solo finché non è necessaria. L’eluderla riesce facilissimo.

(17) V. Sarwey, Diritto politico wurtemburghese,I, pag. 214.

(18) Anche in Austria si parla di fare una legge consimile.

(19) V. i materiali e il commentario (di Gareis) di tale legge negli Annali dell'Impero tedesco,1879.

(20) V. § 1 della legge; sulle associazioni, sulle casse di soccorso e sulle unioni di caste, v. 2 e seg.

(21) § 6 della legge. Anche il fatto di concedere locali ad associazioni proibite è punito come reato, § 19.

(22) § 26 della legge.

(23) Legge sul diritto di associazione del 15 novembre 1867. La Costituzione austriaca del 1849, § 7, aveva proclamato la piena libertà per tutte le associazioni non contrarie alla legge né pericolose per lo Stato. Molto reazionaria era la leggo sulle associazioni del. 1852, la quale proibiva le associazioni «il cui scopo cadeva nella sfera della legislazione o dell'amministrazione pubblica e per tutte le altre richiedeva il permesso della polizia.

(24) Gneist, Diritto amministrativo inglese,in, pag. 753.

(25) Il diritto di associazione è in Inghilterra regolato essenzialmente dagli atti 39 Giorgio III, c. 79; 57 Giorgio III, c. 19, § 23; 9 e 10 Vitt., c. 33. V. Fischel, La Constitution anglaise,lib. 1, cap. 11; Cox, Istituzioni inglesi,lib. i, cap. 12; Gneist, Il diritto amministrativo inglese,vol. il, pag. 752-3. Il Cabinet Lawverossia, Digesto popolare delle leggi d’Inghilterra civili, penali e costituzionali, del 1881, a pag. 682 così discorre delle due citate leggi ancora vigenti del 1799 e 1817. «Il 39 Giorgio III, c. 79 era diretto contro certe associazioni chiamate Società degli United Englishmen,degli United Scotmen,degli United Irishmene dispone che una società politica sarà considerata una illegittima combinazione e cospirazione, se qualunque membro di essa prenda giuramento icath)o giuri una formola 'est)contraria alla legge 37 Giorgio III, c. 123 o sottoscriva qualunque dichiarazione o impegno non conforme alla legge; se il nome di uno dei membri è tenuto segreto, o se vi sia qualsiasi comitato o giunta elettiva u presidente, tesoriere, delegato, segretario non noto alla intiera società; se i nomi del comitato, della giunta elettiva e degli ufficiali non siano registrati in libri regolari, aperti alla ispezione di tutti i membri; se la società sia composta di divisioni, parti o diramazioni che agiscono separatamente ed hanno distinti ufficiali o delegati eletti ad agire per ciascuna parte o diramazione. Tutte le società così costituite e condotte sono dichiarate illegittime; ed ogni membro di esse ed ogni persona che corrisponda con esse e, sia con contribuzioni di denaro, sia altrimenti, le aiuti o favorisca, è soggetta, dietro prova, sia per informazione davanti ad un giudice (by Information before a justice)ad una multa di lire st. 20, o prigionia di 6 mesi, sia per accusa alla deportazione per 7 anni». Questo statuto si riferisce chiaramente a società legate da giuramenti, formule e procedimenti segreti, o divise in più diramazioni; ma non si riferisce a società separate e indipendenti, né vietava la nomina di delegati o le corrispondenze tra loro di tali isolate società».

Supplì il 57 Giorgio III, c. 19, il quale prescrive che ogni società o club,che elegge e impiega qualsia comitato, delegato, rappresentante o messo, a incontrarsi, a conferire o comunicare con qualunque altra società o clubo con qualunque comitato, delegato, rappresentante o messo di altro clubo società, o induca qualsiasi persona a diventarne membro, sarà soggetto alla penalità del 39 Giorgio III, c. 19. L’essere membro di una tale società o il corrispondere con essa, o l’aiutarla con denaro o altrimenti, espone alle. stesse pene. Le persone le quali hanno la patente per vendita di birra, vini o spiriti, tollerando che tali società si riuniscano nei loro esercizi, incorrono nella perdita della patente; qualunque altra persona la quale permetta che tali società ai riuniscano io casa loro, è soggetta per la prima volta alla multa di lire st. 11,5 e per ogni recidiva alle pene del 39 Giorgio III, cap. 39.

Nel 1846 fu proposto di revocare quelle due leggi di Giorgio III, ma non si approvò. Ciò che si ottenne colle leggi 9 e 10 Vict. c. 39 fu che per procedere per violazione di questi Statuti occorra l’azione degli ufficiali di legge della Corona.

(26) Questo Governo fu favorito dalle disposizioni delle due leggi del 13 giugno e 25 luglio 1793 che,mentre proclamavano la libertà delle sociétés populaires,le tutelavano, con pene esorbitanti, contro le immistioni della polizia. Secondo quest’ultimo decreto ogni individuo che avesse turbato una riunione di una società popolare o con qualunque mezzo avesse cercato di scioglierla, era colpevole di «attentato alla libertà»; la pena contro i funzionari pubblici che si fossero resi colpevoli dell’uno o dell'altro fatto era di 10 anni di «ferri»; i comandanti della forza pubblica che avessero agito o dato ordine per agire allo scopo di impedire la riunione o sciogliere le società popolari, se portatori di una richiesta scritta,erano puniti con cinque anni di reclusione; altrimenti, con 10 anni di ferri; gli individui colpevoli di tali delitti erano puniti con cinque anni di ferri.

(27) Art. 300, 361, 362. V. anche la legge 25 vendemmiaio, anno III, che proibisce gli accordi fra associazioni e quella del 6 fruttidoro, anno III, che scioglie i clubs.

(28) Servì di modello all’art. 291 e seg. del Codice penale il decreto del 7 termidoro, anno v. V. anche la legge del 19 fruttidoro, anno v, contro le congiure, art. 36 e 37.

(29) V. pure Code penal,art. 292-4. Queste norme francesi, in un colla legge complementaria del 10 aprile 1834, vigono ancora nell’Alsazia-Lorena.

(30)[Può essere interessante il conoscere le ragioni con cui il ministro guardasigilli, nel presentare alla Camera dei Pari il progetto di legge, difendeva il principio della autorizzazione preventiva:

Fu detto che la libertà di associazione è un diritto naturale, di cui importa alla società il pieno esercizio. L'uomo isolato, si dice, è troppo impotente; nelle scienze, nella letteratura, nell'economia sociale, grandi risultati non possono ottenersi che colla associazione dei lumi e delle forze. Inoltre, i cittadini hanno bisogno di associarsi per l'oso e la conservazione dei loro diritti costituzionali e politici. Epperò, non si può subordinare qualsiasi associazione ad una autorizzazione preventiva, che può a libito essere accordala o negata Se ve ne ha di quelle, che destano giuste inquietudini, se il Codice penale non basta per la repressione degli atti colpevoli che loro sono imputati, le si definisca bene e ad esse sole si applichi la legge. Alle semplici riunioni, alle associazioni utili ed innocenti si promette una semplice tolleranza; ma dove sarà la garanzia?

Noi abbiamo riconosciuto, rispondeva il ministro, che l'associazione era non un dirittoma solo una facoltà;che nello stato sociale non riceve che dalia legge, e sotto le condizioni che questo stato reclama, il titolo e il carattere di diritto; che se la facoltà di associazione è feconda di bene, può per lo meno altrettanto esser feconda di male e che precisamente sotto quest'ultimo rapporto essa doveva essere astretta a certe con-ditioni; che, facoltà o diritto, essa poteva, come ogni facoltà e come ogni diritto, essere assoggettata alle restrizioni legali che l'interesse sociale esige e che la Carta costitu-nonale permette, come la libertà individuale che la Carta garantisce, ma di cui essa autorizza la restrizione «nei casi previsti dalla legge e nella forma che essa prescrive»; come il diritto di pubblicare e di far stampare le proprie opinioni, che la Carta riconosce al cittadino, nfa perché tale diritto sia esercitato «in conformità delle leggi; come la proprietà, che la Carta dichiara inviolabile, ma di cui permette allo Stato di esigere il sacrifizio mediante previa indennità e di cui le leggi civili regolano la trasmissione»].

(31) Secondo questo decreto, l’apertura di qualsiasi circolo (club)o riunione di cittadini doveva esser preceduta da una dichiarazione da farsi dai fondatori in Parigi alla prefettura di polizia, nei dipartimenti al mairedel Comune ed al prefetto. La dichiarazione doveva esser fatta 48 ore prima dell'apertura ed indicare il nome, le qualità e i domi-citò dei fondatori, il locale, i giorni e le ore delle sedute (art. 2). I clubsdovevano esser pubblici non potevano in nessun caso restringere la pubblicità con alcun mezzo diretto od indiretto, né costituirsi in comitati segreti. Per assicurare questa pubblicità, un quarto almeno dei posti doveva esser riservato ai cittadini estranei al club. Le donne ed i minorenni non potevano formarne parte. Le sedute non potevano protrarsi oltre l’ora stabilita dall'autorità per la chiusura dei pubblici esercizi (art. 3). L’autorità che aveva ricevuto la dichiarazione poteva sempre delegare, per assistere alle sedute dei clubsun funzionario dell'ordine amministrativo o giudiziario (art. 4). Di ogni seduta doveva esser redatto processo verbale, da presentarsi a richiesta dell’autorità pubblica (art. 5). 1 discorsi, le grida e le minaccio proferite in un cluberano considerate come proferite in un luogo pubblico ed erano soggette alla stessa responsabilità. I membri dell'ufficio non dovevano tollerare la discussione di nessuna proposta contraria all'ordine pubblico e ai buoni costumi o tendente a provocare un atto dichiarato crimine o delitto dalla legge, né denuncie contro le persone o attacchi individuali (art. 6). Erano proibiti: i rapporti, gli indirizzi e qualsiasi altra comunicazione fra i clubs,le deputazioni o delegazioni di commissari, qualunque fosse l'oggetto della missione; le affigliazioni fra i clubs. i segni esteriori di associazione e gli affissi, proclami e petizioni collettive di clubs(art. 7). La chiusura di un clubpoteva essere pronunziata dall'autorità giudiziaria (art. li). Le società segrete erano proibite (art. 13). I cittadini potevano fondare, per uno scopo non politico, circoli o riunioni non pubbliche, facendone prima conoscere all’autorità municipale il locale, l’oggetto e i nomi dei fondatori, amministratori e direttori.

(32) Queste disposizioni vigono ancora nell'Alsazia-Lorena.

(33) La legge del 30 giugno 1881 dispone all’art. 7 che «les clubs demeurent in terdite», intendendo con ciò che rimane a loro riguardo mantenuto il diritto vigente, che cioè le associazioni non autorizzate dalla polizia sono proibite, v. Batbie, Diritto pubblico e amministrativo,2(a) ediz., 1885, il, pag. 419.

(34) Una legge del 13 marzo 1884 ha sottratto alle disposizioni degli art. 292-29 i del Code penali sindacatidi operai e padroni.

(35) Costituzione belga, art. 20.

(36) Palma, Corso di Diritto costituzionaleFirenze 1885, vol. III, pag. 222.

(37) V. le leggi citate più sopra e la Costituzione prussiana, art. 29.

(38) Eccezioni a favore delle processioni religiose, dei funerali, dei corteggi nuziali, ecc.

(39) Le relative disposizioni hanno tutte il difetto di non precisare abbastanza i casi, in cui lo scioglimento può essere ordinato. Basterebbe attribuire il diritto di scioglimento nel caso di inosservanza delle formalità prescritte o di provocazione a reato.

(40) Legge del 2 aprile 1818; Ordinanza del 24 dicembre 1864. V. 0. Sarwey, Diritto pubblico wurtemburghese,I, pag. 213,

(41) Legge assiana del 16 mano 1848; legge badese del 21 novembre 1867.

(42) Legge contro i socialisti, §§ 9 e 10. La concessione di locali per una riunione proibita è punita come reato.

(43) Legge sul diritto di riunione del 15 novembre 1867. V. Ulbrich, Trattato di diritto pubblico austriacopag. 478 e seg.

(44) V. R. Gneist, Diritto amministrativo inglese,3 edizione, II, pag. 752. Sotto Giorgio in le riunioni in piazza furono dapprima proibite, poi assoggettate all’obbligo della previa denuncia; 36 Geo. III, c. 8; 37 Geo. III, c. 79.

(45) Com’è noto, la caduta della Monarchia di Luglio fu preceduta da vive discussioni nella Camera dei deputati (8 febbraio e seg.; 21 febbraio 1848) sul diritto di riunione, hr limitare il diritto di riunione il Governo si era fondato sopra una legge del 24 agosto 1790, la quale del resto fu dichiarata ancora in vigore anche dopo il 1848. V. anche 1 legge del 13 giugno 1849.

(46) [Le riunioni politiche,era detto nella Relazione che accompagnava il progetto di legge, non hanno mai prodotto in Francia se non il disordine negli spiriti e per le vie. La legge non le permise che in due epoche: dorante la prima Repubblica e nel 1848; ori, la loro deplorevole storia è nota a tutti: è la storia dei più brutti giorni delle nostre rivoluzioni. L'autorità, la libertà, il progresso, la fortuna pubblica, tutto ebbe a soffrire per le loro agitazioni e per le loro violenze. I Governi, che le avevano tollerate o subite, esaurirono la loro energia nel difendersi contro di esse; e il paese intiero applaudì il giorno che vide chiudersi questi focolari di eccitazioni, di denuncie e di sommosse. Certo, si è lungi ora da queste epoche sconvolte: le menti si rischiarano e i costumi pubblici si migliorano; ma i caratteri rimangono gli stessi; e in un paese, dove le passioni sodo così facili a commuoversi, dove i partiti sono così divisi e così poco padroni di quelli che li seguono, non è possibile aprire l’arena alle riunioni politiche. Assemblee, dove si discutessero ad ogni momento le istituzioni, gli atti e le persone del Governo o dell'amministrazione, non provocherebbero più, forse, la violenza, ma seminerebbero certo l'agitazione; ora, una grande società come la nostra non vive di discussioni; essa vive di lavoro e il lavoro ha bisogno di tranquillità, d’ordine e di sicurezza. D'altra parte, gli interessi politici hanno i loro rappresentanti legittimi nei deputati della nazione. All’infuori del diritto di petizione da esercitarsi nei limiti segnati dalla Costituzione,gli è ad essi soltanto che si appartiene di discutere pubblicamente le leggi, le imposte egli atti del Governo Mandatari legali, indipendenti e illuminati del paese, essi ne sono gli organi ascoltati; e per far conoscere i voti delle popolazioni non vi è punto bisogno di riunioni che si agitano, più che non deliberino, che si lasciano facilmente trascinare a teorie estreme e che prendono quasi sempre risoluzioni pericolose. Noi abbiamo la convinzione di difendere la causa della libertà non meno che quella dell’autorità e della società col non lasciar riaprirsi quelle assemblee tempestose, senza mandato e senza responsabilità, che gettarono il paese in tante agitazioni, in tante inquietudini e in tanti lutti.

«Considerazioni di un altro ordine consigliano di comprendere fra le riunioni, che non potranno aver luogo senza autorizzazione, quelle aventi per oggetto di trattare questioni religiose. Non trattasi, appena occorre dirlo, di modificare la legislazione attuale per ciò che riguarda l'esercizio dei culti, ma di mantenerla. Non siamo più ai tempi in coi la libertà delle credenze poteva essere contestata. Tutti i culti si esercitano liberamente sotto la protezione del nostro diritto pubblico e la sorveglianza dell’amministrazione. Leggi speciali determinano a quali condizioni ogni religione può avere le sue chiese, i suoi templi, i suoi luoghi di riunione consacrati al’a preghiera ed all’insegnamento della sua fede. La legge proposta non tocca per nulla tale legislazione. Ciò che crediamo non debba permettersi sono le riunioni pubbliche che potrebbero formarsi al difuori dei luoghi consacrati al culto per discutere tesi religiose. Certo, queste discussioni non eccitano più. oggi, le discussioni che eccitavano una volta; pure, non si deve lasciare che si formino, di pien diritto, assemblee, nelle quali il primo venuto, dissidente o libero pensatore, potrebbe attaccare le suscettibilità più vive e i più intimi e più rispettabili sentimenti del cuore umano. Le nostre abitudini di tolleranza, lo stato della nostra civiltà, vogliono che tutte le religioni provate, davanti alle quali romanità si inchina da secoli, che tutte le credenze sincere siano egualmente rispettate. La legge non deve permettere che esse diventino ad ogni istante l’oggetto di dispute più o meno vive, le quali turberebbero le coscienze se non agitassero gli spiriti. La nostra legislazione organica ha dato all’amministrazione un diritto di sorveglianza sui culli stabiliti; non bisogna che culti sconosciuti possano trovare nel diritto di riunione un mezzo di sfuggire ad ogni controllo e di professare pubblicamente dottrine, che fossero contrarie alla morale o all’ordine sociale. Del resto, la questione presenta, dal punto di vista pratico, poco interesse, in quanto l’insegnamento o l’esercizio di una religione suppone un’affigliazione, riunioni ripetute, una organizzazione, cioè, un associazione;ora, il Progetto non arreca alle leggi che regolano attualmente l’esercizio del diritto di associazione, alcuna modificazione».

(47) [Nella discussione del Progetto nella Camera dei deputati, avendo un deputato chiesto che cosa si avesse a intendere per via pubblica, il Relatore (Naquet) rispondeva; «Rimane bene inteso che non è punto in nostro pensiero di proibire le riunioni all’aria aperta; solo, noi non vogliamo riunioni sulla via pubblica, che potrebbero impedire la circolazione. Mi si domanda se riunioni potrebbero tenersi in luoghi pubblici diversi dalla via pubblica. Rispondo che non so veramente che cosa possa essere un luogo pubblico diverso dalla via pubblica; imperocché, anche una piazza pubblica è una via pubblica. Se si tratta dei campi, questi non sono una via pubblica. Il pensiero della Commissione si è che le riunioni pubbliche possono aver luogo diaria aperta purché non sulla via pubblica,cioè, sopranna piazza, una strada, ecc. r. V. Dalloz, Jurispru-dence générale, Recueil périodique,ecc., 1881, parte iv, pag. 105].

(48) [La portata di quest’articolo apparisce dalle seguenti parole, colle quali il Relatore della legge davanti al Senato (Labiche) lo difendeva contro le critiche cui era stato fatto oggetto: «Due specie di critiche, ei diceva, furono sollevate contro questo articolo: 1) i clubs,fu detto, sono riunioni pubbliche periodiche organizzate da associazioni;non accade adunque di parlarne in una legge sulle riunioni pubbliche ordinarie; basta riservare la questione alla legge sulle associazioni; 2) non è giuridico fare un articolo di legge per mantenere una disposizione esistente; quindi, questo articolo è almeno inutile. A questi scrupoli di legista fu risposto: che questa legge non era fatta soltanto per giureconsulti, ma per il pubblico; che importava che essa fosse il più possibile chiara, affinché, specialmente, cittadini stranieri alle distinzioni giuridiche esistenti fra le riunioni pubblichee le riunioni dei clubsnon fossero indotti a vedere nella proclamazione della libertà di riunione l’abrogazione implicita della proibizione dei clubs; che le agitazioni causate dai clubsavevano lasciato tristi ricordi nella memoria di molti; che la caduta delle due precedenti Repubbliche era stata imputata in parte alle eccitazioni di queste assemblee popolari; che quindi poteva esservi interesse dal punto di vista della chiarezza della legge a dichiarare che le sue disposizioni non toccavano in nulla la legislazione che interdice i clubs].

(49) Costituzione belga, art. 19. V. Hayard, Elementi di diritto pubblico ed amministrativo belga,1, pag. 39.

(50) Sulle forme dello scioglimento v. più oltre, a proposito degli assembramenti.

(51) [«La libertà riconosciuta per le radunanze politiche, era detto nella Relazione ministeriale che accompagnava il Progetto di legge presentato alla Camera dei Deputati nella seduta del 23 gennaio 1888 dal ministro dell'interno (CRISPI), non può ragionevolmente essere contestata alle adunanze religiose; la genesi e la sostanza del diritto sono identiche. Ma se le prime possono svolgersi anche in mezzo a disordinate dimostrazioni, a rumorose opposizioni e proteste ed a tumulti, le ultime, per la loro natura, per il loro fine e per la qualità delle persone che concorrono a formarle, in non piccola parte vecchi, donne ed adolescenti, non comportano perturbazioni né la prospettiva di uno scioglimento. Per la qual cosa è lasciata alle autorità locali di pubblica sicurezza la facoltà del divieto preventivo, quando sia richiesto da una vera ed attuale necessità di ordine pubblico. E sotto questo rapporto e la stessa premessa, alle processioni religiose sono parificate le processioni civili, così tanto per trattare alla medesima stregua due manifestazioni del diritto di riunione che, se sono diverse e talvolta diametralmente opposte nei loro fini, hanno però dei punti di contatto nel modo della formazione e dello sviluppo, quanto per essere a loro riguardo meno spedita, più difficile e più pericolosa la repressione, dato il bisogno, che per una riunione ristretta in una sala pubblica od in una piazza».

E nella Relazione della Commissione parlamentare (relatore Curcio): «Le processioni religiose per loro natura consistono in preghiere pubbliche dei fedeli camminanti ordinatamente verso una stazione stabilita, la quale fu della statioperché un tempo il popolo attendeva il vescovo in un dato punto e di là andavano insieme alla chiesa. Giustiniano, nella Novella CXXIII, 32, ordinò che le processioni fossero precedute dalla croce; San Gregorio Magno ne descrive l’ordine; e Paolo diacono dice che si andava a piè nudi. Ma il legislatore dei giorni nostri si dichiara assolutamente estraneo a tali prescrizioni e lascia perfettamente liberi i cittadini, a qualsiasi confessione appartengano, di adempiere ciascuno i riti del proprio culto, salvo al Codice penale di determinare quali siano gli atti di culto il cui disturbo costituisce un reato a sé e di prescrivere la punizione e al Codice di pubblica sicurezza di disciplinare e regolare queste specie di riunioni, sia a scopo religioso sia a scopo civile, cioè, per onorare con pubbliche manifestazioni di masse di popolo riunite e procedenti per le pubbliche vie o piazze i grandi uomini, o la loro memoria, e i grandi avvenimenti nazionali, sia civili, aia politici, sia sociali. Non parrebbe prudente, né giusto, né sapiente il vietare in modo assoluto sia le feste, sia le processioni tonto religiose quanto civili; imperocché,si manometterebbe senza serio motivo il diritto di riunione, si violerebbe la libertà di coscienza e si priverebbero le popolazioni rurali di una innocua soddisfazione, che per esse è anche uno svago. Le classi agiate, che alternano le occupazioni col riposo e colle distrazioni, trovano al lavoro e all'ozio stesso qualche riposo giornaliero; mentre coloro che lavorano continuamente per un magro salario, soffrono sempre e non hanno alcun mezzo per interrompere la triste e miserevole monotonia della loro vita. E lo Stato tra noi ai è di esse affatto dimenticato, non curando di sollevare le brevi ore del loro riposo, obliando che i divertimenti del popolo dovrebbero costituire uno dei suoi più importanti e notevoli uffici (!). Nel panem et circensedei Romani sono espressi i loro grandi e legittimi (!) desideri, e quei politici gareggiavano nel preparare i giuochi festivi. Il Governo ai dì nostri spiega un'attività negativa nei divertimenti, impedendo nei teatri e nelle feste ciò che minaccia di essere sconvenevole e pericoloso, e poco si cura di ravvivare, elevare e nobilitare i divertimenti del popolo, e in questo rapporto sta molto addietro del Governo antico per arte di Stato. La Chiesa cattolica ha cercato di sopperire a questo bisogno ed è venuta in aiuto delle infime classi del popolo con le feste religiose, e nella chiesa, che il più delle volte è una bella sala, si raccoglie il popolo come nella propria casa ripieno il cuore di dignità per l’affratellamento e l'eguaglianza di tutti al cospetto di Dio, e nel riposo della festa, nelle sue gioie trova quelle emozioni che rinfrancano l’animo». V. Atti della Camera dei deputati, Legislatura XVI, 2(a) sessione 1887-88, Documenti num. 115 e 115-A].

(52) V. Blackstone, Commenta,IV, cap. il; B. Gneist, Diritto amministrativo inglese, II, pag. 752.

(53) Riot Ad,1 Geo. I, st. 2, c. 5.

(54) V. 7 e 8 Geo. iv, c. 30.

(55) Questo principio fa introdotto dall’Atto di cui nella nota precedente.

(56)Lo Statuto fondamentale norvegeseè quello che più ai avvicina al diritto inglese. Secondo il § 99 di quello Statuto, il Governo non può impiegare contro i cittadini la forza armata se non nelle forme stabilite dalla legge e cioè quando un assembramento perturbi la quiete pubblica e non si sciolga immediatamente dopo tre letture ad alta voce dell'articolo di legge relativo agli assembramenti sediziosi.

(57) (Secondo questo Decreto dell'Assemblea nazionale, spirante una terribilità sinistra, nel caso in cui la tranquillità pubblica fosse in pericolo, gli officiali municipali erano tenuti a dichiarare che la forza pubblica doveva essere immediatamente spiegata per ristabilire l’ordine pubblico (art. 1); questa dichiarazione doveva esser fatta esponendo alla principale finestra del palazzo del Comune e portando per tutte le vie e piazze una bandiera rossa e nello stesso tempo gli ufficiali municipali dovevano richiedere i capi della forza pubblica di prestare man forte (art. 2). Al solo segnale della bandiera tutti gli assembramenti, con o senza armi, diventavano un delitto e dovevano essere sciolti colla forza (art. 3), La forza pubblica richiesta dagli ufficiali municipali doveva muoversi immediatamente, comandata dai suoi ufficiali, preceduta da una bandiera rossa e seguita da almeno un ufficiale municipale (art. 4). Uno degli ufficiali municipali doveva domandare alle persone assembrate quale era la causa della loro riunione e che cosa volessero. Gli assembrati potevano nominare sei fra essi per esporre i loro reclami e presentare le loro petizioni e dovevano sciogliersi immediatamente e pacificamente (art. 5). Non ritirandosi, l’ufficiale municipale doveva far loro tre intimazioni, la prima colle parole avviso è dato che la legge marziale è proclamata, che ogni attruppamento è un delitto; si farà fuoco; i buoni cittadini si ritirino». Alla seconda e terza intimazione bastava ripetere le parole «si farà fuoco; i buoni cittadini si ritirino». L'ufficiale doveva enunciare che era quella la prima, la seconda o la tersa intimazione (art 6). Se prima o durante le intimazioni l'attruppamento avesse commesso violenze, come pure se dopo le tre intimazioni le persone attruppate non si fossero ritirate pacificamente, la forza delle armi doveva essere immediatamente spiegata contro i sediziosi, senza che nessuno avesse ad essere responsabile degli avvenimenti che ne fossero risultati (art. 7). Se l'attruppamento, dopo l'ultima intimazione, si fosse ritirato senza aver fatto alcuna violenza, solo i promotori ed istigatori potevano essere perseguiti e condannati; e la pena era di tre anni di prigione se l'attruppamento non era armato, della mortese armato (art. 8). Se l'attruppamento avesse commesso qualche violenza o non si fosse ritirato pacificamente dopo la terza intimazione, quelli che, sfuggiti ai colpi della forza militare, fossero stati arrestati erano puniti con un anno di prigione se erano senz’armi, con tre se arasti, colla morte se avevano commesso violenze (art. 9). Ristabilita la calma, gli ufficiali municipali dovevano con un decreto far cessare la legge marziale; la bandiera rossa era ritirata e sostituita per otto giorni da una bandiera bianca (art. 12)].

(58)Secondo l’art 1 di questo decreto tutti i cittadini, inscritti o non sul ruolo della guardia nazionale, erano, per il loro giuramento civico, tenuti a prestar soccorso alla forza pubblica come appena le parole «forza alla legge» erano pronunziate e senza che occorresse altra requisizione.

(59) A questo Decreto altri parecchi ne tennero dietro, la cui severità si spiega solo colla violenza delle passioni allora scatenate e per la gravità degli avvenimenti politici, in messo ai quali furono fatti. Cosi, il Decreto 7 agosto 1793 puniva di morte chiunque fosse sorpreso in un attruppamento travestito da donna.

(60) Salva una modificazione di procedura portata dal Decreto 25 febbraio 1852.

(61) Legge del 10 maggio 1851; Ordinanza del 18 maggio 1872.

(62) Legge del 28 marzo 1872.

(63) Costituzione prussiana,art. 36.

(64) Ordinanze del 25 dicembre 1808, § 48, n. 3 e 17 agosto 1835; legge 20 marzo 1837. V. Rónne, Diritto pubblico della Monarchia prussiana,4 ediz., I, pag. 450 e seg.

(65) V. anche la Costituzione bavarese,tit. IX, $ 6.

(66) Barricate, violenze contro le persone e la proprietà, invasione di edilizi, ecc.

(67) Ulbrich, Diritto pubblico austriaco,pag. 485.

(68) Una misura sussidiaria per prevenire gli attruppamenti è l'affermazione del principio della responsabilità dei Comuni pei danni causati dai movimenti popolari; principio accolto dalla legge inglese (7 e 8 Geo. IV, c. 30), della legge francese del 10 vendemmiaio, anno IV, dalla legge prussiana dell'11 marzo 1851 e dalla bavarese del 12 marzo 1850.

(69) V. Holtzendorff, Rechtstexicon,voce BELAGERUNGSzustand (stato d’assedio vol. I, pag. 261. V. su questo argomento; Mittermaier, La legislazione sullo stato d'assedio, ecc.,nell’Archiv fùr Kriminalrecht(Archivio di diritto criminale), 1849, pag. 29 e seg.; Beraxger, Della repressione penale,n, pag. 3, 1855; Blackstone, Commuti. (ediz. Kerr), 1, pag. 119; Gneist, Diritto amministrativo inglese,il, pag. 752; Finlason, Trattato sulla legge marziale secondo il diritto inglese,Londra 1866; Simmons, Sulle Corti marziali,Londra 1870; Bishop, Commentario della legge criminale(per gli Stati Uniti), 4(a) edit., I, pag. 43-68.

(70) La legge del 10 luglio 1791 fu la prima che abbia regolato io Francia lo auto di pace, lo stato di guerra e lo stato d’assedio nelle piazze di guerra e nei posti militari; essa non si occupava né delle città aperte, né delle altre parti del territorio. Lo stato di guerra non poteva essere stabilito che da un Decreto del Corpo legislativo reso su proposta del Re e da questo sanzionato e promulgato (art. 8) o soltanto dal Re, sotto li responsabilità dei suoi ministri, quando il Corpo legislativo non era riunito; ma in questo caso il Corpo legislativo, appena riunito, doveva deliberare sulla proclamazione del Re per confermarla o infirmarla (art. 9. Le piazze di guerra e i posti militari erano in stato di guerra non solo dal momento in cui gli attacchi erano incominciati, ma come appena, per effetto del loro investimento da parte di truppe nemiche, le comunicazioni fossero interrotte alla distanza di 1800 tese dalle creste delle vie coperte (art. 11). Lo stato d'assedio cessava quando l’investimento era rotto (art. 12). Nello stato d’assedio, tutta l’autorità onde gli ufficiali civili erano investiti dalla Costituzione per il mantenimento dell'ordine e della polizia interna, passava al comandante militare, che la esercitava esclusivamente sotto la sua responsabilità personale (art. 10).

(71) Colla legge del 19 fruttidoro, anno v, o contenente misure di saluto pubblica prese relativamente alla cospirazione reale, la proclamazione dello stato d'assedio fu attribuita al Direttorio (art. 29).

(72) Art. 101: Nelle piazze in stato d’assedio l’autorità, onde i magistrati erano investiti per il mantenimento dell’ordine o della polizia, passa intiera nel comandante di armi, che la esercita o loro ne delega la parte che crederà conveniente. — Art. 103. Per tutti i delitti, di cui il governatore o il comandante non credettero di lasciare la cognizione ai tribunali ordinari, le funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria sono esercitate da un prevótmilitare e i tribunali ordinari sono sostituiti dai tribunali militari.

(73) Atto addizionale 22 aprile 1815 alla Costituzione dell’Impero. Art. 66: Nessuna piazza, nessuna parte del territorio può essere dichiarata in stato d assedio se non nel caso di invasione da parte di una forza straniera o di torbidi civili. Nel secondo caso non può esserlo che per legge. Tuttavia se, verificandosi il caso, le Camere non fossero riunite, l’atto del Governo dichiarante lo stato d’assedio di ve essere convertito in proposizione di legge nei primi quindici giorni dopo la riunione delle Camere.

(74) Ordinanze del 28 luglio 1830 (Parigi), del 1° giugno 1832 Vandea), del 6 giugno 1832 Parigi). La Corte di cassazione decise allora, nella seduta del 29 giugno 1832, su difesa di Odilon-Barrot, che i tribunali militari non avevano giurisdizione sui non militari e che Kart. 103 del Decreto del 1811 era stato abrogato dagli articoli 53 e 54 della Carta del 1830. Però dopo il 1848 la giurisprudenza della Corte di cassazione fu che i partecipanti a sommosse erano soggetti alla giurisdizione dei tribunali militari.

(75) V. Costituzione francese del 1848, art. 106.

(76)Art. 12: Il Presidente della Repubblica (più tardi, l’Imperatore) ha diritto di dichiarare lo stato d'assedio in uno o più dipartimenti, salvo a riferirne al Senato nel più breve termine possibile. Le conseguenze dello stato d'assedio sono regolate dalla legge (cioè, dalla legge del 1849).

(77) Prussia:legge sulla libertà personale del 54 settembre 1848, § 8; Costituzione del 5 dicembre 1848, art. HO, surrogato dall’art. III della Costituzione del 31 gennaio 1850 e dalla legge del 4 giugno 1851; Ordinanza 25 giugno 1867 (con cui la legislazione al riguardo fu estesa alle nuove provincie). -Regno di Sassonia:legge 10 maggio 1851. — Baden:legge 29 gennaio 1851.

(78) E solol’Imperatore. V. lo studio di Seydel nella Zeitschrift fiir deutsche Gesetz gebung(Rivista di legislazione tedesca, VII, pag. 619 e seg. Anche è l’Imperatore quegli che toglie lo stato d’assedio.

(79) V. P. Laband, Diritto pubblico dell'impero tedesco,in, 1, pag. 42 e seg.; G. Meyer, Diritto amministrativo,pag. 290 e seg.; L. Rònne, Diritto pubblico della Monarchia prussiana,il, pag. 205 e seg.

(80) Secondo la legge prussiana del 4 giugno 1851, in caso di guerra o di sommossa e di imminente pericolo per la sicurezza pubblica, il Ministero di Stato può, anche senza che lo stato d'assedio sia stato dichiarato, sospendere temporariamente per certe località gli art. 5, 6, 27, 30, 36 della Costituzione.

(81) Che queste disposizioni siano ancora in vigore risulta dal § 7 della legge con cui fu introdotto in Baviera il Codice penale tedesco.

(82) Non però le riunioni per elezioni politiche indette.

(83) Eccettuati i deputati al Parlamento imperiale ed ai Parlamenti dei vari Stati nella sede dell'Assemblea. V. legge 31 maggio 1880, § 1.

(84) Legge fondamentale del 21 dicembre 1867, art. XX; legge 5 maggio 1869.

(85) V. Ulbrich, Diritto pubblico austriaco,pag. 402, nota 1.

(86) Ordinanza di procedura penale del 23 maggio 1873, § 429.

(87) «Si è molto gridato, scrive l’ELLERO (op. cit.,n. 60-63), contro la prevenzione; questa, si è detto, uccide la libertà ed è quindi inconciliabile con un libero reggimento; ognuno risponda delle proprie azioni, ma lo si lasci fare. Però non fu avvertito che togliere la prevenzione vuol dire schiudere le porte alla repressione;e meno male se ad essa soltanto, ma al delitto, che poi si reprime indarno. Colpiti i padri nostri dagli abusi della prevenzione, la vollero senz'altro distrutta; il torto è di noi posteri, che ripetiamo ciecamente un luogo comune, cessate le condizioni che lo rendeano transitoriamente opportuno. Pongasi il quesito in questo modo: la società prevede e teme un pericolo, il quale scoppierà là dove essa non accorra pronta allo schermo; deve essa porvi un ostacolo, oppure starsene indifferente e così permettere tutti questi danni, la trasgressione cioè della legge, il malo esempio, l'offesa di un qualche diritto o pubblico o privato, la macchia morale di colui che lo commette, infine il castigo che dovrà seguire, e le cure e le spese e i dolori che esso importa? A me veramente pare savio ordinamento civile quello che impedisce la colpa prima del nascere e così evita e il male del delitto e il male della pena, amendue gravi mali e sovra tutto il male del primo; poiché, avvenuto il delitto, che importa della pena? Se importa, notisi bene, importa non per il delitto avvenuto, ma pel delitto avvenibile; quindi la stessa pena è un mezzo preventivo, e in quanto è tale si raccomanda e giustifica; epperò agli altri è inferiore, perché estremo, perché giugne quando già un danno è occorso, e gli ulteriori respinge con motivi dolo rosi. Per ventura gli avversari della prevenzione non si accorgono che le leggi ministrative, le stesse leggi civili, sono in gran parte leggi preventive: i diritti di che trattano non sono già creati da esse; per contrario esse vi pongono delle condizioni, delle restrizioni, acciocché non se ne abusi. E il progresso vero degli ordini sociali per quanto spetta alla pubblica sicurezza in ciò risieder deve che i delitti non tanto siano poniti quanto siano impediti; alla qual cosa il potere politico non ha altro mezzo che la prevenzione, vuoi morale o materiale, vuoi educativa o coattiva, vuoi economica o bellica.

«Se ciò è vero in ogni ramo di attività individuale che possa affettare la sicurezza pubblica, è parimenti vero nella stampa o in qual si voglia altra maniera di pubblicazione del pensiero, dalla quale avvenir possa una lesione di diritto. Non si può quindi interamente convenire colle proposte dei giornalisti tedeschi convenuti ad Eisenach: «esclusione rigorosa di ogni misura preventiva... esclusione di ogni sequestro operato per fini di polizia». Conviene smettere i pregiudizi e le passioni, che intorno a tale argomento nutrimmo, si può dire col latte delle nostre madri, noi nati in questo secolo ribelle; e con senno e con moderazione dire della prevenzione ciò che ragione detta. Ma prima conviene intenderci sul senso di questa voce; perocché, se prevenzione si fa sinonimo di censura,di indice,dì che so io? se si vuol con essa dinotare le pastoie che la ipocrisia, la paura e l'odio del genere umano pongono alla coscienza e all'Intelletto, certo di questa prevenzione non mi atteggio campione. Io invece intendo parlare di un mezzo legittimo e di un atto legittimo, di tale insomma che protegge il diritto, e non lo nega, non lo vitupera, non lo conculca. La prevenzione o la polizia della stampa ha luogo con le provvidenze di buon governo, per le quali, rispettata la inviolabilità del diritto di comunicare i propri affetti, sentimenti, giudizi, si dà opera a conciliare la maggior libertà dei privati con la tutela dell'ordine pubblico, contrastando agli abusi, ai danni, alle ingiurie, innanzi la loro perpetrazione.

«Se non che havvi una prevenzione indiretta e remota, ed una prevenzione diretta e prossima: la prima risiede nella prosperità, nella civiltà, nella educazione che lo Stato dà ai cittadini e mercé cui non lascia al male neanco l’occasione di essere desiderato e proficuo. La seconda non sorprende il male alle sorgenti, lo suppone già insinuabile e serpeggiante e ne arresta la catastrofe coi vincoli che impone. Questa si effettua mercé la coazione»].

(88)L’Ellero (op. cit.,n. 5 e seg. nell’Archivio giuridico, vol. III) così definisce la nozione della stampa:

Il pensieronon può causare alcuna lesione esterna,non può quindi dare adito ad! alcuna pena, ad alcuna coesione, finché rimane nudo pensiero. Anche la manifestazione di esso, finché rimane nuda manifestazione (come quando dicesi voler commettere un delitto o si enuncia un qualunque malvagio proposito) non può produrre e giustificare le suddette conseguenze. La manifestazione diventa criminosa,punibile, coattibile, quando accompagnata a tali caratteri che la rendono lesiva; e criminosa non pel pensiero (che è innocuo, inviolabile e libero come pensiero), ma solo per la manifestazione. Quindi la colpabilità e la conseguente responsabilità non nel pensiero si deve cercare, ma nella manifestazione di pensiero; ché si può pensare le peggiori cose e tuttavia non si reca alcun nocumento se non si estrinsechi la cogitazionenell’astone, per modo che «feriscano dei rapporti giuridici. La manifestazione del pensiero è criminosa in quanto costituisce un particolar modo di esecuzione di delitto; così che non si ha che a vedere quante lesioni di diritto si possano attuare con una esecuzione verbale,per vedere quanti reati di parolavi possano essere. Ma ciò riguarda la verificazione della criminosità essenziale,intrinseca, reale...

«Limitandoci alla verificazione della criminosità formate,a rintracciare cioè non il diritto che la manifestazione dee ledere, ma la veste,direi quasi, il modo, l’organo suo, si trova che essa può avvenire nelle seguenti guise. Primamente: colla voce, colla lingua, colla bocca, e questa guisa si può dir vocale;col gesto, col movimento, coll’atteggiamento personale, e questa si può dir mimica;con segni, con figure, con caratteri, e questa si può dir grafica,il che riguarda lo strumentoscelto per versare le proprie idee in altrui. — Secondo: pel commercio ideale si può usare un mezzo diretto, cioè una parola, un gesto, un segno, che secondo i dettami di natura o la convenzione degli uomini con un processo misterioso vogliono dinotare un dato concetto; oppure un messo indiretto che il concetto dinota mercé un'immagine parlata, gestita o segnata: quella si può chiamare guisa letteralee questi simbolica,ambo riferentisi alluso dello strumento scelto. — Terzo: si può usare un linguaggio (presa questa voce nel senso di qualsiasi modo di comunicare il pensiero) comune e usuale, oppure un linguaggio aulico e sacro, od uno settario e furbesco (gergo, cifra, parola d'ordine): la prima guisa dir si può popolare,la seconda recondita,la terza clandestina,e tutt'e tre accennano alla sferadi persone tra cui si comunica lo strumento. — Quarto: si può fare un discorso che non ammette che un senso, altro che ammette due sensi insieme palesi, altro che ammette assieme un senso palese e un senso riposto, altro che ammette più sensi, dei quali è incerto a quale si voglia riferirsi: guise univoca, bivoca, anagogica, equivocae tutte dinotano lo intendimentoche può risultare dallo strumento usato. — Quinto: si può fare un discorso lungo e dottrinale, od uno breve o famigliare: guise letterariae volgare,che riguardano la destinazionedello strumento medesimo.

Finalmente, vi può essere una guisa semplicee una guisa solenneper significare il grado di astone, la latitudinemaggiore o minore con che opera lo strumento; e questa distinzione è la più imperante in diritto, giacché da essa dipende che la stampafiguri a parte nella legislazione. La formadi manifestazione del pensiero adunque è solenne quando, per la qualità del mezzo usato e delle circostanze in cui venne usato, si attende una maggiore e facile diffusionedella medesima. Tale la stampa; ma anche la parola e talvolta il gesto assumono una forma solenne negli atti seguenti: sermoniin chiese o in altre riunioni religiose; concioniin ragunate di popolo; discorsiin accademie o in altri istituti scientifici; lezioninelle scuole di qualsivoglia materia e classe; arringhe giudiziarie e politiche; rappresentazionidrammatiche e mimiche (canti, balli, spettacoli). Su di che è da avvertire che quanto si dice della stampa, per la medesima ragione è dovrebbe dire di queste maniere solenni di rappresentazione... Ciò, a cui la legislazione ha posto particolar cura, è il linguaggio grafico; perché la parola, quando si concreta e si fissa in una figura,in un segno stabile, vince più facilmente lo spazio e il tempo e quindi raddoppia la sua energia. Considerata sotto un tal punto di vista, anche la seni turaè un mezzo potente di diffusione, poiché un solo scritto, ripetendosi e moltiplicandosi in più e più copie, ognuna delle quali coll’affissione e colla circolazione potrebbe da più persone venir letta, avrebbe la capacità di imitare la stampa. Se non che cotal mezzo non è così rapido, agevole e usitato perché lo si possa alla stampa parificare; e conseguentemente quest’ultima sola si considera forma solenne di segni figurativi del pensiero. Per gli effetti le si potrebbe equiparare la telegrafia,la quale rende possibile (con la celerità portentosa e con la fiducia annessa a' suoi dispacci) una diffusione la più pericolosa, specialmente in tempo di guerra e di turbamenti sociali ed economici; ma i Governi, appunto per tal considerazione, avendone fatta una privativa, e così sottrattala al libero uso individuale e a. l’abuso, dispensano dal parlarne.

«La stampa si può adoperare in parecchi significati: stampa a tipi mobili; stampa di caratteri semplicemente; stampa di figure, immagini, disegni; stampa a plastica, getto, pressione, conio. Può quindi avere un senso ristrettoo specifico, ed nno latoo generico; ma quando la si nomina, s’intende nell’ultimo senso, poiché è indifferente che l'atto da valutarsi succeda con un libro, una incisione, una medaglia, un emblema, quando tutti questi mezzi hanno una identica natura, importando ugual diffusione alla stampa propriamente detta. Presa in questo senso, la stampa si può definire: un modo particolare di diffusione dei segni figurativi del pensiero, risultante da un processo meccanico o chimico, pel quale indefinitamente si ripetono. Qualunque la materia con cui ciò si consegua (carta, legno, pietra, gesso, metallo ecc.) e il metodo e Parte (tipografia, calcografia, silografia, litografia, tipografia, ecc.) sempre avrassi la stampanel senso giuridico di questa voce»].

(89) Intorno alla censura v. Hoffmann, Storia della censura dei libri,1819; A. Wiesner, Memorie della censura austriaca dai tempi della Riforma ad oggi,1847.

(90) Costituzione Inter multiplicesdel i° giugno 1501.

(91) L'Elettore Bertoldo di Magonza l’aveva introdotta già nel 1486.

(92) Nel 1694, sotto Guglielmo I di Orango. V. R. Gneist, Diritto costituzionale inglese,m, pag. 262; Blackstone, Commentaiv, cap. 11.

(93) Norimberga 1524, Spever 1529; editto del 1715; Patente generale del 1746.

(94) [Così, in Prussia, durante il regno di Federico il Grande si poteva senza pericolo pubblicare ogni maniera di scritti; e sono rimasti celebri nella storia alcuni motti del filosofo di Sansoucirelativi a pubblicazioni, che lo ferivano personalmente. «Leggi di libertà o di censura, dice il Broglio (Federico il Grande e Voltaire,nella Nuova Antologia,Serie II, vol. 17, pag. 252), Federico non ne volle mai fare, ma in pratica lasciò sempre amplissima libertà: a ministri, che gli facevano relazione di abusi, rispondeva in margine: la presse est libre. Al Direttore della polizia di Berlino il conte Podewilf dirigeva la seguente lettera riferita dal Cantò (Storia Universale,vol. XVIII, pag. 992 in nota): «Signore, la Maestà del mio Re mi ha graziosamente ordinato di farvi sapere che deve lasciarsi ai giornalisti di questa città libertà illimitatadi scrivere tutto quello che vorranno di ciò che succede qui senza bisogno di censura;perché, come S. M. ha detto in termini propri, ciò lo diverte;purché però i giornalisti lo facciano in modo che i ministri forestieri non possano lamentarsi in caso che vi trovassero cosa che loro dispiacesse. Le Gazzette, per renderle interessanti, non vogliono essere impacciate. Ciò intendesi principalmente per gli articoli su Berlino; e quanto alle altre potenze, cum grano salise con gran circospezione». E il Macauly [Saggi biografici,Federico il Grande, pag. 35) narra che una volta Federico avendo visto accalcarsi folla per leggere uno stampato affisso ad una cantonata, cavalcò a quella volta, e veduto che l’oggetto di tanta curiosità era un cartello scurrile contro di lui, ma posto così in alto da non potersi leggere che a stento, diè ordine ai suoi servitori di collocarlo più basso dicendo: tra il mio popolo e me si è stabilito un accordo che ci soddisfa entrambi: esso può dire ciò che vuole, io fo quel che mi piace» ].

(95)In Franciala censura era già, prima della invenzione della stampa, esercitata dalle Università; dopo la Ordinanza del 1629 (dal nome del suo autore Michel de Marinardella Code Michaud)da censori (censeurs royaux)nominati dal cancelliere. — In Inghilterrala censura era esercitata dalla «Camera stellata» [STARchamber],le cui attribuzioni furono a sé avocate dal Parlamento nel 1641. In seguito all’opporsi che fece il Parlamento alla rinnovazione delle ordinanze sulla stampa, si affermò a partire dal 1694 il principio della libertà.

(96) In Francia,un Indicefu pubblicato primamente nel 1544 per opera della Facoltà di teologia di Parigi. V. Peignot, Saggio storico sulla libertà degli scritti,pag. 56.

(97) [Dopo aver mostrato l’assurdità della censura l’Ellero [op. cit.,n. 70] così conchiude:

«Pur non vo’ dissimulare un pregio di tale istituto, che consiste nella prevenzione tempestiva del male anziché meni i frutti e coi frutti il danno. Assicura gli scrittori dai guai di un processo e d’una condanna, gli editori da cattive imprese, i cittadini dalle ingiurie, la società finalmente da funeste ferite e più funeste piaghe. Acconcia in qualche modo nelle condizioni di immaturità civile, di un'indole patriarcale e domestica, probabilmente il suo regno è nella famiglia e nella chiesa. Anche nella chiesa, perché come il padre ai figliuoli, così il capo di una società religioso-morale ai fedeli può sconsigliare le tristi letture; per modo che lo stesso Indice romano non sarebbe riprovevole, là dove esso fosse meramente esortativo e ammonitorio secondo sua natura, e non imperioso e comminatorio qual è attualmente... Ebbene, qual è la ragione per culla censura non ostante il pregio suaccennato, non si può ammettere nella società politico-giuridica, cioè, nello Stato? E perché deve rinunciarsi a un sì fatto mezzo di tenere nei legali confini il pensiero della nazione, di togliere dalla stampa perfino la possibilità di abusi? Vi vuole una ragione grave e seria, e questa è che lo Stato, nel regno della scienza, della certezza, della verità, non è superiore al più meschino individuo; ch'ei può pigliare l'errore per la verità e la verità per l’errore, e blandir quello e respinger questa, osteggiare il progresso delle idee (il quale naturalmente suppone le rettifiche, talvolta le opposizioni delle idee nuove estralegali alle vecchie e legali) e insomma instaurare il peggiore delle servitù, la servitù degli intelletti. Per ventura, non havvi possanza terrena che arresti la legge del perfezionamento umano; e la censura può sì per qualche tempo imbarazzarne il cammino, ma non impedire che 1 pensieri si formino, e formati si scrivano, e scritti si stampino, non impedire le importazioni e le edizioni clandestine, e que’ contrabbandi che Heine diceva si portano nel capo, dove i gabellieri non frugano. Però, se non fosse illusoria la censura vorrebbe dire stazionarietàdel pensiero umano ed anzi, poiché le cose non ai possono fermare, e, non andando avanti, conviene che le tornino indietro, vorrebbe dire regresso, cioè, ritorno alla barbarie, all’abbrutimento, al nulla»].

(98)Costituzione, tit I, art. 3. La Costituzione del 1791, abolendo la censura sia per la stampa ordinaria che per la periodica, implicava la promessa di una legge di repressione, poiché sanzionava «per tutti la libertà di parlare, scrivere, stampare e pubblicare i loro pensieri senza che gli scritti potessero essere sottoposti ad alcuna censura prima della loro pubblicazione, salvo alla legge di stabilire le pene per gli attacchi contro la sicurezza pubblica e i diritti altrui, che fossero per riuscire nocevoli alla società». — Atto costituzionale del 24 giugno 1793, Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, art. 7; Costituzione della Repubblica francese del 5 fruttidoro, anno III (22 agosto 1795), tit. xiv, art. 353.

(99) Leggi del 19 fruttidoro, anno v, e del 9 fruttidoro, anno VI.

(100) Il Decreto 5 febbraio 1810 fissava il numero dei tipografi in ciascun dipartimento (art. 3); imponeva loro la patente e il giuramento (art. 5) e compendiava le discipline sulla stampa col divieto di pubblicare uno scritto qualsiasi contrario ai doveri dei sudditi verso il sovrano e all’interesse dello Stato, comminando le pene portate dal Codice penale e per lo stampatore inoltre la perdita della patente (art. 10). Lo stesso Decreto conteneva una Sezione, nella quale, sotto il titolo di Guarentigie per l'amministrazione, si statuiva: 1) che ciascun stampatore tenesse un registro numerato e autenticato dal prefetto per la iscrizione in ordine di data del titolo di ciascun’opera da stamparsi col nome dell’autore (art. 11); 2) che lo stampatore dovesse immediatamente dare avviso al direttore generale della stampa ed al prefetto delle trascrizioni fatte nel suo registro (art. 12); 3) che il direttore generale potesse ordinare la comunicazione dell’opera è la sospensione della stampa (art. 13-16). Accanto a questa sezione ve nera un’altra col titolo derisorio di Guarentigie per gli autori e stampatori,le quali si risolvevano nella facoltà loro concessa di sottoporsi spontanei alla preventiva revisione (art. 21). Era, per la stampa ordinaria, il ritorno puro e semplice al sistema della censura, che già di fatto pesava sulla stampa periodica; con questo di più che lo scrittore e lo stampatore, i quali si trovavano in possesso di un verbale portante il placito preventivo dell’autorità, non acquistavano che il gramo privilegio di non vedere sequestrata l’opera loro se non per ordine immediato del ministro di polizia (art. 27). — A complemento del sistema, con Decreto imperiale del 14 ottobre 1814 fu fondato un Giornale ufficiale destinato ad indicare i libri che potevano essere riprodotti e messi in vendita od anche semplicemente raccomandati od annunziati, sotto pena ai contravventori della multa e della perdita della patente, senza pregiudizio di altre maggiori pene. Era l’inversione pura e semplice dell’Indiceromano.

(101)Art. 8. I Francesi hanno il diritto di pubblicare e di far stampare le loro opinioni, conformandosi alle leggi, che devono reprimere gli abusi di questa libertà.

(102) Così pure la Costituzione del 4 novembre 1848. Le successive leggi sulla stampa sono: la legge organica del 4 novembre 1848; il decreto del 17 febbraio 1852 colla legge dell’11 maggio 1868 e la legge ora vigente del 29 luglio 1881. Intorno alla storia del Diritto francese sulla stampa v. Batbie, Diritto pubblico e amministrativo,2 ediz. 1885, II, pag. 106 e seg.

(103)V. Seydel, Diritto pubblico bavarese,1, pag. 204.

(104) Questa legge «provvisoria» sulla stampa, uscita dalle Conferenze di Carlsbad, disponeva che «gli scritti, che uscivano in forma di fogli quotidiani od a fascicoli, come pure quelli non eccedenti i 20 fogli di stampa, non potessero circolare in nessun Stato della Confederazione senza previo permesso dell'autorità». La legge era fatta in origine per soli 5 anni. V. su questo argomento Zopfl, Diritto pubblico,II, pag. 629.

(105) Questa Risoluzione manteneva in vigore la legge provvisoria» sulla stampa (v. nota precedente) «finché non si fosse concordata una legge definitiva» e così indefinitamente.

(106) V. anche la Risoluzione federale del 3 marzo 1848. «Ogni Stato della Confederazione, ivi era detto, potrà abolire la censura e introdurre la libertà della stampa, però con garanzie che assicurino gli altri Stati federali e la intiera Confederazione contro ogni abuso di essa».

(107) Certo, in termini ad ogni modo troppo estesi. «La libertà della stampa, era detto, non potrà mai ed in nessun modo essere con misure preventive, specie colla censura, coll'obbligo della patente, con limitazioni delle stamperie o del commercio librario, con divieti postali od altri impedimenti del libero traffico, limitata, sospesa o tolta».

(108) Costituzione prussianadel 1850, art. 27: «La censura non potrà essere introdotta; nessun’altra limitazione della libertà della stampa potrà essere stabilita se non per legge». V. inoltre la legge 12 maggio 1851. V. per lo sviluppo storico: L. Bonn e, Diritto pubblico della Monarchia prussiana,li, pag. 133 e seg. — Per la Baviera v. Editto 4 giugno 1848; legge sulla stampa, 17 marzo 1850. — Per il regno di Sassonia:legge 3 giugno 1850. — Baden:legge 15 febbraio 1851.

(109) Queste «Disposizioni federali generali per impedire gli abusi della libertà di stampa», imponevano la condizione della concessione (Patente) per l’esercizio dell'industria tipografica, patente che, in caso di abuso, poteva essere, anche soltanto in via amministrativa, revocata. La revoca, in quanto la patente già non fosse stata concessa colla clausola della revocabilità ad nutum,poteva essere ordinata contro l’esercente che, nonostante ripetuti avvertimenti per iscritto o ripetute condanne giudiziarie, avesse continuato ad abusare della sua professione per diffondere scritti incriminabili e, specialmente, scritti pericolosi per lo Stato. — Per ogni pubblicazione periodica fatta nel territorio della Confederazione, cauzione, da cui potevano essere esentati soltanto i fogli ufficiali e di carattere assolutamente non politico. La Risoluzione conteneva ancora una serie di disposizioni relative al diritto punitivo io materia di stampa, fra cui notevole quella per coi le leggi sulla stampa dei singoli Stati non avrebbero potuto attribuire la cognizione dei reati di stampa ai giurati o sancire pei relativi giudizi il principio della pubblicità.

(110) Cosi, non nell’Austria, né in Prussia, né in Baviera. V. Zachaiiiae, Diritto pubblico e federale tedesco,II, pag. 312, nota 19.

(111) V. la sua esposizione in G. Lòning, Trattato di diritto amministrativo tedesco, pag. 286.

(112) Bluntschli, Teoria dello Stato moderno,II, pag. 626. V. Blackstone, Comment., IV,cap. II, d. 13.

(113) Certo, fino a questi ultimi tempi, con pene pei reati di stampa molto rigorose. Per contro, la censura fu introdotta nell’India inglese nel 1878. V. Dacosta, Remarks on the Vernacolar Indian press Law,1878.

(114) Costituzione federale del 1848, art. 45. Costituzione federale del 1874, art. 55: La libertà della stampa è garantita. Le leggi contro l’abuso di essa sono di competenza della legislazione cantonale, ma devono essere approvate dal Consiglio federale. Alla Confederazione spetta il diritto di emanare disposizioni penali contro l’abuso della stampa diretto contro la Confederazione e lo sue autorità».

(115) Norges Riges Grundlov(Legge costituzionale norvegese) del 1814, § 100: Trvkke-frihed bor finde sted.

(116) Costituzione belga,§ 18. Proibizione della censura e delle cauzioni.

(117) Legge fondamentale dello Stato del 31 dicembre 1867 sui diritti generali dei cittadini. Art. 13: «Ognuno ha diritto di liberamente manifestare, entro i limiti della legge, colla parola, con scritti, colla stampa o con rappresentazioni figurative le sue opinioni. La stampa non potrà né essere assoggettata a censura, né essere limitata col sistema delle concessioni (patenti). I divieti amministrativi in materia di stampa non si applicano agli stampati nazionali». Legge sulla stampa del 17 dicembre 1862. V. Liszt, Trattato di diritto austriaco sulla stampa,Lipsia 1878.

(118) Legge sulla libertà della stampa del 29 luglio 1881.

(119) Statuto fondamentale 4 marzo 1848, art. 28: «La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi». Editto 26 marzo 1848 sulla stampa, art. I.

(120) Legge sulla stampa dell’8 gennaio 1879.

(121) Costituzione del 25 ottobre 1848, art. 8.

(122) Legge del 6 aprile 1865. Per poter pubblicare un giornale occorre un permesso ministeriale, il quale stabilisce anche se il giornale dovrà essere soggetto alla censura o no.

(123) [Dopo aver dimostrato che la stampa è diritto naturalequando la si consideri come manifestazione e pubblicazione di pensiero, l’Ellero (op. cit.,n. 11) aggiunge: «Ma la stampa non è un diritto incondizionato, sconfinato, illimitato, ché niun diritto è tale, nemmeno quello supremo di vita, ché non puoi vivere a spese dell’altrui vita. Se l’uomo dimorasse solo in sulla terra, egli avrebbe ampia libertà (non dico libertà morale)di fare tutto ciò che desidera; ma appunto perché godrebbe di siffatta libertà, egli non avrebbe alcun diritto; tanto è vero che il diritto suppone la coesistenza di più libertà e quindi importa il concetto di una reciproca limitazione... La stampa, non meno degli altri diritti, ha una sfera legittimadi azione; dentro di questa sfera, è libertà giuridica; fuori, è libertà ingiuriosa, non vera libertà. Così, quando si allega la inviolabilità della stampa, si tratta della stampa in quanto è diritto, non in quanto è torto; e quando sia torto, ecco limitarla la natura eterna delle cose, e perché non divenga torto, ecco regolarla la legge. Constatato il diritto alla libertà del pensiero e delle sue manifestazioni, non conseguita già che ninna norma e niun freno gli si possa apporre; imperocché ogni diritto, foss’anco superiore a quello di pregio, nel consorzio sociale debb’essere regolato, e pur prescindendo da ciò, il diritto vuole l'uso, non l’abuso. L’uomo ha diritto altresì ad appropriarsi le cose; nondimeno, e' non se le può appropriare tutte, né in tutti i modi, trovando accanto al proprio il diritto de terzi che pur deve osservare. Ogni diritto è una libertà in quanto limitata dall'altrui libertà;or, quantunque s'abbia il natural diritto di pensare e di manifestare il pensiero liberamente, tal libertà però è vincolata ogni qual volta cada in conflitto col diritto altrui spettante; e indubbiamente vi cade quand'esce dalla propria sfera d azione»].

(124)Tale la definizione legale data dal § 2 della legge imperiale tedesca 7 maggio 1874 sulla stampa. Secondo la legge imperiale tedesca del 12 marzo 1884 le schede elettorali contenenti solo la indicazione dei candidati non appartengono agli stampati nel senso della polizia della stampa.

(125) Op. cit.,n. 25.

(126) Legge austriaca sulla stampa del 17 dicembre 1862, cap. n. Intestazione del capo il della legge tedesca.

(127) Secondo la legge italiana della pubblica sicurezza 23 dicembre 1888, non possono esercitarsi le arti tipografica, litografica ed altra simile senza preventiva dichiarazioneall’autorità locale di pubblica sicurezza, con la indicazione del luogo dell’esercizio e del nome del proprietario o di chi lo rappresenta. Deve pure dichiararsi ogni cambiamento di località o di persona (art-63).

(128) Nel Dizionario di Statodi Bluntschli e Brater, vol. VIII, pag. 251.

(129) Op. cit.,n. 73.

(130) Secondo il § 5 della legge tedesca sulla stampa, la pubblica diffusione di scritti può dall’autorità di polizia essere interdetta alle persone a cui un «certificato, di legittimazione» (Legitimationsschein)può essere negato in forza degli art. 57, 57 a e 57 b dell’Ordinamento dell’industria. Secondo il £ 57 dell’Ordinamento dell’industria, l'autorizzazione alla vendita ambulante è negata agli individui affetti da malattie o infermità ripugnanti, agli individui posti sotto la sorveglianza della polizia e durante tre mesi dopo scontata la pena, ai condannati ad almeno tre mesi di prigione per reati contro le persone, le proprietà e i costumi o per contravvenzioni ai regolamenti sulle epidemie; ai mendicanti, vagabondi o ubbriaconi; ai commedianti, danzatori, ecc., se il numero di permessi da accordarsi pel distretto è raggiunto o superato; secondo il § 57 a è negata di regola ai minorenni, ai sordi, ai ciechi, ai muti e ai deboli di mente; e secondo il § 57 bpuò essere negata a chi non ha il suo domicilio fisso nel paese, ai condannati alla prigione per almeno 6 settimane pei reati suindicati; per tre anni ai condannati ripetutamente per contravvenzioni alle disposizioni sulla vendita ambulante durante gli ultimi tre anni; a chi, avendo uno o più bambini, non provvede al loro mantenimento od alla loro istruzione nell’età in cui questa è obbligatoria. Secondo il § 43 poi di tale ordinamento, la distribuzione non commerciale di stampati, scritti e incisioni in luoghi chiusi non ha bisogno di autorizzazione.

(131) Secondo il § 56 dell’Ordinamento delle industrie, sono esclusi dal commercio ambulante, fra altre cose, «gli stampati, gli scritti e le incisioni che possono offendere il sentimento religioso o morale o che siano offerti con promessa di premi o guadagni. Chi vuole andar attorno a spacciar stampati, scritti od immagini, deve presentare all’autorità amministrativa competente del luogo di sua residenza un catalogo di esse, per essere approvato. L’approvazione può essere negata solo in quanto il catalogo contenga stampati, scritti o incisioni quali quelle ora indicate. Lo spacciatore non può portare con sé altri stampati, scritti od immagini che quelli inscritti sul catalogo e questo deve avere sempre con sé e presentare ad ogni richiesta dell’autorità od astenersi dalla vendita finché non si sia posto in regola.

(132) Il Brater, nel Dizionario di Stato(VIII, pag. 251) così si esprime a questo riguardo: «Il divieto di diffondere scritti per mezzo dello spaccio ambulante («spaccio a domicilio», HAUSIRhandel) ha per effetto di precludere quasi affatto la letteratura alle classi sociali cui la vendita di libri e giornali non arriva... È una espressa violazione del principio della libertà della stampa quel dar facoltà alle autorità di permettere lo spaccio ambulante di certe pubblicazioni favorite e di vietarlo per altre». Se non che l’Ordinamento tedesco delle industrie non va fino a questo punto ed i limiti, che esso segna allo spaccio ambulante di stampati, sono in sé legittimi. Solo è a desiderarsi che le disposizioni della legge siano applicate bene.

(133)Legge tedesca sulla stampa, § 4.

(134) Secondo il § 23 di questa legge, nei casi di cui al § 22 (agitazione punibile), oltre alla pena restrittiva della libertà, ai tipografi, librai e proprietari di gabinetti di lettura può essere interdetto l’esercizio della loro professione. Secondo il § 24, allo persone che dànno opera a favorire le agitazioni di cui al § 1, capov. 2° (manifestazioni, in modo pericoloso alla pace pubblica e specialmente al buon accordo delle diverse classi della popolazione, di aspirazioni democratiche e sociali, socialistiche o comunistiche, aventi per oggetto di rovesciare l’ordine politico e sociale esistente) o che furono condannate ad una pena in base ad una qualche disposizione della legge contro i socialisti, può l'autorità di polizia interdire la diffusione a scopo commerciale e lo spaccio ambulante di scritti. Contro questo provvedimento è dato reclamo solo dinanzi all’autorità superiore.

(135)Se contro un numero (frammento, fascicolo) di una pubblicazione periodica estera sia stata, due volte in due anni, pronunciata condanna in base agli art. 41 e 42 del Codice penale (distruzione degli esemplari, ecc.), il Cancelliere dell'Impero può, nei due mesi dal giorno in cui l'ultima sentenza è passata in cosa giudicata, interdire, con Notificazione pubblica, la diffusione di tale pubblicazione per un tempo, che può andare fino a 2 anni.

(136) Ordinamento austriaco delle industrie del 20 dicembre 1889, §§ 16,18.

(137) Ciò ricorda fino ad un certo punto le disposizioni della Risoluzione di Speier del 1570 secondo cui le tipografie potevano essere tollerate solo nelle capitali, nelle città universitarie e nelle altre città più importanti.

(138) Legge austriaca sulla stampa del 17 dicembre 1862, § 3.

(139) Legge austriaca sulla stampa, § 3; Ordinamento austriaco delle professioni, § 7.

(140) Decreto 5 febbraio 1810; legge 21 ottobre 1814; Ordinanza 8 ottobre 1817; Decreto sulla stampa del 15 febbraio 1852; Decreto 22 marzo 1852; legge 2 loglio 1861; legge 11 maggio 1868. Tutte queste norme sono ancora in vigore nell'Alsazia Lorena.

(141) V. anche il Decreto del Governo della difesa nazionaledel 10 settembre 1870.

(142)Bluntschli (Teoria dello Stato moderno,n, pag. 635) osserva: «L’affissione di scritti di carattere politico può giustamente esser posta sotto la diretta sorveglianza della polizia, in quanto non si ha più qui una mera manifestazione di un'opinione, ma si ha qualche cosa che, per la sua forma, già tiene del proclama, atto che appartiene soltanto all'autorità pubblica.

(143) Così in Prussia, legge 12 maggio 1851, § 9; nell’Assia, legge 1° agosto 1862, $ 48; in Francia secondo il Code pènal,art. 283; legge 10 dicembre 1830, art. 1; legge 16 luglio 1850, art. 10 (disposizioni vigenti ancora nell’Alsazia Lorena).

(144) Così in Baviera, legge per l’esecuzione del Codice di procedura penale tedesco 18 agosto 1879, art 12.

(145) La legge austriaca sulla stampa (§ 23) richiede di regola il permesso dell’autorità di sicurezza; ma questa disposizione non si applica agli annunzi di interesse meramente locale o industriale come gli avvisi di teatro, gli annunzi di divertimenti pubblici, di vendite pubbliche, ecc.

(146) Legge Sassone24 marzo 1870, art. 15; legge Wurtemburghese27 marzo 1874, art. 1.

(147) Così la legge italiana sulla pubblica sicurezza all’art. 65, capov. 2°.

(148) Solo, agli art. 15 e 16 dispone: «In ogni Comune, il sindaco (maire)designerai luoghi esclusivamente destinati a ricevere le affissioni delle leggi ed altri atti dell’autorità pubblica. È vietato di applicarvi affissi particolari. Soli gli affissi degli atti emananti dall'autorità saranno stampati su carta bianca… Le professioni di fede,circolari ed affissi elettorali potranno essere applicati, ad eccezione dei luoghi riservati dall’articolo precedente, su tutti gli edilizi pubblici non consacrati al culto e specialmente nelle vicinanze delle sale di scrutinio».

(149) V. l’Ordinamento tedesco delle industrie, § 43. Anche la legge italianasulla pubblica sicurezza 23 dicembre 1888 assoggetta alle stesse norme l’affissione eia distribuzione di stampati.

(150) L’Ordinanza del 29 ottobre 1782 e la legge del 5 nevoso, anno V, disponevano che i crieurs publicspotessero gridare solo il titolo dello stampato che offrivano in vendita. Secondo l’art. 290 del Code penai«chiunque, senza esservi autorizzato dall’autorità di polizia, eserciti il mestiere di gridatore (crieur)o affiggitore (afficheur)di scritti stampati, di disegni o incisioni, anche portanti il nome dell’autore, ecc., è punito, ecc.».

(151) Legge 16 febbraio 1834 che modificò l’art. 2 della legge del 10 dicembre 1830, secondo cui bastava la dichiarazione.

(152) Legge 27 luglio 1849, art. 6.

(153) La precedettero le leggi 29 dicembre 1875, 9 marzo 1878 e 17 giugno 1880.

(154) Per ciò che riguarda il rilascio o il diniego di questo permesso, si applicano le disposizioni dei §§ 57, n. 1, 2, 4, 57 a, 57 b, n. 1 e 2, 63, capov. 1° (sui permessi per l'esercizio del commercio ambulante) tranne il motivo di diniego per malattie o deformità ributtanti.

(155) Legge austriacasulla stampa del 17 dicembre 1862, § 23. Anche è vietato di raccogliere sottoscrizioni a chi non abbia ottenuto un permesso speciale dall’autorità di sicurezza. — Secondo la legge italianasulla pubblica sicurezza del 23 dicembre 1888, nessun stampato o manoscritto può essere affisso o distribuito in luogo pubblico od aperto al pubblico senza la licenza dell’autorità locale di pubblica sicurezza; sono esclusi da questa prescrizione gli stampati e manoscritti relativi a materie elettorali, ad affari commerciali ed a vendite o locazioni (art. 65).

(156) Si fanno eccezioni pei giornali esteri. Cosi, ad esempio, secondo la legge tedesca sulla stampa (§14) essi possono essere proibiti dal Cancelliere dell'Impero. Anche la legge tedesca contro i socialisti del 1878 ammette la interdizione in via amministrativa di stampati. «Gli stampati, dispone il § 11, nei quali si manifestino, in modo costituente un pericolo per la pace pubblica, specie per il buon accordo fra le diverse classi della popolazione, tendenze sociali-democratiche, socialistiche o comunistiche, intese a rovesciare Fattuale ordine politico e sociale, saranno interdetti». Trattandosi di scritti periodici, la interdizione ordinata per un numero può venir estesa alla pubblicazione ulteriore. Competente ad ordinare l'interdizione è l’autorità di polizia; per l’interdizione dell'ulteriore diffusione di giornali esteri,il Cancelliere dell'Impero. L’interdizione ha effetto per tutto il territorio dell’Impero. L'autorità di polizia può, prima ancora dell'interdizione, procedere a preventivo sequestro. — Intorno ai poteri straordinari del Luogotenente (Statthalter)dell’Alsazia-Lorena v. Lòning, Trattato di diritto amministrativo tedesco,pag. 294.

(157) Secondo la legge tedescasulla stampa (§ 23), si può procedere al sequestro degli stampati che contengono comunicazioni militari vietate e di quelli che presentano le figure di reato di cui ai §§ 85 (provocazione all’alto tradimento), 95 (offesa alla Maestà), 111 (provocazione alla resistenza all'autorità pubblica), 130 (eccitamento di classi sociali a violenze contro altre), 184 (diffusione di scritti immorali, ecc.) del Codice penale; nei casi dei §§ 111 e 130 però solo quando vi sia imminente pericolo che la provocazione o l'eccitamento possano essere immediatamente seguiti da crimini o delitti. L’Ordinanza di procedura penale austriacadel 1873 al § 487, capov. 1° dispone che «gli scritti, che vengano pubblicati o diffusi contro le prescrizioni della legge sulla stampa, o che perii loro contenuto sono da perseguirsi nell’interesse pubblico, possono, o direttamente o a richiesta della Procura di Stato, essere sequestrati. In tutti gli altri casi il sequestro può essere ordinato solo dai tribunali su querela e richiesta dell'accusatore privato».

(158) Decreto di Napoleone III del 17 febbraio 1852 sulla stampa (Art. 32: «Un giornale può essere sospeso mediante decisione ministeriale, se anche non sia stato oggetto di alcuna condanna, ma dopo due avvertimenti motivati e per un tempo che non potrò eccedere due mesi»); Ordinanza austriacadel 27 maggio 1852; Ordinanza prussiana sulla stampa del 1863.

(159) Esso vige ancora, in forza della legge sulla stampa del 6 aprile 1865, io pei giornali non soggetti alla censura.

(160) Legge del 28 ottobre 1871, § 3.

(161) In Austria,secondo il § 26, capov. 2° della legge sulla stampa, il Ministero di Stato (degli interni) ha diritto di escludere dalla distribuzione postale stampati esteri. Nell’Alsazia-Lorenavige ancora l’art. 2 del Decreto napoleonico del 17 febbraio 1852, m terza del quale i giornali esteri politici e di economia sociale non possono venir diffusi non coll'autorizzazione del Governo.

(162) Queste ragioni inspirarono la disposizione della legge spagnuolasulla stampa dell’8 gennaio 1879, secondo cui tra le condizioni richieste in chi vuole pubblicare un giornale vi ha che esso paghi da due anni almeno 250 pesetas(lire) d'imposta fondiaria o 500 p. d'imposta professionale.

(163) Un espresso divieto di sottoporre la stampa all'obbligo di una cauzione contiene la Costituzione belgaall’art. 18.

(164) Anche la legge prussianasulla stampa del 12 maggio 1851 imponeva, per le riviste e pei giornali politici, cauzioni di 1-5000 talleri secondo la popolazione del luogo della pubblicazione (pei periodici che non uscivano più di 3 volte la settimana, la metà.

(165) L’obbligo vige invece per l'Alsazia-Lorenain base al Decreto francese (di Napoleone III) del 17 febbraio 1852; la cauzione è di 20 mila marchi pei giornali, ecc., che escono in città di oltre 50 mila abitanti, di 12 mila m. per gli altri; pei giornali che escono meno di 3 volte la settimana, la metà. V. Lòning, Trattato di diritto amministrativo tedesco,pag. 288.

(166) Newpapers, Printers, etc. Repeal Act,32 e 33 Vict., c. 24. La cauzione era di 3-400 1. sterline per lo stampatore e rispondeva delle multe degli indennizzi e delle spese giudiziali. Anche gli opuscoli, i fogli volanti, ecc., erano soggetti alla cauzione. V. Gneist, Diritto amministrativo inglese,3(a) ediz., Il, pag. 754.

(167) Legge francesesulla stampa del 29 luglio 1881, art. 5 e 87; anche il Decreto del Governo della difesa nazionale del 1° ottobre 1870. Per il diritto anteriore v. legge 9 settembre 1835 cauzione di 100 mila franchi); decreto 9 agosto 1848; decreto 17 febbraio 1852 (15-50000 f;per i periodici che non uscivano più di 3 volte la setti roana, I metà).

(168) Secondo la legge russasulla stampa del 6 aprile 1865, pei giornali non soggetti alla censura, 5 mila rubli pei giornali quotidiani, 2500 per gli altri.

(169) Legge austriacasulla stampa del 17 dicembre 1862, § 13 e seg.

(170) Legge cit. § 35.

(171) Legge cit. § 16.

(172) Ellero, op. cit.,n. 97-100.

(173) Ciò l’Ellero scriveva nel 1869, quando vigeva ancora in Francia il Decreto del 17 febbraio 1852.

(174)Brater, nel Dizionario di Stato(VIII, pag. 252), osserva giustamente che questa imposta esercita una dannosa influenza sull’azione della stampa. «Se, con un rincaro del prezzo dei giornali, l’imposta è riversata sul pubblico, si viene a render più difficili alle classi meno agiate il giovarsi di un mezzo d’istruzione di cui non si può trovar regnale. Che se si evita di innalzare il prezzo del giornale col risparmiare sulle spese di redazione, escludendo affatto o pubblicando più di rado buoni scritti originali, che solo con adeguati onorari si possono avere, ne verrà un peggioramento della stampa». Un argomento tutt’affatto moderno trae in campo contro l'imposta sui giornali il Liszt (nel Rechtskexicondi Holtzendorff, III, pag. 110): «Essa fa della stampa uno strumento dei grandi capitali, determina il combinarsi di queste due grandi forse, accrescendone così l'influenza».

(175) Ordinanze del 23 ottobre 1857 e 23 novembre 1858.

(176) Legge del 26 dicembre 1865.

(177) Abolizione della tassa sulle inserzioni nel 1853, del bollo sui giornali nel 1855, dell’imposta sulla carta nel 1861, 32 e 33 Vict., c. 24. V. Griffith, A Digest on the Stamp Duties(Digesto sui diritti sulla stampa); E. Gneist, Diritto amministrativo inglese,3(a) ediz., il, pag. 644 e 754.

(178) Esso fu regolato dal Decreto sulla stampa del 17 febbraio 1852 (art. 6 e seg.) e dal Decreto 28 marzo dello stesso anno limitato ai giornali politici e di economia politica.

(179) Queste limitazioni erano specialmente numerose nel Decreto napoleonico del 17 febbraio 1852.

(180) Legge tedescasulla stampa, § 10 (in uno dei due primi numeri); legge francese (vigente ancora nell'Alsazia-Lorena) del 27 luglio 1849 (art 13) e Decreto napoleonico del 17 febbraio. 1852, art. 19 (in capo del primo numero); legge austriaca,20-22. Legge italiana,20 marzo 1848, art. 45: «Ogni gerente sarà obbligato di inserire in capo al suo giornale o scritto periodico qualsiasi titolo ufficiale, relazione autentica, indirizzo o rettificazione o qualunque altro scritto nell’interesse del Governo, che gli venisse mandato da un'autorità legalmente costituita. L'inserzione avrà luogo non più tardi della seconda pubblicazione successiva ai giorno in cui ne sarà stata fatta la richiesta. L’inserzione sarà fatta mediante pagamento dei prezzi indicati nell'art. 43 (cioè, del presso stabilito per gli annunzi in quel tal giornale o pubblicazione o, trattandosi di giornali che non ricevono annunzi, di quello che pagasi per gli annunzi nelle gazzette destinate alle inserzioni giudiziali), li rifiuto o ritardo nella pubblicazione verrà punito con una milita estensibile a lire 500».

(181) Legge tedescasulla stampa, § 10; per l'Alsazia-Lorena, legge 25 marzo 1822, art. li; legge austriacasulla stampa, art. 12 e 13. Legge italianasulla stampa dei 26 marzo 1848, art. 43: «I gerenti saranno tenuti di inserire, non più tardi della seconda pubblicazione successiva al giorno in cui le avranno ricevute, le risposte o le dichiarazioni delle persone nominate o indicate nelle loro pubblicazioni. L'inserzione della risposta deve essere intiera e gratuita. Nel caso per altro la risposta eccedesse il doppio dell'articolo al quale è diretta, l'eccedente dovrà essere pagato al prezzo stabilito per gli annunzi in quel giornale o pubblicazione. Trattandosi di giornali che non ricevono annunzi, sarà corrisposto per l'eccedente un prezzo eguale a quello che pagasi per gli annunzi nelle gazzette destinate alle inserzioni giudiziali. Il rifiuto o la tardanza ad accettare o pubblicare le dette risposte verrà punito con una multa non minore di lire 100 e non maggiore di lire 1000».

(182) Ellero, op, cit.n. 105.

(183) Legge tedescasulla stampa, § 17; conforme, legge francesedel 1881, art. 38. L’art. 39 di questa legge dispone ancora: «È vietato di render conto dei processi di diffamazione, nei quali la prova dei fatti diffamatorii non è autorizzata. Solo la querela potrà essere pubblicata dal querelante. In ogni affare civile le Corti e i Tribunali potranno proibire il resoconto della causa. Queste proibizioni non si applicheranno alle sentenze, le quali potranno sempre essere pubblicate. È parimenti vietato di render conto delle deliberazioni interne aia dei giurì, sia delle Corti e dei Tribunali». — Legge italianasulla stampa 26 marzo 1848, art. 10: «È vietato, nel render conto dei giudizi vertenti o vertiti pei reati di stampa, di pubblicare i nomi dei giudici del fatto e le discussioni ed i voti individuali, cosi di quelli come dei giudici di diritto... È in egual modo vietata la pubblicazione dei dibattimenti davanti ai Magistrati o Tribunali che abbiano avuto luogo a porte chiuse. La trasgressione del prescritto di quest’articolo sarà punita con multa da lire 100 a 500, oltre la soppressione dello stampato. Art. IL «Sotto la medesima pena è vietata la pubblicazione degli atti d istruttoria criminale o dibattimenti pubblici per cause d'insulti o d’ingiurie, nei casi in cui la prova dei fatti infamanti od ingiuriosi non è permessa dalla legge». Secondo poi la legge 6 maggio 1877 nei giudizi penali è vietata la pubblicazione per mezzo della stampa degli atti della procedura scritta, delle sentenze e degli atti d'accusa fino a che il processo non sia chiuso o col pubblico dibattimento o con la pronunzia di non farsi luogo a procedimento penale. È vietata del pari, in qualunque tempo, la pubblicazione per mezzo della stampa dei nomi dei giurati o dei magistrati giudicanti, quando sia accompagnata dalla indicazione dei loro voti individuali nelle deliberazioni dei verdetti e delle sentenze. La trasgressione agli enunciati divieti è punita con molta da lire 100 a 500 oltre la soppressione dello stampato». L'art. 49 della legge 8 giugno 1874 vietava anche la pubblicazione dei rendicontio riassuntidi dibattimenti dei giudici penali, prima che fosse pronunziata la sentenza definitiva; ma tale proibizione, in seguito alla mala prova fatta nei tre anni durante i quali fu in vigore, fu dall’ora accennata legge del 1877 abolita.

(184)Legge tedescasulla stampa, § 16; sulle sottoscrizioni per scopi socialistici v. la legge contro i socialisti del 1878, § 16; legge francesedel 1881, art. 40.

(185) Legge tedescasulla stampa, § 15 (il divieto è ordinato dal Cancelliere dell’Impero).

(186) Legge italianasulla stampa del 26 marzo 1848, art. 10, capov. 1°: È vietata la pubblicazione delle discussioni e deliberazioni segrete del Senato e della Camera dei deputati, a meno che se ne sia ottenuta dai rispettivi corpi la facoltà».

(187) V. ad esempio l’Ordinamento tedescodelle industrie, § 14 (obbligo della dichiarazione al principio dell'esercizio di un'industria).

(188) Ordinamento tedescodelle industrie, § 14: «I tipografi e litografi, i librai, antiquari, tenitori di biblioteche e di gabinetti di lettura, i venditori di stampati, di giornali e di stampe debbono, nell'aprire che fanno il loro esercizio, dichiarare all'autorità competente del loro domicilio il luogo in cui esso si trova, come pure, al più tardi nel giorno io cui avviene, ogni ulteriore cambiamento della sede». — Legge austriacasulla stampa del 17 dicembre 1862, § 10: «Colui che intende fare una pubblicazione periodica, deve prima farne dichiarazione alla Procura di Stato ed all'autorità di sicurezza del Distretto, nel quale la pubblicazione avviene». — Legge italianasulla pubblica sicurezza 23 dicembre 1888, art. 63: Non possono esercitarsi le arti tipografica, litografica od altra simile senza preventiva dichiarazione all'autorità locale di pubblica sicurezza, con la indicazione del luogo dell’esercizio e del nome del proprietario o di chi lo rappresenta. Dovrà pure dichiararsi ogni cambiamento di località o di persona. Il contravventore è punito a termini del Codice penale (art. 442: «Chiunque esercita l’arte tipografica, litografica od altra arte di riproduzione in molteplici esemplari con mezzi meccanici o chimici, senza osservare le prescrizioni della legge, è punito con l'ammenda da lire 100 a 1500). Editto sulla stampa del 26 marzo 1848, art. 36: «Chi intende pubblicare un giornale od altro scritto periodico dovrà presentare alla Segreteria di Stato per gli affari interni (Prefettura), prima della pubblicazione, una dichiarazione in iscritto corredata degli opportuni documenti dai quali risulti: 1) il concorso delle qualità richieste dal-l'art. 35 sia in chi vuole pubblicare il giornale, sia nel gerente (cioè, che sia suddito del re, maggiore di età e goda del libero esercizio dei diritti civili); 2) la natura della pubblicazione, il nome della tipografia legalmente autorizzata in cui si farà la stampa, il nome e la dimora del tipografo; 3) il nome e la dimora del gerente responsabile. — La legge francesesulla stampa dispone all'art. 7 che prima della pubblicazione di un giornale o di una rivista ai debbano dichiarare al procuratore della Repubblica il titolo e la natura della pubblicazione, i nomi e l’abitazione di chi fa la pubblicazione e la tipografia.

(189) Legge tedescasulla stampa, 6, 7; legge austriaca,§ 9; 39 Geo. in, c. 79, Newpapers, Printers,ecc. Repeal Act(su questo proposito v. Gneist, op. cit.,li, pag. 754); legge francesedel 1 88 1, art. 2, 11; Editto italianosulla stampa 20 marzo 1848, art. «Ogni stampato, così in caratteri tipografici come in litografia od altro simile artificio, dovrà indicare il nome, la officina e l'anno in cui fu impresso ed il nome dello stampatore. La sottoscrizione dell'autore o dell'editore non è obbligatoria».

(190) Legge tedescasulla stampa, § 7, capov. 2°: per contro, legge austriaca,§ 9, capov. 3°: indicazione del nome di almeno uno dei redattori. Legge italianasulla stampa 24 marzo 1848, art. 37: «Ogni giornale dovrà avere un gerente responsabile art. 41: «Il gerente di un giornale sarà obbligato a sottoscrivere la minuto del primo esemplare di esso che sarà stampato e tutti gli altri esemplari dovranno riprodurre la stessa sottoscrizione in stampa. La trasgressione di questo articolo sarà punito con multa estensibile a lire 300»; art. 42: «Al momento della pubblicazione del giornale il gerente farà consegnare la copia da lui sottoscritta in minuta all’uffizio dell'Avvocato fiscale generale (ora: Procura generale), o dell’Avvocato fiscale (Procura del re), o del Giudice di mandamento (Pretura)», secondo che la pubblicazione avviene in un luogo che sia sede di Corte d'appello, di Tribunale o di Pretura.

(191) Legge francese,10 luglio 1850, art. 3.

(192) Decreto 17 febbraio 1852, art. 21: divieto di pubblicare articoli di politica e di economia nazionale di persone condannate per crimini; legge 11 maggio 1868: divieto di pubblicare articoli di persone esiliate o non in possesso dei diritti civili o politici.

(193)Ellero, Delle leggi sulla stampa(nell’Archivio giuridico,vol. III, § XVIII, n. 95.

(194) Il conte di Cavour, nella tornata del 7 febbraio 1852, rispondendo al deputato Bastian, il quale proponeva che ogni articolo di polemica dovesse recare la firma dell’autore, si esprimeva in questi termini: «Io non credo che esista misura più esiziale agii interessi della libertà della stampa ed alla sua efficacia. Questa misura tende a diminuire di molto l'importanza dei giornali, a renderli l’espressione di opinioni individuali, mentre oggi sono gli organi di grandi principii… Quando l'Assemblea francese ha volato restringere la stampa, non ha trovato mezzo più acconcio di questo» (C. Cavour, Discorsi parlamentari,raccolti e pubblicati per ordine della Camera dei deputati, Torino, mdccclxv, vol. 4, pag. 359). Contro l’obbligo della firma, v. pure Bonasi, Sulla legge sulla stampa,pag. 104 e seg.

Approvano invece il sistema della firma, oltre l'Hello (Del regime costituzionale,tit. IV, § 2), il Dalloz (Répertoire,v. «Presse, n. 351), fra gli italiani, il Casanova (Del diritto costituzionale,vol. I, lez. 10. pag. 180), il Canutti (Del Governo libero, cap. vii, pag. 78), il Ghirelli (Commento alla legge intorno ai reati di stampa,pag. 116). Anche I’Holtzendorff, che pure fu uno dei più insigni rappresentanti del l’opinione liberale in Germania, in un notevole scritto intitolato: Natura e importanza della pubblica opinione,riprova fortemente la pratica inglese del giornalismo anonimo, sostenendo che la firma dello scrittore nel giornale riesce una duplice garanzia e per chi scrive e per chi legge. «Le odierne consorterie politiche, egli dice, divengono tanto più pericolose di quelle dei vecchi Sofisti nell’Agorà di Atene, ai quali pure riuscì di rovesciare l’antica democrazia, in quanto oggi esse trovano un rifugio nella stampa, dove, sotto il mantello dell’anonimo, possono sfuggire anche a quella responsabilità che la rettorica degli antichi demagoghi traeva seco».

(195) Legge tedescasulla stampa, §§ 8, 19.

(196) Leg. cit., §§ 11, 12. È inoltre escluso chi abbia perduto per condanna penale la eleggibilità agli uffici comunali o trovisi sotto processo per crimine.

(197) Legge francesedel 1881, art. 6.

(198) Editto sulla stampa del 1848, art. 35.

(199) Legge tedescasulla stampa, § 9: deposito da parte dell'editore di un esemplare di ogni numero, ecc., quando comincia la distribuzione o spedizione; § 12: eccezione per gli stampati inservienti unicamente a scopi scientifici, artistici, commerciali e industriali. Per l'Alsazia-Lorena,dove vige ancora il diritto francese di una volta, v. Lòning, op. cit.,pag. 287-8.

(200) Legge austriacasulla stampa, § 17: presentazione all’autorità di sicurezza locale ed alla Procura di Stato di un esemplare; trattandosi di scritti periodici, al momento della pubblicazione; per gli altri, 24 ore prima.

(201) Editto sulla stampa del 1848, art. 7: «Ogni stampatore dovrà presentare la prima copia di qualsiasi stampato, se nella provincia dove risiede un Magistrato (Corte) d'appello, all’ufficio dell’Avvocato fiscale generale (Procura generale); se nelle altre, all'Ufficio dell’Avvocato fiscale (Procuratore del re) presso il Tribunale di prefettura (Tribunale civile e penale). La trasgressione di questo prescritto è punita con multa estensile a lire 300». Art. 41: «Al momento della pubblicazione del giornale il gerente farà consegnare la copia da lui sottoscritta in minuta all'Ufficio dell’Avvocato fiscale generale Procura generale) o dell’Avvocato fiscale (Procuratore del re) o del Giudice di mandamento (Pretore) secondo il luogo in cui la pubblicazione avviene. Quest’obbligo non può sospendere la spedizione o distribuzione del giornale o scritto periodico». Pena per la contravvenzione: multa estensibile a lire 500. In forza dell’art. 8 poi gli stampatori e riproduttori di stampati, incisioni, litografie, oggetti di plastica o simili devono, sotto pena dell'ammenda di lire 50, nel termine di giorni 10 successivi alla pubblicazione di qualsiasi opera per essi riprodotta, consegnarne una copia agli Archivi di Corte ed una alla Biblioteca dell’Università nel cui circondario è seguita la pubblicazione. Contro quest'obbligo v. Ellero, op. cit. n. 101.

(202) Legge francesesulla stampa del 1881, art. 10: Al momento della pubblicazione di ogni foglio o fascicolo del giornale o scritto periodico, due esemplari saranno rimessi»11 Ufficio del Procuratore della Repubblica o alla mairienei luoghi dove non vi ha tribunale di prima istanza. Lo stesso deposito sarà fatto al Ministero dell'interno per Parigi e il dipartimento della Senna, alla Prefettura, alla sottoprefettura o alla mairie nelle città che non sono capoluoghi né di dipartimento, né di circondario (arrondissement). Ciascuno di questi depositi dovrà esser fatto sotto pena di una multa di 50. contro il gerente.

(203)Ellero, op. cit, n. 101.

(204)A.Bonasi, Sulla legge della stampa. Studio, Bologna 1881.

(205) Hallam, Storia costituzionale dell'Inghilterra,vol. IH, cap. 13.

(206) Cucheval-Clarigny, Storia della stampa in Inghilterra e negli Stati Uniti,cap. 1

(207) Areopagetica. Discorso per la libertà della stampa. Milton, Works,vol. ix, pag. 309.

(208)Blackstone, Comment.,vol. v, lib. xv, cap. 11; Hallam, op. cit.,vol. ni, cap. 13: Macauly, Storia dell'Inghilterra,vol. n, cap. 3; Russell, La Costituzione inglese, cap. 36; De Lelme, Costituzione dell'Inghilterra,vol. il, cap. 12.

(209)Nel determinare la data dell’abolizione della censura in Inghilterra vi ha divergenza fra gli scrittori. L’Hello (Del regime costituzionale,parte I, tit. 4) afferma che fu tolta nel 1692; Cucheval-Clarigny (op. cit.,cap. 2) e Ricotti (Breve storia della Costituzione inglese,parte iv, cap. 1, § 4, pag. 401) nel 1693; De Lolme (op. cit.,vol. II cap. 12, pag. 41); Rossi (Corso di diritto costituzionale,vol. III, lez. 52) e il Guerzoni (La stampa odierna e la sua legislazione in Italia,nella Nuova Antologia,Serie I, vol. 12, pag. 55) nel 1691; Erskine May (Storia costituzionale dell'Inghilterra,vol. I, cap. 8) nel 1695; Fischel (La Costituzione dell'Inghilterra,vol. I, lib. 1, cap. 8) nel 1697.

(210) Blackstone, op. cit,vol. v, lib. 4, cap. 11; E. May, op. cit.,vol. n, lib. i, cap. 9; Fischel, op. cit.,vol. i, cap. 8.

(211) E. May, op. cit.,cap. 10; Brougham, Costituzione inglese,cap. 7; E. S. Stephen, Nuovo commentario delle leggi d'Inghilterra,lib. in; Bowyer, Commentari delle leggi costituzionali d Inghilterra,pag. 136.

(212) È noto che in Inghilterra solamente verso la fine del secolo scorso la stampa conquistò, a furia di processi, la facoltà di pubblicare le discussioni parlamentari; ed anche ora continua a farne uso per mera tolleranza delle due Camere, non in virtù di un diritto riconosciuto. Le proibizioni sussistono sempre, ma si lasciano dormire e non è a temersi che vengano tratte dall'oblio. Anzi, il pubblico e la stampa sono ammessi ad assistere alle sedute del Parlamento solo perché si finge di non vederli;ma se un membro della Camera vi richiama l’attenzione dello Speaker,questi è obbligato sd ordinare l’immediato sgombro delle tribune.

(213) E. MAY,op. cit.,cap. 9 e 10; Townsend, A Treatise on the Wrong called Slander and Libel(Trattato del reato detto diffamazione e libello), cap. 12; Fischel, op. cit., llib. I, cap. 8.

(214)VI and VII, Vict. c. 96, § 7.

(215) Legge 27 maggio 1852, § 12.

(216) I. Thonissen, La Costituzione belga annotata,tit. II, n. 109.

(217) Huyttens, Discussione al Congresso Nazionale del Belgio,seduta del 26 dicembre 1830, discorso di M. Nothomb; vol. I, pag. 652; Laurent, Studio sui reati di stampa, III, § 1, n. I, pag 63.

(218) Il Progetto formolato dalla Sezione centrale del Congresso disponeva che qualora l’autore fosse conosciuto o domiciliato nel Belgio, lo stampatore e il distributore non potessero essere processati; che lo stampatore non potesse esserlo che in difetto dell’editore, e il distributore solo in mancanza dello stampatore. Questa disposizione stabiliva una responsabilità par cascades,secondo l’espressione del De Brouckere, in quanto la responsabilità dello scrittore cuopriva quella dell’editore, e questa cuopriva la responsabilità dello stampatore. Ma il Progetto aggiungeva la clausola: salva la prova della complicità,colla quale i compilatori volevano riservata la complicità dell’editore, dello stampatore e del distributore anche nel caso in cui l'autore fosse noto e domiciliato nel Belgio, se essi, uscendo dalle loro funzioni normali, avessero con qualche altro loro fatto partecipato efficacemente alla pubblicazione. Ma questa clausola parve pericolosa come quella che avrebbe potuto riaprire il varco alle persecuzioni simultanee autorizzate dalle leggi anteriori, quindi fu respinta.

(219) V. Ullmer, Prassi di diritto pubblico delle autorità svizzere,Zurigo 1862 e 1866, § 190.

(220) Ullmek, op. cit.,vol. i, pag. 274.

(221) Legge 13 giugno 1834, art. 14.

(222) Dalla cit opera del Bonasi, pag. 127 e seg.

(223) Merita di essere menzionato l’Editto del 19 aprile 1780 dell’Estense Ercole III, col quale si permetteva l'uso, la lettura e il libero commercio di tutti i libri giurisdizionali e politici «ferma stante la condanna e proibizione di libri, che si opponessero ex-professoe direttamente alle verità rivelate, a principii non controversi fra cattolici si ai buoni costumi». V. la Memoria di G. Campori inserita negli Atti dell'Accademia scienze, lettere ed arti di Modena,vol. XVII.

(224) Cantù. Storia dei Cento anni,vol. II, ediz. 4(a), 1863. Il triennio repubblicano io Italia, pag. 177.

(225) Di fronte agli scandali della stampa, nel Preambolo di questo Editto la licenza dei giornali era paragonata «alla libertà delle bestie feroci di sbranarsi a vicenda e di tutto distruggere».

(226) Cominciò allora per la stampa, specie per la stampa quotidiana, un periodo di regime arbitrario. Valga, ad esempio, la seguente motivazione della Deliberazione 30 piovoso, anno VII del Direttorio esecutivo, con cui veniva soppressala Gazzetta nazionale alpina' «Considerando che chiunque, con scritti cavillosied intemperanti,cerca di irritare gli spiriti contro le leggi, di presentar loro come cosa possibile un meglio chimerico e di insinuare uno scoraggiamento, che soffoca negli animi il sentimento del vero patriottismo,commette un apertoattentato contro l’ordine pubblico». Ed altri molti giornali vennero, sotto quel regime di libertà repubblicana, soppressi per ragioni non più serie di queste.

(227) Napoleone aveva avuto, verso quel tempo, un lampo di tenerezza per la li berti della stampa, nel senso peraltro in cui egli la intendeva. In una lettera al viceré del 11 giugno 1805, egli scriveva: «Je désire que vous supprimiez entièrement la censure des livres. Ce pays a déjà l'esprit assez étroit sans l'étrécir davantage,Bien en tendu que la publication de tout ouvrage qui serait contraire au gouvernementserait arrêtée. Il faut exiger seulement, lorsque les libraires auront à mettre en veste no ouvrage, qu’ils en envoient sept jours avant un exemplaire à la police».È evidente che, prescrivendo la esibizione degli esemplari sette giorni prima della loro pubblicazione, colla facoltà nel governo di sospenderne la vendita e di sequestrarli, sarebbe stai la revisione preventiva esercitata sullo stampato anziché sul manoscritto.

(228) Ai ceppi imposti dalla polizia si aggiunsero gli aggravi fiscali, poiché io forza del Decreto del 30 novembre 1810 nessun libro stampato all'estero poteva entrare nel Regno se non col previo permesso del Direttore della stampa e per la dogana da esso designata; i libri in lingua italiana e latina erano sottoposti ad una tassa non minore del 50 per Decreto del 21 maggio 1811 una tassa di bollo, (issa o di dimensione, colpiva le pubblicazioni periodiche Con Decreto del 1° agosto 1811 fu posta una tassa di 1 centesimo per foglio sulle opere non appartenenti ad autori viventi.

(229)Sclopis, Storia della legislazione italiana dal1789 al1817, vol. IV, parte 1(a), cap. 1, 3 e 4.

(230) Decreto per la libertà della stampa(facente parte integrante della Costituzione), §§ 1 e 2.

(231) §§ 16. 17 e 18.

(232)Cantò, Storia degli Italiani,vol. vi, pag. 358.

Così, l’Azeglio potè, nel 1833, pubblicare in Milano l'Ettore Fieramoscae nel 1 SAI il Niccolò de' Lapi;ed a ragione il censore Colonetti, nel restituirgli coll’imprimaturil manoscritto di quest’ultimo romanzo, potè dirgli: provi un po’ a pubblicare il suo libro fuori di qui e me ne darà notizie (Ricordi,vol. il, cap. XXXIII, pag. 396).

(233) Così, G. B. Nicolini, sin dal 1819, potè pubblicare in Firenze il suo Elogio di Leon Battista Alberti. E nel 1815 D'Azeglio, dopo che alla sua domanda di stampare in Torino il libretto Degli ultimi casi di Romagnafu risposto dal censore Promis con un no «tondo come la bocca di un pozzo». pensò subito di avviarsi a quel gran refugium peccatorumd’allora che si chiamava Toscana», ove la stampa di quello scritto, destinato ad avere l'importanza di un avvenimento politico, non incontrò in effetto verun ostacolo (Ricordi,vol. 11, cap. XXXIV).

(234) Tit. in, cap. VII, art. 124, N. XXIV.

(235) Tit. IX, capit. unico, art. 358.

(236) Statuto del 10 luglio 1848, art. 88.

(237) Statuto della Repubblica romana, art. 7.

(238) Statuto pontificio del 14 marco 1848, art. 11.

(239) Costituzione di Napoli del 10 febbraio 1848, art. 30.

(240) Statuto toscano del 15 febbraio 1848, art. 5.

(241) Statuto sardo del 4 marzo 1848, art. 28.

(242) Questa riserva però non fa mai applicata per difetto di sanzione nella leggo repressiva degli abusi della stampa.

(243) Art. 2, 7 e 42.

(244) Bonasi, op pag. 118.

(245) Decreto 20 luglio 1831, art. 11.

(246) Bonasi, op. cit.,,pag. 120.

(247) Townsend, Stander and Libel,pag. 117, § 123.

(248) L’art. 5 di della legge statuiva che «les gérents responsables surveilleront et dirigeront par eux mêmesla rédaction du journal ou écrit periodique»; e, non paga di guarentigie morali, volendone stabilire eziandio delle finanziarie a carico del gerente, disponeva che ove il giornale fosse proprietà di un solo e questi si trovasse io condizione di assumerne la direzione, dovesse esserne egli stesso il gerente; che quando il giornale venisse pubblicato da una società, il gerente dovesse esserne costituito legale rappresentante; che in ogni modo il gerente fosse proprietario di ¼ almeno della esazione (art. 25).

(249) In Francia, anzi, si sono sempre così bene sentiti i pericoli di una gerenza meramente nominale e se ne è avuto tanta paura che i commentatori più autorevoli e । tribunali, supplendo colla interpretazione al testo della legge, hanno costantemente ritenuto che, secondo lo spirito di essa, l’azione penale non rimane esaurita colla condanna dell’autore e del gerente se questi siasi costituito tale per essere proprietà del giornale o della cauzione, e la direzione effettiva del giornale stesso sia affidati ad un direttore capo.

(250) Sulla istituzione del gerente responsabile così il Palma (op. cit.,vol. III, pag. 167).» Non vi ha dubbio che un giornale, persona fittizia, ha bisogno di un rappresentante che parli, agisca, stipuli, risponda per esso; che fornisca la cauzione, se è richiesta, facciale prescritte dichiarazioni e presentazioni degli stampati e simili. È giusto perciò che la legge apponga a cotali gerenti facili condizioni d’età, di diritti civili e così via seguendo. Ma qui non si tratta di questa rappresentanza o responsabilità del giornale nelle contravvenzioni alle prescrizioni amministrativesulla stampa periodica. Il gerente responsabile italianoè ben altro; la legge lo ha reso responsabile del reatocontenuto nella qualità di uno scritto altrui; e si deve domandare se ciò è giusto. Or, può la legge sconoscere le condizioni più essenziali della imputabilità? Nessuna legge al mondo può giustamente, rendendo responsabile chi non è l'autore del reato, sconoscere la legge morale, che attribuisce la responsabilità al cattivo uso della libertà, i principii più elementari di diritto, anzi del più semplice buon senso, pei quali non ci può essere imputabilità quando manca l'intenzione di commettere il reato, la coscienza del fatto punibile, quando non si è Fautore del reato. Il gerente non è l’autore dello scritto, non è il di- rettore, il quale effettivamente ordina la inserzione degli articoli nel giornale, ne regola la composizione, e che perciò deve giustamente essere responsabile di tutto ciò che vi à pubblica; non ne è l'editore, nemmeno lo stampatore; è una finzione della legge, buona a rendere illusorie le condanne a pena pecuniaria, scegliendosi apposta chi non ha nulla; è un miserabile, che può sapere appena sottoscrivere il suo nome, ma che non ha altra parte nel giornale che firmarne i numeri ed esporsi per qualche lira al giorno ad essere nutrito in carcere per il reato di un altro, dichiarandosi responsabile «fi ciò che non ha pensato né fatto, di ciò che non legge, che saprebbe forse nemmeno leggere, che certamente non saprebbe capire.

Gli e perciò che il gerente responsabile è divenuto argomento di pubblica derisione, anche nei teatri. Quindi ancora lo scandalo di tanti processi di stampa, nei quali i giurati,contro l'evidenza, dichiarano l'incolpabilità: vera protesta contro l'offesa alla Coscienza giuridica ed al sengo morale di chiamare responsabile, per arbitrio del legislatore, non il reo, ma un terzo, cui la legge permette un'opera così umiliante qual è quella di un ignorante, di on miserabile, che per sfamarsi si contenta di andare in prigione per conto e pei fatti altrui. Si è vituperata la surrogazione militare, e si è ammessa, come una istituzione liberale e morale, la surrogazione penale!»

(251) Parecchie sentenze attestano che i magistrati, non potendo vincere il ribrezzo di condannare un capro emissario perfino ignaro del delitto, in presenza dell'autore noto, banno con argomenti artifiziosi torturata la legge fino a condurla ad applicazioni flagrantemente contrarie alla sua letterale espressione. E che veramente sia stato il sentimento della giustizia assoluta che ha trascinato i magistrati a mettersi colla loro sentenza in aperta contraddizione colla legge, appare evidente dal seguente motivo della Cassazione torinese: «Invero, sarebbe assurdo e pieno di pericoli per la moralità e quiete pubblica, che per ciò che hassi ognora una persona rispondevole nel gerente, non avesse a darsi azione al Pubblico Ministero, custode della legge, per reprimere un fatto penale da chiunque sia stato commesso, non dovessesi al cittadino vituperato concedere la giusta soddisfazione di vedere punito anche lo scrittore dell'articolo che è il vero e reale autore del reato, e qualunque altro abbiavi preso dolosamente parte più o meno diretta; che egli è que di buona ragione che la legge della stampa si compia io ciò colla legge comune, alla quale soltanto in parte fu fatta eccettuatone (sentenza 7 aprile 1869). E meno male, scrive il Bonasi (op. cit., pag. 129) se questa interpretazione avesse definitivamente prevalso; poiché, per quanto sia pericoloso e deplorabile che una legge assurda abitui i magistrati a prescindere dalle sue disposizioni ed a sostituirsi al legislatore, si sarebbe almeno avuto in corrispettivo una giurisprudenza rispondente ai dettami della morale e della giustizia. Ma era naturale che non tutti i magistrati sapessero piegarsi a questo arbitrario espediente; e molti di essi si sono infatti mantenuti fedeli al testo della legge, sicché sopra un punto cosi essenziale in materia di stampa, qual è quello della responsabilità dello scrittore, regna in Italia la più completa confusione e in ciascun caso la risoluzione dipende dal modo particolare di sentire dei singoli magistrati.

(252) Palma, Corso di diritto costituzionale,vol. III, pag. 164.

(253) V. queste idee maggiormente svolte nei miei Principii di una teoria generale detto Stato,Wurzburg 1873, pag. 49 e nel mio Diritto politico bavarese,i, pag. 571. V. pure lo scritto di Gierke nell’Annuario di Legislazione, di Amministrazione e di Economia sodale dell'Impero tedescodi L. Schmoller, vii (1883), pag. 1132 e seg.

(254) V. sa questo riguardo Wagner e Nasse, Trattato di Economia politica,l (Teoria dell’Economia sodale di Wagner), 2 ediz. (1879), pag. 431 e seg., 448 e seg.

(255) La ricerca e la descrizione di questi effetti non appartengono a questa Monografia.

(256)Wagner, op. cit.,pag. 464.

(257) Id., op. cit.pag. 471.

(258) Ciò dicasi di tutti i provvedimenti di organizzazione economica, che WaGNER (op. cit.,pag. 472 e seg.) propone come limitazioni reali della libertà di movimento. Solo le limitazioni di questa formati (op. cit.,pag. 476) sono a dirsi limitazioni della libertà di movimento nel senso giuridico. Wagner (op. cit.,pag. 472) nota: Epperò, la limitazione deve essenzialmente prodursi in modo indiretto, come conseguenza necessaria sia di nna diversa organizzazione, informata maggiormente al principio della economia comunitativa e specialmente della economia comunitativa coattiva, della economia sociale, sia di altre profonde riforme nel campo del sistema economico-privato, Specie per ciò che riguarda i rapporti fra lavoratori e datori di lavoro, la costituzione del sistema delle industrie e finalmente la pubblica assistenza. Solo in quanto le esigenze di questa lo rendano necessario, né ai possa altrimenti provvedere, sarà il caso di ricorrere a qualcuna delle altre (dirette) limitazioni». Di limitazioni di questa conda specie nella moderna legislazione già ve ne sono. Ma, poiché il loro studio non entra nel quadro di questa Monografia, neppure accade che ci facciamo qui ad Mainare fino a qual punto possa essere il caso di renderle più gravi. Questo solo osserviamo che la legge non deve toccare a questa materia se non con molta prudenza, perché non avvenga che per rimediare ad un male ne cagioni uno maggiore.

(259) Landfriededel 1148, § 1; Instr. Pac. Osn.,art. ix, § 2.

(260) Obbligo di provare una certa possidenza, l'esercizio di una professione, di presentare certificati di buona condotta; tasse di soggiorno; cane di soggiorno; obbligo di acquistare la cittadinanza, ecc.

(261) Legge prussianadel 31 dicembre 1812 sull’accoglimento di persone estranee al Comune e sull’assistenza dei poveri obbligatoria: a nessun prussiano avente stato proprio (selbstandig)potrà, di regola, essere diniegato o reso, con gravose condizioni, difficile Il soggiorno in un luogo, dove esso possa procurarsi abitazione e ricetto. — Legge tosonedel 26 novembre 1834.

(262) Così pure la Costituzione federale svizzeradei 1874, art. 45: Ogni svizzero, che abbia un «certificato d'origine(HEIMATschein) od altro documento equivalente, ha diritto di stabilirsi in qualunque località del territorio svizzero. — Costituzione degli Stati Uniti,art. IV, 2: I cittadini di ogni singolo Stato godono dei privilegi e delle immunità dei cittadini di tutti gli altri Stati.

(263) Legge fondamentale dello Stato del 21 dicembre 1867 sui diritti generali dei cittadini pei regni e paesi rappresentati nel Beichsrath,art. IV e VI.

(264) Legge del 27 ottobre 1862 per la tutela della libertà personale, § 5.

(265) Ulbhìch, Trattato di diritto pubblico austriaco,pag. 96.

(266) Intorno al diritto di stanziamento nei rapporti coll'assistenza dei poveri v. Gneist,. Diritto amministrativo inglese,pag. 841 e 920; Id., L'auto-governo,§ 122.

(267) Costituzione Carolina,art. 161: Il ladro recidivo sarà posto alla berlina e gli uri per sempre vietato di rimanere nel circolo o nella località del commesso reato.

(268) Urpheda de non redeundo; urpheda de non ulciscendo.

(269) Costituzione Carolina,art. 176.

(270) Secondo il Senatus-consulto organicoCostituzione del 28 floreale, anno XII, l’Alta Corte imperiale,chiamata specialmente a conoscere dei reati politici, poteva, in tuo di assolutoria, «porre gli assolti sotto la sorveglianza o a disposizione dell’alta polizia dello Stato per un tempo determinato».

(271) Non potevano però prendere stanza in una piazza di guerra né a meno di tre miriametri dalla frontiera.

(272) Codice penale francese, art. 47-50.

(273) Codice penale francese, art. 44-46.

(274) V. Journal du Palai», répertoire généraL'V. Surveillance de la haute police(1850, IX, pag. 1084; v. anche Locré, Législation,vol. XXIX, pag. 236): «Per tal modo h cauzione non era pei condannati liberati un diritto, ma una concessione dell’amministrazione, l'eccezione essendo diventata la regola, e il diritto di fissare ai condannati il luogo della loro residenza era considerato come il diritto comune» (Journal du Palais loc. cit.,pag. 1085).

(275) L’art. 44 riveduto venne ad essere del seguente tenore: «Effetto della sottoposizione alla sorveglianza dell’alta polizia sarà di dare al Governo il diritto di determinare certi luoghi, nei quali sarà interdetto al condannato di mostrarsi dopo scontata la pena. Inoltre il condannato dovrà, prima di esser messo in libertà, dichiarare il luogo in cui intende fissare la sua residenza; esso riceverà un foglio di via che regolerà l’itinerario che dovrà tenere e la durata del suo soggiorno in ogni luogo di passaggio. Ei dovrà presentarsi entro 24 ore dal suo arrivo al mairedel Comune e non potrà cambiare di residenza senza aver dichiarato, tre giorni prima, a questo funzionario il luogo ove intende recarsi e senza aver ricevuto da lui un nuovo foglio di via. — il Codice penale belga(art. 35) è essenzialmente conforme, su questa materia, al francese.

(276) In una circolare del Ministro dell’interno dei 18 luglio 1833 era detto: «I condannati devono essere dispensati da tutte quelle misure di polizia che, dando al fatto una inevitabile pubblicità, li colpirebbero di una specie di riprovazione universale e li metterebbero nella impossibilità di emendare la loro condotta. Epperò, essi Don possono venir obbligati a presentarsi ad epoche periodiche, come ne fu imposta loro l’obbligazione in certe città. Bisogna che essi siano sempre noti alla pulizia, ma che rimangano ignoti al pubblico».

(277) Intorno al decreto napoleonico, determinato essenzialmente da motivi politici, dell’8 dicembre 1851 v. Berner nella Gerichtssaat, xxxiii (1881), pag. 359 e seg. Quel decreto fu abrogato il 24 ottobre 1870 dal Governo della difesa nazionale. Intorno alla legge di sicurezza del 27 febbraio 1858 (emanata dopo l’attentato di Orsini) v. Batbie, Diritto pubblico e amministrativo,2(a) ediz., 1885, II, pag. 57 e seg. [Il decreto dell’8 dicembre 1851 era preceduto da questi considerandi: «Considerando che la Francia ha bisogno d’ordine, di pace e di sicurezza; che da troppi anni la società è profondamente inquietata e turbata dalle macchinazioni dell’anarchia e dai tentativi insurrezionali degli affiliati alle società segrete e dei reprie de justicesempre pronti a diventare strumenti di disordine: che per le sue costanti abitudini di rivolta contro tutte le leggi, questa classe d'individui non solo compromette la tranquillità, il lavoro e l'ordine pubblico, ma autorizza ingiusti attacchi e deplorevoli calunnie contro la sana popolazione operaia di Parigi e di Lione; che la legislazione attuale è insufficiente ed è necessario introdurvi modificazioni, por conciliando i doveri dei-romanità cogli interessi della sicurezza generale». In forza di questo decreto ogni individuo posto sotto la sorveglianza dell’alta polizia, che fosse riconosciuto colpevole dì rottura di bando, o di aver fatto parte di una società segreta poteva essere trasportato, per misura di sicurezza generale, in una colonia penitenziaria, a Cajenna o in Algeria, per 5 10 anni (art. 1 e 2); l’effetto della sottoposizione alla sorveglianza dell’alta polizia doveva essere in avvenire di dare al governo il diritto di determinare il luogo in cui il condannato doveva risiedere dopo scontata la pena (art. 3; il soggiorno in Parigi enel suo circuito (banlieue)era interdetto ai sottoposti alla sorveglianza della polizia, sotto pena di deportazione in una colonia penitenziaria, a Cajenna o in Algeria l’art. 6»; i deportati in virtù di questo decreto erano obbligati al lavoro, perdevano i diritti civili e politici, erano loro applicabili le leggi militari, se non in quanto, nel caso di evasione, erano condannati al carcere per un tempo non eccedente il tempo per cui dovevano ancora subire la deportazione art. 7)].

(278) Una legge di eccezione del 9 luglio 1882 vige ancora per Parigi e Lione. In forza di questa legge il prefetto può interdire il soggiorno in quelle città: 1) alle persone state condannate per certi reati (furto, brigantaggio, vagabondaggio, mendicità); 2) a quelle che non possono giustificare i loro mezzi di esistenza. V. Batbie, op. cit vvol. li, pag 58.

(279) Il quale però deve confermare con giuramento i suoi motivi di sospetto (swearing the peace against another).

(280)Gneist, Diritto amministrativo inglese,1. pag. 274; il. pag. 745 e seg. Il Gnkist nota come in Inghilterra ricorrano in media 13 mila casi all'anno di condanna alla prestazione della malleveria di pace e più di 3 mila casi di imprigionamento per mancata malleveria (commitment for want of sureties to keep the peace,ecc.). Nel 1880 si sarebbero poi stati 18(3S1) casi di breach of peacee di want of surety.

(281) Habitual Criminale Act. 1869, 32 e 33 c. 99.

(282) Gneist, op. cit.,pag. 275; n, pag. 781.

(283)V. specialmente il Codice penale prussiano del 1851, il bavarese del 1861.

(284) V. Discussioni del Parlamento della Confederazione della Germania del Nord, 1870, III, pag. 96 e seg.

(285) Secondo la disposizione del Consiglio federale del 16 giugno 1872 «rispetto alle persone contro le quali sia stata pronunciata in uno Stato dell'Impero l'ammessibilità della sorveglianza della polizia, questa, ove l'individuo si rechi in un altro Stato dell'Impero, potrà essere dichiarata anche dall'autorità di polizia del distretto, nel quale quegli abbia preso soggiorno».

(286) V. su questo riguardo BERNER, op. cit., pag. 349.

(287) V. Codice di procedura penale tedesco, SS 103 106.

(288) Secondo il 8 22 della legge contro i socialisti, il tribunale può dichiarare ammissibile il divieto di soggiorno in un determinato luogo, corrispondentemente, la espulsione dall'Impero nel caso di condanna ad un pena restrittiva della libertà in virtù dei §§ 17-20.

(289) Nel Belgio, dove la sorveglianza della polizia era stata abolita nel 1830, questa fa ristabilita già nel 1836.

(290) L'Assemblea dell'Associ azione tedesca dei funzionari degli stabilimenti penitenziari tenuta a Brema il 16 settembre 1880 votò la seguente Risoluzione: «Le disposizioni di legge sulla sorveglianza della polizia non avendo sui sorvegliati che un'azione assai limitata e riuscendo quindi quasi inutile, e dall'altra parte una più efficace attuazione dell’istituto essendo necessaria nell’interesse della società civile, l'Assemblea è d’avviso che la sorveglianza della polizia non debba essere abolita, ma sì riordinata in forma più rigorosa ed estesa anche ai reati di furto e di frode. Ma nel tempo stesso è d'avviso che le autorità di polizia debbano, nell'esercizio della sorveglianza, evitare tutto ciò che possa riuscire al sorvegliato di impedimento a farsi uno stato onorato».

(291)Bekner, op. cit.pag. 375.

(292) V. Atti del Consiglio federale, 1875, n. 72. La Relazione che accompagna la Novella cita, fra altro, anche Kart. 176 della Carolina,il Diritto generale prussiano, parte n, tit. 20, §§ 44, 533 e l’Ordinanza criminale prussiana dell! 1 dicembre 1805, §-31. Il Codice penale badesedei 6 marzo 1845, £ 29 e seg. non vi è citato.

(293) Eccitamento alla resistenza all'autorità pubblica ed a reati, perturbazioni dell’ordine pubblico, minaccio, lesioni corporali, provocazione a duello, danneggiamenti a cose, tentativi di reato, ecc.

(294)La cauzione doveva prestarsi mediante deposito di una somma io denaro o carte di valore, o mediante malleveria prestata da persone idonee. Oggetto della cauzione doveva essere che l’individuo non avrebbe, nel termine per cui la cauzione era ordinata commesso quella tale azione. Finché la cauzione non fosse stata prestati,il condannato era trattenuto in carcere (§ 39 bdel Progetto).

(295) Sul diritto costituendo v. R. Mohl, Sistema della giustizia preventiva,§ 52 F. Schieri. inger La malleveria di paceErlangen 1877.

(296) Legge 10 maggio 1873 contro gli oziosi e vagabondi.

(297) Il ministro ZANARDELLI così nella sua Relazione sul progetto di Codice penale rendeva ragione dell'art. 29 (corrispondente all'art. 28 del Codice):

«Molte sono le obbiezioni e molte le opposizioni che si muovono all'istituto della vigilanza speciale dell'autorità di pubblica sicurezza. Perciò non mancano esempi di legislazioni straniere che l'hanno abolita come provvedimento di diritto comune. Fa abolita in Francia dall'art. 19 della legge 27 maggio 1885 sui recidivi, che vi sostituì la proibizione fatta al condannato di comparire nei luoghi indicatigli prima della sua liberazione. Non fu neppure accolta nel Codice olandese, nell'ungherese e in molti Codici penali svizzeri, fra i quali lo zurighese. Altre legislazioni,pur ammettendola, la circondarono di varie cautele e ne restrinsero i casi di applicazione. Così nel Belgio, per il 1867, la sorveglianza è facoltativa, salvo in due casi soltanto (art. 111 e 313 del Codice penale). Giusta il Codice germanico invece non è in alcun caso obbligatorio per il giudice di pronunciarla, ma sempre facoltativo,qualunque sia la sua gravità del reato (§ 38).Il giudice poi, anche quando crede che ne sia il caso, non la pronuncia senz'altro, ma la dichiara semplicemente «ammissibile» (zulässig) e per questa dichiarazione l'autorità superiore di polizia acquista la facoltà di sottoporre il condannato, sentita l'amministrazione della casa di pena, alla sorveglianza della polizia per un tempo non maggiore di 5 anni (§ 38. Cosicché, se dopo che il condannato ha scontato la pena principale, l'autorità di polizia non crede necessario,ad esempio, per la buona condotta da esso tenuta in carcere, di sottoporlo alla sorveglianza, si astiene dal pronunciarla. Anche secondo il progetto di Codice penale austriaco del 1881 la pronunciazione della sorveglianza è facoltativa (§ 35), né mancano coloro che ne hanno chiesta la soppressione anche nel nostro paese. La soppressione fu chiesta dal Pessina e dal Marzocchi in seno alla Commissione del 1866 I Verb. n. 46, pag. 314); dal Brusa nella Commissione ministeriale del 1876 (Seduta del 1° giugno 1876, verb. n. 4, pag. 61). Anche la Commissione della Camera del 1877 (Rei Pessina, pag. 7) ne aveva proposta la soppressione. Se non che le condizioni non ancora pienamente normali della pubblica sicurezza in Italia e i non dubbi vantaggi che questa ritrae dall'istituto della vigilanza speciale, non ci consentono presentemente di rinunciarvi, per quanto non possa negarsi che abbia talora conseguenze pericolosissime per l'individuo che vi è sottoposto.

«L'osservazione e l’esperienza consigliano però di attenuare alquanto i rigori, coi quali esso A regolato fra noi. E quindi se ne è limitata la massima durata ordinaria a 3 anni, come disponevano alcuni fra i precedenti progetti (Progetto Mancini, art. il; Zanardelli, del 1883, art. 44; Savelli, 44; Pessina, 46; progetto dell’ultima Commissione della Camera, 56; Taiam, 56). Il minimo ne è stato fissato ad un anno; né sarebbesi potuto scendere più basso senza rendere inefficace ed illusorio il provvedimento. Ed anche per altri aspetti la durezza della vigilanza è venuta alleviandosi attraverso i diversi schemi di Codice che si sono succeduti. Il progetto del 1877, modificando quello del 1875, dava facoltà al giudice di limitarne gli effetti ed anche di revocarla (art 51, § 1) e quello del 1883 non gli attribuiva in generale potestà di applicarla che a complemento di una pena superiore ad un anno (art. 44). »

(298) L. Lucchini, Sull'ammonizione e sul domicilio coatto,ecc. Studi statistici e critici (negli Annali di statistica,serie n, vol. 25).

(299) [Questo il Lucchini scriveva prima della legge sulla pubblica sicurezza del 1889, da cui l’istituto dell’ammonizione fu, nel senso qui accennato, riformato].

(300) V. Platner, Die Bùrgschaft(La malleveria): Schierlinger, Die Friedensbürgschaft(La malleveria della pace). Vi è però discordanza nelle fonti, siccome notano questi autori, sul modo con cui il mallevadore poteva liberarsi dalla sua garanzia.

(301) Per queste ultime si usava procedere senza intervento di giudici e di scabini (Scoffen),mediante il «comando di pace»(FRIEDENSgebieten o FRIEDEheissen) imposto dall’autorità civica o politica, con vario ordinamento di penalità, il più spesso pecuniario, pei trasgressori. V. Schierlinger, op. cit. Walch, Vermischte Beitràge,VI.

(302) Sotto il nome di Urfehdes’intendeva, nei tempi più antichi, la promessa onde un nomo catturato io guerra o in una lotta col suo avversario giurava, al momento della sua liberazione, di non trarre sul suo nemico vendetta dei patimenti sofferti durante la prigionia (Ritterurfehde); quindi valse a significare la promessa onde un imputato o delinquente liberato dalle mani della giustizia punitiva giurava di non vendicarsi del trattamento che aveva sofferto, ovvero, in età più recente, di non tornare più in un determinato luogo per un certo tempo (urpheda de non ulciscendo; urpheda de non rateando) v. SCHIERLINGER, op. cit.

(303) L’art. 176 della Carolina contempla tre casi di sicurtà: la infrazione di una Urfehdegià prestata; la minaccia di ripetere un reato già commesso; in generale il serio pericolo che una persona commetta qualche violenza. La Bambergensise la Carolina stabilirono che quando non sia prestata alcuna cauzione, si debba procedere all'incarceramento della persona sospetta. — La Urféhdeveniva prestata così sulla domanda dell'offeso (purché fossevi un metus justus et qui et in virum constantem cadere possit), come d’ufficio. V. Pfeiffer, De cautione de non offendendo; Mascardo, Conci.,1370 e Kg.;BòH. MER, Meditatio ad C. C. C„a. 176. Mezzi coercitivi erano Vergastolum, Vopus puUicum,il servizio militare, la deportazione; conseguenze della trasgressione, la pena ordinaria del delitto ed il rifacimento dei danni. Schierlinger, op. cit.

(304) Prendeva nome di affidamentum (Tròstung),che prima poteva imporsi da ogni cittadino e poscia fu, come in Germania, di spettanza giudiziale. V. Bluntschli, Zwicher Stu. R. Geschich.,I.

(305) Pene severe per la violazione del «comandodi pace» (FriedensGEBOT)o del contrattodi pace» (jSùbnenVERTRAG); punita di morte anche la contumeliosa laesio. V. Geib, Léhrbuch;Ròster, Die Stadtrechte,ecc.

(306) V. Warnkònig, Flandr. St. -u. R. Geschich

(307) I casi nei quali, sotto quest'ultimo aspetto, poteva applicarsi la cauzione erano: lo spergiuro, il falso giuramento, la complicità di un ecclesiastico nel furto, lievi ruberie di minorenni, recidiva nel furto, stregoneria e magia con la seguente morte di qualche persona e in generale i rei di delitti capitali sfuggiti all’estremo supplizio per essersi ricoverati in un asilo. Le cauzioni collettive erano prestate dalle decarie e dalle centurie rispettivamente pei loro membri; e se ne ha ancora traccia in alcuni specialissimi casi. V. Schmid, Angelsachsische Gesetze(Leggi anglo-sassoni); Gneist, Geschichte faenglùchen Verwaltungsrechts(Storia del diritto amministrativo inglese); Wilkins, Anglo-Sax.

(308) Gli studiosi antichi e moderni, nazionali e stranieri delle leggi inglesi (Blackstone, Comm. on the Laws of England,vol. iv, c. 18; Stephen, Summarv of the crim..,c. 16; Burn, Justice of the peace,vol. v; Gneist, op. cit.,1, pag. 572 e seg.; Mohl, Svstem der Pràventivjustiz,pag. 522; Schierlinger, op. cit.,§ 12) sono concordi nel trovarvi anche una importante caratteristica che ne distingue gli istituti da quelli del Continente; la quale consiste nel grande sviluppo dato al concetto ed al fine preventivo nell'ordinamento della giustizia penale, a cui è strettamente collegata e coordinata l’amministrazione della polizia.

(309) Il Consolidation Actabbraccia reati d’ogni maniera: furti, danneggiamenti di cose, falsa moneta, ogni specie di offences against the person.

(310) Così pure nel Common Lawdell’America del Nord, il quale in tutte le sentenze penali per misdemeanourammette che si chiedano bonds(garanzie) to keep peace and be of good behaviour (Bishop, Comm. on crim. Law,1, § 724).

(311) Sono specialmente eccettuate le imputazioni di reati abituali, per cui la cauzione si ritiene insufficiente, e per cui ai provvide da ultimo con l’Habitual offendere addel 1868.

(312) Du Cange, Glossarium,I, pag. 431.

(313)«Et si (il colpevole) dedans ce (durante il tempo fissato per la tregua di pace) il flit dommage et il en peut être prouvé, il en sera pendu;car ce est appelé trêve freint,qui est une des grandes trahisonsqui soit». Beaumanoir, Cons. de Beau-voisis, c. 60. V. pei particolari: Du Cange, Glossarium,1; Schaffner, Geschichte der ddsterfassung Frankreichs(Storia dei diritto in Francia); Berriat Saint-Prix, Ricerche sulla legislazione criminale; Giraud, Saggio sulla storia del diritto francese nel medio evo, ecc.

(314) Codice penale del 1810, art. 44 e seg.

(315) V. nei particolari Bonneville de Marsangy, De l'amelioration,ecc.,vol. II, pag. 205 e seg.

(316) La letteratura romanistica sulla cautio de non offendendoè assai ricca: v. specialmente: Tractatus frane,ZfercuZam Perusini, Cautio de non offend. (1569); Guglielmo daCuneo, Tractatus de securitate (Tractat. univers. jur.,XII) e le opere di Baldo, Menocciho, Marsilio, ecc.

(317) Questo secondo istituto trova minori illustratori nella letteratura. V. tuttavia Gandino, De maleficiis, De Arena, De bannitis, Degiano, Traci, crim,Farinaccio, Cons.

(318) V. Pertile, Storia del diritto italiano,vo. V, § 166. A Venezia eranvi i Cinque della Pace; a Lucca i Tregnani.

(319) V. gli statuti citati in Pertile, op, cit.,§ 204.

(320) Libro I, tit. I, cap. 3.

(321) V. Roberti, Corso di diritto penale del Regno delle Due Sicilie,vol. I, pag.

(322) Libro I, tit. I, cap. 5.

(323) Roberti, op. cit.,vol. 1, pag. 249.

(324) V. Prammatiche sarde,27, 1 e 2; Cod. di Carlo Felice, tit. X del lib. I, parte 2: «Della violazione della pace e contravvenzione agli obblighi assunti di non offendere» art. 1789 e 1790.

(325) L. Lucchini, Sull'ammonizione e sul domicilio coatto,Studii statistici e critici (negli Annali di Statistica,Serie n, vol. 75).

(326) Particolarmente vi insistettero Blackstone, Pagano, Bonneville, ecc.

(327) Il Codice penale italiano del 1889 accolse l'istituto della riprensione giudiziale all’art. 26, secondo cui quando la pena stabilita dalla legge non superi un mese di detenzione o di arresto, tre mesi di confino, ovvero trecento lire di multa o di ammenda, ove concorrano circostanze attenuanti e il colpevole non abbia riportato mai condanna per delitto, né condanna per contravvenzione a una pena superiore ad un mese di arresto, il giudice può dichiarare che alla pena da lui pronunziata è sostituita una riprensione giudiziale, consistente in un ammonimento, adatto alle particolari condizioni della persona ed alle circostanze del fatto che, intorno ai precetti della legge violata e alle conseguenze del reato commesso, il giudice rivolge al colpevole in pubblica udienza.

I precedenti storici e legislativi di questo istituto erano così riassunti dal ministro Zanardelli nella sua Relazione:

La pena della riprensioneo ammonizioneè antico istituto italiano. Nella legge 3, D. de officio praes. vig. è detto che in caso di incendio per negligenza, il prefetto poter» pronunziare una severa ammonizione invece della fustigazione («aut fustibus castigat eos qui negligentius ignem habuerunt, aut severa interlocutionecomminatus, fustium castigationem remittit»); e nella leg. 19, C. ex quib. caus. infam irrogat,è stabilito non essere infame colui che «ita praesidis verbis gravatus est et admonitus,ut ad meliorem vitae frugem se reformet». — La riprensione fu poi accolta nel diritto canonico (V. Mendelssohn Bartholdv, De monitione canonica,Heildelbergae, 1860; Scarsi, De censuris ecclesiasticis; Gonzales Tellez, Comm.ad cap. 48, X, de sent. ex com4. — Si trova di essa menzione anche nell’antico diritto francese (V. Merlin, Rep. v.Blome;Bonneville de Marsangy, De l’ameloration etc.,II, pag. 227 e seg; Machiavelli, Istorie fiorentine,lib. III, e Sismondi, Hist, tom. VI, chap. XLI, pag. 311, ediz. Paris 1809) ne ricordano un esempio ai tempi della repubblica fiorentina. Il Codice francese del 1791 non la conservò che in un solo caso (art. 35) io cui essa doveva infliggersi quale pena della contumacia dell'imputato, anche se assolto; e non l'ammise neppure il Codice del 1810. Questa esclusione è spiegata dal Bonneville de Marsangy (op. cit.) con l’orrore dell'arbitrio, che presiedeva alle riforme legislative della Rivoluzione francese e che faceva escludere qualunque pena che non fosse inflessibile e fissa. — In Italiainvece la riprensione fu accolta in molti fra i Codici che ebbero vigore in questo secolo. Era ammessa come pena nel Codice penale per il Regno italiano (art 40 e 41); figurò pure fra le pene comuni nel Codice toscano (art. 13 e 23), nel Codice delle Due Sicilie del 1819 (art. 41) e nel Codice sardo del 1839 (art. 38), da coi passò in quello del 1859 (art. 38). Mentre per il Codice delle Due Sicilie la pubblica riprensione era soltanto una pena accessoria, che si aggiungeva alle pene correzionali e di polizia, nei due Codici sardi, benché annoverata fra le pene accessorie, pure si poteva infliggere anche da sola (Cod. del 1839, art. 56; Cod. del 1859, art. 50, 514, 515). — Per ciò che riguarda le legislazioni estere,merita che si menzioni il Codice bavaresedel 1813, che aveva ammessa la riprensione giudiziale (gerichtlicher Verweiss), non dandole però il carattere di vera pena; concetto che venne seguito dai Codici che si modellarono su quello. Il Codice germanicodel 1870 l’ammise per i delinquenti dai 12 si 14 anni nei casi di lievi delitti o di contravvenzioni (§ 52, n. 4). In Inghilterrala riprensione va congiunta alla malleveria di buona condotta. La riprensione trovasi inoltre fra le pene del Codice russo(art 40), nelle leggi di Malta(art. 7 e 16), nel Codice spagnuoloche colloca la riprensione pubblica fra le pene correzionali e la privata fra le pene leggere (art. 26 e 117), nel Codice di Vaud(art. 13, n. 12 e art. 31), di Appenzell(art. 14) e di S. Gallo,che la annovera fra le pene correzionali (art. 5), e nel Codice portogheseche la colloca pure fra le pene correzionali (art. 12 e 30).

(328) [Sui precedenti storicidell’ammonizione così si esprimeva il Relatore (Curcio) della Commissione parlamentare sul Progetto di legge sulla sicurezza pubblica, diventato la legge 23 dicembre 1888 (V. Atti della Camera dei deputati, Legislatura XVI, 2‘Sessione 1887-88, Docum. n. 115 A.):

— Le male arti, le astuzie, le violenze segretamente fatte sfuggono spesso all’azione della giustizia punitiva per gli accorgimenti inarrivabili e le coperte vie dei malvagi, i quali operano in modo da rasentare di continuo il Codice penale e spesso incorrono anche nelle sue sanzioni, commettendo qualcuno dei reati da esso preveduti; ma con le loro avvedutezze fanno scomparire le traccio dei loro malefìcii, o con le intimidazioni e le violenze fanno tacere i testimoni che dovrebbero illuminare i magistrati. Ed un savio legislatore deve sempre tener presente, come dice Tacito (Vita di Agricola),che natura infirmitatis humanae tardiora sunt remedia quam mala.

Ad ovviare a tanti inconvenienti od almeno a diminuirli, serve l’ammonizione, in forza della quale si crea una classe di persone, che hanno una posizione giuridica speciale dinanzi alla legge, come l’ebbero in Roma i cittadini soggetti alla censura, la quale, al dire di Livio (IV, 8), a parva origine orta, deinde tanto incremento aucta est... Non sarebbe opera lieve rintracciare e svolgere le vicende di istituti analoghi nel rimescolio medioevale, principalmente quando solamente la Chiesa aveva cura di rivolgere la sua attenzione alla parte morale della comune vita umana, risvegliando e serbando viva la religiosità. Posteriormente lo Stato cominciò a riprendere l’ufficio lasciato in oblio; ed è certo che in tutti gli Statuti municipali, nelle Costituzioni del regno di Napoli e nella stessa Inquisizione, che produsse poi tanto male, si può scorgere qualche sentore della censura trasformata secondo il mutare dei tempi. Veramente, predomina in quelle istituzioni non tanto la ragione dell’interesse sociale, quanto quella delle crederne in alcune, ed in altre quella della politica; come avvenne in Firenze, dove, debellati i Ghibellini,; si volevano tenere lontani da tutti gli uffizi i loro discendenti, e nelle lotte tra gli Albizzi e i Ricci, nel 1357, si fece una legge speciale e, al dire di Machiavelli (Storie fiorantine,lib. III) «poiché non si trovava magistrato che ricercasse quali fossero i Ghibellini! la legge fatta non era di molto valore, quindi provvide (Piero degli Albizzi) che li deste I autorità ai capitani di chiarire i Ghibellini e, chiariti, significar loro ed ammonirlinon prendessero alcun magistrato; alla quale ammonizione se non obbedissero, rimanessero condannati. Da questo fatto nacque che poi tutti quelli, che in Firenze sono privi di potere esercitare i magistrati, si chiamano ammoniti. Ai capitani dunque sendo col tempo cresciuta l'audacia, senza alcun rispetto, non solamente quelli che lo meritavano ammonivano,ma qualunque pareva loro, mossi da qualsivoglia avara o ambiziosa cagione.

Nelle legislazioni, che vigevano negli ex Stati d'Italia, vi era qualche istituto, che poteva dirsi simile all’ammonizione, sia sotto questo nome, sia sotto il nome di precetto. E di vero, qualche cosa di somigliante vi era nel Regolamento di polizia punitiva toscano,. qualche cosa nel Regolamento gregoriano, nella Legge di polizia napoletana; ed infine dappertutto si era fatto ricorso pel mantenimento della tranquillità pubblica a misure assai rigorose. Anche nel Piemonte non mancavano provvedimenti energici, che vennero a cessare in forza delle libere istituzioni. Se non che fin dal 1854 si dovettero prendere per legge provvedimenti speciali, i quali vennero poi introdotti nella legge di pubblica sicurezza del 1859 e quindi in quella del 1865 e sviluppati immensamente nella legge 6 luglio 1871.

Pei vagabondi e le persone sospette si provvide in Austriacon la legge 10 maggio 1873; negli Stati Unitidi America con un atto del 1873; in Svizzera(Neuchàtel) colla legge 31 gennaio 1876; in Franciasi fece la legge contro gli affiliati all'associazione internazionale degli operai del 23 marzo 1872; in Germaniaquelle contro i socialisti del 21 ottobre 1878 e 31 maggio 1880. Né giova ricordare le rigorose e spesso arbitrarie misure prese dal Governo russocontro i nichilisti. Anche nella libera e prudente Inghilterrasi sono usati varie volte dei provvedimenti molto energici contro le persone, che pongono in pericolo la pace pubblici, e così si è fatto pei Feniani con l’atto "luglio 1873. Spesso si è sospeso habeas corpuse generalmente in tutto il sistema legislativo di quei paese vi è qualche cosa che dimostra come colà, egualmente che nell’antica Roma, ognora salus populi suprema lex est. Infatti, quasi tutte le funzioni, che la società esercita contro i vagabondi, gli oziosi, le persone sospette e i disturbatori della pubblica, sono affidate per legge ai giudici di pace. Diversi statuti hanno determinato l’oggetto della giurisdizione di questi magistrati e si attribuisce loro tutta la potestà necessaria a reprimere gli ammutinamenti e i dissidi, ad esigere le cauzioni che non verrà turbata la pace e a fare arrestare ed imprigionare la gente capace di fellonia o altri crimini meno gravi.

E nella Relazione ministeriale sul Progetto stesso: «Nelle legislazioni estere non s'incontrano gli istituti dell'ammonizione e del domicilio coatto disciplinati a parte e così minutamente come nella legislazione italiana; ma ben poche sono immuni da ogni traccia di essi; e se la prima non comparisce in molte manifestamente e con caratteri definiti, troviamo quasi in tutte il secondo sotto un nome o sotto l’altro e d’ordinario con una applicazione rigorosa, che si traduce nella detenzione e nel lavoro forzoso. — Nella Svezia, per le leggi del 29 maggio 1846 e 13 luglio 1853, i vagabondi erano sottoposti ad una rigorosa sorveglianza così da parte della polizia come da parte dei Comuni, che la esercitavano per mezzo di un Comitato esecutivo e di speciali incaricati. L'ozioso o il vagabondo che, ammonito due volte dall'incaricato comunale od una volta dal Comitato esecutivo, continuava a vivere nell'ozio, era tradotto davanti all’autorità di polizia, che gli fissava un termine per procurarsi lavoro o mezzi di sussistenza, sotto la minaccia di essere assegnato a lavori pubblici. L’assegnazione a lavori pubblici poteva essere disposta anche senza tale intimazione, se l'imputato era già stato punito per vagabondaggio o per grave reato. Trascorso inutilmente il termine fissato, l’autorità di polizia lo rinchiudeva in una casa di correzione per un periodo da 3 mesi a I anni e con l'obbligo del lavoro. Contro rassegnazione fatta dall’autorità di polizia era ammesso il ricorso al tribunale supremo. Questo ordinamento è stato riformato in senso liberale con la legge del 12 giugno 1885. Per essa il vagabondo, convinto di vagabondaggio, è sottoposto dal prefetto all’ammonizione con processo verbale, di cui gli è data copia. 8e nel biennio è colto nuovamente nel vagabondaggio, è arrestato e tradotto innanzi al prefetto, che può condannarlo ai lavori pubblici da uno a 12 mesi ed in casi gravi sino a tre anni. Contro rassegnazione è ammesso ricorso all’autorità giudiziaria. I lavori pubblici si eseguiscono nelle carceri ordinarie, in una sezione separata. — Il § 361 del Codice penale 15 maggio 1871 per l'Impero tedescopunisce con la detenzione sino a 6 settimane e, in caso di recidiva, sino a 6 mesi il vagabondo, che per il giuoco, l’ubhriachezza o l'ozio si riduce all’indigenza; il mendicante, l'indigente valido, che non accetta il lavoro procuratogli dall’autorità e chi, dopo aver perduto il collocamento necessario alla sua sussistenza, non se ne procura un altro nel tempo fissatogli dall’autorità competente, o non può provare di aver fatto il possibile per procurarselo. A termini del successivo § 362, nella sentenza può essere disposto che tali individui, scontata la pena, siano consegnati all’autorità di polizia, la quale può rinchiuderli, per non più di 2 anni, in una casa di lavoro od impiegarli in lavori pubblici. — In Francia,per la legge sui recidivi 27 maggio 1885, può essere relegato in una colonia d’oltremare chi ha subito i pregiudizi enumerati in nno dei numeri seguenti: 1) due condanne ai lavori forzati o alla reclusione; 2) una delle condanne accennate al numero precedente e due condanne al carcere per crimine o a più di tre mesi di carcere per furto, truffa, appropriazione indebita, offesa al pudore, seduzione abituale di minori alla impudicizia,al vagabondaggio o alla mendicità; 3) quattro condanne al carcere per crimine o a più di 3 mesi di carcere per i delitti specificati al numero precedente; 4) sette condanne, delle quali almeno due per i delitti previsti ai due numeri precedenti, e le altre sia per vagabondaggio, sia per infrazione ai vincoli dell’esilio locale, purché due di queste ultime condanne importino più di 3 mesi di carcere. Il provvedimento è pronunziato dall'autorità giudiziaria, come pena accessoria di un reato e come conseguenza delle condanne subite anteriormente. La relegazione è perpetua, ma dopo 6 anni di buona condotta il relegato può far la domanda di proscioglimento. — Per la Francia è da ricordare anche la legge del 23 gennaio 1871, in forza della quale può essere assegnato d'ufficio un domicilio a chi è sottoposto alla vigilanza speciale della polizia.

In Austria,per la legge del 25 marzo 1885, gli oziosi, i vagabondi e i mendicanti validi sono ammoniti a darsi a stabile lavoro e, in caso di contravvenzione, puniti. Nella sentenza l'autorità giudiziaria può pronunziare, oltre la pena, la loro ammessibilità in una casa di lavoro forzoso. In questo caso, scontata la pena, sono consegnati all’autorità di polizia. Una Commissione, istituita presso la Luogotenenza, di cui fa parte una rappresentanza della Dieta, provvede alla loro assegnazione alla casa di lavoro. È ammesso il ricorso contro la sentenza colla quale si pronunzia l’ammissibilità in una casa di lavoro, non è ammesso contro il provvedimento di assegnazione; la durata della detenzione non può eccedere il triennio e può essere abbreviata in caso di buona condotta. Le case di lavoro sono istituite e mantenute dalle provincie. Qualora una provincia non abbia la sua casa di lavoro, essa può allogare i suoi vagabondi alla casa di un'altra, verso rifusione delle spese. I vagabondi detenuti nelle case di lavoro si designano col nome di «coatti (Zwanglinge). I minori di 18 anni si assegnano ad una casa di correzione nella quale possono essere trattenuti sino ai 20 anni.

Nel Cantone di Berna,per la legge 11 maggio 1884, l'autorità amministrativa può far rinchiudere in una casa di lavoro per uno o due anni chi vive abitualmente nell'ozio, nell’ubbriachezza e nel disordine, così da cadere a carico dell’assistenza pubblica o da essere causa di scandalo pubblico, nonché il padre o chi tiene legalmente le veci di padre, i quali, abitualmente e malgrado le opportune ammonizioni, non compiono i propri doveri verso i figli o le persone affidate alle loro cure, li abbandonano a se alesai, li incitano al furto o non ne li distolgono, li mandano o lasciano andare a mendicare e così li tengono lontani dalla scuola. — Una legge suppergiù identica fu pubblicata il 4 marzo 1885 per il Cantone di Lucernaed altra simile, sotto la data 5 marzo 1885, per il Cantone di Neuchàtel.

Per l'Inghilterra,la legge 34-35 Vict. c. 112 (21 agosto 1871: Ad for the more effedual Prevention of Crime)dispone che il recidivo per crimine può nei 7 anni successivi al compimento dell'ultima condanna essere condannato al carcere sino ad un anno qualora si trovi in uno dei casi seguenti: 1) se al giudice di polizia sembra esservi ragioni sufficienti a ritenere che il recidivo si procuri i mezzi di sussistenza con una condotta disonesta; 2) se, imputato di un crimine o di un delitto, ricusa di far conoscere il suo nome o il suo indirizzo o dà nome e indirizzo falsi; 3 se è trovato in luogo pubblico o privato in circostanze tali da persuadere il giudice che era sul punto di commettere un reato o di aiutare altri a commetterlo; 4ì se è. trovato io una proprietà urbana o rustica e non può giustificare sufficientemente la sua presenza in quel luogo. In tutti questi cari si può procedere all’arresto del recidivo. Per la legge stessa è punito col carcere sino a 3 mesi come vagabondo (rogue and vagabond)ogni individuo infamato per furto, che sia sorpreso nelle vie, sui passeggi, lungo i fiumi e canali, ecc., in condizioni tali da far ritenere al giudice che egli vi si trovasse con l'intenzione di commettere un crimine o delitto grave.

(329) Romagnosi, Genesi,§ 476.

(330) Bolis, La polizia e le classi pericolose della società,Bologna, Zanichelli, 1879, cap. XI.

(331) Locatelli, Sorveglianti e sorvegliati,cap. V.

(332) V. le cifre statistiche, che il Lucchini adduce a conferma di queste sue idee, a pag. 127, nota 2 dello studio citato.

(333) V. l'inchiesta, le discussioni e lo conclusioni del Comitato permanente del Congresso commerciale tedesco nelle adunanze del 26-28 novembre 1878 nell’annuario statisticodel Rodio, 1879. V. anche: Rivista di discipline carcerarie,fase. 4-6 del 1879; Beltrami-Scalia, La riforma penitenziaria in Italia,parte iv, § 19; Forni, Scuola e lavoro negli stabilimenti carcerari; B. Silorata, L'influenza del lavoro nelle carceri sul libero esercizio dei mestieri in Germania e in Italia;Relazione e discussione io seno al Congresso operaio della regione veneta, seduta 1° novembre 1880, nella Rivista di discipline carcerarie,fase. 10 del 1880; Risoluzioni del Congresso degli ufficiali delle case di pena in Germania, sedute 16 e 17 settembre 1880, nella Rivista Penale,XIII, pag. 429.

(334) Gli stranieri non hanno alcun dirittodi soggiorno. Epperò essi possono sempre, a giudizio dell’autorità, venire espulsi dallo Stato.

(335) V., per ciò che viene in seguito, le mie trattazioni pubblicate negli Annali dell’Impero tedesco,1876; Laband, Diritto pubblico dell'Impero tedesco,1, pag. 159; Zorn, Diritto pubblico dell'Impero tedesco,l, pag. 290, nota 22.

(336) Secondo il diritto dei vari Stati (tedeschi) dànno luogo alla interdizione di soggiorno le condanne penali per reati che mostrano nel condannato un individuo pericoloso per la pubblica sicurezza. V. per la Prussia la legge del 31 dicembre 1842, § 2? per la Baviera la legge 16 aprile 1868 e 23 febbraio 1872, per il regno di Sassonia la legge 26 novembre 1834, § 17, per il Wurtemberg la legge sui diritti dei cittadini del 4 dicembre 1833, art. Il (su cui v. Sarwey, Diritto pubblico del Regno del Wurtemberg, i, pag. 201).

(337) Le disposizioni dei §§ 4 e 5 della legge sulla libertà di soggiorno, sul diritto dei Comuni di espellere i nuovi venuti e sul divieto di soggiorno, non appartengono alle disposizioni di polizia di sicurezza.

(338) Colla legge del 4 luglio 1872 l’ordine della Compagnia di Gesù e le congregazioni analoghe furono esclusi dal territorio dell’Impero. La creazione da parte di tali ordini di stabilimenti è vietata. I membri di essi stranieri possono venir espulsi dal territorio nazionale; ai nazionali può essere proibito o imposto il soggiorno in certe circoscrizioni e in certe località. — In forza della legge 4 maggio 1874, se il sacerdote o ministro del colto rimosso dalle sue funzioni per sentenza del giudice faccia un atto implicante la pretesa in lui di continuare in tali funzioni, l’autorità di polizia può interdirgli o imporgli di risiedere in distretti o luoghi determinati. Se l'atto consiste nella rivendicazione espressa o nell’esercizio effettivo delle funzioni, o se l’ecclesiastico contravviene alla misura di polizia contro di lui presa, esso può venir dichiarato dall’autorità centrale decaduto dalla qualità di cittadino ed espulso dal territorio dell'Impero (art. 1).

(339) Legge 21 ottobre 1878, § 22.

(340) Legge 27 luglio 1867.

(341) Le persone, che non hanno il loro domicilio nel territorio a cui l’impero della legge si estende, possono, per ragioni di ordine pubblico o di sicurezza, essere da questo territorio o da parti di esso allontanati.

(342) La misura è applicata, di regola, per provvedimento dell'autorità politica del distretto.

(343) Per ciò che è dei Governi assoluti, basti ricordare le tristamente famose tetra de cachetin Francia. Esse furono abolite dall’art. 10 del Decreto 16-26 marzo 1790: «Gli ordini arbitrari importanti esilio, e tutti gli altri della stessa natura, sono aboliti, né più se ne daranno in avvenire. Quelli che ne furono colpiti sono liberi di trasportarli dove meglio credano».

(344) Il diritto di non essere imprigionati arbitrariamente costituisce, agli occhi dell’universale, il diritto di «libertà personale» o «individuale» per antonomasia. Sul qual diritto così si esprime l’Hello Del regime costituzionale,pag. 64): «Di tutti i diritti proclamati dalla Carta, uno solo è evidente per se stesso e non ha d'uopo di discussione filosofica. L'eguaglianzadavanti alla legge è raramente intesa bene ed ha bisogno di spiegazioni II diritto di proprietàha la sua metafisica ed ha bisogno di studio; alcuni lo negano ed ha bisogno di prove. Vi ha delle coscienze cui la libertà stessa di coscienzareca meraviglia e scandalo e bisogna loro dimostrare che essa è conforme all'ordine divino. Vi ha degli spiriti che non veggono punto un diritto nato rate nella libertà di stampa,e bisogna aprir loro gli occhi; ve ne ha che essa spaventa e bisogna rassicurarli. Ma la libertà individualeè accettata senza discussione e da tutti; sola essa può far a meno di dimostrazione filosofica; è la libertà nella sua forma più sensibile e si riassume nella facoltà di muoversi; e per il volgo esser liberi vuol dire andare e venire, non essere imprigionati».

(345) Blackstone scrive: «La Magna Chartadichiarò soltanto in termini generali che nessuno può essere imprigionato contrariamente alla legge; l’Habeas Corpus Ad dà all’arrestato validi mezzi sia per riacquistare la libertà, se anche l'arresto fosse stato ordinato dal re in Consiglio, sia per punire tutti quelli che lo abbiano incostituzionalmente maltrattato».

(346) V. Blackstone, Comm. delle leggi inglesi,lib. I, cap. 1, il quale osserva: «Ciò che fa bella la nostra Costituzione si è che non è lasciato al potere esecutivo di determinare quando il pericolo dello Stato è tale da rendere questa misura (l'arresto arbitrano) espediente; bensì gli è solo il Parlamento, ossia il potere legislativo, che, sempre quando lo creda del caso, può, col sospendere più o meno a lungo l’Habeas Corpus Act autorizzare la Corona ad imprigionare persone sospette senza esser tenuta a dirne le ragioni». V. Gneist, Diritto amministrativo inglese,li, pag. 745.

(347) L. Palma, Corso di diritto costituzionale,III, pag. 73.

(348) «Quei baroni di ferro (ché ben posso così chiamarli, appetto ai baroni di seta d'oggi) erano i tutori del popolo; e tre parole del loro barbaro latino, nullus liber homo, valgono tutti i classici». Brougham, Uomini di Stato dei tempi di Giorgio III,Lord Chatam, ed. 1844, pag. 18.

(349)[Hello ha molto discorso contro questo rimettersi alle leggi positive, le quali possono sconoscere la cosidetta libertà naturale del cittadino e cuoprire gli arbitri! e la tirannia della maggioranza o del governo col mantello della legge. «Se la libertà individuale, egli osservava, non è che una questione di diritto positivo, io mi incarico, colla formola dell'art. 4 (della Costituzione del 1830), di giustificare la legge dei sospetti. I sospetti non erano arrestati nei casi previsti dalla legge? nelle forme prescritte dalla legge? da un potere autorizzato dalla legge? Col testo della Carta alla mano io tengo per irreprensibili le proscrizioni del 1793» (Hello, Del regime costituzionale,pag. 70).

«Licitazione storica, controsserva il Palma (Corso di diritto costituz.,III, pag. 127), è giusta. La Repubblica francese, la cosidetta volontà generale, nel cui governo Rousseau aveva fatto consistere la libertà, aveva infinitamente abusato del poter suo legale e sconosciuto ogni diritto e libertà individuale. Ogni legge di assemblea, per quanto popolare, potrebbe ripeter lo stesso. Ma Hello aveva torto a censurare cosi vivamente il riferirsi di quella, e potremmo dire di tutte le Costituzioni, ai limiti che la legge ha il diritto di imporre in certi casi e con certe forme alla libertà dei cittadini. La ragione è vecchia, ma non si può non ripeterla. L’uomo non è un essere isolato, che possa esercitare i diritti suoi senta riguardo a quelli simili degli altri, alle esigenze dell’ordine civile. E comunque si voglia largheggiare nelle libertà dell'individuo, vi ha pressoché innumerevoli casi nei quali essa deve essere limitata da questi altri diritti privati e pubblici. La libertà cosidetta naturale dell’uomo, ma che in natura non esiste essendo troppo in balìa dei più forti, nella società civile si trova ad ogni passo di fronte a quella degli altri e al dovere dello Stato, in ordine ai diritti dei singoli e al conseguimento dei suoi fini più essenziali ed incontestati, perché la legge non abbia a ordinare in argomento molte e molte limitazioni. — La legge può eccedere. Verissimo. Ma la Costituzione non può far altro in proposito che bene ordinare il potere legislativo, in guisa che non riesca il rappresentante di una sola classe, o del solo partito che ha nel popolo la maggioranza, che non si componga di una sola assemblea, che sia soggetta a guarentigie di rappresentanza di minoranze, di libera discussione, di pubblicità, di responsabilità davanti agli elettori, di libera critica mediante la stampa, le riunioni, le associazioni e simili. Ma bisogna sempre g ungere ad un punto che bisogna rimettersene al sentimento del giusto e dell'equo del popolo e delle sue rappresentanze. Alla fin fine bisogna supporre che le maggioranze parlamentari che fanno la legge e gli elettori che compongono le Camere legislative, sentano il dovere di rispettare i principi! della Costituzione. Nessuno statuto può impedire che gli organi di una nazione non abusino del poter loro, e il diniego di questo potere per paura dell’abuso equivarrebbe alla consacrazione costituzionale dell’anarchia, dell'impotenza e della dissoluzione dello Stato stesso».

(350)V. Batrie, Diritto pubblico e amministrativo,2(B) ediz. 1885, II, pag. 8 e seg.

(351) La Costituzione federale degli Stati Uniti di America aveva sulle prime ordinato soltanto i poteri pubblici, cioè la libertà politica; ma aggiunsero subito nel 1789 parecchi emendamenti in ordine alle libertà individuali. Fra questi, l’art. IV statuì, all’inglese, che «il diritto, che ai cittadini spetta di godere della sicurezza della loro persona, del loro domicilio, delle loro carte e robe, al riparo da indagini e sospetti irragionevoli, non potrà essere violato; non si rilascierà alcun mandato fuorché su presunzioni fondate, corroborate dal giuramento o dall’asseverazione, e simili mandati dovranno contenere la designazione speciale del luogo in cui le perquisizioni avranno a farsi, non che delle persone e degli oggetti che si dovranno staggire.

«La libertà individuale è guarentita. Nessuno può essere processato fuorché nei casi previsti dalla legge e nelle forme che essa prescrive. Fuori del caso di flagrante delitto nessuno può essere arrestato se non in virtù dell’ordinanza motivata dal giudice, che deve essere significata al momento dell’arresto o al più tardi nelle ventiquattro ore».

(352) Costituzione del 1831, art. 7.

(353) Statuto del 1818, art. 26.

(354) Legge costituzionale sui diritti generali dei cittadini del 21 dicembre 1867. L’art. 7, dopo aver guarentita la libertà delle persone, aggiunge: «Ogni arresto operato o prolungato contrariamente alle leggi obbliga lo Stato alla riparazione del danno verso h parte lesa».

(355)Palma, Corso di diritto costituzionale,vol. III, pag. 96.

(356) La legge prussiana sulla tutela della libertà personale del 12 febbraio 1850 (v. Rònne, Diritto pubblico della monarchia prussiana,4(B) ediz., Il, pag. 41 e seg.) ammetto in tal caso, come pure a tutela dell'individuo stesso cui la si applica, la custodia Ma l’appreso deve, al più tardi il giorno successivo, essere rilasciato libero o rimesso all’autorità competente. V. anche il Codice di procedura bavarese,art 55: Gli ubbriachi pericolosi per la sicurezza delle persone o della proprietà o che turbano la tranquillità pubblica possono, in quanto ciò sia necessario per impedire ulteriori disordini, esser tenuti sotto custodia della polizia per al più 24 ore. «Gli uffici e gli ufficiali del servizio di polizia e di sicurezza possono, in occasione di qualunque azione punita dalla legge, assicurare («fermare») intanto chi è colto in flagrante, quando ciò sia necessario per continuare la prosecuzione dell’azione». Il fermato, quando non sia subito rimesso io libertà, deve immediatamente essere condotto davanti al giudice competente. L’arresto di polizia non può durare oltre le 24 ore. Così pure secondo il diritto austriaco(v. Ulbrich, Diritto pubblico austriaco,pag. 96; legge per la tutela della libertà personale del 24 ottobre 1862, § 4).

(357) Palma, Corso di diritto costituzionale,vol. III, pag. 103.

(358) «Una grave questione, scrive il Palma (op. cit.,vol. in, pag. 102), che si può fare sulle guarentigie delle libertà individuali, si è se esse possano esser mai dallo Stato sospese legalmente per causa di pubblica necessità o salute. Molti lo negano e chiamerebbero tali leggi incostituzionali. Secondo costoro essi diritti sono innati, la società non può fare altro che riconoscerli e guarentirli; quando invece, per qualsiasi motivo, per ragion di Stato, e sia pure per atto di Parlamenti sanciti da Re o non respinti da Presidenti, il Governo si arroga il diritto discrezionale di incarcerare e di perquisire le case dei cittadini, si avrà la forma esterna della legge, non si ha il vero diritto, si usurpa. — Un tal ragionamento non regge alla critica. Nulla di più improprio di queste parole: «Diritti innati.» Si suppone che l’uomo nasca prima e fuori delle società,con questi diritti assoluti, anteriori e superiori. Il vero si è che l’uomo ossee dentro la società,la quale lo accoglie e lo protegge e che deve avere quei diritti che valgano a farle adempiere il suo fine e i quali sono realmente anteriori e superiori quelli che possano competere all’individuo che vi nasce dentro. E poi nessun diritto del cittadino può essere assoluto; l’assoluto non è dell’uomo; la società civile stessa, per propria essenza, è la negazione di questi diritti assoluti, perché ogni società importa collisioni di diritti privati e pubblici, e quindi coordinazioni e limitazioni molteplici. Ora, come l'uomo individuo è soggetto a parecchie malattie, durante le quali e a fine di guarirsene niuno mette in dubbio che gli occorra un trattamento straordinario, di privazione di libertà e peggio, dimora in casa e in letto, fasciatura e perfino amputazioni, del pari la società politica, come corpo organico, è soggetto a molteplici malattie. Esse nel campo economico si dicono crisi, nel politico sedizioni, rivoluzioni e guerre. Durante tali periodi patologici lo Stato può aver bisogno di una forza più grande dell’ordinaria per tenere a freno gli elementi ostili della società, per mantenere e ricondurre l'ordine, per concentrare gli sforzi contro il nemico. Deve avere perciò il diritto di governarsi straordinariamente secondo le esigenze della condizione politica».

(359) Società segrete formatesi negli Stati del Sud per terrorizzare i Negri emancipati.

(360) V. Lòning, op. cit.,pag. 289; 8tein, op. cit.,pag. 158.

(361) Secondo l’art. 470 del Codice penale per gli effetti della legge penale si considerano armi insidiose: 1) gli stili, stiletti e pugnali di qualsiasi forma e i coltelli acuminati la cui arma sia fissa o possa rendersi fissa con molta od altro congegno; 2 le armi da sparo, la cui canna misurata internamente sia inferiore a centosessanta n millimetri, le bombe e ogni macchina e involucro esplodente; 3) le armi bianche o da sparo di qualsiasi misura chiuse in bastoni, canne o mazze.

(362)V. Meyer, Trattato di diritto amministrativo tedesco,I, pag. 153 e seg.; E. Lòning, Trattato di diritto amministrativo tedesco,pag. 265 e seg.

(363)V. Gneist, Diritto amministrativo inglese,3(a) ediz., II, pag. 445, 454 n. 5, pag. 751.

(364) Leggi 28 marzo 1792, 6 febbraio 1793, 10 vendemmiaio anno IV. Queste leggi si dicevano esse stesse transitorie (jusqu’à ce qu’il en ait étè autrement ordonné); ma sebbene esse fossero ripetutamente combattute come incompatibili colla libertà personale, rimasero io vigore sotto tutte le svariatissime forme di governo che si succedettero.

(365) Decreto 13 aprile 1861.

(366) V. Baibie, Diritto pubblico e amministrativo,2(a) ediz.,II, pag. 61 e seg.

(367) V. il mio Diritto pubblico bavarese,I, pag. 308.

(368) V. per la Prussia Rònnb, Diritto pubblico della monarchia prussiana,4(a) ediz., iv, pag. 108 e seg.

(369) Nell’Abazia Lorena vige ancora la legislazione francese.

(370) Ulrrich, Trattato di diritto pubblico austriaco, pag. 473 e seg.

(371) V. Leuthold nel Rechtslexicondi Holtzendobff, 3° edit., II, pag. 739; Rònb, op. cit.,iv, pag 116.

(372) V. Codice penale franceseart. 475, n. 2; Diritto generale prussiano,parte il, tit. 8, cap. 5, § 439, e legge prussiana 31 dicembre 1842, §§ 8, 9. Per 1 Austria v. Ulbrich, op. citpag. 472.

[Secondo la legge italianadi pubblica sicurezza del 1888 gli albergatori, i locandieri e coloro che dànno alloggio per mercede devono tenere un registro delle persone alloggiate e notificarne giornalmente all'autorità di pubblica sicurezza locale l'arrivo e la partenza nei modi stabiliti dal Regolamento. il contravventore è punito a termini del-l’art. 417 del Codice penale].












Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - l'ho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura!

Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin)










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