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Fonte:
https://www.historiaregni.it/ - sabato, febbraio 28, 2015

Ripensarsi nel Mediterrano ed aprirsi alla Via della Seta

di Angelo D’Ambra


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Marzo 2015

Ripensarsi nel Mediterrano ed aprirsi alla Via della Seta di Angelo D’Ambra


Appare lenta ma costante la proiezione della Cina verso Ovest. La prima potenza economica al mondo sta sviluppando grandi iniziative commerciali che richiamano la nostra attenzione perché riportano lentamente il Mediterraneo al centro degli scambi internazionali.

Accordi commerciali, investimenti, un incredibile protagonismo del mondo bancario asiatico, nuove città, porti, reti ferroviarie, alberghi, questo impetuoso sviluppo prende già corpo e va snodandosi lungo un itinerario terrestre ed uno marittimo che, uniti da numerosi punti di snodo, vanno a definire la “Silk Road Economic Belt” ovvero una nuova Via della Seta capace, come quell’antica, di unire il Pacifico al Mediterraneo.

Ciò che spinge i Cinesi è anzitutto la sicurezza energetica: l’85% delle loro importazioni, di cui l’80% consiste in risorse energetiche, passa attraverso il vulnerabile Stretto di Malacca. Più di 60.000 imbarcazioni vi transitano ogni anno portando il 25% del commercio globale eppure è un canale troppo esposto alle basi indonesiane della flotta militare statunitense.

La Via della Seta diviene dunque una esigenza di sicurezza nazionale il cui successo però riporta Pechino faccia a faccia con Washington perché connesso tutto alla stabilizzazione delle aree interessate agli investimenti. La Cina l’ha subito capito, ha già tratto insegnamenti dal recente passato che l’ha vista pagare le politiche di destabilizzazione nel Mediterraneo con l’evacuazione di oltre 35.000 persone dalla Libia e la perdita di 2 miliardi di dollari investiti negli accordi col governo di Gheddafi, così ha scelto di mostrare i muscoli nella vicenda siriana accanto alla Russia di Putin fermando i progetti bellici statunitensi, che oltretutto avrebbero potuto foraggiare il terrorismo nello Xinjiang. E’ stata la prima volta in cui gli Usa si sono misurati con la possibilità di un intervento militare cinese e ciò ha reso palese la grande importanza che la Cina attribuisce all’area.

Il grosso degli investimenti pare si sia ad oggi concentrato in Grecia, nel Pireo. Il porto, premiato per la vicinanza a Suez, è divenuto il principale scalo del Mediterraneo in termini di traffico container grazie al volume degli affari del gigante cinese Cosco che ha acquistato una parte considerevole della darsena e che ha già annunciato un investimento di ulteriori 230 milioni di euro. Anche Malta ha di recente annunciato accordi per 320 milioni di euro con la China Power Investment Corporation, mentre risalgono agli inizi del 2000 gli accordi con Siria, Turchia ed Egitto.

Lo Stato italiano continua ad identificarsi con l’interesse del capitale tosco-padano, guarda dunque alla stretta integrazione col centro mitteleuropeo e non alla sua proiezione nel Mediterraneo ed al controllo delle rotte commerciali, viceversa avrebbe potuto già mettere in atto misure per attrarre investimenti a Taranto o Gioia Tauro non solo per ristrutturazioni e potenziamento dei porti, ma anche per la creazione e l’ottimizzazione dei collegamenti infrastrutturali tra Adriatico e Tirreno nonchè con la Capitale. Tuttavia c’è da credere nella forza del “passaggio del mondo dal Mediterraneo” perché questa è forse l’unica sfida che il Sud ha tutte le carte in regola per vincere grazie alla sua posizione geografica.

La nuova Via della Seta (che va affiancandosi ed integrandosi col progetto russo di una cintura infrastrutturale intercontinentale già battezzata “Razvitie”, sviluppo) è una grande occasione, può davvero ridonare un senso politico alla Penisola e una nuova vita alle sue inaridite città costiere.

Angelo D’Ambra

La foto del golfo di Napoli è stata scattata da Angelo D’Ambra
























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