Eleaml - Nuovi Eleatici



Gaetano Filangieri e la ricerca della felicità di Zenone di Elea [Aprile 2022]

Vita ed opere di Gaetano Filangieri: Elenco dei testi pubblicati sul nostro sito

BIOGRAFIA DEGLI UOMINI ILLUSTRI DEL REGNO DI NAPOLI

Ornata de' loro rispettivi ritratti

Compilata da DIVERSI LETTERATI NAZIONALI

DEDICATA

A S. E.

IL CONTE GIUSEPPE ZURLO

Gran Dignitario del R. Ordine delle Due Sicilie Consigliere di Stato Ministro dell’Interno & & &

TOMO PRIMO

NAPOLI MDCCCXIII

Presso NICOLA GERVASI Calcografo

Strada Gigante N. 23



A S. E. IL SIGNOR MARCHESE DONATO TOMMASI

SEGRETARIO DI STATO, E MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, DEL CULTO, E DELL'INTERNO ecc.

Eccellenza

Semprecchè mi torna a memoria con quanta amenità e cortesia si è degnata V. E. di accogliere da me l'offerta del primo volume della Biografia degli Uomini Illustri del Regno di Napoli,io mi tengo pago e soddisfatto appieno del solo di Lei gradimento, e dell'approvazione riportata da tanto conoscitore. Animato da così felici auspicj spingo anche più in là il mio coraggio, e pieno di tutta la fiducia, che le virtù del di Lei cuore inspirano, offro, consacro, ed intitolo all'illustre nome di V. E. il secondo volume dell’opera suddetta, la quale è tanto più gradita alla Nazione, quanto viè maggiormente decide della sua gloria al di sopra di tutte le altre. Ciò facendo, io non dubito della continuazione del gradimento di V. E.; e son sicuro egualmente, ch’Ella voglia proteggere uri opera, che per tutti i titoli deve esserle a cuore. La medesima ora si rende a me anche più particolarmente preziosa, e mi congratulo meco stesso di veder in essa anche precocemente preconizzato il di Lei chiarissimo nome. Una così felice combinazione mi è garante della veracità delle espressioni, colle quali si autentica l’alta e costante stima, in cui è LE. presso la Nazione intera, la quale ha da gran tempo appreso a rispettarla, e che non alla sublime carica ma alla virtuosissima di Lei persona offre i suoi voti, ed omaggi.

E qui pregandola di proteggere nell’Opera anche l’Editore, ho la gloria di rassegnarmi rispettosamente

Di V. E.

Napoli Luglio 1815.

Umilissimo, e Divotissimo Servitore

Niccola Gervasi

IL COMPILATORE DOMENICO MARTUSCELLI

AGLI

AMATORI DELLA GLORIA PATRIOTTICA

Il genere umano costituente una sola razza di animali ragionevoli, viene in conseguenza composto da individui simili, e generalmente parlando, eguali nelle qualità fisiche e morali. Gli effetti di questa generica similitudine dovrebbero essere eziandio simili in qualunque luogo della terra l’uomo nasce e si nutrisce. Evvi però senza dubbio, e non di rado una inegualità nelle forze sì corporali che animali; ma questa si dovrebbe ritrovare in ogni luogo tra uomo ed uomo, non già tra nazione e nazione. Qual è intanto la causa della diversità costantemente osservata fra le varie nazioni, formante il loro carattere circa le inclinazioni, i talenti, il coraggio, l’industria, ed altrettali qualità dello spirito? Comunemente se ne attribuisce la cagione ai climi diversi, alla temperatura dell'aere, alla qualità de' terreni, e de' cibi, o altre simili fisiche cause. Ma il celebre Daniele Elvezio ha dimostrato che ciò attribuir si debba all'educazione, la quale consiste in una specie di antico uso consentito ne’ modi di vivere, d’instruirsi, e di trattare nelle Società: avvegnaché l'uomo moralmente considerato non è un parto della natura, ma dell'educazione sua seconda madre.

Qualunque però siane la vera cagione, egli è indubitato che cotale diversità esiste, e forma l’ineguaglianza, la quale ha fatto anche nascere una vanità onorifica, un orgoglio, onde una nazione si crede e si sostiene superiore ad un’altra ne’ talenti, nelle scienze, nelle arti, nel valore, ed in tutto ciò onde dalla comune opinione l'uman genere si abbellisce, godendosi il frutto de' sudori de' suoi antenati. Co- testa vanità patriottica si vede universalizzata fra le colte popolazioni, e cresciuta forse a dismisura. Ciascuno se ne diletta, ed ama oltremodo l'onore del suol natio, che considera il più nobile decoro, ed a cui si sono talvolta fatti de' lagrimevoli sacrifizj. Così fatta passione quando è circoscritta ne’ giusti limiti, lodevole diviene e virtuosa, e devesi riguardare come stimolante alle altre virtù. Quindi gli uomini spinti dal patrio decoro si sforzano a gloriose imprese, e soffrono ogni disagio per ottenere l’intento.

Nel giudicare però del merito de' nazionali proprj, fa d’uopo spogliarsi dell'amore che ciascuno ha per la sua patria. Cotesto amore fa volentieri travedere, ed attribuire alla sua nazione più di quello che l'è per giustizia dovuto.

Io mi credo essere in questo equilibrio. Tros, Rutulusve fuat, nullo discrimine habebo. Mi scordo totalmente che questo regno sia la mia patria, e guardo la sola realtà della cosa, in giudicando de' Napoletani ingegni, i quali, quando anche non vantassero la superiorità, non sono certamente inferiori a tutti gli altri del mondo, siccome Io mostrano i fatti di qualunque età.

Che l’Italia sia sempre stata la più celebre parte dell’Europa, sì per la felicità del suo clima, che per essere stata la sede del maggiore Impero, ed il teatro degli avvenimenti più memorabili della storia, non v’ha chi osi contrastarlo. Egualmente non è da contro-vertice, che questa bella regione abbia prodotto de' grandi uomini ed illustri, i quali furono e saranno sempremai riputati i più perfetti modelli in tutte le scienze e belle arti; in guisa che le altre nazioni Europee rese eziandio celebri negli ultimi secoli, abbiano avuto l’Italia per loro madre e tutrice. Sta in luogo di ogni pruova la riconoscente confessione degli Enciclopedisti Francesi, giudici molto competenti, e niente sospetti. Questi gran letterati nel discorso preliminare dell’Enciclopedia parlano in questi termini: Vous serions injustcs, si nous ne reconnaissions point ce que nous devons à l’Italie. C’est d'elle que nous avons reçu les Sciences qui depuis ont fructifié si abondamment dans toute l’Europe. E est à elle surtout que nous devons les Beaux Arts, et le bon goût, dont elle nous a fourni un grand nombre de modèles inimitables.

E ciò per l’Italia tutta in generale. Restringendo poi queste idee e particolarizzandole alla parte dell'Italiana penisola componente il nostro Napoletano Regno, sono forzati gli stranieri stessi a convenir re, che il medesimo per l’amenità del clima e la libertà del suolo sembra essere stato il prediletto della Natura, e che sebbene mollo piccolo in estensione di superficie, relativamente ad altri regni ed imperi, abbia tuttavia in ogni tempo prodotto degli uomini eminentemente illustri in un numero mollo maggiore che gli altri.

La Storia dappertutto ci appresta de' segnalati monumenti di un colai favore, capace ad ingelosire ogni altra nazione. La più bella delle Scienze, qual è la filosofia, se non ebbe la prima nascita in questa regione, vi ricevé certamente il più grande aumento; cosicché da bambina sanguinolenta divenne tosto adulta non altrove che nel nostro fecondo suolo, e servì poi di maestra a discepoli anche stranieri, i quali divenuti indi perfetti maestri anch'essi, andarono a nutricare, altri popoli del latte qui succhiato.

È noto abbastanza, che la miglior filosofia, o sia la più degna prole dell’umana ragione, sia stata la Grecanica. Questa divisa per a prima volta in tre Sette, Ionica, Italica, ed Eleatica, si rese più celebre nell’Italica, e nell’Eleatica; entrambe allignate ed ingrandite in questa felicissima regione.

L’Italica, fu originata da Pittagora in Crotone, e Metaponto, cittadi della nostra Calabria, ch'era parte della Magna Grecia, la quale comprendeva le contrade meridionali del nostro Regno. La patria di Pittagora s’ignora; eppure secondo dotti Scrittori si vuole Italiano. Certo è ch'egli dopo tanti anni consumati vagando, fece poi tutto il suo soggiorno in dette città, ove stabilì una scuola tanto celebre e numerosa, che durò anche dopo la sua morte per 200 anni, spargendosi nelle vicine provincie, e nella Sicilia ancora, cosicché tutti gl'Italiani divennero filosofi di questa Setta. I nostri regnicoli migliorarono la dottrina Pitagorica, e da maestri la diffusero in Europa. Qui e da notarsi, che la maniera con cui sono scritte alcune opere rimasteci, fa vedere come nell’Italia facevasi grande uso della libertà di pensare. I più famosi fra costoro sono Ocello Lucano, Archita di Taranto, di cui Platone volle esser discepolo, Timeo di Locri, Archippa, e Lisida anche Tarantini. Da siffatta germogliata filosofia s’istruì la Grecia, e vi fece de' rapidi progressi. Ex ejus fontibus totam poene philosophiam suam Graecia irrigavit, dice il Ch. Genovesi in disput. physico-histor. Cap. 2. §. 6.

Platone detto il Divino, sommo filosofo Greco, e fondatore poi di una nuova setta detta Accademica, per divenir perfetto venne in Italia, e conoscendo i nostrali discepoli di Pitagora, specialmente Archita e Timeo, volle istruirsi della loro dottrina. Platonem ferunt, ut Pythagoreos cognosceret, in Italiam venisse, et in ea cum alios multos, tum Archytam, Timaeumque cognovisse, et didicisse Pythagorea omnia. la. loc. cit. E fece tanto conto dell’opera di Timeo, che volle appropriarsela, scrivendone un comentario, ch'è appunto il Dialogo intitolato Timeo.

Qui piace non omettere, essersi tanto profittato in Magna Grecia nella filosofia, che furouvi in gran numero celebri donne filosofanti Pitagoriche, enunciate da Giamblico nella vita di Pitagora. Le più celebri furono Teano, Aristoclea, Misia, Arignota ed altre.

Della stessa scuola furono i due famosi legislatori Zaleuco di Locri, e Caronda di Turio. Quello, più antico di Licurgo e di Solone, fece un corpo di leggi riputato ottimo da Cicerone e da Strabone. Questi dettò alla sua patria delle leggi, che fecero f ammirazione di Platone, di Aristotile, di Cicerone, e di tutta la dotta posterità. Furono ancora in queste contrade altri illustri legislatori, come Andromado di Reggio, Eliacone, Teercto, Pitio, Onomacrito, Protagora, e Timatro. Fabric. Bibl. Graec. lib. 2. cap. 14. E siccome in quei tempi la scienza della legislazione era novella, così un gran merito ebbero costoro, che debbonsi considerare come ottimi inventori della medesima.

Nella medesima nostra Magna Grecia ebbe origine, e stabilì sua sede l'altra Setta chiamata Eleatica. Questa quantunque instituita da Senofane di Colofone, pure due suoi scolari Parmenide, e Zenone di Elea, o Elia, o Velia, Città posta nella nostra Lucania, le diedero il nome. Senofane fu discepolo di Pitagora, ma escogitò nuovi sistemi, diversi da quelli del suo maestro, e così proseguirono i suoi alunni, per cui surse una nuova setta filosofica, e molti ne furono i rinomati, tra i quali Leucippo anche Veliano, e Pirrone, il quale insegnò non meno di Parmenide la più ardita filosofia.

A questa Eleatica setta si arrollarono Democrito, Eraclito, ed Epicuro, benché di nazioni diverse. Heinecc. histor. Philos. §. 84. E qui deve osservarsi, che la logica deve ancora la sua prima invenzione alla nostra nazione. Zenone di Elea, discepolo, e figlio adottivo di Parmenide, fu il primo a dare de' precetti logici fino a quei tempi ignoti. V. Laert. in Vit. Zenon.

Anche la medicina fu tra quelli antichi tempi coltivata nella Magna Grecia. In un tempo in cui non erano preceduti i lumi d’Ippocrate, ciascun vede che ogni celebre medico avea merito più d’inventore, che di seguace. Pitagora accoppiò la medicina alla fisica, e tramandandola alla sua italiana scuola, le diede quella perfezione, che allora si potè. Furono celebri in Taranto Icco, Zeusi (diverso dal pittore), Apollodoro, e specialmente Eraclide autore di varie opere mediche. In Crotone eranvi altresì de' medici eccellenti, fra i quali Alcmeone, il primo ad imprendere l'anatomia, e che scrisse ancora su gli animali.

Fiorirono in que’ tempi nelle nostre Provincie anche le belle lettere ed arti. Il gusto per la poesia era raro, e nondimeno Crotone ebbe il poeta Orfeo (diverso dal cantore Tracio). Taranto ebbe Rintone inventore della tragi-comcdia, Scira, Cleanto, Alessi, e Stratone. In Reggio fiorì Ibico, di cui vi sono alcuni frammenti; e fuvvi Alessi di Torio dio scrisse 245 drammi.

Vi fiorì anche l’architettura. I grandi e superbi edificj eretti nella Magna Grecia lo dimostrano bastantemente. I famosi tempj di Locri, di Crotone, e di Pesto fanno testimonianza de' nostri bravi architetti. Anche oggidì Pompei, ed Ercolano ci mostrano a qual grado erano presso di noi le belle arti, fra le quali la scultura e la pittura. In Reggio si distinsero due insigni Scultori nominati da Pausania, cioè Clearco, e Learco.

Qual perfezione avesse avuto la pittura in quei medesimi tempi presso di noi, basta ricordare che il famosissimo Zeusi, quel prodigio dell'arte, era di Eraclea. Per la musica è sufficiente esservi stato Aristosseno di Taranto, che visse ne’ tempi di Alessandro il Grande.

Fu egli fra gli inventori il maestro, come appare dai suoi Elementi armonici che tuttavia ci restano, e dai quali si ravvisa quanto foss’egli eziandìo filosofo. Chi voglia una più minuta analisi degli uomini illustri di que’ tempi, nati ed instituiti nelle nostre Provincie, potrà leggere l'opera del Signor Napoli-Signorelli stampata nel 1780. col titolo — Vicende della coltura delle due Sicilie.

Coll’andar poi de' secoli, benché per varie politiche ragioni lo studio della Pittagorica filosofia si fosse intiepidito nelle nostre regioni, pure v’è giusta ragione da credere, che giammai nelle nostre Provincie si estinse il sapere. I Romani per i primi loro cinque secoli ebbero per instituto di essere alieni dalle belle arti e dalle scienze. Romolo volle che queste(-)dagli stranieri si esercitassero, duo vero studia Quiriti bus reliquit, agriculturam et bellicam artem, come narra Dionigi d’Alicarnasso lib. 2. cap. 28. Questo genio bellicoso, ammansito alquanto dalla pacifica Egeria, che fu sempre il genio di Numa, ritornò egualmente feroce ne’ suoi successori. Si temette in Roma che la filosofia non ammollisse l'austerità militare, e non distogliesse la gioventù dalle conquiste. Questo stato durò fino a che dopo l’anno di Roma 487 tutt’i popoli della Magna Grecia vennero assoggettati ai Romani. Con questa occasione, estinte già le lunghe ed accanite guerre tra’ vicini, molti delle nostre Provincie recaronsi in Roma, specialmente coloro, che per sublime sapere si distinguevano, e che non potendo avere nella soggiogata Patria i pubblici onori, vennero ad ottenerli presso i loro nuovi signori. Quindi da allora si videro in Roma de' poeti, e de' celebri scrittori, de' quali i più insigni furono presso che tutti delle nostre Provincie. Tali furono Livio Andronico di Reggio, Nevio di Capua, Ennio di Rudìa in Calabria, Pacuvio di Brindisi ed altri, i quali furono i maestri, e dirozzatori degli orgogliosi Romani.

Da allora in poi videsi pian piano fiorire la letteratura promiscuamente nel suol nostro e nel Romano. Di due Regni fattosene poi uno, non più l'uno dall'altro si distinse, ma ciò che di quello si disse, di questo dir s’intende; siccome Napoletani chiamiamo tutti coloro che nascono in qualsivoglia delle quattordici Provincie del Regno. Quanto dunque si è preconizzato da allora in poi della letteratura dei Romani, intendesi di tutte le Provincie appartenenti alla Repubblica, ed all’impero di Roma, ove ogni ottimo ingegno provinciale portavasi, e resosi celebre, chiamavasi Romano. Così avvenne a M. Tullio, il quale nativo di Arpino, picciola terra nel paese de' Volsci oggi Terra di Lavoro, non più si ebbe per Arpinese, ma chiamossi il Romano Oratore. Lo stesso e da dirsi di altri prodigiosi ingegni prodotti nel nostro suolo, come Orazio di Venosa, Ovidio di Solmona, Vitruvio di Formia, oggi Mola di Gaeta.

Anche famosi Generali del Romano esercito nacquero fra noi. Quel Vibio che vinse Annibale presso Capua, fu dell’Abruzzo, allora detto Peligno. Verio Catone che tanto si distinse nella guerra sociale, fu di Solmona; e Solniontino fu anche quel Salio, che condusse gran copia di Pelignesi nella Macedonia a prò de' Romani.

La nota decadenza delle scienze avvenuta in Europa ne’ secoli di mezzo y avvenne parimente nel nostro Regno: ma possiamo ben dire che quivi, prima di ogni altro luogo, cominciarono a risorgere in varie occasioni. Gli Arabi, presso de’ quali soli era rimasto qualche sapere, e vi si mantenne dall’VIII, fino al XIV secolo, specialmente pe’ libri depredati in Grecia, che avidamente studiarono, ovunque capitavano, ne erano i maestri. Ebbero però più frequenti occasioni di comunicare coi nostri, specialmente per le varie abitazioni, che i Saraceni ebbero in queste nostre regioni, nel Garigliano, nel Monte Gargano, in Bari, in Salerno, in Pozzuoli, ed in tanti altri luoghi, come per la Storia e nolo. E poiché la medicina fu la di loro prediletta scienza, questa fu più d’ogni altra appresa, specialmente in Salerno, ove indi surse la tanto famosa Scuola Salernitana Medica, la quale produsse i tanti e celebri professori di quest’arte. Che se il sommo metafisico Tommaso d’Acquino non si fosse trovato in tempi sì rozzi, avremmo noi l’onore di un filosofo superiore a tutti gli antichi, ed anche a coloro che son venuti in appresso in qualsisia nazione. Tanta era la sublimità del suo quasi divino ingegno. Nell’opera scritta contro i Gentili, egli maneggia sì maravigliosamente la Teologia naturale, che ci dà a conoscere quanto avrebbe potuto fare in ciascheduna parte della filosofia, se vi si fosse applicato.

Altra occasione del risorgimento delle Scienze in questo Regno fu la fuga di tanti insigni Greci da Costantinopoli occupala da’ Turchi dopo il 1455. Essi essendosi presso di noi rifugiati, furono bene accolli da Alfonso I nostro Re, generoso protettore delle lettere, e de’ letterati. Quindi presso di noi, piucchè in ogni altra parte ricominciarono, e fecero nuovi progressi le scienze anzi migliorale e ripulite. Allora fu scosso il giogo di Aristotile, e degli Averroisti, e ritornossi alla filosofia Platonica, anzi con nuovi e più semplici sistemi, ancor più degni dell’umana ragione, e del genio italiano. Allora fiorirono ed insegnarono in Napoli il famoso Trapezunzio, Crisolora, Lascari, Lorenzo Pialla, Bartolommeo Facio, Antonio Beccadelli, detto il Panormita, Pavide del Pozio, e tanti altri.

Il nostro Giannone in fine del cap. 4 lib. 1 dopo di aver narrato la disposizione e polizia delle nostre regioni fino alle mutazioni indottevi dall’Imperatore Adriano, dice così:

«E chi potrebbe annoverare i tanti chiari e nobili spiriti, che in sì illustri città ebbero, i natali, i filosofi, i matematici, gli oratori, e sopratutto i tanti, rinomati poeti? In brieve, quanto dagli antichi oggi abbiamo di più raro e più nobile nella filosofia, nelle matematiche, nell’arte oratoria, e sopratutto nella poesia, tutto lo dobbiamo a quegl'ingegni, che o furono prodotti da questo terreno, o che nati altrove in esso vissero, e quivi coltivarono i loro studj.»

Adriano, uno de' più memorabili Imperatori, s’impegnò a far fiorire le scienze in Italia, che allora formava uno stesso Stato nel Romano Impero, e fondò un accademia intitolata l’Ateneo, ove pubblicamente fece insegnare le discipline e le lettere, giacché prima di lui non v’era stato giammai un simile pubblico instituto. Alessandro Severo l'ampliò, e reselo in forma più nobile, e stabilì gli onorari ai maestri, ed assegnò alcuni fondi per gli Studenti poveri. Quindi concorrevano i giovani allo studio in Roma da qualunque regione, e fin dalla Grecia stessa. Ed e mirabile che anche nell'imperio degli Ostrogoti fu quella Scuola protetta dall’ottimo Re Teodorico, il quale giunse a proibire agli Studenti il ripatriamento pria di compire i loro studj. Or se da lontani luoghi si concorreva alla detta istruzione, molto più da queste nostre provincie assai vicine. Ecco dunque anche un argomento della coltura continuata de' nostri ingegni. Le quali cose trovansi con meravigliosa analisi esposte dal Ch. Pietro Giannone nel cit. lib. 1 cap. 10 §. 5. e con eguale felicità degl’immortali Tiraboschi, e Muratori, che invitiamo la studiosa gioventù a riscontrare.

Percorrendo poi la Storia letteraria ne’ tempi anche posteriori, ed a noi più vicini, incontriamo mai sempre nuovi oggetti da inorgoglirci, e da fissare la perpetua gloria della nostra nazione. Si dia uno sguardo al così detto secolo del seicento, e non potrà farsi a meno di convenire, che quella sola fortunatissima epoca letteraria basta a far la gloria più eminente del nostro regno. Si declami quanto si voglia sull’esorbitanza delle metafore, e sulla spessezza delle allegorie, che formavano allora il genio, e la mania, o sia la moda del secolo. Anche a dì nostri abbiam tollerato il furore per i calembourgs, e per le sciarade. Si dirà perciò che il secol nostro sia barbaro? Quai voli di fantasia, qual sublimità di pensieri, qual elevazione d’ingegno non si ammira negli stessi scrittori del seicento? Quai progressi non fecero allora presso di noi le scienze, e le arti? Chi potrà negare, che quell’epoca felicissima conosciuta per antonomasia sotto il nome del secolo di Leone X letterato insigne, e de' letterati ottimo e massimo protettore, andò del pari col secolo di Pericle in Grecia, col secolo di Augusto nel Lazio, e con quello di Luigi XIV in Francia? Fu allora che questo regno rigurgitò per dir così di famosissimi artisti, filosofi, e letterati, i quali servirono di modelli e maestri agli stessi valentuomini de' secoli posteriori, che del seicentismo declamavano.

Non si creda con ciò che si voglia far l’elogio di ciò ch'è per se stesso vituperevole, cioè a dire di quell’eccesso di riboboli, e faticosissimo giuoco di parole, di quelle traslazioni perloppiù stentatissime, me, e di quella pesante continuazione di allegorie, che formavano la moda del secolo, oggi tanto abbonita. Questo fu l’eccesso, non già il gusto del seicento: e questo noi commendar vogliamo, quello proscrivere e detestare. Il mondo sempre abbondò di parolai, e disconciatori d’idee e di parole. Rileviamolo da Orazio, il quale disse, che il buon poeta allo stile naturale attenendosi, projìcit ampullas, et sesquipedalia verba.

Fortunatamente apparve l'aurora di più bei giorni e sereni, nei quali la letteratura e la filosofia presso di noi vestì un abito più decente, e veramente maestoso. Fu il primo albore del Secolo XVIII. che dileguando ogni nube di bassa pedanteria, in cui era degenerato il sublime del seicentismo, diede alla letteratura Napoletana una più felice costituzione. Sembrò allora che la natura si fertilizzasse piucchè giammai in dare a luce de' talenti eminentemente rari e straordinarj, ed in copia molto maggiore. I due Majelli, Aulisio, Gravina, Vico, Capasso, Cirillo, Egizio, Giannone, i due Galiani, Mazzocchi, de Gennaro, Serao, Genovesi, Martorelli, Carcani, Ignarra, e tanti innumerevoli altri fecero l’ornamento nostro, ed il decoro nazionale. Produca qualunque altra nazione una così numerosa legione di coetanei eroi, e ci contenda, se il cuor gli basta, la gloria patriottica, e lo splendore. E pure non finì negli additati personaggi tutto il nostro trionfo. La provvida natura schiuse indi di mano in mano altri simili e felici ingegni, cosicché una continuala e non interrotta serie conservasse appo noi nello stesso grado di sublimità la letteratura, e le scienze. Quindi la felice coincidenza dei Sarconi, dei Palmieri, de’ Caravelli, Cartelli, Filangieri, Mattei, Pagano, Cirillo, Daniele, Rosini, Cotugno, e di altri moltissimi, i quali contribuirono egualmente a vieppiù stabilire la gran verità di esser questo Regno costantemente fecondo di rari e sublimi talenti. Sfidiamo dunque ogni altra colla ed orgogliosa Nazione, ad opporre ai piucchè trigemini nostri Orazj, anche i Curiazi suoi.

Ma io già mi avveggo che le strettqje prefissemi fanno già precipitar le idee, le quali un più analitico sviluppo richiederebbero. Deum brevi esse laboro, obscurus fio. Ma di quale analisi defrauderò io il lettore? Non è forse l’opera, a cui questo discorso è preliminare, una dimostrazione analitica dell’argomento? Si vuol dimostrato, che di Regoli abbonda il suol Romano? E dall’enumerazione de’ Regoli non nasce la dimostrazione? Non è forse in logica l’enumerazione il più stringente argomento? L’opera che a questo discorso succede, fa appunto tutto ciò, e ben si argomenta col topico ab effectu ad causata. Se tanti valentuomini, de' quali l’opera seguente fa la dettagliata analisi, son nati nel nostro Regno, o nel medesimo trapiantati vi han fiorito, ne siegue la fertilità del nostro terreno in simili derrate.

CAV. GAETANO FILANGIERI

Neidì diciotto Agosto del 1752 nacque questo celebre filosofo e giureconsulto da Cesare Filangieri Principe di Alianello, di antica illustre famiglia, ed in ogni tempo feconda d’uomini insigni, e Marianna Montalto dei Duchi di Fragnito. Fin dalla tenera età fu destinato agli esercizi marziali, ed appena entrato ne’ quindici anni già serviva in un Reggimento in qualità di Alfiere. Nato colle più felici disposizioni della natura, il suo talento sublime e precoce rimase in qualche modo ecclissato dal metodo di educazione, ch’era allora in uso. Il pedantismo de' suoi domestici maestri, e la confusione dell’insegnamento che se gli dava, lo fecero in qualche modo annojare dello studio, e poco mancò che non lo riguardasse come una forzata e ributtante occupazione. Ma il suo spirito irrequieto per l’amor delle scienze si manifestava in ogni occasione, e sull’esempio de' suoi fratelli, che già studiavano le matematiche, egli sviluppò del genio per le scienze sublimi. Non contraddetto dai suoi genitori, e lasciato in balìa del suo talento, fece ben presto vedere che le anime grandi hanno un’educazione lor propria, di cui in gran parte non sono debitrici che a se stesse. In età di diciassette anni, impetrato congedo dal servizio militare, tutto si applicò alle lettere ed alle scienze. Il latino, il greco, oltre la toscana, ed alcune lingue vive delle più colte nazioni d’Europa, le antichità, la storia, la geometria, l’algebra, le matematiche, la metafisica, furono i primi oggetti della sua indefessa applicazione: e fu meraviglioso l’osservare, che nell’eia delle passioni, e de' violenti desideri, egli non anelava che ad istruirsi ed a perfezionarsi. La Morale, la Politica, la Legislazione, e la Scienza del Dritto presa nell’ampia e vera sua significazione furono la meta ch'egli avea prefissa ai suoi studj, ed il suo cuore era ardentemente trasportato a queste scienze, come quelle che più direttamente tendono alla felicità degli nomini.

Fin dal 1771 meditò il piano di un’opera intorno alla pubblica e privata educazione; ed avendolo comunicato al Signor Giacomo Giona Bicernsaehl, celebre letterato Svedese, che allora trovavasi in Napoli, costui ne concepì la più grande ammirazione, e ne fece il più vivo elogio nelle eleganti lettere de' suoi viaggi. Ma quest'opera non fu condotta a termine, come neppure un'altra, che avea per oggetto la Morale de' Principi fondata sulla natura, e sull’ordine sociale. Di questi argomenti ei si valse per la sua grand'opera intitolata La Scienza della Legislazione.

Intanto nel 1774 fu interrotta la tranquillità de' suoi studj dagli stessi suoi genitori, i quali per incamminarlo alla Magistratura, lo spinsero nel Foro. Egli, benché suo malgrado si arrese a queste esortazioni, e si accinse alla professione di Avvocato. Anche nel tirocinio di questa nobile arte, sempre in balìa del suo genio letterario, scrisse e diè per le stampe le Riflessioni Politiche sull'ultima Legge Sovrana, riguardante l’amministrazione della giustizia. Napoli 1774 in 8.° Quest’operetta, che facea per la prima volta sentire il linguaggio della filosofia, fu a pieni suffragi applaudita ed il Marchese Tanucci giudice ben competente^ riguardò con sorpresa tanto sapere in così giovane età, e fece alla patria i più lieti presagi per la sorte di possedere un sì raro e straordinario talento.

Nel 1777 l’Arcivescovo di Napoli, di lui zio, Monsignor Filangieri, l'indusse ad intraprendere il servigio di Corte, ove fu gradevolmente ricevuto in qualità di Maggiordomo di Settimana, e di Gentiluomo di Camera di S. M., e nel tempo stesso fu dichiarato Uffiziale nel RealCorpo de' Volontari di Marina. In questa orrevolissima carica il fasto non lo illuse giammai, e molto meno i piaceri lo affascinarono anzi fu allora, che dedicò allo studio incessantemente tutti quei ritagli di tempo che gli sopravvanzavano all'adempimento delle sue funzioni; e già nel 1780 pubblicò i due primi volumi della Scienza della legislazione.

Quest'opera per la profondità delle sapienti ricerche sorprese i cuori di tutti, ed il Sovrano per vieppiù incoraggiare l'Autore a studj così laboriosi egeniali, gli conferì una Commenda, ed un Priorato dell'Ordine Costantiniano.

Nel 1785 tolse in moglie la più amabile e virtuosa dellE donne, e col Real permesso ritirossi in una sua casa di campagna nelle vicinanze della città di Cava, ove col più profondo raccoglimento dello spirito si applicò alla continuazione della grand’opera suddetta. Questa fu già nei primi due volumi attaccata di censura dal Sig. Giuseppe Grippa, professore di matematica in Salerno.

Ma immediatamente il Sig. Giuseppe Costanzo, avvocato Catanese rispose ad una tale critica, già comunemente discreditata, e meritevolmente dispreggiata. Grippa fu talmente dispiaciuto delle confutazioni di Costanzo, che nel 1784 rinnovò le sue aggressioni, e pubblicò per le stampe un'opera coll’orgoglioso titolo di Scienza della Legislazione Sindacata, ovvero Riflessioni Critiche sulla Scienza della Legislazione del Sig. Cav. D. Gaetano Filangieri. Néqui limitò il suo livore lo Zoilo scioperato, ma fece fino a Roma giungere le calunniose sue voci, le quali penetrando nella Congregazione dell'Indice vi mossero un rumore così torbido E maligno, che con decreto dei 6 Dicembre 1784 fu la Scienza della Legislazione condannata eproscritta. Filangieri pienamente conscio della rettitudine de' suoi sentimenti, non si scosse allo scoppio di un decreto procurato dall’ignoranza, e promosso dalla più insipida superstizione. Le sue fatiche erano già state coronate dalla Società Economica di Berna, e tutto l'orbe letterato non si saziava di encomiarle. Quindi malgrado la censura, nel 1785 pubblicò cinque altri volumi dell’opera suddetta, i quali furono accolti dal pubblico con avidità ed ammirazione.

Nel 1787 richiamato in Napoli dal Sovrano, fu destinato Consigliere nel Supremo Consiglio delle Finanze; e nell’esercizio di questa carica convinse pienamente il pubblica della sublimità dei suoi talenti. Ma la sua salute era già molto debilitata dalle continue applicazioni, e frequenti vigilie: perlocchè con Realpermesso nel 1788 passò in Vico Equense per ristorarsi in quell’aria salubre. Ivi in Luglio dello stesso anno succombette alla forza, del male, con universaldispiacere si vide troncato il corso di sua vita nell’età di soli 34 anni. Questa perdita, tanto irreparabile ed immatura, sparse il lutto non solo nella famiglia, ma nell’intiera città, giacché alla città intiera erano note le amabili qualità di quest’uomo veramente insigne, ed il quale avea guadagnato i cuori di tutti. Si udì allora in bocca di molti ripetere esclamando quel divino sonetto del Petrarca:

Chi vuol veder quantunque può Natura ecc.

E fuvvi chi non seppe trattener le lagrime a quid verso.

Cosa bella mortal passa e non dura.

Filangieri ha lasciato di séun nome immortale. La sua Scienza della Legislazione è cosi accreditata ed appregiata, che forse non vi è libro, che siasi mai accolto con plauso sì universale, e di cui nel breve giro di pochi anni siansi fatte tante edizioni, e versioni in varie lingue. Reca specialmente un vivo piacere il sentire in bocca anche degli stranieri il nome di Filangieri mettersi del pari, ed all’istesso rango de' più illustri Pubblicisti, già resi immortali per le di loro dottissime opere in simili materie. Gli stretti cancelli ne’ quali questo elogio è circoscritto, non permettono dirne quanto si dovrebbe, e che pur sempre poco sarebbe. Giova però ricordare il giudizio dell’immortale Saverio Mattei, il quale parlando di Filangieri solca dire, che a lui convenivano per tutt’i titoli gli elogj, che Vellejo Patercolo diede a Mitridate, chiamandolo vir neque silendus, neque dicendos sine cura.

L’egregio avvocato Sig. Donato Tommasi ha scritto un elegante, e giudiziosissimo elogio di Filangieri nel quale analizza tutte le di lui belle qualità, che lo caratterizzano per uno scrittore dotto, modesto, benefico, affettuoso, liberale, e disinteressato. Quest’elogio fa tanto onore a Filangieri ed a Tommasi, che Monsig. Fabroni l’ha compendiato nel Tomo XV. delle vite degli illustri Italiani di questo secolo.

D. Martuscelli



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Vita ed opere di Gaetano Filangieri [Life and works of Gaetano Filangieri]

Elenco dei testi pubblicati sul nostro sito

1772 - NOTIZIE DE' LETTERATI - Della Morale de' Legislatori di Gaetano Filangieri HTML ODT PDF
1782 - Giuseppe Grippa - LETTERA al Cavaliere Gaetano Filangieri HTML ODT PDF
1784 - Giuseppe Grippa - Scienza della Legislazione sindacata HTML ODT PDF
1785 - Dissertazione politica di Giuseppe Costanzo in risposta a Grippa HTML ODT PDF
1787 - GIUSTINIANI - Memorie Istoriche degli Scrittori Legali del Regno di Napoli HTML ODT PDF
1798 - Le Spectateur du Nord: Don Gaetano Filangieri HTML ODT PDF
1804 - Scrittori classici italiani di economia politica - Gaetano Filangieri HTML ODT PDF
1813 - Biografia degli Uomini Illustri del Regno: Filangieri (Martuscelli) HTML ODT PDF
1817 - La Scienza della Legislazione del Cavaliere Gaetano Filangieri (GINGUENE’) HTML ODT PDF
1819 - BIANCHETTI - Memorie scientifiche e letterarie - FILANGIERI HTML ODT PDF
1822 - Oeuvres de FILANGIERI - ELOGE de FILANGIERI (Salfi) HTML ODT PDF
1826 - Sopra l'opera del Cavalier Gaetano Filangieri di Pietro Sghedoni HTML ODT PDF
1828 - Comento sulla Scienza della Legislazione scritto da Beniamino Constant HTML ODT PDF
1834 - Biografia degli Italiani Illustri nelle scienze, lettere ed arti HTML ODT PDF
1836 - LOMONACO - Vite degli eccellenti Italiani - FILANGIERI HTML ODT PDF
1840 - Notizie di alcuni cavalieri del sacro ordine gerosolimitano (Marchese di Villarosa) HTML ODT PDF
1844 - Vite e ritratti di illustri italiani (Filangieri di E. Carnevali) HTML ODT PDF
1852 - FILANGIERI - Delle leggi politiche ed economiche (FRANCESCO FERRARA) HTML ODT PDF
1857 - Della letteratura italiana nella seconda metà del secolo XVIII: Filangieri HTML ODT PDF
1863 - Discorso genealogico della famiglia Filangieri (ERASMO RICCA) HTML ODT PDF
1864 - Intorno ai tempi ed agli studi di Gaetano Filangieri (PASQUALE VILLARI) HTML ODT PDF
1873 - Gaetano Filangieri o l’idea dello stato nella filosofia italiana del secolo XVIII HTML ODT PDF
1774 - GAETANO FILANGIERI - Riflessioni politiche su l'ultima legge del sovrano HTML ODT PDF
1820 - GAETANO FILANGIERI - 01 - La Scienza della Legislazione HTML ODT PDF
1822 - GAETANO FILANGIERI - 02 - La Scienza della Legislazione HTML ODT PDF
1872 - GAETANO FILANGIERI - 03 - La Scienza della Legislazione HTML ODT PDF
1876 - GAETANO FILANGIERI - 04 - La Scienza della Legislazione HTML ODT PDF


















Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - l'ho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura!

Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin)










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