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IL GUELFO GIORNALE DE L’INDIPENDENZA MERIDIONALE

DALLA SICILIA

L’unità massonica fabbricata di tradimenti

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La prurigine settaria del Giornale di Sicilia si è sfogata in un mese continuo di festeggiamenti ufficiali massonici, fatti col danaro pubblico, per commemorare il cinquantenario della così detta «liberazione della Sicilia», con la pubblicazione di articoli infarciti d’insulsaggini, di rancide storielle, di fatti inventati allo scopo di rialzare un po’ lo spirito del popolo, abbattuto sin dall’inizio di quella famosa liberazione. Cosa assai difficile, se prima non saranno restituiti alle provincie meridionali l’indipendenza amministrativa, la ricchezza e la prosperità che prima dell'invasione straniera godevano. Avevamo creduto che in presenza d’un pessimo governo troppo a lungo durato, di tanti guai e calamità sofferte, di spogliamenti e di eccidii barbareschi, il prurito del giornale fosse venuto a cessare. Ma che?! manco per sogno. L’odio massonico contro l’Augusta Monarchia Legittima è tanto rabbioso ed implacabile, da non potersi estinguere; salvo che non giungesse l’ora di rivoltare altra volta la giubba. E’ dire che il Giornale di Sicilia  è runico periodico che pei suoi precedenti avrebbe dovuto, in omaggio alla giustizia, recitare il mea culpa, innanti allo spettacolo terrificante che offre la patria, il popolo tradito e condannato atrocemente alle privazioni, alla miseria e alla fame!

Grande delitto fu quello commesso al 1860, con gli intrighi, gli inganni, i tradimenti e gl’interventi armati, che resero possibili le invasioni e segnarono la catastrofe del dovizioso reame e dei felicissimi popoli meridionali: delitto, che fece inorridire gl’illustri storici e scrittori anche stranieri, i quali non cessano tuttora di condannarlo e di smentire le menzogne, le calunnie e le infamie d’ogni sorta colle quali si pretende giustificarlo.

Di recente Alessandro Luzìo e Ippolito Nievo hanno pubblicato vivaci articoli e pagine di fuoco che distruggono dalle basi il pazzesco edificio e smantellano da capo a fondo una storia falsa, scritta da pennaiuoli venduti, a beneficio del Piemonte e della massoneria spadroneggiante che mette capo al Grande Oriente di Londra.

Un redattore del più diffuso che si firma «Maurus» ha osato di confutare un articolo del Luzio, intitolato: «Presa di Palermo con quaranta uomini»; ma per quanti sforzi abbia potuto fare, non è riuscito, in due colonne di prosa, a smentire i fatti, narrati dallo illustre scrittore. Il «Maurus» e compagni, per mascherare il tradimento del generale Lanza, ha sostenuto che, il popolo palermitano si era ribellato; ma questa spudorata menzogna fu smentita sin dal suo nascere. Egli avrebbe dovuto anzitutto provare: che la spedizione di Garibaldi non sia stata opera di Cavour; che i due piroscafi il «Lombardo» e il «Piemonte» della società Rubattino, non sieno stati ceduti a quel governo con atto pubblico firmato da Cavour, dagli altri ministri e dal capo dello stato; che gli armamenti di essi, cannoni, fucili, munizioni e altri mezzi, non sieno stati apprestati dal Cavour; che la traversata, il passaggio dello stretto di Messina e lo sbarco, non fossero stati effettuati in mezzo alle fregate della squadra inglese; che prima di questo vergognoso intervento, il Ministero costituzionale di Napoli, composto di grossi massoni, non avesse venduto al Piemonte il ricco reame e il popolo fedele al suo Re, richiamando da Palermo il fedelissimo principe di Castelcicala, luogotenente generale, e spedendovi il fedifrago Lanza, col mandato di consegnare la città.

Avrebbe dovuto provare che il famoso filibustiere, come lo chiamò il suo giornale, ingrossatosi di ladri, grassatori, latitanti e di facinorosi, appena avvicinatosi a Palermo, non fosse stato sconfitto e messo in fuga precipitosa dalla valorosa colonna di Van Mechel-Bosco — fuori concerto — alla quale l’eroe voltò le spalle. Avrebbe dovuto provare che questi fatti storici non siano veri.

Eh via, spudorati, finitela di rappresentare la parte di buffoni!

Modesto









































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