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Gaetano Filangieri e la ricerca della felicità di Zenone di Elea [Aprile 2022]

Vita ed opere di Gaetano Filangieri: Elenco dei testi pubblicati sul nostro sito

VITE DEGLI ECCELLENTI ITALIANI

COMPOSTE PER FRANCESCO LOMONACO

Maiorum gloria posteris quasi lumen est.

SALL.

Tomo Secondo

LUGANO

Tipografia Ruggia e C.

1836

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VITA DI GAETANO FILANGIERI

Eraclito il filosofo rampognò una volta certi Ateniesi, i quali entrati nell’Areopago, anzi che ascoltare i giudici, guardavano alcune pitture ed iscrizioni in versi che scolpite erano nelle pareti. Colle sue rampogne egli dir voleva che coloro i quali pongono ammirazione alle cose frivole e di niun utile, non curino di tener fisso lo sguardo a’ gravi e importanti oggetti. Perocché quegli uomini che abbandonaci al senso, negligentano di calcolar colla ragione ciò che la felicità loro costituisce. E però Federigo re di Prussia vedendo un giorno che un cavaliere si dilettava di scriver novellette galanti, gli disse Non ti vergogni tu di gittare il tempo in coteste bagattelle?

In tal guisa significava che occuparci dobbiamo delle cose le quali stimolano le grandi anime alla emulazione, e non già di quelle che solo recan diletto senza alcun nutrimento. Da ciò si può dedurre che fra la immensa folla degli scrittori, sieno più di tutti commendabili i politici, come quelli che non appagano la immaginazione; ma illuminando l’intelletto hanno in mira di migliorare le umana sorti. E veramente, nessuno preferirà Anacreonte ad Aristotele, Orazio a Tacito, Milton a Machiavelli o a Locke. Che se altri si opponesse dicendo che quei poeti furon di alti intendimenti, non potrà mai provare che le opere loro sieno così utili come quelle degli altri. Oltre a ciò; i politici superano tanto i poeti nella forza di creare, quanto la ragione è da più della fantasia; perché questa serve, e quella domina: Fona abbandonata a se stessa, all’errore ci strascina, dove l’altra alla verità ci sublima; l’ultima co’ bruti, la prima cogli Dei è comune. E i filosofi della antica età del mondo esprimer vollero gli effetti della ragione quando immaginare, no l’allegoria, che Giove dopo di aver divorata Meli, percosso fu da un gran dolor di capo; e però chiesto avendo ajuto. a Vulcano, questi con un colpo di mannaja gli aperse il cervello, donde sbucò Minerva così vigorosa e così bene armata da stramazzare i giganti (1).

Noi dunque crediamo di far cosa molto utile collo scrivere la vita di Gaetano Filangieri, il quale senza dubbio tiene fra moderni sapienti un distinto luogo. Né egli solo nel nome, ma anche ne’ costumi fece mostra di sapienza, perocché fu pio, figliuolo, sposo fedele, sensitivo padre, sviscerato amico, retto uomo e benefico. Comeché eloquente si fosse, pure studiava di laconizzare, reputando la intemperanza della favella propria degli sciocchi. In oltre, dolco nelle maniere, fermo ne’ proponimenti, costante nelle fatiche, ne’ pericoli intrepido, dolente innanzi all’aspetto delle private o pubbliche disgrazie. Tutto che dotato di un’anima aperta al piacere, pure non siabbandonò mai alle voluttà sensuali poiché ardor di gloria gli scaldava il petto, senza che in questo ombra di vizio trasparisse. Educato e cresciuto in mezzo della Corte, seppe posporre le passaggiere distinzioni di cortigiano alla solida rinomanza di filosofo. Nella qual cosa certamente è lodevole; perocché il resistere a' pravi appetiti, il surrogare alla vanità l’amor della gloria, il rischiarar l’intelletto e il dirigere all’utile e al grande i ciechi impeti del cuore, costituiscon la virtù. Ma quel che ad altrui per avventura sembra strano, e che accoppiò a una sincera dilezione di patria un caldissimo amore verso l'umanità; tal che un Pittagorico direbbe che nello stesso uomo trasmigrate erano le anime di Catone e di Socrate.

Questa pittura de' suoi costumi verrà stimata piuttosto un elogio che una storia, ove non si rifletta che volendone noi detrarre qualche cosa, offenderemmo la venti. Quando la natura e la educazione concorrono a render ottimo un uomo, il biografo sarebbe assai dappoco, se temendone di fare il panegirico, mascherasse, o esponesse a di mezzo la qualità di quello. Abbiamo stimata necessaria questa protesta, perché il leggitore anzi che credere che noi siam vaghi. d’iperboleggiare, dia fede a quanto si è incominciato a dire, e a quanto dirassi intorno al nostro Filangieri. Natura lo chiamò a vita in Napoli nell'anno 1752, e diedegli genitori Cesare Filangieri e Marianna Montalto. Destinato egli sin da fanciullo allo stadio della latina lingua, non profittò punto in essa per l'avversione che ne sentiva: il che fece credere a’ genitori che privo si fosse d’ingegno. Ma un giorno accadde che un suo fratello maggiore dimostrando innanzi al maestro un teorema di geometria lasciossi cadere in errori, a' quali fa subitamente sottratto da Gaetano. Ciò diede a divedere che il ragazzo era più alle scienze che alle lettere atto, e più nella riflessione valeva che nella memoria. Laonde emesso fa dal padre a studiare le matematiche e la fisica, nelle quali discipline avanzò anche quei di età più provetta. Da questi ed altri somiglianti esempi si scorge che altri è disposto a divenir sommo filosofò, altri eccellente poeta; tale ad essere ottimo pittore, tale insigne architetto. E di vero, non tutti gli uomini son forniti della stessa qualità di sangue e di fluido nerveo; né in tutti la tessitura della fibra, la costruitone del cervello, la celerità de' fluidi e il loro miscuglio sono uniformi. Questa differenza di fisica indole produce appunto la diversità de' temperamenti, e quindi la prontezza o tardanza delle percezioni, la maggiore o minore attitudine a meditare, l’assoluta privazione o l’abbondanza dell’ingegno.

Filangieri dopo lo studio delle matematiche pure e miste drizzò i pensieri suoi alla scienza del giusto e dell’onesto. Ma conoscendo che per ispaziarsi. in: quella abbisognava d'innumerevoli soccorsi, si erudì bene nella greca e latina lingua, nella storia, e in tutte quelle facoltà le quali hanno stretto legame colla morale e la politica. Sì bene ei vedeva che il filosofo quando stabilir vuo’ una scienza, deve conoscer tutto ed abbracciar tutto, anzi che concentrarsi in un solo argomento. II bello è limitato in ciascun oggetto mondano; ma il vero, e massime quello che riguarda agli esseri pensanti ì è uno degli anelli di quella interminabile catena che uscendo dalla bocca di Giove, si dirama per l'universo. Ond’è che l’artista non ha d'uopo di estese cognizioni perché nell'arte sua pompeggi; all’opposto l'analista dell'uomo per poter ideare un sistema, deve pria gittare lo sguardo su tutto il campo delle scienze; e poscia formando delle idee sue un vasto circolo, tirar le deve come tante linee al centro. Sicché Filangeri a malgrado della giovinezza, periodo della vita in cui bollono le passioni, si preservò da tutto ciò che annebbia l’intelletto, e con ammiraci forza d’animo intese solo allo studio, tenendo per ferme che uom molte e virtuoso cozzino.

Giunto all'età di diciasette anni concepì il disegno di un’opera su la pubblica privata educazione, la quale considerata fu da lui il presidio de' costumi e delle leggi Non avendo però potuto condurla a fine, pose mano a un’altra che ha titolo: Morale da' prìncipi fondata su la natura e le leggi sociali. Intanto il padre spronolle a consacrarsi al foro; ed ei piegando alla volontà di lui, interruppe il corso delle proprie applicazioni, e imprese a fare il mestier d’avvocato. I tribunali di Napoli erano allora gli antri della menzogna, della fraude, della calunnia: nessun codice di leggi, e a’ giudici molto arbitrio; un immenso numero di decreti di principi «panati per troncar le liti; ma la più parte contraditorii e opposti fra loro; appella rioni sopra appellazioni, e quindi piati interminabili; quanto più causidici, tanto meno libertà civile; venalità nelle cariche e ne’ giudizi, e perciò impunità di delitti, sproporzion di pene, oppressione d’innocenza, barbarie assai, nessun'ombra di filosofia, e un gergone di lingua né italiana, né latina. A ciò arroge che pel dispotismo di tanti secoli, dispotismo che non già a una classe di gente, ma alla intera nazione aperta guerra bandiva, i tre poteri, esecutivo, legislativo e giudiziario erano nelle mani di un solo. Quindi grazie e munificenze a' fautori della tirannide, estremo jus e gastighi a' virtuosi; privilegi a' nobili, e a vassalli angarie; ricchezze al fisco, e miserie alle popolazioni; gran lusso, grande corruttela nella capitale, lutto, discordie, sordi clamori, ma vani nelle provincie. Questo era il civil disordine quando Filangieri imprese a patrocinare con sommo zelo i diritti degli oppressi.

Il ministro Tanucci, che sarebbe stato un secondo Sully se governato avesse uno Stato sì vasto come la Francia, fece forza di porre un riparo a sì gravi disordini: e però mosse il re a pubblicare un dispaccio, il quale togliendo l’arbitrio a quei che teneva n ragione, imponeva loro di giudicare secondo le leggi scritte. Colai rimedio benché non fosse bastevole a estirpar la radice de' mali, pure produceva qualche vantaggio, in raffrenando il magistrato che coverto a un tempo di dignità e di obbrobrio, era sempre pronto a esaltare i potenti e a calcare i deboli. Per lo che vari clamori sursero non solo degli avvocati, a' quali rimaneva poco campo a brigare, ma anche de' podestà, come quelli che una parte perdeano del loro potere. Il solo Filangieri fu che, riempiuto d’indignazione contro i nemici del pubblico bene, si accinse a dimostrare quanto utile la nuova legge apportasse, e quanto ingiusti si fossero gli schiamazzi di quei che la calognavano. Scrisse dunque su questo proposito un libro, in cui dimostrando sul principio che la libertà civile è riposta ne’ patti sociali compresi nelle leggi, dedusse che quanto più le leggi sono in vigore, altretanto sia intemerata e pura la libertà civile. Quando dunque si dà a' magistrati la facoltà di deridere a loro capriccio, i cittadini son bersaglio della forza, la volontà del legislatore viene inceppata, la costituzione dello Stato si rovescia, e tutto finalmente nello stato di Obbes ritorna. Con tali ragionari pose in chiaro l’utilità della nuova legge; e per non dar luogo a' dubbi, si diede ad abbattere nella seconda parte della sua operetta le obbiezioni che se gli facevano. Le sue idee piene di filosofia cattivarongli l’odio de' forensi; ma accolte furono con estrema gioja dal ministro Tanucci, e da coloro i quali la prosperità della nazione avevano a cuore.

Benché da principio provasse gran piacere nell’esercizio dell’avvocaria, pure in progresso di tempo non gli diede più l’animo di venire tutto dì alle prese colla discordia e la lite, e di aggirarsi in un luogo ove è giusto l’ingiusto, lecito lo abbonito, chiaro il disonore, oscura la gloria; ove sovente il padre col figliuolo, la moglie col marito è in aspra sanguinosa tenzone. Allontanandosi dunque dal foro, si elesse volontaria solitudine, in cui fermò l'animo di comporre l’opera Della legislazione. Entrò egli in questo pensiero quando si diede a considerare che per mancanza di ottime leggi, l’uomo sociale è servo misero infelice; che per la stessa cagione la tirannide, si eterna su la terra, la Europa geme in mezzo alla ferocia degli antichi barbari riti e costumi, e nell'oceano de' mali la virtù non trova securo porto ove rifuggire. Non contemplando' a ciglio asciutto sì gravi calamità, s’ingegnò di ripararle, ansi che tenervi mano, o rimanersene ozioso spettatore. Sostituire dunque la privata e pubblica educazione alla generai corruttela, le leggi a' dettami della stolidità de' principi, la fortezza all’accidia dell’universale, le vere alle fallaci istituzioni che tanto sfigurarono l'uom civile, l’ordine, in somma, al caos politico, questo fu il problema di cui meditò. la soluzione.

Mentre però occupavasi di cosi grandiose indagini, dichiarato fu maggiordomo di settimana, gentiluomo di camera del re, e dopo alquanto tempo uffiziale del real corpo del volontari di marina. Egli non ricusò sì fatte cariche, perchè considerava che per poter ben meditare: su la umana felicità, avea mestieri conoscere non solo gl'intrighi del foro, ma anche quei della Cortes. E di vero Aristotele addottrinossi presso l’Alessandro della conoscenza degli uomini, e Montesquieu fortificò la sua natural sensatezza nel parlamento di Parigi. All’opposto Rousseau e Mably, che non frammischiaronsi mai nelle civili faccende, fecero vista di essere più bizzarri che sodi nelle politiche loro concezioni.

Filangieri, a differenza, del vulgo, conoscea che i primi favori de' potenti esser sogliono più dolci che il miele, ma. poi molto più amari che l’assenzio, e più che il tossico velenosi. Conosceva altresì il putridurne de' vizi in cui si giace l’abbietta turba cortigianesca, che senza splendore di animi osa appellarsi illustre. E' però non ostante che stesse ih Corte, pure studiò di non ispogliarsi della rigidezza di sua virtù, né di frastornarsi dallo studio, compensando nella notte le ore che dissipava nel giorno. Con tal ragione di vita raccolse nella matite le principali. idee della Scienza della Legislazione nella quale ripropose di ridurre tutte le teoriche del gius all'unico e universale prìncipio della conservazione e tranquillità. Cotal sublime astrazione dimostra ch’ei sapeva bene la scienza essere un complesso di tesi, nel quale da una sola verità generale tutte le altre derivano.

Così Newton per mezzo dell'attrazione spiega il sistema della natura celeste e terrestre; e Brown dalla debolezza e forza avanzata, tutte le malattie desume, e i rimedi atti a guarirle. L'autore divise quest'opera in sette libri, nel primo de quali dopo di aver ragionato su' principii della scienza legislativa, esamina la bontà assoluta e relativa delle leggi. Quanto alla bontà assoluta, stabilisce che ottime leggi sieno quelle le quali a' bisogni e a ' diritti dell'uomo quadrino: riguardo alla bontà relativa indagai... rapporti che hanno le leggi colle diverse forme de' governi, colle indoli delle nazioni, coi differenti climi e ' religioni della terra, e in ultimo colla infanzia, maturità, decrepitezzade' popoli. Menandosi in lunga in quest'ultimo articolo apri il pensiero che nell'epoca della maturità degli. Stati cangiarsi dovrebbe il codice delle leggi; e per ciò molto si duole che i popoli europei non Ostante. che giunti sieno a questo peri odo pure continuano ad essere retti, come lo erano nella puerizia loro.

Ma dopo quanto tempo mutar conviene il codice legislativo? Ugone Grozio opina che le Leggi si debban rivedere e modificar in ogni decennio. Giovanni Locke poi nel suo codice della Carolina prescrive il termine di un secolo pel cangiamento della legislazione. Sicché Grozio rendendo le leggi {databili per la brevità della loro esistenza, non le farebbe rispettare, e Locke per la lunga durata del tempo darebbe luogo agli abusi di radicarsi; e quando questi radi ceti si: sono, è malagevole impresa lo estirparli. Conte mai divertire in un attimo il torrente delle vecchie opinioni, da cui le fantastiche menti de' mortali sono strascicate? come mai cozzar col tempo, il quale dà al male l'apparenza del bene, è copre la reale iniquità; col velo di una Ideata giustizia? Un mezzo proporzionale dunque fra l'estremo di Grozio e quatto di Locke sarebbe, secondo l'avviso nostro, il più conveniente e il più utile insieme.

Dopo l'esame delle regole generali della scienza legislativa, passa a considerare le politiche e l'economiche leggi, i cui oggetti sono la popolazione e le ricchezze.

Pone dunque in disamina quali sieno gli ostacoli che si oppongano al prolificare, e come questi venendo tolti, la prolificazione agevolar si possa. Quindi schiude le tre ampie sorgenti delle ricchezze, l'agricoltura, le arti, il commercio; e ne manifesta i vantaggi, non che i mezzi di mantenerle perenni.

Appena pubblicato questo primo libro, una nuova duce raggiar si vide nel mondo politico; e nuovi fausti presagi: si fecero da tutti quei che amavano la patria su le future sue sorti. Vero è che i balordi, i maligni e il dotti di parole sussurrarono contro di lui; ma soffocate le deboli loro voci dall'evviva universali, essi rientrarono nel buio, e il nome dell'autore più chiaro divenne. Fra gli altri insigni filosofi della Italia, Pietro Verri gli scrisse questa lettera:

«Al primo aprire del libro io avea dubitato che l'impegno fosse così vasto che difficilmente l’autore reggerebbe nell’immensa carriera. Ma alla pagina 59 del primo tomo ho ascoltato la voce di Ercole, che ha rimbombato sul mio cuore, ed ogni dubbio è svanito. A. misura poi che mi sono avidamente inoltrato nell’interessantissima lettura, sempre più ho sentito che grandeggiavano le idee, e le primordiali verità luminosamente posavano appoggiate a fatti di una vasta erudizione. Vorrei poterle esprimere la venerazione che hanno fatto nascere in me i sublimi suoi lumi, e più ancora l’uso nobile e generoso ch(?)ella ne fa in beneficio della società umana.»

Il governo napoletano colpito dalle luminose verità che in questi due libri si racchiudevano, ne permise la pubblicazione, e così placò le ombre irritate del Giannone e del Genovesi. Nello stesso tempo il re gli conferì la commenda dell'Ordine Costantiniano, e poscia donogli il priorato di S. Antonio di Sarno. Ei dunque fatto cuore a proseguire l’incominciato lavoro, si allestì a comporre il terzo libro su la ragion criminale. E come che stretto fosse a seguire il re pel servigio di maggiordomo, pure nelle ore di ozio si dava in balìa delle consuete sue meditazioni. Alle volte nel corpo di guardia ponevasi a scrivere frettolosamente ciò che' prima meditato avea sul suo soggetto: e spesso le carte che vergava, divenivan lerce o si laceravano per qualche sinistro. In tal guisa composte furono le principali dottrine su la legislazione criminale, le. quali sembravano dii essere state dettate in mezzo al più profondo; silenzio.

Nell'anno 1783 gli venne fatto di pubblicare il terzo e il quarto quanto volume Della scienza della legislazione, i quali comprendono il libro terzo di essa. Questo è diviso in due parti, nella prima delle quali l'autore si prepone di trovare un metodo di procedura criminale che lo spavento del malvagio accoppò colla sicurezza dell'innocente: nell'altra dà la norma, onde proporzionar le pene a' delitti. Come usciti furono a luce questi due volumi, i filosofi vie più lo ammirarono; ma i baroni riempironsi di odio contro di lui, perché proposto avea la distrazione de' maggiorati e fedecommessi. In oltre sin dall'anno 1782 un tal Giuseppe Grippa, pubblico professore di matematiche, nelle regie scuole di Salerno, data aveva alle stampe una lettera diretta al cavalier Filangieri, nella quale sforzavasi dimostrare che l'abolizione dei maggiorati perniciosa la era a un monarchico reggimento. A questa lettera sfornita di filosofia e di senno fu risposto dal signor Giuseppe Costanzo, il quale aggiognendo a' principii di Filangieri molte sue dotte riflessioni, provò quanto il Grippa ne andasse errato. Nondimeno questi riprodusse nel 1784 la sua lettera, inserendola nel primo volume di una sua opera che avea titolo: Scienza della legislazione sindacata o vero riflessioni critiche su là scienza della legislazione del sig. D. Gaetano Filangieri. Il Grippa non diede alla stampa che il solo primo volume di quest'opera, nel quale unì la lettera al primo e al secondo foglio delle critiche riflessioni. In esso si pose biasimare le idee di Filangieri su la giurisdizione feudale, e sul disegno della nuova divisione delle giudiziarie funzioni negli affari criminali. Filangieri spregiando un uomo per sé stesso spregevole non si turbò affatto e lungi dal rivaleggiarci: col meschino apologista della tirannide, usò nobile silenzio. Egli sapeva che la invidiatiene dietro alla virtù, come l’ombra al sole: ed era assai contento che in più città della Francia, della Inghilterra, dell’Alemagna si erano già cominciate varie traduzioni dell’opera sua. Solo gli increbbe che il suo riposo turbato veniva dalla Romana Corte, da quella Corte che al cielo e al mondo in ira, proteggea negli andati tempi le arti adulatrici, e la severa filosofia opprimeva. La congregazione dell’Indice non ponendo mente a’ principii della più consumata morale che in quest’opera veggonsi stabiliti, offesa rimase della idea dell’autore di doversi abolire i beni degli ecclesiastici. Per questo motivo fu proscritta La scienza della legislazione con decreto de' 6 decembre 1784 non ostante che gli uomini di somma intelligenza ne fremessero di sdegno.

Cotal dannazione fomentata venne da certi nomicciattoli quanto ignari di scienza, al tre tanto ne(’) visi ingolfati ed esperti in tutte arti d’impostura; quanto incapaci di ammirare il genio, altrettanto inchinati a proverbiarlo. Questi impudenti cerretani dopo di avere indarno seminato voci che Filangieri si fosse un compilatore, un cagnotto di principe, un uom più atto a cigner spada che a maneggiar penna, orpellarono la pallidezza del loro animo coi colori della religione. Abominevoli furon le trame che ordì sì fatta ciurmaglia per rovesciar dall'alto della sua grandezza l’uom virtuoso. Ma ei conscio della propria superiorità, amaramente ghignò della miseranda loro ribalderia. Persuaso che la gloria sua era riposta in un luogo sacro, donde la mano dell'empietà non potea sottrarla, si munì di stoicismo. Non potè a meno però a non isdegnarsi, quando si avvide di esser capo della vii congrega un ecclesiastico ricolmo pria da lui di presenti: ma avendone trionfato, seppe vendicarsi col perdonargli.

Mentre gl'ignavi gli davan contro, la dotta società delle scienza economiche di Berna esaminò l'opera di lui, e ne pronunziò questo giudizio: L'opera della Scienza della Legislazione in vista dell’esame fattone dal sig. professore Tscharner, è d'allogarsi nella classe delle primarie produzioni moderne.

Quanto alla nostra opinione sul mento di questo autore, sembra che gli sforzi di lui sieno stati più grandiosi di quei di Montesquieu, perocché questi rendé ragione del fatto, il che certamente è difficile; e quegli all’opposto propose ciò che si ha da fare, la qual cosa suppone mirabil fertilità d’idee, vasta estension di concepimenti, profonda conoscenza degli uomini e della società umana. Vero è che Machiavelli area prima insegnato i modi onde gli Stati si debban reggere, ma ei si attenne alla pratica; dove Filangieri appigliandosi alla teorica, trattò da metafisico le civili materie. Alcuni poi che credono di vedere tutto ne’ Greci, come Mallebranchio tutto in Dio, lo incolpano di plagiato. Ma tranne due o tre da' moderni filosofi, tutti gli altri hanno impastato le loro idee con quelle de' Greci: e questi non adottarono nelle opere loro i sistemi degl’indiani, de' Caldei, degli Egizi? Un Gerofante diceva che i Greci non avevano nec antiquitatem scientiae, nec scientiam antiquitatis. Tutto è vecchio sotto il sole, si dice, e con ragione; ma dal vecchio trarre nuove illazioni è il lavoro del genio.

Avendo egli tolta per moglie la signora Carolina Frendel nobile Ungherese, divise il tempo fra la meditazione e ’l consorzio di qua donna, amabile non menò per l’incantesimo de' suoi lineamenti. che per le doti dell’animo. E perché assaporar potesse senza verun ostacolo gli addolcimenti della vita privata; domandò ed ottenne dal re commiato dalla Corte. Indi si ridusse in una campagna della città della Cava, distante di Napoli intonso venti miglia: e quivi studiando profondamente, attese alla contemplatone del vero mentre la immagine del bello gliela presentava la moglie; metà dell’anima di lui. Allora fu che sentitosi padrone di sé medesimo, conobbe quanto la oscurità della solitudine sia preferibile allo splendore della Cortes, la quale quanto nuda e macra di valore, tanto ritiene del suo primo esser vile. Di maschi pensieri corroborata in mezzo alla solitudine, comprese ad. evidenza che la vera nobiltà nella mente, non già ne’ diplomi e nelle pergamene risegga. Si accorse allora che l’intelletto. non può elevarsi, sino al sublime nelle grandi città, ove la natura anzi che comparir nella sua maestosa grandezza, si vede meschina a ' traverso le forme aggentilite dal lusso, dalla corruttela svisate. Agevol cosa dunque gli riuscì di condurre a termine il quarto libro dell opera sua, che fu poscia pubblicato nell’anno 1785. In esso l’autore ragionò sulla educazione, su’ costumi e su la pubblica istruzione, oggetti sì importanti che ciascuno di essi è un forte ostacolo al. dispotismo. E veramente Sparta per mezzo della educazione stette ottocento anni, e fece prodigi (2): il popolo Ateniese non ostante che frivolo si fosse e leggiero e molte, pure liberi sensi covava, perché era istrutto: i Romani a malgrado de' loro difettosi civili ordini, gustarono per più secoli i frutti della libertà per la illibatezza de' costumi. E perché il moderno dispotismo non è così violento e così feroce come l’Asiatico? perché essendo la Europa molto più colta dell'Asia i despoti di quella parte del mondo non possono, dar ad intendere eh’essi sieuo figliuoli del sole o della luna, e che nascano senza morire. La estrema ignoranza dunque in cui sono sepolti gli Asia tici, ha santificato l’infernale dogma. che uomini sieno mandre di bestiami desti nati a servire a(9) padroni loro. Per lo che un popolo quanto più è illuminato, tanto meno temer deve di esser conquistato dal dispotismo, C di esser ridotto alla condizione de' bruti. Ma qui giova considerare che come la coltura oppone un argine al dispotismo interno, così la forza delle armi la indipendenza di un popolo assicura. Onde avviene che mancando le conoscenze, massime presso una nazion corrotta, insorge la tirannide j e mancando la forza, sopra viene la conquista. Atene letterato ricevè la legge da Sparta virtuosa in armi, ed entrambi poscia da' Macedoni i quali erano meglio armali di esse.

Pubblicato il quarto libro della sua opera, intese a comporre il quinto su le materie attinenti alla religione. Mentre però a cotal lavoro era dedito, il re conferir gli volle la carica di consigliere del supremo Consiglio di finanze; ed ei accettolla meno per ambizione che per desiderio di essere utile alla nazione. Nel suo ministero accrebbe con tutto studio fa forza pubblica senza recare il menomo danno a' particolari, e disotterrò gli ascosti tesori delle annue entrate, i quali seppe maestrevole mente dirigere e distribuire. Gravandogli oltre modo l’osservare che negli Stati monarchici i contadini e gli artefici abbian solo le arterie, mentre i nobili assorbiscono il sangue civile nelle vene, speculò i mezzi di estenderne la circolazione per tutto il corpo sociale. E poiché la floridezza di un reame più dalla condizione delle provincie che da quella della capitale si misura, egli spinse i suoi benefici sguardi sino alle parti estreme di esso. Sicché all’elevatezza delle, cognizioni economiche unendo la cocente passione dell'amor patrio, ridirizzò l'amministrazione delle provincie, lo stato dell'agricoltura, delle manifatture e del commercio; assettò gli affari di quei tribunali cui è commessa la giurisdizione di tutto ciò che al pubblico patrimonio. riguarda, e pose in equilibrio la bilancia delle permute che i Napoletani facevan cogli stranieri.

In breve tempo dunque diede a divedere ch'ei sì nell'acquisto come nel disimpegno della carica; non somigliava mica quei vili patrizi di cui parla, Mario appo Sallustio: Scio ego, Quiritesi, plerosque non iisdem ártibus imperium a vobis petere, et postquam adepti sunt, gerere: Primo industrios, supplices, modicos esse, dein per ignáviam et superbiam aetatem agere (3).

Intanto le notturne e diurne sue meditazioni sulle materie filosofiche, e su' civili affari lentamente lo conducevano al sepolcro. Le forze della vita concentrate tutte nel cervello per la: tensione de' nervi, e per l'affluenza degli spiriti animali, in quella parte, gli avevano già da gran tempo prodotta una gran debolezza nello stomaco: e però sconcertata l'economia della vita che dall'equilibrio delle forze dipende, fa affetto da fiera ipocondria, e da veementi dolori nella regione epigastrica. Nondimeno trascurò di guarirsi, e intese allo studio con maggior fervore; il che gli cagionò penosissime coliche. A ciò arroge che un sinistro parto della moglie e una grave malattia di un suo figliuol primogenito accrebbero le sue doglie che gli furono fatali; perocché stretto da una violenta effusione iliaca, e a un tempo da una febbre putrida morì in Vico Equense pria di compiere l'anno trigesimosesto della età sua. La moglie per là perdita dell’oggetto delle sue tenerezze vestì non meno il corpo che l'anima sua di gramaglie; la patria fu inconsolabile per vedersi vedovata di colui che ne facea le delizie; la Italia se ne contristò eziandio; ma più di tutti lagrimaron quei che avendo le medesime sue intenzioni, mancavano di talenti e di coraggio per adempierle. E qual alto uomo non avrebbe pianto e non piangerebbe alla immatura morte di un filosofo che tutto che nato nobile e cittadino, e che favorito da un re, declama energicamente contro gli errori e le follie di lui? Di fatto egli nella Scienza della legislazione e negli altri scritti non prostituì mai i suoi pensieri, perché lungi dal lasciarsi abbagliare da' prestigii della grandezza apparente, non divenne mai servo della Corte. Pieno l’anima di maschi liberi sensi, aveva abominio e quei che mercanteggiano l’ingegno per una carica, e quei che lo inviliscono per non volersi esporre a' pericoli. Facendo da tribuno del popolo, nel trattar le teoriche dalla felicità sociale, la immaginazione gli presentava la carcere e la scure; ma egli antepor sapea la carcerò e la scure alla gloria. Perocché avvisavasi che coloro i quali agognano alla stima delle future generazioni, noni debbano sperare né temere da' loro contemporanei. Tanto il cuor suo era diverso da quello di(:) un Velleio Paterculo, basso panegirista del dispotismo... E quanti Velici Paterculi a tempi nostri, in Europei.

Ma la morte di Filangieri recò sopratutto grave danno alla filosofia, poiché egli meditava un nuovo sistema di storia, in cui si era proposto desumere dalle storie particolari di tutte le nazioni la generale e costante storia dell'uomo. Oltre a ciò conceputa aveva l'ardita idea di restrignere le scienze tutte a pochi generali principii da' quali tutte le verità derivar potessero. Questa mirabile opera aveva titolo: NUOVA SCIENZA DELLE SCIENZE, titolo che annunzia un intelletto del tutto diverso da quello degli uomini volgari, i quali veggon poco e credono di veder molto.

Se questo grand'uomo avene continuato a vivere, quali servigi renduti avrebbe alla patria nella passata catastrofe? Forse le teste di tanti virtuosi non ri sarebbero vedute pencolare da' patiboli a cagion della perfidia inglese; forse noi non assaporeremmo ora tatto le amarene dell'esilio sono (oso dirlo) la più energica, delle nazioni facendo vedere di quali sforzi sia capace sotto la scorta del genio, avrebbe dato uno stupendo spettacolo all'universo. Ma a che questi pensieri, se altrimenti aveva disposto il Fato, quell'inesorabil Fato, il quale non meno agli uomini, che agli Dei soprasta!

NOTE

(1)Per gli allegati motivi Scipione sdegnò di apporre il suo gran nome alle commedie di Terenzio, le quali egli lavorate aveva in una colsuo amico Lelio.

(2)Un accorto legislatore considerando gli uomini quali sono, può convertire per messe della educazione anche i loro vizi in virtù. Egli per esempio cangerà la vanitàin amor di gloria, concedendo prerogative al merito; l’avarizia inindustria, istituendo le arti e ’lcommercio la invidia in emulazione, assegnando premi alle azioni utili alla università de' cittadini; l'orgoglio in altezza d’animo, punendo i vili. Che non si può fare della pasta umana, quando si sappia maneggiarla? Licurgo, Epaminonda, Pietro il Grande ne diedero la norma.

(3)Bell Jugur.



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Vita ed opere di Gaetano Filangieri [Life and works of Gaetano Filangieri]

Elenco dei testi pubblicati sul nostro sito

1772 - NOTIZIE DE' LETTERATI - Della Morale de' Legislatori di Gaetano Filangieri HTML ODT PDF
1782 - Giuseppe Grippa - LETTERA al Cavaliere Gaetano Filangieri HTML ODT PDF
1784 - Giuseppe Grippa - Scienza della Legislazione sindacata HTML ODT PDF
1785 - Dissertazione politica di Giuseppe Costanzo in risposta a Grippa HTML ODT PDF
1787 - GIUSTINIANI - Memorie Istoriche degli Scrittori Legali del Regno di Napoli HTML ODT PDF
1798 - Le Spectateur du Nord: Don Gaetano Filangieri HTML ODT PDF
1804 - Scrittori classici italiani di economia politica - Gaetano Filangieri HTML ODT PDF
1813 - Biografia degli Uomini Illustri del Regno: Filangieri (Martuscelli) HTML ODT PDF
1817 - La Scienza della Legislazione del Cavaliere Gaetano Filangieri (GINGUENE’) HTML ODT PDF
1819 - BIANCHETTI - Memorie scientifiche e letterarie - FILANGIERI HTML ODT PDF
1822 - Oeuvres de FILANGIERI - ELOGE de FILANGIERI (Salfi) HTML ODT PDF
1826 - Sopra l'opera del Cavalier Gaetano Filangieri di Pietro Sghedoni HTML ODT PDF
1828 - Comento sulla Scienza della Legislazione scritto da Beniamino Constant HTML ODT PDF
1834 - Biografia degli Italiani Illustri nelle scienze, lettere ed arti HTML ODT PDF
1836 - LOMONACO - Vite degli eccellenti Italiani - FILANGIERI HTML ODT PDF
1840 - Notizie di alcuni cavalieri del sacro ordine gerosolimitano (Marchese di Villarosa) HTML ODT PDF
1844 - Vite e ritratti di illustri italiani (Filangieri di E. Carnevali) HTML ODT PDF
1852 - FILANGIERI - Delle leggi politiche ed economiche (FRANCESCO FERRARA) HTML ODT PDF
1857 - Della letteratura italiana nella seconda metà del secolo XVIII: Filangieri HTML ODT PDF
1863 - Discorso genealogico della famiglia Filangieri (ERASMO RICCA) HTML ODT PDF
1864 - Intorno ai tempi ed agli studi di Gaetano Filangieri (PASQUALE VILLARI) HTML ODT PDF
1873 - Gaetano Filangieri o l’idea dello stato nella filosofia italiana del secolo XVIII HTML ODT PDF
1774 - GAETANO FILANGIERI - Riflessioni politiche su l'ultima legge del sovrano HTML ODT PDF
1820 - GAETANO FILANGIERI - 01 - La Scienza della Legislazione HTML ODT PDF
1822 - GAETANO FILANGIERI - 02 - La Scienza della Legislazione HTML ODT PDF
1872 - GAETANO FILANGIERI - 03 - La Scienza della Legislazione HTML ODT PDF
1876 - GAETANO FILANGIERI - 04 - La Scienza della Legislazione HTML ODT PDF





















Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - lho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura!

Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin)










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