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Fonte:
https://www.historiaregni.it/ - unedì, dicembre 1, 2014

L’integrazione Sud Italia - Russia

di Alfonso Piscitelli


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Marzo 2015

L’integrazione Sud Italia - Russia di Alfonso Piscitelli

I legami tra Sud Italia e Russia affondano le radici in una storia più che millenaria. In realtà - per quanto separate dai Balcani e dal Mar Nero - il Meridione e la Russia mostrano una evoluzione storica che in più di un caso può essere definita parallela.

I Normanni sono all’origine dello Stato russo originario (la Rus’ di Kiev) così come dello Stato unitario del Meridione e della Sicilia (il Regno degli Altavilla); il cristianesimo ortodosso è all’origine della evangelizzazione della Russia, ma ha anche lasciato tracce importanti e spesso misconosciute in Italia del Sud, come eredità della dominazione bizantina.

Anche la contrapposizione a soggetti avversi sembra accomunare Mezzogiorno d’Italia e Russia. È nota la storica contrapposizione tra la Russia cristiana e la Turchia e l’aspirazione alla riconquista di Costantinopoli che per lunghi periodi ha alimentato la politica estera dell’Impero degli Zar. Analogamente, per lunghi secoli il Meridione d’Italia si è trovato ad affrontare l’onda d’urto dell’espansionismo ottomano: in virtù della sua posizione geografica il Sud era esposto frontalmente alle scorrerie mussulmane e probabilmente, se l’esito della battaglia navale di Lepanto fosse stato diverso, la potenza marittima del Califfato avrebbe reso più concreto il suo disegno di espansione nel Mediterraneo Centrale investendo appunto le regioni dell’Italia Meridionale.

A partire dalla fine del Settecento, i contatti tra Regno di Napoli e Russia ricalcano le dinamiche del commercio del grano (dal porto di Odessa all’Europa Centrale) e assumono la forma di un particolare feeling diplomatico.

Nel 1799 il Regno di Napoli viene rovesciato  dalla rivoluzione giacobina: una rivolta che ha i suoi principali promotori nelle classi alte napoletane che hanno assimilato il verbo giacobino e che in alcune sue dinamiche sembra manifestare analogie con le odierne “rivoluzioni colorate”. Sta di fatto che la neonata Repubblica Partenopea nel giro di pochi mesi entra nell’orbita della Repubblica francese, in procinto di trapassare nella dittatura napoleonica. Nel momento in cui Ferdinando IV viene deposto l’ambasciatore russo nel Regno segue il sovrano in Sicilia dove si ricostituisce la corte e un governo duo-siciliano.

Nel 1861 l’Impero Russo sarà l’unico soggetto internazionale importante a protestare contro l’invasione di Napoli da parte dei Piemontesi: si tenga presente che solo pochi anni prima il governo piemontese era sceso in guerra contro la Russia e al fianco di Austriaci, Inglesi, Turchi. L’intervento nella  Guerra di Crimea era stata voluta da Cavour senza alcun motivo di contrasto con la Russia, ma con il chiaro interno di inserirsi nelle dinamiche diplomatiche del Congresso di Parigi: un calcolo machiavellico, peraltro ben riuscito, che comprometteva in partenza le relazioni diplomatiche tra il futuro Regno d’Italia e l’Impero Russo.

Negli anni successivi all’unità d’Italia i rapporti tra Regno sabaudo e Russia sono comprensibilmente freddi anche se non si può parlare di aperta ostilità. Il dinamismo della politica estera crispina porta l’Italia ad affacciarsi sui Balcani, in quell’area slavo-ortodossa che vedeva la Russia come tradizionale protettrice. Crispi si fa pronubo del matrimonio tra il principe  ereditario Vittorio Emanuele e la principessa montenegrina Elena, per inserire il Montenegro nella sfera di influenza italiana; nello stesso tempo le attenzioni dell’Italia si rivolgono alla vicina Albania. È pur vero però che l’Italia crispina entra nella rete di alleanze di Bismarck: questa rete assumeva una dimensione continentale dal momento che il sagace cancelliere tedesco tesseva da un lato la Triplice Alleanza (Austria-Germania-Italia), dall’altro promuoveva il Patto dei Tre Imperatori (Austria-Germania-Russia).

In tal modo l’Italia veniva a inserirsi in una sinergia continentale che purtroppo sarebbe stata dissolta dalle intemperanze del nuovo Kaiser Guglielmo II, ma anche dal carattere inevitabilmente fluido delle alleanze nell’epoca dei nazionalismi più turgidi.

Alla fine dell’Ottocento, lontano dalle cancellerie i rapporti commerciali e umani cominciano a farsi più intensi tra Italia e Russia, e proprio in questo campo l’Italia meridionale con i suoi commessi viaggiatori e con le sue esportazioni agricole assume un ruolo che gli storiografi dovrebbero indagare più attentamente.

L’Italia del Sud acquisiva la sua funzione di ponte nel Mediterraneo tra Europa e Russia nel momento in cui la Turchia si avviava verso il suo disfacimento finale. Le guerre balcaniche avevano portato all’indipendenza una serie di Stati cristiano-ortodossi ancora alla ricerca di un saldo equilibrio, la marina russa si affacciava con sempre più insistenza nel Mediterraneo. È in questo scenario che avviene nel 1908 il tragico terremoto di Messina, una vera apocalissi in piccola scala per la città sullo stretto e la sua dirimpettaia Reggio Calabria. Al dolore per il carico straordinario di lutti e alla costernazione per la lentezza nell’intervenire delle autorità italiane fa da contrappeso l’immediata solidarietà della Marina russa, che appunto aveva navi al largo di Messina. I Marinai della flotta zarista divennero - nello spontaneo ricordo delle popolazioni locali - gli “angeli russi”, che senza bisogno di alcuna concertazione internazionale, sbarcarono senza indugi nella città martoriata del Sud, sopperirono agli inescusabili ritardi dello Stato unitario, smossero le rovine, portarono in salvo i salvabili, consentirono la pietosa sepoltura dei caduti. Il ricordo degli Angeli russi ancora si perpetua e  rappresenta un nesso fraterno tra Italia e Russia, meglio ancora tra Mezzogiorno d’Italia e Russia  che nessuna “guerra fredda” di ritorno potrà sciogliere.

Il resto della storia italiana del Novecento coinvolge il Sud Italia negli alterni rapporti di amicizia/inimicizia tra Roma e Mosca: la I Guerra Mondiale combattuta insieme, poi la Rivoluzione bolscevica accolta con comprensibile ostilità dagli ambienti monarchici e conservatori italiani (e viceversa esaltata da comunisti e socialisti), il Trattato di Rapallo con il quale il regime fascista normalizza i rapporti diplomatici tra Italia e U.R.S.S., lo sbarco degli aerei capitanati da Balbo in una Odessa festante negli anni Trenta, dunque la guerra di Spagna che vede italiani e sovietici su fronti opposti, il Patto Anticomintern che lega l’Italia alle altre dittature nazionaliste e infine - dopo la ripulsa da parte della Germania del Patto Molotov Ribbentrop - l’Operazione Barbarossa, ovvero l’invasione nazista che produce 25 milioni di vittime in Russia (una cifra più di sei volte superiore alla cifra dell’olocausto ebraico) e alla quale l’Italia fascista sconsideratamente prende parte. Considerazione malinconica: quei liberali che vituperano l’intervento in guerra contro l’URSS di Mussolini dimenticano che il duce non fa che reiterare la furbizia di cento anni prima di Cavour, ma con minor fortuna. Evidentemente il loro vituperio è rivolto più alla sfortuna che non al calcolo machiavellico.

Negli anni Cinquanta e Sessanta l’Italia del Sud viene coinvolta nel clima della guerra fredda e soffre la considerevole limitazione di possibilità che viene determinata dalla cortina di ferro. Inoltre in Puglia gli Americani schierano batterie di missili anti-russe esponendo così la fascia adriatica del Mezzogiorno alla eventuale rappresaglia sovietica: “Perché dovremmo bruciare i vostri bei campi di grano?” chiede ironico Kruscev a Fanfani, sottintendendo l’esito lesionista per il Sud di un netto schieramento atlantico dell’Italia. E Fanfani, che atlantista ad oltranza non era, approfitta della crisi di Cuba e delle frenetiche trattative ad essa seguite per far smantellare agli Americani i missili dalla Puglia. Quei missili torneranno, in era reaganiana, e stavolta a Comiso in Sicilia.

Post 1989, crolla l’URSS rinasce la Russia. Una Russia prima travolta dalle privatizzazioni selvagge e da una crisi di identità che dura un decennio, poi rinata economicamente e rinsaldata nel suo prestigio con l’avvento di Vladimir Putin.

La caduta della cortina di ferro mette in moto dinamiche economiche di spontanea integrazione, di questa integrazione il Sud potrebbe essere protagonista in virtù della sua proiezione geografica: il tacco dello stivale si proietta verso i Balcani, il Mar Nero, la Crimea che oggi torna ad essere russa. Ovviamente c’è anche chi prova a sabotare - e indubbiamente ci riesce - questo interscambio sempre più fiorente: l’effetto collaterale della Guerra in Serbia alla fine degli anni Novanta e della crisi ucraina oggi è proprio quello di creare una ferita, una lacerazione violenta per evitare che le due parti dell’Europa si ricongiungano come i due poli di una calamita.

A dispetto delle sanzioni e del tentativo di rilanciare cortina di ferro e guerra fredda l’amore tra Italia del Sud e Russia diventa oggi sempre più intenso. I turisti russi hanno superato i turisti giapponesi come presenze in Italia e nel Sud Italia: le loro mete meridionali preferite sono le due costiere sorrentina e amalfitana, Ischia e Capri. A differenza del turismo giapponese o tedesco, il movimento dei Russi verso l’Italia tende addirittura a creare presenze stabili sul territorio: la  nuova borghesia russa sta oggi portando nuova linfanell’asfittico mercato immobiliare italiano con un continuo acquisto di case, ville, alberghi.

Il turismo assume una valenza religiosa nel caso di Bari, in nome di San Nicola, figura carissima agli ortodossi. Nella chiesa di San Nicola, restituita alla tutela dei dignitari ortodossi russi, lo stesso Vladimir Putin circondato da una folla festante italo-russa compie i gesti semplici e accorati della devozione ortodossa.

Intanto le relazioni commerciali italo-russe si intensificano: se venisse superato l’attuale regime di sanzioni che come tutti sanno è stato imposto dall’esterno e non corrisponde per nulla all’interesse nazionale italiano, se si giungesse a realizzare un regime di agevolazioni fiscali per le imprese italiane e per gli stranieri che vogliono investire al Sud sicuramente si raggiungerebbe nel giro di pochi anni un livello straordinariamente elevato di integrazione economica lungo l’asse Mezzogiorno-Serbia-Crimea-Russia.

È quello che francamente auspichiamo.

Alfonso Piscitelli

Foto di Alfonso Piscitelli ritraente il monumento agli “angeli” della Marina Russa a Messina
























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