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L'ARENA DEL MARE

O la Concessione dei signori Long, Curti e Comp.

(Estratto dai giornali: L'OMNIBUS e la INDUSTRIA ITALIANA di Napoli)

1 gennaio 1862

di Vincenzo TORELLI

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Eleaml.org - Dicembre 2016

Se oggi, 0 lettori, vi si dimandasse: a chi appartiene l’aria, l'acqua del mare, la neve che fiocca o la pioggia che cade dal cielo! voi sorridendo, o non rispondereste alla strana dimanda, o con ghigno derisorio rispondereste: a tutti!

Tre anni indietro il signor Long propose al ministro Cavour: Di ottenere la concessione delle arene del mare. Il ministro non sorrise, perché il suo genio comprensivo gli fece tosto intravedere che potesse essere vendibile ciò che si donava a tutti. e ricordò al petizionante che qualche inglese aveva avanzata la medesima dimanda, e però voleva conoscere l'uso che ne volesse fare.

Allora il petizionante espose che per mezzo di studii ed esperimenti chimici era giunto ad ottenere un fatto meraviglioso, cioè che da talune arene di spiagge marittime ricavava il miglior ferro, la ghisa migliore, acciaio sublime, di cui non l’uguale in tutto il mondo. Che gli Inglesi volevan fare la medesima cosa, ma il petizionante era di opinione che non avrebbero ottenuto col loro metodo la medesima perfezione; e più, che gli Inglesi avrebbero fatto per l’Inghilterra e non per l'Italia, spogliando questa, al solito, delle materie prime, e rimettendogliele poscia manufatturate a carissimo prezzo, mentre invece egli il petizionante stesso, avrebbe fatto ciò in Italia, per l’Italia, creando una nuova industria italiana, procacciando pane e lavoro a migliaia di operai italiani...

L’italianissimo Ministro, a tutti questi promessi benefizii per l’Italia, aprì tanto d’occhi, si fregò un pochino le mani, come di solito, e disse al petizionante: E, non altro, o signore?

Io mi obbligo, quello rispose, oltre di pagare un dazio per cosa negletta, e che nessuno calcola in oggi, stabilire in Italia due officine, con cui fornire all’Armata italiana di terra e di mare ferro ed acciaio purissimi, a miti prezzi, e poi trasmetterne all’estero, ché le arene del mare sono ben tante da provvedere metallo per tutti, senza impedire (e in ciò sta il meglio) che altri, per usi diversi, prendesse le arene del mare, come han fatto pel passato.

Che volete voi che avesse risposto l’acuto ministro a queste promesse, allora in parola, oggi tradotte in fatti, perché, dopo studii e spese enormi di tre anni, le officine sono messe, il ferro, la ghisa e l’acciaio si ottengono perfettissimi, e tutta Italia. se ne provvede, grossi carichi si commettono dall’estero, e meglio di 5 mila operai vivono in quei vasti Opificii?

Il Conte di Cavour non sapeva certo il futuro, ma il Conte di Cavour era tal uomo da comprendere in un attimo, perché non nuovo nelle scienze applicate, che la proposta era la vera piccola scintilla da produrre un grande incendio, e che non si dovesse più dire col Sannazzaro:

Nell'onde solca e nell'arene semina

E ’l vago vento spera in rete accogliere,

Chi sue speranze fonda in cor di femina;

ché sulle arene non solo si fabbrica, ma di esse si fa acciaio, di esse si fan corazza per navi, e si ergono muri e spaldi di castello, contro cui cozza invano l’inimico.

Ebbene, quel che un ingegno superiore intravide a priori, cioè al solo annunzio, non sanno oggi i trascendentali intravedere a posteriori, cioè quando la cosa è fatta, il risultato ottenuto, la promessa compiutamente attesa!

E che dicono essi? Nientemeno che fu un tradimento nazionale darsi privativa, oggi in tempi liberi, e privativa sulle libere arene del mare, e tanta privativa per sette mila lire all’anno di miserrima prestazione!

Pacatamente parlando, noi non ci maravigliamo del rimprovero. I più degli uomini vedono quello che si è conceduto calcolandolo dall’effetto e non dalla causa, ossia vedono le vaste spiagge spogliate, e non vedono i moltissimi uomini e cose vestiti e forniti di utilissimi trovati; vedono la inutilità morta, e non la grande utilità viva; vedono in fine la materia, ché tali essi sono, e non la scoperta del genio che produce tesori dalla materia inerte.

Noi però non volendoli assomigliare, non tratteremo si grave materia senza ragionamento e discussione, e però placidamente esporremo le supposte colpe, e le buone ragioni che assistono il concessionario.

Per primo si dice: che si è contestato il diritto pubblico.

In secondo, che con la privativa si è danneggiata l'industria nazionale.

In terzo, che il trovato non è nuovo ed altri industriali avevano ottenuto il medesimo prodotto.

In quarto, in fine, che il fatto compiuto non è da rispettarsi dopo tre anni, perché non approvato dal Parlamento.

Sul primo, cioè sul diritto, se non sorgono nuove legislazioni in Italia ed in Europa, come dicevamo, l’aria, l’acqua del mare, la pioggia, e sino ad un certo termine anche le arene del mare sono di diritto universale, e dove questo manca, specialmente per le spiagge del mare, il Governo subentra, ossia subentra il Demanio pubblico.

Ma per la concessione in parola essa non fu estorta nel segreto o con avvolgimenti ignoti. Il governo ne consultava il Consiglio di Stato, il quale alla sua volta consultò il Demanio, e questi corpi costituiti decisero entrambi favorevolmente per la concessione in parola. Nè questi due corpi, specialmente il Demanio, si potevano ingannare, perché avrebbero dato a divedere di non conoscere neppure le proprietà nazionali.

E, se si crede che le arene del mare sono, generalmente parlando, di diritto pubblico, non si può dire lo stesso delle spiagge del mare che appartengono indubitatamente al Demanio pubblico. Nè ciò per sola presunzione, ma per articoli ben chiari del Codice Civile dello Stato. Di fatti, finché s’involano sacchi, o carri di arena, forse nessuno vi fa opposizione, ma tentate di erigere sulla spiaggia del mare una casa, una capanna e sino dei bagni pubblici, e vedrete se il Demanio non difende la sua proprietà.

Nè è tutto. Se le spiagge fossero, come taluni pretesero, di diritto pubblico, non sappiamo perché il Regno d’Italia tiene con gravi spese gli ufficii consolari per sorvegliarne le coste ed impedire le contravvenzioni sulla sua proprietà.

Nè si avveggono del fatto coloro che sostengono essere la spiaggia di diritto pubblico, che se tale, non appartenendo né al Governo, né al Demanio, molto meno può appartenere al Parlamento, come a lui non appartiene né l’aria, né la pioggia che cade dal cielo. Ma ricordiamo che si esercitò un atto di assoluta proprietà quando nelle spiagge e coste marittime si concedeva stabilire con date condizioni l’industria della pescicoltura. Con questo atto, e Parlamento e Governo, approvando la concessione, confermavano il loro diritto di proprietà.

Ed oggi, stesso il Governo ha voluto conoscere se il Concessionario aveva adèmpito ai suoi obblighi, e messe le Due Officine, e se fosse ciò cosa seria, od illusoria; e rapporti di ingegneri competenti han risposto che in tutto s'era mantenuta la promessa, che le officine già operavano, che i prodigi si vedevan sotto gli occhi, cioè di tramutarsi in un attimo negletta arena in prodotti chimici, ferro, aociajo, ec.; e la industria era si seria da doverne fra poco venire grandissima gloria all’Italia! Questo non basta forse per dare almeno pace al bersagliato concessionario?

Ciò posto, non resta che a discutere, eroe se il Governo avesse il diritto di dare una tale concessione senza l'intervento del Parlamento. Potremmo citare la legge demaniale che facnlta il Demanio ad affittare le sue proprietà sino alla durata di quindici anni, senza esservi bisogno dell’approvazione del Parlamento. Anzi il diritto del Demanio potendosi estendere sin dentro al mare, ogni lido non può non esservi compreso.

Se ciò è vero, com'è indubitato, e se per le più piccole concessioni, ché così questa figurava tre anni or sono, si dovesse consultare il Parlamento, ed averne l’approvazione, la Camera legislativa non farebbe più leggi, ma solo contratti ed affittanze. Invece tutti sanno, e sarebbe insulto asserire il contrario, che il Potere legislativo fa le leggi, e l’esecutivo le applica e le esegue.

Dunque sembra che il Governo avesse il diritto di dare questa concessione in quell’epoca, senza consultare il Parlamento; ma la differenza sta nell’evento, cioè che la cosa allora come minima ed insignificante non si calcolò punto, ed oggi ingrandita mercé spese e sudori privati si crede che non si avesse potuto fare senza l’approvazione del Governo, del Parlamento, e di qualche cosa in fuori.

In altri termini, sarebbe voler profittare di una cosa riuscita, quando nel suo inizio nessuno la calcolava.

Sul secondo, cioè che le privativa nuocciono all'industria nazionale, la massima sta bene nei generali e per le industrie note ed introdotte, ma noti per le nuove, o migliorate per nuovi trovati, perché allora nessuno farebbe più la minima scoperta od invenzione se dal primo giorno dovesse spogliarsene, e donarla al primo che capita. S’è vero che Francia, Inghilterra, Belgio sono nazioni industriali e libere, ognun sa che sino l’inventore di una minima macchinetta ed applicazione 0 trovato scientifico, ottiene un brevetto d’invenzione, cioè un privilegio. Le arene del mare sono su tutte le spiagge della terra ed in qualche sito perfettamente deserto e senza alcun proprietario: ebbene, chi à mai pensato di ricavarne ghisa, ferro ed acciajo, solfato di ferro, e tutto ciò perfettissimo, arricchendo cento industrie di materie utili, anzi indispensabili? Ed innanzi a quale Tribunale si potrebbe portare la quistione, cioè che dopo aver fatto una grande scoperta, si abbia a ricavare l'amaro frutto non solo di vedersene spogliato, ma di riceverne una pena? Il caso è propriamente questo in parola. Da tempo immemorabile stanno le arene del mare gittate sulle spiagge; di esse non si ricavava frutto alcuno, o qualcuno miserabile ed inetto, come per barra, strato o semplice fondente. Oggi se ne ricavano materie preziose. E ciò un nocumento? E ciò una colpa? Merita ciò pena od incoraggiamento? Nuoce o giova all’industria patria anche con la privativa o concessione accordata?

Dei quindici anni sono passati già tre, ed i più spesosi, i più difficili per mille studii ed opposizioni durate.

Per gli altri dodici anni non è proibito a tutti gli altri industrianti di prevalersi delle arene del mare per quegli usi già in corso. Nel contratto di concessione è detto: Di raccogliere ed estrarre una certa qualità di arene necessaria per una speciale industria.

E nell'art. 3 è detto ben chiaramente: «Non si farà. ostacolo dal Concessionario che abbia luogo l’estrazione di simile sabbia per parte di qualunque altro per gli usi ordinarii purché risulti destinata ad impiego e scopo diverso da quello cui si riferisce la presente concessione.

E difatti le vetriere e le fabbriche stesse di ferro se ne servono tuttavia senza opposizione, o dove vi à dubbio il concessionario dà subito il permesso quando non si tratta di ledere il suo diritto, cioè di ricavare da esse ferro, ghisa ed acciajo.

Intanto l’Italia à una stupenda industria nel suo seno, con prodotti perfettissimi, emancipandosi dall’estero, anzi lo straniero manda già in Italia per provvedersi di ferro, acciaio, e materie coloranti che si stimano uniche contro la ruggine e lo sviluppo degli insetti, versando nel nostro sono i suoi tesori! Gli altri industriali tutti in questo frattempo non lungo, in cui dura la concessione, possono pensare a migliorare e propagare la loro industria, riconoscenti ai concessionarii di avere loro aperta una via sconosciuta, di avere loro dato un nuovo prodotto, di avere loro procacciato una ricchezza inestimabile.

Si chiama ciò aver nociuto all’industria italiana?

Ma per un momento mostriamoci ingrati ai concessionarii; per un momento scancelliamo la concessione, sconoscendo diritto, studii, invenzioni, spese, fondazione ed altro per due vaste officine, e diciamo con la leggerezza dei fanciulli o della piazza: le arene del mare sono di chi le vuole, e se ne faccia ciò che piace.

Ebbene, cento, mille speculatori nostrali e stranieri vuoteranno le nostre spiagge adatte a tale uso; sorgeranno a migliaia tra grandi e piccole le officine; chi farà meglio, chi farà peggio; la libera concorrenza sarà esaudita; ma che ne avremo noi alla fine dei conti?

Un’azione disonesta verso gl'inventori od introduttori di questo nuovo trovato. Un'azione umiliante pel Governo italiane che concedeva con Decreto Reale ciò che non poteva. Una espoliazione dei diritti acquisiti dai concessionarii, e di circa due milioni di spese durate in tale opera!

Ma no, il Governo italiano, dopo il suo discredito, dovrebbe indennizzare il concessionario contraente in buona fede di ogni danno, spesa ed interesse... Ed allora?

Allora il concessionario starebbe ancora avanti a tutti nella nuova industria. Esso con altri mille prenderebbe le arene del mare;ma esso tiene avanti a se tre anni di studii, di esperienze, di applicazione, di trovato riuscito, di vaste officine in atto, e gli altri arrampicandosi debbono contrastare a lui il passo. Egli darebbe per dieci ciò che altri non può dare per quindici ed ecco conflitti e fallenze senza fine.

Sarebbe forse questa la migliore industria degl’Italiani?

In terzo luogo, si dice: Il trovato non è nuovo, ed altri industriali avevano ottenuto venti anni indietro il medesimo prodotto.

Se questo è vero farebbe d'uopo infliggere una pena, anziché un suffragio a chi se ne vanta, e ne diremo il perché.

Se vi fu gente che venti anni indietro trovò modo di ricavare dalle arene del mare ferro acciaroso, perché il trovate restò morto ed inefficace? Forse venti anni fa non vi era bisogno in Italia ed in Europa di ferro ed acciaio? Forse che non vi erano capitali o Governi da promuovere una grande scoperta? Vuol dire che la scoperta fu trovata, ma mancò l’applicazione; che fu veduto che le arene del mare potevano produrre un tanto benefizio, ma all’atto pratico mancò la scienza o la forza. Così da secoli sappiamo che l’areostato può stare in aria; conosciamo ancora il mezzo per renderlo più leggiero dell'aria stessa; ma ne abbiamo noi trovata la direzione? E chi la trovasse, si direbbe non avere nulla inventato sol perché gli areostati da gran tempo stanno in aria?

Pur troppo da gran tempo si è venuto in cognizione che le arene del mare possono produrre materie metallurgiche, come le ceneri del Vesuvio producono oro finissimo; ma fino a tre anni fa non si ottennero ferro ed acciaio perfetti, come fino oggi non si è ottenuto l’oro dalle ceneri del Vesuvio che da migliaia di secoli a questa parte restano sparse su tutte le terre vicine.

Buon Dio, ognun sa che tanto vale il primo tentativo, quanto la felice riuscita di un trovato:

Le arene son ma chi pon’ mano ad elle?

Dunque i signori Long e Curti, se non inventarono, applicarono, ed applicando, ottennero ferro ed acciaio, che altri non volle, o non seppe ottenere. Essi diedero all’Italia non un'industria nuova, ma una nuova ricchezza, ricavata da materie vecchie e non stimate. Dunque essi sono benemeriti dell’Italia; e ben fece il Governo ad accordar loro la Concessione in parola.

Finalmente la più derisoria delle opposizioni è la quarta, cioè quella che dice non doversi rispettare il fatto compiuto da tre anni, perché non approvato dal Parlamento.

La massima dei fatti compiuti fu applicata ed accettata per ben altri avvenimenti ove non essendo alcun contratto, né alcuna concessione, né alcun decreto, si dice fatto compiuto sol perché avvenne e sta in atto. Questo della nostra concessione altro che avvenne e sta in atto! Dopo i consigli già presi dal Governo fesso sin dal 12 luglio 1861 accordava al conto Franchi il Decreto di concessione, di che è parola. Presto i tre anni da quella data saranno compiti, e che cosa fece il concessionario da quell'epoca sin oggi? Gli fu imposto nel contratto l’erezione di due grandi stabilimenti,  di estratti chimici e fonderia che stanno felicemente in piedi in Castellamare, oltre una fabbrica di prodotti chimici messa dirimpetto i Granili del Ponte della Maddalena. Permettere su’ questi Stabilimenti è vano dire le cure, le spese, i sagrifizii. Certo è che non si vide mai un risultato più felice, perché già provvede ai bisogni d’Italia, ed è in caso di cacciare ottimo ferro ed acciaio all’estero a grande onore delle fabbriche italiane.

Ma che forse tutto ciò restò ignorato? Oibò: questa contestata concessione fu ripetutamente pubblicata sul Giornale ufficiale dello Stato, e semiufficiali, e nel Bullettino delle leggi; da tre anni opera alla luce del sole, e provvede ferro ed acciaio; da tre anni, da quattro a cinquemila operai ne parlano a tutto il mondo; da tre anni si spendono tesori in questa intrapresa, in essa si occupano i più conosciuti sapienti nella scienza metallurgica e chimica di Europa; ebbene in tre anni, e Deputati, e Giornalisti, ed industriali, non si sono accorti di un tal fatto, o se ne accorgono soltanto quando se ne vuol proporre l’abolizione!

E l'abolizione: sarebbe veramente utile ed invidiabile! L’Italia assai misera nella produzione metallurgica era costretta dipendere dallo straniero, ma la fonderia di Castellamare, composta di tre fornaci l’una a riverbero, che produce 40 tonnellate di ghisa, di acciaio alla settimana; l’altra pel ferro malleabile capace a produrre 60 tonnellate alla settimana; la terza in fine atta a dare 200 tonnellate di acciaio alla settimana sono per gl'intelligenti un tal portento che a Parigi e Londra avrebbe ottenuto un colossale incoraggiamento. Invece al concessionario fu imposta una prestazione di settemila lire all’anno, mite, è vero, ma sempre prestazione per cosa negletta e non curata; fu imposta una cauzione che è pure un peso, e fu imposto in fine di non disturbare gli altri industriali, padroni sempre di prendere quelle arene del mare atte alle loro industrie.

Or bene, fatto ciò come per miracolo, ottenuti prodotti chimici prodigiosi, colori per lo innanzi sconosciuti, ferro ed acciaio non mai visti in Europa, si vorrebbe dire al concessionario: uscite sol perché le arene del mare sono di tutti, e debbono essere come prima prese ed usate da tutti, e perché i privilegi sono contrarii alle libere istituzioni!

Sarebbe gran rovina per l’Italia se le libere istituzioni dovessero portare tanto danno; ma la libertà e la verità sono sinonimi, e noi vedremo da questa discussione scaturire un vero infallibile, cioè riconoscenza e premio verso il concessionaro che operava tanto beneficio. Mosse queste opposizioni, il concessionario fermo nel suo diritto, garantito da un Decreto Reale, sicuro nell’adempimento di tutti i suoi obblighi, non aveva nulla da temere.

Ciò non ostante volle a tutti chiarire il fatto suo, e dimostrare che questo era un benefizio e non una usurpazione.

Cosi fu che il Concessionario titolare sig. Long, rispondendo all’onorevole invito della Camera di Commercio di Napoli, che doveva discutere una petizione avanzata al Parlamento Italiano della Camera di commercio di Avellino contro esso concessionario, questi non solo raccontava i fatti avvenuti, ma dimostrava i gran vantaggi apportati agli stessi suoi nemici per l’applicazione del suo trovato. Egli diceva:

«Signori — Pria di rispondere alla petizione della Camera di commercio di Avellino, presentata il 3 del volgente mese alla Camera dei Deputati al Parlamento Nazionale, mi corre l’obbligo di ringraziare vivamente li Onorevoli membri di questa distinta Camera di Commercio, ed in special maniera il suo Illustrissimo Presidente per la raffinata gentilezza usata al sig. Cesare Long, concessionario delle arene ferruginose del littorale Italico, comunicandomi in copia la petizione della suddetta Camera di Commercio di Avellino e chiedendomi sul riguardo un Memorandum. È questo un tratto di alta intelligenza e d’imparzialità che altamente onora il distinto Corpo commerciale di Napoli, non associandosi ciecamente ad un atto che poco distingue la Camera di Commercio di Avellino, che accogliendo facilmente i lagni di persone spaventate dalle ombre, e poco curando approfondire i fatti da essa stessa enunciati, conchiude contro la concessione, ed in questa occasione sento il dovere di tributare le meritate lodi al Vice-Presidente della suddetta Camera, il quale, astenendosi dal votare. non volle associarsi ad una decisione basata sopra fatti a lui ed alla intera camera sconosciuti.

«Da severi studi, da faticose ricerche con diligenza eseguiti ho il diritto di asseverare che non mai né a Napoli né altrove le arene produssero ferro o ghisa da esse sole, e se il Concessionario sig. Long è riuscito a tanto, lo deve alle più alte intelligenze di Francia, Belgio ed Inghilterra, ove la Scienza metallurgica non teme rivali in tutta Europa; lo deve a tre anni di dispendiosi e costanti studi, che invece della corona del martirio, avrebbero dovuto fruttargli quello della virtù — Si, 0 Signori. e l’ardito e costante Long. che per il primo ha ottenuto il risultato favorevole di produrre il ferro direttamente dalle arene. La Camera di Avellino non potrà citare una sola fabbrica che abbia ottenuto simile risultato, e trascorrendo i tempi del decennio fin oggi, non potrà convalidare la sua leggiera assertiva con un solo fatto — Sul proposito mi pregio assicurare questa onorevole Camera, che essendomi recato tempo fa nella fonderia del sig. Bartolomeo Salvi di Teano, visto un piccolo deposito di arene, lo dimandai se da esse ne fabbricasse metallo, e mi ebbi la risposta:

«Quest’arena non produce ferro, ma rende migliore il metallo che si ritrae dai minerali di Terra: nera dell’isola d'Elba», e permettetemi di 'ripetere il suo plateale detto,... E' come il formaggio sui maccheroni, che non li aumenta, ma li rende buoni.

«Mi piace che dovendo rispondere alla Camera di Avellino, possa convalidare la mia franca assertiva, citandole, che nella Ferriera di Montella, precisamente in Avellino. di pertinenza del sig. Carabello, la fusione si pratica nelle seguenti proporzioni, cioè:

«K. 2565 Minerale di ferro e metallo vecchio.

«540 Arena d’Ischia. — Le proporzioni sono quindi del 20 p. 0|0 circa. Aggiungerò che nella ferriera di Fuscaldo, di proprietà del sig. Vaccaro, la miscela per la fusione si compone:

K. 200 Minerale.

«40 Arena di Pozzuoli.

«Posso assicurare la Camera che su queste eguali basi lavorano tutte le ferrovie delle Province Meridionali.

«La produzione delle succitate ferriere viene rappresentata dalle seguenti cifre:

MONTELLA

K. 2565 Minerale e ferro vecchio. o 540 Arena d’Ischia. Totale K. 3105 produce K. 112 Ferro, equivalente al 33 p. 0|0.

FUSCALDO

K. 240 Minerale ed Arena produce K. 100 Ferro, ossia 43 p. 0|0.

«Guardando adunque la produzione delle ferriere delle Province Meridionali, di leggieri si vede con quali pessimi mezzi si produce nel paese.

«lo nei piccoli lavori fatti ho ottenuto dallo stesso minerale di terra nera 60 p. 0|0 di ferro.

«Dalle sole arene 55 a 60 p. 0|0.

«Impiegando del ferro vecchio il prodotto aumenta in proporzione del ferro che aggiungo, che riproduce quasi la stessa quantità, poiché essendo di già ferro, nella rifusione, esso non deve perdere che insensibilmente.

«Potei scuoprire, che il ferro nazionale viene a costare ai produttori da 380 a 400 franchi alla tonnellata, per venderlo da franchi 450 a 470.

«Mi laccio sul costo della mia produzione, essendo di troppo inferiore alle su enunciate; accennerò soltanto, che il prodotto ottenuto a tutt’ oggi, secondo le loro qualità, fu venduto da franchi 700 a 1500 alla tonnellata. o: Nelle mie scrupolose ricerche mi assicurai che le province Meridionali producono, con 45 fuochi esistenti, da tonnellate 1400 a 1500 all’anno di ferro!!

«Signori, il mio materiale presente classificato dalla Camera di Avellino, per alcuni crivelli. produce annualmente da 15 a 16 tonnellate di acciaio e ferro omogeneo, ed allorché tutto avrà raggiunto il. suo termine, la produzione si moltiplicherà per ben cinque o sei volte.

«Voi, onorevoli Signori, a colpo d’occhio potete rilevare che li 45 fuochi si sono. riuniti per distruggere un solo industriale, che, appoggiato dalla concessione, potè trovar modo di erigere un opificio, che di già produce dieci volte tanto quanto ne producono tutti riuniti insieme.

«Per quel che si riferisce al lagno dei proprietariî di Salve mi permetterete dire, che sia insulso. È un interesse privato che la Camera di Avellino ha confuso con l’interesse pubblico, antepouendolo al vero pubblico bene.

«E chiaro a tutti', che il combustibile forma la ricchezza, la vita della industria; non è egli deplorabile vedere, che li 45 fuochi esistenti si consumavano da 5 a 6 tonnellate di carboni per avere una tonnellata di ferro? Se ciò fosse a conoscenza dei produttori del Nord, avrebbero pietà di tanto sperpero, ed appena ci degnerebbero del loro compianto.

«Cessati i lagni i la Camera di Avellino imprende a difendere il dritto del proprietario della ferriera di Camposalci, e sempre senza cognizione veruna dei fatti, accusa il Long per non avere adempito ai patti e condizioni impostigli dalla concessione Io sorvolo a questo argomento, e se il detto proprietario muoverà legno, potrei rispondergli, che se si è taciuto per lo spazio di 20 anni, abbia la pazienza di tacersi ancora, che se in 20 anni non è riuscito che a trovare protezione dalla Camera di Commercio di Avellino, onesto quale lo stimo, deve compiacersi, ed esserne lieto in vedere che altri in 20 mesi, seppero erigere ed attivare due stabilimenti, come del pari son certo che se il Tenente GoIonnello sig. Novi ponga mente, a che le sue idee furono realizzate da ardite persone, in cuor suo deve godere e mostrarsene soddisfatto.

«In quanto poi alla enunciata cagione di rivoluzione, che vietò il conseguimento della privativa al Signore che ne facea dimanda, mi perdonerà l’onorevole Camera, se la considero come ridicola. Ben vero, dal 45 al 48, aveva tre anni per utilizzarla, mentreché il Governo al sig. Long non concesse che diciotto mesi per i’ erezione di un opificio, e dal 48 al 59 ebbe altri dieci anni di pace, e della più gran prosperità commerciale ed industriale, per realizzare ciò che la Camera di Avellino imprende a difendere, e se abbia fatto soltanto domanda di privativa nel 59 al caduto Governo, non è da comprendersi come abbia domandato lo stesso immediatamente dopo la rivoluzione al Governo attuale?

«Non scorgete in queste parole della Camera d’Avellino una personalità, anziché un danno che ne risulta a quelle Provincie?

«Ammette che sia data in concessione l’arena, ma non al Long, operoso pel bene pubblico, ma preferisce il suo incognito che da 20 anni dorme il sonno del giusto.

«Io mi sono formalizzato in vedere, come giornalisti, e deputati si fossero occupati di questa coucessione, senza che alcuno si fosse data la pena di verificare i fatti, e dedurne quel bene o quel male che ne avrebbe desunto da un conscenzioso, leale e spassionato esame. Un solo Deputato al Parlamento, l’onorevole rappresentante di Sciacca in Sicilia, si è degnato prima di parlare, di presentarsi da me, e senza pressione di passioni, vedere ed osservare il bene ed il male risultante dalla concessione, ed immenso fu il mio stupore nel vedere riprodotte le sue impressioni nel Giornale Il Popolo d’Italia, di che mi faccio un dovere di copiarne la narrazione. Questa per me è la miglior prova che possa dare a questa onorevole Camera che ha tanto a cuore gl’interessi del Commercio di Napoli, che scortati dalla concessione 26 maggio 1862, la Provincia di Napoli fu dotata di due stabilimenti in essa prescritti. Nè qui si fermeranno gli sforzi della intelligenza e buona volontà del concessionario. Gli stabilimenti costano fatiche e spese a crearli, ma io confido che, fra un anno, un terzo e forse un quarto stabilimento saranno attivati.

«Intanto io credo che non dispiacerà alla intelligente Camera di conoscere i prodotti delle nostre officine. La prima produce metallo, ferro ed acciaio, e ciò è ormai noto a tutti. Campioni furono depositati al Ministero. La seconda è per prodotti chimici, che per ora si limitano alla produzione di diversi colori, che trattati chimicamente rendono inossidabile il ferro, e tutti i metalli, come del pari si produce solfato di ferro, vitriolo, ed affinché ne abbiate un’idea, mi permetto inviarvi un assortimento di tali prodotti.

«Ciò v’indica che mentre l'arena fin’ora fu impiegata soltanto come fondente senza altro produrre, noi coi nostri costosi studii ne otteniamo ferro, acciaio e prodotti chimici. Hanno dritto questi sforzi di essere assistiti dalla valevole protezione degli intelligenti ed onesti?

«L’arena consumata in questi momenti dai 45 fuochi che producono il ferro attualmente nelle province meridionali, non oltrepassa le 1200 tonnellate all'anno Signori, se l'arena non mi manca, io oltrepasserò più di 100 volte di ciò che consuma il Commercio attuale.

«Da questo arguisca l’onorevole Camera le braccia, che saranno impiegate, il movimento del Cabotaggio, il lavoro continuato ad ogni sorte di bracciante, il gran lavoro che tanto la fonderia quanto la fabbrica di prodotti chimici daranno all’esistenti fabbriche nazionali di calce, acidi ed altre materie di prima necessità alla mia produzione, gli utili Demaniali e Comunali per dazii sul generi che si rendono necessarii per una tale gigantesca produzione i Voi, onorevoli signori, siete troppo intelligenti perché io abbia ad occupare il vostro tempo per enunciarli.

«Onorevoli Signori,

«Perdonerete se vi ho di troppo occupati, ma volli apprestarvi dei lumi in merito al bene, che io credo di aver portato alla Patria, e possa Iddio accompagnarmi nelle mie dure fatiche, onde vedere l’industria prosperare, ed il mio esempio seguito da molti, per cosi non solamente rendere indipendente la Patria dalle estere produzioni, ma cooperare alla sua prosperità politica e commerciale, l'una essendo all’altra vincolata.

«Se quindi, come io mi lusingo, le mie franche e leali dichiarazioni vi hanno, onorevoli Signori, fatta l’impressione che io mi sono con esse prefissa, quella cioè di dimostrare come il mio arrivo nella vostra città è foriero di bene a tutti, di male a nessuno, vogliate onorarmi del vostro valevole appoggio rinviando la petizione della. Camera di Avellino; e seguendo l’esempio di quella INVIARE NEL PIÙ URGENTE POSSIBILE; le vostre favorevoli conclusioni al PARLAMENTO NAZIONALE ED AL MINISTERO, che fra brevissimi giorni dovranno deliberare sulla detta petizione.

«In ogni modo prima di accomiatarmi da Voi, onorevole Corpo, accogliete colle ripetute mie scuse li miei ringraziamenti per la bontà che avete avuto ad ascoltarmi con tanta compiacenza.

Il Direttore delle Officine del Concessionario delle arene del mare

CESARE LONG.

Vostro Devotissimo Servo

CURTI.»

Questa relazione oltre altri particolari che trasandiamo per brevità, fece tanta impressione sui membri della Camera di Commercio di Napoli, Ch'essa adottò ad unanimità sostenersi come utile e giusta la concessione, e però il 30 di marzo p. p. spediva il suo parere al Parlamento italiano, e disponeva che se ne desse copia a tutti i Deputati, ed a tutte le altre Camere di commercio del Regno d’Italia. Questo trionfo basterebbe già al concessionario, s'egli non volesse sostenere più del suo diritto la utilità pubblica che ne deriva all’Italia, e precipuamente alla classe degl'industriali.

Dopo di ciò è merito dell’opera riferire qui eziandio l’esame e la relazione del Deputato Friscia:

RELAZIONE

FATTA DALL'ONOREVOLE DEPUTATODEL PARLAMENTO NAZIONALE

Dottor SAVERIO FRISCIA

«Sul finire del p. p. mese di dicembre l’on. Deputato Cardente domandò d’interpellare il Ministero intorno ad una concessione fatta dal Ministro Sella al signor Cesare Long da Genova, per la esclusiva estrazione dal mare di quelle arene, che potevano occorrere per un’indicata speculazione.

«La richiesta dell’on. Cardente ha qui messa in campo una quistione, che riferendosi a privati e nazionali interessi e rattaccandosi all’industria e al commercio del paese, ci pare meriti essere seriamente studiata e considerata senza prevenzioni, o grettezza di calcoli individuali.

«I giornali che se ne sono occupati sinora, e il Roma principalmente che è tornato alla carica nel suo numero del 5 corrente, ci paiono assai superficialmente informati dei fatti e della quistione, e giudicano esclusivamente sulle asserzioni dell’on. Deputato, che potrebbe non essere, nella discussione che solleva, nettamente disinteressato.

«Noi non toccheremo la quistione di diritto e legale; non difenderemo il Ministro di cui non ci preme; ma, ridrizzeremo i fatti che ci paiono snaturati mostreremo come la nuova industria del sig. Long possa riuscire d’immenso utile al paese, com’egli non eserciti alcun monopolio, né leda alcun particolare interesse e per rapporto alle condizioni, alle quali obbligavasi in forza della concessione, ei si trova, contrariamente a quello che asserisce il Roma, in pienissima regola.

«Il 26 maggio 1862, il Ministro di Finanze Sella concedeva, per 15 anni, contro il pagamento di una somma annuale, il privilegio della estrazione dal mare, di talune arene, da servire ad una industria nuova di sua privata proprietà.

«Per tale concessione dovevasi fare un deposito a cauzione; ed erigere nello stato due officine per la lavorazione di tali arene.

«Così lo stato vedeva rendersi produttiva una proprietà, che non aveva mai prodotto alcun obolo: il paese veniva ad. essere dotato di una industria novella..

«Il sig. Long, per un processo nuovo e di sua proprietà, converte talune arene dei mari delle province meridionali italiane in ferro fuso e malleabile, e in acciaio, ed estrae dalle medesime arene dei prodotti chimici sorprendenti.

«Ognun vede, che sviluppata, estesa e perfezionata una simile industria, ne verrebbero incalcolabili vantaggi all'Italia in generale e a queste province particolarmente. L'Italia più che esser tributaria come è stata sinora, renderebbe a se tributarie le 'altre nazioni, nell’industria e nel commercio metallico.

«Delle arene di cui si serve il concessionario, di cui è quistione, per gli importanti prodotti ferruginosi, non si faceva uso che in proporzioni sparutissime, da taluni piccoli fabbricanti, non per' tirarne il ferro, ma solamente per" migliorare i loro neri prodotti. Nè a questi, dal giorno della concessione, si 'è mai negato l’uso di quella arena pei bisogni delle loro industrie, né si potrebbe loro impedire di usarne, essendo in tanta sovrabbondante copia e sparsa in si vasta superficie di piagge aperte e di mare, da essere, direi quasi, impossibile il tenerla guardata.

«Cosicché il concessionario Long a vece che esercitare un monopolio, secondo si asserisce, per la concessione paga quello. che altri non aveva mai pagato né paga attualmente. Ecco a che si riduce il monopolio e gli interessi lesi, per cui si grida e si reclama si altamente.

«L’ardito concessionario sostiene da 3 anni ingenti spese e fatiche, che se perverranno, come ci è tutta ragione di prevedere, a costituirlo tra’ più eminenti e più fortunati speculatori industriali d’Italia, gli daranno altresì il compenso e la Soddisfazione di aver dotato il paese, che ne mancava, della più ricca e più importante produzione pei tempi attuali. e cavandola da una materia, che non ha avuto sinora valore alcuno in commercio e in industria e senza offendere menomamente gl’interessi degli altri.

«Per la concessione assumevasi l'obbligo di dare pel 27 febbraio del 1862, due officine per la lavorazione delle arene, il privilegio delle quali gli veniva, nominalmente; con1 ceduto..

«Il Roma, con una leggerezza che ci pare inesplicabile per un giornale serio e onesto qual esso è, fondandosi probabilmente sulle asserzioni di gente interessata, asserisce che non si è adempito ai patti e che le due officine non esistono.

«Noi come ci siam dati la pena di esaminare la. concessione e gli effetti e le conseguenze che produce, le quali, ci sembra, abbiano a riuscire altrimenti che dannose al commercio e all’industria, ci siam recati a debito di assicurarci co’ nostri propri occhi della effettiva situazione delle cose, sul rapporto dell’adempimento di questa parte degli obblighi del concessionario.

«Noi siamo stati a Castellammare di Stabia, ed ivi, tra la ferrovia ed il mare, in riva al fiume Sarno, abbiamo trovato una fonderia nelle dovute regole, occupante lo spazio di oltre a dodici mila metri quadri, già tutto circondato di mura, e sulla deserta spiaggia una casa di abitazione con un’officina meccanica, dove trovammo una fornace in piena funzione e due altre in costruzione avanzata Quivi vedemmo un deposito di arene che si fa ascendere a 3 mila tonnellate, e dalla cortese gentilezza del Direttore, che vi abbiamo incontrato, ci sono stati mostrati i primi prodotti dello stabilimento consistenti in diverse qualità di ferro fuso, di ferro malleabile e di acciaio.

«Ivi, maravigliati, che non si trovassero, come tutto accennava che avrebbe dovuto esservi in attività, delle grandi fornaci, ci si è fatto conoscere, come le macchine tutte arrivate dall'Inghilterra, sin dai primi giorni dello scorso ottobre, si trovano incomplete e sinora inattive, perché talune casse, che contenevano alquanti pezzi principali di quelle macchine, per un deplorevole errore, furono dalla Dogana di Napoli attribuite e consegnate al grande Arsenale Nazionale, dal quale, sciaguratamente sinora, malgrado tanti reclami, tante prove evidenti dell’errore, per cui si erano consegnati a quell’opificio, oggetti che appartenevano allo stabilimento particolare di Castellammare, non si è potuto ottenere la dovuta restituzione. Malgrado tutto questo, vista la inqualificabile resistenza della Dogana e dell’Arsenale, si è domandato di nuovo alle fabbriche Inglesi i pezzi che rendono incomplete, per tale imprevedibile accidente, le grandi fornaci.

«Quindi siamo stati ai Granili, e quivi in un sito che servi altra volta ad uso di fonderia, trovammo l’altra officina, che viene indicata coli’ inscrizione, che a grosse lettere trovasi segnala al sommo della porta:

FABBRICA

DI PRODOTTI CHIMICI FERRUGINOSI

«Noi siamo rimasti sorpresi come. dalle stesse arene, delle quali non si era fatto alcun uso finora, estraendovisi dai nuovi processi del sig. Long, ghisa, ferro, acciaio nell’officina di Castellammare si ricavino ai Granili dei prodotti chimici singolari e, per le speciali loro qualità, importantissimi Di questi singolari prodotti chimici il giorno 5 marzo, quando il Roma scriveva, che le officine non fossero state costruite, si imbarcavano, dall’opificio dei Granili, diverse casse dirette a Londra sul vapore inglese Europa.

«Noi fummo soddisfatti della nostra escursione, né potemmo non lodare la solerzia, l’intelligenza e la bontà del Direttore dei due stabilimenti; né potemmo non sentirci consolati dalla speranza che quelli stabilimenti, che alimentano finora un discreto numero di lavoranti, non divengano degli stabilimenti di prim’ordine, che accrescendo l'industria e il commercio di queste contrade, influiscano potentemente al progresso materiale e morale di queste popolazioni.

«Ci pare adunque evidentemente provato per chi vi guardi sopra onestamente e senza spirito di prevenzione o di parte, che il sig. Long per la concessione, di cui si tratta, non esercita nessun monopolio, non lede interessi di sorta, e tende, facendo senza danno di alcuno il proprio vantaggio, a dotare l’Italia di una industria nuova, che potrebbe, ottenendo lo sviluppo e la estensione di che è capace, cambiare la condizione morale e materiale del paese.

«Ci paiono quindi, per lo meno, infondati e irragionevoli i reclami che si levano contro il concessionario – Quanto al Ministro concedente non è còmpito né volontà nostra di occuparcene, ma diciamo solamente di passaggio che qualunque sia la deliberazione che sulla concessione possa prendersi, si potrebbe soddisfare qualche interesse o suscettibilità personale, ma non si farebbe bene alla Nazione, e forse nessun torto si farebbe all’ardimentoso e intelligente industriante.

E quindi sarebbe finito il nostro esame se una nobile e giusta indignazione non si affacciasse nell'animo nostro in vedere che non ostante si gravi cure spese e studii; non ostante un sì splendido risultato; non ostante una valida concessione, non solo decretata ma messa in atto da tre anni, vorrebbesi oggi per gelosia ed invidia tutto far scrollare dai fondamenti, e quasi quasi far sopportare all’operoso concessionario una pena per si magnifico trovato, e per opera sì utile ed onorevole all'Italia!

Ma se noi per un momento ci siamo di ciò indignati, rimettiamo la quistione in mano al giudice supremo de' nostri tempi, ch'è l'Opinione Pubblica, ed essa si mostrerà riconoscente al sig. Long e C.

VINCENZO TORELLI.

N. B. Nel momento di pubblicazione ci arriva lettera del Sig. Curti con la quale ci significa di non dover egli figurare nella Concessione, si bene qual Direttore Amministrativo. Noi non potendo in torchio mutare il contesto all'opuscolo, vi suppliamo con questo avvertimento.






























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