Eleaml - Nuovi Eleatici



Su quanto accadeva in Polonia molti benpensanti si tracciavano le vesti e stigmatizzavano la represione russa.

Su quanto accadeva nelle Provincie Napolitane e sulla feroce repressione sabauda in pochi alzarono la voce e protestarono.

Zenone di Elea – Agosto 2015

LA CIVILTÀ CATTOLICA

ANNO DECIMOQUARTO - VOL. VI. - DELLA SERIE QUINTA

ROMA - COI TIPI DELLA CIVILTÀ CATTOLICA - 1863

I RUSSI IN POLONIA ED I PIEMONTESI IN ITALIA

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ARTICOLO PRIMO

Il Ministro Billault e John Russell, nel dar conto, quegli al Corpo Legislative di Francia, questi alla Camera dei Lord in Inghilterra, della sanguinosa lotta ingaggiata, da presso a due mesi in Polonia, tra la popolazione levata a rivolta, e le soldatesche russe, menzionarono, con singolare uniformità, un elemento democratico, come cagione della sommossa; e da quello vollero far credere di essere impediti dallo stendere la mano in aiuto ai Polacchi. E per avventura il Francese fu più crudo e reciso dell'altro, provocandone quelle severe parole, che il Montalembert ci ha fatto leggere nel Correspondent del passato mese 1. II Billault disse seccamente, che la Polonia avrebbe più da sperare dai sentimenti generosi e liberali dell'Imperatore di Russia, che non da un tentativo di rivolta; e poco appresso aggiunse che la sapienza del Governo imperiale non gli permetterebbe di dare esca ingannatrice a passioni di rivolta. II Russell poi, parlando della borghesia polacca asseri, che essa, insieme agli altri ordini del popolo, ridotta alla disperazione, avea formate delle società segrete, specialmente in Varsavia; le quali professavano le teoriche sociali e repubblicane più estreme, somiglianti a quelle del Mazzini;

1) 2.a Livraison, 25 Fevrier, pag. 442 e segg.

e pero quasi voleva fare intendere, che il Governo della Regina malagevolmente si sarebbe indotto a spalleggiare un movimento, nel quale esso credo che abbia qualche parte la democrazia, e notantemente la mazziniana.

Il nostro lettore sarà per fermo altamente edificato della coscienza schiva e dignitosa di quei due Ministri, ai quali basta scontrarsi nel loro inccsso con qualche cosa che puta di rivolta, e propriamente di passioni insurrezionali (ci si consenta di dirlo francescamente), o di teoriche mazziniane, per dietreggiare esterrefatti, come la fanciulla dinanzi al serpente. Ma, pagato questo tributo di debita ammirazione all'orrore, che per la rivolta e per le teoriche mazziniane professano quei due personaggi, ne noi possiamo temperarci, ne forse potrà chi ci legge, dal ricorrere col pensiero a ciò che abbiamo visto e patito in Italia, e pur troppo stiamo vedendo e patendo tuttavia. Forse che le passioni insurrezionali non ebbero in Italia prepotenti aiuti d'ogni maniera da chi oggi si recherebbe a coscienza dar loro anche sole parole di conforto in Polonia? ed il Mazzini non ista da trent'anni lavorando alla ruina dell'Italia sotto la protezione di quella Inghilterra, la quale oggi e scandolezzata delle teoriche mazziniane, professate dalla borghesia polacca? Gran cosa e appena credibile, se non lo avessimo sotto degli occhii Il braccio destro del Mazzini sbarcava in Marsala sotto la protezione inglese, e questa gli forniva armi, danari, uffizii d'ogni maniera per compiere l'annientamento della Monarchia napolitana! I Francesi di conserva col Garibaldi combatterono l'Imperatore d'Austria, nel quale nessuno nega trovarsi sentimenti generosi e liberali, almeno quanto in quello della Russiai Ed oggi quei due Ministri, per qualche camiciotto rosso, che hanno scorto tra gl'insorti Polacchi, pare che non vogliano sapere di loro, se ne lavano le mani; e se la veggano in famiglia coi Cosacchi e coi generosi e liberali sentimenti della Russia! Al più, al più si farà correre qualche dispaccio, il quale otterrà alcune promesse, che saranno attenute come le precedenti! Fosse mai vero che ciò, che vi e di veramente nobile e cristiano in quella causa, sia la sola ragione del mostrarlesi, che alcuni fanno indifferenti e quasi ostili?

Con ciò non vogliamo negare, che passioni politiche, ed anche democratiche, mazziniane, garibaldesche abbiano potuto magagnare intrinsecamente, ed offuscare in parte al di fuori la causa nobilissima di quella cattolica e generosa nazione, la quale, per due secoli, e stata il validissimo baluardo dell'Europa occidentale contro le incursioni musulmane. Pur troppo ci convince dell'esservi il caldissimo parteggiare, che fanno per quella i rivoltosi di tutti i paesi ed i giornali libertini e democratici; i quali tutti non possono avere per iscopo il ristabilimento di una nazione cattolica, o vogliamo dire della Polonia di un S. Casimiro o di un S. Venceslao: ciò e indubitato! Chi freme per combattere contro il Cattolicismo sul Tevere, non può avere nessuna voglia di andare a combattere per esso sulla Vistola. Ciò che a noi reca stupore, e ci sembra soggetto di qualche diligente ricerca, e il tanto diverse contegno, a cui alcune grandi Potenze si sono atteggiate a rispetto della Polonia e dell'Italia. Contegno che noi, per loro onore, vogliamo supporre ispirato da sentimenti umani e civili; ma che, nel fatto, presumendo e professando di volere liberare i popoli dalla oppressione, riesce a lasciare l'oppressione, almeno delle coscienze, dove era, e ad introdurla, per la coscienza e per qualche altra cosa, dove non era.

Non è nostra intenzione farci apologisti della rivoluzione polacca; ma neppure ci basta l'animo di costituircene assoluti riprenditori, soprattutto che la distanza dei luoghi, La incertezza delle relazioni, la contrarietà degl'interessi, il bollimento delle passioni non ci permettono avere quella sicurezza e particolarità di notizie, le quali sarebbero richieste a recare un giudizio equo dei fatti e delle loro cagioni.

Meglio fia dunque sospendere questo giudizio, o piuttosto lasciarlo intero a quel supremo ed infallibile tribunale, a cui popoli e regnanti debbono rendere severissimo conto dei proprii atti; ed il quale vorrà ragione di una stilla di sangue e di una lagrima fatta versare ingiustamente dalla più spregevole delle umane creature.

Ciò nondimeno la non piccola analogia che ci sembra scorgere tra i Russi in Polonia e tra i Piemontesi nell'Italia annessa, e più particolarmente nelle Due Sicilie, dove l'opera distruggitrice fu più violenta ed insensata, e dove per conseguenza sono più indomabili le resistenze e più feroci le repressioni; quell'analogia, diciamo, ci pare che possa schiuderci la via a molte gravi ed utili considerazioni; e pero ci siamo consigliati a discorrerne con qualche diligenza.

Che se nel farlo ci verranno dette alcune verità, dalle quali non può tornare grande onore alla moderna diplomazia europea, la colpa non dovrà sicuramente attribuirsi a chi le dice; ma deve ad ogni modo recarsi tutta a chi, con parole traditrici e con iniqui fatti, diede troppa ragione di dirle che si guardi l'origine della dominazione russa in Polonia, o che la maniera, onde quella fu esercitata, non vi e neppure la possibilità del paragone coi titoli, che aveva l'Austria sopra i suoi possedimenti italiani, e col modo, nel quale venivano questi da lei governati.

Noi non istaremo a ripetere ciò che innumerevoli hanno scritto, e tutti oggimai sanno, intorno all'iniquo smembramento, come lo chiamano, della Polonia; il quale da quel caldissimo propugnatore del diritto, ed amicissimo della Russia, che fu il De Maistre, venne qualificalo per esecrabile; l'execrable partage de la Pologne. E forse meno severamente non si saria potuto definire un assassinio, nel quale la lunga e volpesca astuzia dell'apparecchiarlo potè solo essere vinta dalla efferata ferocia dello eseguirlo. Tutto si faceva a bene e sicurezza della nazione, la quale si voleva scerpare; e fu tanto manifesto e scandalosa quella iniquità, che delle tre Potenze convenute nel patto obbrobrioso, la sola cattolica, che vi fosse, cioè l'Austria, dovette essere strascinata per forza di minacce ad accettare il suo brano nella partizione.

Che se la scusa dell'essere allora l'Impero amministralo da una donna non può bastare, si deve aggiungere, che Maria Teresa senti profondamente tutta ingiustizia di quell'atto, e non olle accettare la Gallizia, che come in deposito 1. Insomma la storia moderna non ricorda, a confessione di tutti, misfatto politico più enorme e più vasto di quello; e, se non si tenga conto delle prepotenze soldatesche e passaggiere del primo Impero francese, solo dopo ottant'anni se n'è vista una riproduzione abbastanza espressiva in ciò che, sotto i nostri occhi, ha fatto il Piemonte a detrimento del Sovrano Pontefice e degli altri Principi italiani.

Tuttavolta col lungo volgere degli anni, chi sa?

1 MENZEL, Hist. Moderne des Allemands, torn. XII, chap. I.

si sarebbe potuto legittimare quello acquisto; ed il bisogno che hanno i popoli della tranquillità nell'ordine, fa si che il vizio delle origini sia per avventura nel diritto pubblico il più sanabile, che non in qualunque altro ordine di diritti. Perciò quanto saria stato più agevole ottenere dalla parte della nazione quel mediocre contentamento, che ne rendesse meno violente le nuove sorti, tanto fu più a deplorare che non si facesse, anzi che si facesse precisamente il contrario. Quali fossero le vere ed universali inclinazioni dei Polacchi, noi non potremmo dire a puntino; soprattutto vedute le tante, che ne sono state loro arbitrariamente attribuite, un presso a poco come, in questi ultimi tempi, si è praticato a rispetto degl'Italiani. Ci pare nondimeno motto probabile ciò che il Russell, nel discorso menzionato più sopra, ha asserito; val quanto dire che tutto si riducesse a volere mantenuta nei suoi diritti la Religione cattolica, e rispettate alcune più dilicate suscettività nazionali, come, per esempio, l'uso del linguaggio patrio, che e quasi il solo desiderio, che, dopo la Religione, dal Ministro inglese fu ricordato. Ed a questo la Russia era poderosamente sospinta, non pure dal proprio interesse, ma dalla fede medesima di Trattati, solennemente ed iteratamente giurati, in particolar modo a riguardo della Religione. L'articolo sesto del Trattato, stipulate nel 1773; «Promette espressamente (sono queste le proprie parole) di mantenere nelle province cedute la Religione cattolica romana dei due riti, e di rispettarne i diritti ed i beni»; e quasi ciò non bastasse, l'articolo ottavo del secondo Trattato di divisione, conchiuso a Grodno il 13 Luglio 1793, faceva promesse ancora più ampie e più espressive. Eccolo alla lettera, come si legge nel Trattato stesso: «I Cattolici romani utriusque ritus, che passano sotto la dominazione di S. M. l'Imperatrice di tutte le Russie, goderanno non t solo del libero esercizio della loro Religione per tutto l'Impero, ma nelle province cedute saranno conservati nello stato stretto della presente possessione ereditaria. S. M. l'Imperatrice promette in conseguenza di una maniera irrevocabile, per sè e pel suoi eredi e successori, di mantenere perpetuamente i detti Cattolici romani dei due riti nella possessione imperturbabile delle prerogative, proprietà e chiese, del libero esercizio del loro culto, e della loro disciplina, e di tutti i diritti annessi al culto della loro Religione, dichiarando, per se e pel suoi successori, di non volere giammai esercitare i diritti di Sovranità in pregiudizio della Religione cattolica romana del due riti»1.

Se questo articolo, che nel Trattato di Vienna del 1815 ebbe nuove confermazioni e nuovi ampliamenti, fosse stato con qualche sufficiente fedeltà osservato, esso medesimo avrebbe impedito motte offese al sentimento alliero di quella nobile nazione; e pub tenersi per indubitato, che al presente la Polonia russa si troverebbe nella medesima condizione della prussiana e dell'austriaca. E cosa indubitata! la fedeltà nell'osservare i patti e nello attenere le promesse e non mono debito di pubblica lealtà, che computo di ben consigliato interesse politico. Appunto perché la Prussia e più ancora l'Austria mantennero ciò, a che si erano obbligale nello insignorirsi delle parti loro toccate nello smembramento di quel Regno, Il Granducato di Posnania non darebbe gran pensiero alla prima, se essa non se ne volesse prendere più del bisogno; ed alla seconda non ne da nessuno il Regno di Gallizia, nel quale l'Austria (cosa notevolissima!) in tanto eccitamento di animi, in tanta prossimità all'incendio della rivolta, non ha dovuto aggiungere alcuna nuova provvisione di sicurezza, non ispedire un nuovo drappello di soldatesche! Disgraziatamente per la Russia, che come del dilacerare la Polonia era stata la prima autrice, cosi di lei dilacerata erasi attribuita la parte maggiore e la migliore, non fu cosi. Per lei quell'articolo e lutti gli altri, che in varie circostanze TI si aggiunsero, fino al Concordato stretto colla Santa Sede nell'Agosto del 1847, furono nel fatto ciò che e per l'Italia il primo articolo della Costituzione, dal quale e dichiarata Religione unica dello Stato la Cattolica, Apostolica, Romana: ciò e a dire fu una menzogna, uno scherno, un ludibrio, che aggiungeva il cruccio di vedersi traditi al dolore, già per se troppo grave, di essere oppressi. Fosse fanatismo religioso per lo scisma foziano, al quale si volevano guadagnare proseliti a colpi di knout ed a punta di baionette; fosse antica rivalità, che la Russia serbava verso di un popolo, che nei campi di battaglia più volte l'avea sconfitta, spingendola ad un capello dalla totale ruina;

1 THEINER, Vicissitudes de l'Eglisee catholique des deux rites en Poloyne et en Russie. Paris 1843, Tom. II, pag. 110,

fossero timori (perdonabili in eterodossi di fede greca, i quali sogliono supporla in altrui), che la religione cattolica, mantenendo vivace il sentimento nazionale e l'unita della nazione, si potesse mai fare Invito ed inventive all'affrancamento; fossero le tradizioni della perfidia bizantina, riparatesi cola dove balenava una scimitarra polente a farle valere; fossero tutte insieme queste od altre cagioni; egli e fallo indubitato, non rivocato in dubbio da alcuno, che la Polonia ha visto e lamentato la sua Religione quasi abitualmente perseguitala dai nuovi suoi Signori. Catterina II ebbe il fermissimo proponimento d'incorporare alla Chiesa ortodossa (cosi chiamano cola la scismatica) il suo nuovo acquisto, fatto principalmente per opera sua, e ne prese mezzo efficace l'obliterare da quello ogni carattere speciale di una nazione, la cui vita ed i cui destini erano troppo intimamente legati colla Chiesa cattolica.

Quando la Czarina scese nella tomba, che fu tre anni appena dopo il secondo Trattalo di divisione, le cose del Cattolicismo erano a termini tanto estremi, che non si saria creduto neppure possibile che tante ruine potessero essere accumulate in cosi poco volgere di tempo.

Ne basti per ora questo indizio: delle cinquemila parrocchie delle Diocesi unite di Kiew, Waldimir, Luck e Kamieniec, solo dugento restavano cattoliche, e si calcolano a sette milioni le anime separate dalla Chiesa romana fino d'allora 1] Quasi tutte poi con niente più che costringere le intere parrocchie di rito greco unilo a passare al latino; al che ripugnando esse per amore al rito, erano incorporate quasi inconsapevoli allo scisma. Spenta Catterina, l'indole mite di Paolo I, e le aspirazioni pietistiche ed ipermistiche del primo Alessandro fecero alquanto rimettere quella mal dissimulata persecuzione; ma il carattere fiero e pertinace di Niccolo avendo ripigliato, in tutta la sua rigidezza, il proposito di Catterina, egli i lavoro ostinatamente nei trent'anni che regno (1825-1855); ne la mitezza e le disposizioni liberali del secondo Alessandro sembrano aver motto mitigato effettualmente quella funesta e violenta condizione della chiesa cattolica nella Polonia russa.

1 LESCOEUR, L'Eglise cattolique en Pologne sous le Gouvernement russe, Paris 1860, pag. 15.

Tra le tante ree qualità, che accompagnano il dispotismo autocratico alla maniera orientale, nessuna per avventura e più lamentevole di questa, che le parti malefiche del dominante sortiscono quasi sempre il pienissimo loro effetto; laddove le buone, rimangono comunemente, come da circostante acre pestifero, isterilite.

Saremmo infiniti se volessimo noverare e descrivere i danni inestimabili recati al Cattolicismo Del mezzo di una nazione, la quale, come dalla Chiesa cattolica avea quasi avuto l'essere, cosi con lei serbava, per cosi dire, identificala ogni sua gloria passata, ed ogni presente grandezza. Vi sono dei libri interi dettati sopra questo lamentevole subbietto, i quali generalmente non sogliono peccare di esagerazione, si perché il sentimento cattolico, che li ha ispirali, suole mantenersi tra giusti limiti; si perché i falli, da contrade tanto remote e gelosissime del segreto, non vengono alla pubblica cognizione, che in piccola parte; e cosi, non che narrarsene dei non veri, vi e grande probabilità che una parte dei veri resti ignorata.

Ma noi, per averne un concetto, più che i libri, vorremmo si consultasse un monumento autorevolissimo, che dovrebb'essere consideralo attentamente da chiunque voglia mettersi al corrente di siffatta materia. Quello e l'Allocuzione, pronunziata da Gregorio XVI nel Concistoro segreto del 22 Luglio 1842, e la Esposizione, che a quella fu aggiunta, degli atti molteplici e gravissimi, onde la Santa Sede si era adoperala di rimediare ai mali della Religione cattolica in Polonia ed in Russia. Forse non mai, ne prima ne dopo di quella memorabile circostanza, la parola di quel grande Pontefice era stata improntala di tanta severità e di tanto dolore! E come potea essere altrimenti, quando il supremo Pastore della Chiesa vedea sollo ai suoi occhi o distratte per astuzia, o strappate a viva forza, non le centinaia o le migliaia, ma i milioni di anime dal centro del santo ovile di Cristo? Né fu meno esplicito il regnante Sommo Pontefice, quando fece una vivissima e dolorosa dipintura di quelle calamita della Chiesa nel preambolo promosso al Concordalo del 1847; e poscia, in un Breve dato all'Arcivescovo di Varsavia, lamenta colla medesima severità i medesimi mali, senz'altra varietà che la giunta di presso ad altri cinque lustri di promesse fallite e di danni recati alla Chiesa 1.

La legislazione russa, per ciò che concerne le cose e le persone della comunione romana, non ha altro riscontro nella storia, che la inglese, nei tempi più nefasti della Riforma, a rispetto della Irlanda; e se la prima e forse meno truce della seconda, questa almeno alla ferocia non aggiunge la brulla giunta di procedere da un Potere, che avea iteratamente e solennemente promesso di proteggere la Chiesa cattolica, ed il quale professava di trovarsi in buoni termini colla Santa Sede. Oltre a ciò, la inglese e oggimai in gran parte abolita; laddove la russa non si sa che sia stata in alcun modo mitigala, ed ora medesimo che scriviamo, e rigidamente applicata in quelle contrade. Se ne consideri qualche particolare disposizione, si vegga se non sono sapientemente divisate a spegnere in un tempo più o meno lungo il Cattolicismo in una nazione, che pure altra volta n'era una delle sedi più splendide, che ne avesse l'Europa.

Non diremo delle parti, introdotte dal Governo nei catechismi cattolici, le quali non sono per nulla conformi all'altro insegnamento della Chiesa romana; non della proibizione, non che di ricevere nella comunione romana un Russo, ma di pure trattarne; non dell'altra proibizione di amministrare i Sacramenti a persona non conosciuta personalmente per cattolica, e non mai ad un Russo che dicasi convertito: non in somma di quei centonovantacinque divieti compresi negli altrettanti articoli di un solo Ukase, e tutti sempre sotto la sanzione della Siberia e della privazione dei diritti di famiglia; neppure diremo della libertà data a varie categorie di condannati, tanto solo che passino dal Cattolicismo allo scisma; non della permissione di passare a seconde nozze concessa alla donna che, trovandosi il primo marito condannato ad alcuna grave pena, abbracciasse l'ortodossia imperiale, quantunque in questa sia disdetta la poligamia 1; queste cose, almeno quanto alle loro conseguenze, potrebbero parere leggieri al paragone di due altre, alle quali e serbala un'azione lenta, ma sopra qualunque altra distruttiva dell'antica Fede.

L'Ukase del 20 Agosto 1832, mantenuto in pieno vigore

1 Quel Breve, che porta la data del 6 Giugno 1861, si lesse nel Monde del 26 Novembre 1862; e la Civiltà Cattolica ne diede un sunto nel Vol. I di Quinta Serie a pag. 628, 629.

1 LESCOEUR, Opera citata, pagg. 232, 233 e passim.

fino al di d'oggi, ordina che i matrimonii tra una persona scismatica ed una cattolica, sono nulli, se non sia presente alla loro celebrazione un prete della comunione russa, e se la parte cattolica non abbia antecedentemente promesso di allevare tutti i figli di ambi i sessi nello scisma 2. Oltre a ciò se i genitori abbracciano la religione dominante, tutti i figli minori di 21 anno sono obbligati a seguitarli.

E perciocché il Governo ha in suo potere, ed adopera infiniti mezzi per favorire quei connubii misti e questi passaggi, non e credibile quanto gran parte di fanciullezza e di gioventù, nata di padre o di madre cattolici, passa quasi inconsapevole allo scisma! Raccogliendosi dalle statistiche, che, sopra cento matrimonii, circa cinquanta sono misti; e dal Ministero dell'Interno avendosi che, in 20 anni, sono questi stati non meno di due milioni; si può fin d'ora calcolare quanti altri anni può mantenersi vivo cola il Cattolicismo, prima che diventi una semplice rimembranza in quelle contrade, in cui fiorì già con tanto rigoglio. Ma quasi per accelerare quest'ora, pare che sia stata divisata l'altra delle due leggi, delle quali dicemmo voler fare espressa menzione.

Questa ordina che, cresciuta una parrocchia scismatica oltre le mille anime, si fabbrichi una nuova chiesa e fornitala di un nuovo popo, quella si divida in due. Per contrario è stabilito che, come tosto una parrocchia cattolica sia scesa al di sotto delle cinquecento anime, resti abolita, ed aggregata alla più vicina scismatica.

2 Per avere un saggio del come e eseguita questa legge, anche sotto il presente Imperatore, basterà questo fatto, a maniera di esempio recato dal Lescoeur (pag. 233). Nei contorni di Zvtorair nella Volhynia, certo signor Tokarski, cattolico di professione, sposò una greca ortodossa; ma nel benedire il matrimonio il popo del luogo avea trascurato di esigere dallo sposo Il soprammenzionato giuramento. Di che questi avuto un figlio, si credette nel diritto di farlo battezzare alla Chiesa cattolica. Avutone sentore, ne fu fatto richiamo dalle autorità come di violazione della legge. Nè la pena si fece attendere lungamente. L'Imperatore ha condannato il popo negligente al servigio militare; il prete cattolico, venerando vegliardo di 70 anni e canonico, alla deportazione nella Siberia, ed il sig. Tokarski aspetta in prigione ciò che di lui vorrà ordinare la clemenza dell'Imperatore ortodosso, in pena cli aver fatto, egli cattolico, battezzare il proprio figlio nella Chiesa cattolica.

Con questi mezzi, applicati con quella inflessibilità persistente, di cui un fanatismo autocratico può essere solamente capace, non e maraviglia, che scismatici comincino ad essere in buon numero, dove prima non erano; e dove erano solamente pochissimi, siano giunti ad essere quasi il tutto. Cosi, per recarne un solo esempio, nella Lituania, dove, prima che si abolisse il rito unito e si applicassero i provvedimenti testè ricordati, ortodossi non erano, se non fossero stati gli ufficiali del Governo venuti di fuori, al presente dei quattro Governi in che e partita, quello di Kowno ne novera già in buon dato; i due di AVilna e di Groduo ne hanno in numero uguale ai cattolici, in quello di Minsk sono già questi i più pochi 1: aspettate altri venti o venticinque anni, e forte sarà che ve ne resti qualcuno.

Ci siamo con qualche particolarità dimorati sopra questi richiami attenentisi a materie religiose, non perché questi fossero i soli che avessero i Polacchi: ma perché ci sono paruti i più gravi per loro medesimi, i meno esposti ad essere esagerati per effetto di passioni politiche, in quanto cominciarono quando di nazionalità neppur si parlava, e sono comuni a molti che di quella non pensano, e non si curano; ma soprattutto perché furono recati alla cognizione del mondo da un'autorità augusta, quale fu quella di due Sovrani Pontefici, sicché nessuno può recarsi ad onta, che altri ne faccia ricordo.

Nel resto se in cosa tanto dilicata, quanto e il santuario della coscienza, la Polonia si trova straziata da cosi lunga e feroce tortura, si faccia ragione di ciò che vorrei essere in tutto il resto! Noi non ne vogliamo dare che un indizio. Fu riputata grazia insigne del secondo Alessandro la concessione di una Università e l'introduzione della lingua patria nelle scuole!

Ora non s'intende forse abbastanza la condizione di un popolo, al quale si danno come grazie una Università, e l'apprendimento del proprio linguaggio? E nondimeno e ancora più eloquente la maniera, onde queste grazie furono recate in pratica: la prima si ridusse allo stabilimento di una facoltà di Medicina a Varsavia; la seconda si restrinse al permesso, dato alle scuole di Wilna, d'insegnare la lingua polacca,

1 Ibid. pag. 202.

a titolo d'idioma straniero e per un'ora la settimana 1. Noi non anderemo più oltre in una maniera di rammemorazioni, alla quale non siamo abituati, e ci tarda di venire al punto precipuo, per cui amore ne abbiamo pur detto questo pochissimo.

Perciocché, nei presso a novant'anni che perdura questo immenso scandalo nel bel mezzo del mondo cristiano e civile; scandalo che avrebbe dovuto pesare, come un rimorso, sopra le coscienze della diplomazia europea, se la diplomazia avesse coscienza; che cosa si e fatto, non diremo già per ricostituire una Polonia libera ed indipendente, che noi lasciamo ad altri l'andare tant'oltre; ma per rendere almeno più tollerabile e meno inumana la condizione dei Polacchi? In particolar modo che cosa ha fatto il nostro secolo, umanitario e filantropico per eccellenza, cosi tenero per la indipendenza dei popoli e spasimato tanto per la libertà di coscienza? Chiacchiere, e, se volete ancora, parole nobili ed eloquenti se ne sono fatte moltissime, cominciando dal Congresso di Vienna, dove ne fu parlato a dilunga, fino alla prolissa e patetica diceria, che il Palmerston tenne, otto giorni fa, alla Camera dei Comuni in Inghilterra; ma quanto ai fatti, nulla! perfettamente nulla! Quanto ad avere protezione efficace contro un potere nel rigore della parola autocratico, il quale strazia le anime, niente meno che i corpi, a milioni di creature umane, la Polonia non e stata più fortunata dell'Irlanda; se pure non vi paia che l'essere diventata tema obbligalo di sterili compianti nei pubblici parlamenti, debba far tenere meno misera la prima a rispetto della seconda, alla quale neppure quei compianti furono tributati. Con ciò non vogliamo negare il merito di quei generosi, i quali, non potendo altro, ne parlarono; e dura ancora nei più attempati la memoria dell'eloquenza nervosa e passionata, onde, nel 1831, alla Camera dei Pari in Francia, ne arringo il Conte di Montalembert, il quale con giusta compiacenza fa al presente nuova rammemorazione di quei discorsi, che certo meritavano di essere per la Polonia do che le calde parole dello Chateaubriand erano state per la Grecia.

1 Gazzette de France dell'8 Nov. 1859.

Tutto verissimo! Ma come non rammaricarsi? come spiegare soprattutto, che quelli, i quali potevano, non fecero e non fanno altro che parlarne? Talmente che, come nel Congresso di Vienna le parole riuscirono a promesse, delle quali fin d'allora si prevedeva, che non si sarebbero attenute; cosi la lunghissima diceria del Palmerston sopra le sventure della Polonia ebbe, con inaspettatissima conchiusione, per effetto unico il far ritirare la proposta (o mozione, come la dicono), la quale, a favore della Polonia, era stata recata in mezzo del deputato Hennessey.

Ne è già che la Russia fosse tale smisurato e formidabile colosso, che le Potenze occidentali non si potessero misurare con lei, non tanto per istrapparle dagli artigli la preda, quanto per obbligarla a stringerla meno spietatamente, secondo che tante volte si era ingaggiata a fare. Quel prestigio, mantenuto vivo dalle rimembranze del 1814, fu dileguato quarant'anni dopo nella Crimea. Ne con ciò vogliamo dire, che i Russi. sul campo di battaglia, non si mostrasser uguali all'antica loro riputazione di valore militare; ma la sperienza mostrò che la difficoltà delle sterminate distanze; i mal regolati servigi dei fornimenti; la concussione e la venalità, tarli sempre perniciosi ad ogni parte di governo, ma nell'amministrare la guerra irreparabilmente disastrosi; l'essere gran parte della gente di arme meglio disposte a correrie da barbari, che non ad ordinate fazioni guerresche, rendevano quella grande Potenza men forte di quello, che la smisurata sua corporatura sembrava annunziare; e che, quando essa non ha a suo servigio le intemperie strabocchevoli di stagione proprie del suo clima, due sole Potenze occidentali non hanno uopo di lutto il loro sforzo, per disputarle e rapirle ancora la vittoria. La guerra combattuta nell'antica Tauride colla Russia, della quale guerra la Francia porto quasi sola tutto il peso, e che costo alle nazioni cristiane, comprendendovi espressamente la piccola zampa che vi verme a cacciare il Piemonte, oltre a centomila vite e mille milioni di franchi, a servigio di chi fu impresa? a cui profitto? Lo sanno tutti: fu impresa per salvare l'indipendenza della Turchia, e prolungare cosi di alquanti altri anni le agonie di quel mezzo cadavere, che è l'impero ottomano, vitupero dell'Europa, e giogo sul collo di venti milioni di Cristiani al di qua ed al di la, del Bosforo; profitto alla sola Inghilterra anglicana, alla quale fu assicurato il dominio dei mari, poi che venne distrutta quell'armata del Mar Nero, la quale, unita a qualche altra del Mediterraneo, avrebbe potuto contrastarglielo, o temperarglielo almeno. Per cosiffatti intendimenti sono bene profuse le ricchezze e sacrificate le vite dei Cristiani, e della Francia notantemente, figlia primogenita della Chiesa! Ma per rallentare i ceppi di una nazione cattolica, per ottenerle una qualche libertà di professare la propria Fede; per sottrarre insomma i Polacchi al lungo martirio, a cui da diciotto lustri sono incatenati, la storia non ci narra, e gli occhi non ci dicono, che le Potenze cristiane o spendessero un obolo, o facessero versare una sola goccia di sangue.

Ma forse neppure di questo vi era bisogno, per ottenere un tale intento, quando si fosse voluto trarre partito da una congiuntura sopra qualunque altra favorevolissima. Nel Congresso tenuto a Parigi nel Giugno del 1856, la Russia compariva, dopo anni assai la prima volta, in atteggiamento di vinta; e purché si fossero serbate le convenienze, alle quali certamente la generosità degli Alleali non avrebbe fatto difetto, e indubitato, che il conte Orloff dovea essere più disposto a ricevere la legge, che non a dettarla. Senza dunque abusare della vittoria, e salvi lutti i più dilicati riguardi che si debbono al Tinto, avrebbero potuto la Francia e l'Inghilterra esigere, come condizione del Trattato di pace, niente più che l'adempimento per parte della Russia delle promesse stipulate a riguardo della Polonia in varii tempi, e principalmente delle stabilile nel Congresso di Vienna del 1815; delle quali l'Inghilterra medesima e la Francia essendo state, cogli altri Potentati, mallevadrici, avevano ogni ragione di volere, che non rimanessero più lungamente in istato di lettera morta.

Ci pare anzi che la stessa Turchia non si sarebbe potuto rifiutare a quell'atto di stretta giustizia veduto soprattutto che appunto fu la Turchia la sola Potenza, la quale, dopo il Papa, protestasse contro l'iniquo smembramento della Polonia: circostanza che fa abbastanza intendere a quali termini fosse divenuta la morale del Gabinetti cristiani nel 1773.

Proprio cosi! Nell'Europa filosofica e tollerante del secolo decimottavo, il solo Potentate, che aggiungesse la sua alla voce del Pontefice, in favore della patria di Giovanni Sobieski, fu il Gran Turco Mustafa III! E Voltaire applaudiva intanto con ambe le mani alla filantropica Catterina! Si aggiunga, pel 18516 un'altra circostanza che fu veramente casuale, ma di cui i Polacchi son avrebbero potuto neppure immaginare una più propizia; e quella fu l'essere Rappresentante della Francia, ed in questa qualità moderatore del Congresso un Polacco: vogliamo dire il Conte Valewski, personaggio, al quale, tra lo altre doti che la fama gli attribuisce, non mancherà certamente quella carità patria, o quello spirito nazionale, come sogliono piuttosto dire, che e l'orgoglio nobilissimo della età moderna. Vedete se le congiunture poteano essere più favorevoli a quella nazione, la cui antica grandezza e appena uguagliala dalle presenti sue sventure! E nondimeno non se ne disse verbo, non se ne fiato! Ed intendiamo di parole pubbliche ed autentiche da inserirsi nel Trattato, o almeno negli Atti pubblici, che riferiscono le proposte e le discussioni previe a quello, alle quali pure si suole attribuire una qualche autorità. Che quanto a discorsi privati, le memorie di quel tempo attestano che ne corse qualche pratica, sventata con singolare destrezza dal conte Orloff, il quale, al solito, promise mirabilia pel miglior governo della Polonia, afforzandosi poderosamente colle liberali e benevole disposizioni del nuovo Imperatore. Ma in sustanza tutto fini con quelle parole a quattr'occhi, che non poteano avere e di fatti non ebbero alcun valore; e della Polonia ne nel Trattato, ne negli Atti fu inserita sillaba.

In quella vece l'attenzione del Congresso si rivolse tutta ad un'altra nazione, non da ricostituire nell'antico essere, ma da costituire in un essere del tutto nuovo, e ad un altro popolo, le cui sorti parvero meritare compatimento e soccorso più assai della Polonia. Oh! non lo ricordate il Memorandum del Cavour, presentato a quell'Areopago europeo dal Walewski? La nazione a costituire era l'Italia, dalla quale bisognava ad ogni patto scacciare il barbaro; il popolo, a cui bisognava stendere la mano soccorrevole, erano i sudditi pontifici; e segnatamente quelli delle Romagne. Signori sii nello stringere un Trattato colla Russia autocrata, persecutrice del Cattolici e vinta, non venne a quei diplomatici neppure l'idea, che si potesse, a sicurtà del nuovo, esigere l'adempimento degli antichi Trattati ad alleviamento di un giogo, che pesa sopra forse sedici milioni di Cattolici, straziandone non sappiamo se più la coscienza o le persone; e venne naturalissima la generosa idea di soccorrere l'Italia, ed in particular modo i sudditi del Papa; la quale ed i quali vi entravano come Pilato nel Credo, non si sognavano che si sarebbe preso di loro quel non chiesto patrocinio, da cui per giunta erano allora offesi di rimbalzo i Principi italiani e più d'ogni altro il Pontefice, e gli uni e l'altro sarebbero stati non guari dopo in tutto o in parte esautorati. Ma ii conte di Cavour avea fatto uccidere in Crimea otto mila Piemontesi, avea scemato di cinquanta milioni di Franchi l'erario piemontese; e con ciò si era acquistato il privilegio li costituirsi protettore dell'Italia, come Catterina II si era costituita protettrice della Polonia, e dell'Italia stessa avea fatta conferire al Piemonte la tanto ambita egemonia.

Una cosi solenne incoerenza, che nel 1856 parve inesplicabile, ha avuto la sua piena spiegazione dai fatti seguiti appresso; i quali ci danno la chiave ad intendere la ragione di ciò che si fece e non si fece allora, e di ciò che si e fatto e non si farà appresso. Ci voleva troppa disinvoltura per ordinare nulla ed anche solo per parlare della Polonia, quando si tiravano le prime fila di una tela, che avrebbe di due terzi d'Italia fatta una seconda Polonia, sia quanto alle perfidie e violenze della usurpazione, sia quanto al manomettere che s' intendeva farvi la Chiesa cattolica. Con ciò abbiamo condotto il lettore ad intendere la ragione, per la quale noi accoppiammo questi due membri, I Russi in Polonia ed i Piemontesi in Italia, in un medesimo titolo in capo a queste pagine; essi ad animi preoccupati da falsi giudizii potranno per avventura parere opposizione, e sono veramente identità. II mostrare nondimeno con quanto fondamento di verità siano questi stati da noi congiunti, richiedendo più largo svolgimento di ciò che possa essere compreso nello scorcio di questo articolo, noi domandiamo venia al lettore di differirlo ad un altro.

I RUSSI IN POLONIA ED I PIEMONTESI IN ITALIA

ARTICOLO SECONDO

Nel discorrere le cose della Polonia, ed in peculiar modo della terribile commozione, onde sono esse al presente sconvolte in quella contrada, egli incontra un fenomeno singolarissimo, il quale non ci ricorda che sia mai avvenuto in altro suggetto. E quello e che, trattando una tale quistione, almeno quanto alla sostanza delle cose, i conservatori parlano quasi lo stesso linguaggio dei liberali, e per poco i clericali non ti sembrano cantare a coro coi democratici; tanto che se questi stanno celebrando tempestosi meetings (cosi piace oggi chiamare all'inglese i pubblici parlamenti), per divisare i mezzi da sostenere la sollevazione polacca, a noi non recherebbe maraviglia che molti onesti e sinceramente cristiani facessero voti a Dio, nel loro segreto, perché si degni benedire gli sforzi di quella cattolica nazione. Ed e si nuova, si inaudita la cosa, che certo J. Asserat, nel giornale dei Débats, ne facea, pochi giorni or sono, gli stupori altissimi, e per poco non ne usciva dei gangheri, parendoli cosa mai più non vista che i cattolici, in quistione di tanta rilevanza, si accordano universalmente a desiderare il medesimo che gli scredenti. Quae conventio Christi et Belial? pare che volesse dire alla sua maniera quell'articolista.

1 Vedi questo volume, pag. 5 e segg.

Pure, chi lo considera attentamente, il fenomeno non e poi cosi malagevole, che non possa avere una sufficiente soluzione, tanto solo che debitamente si distingua ciò che il movimento può avere dalla sua intima e naturale condizione, da ciò che vi e stato pur troppo appiccalo di spurio e disonesto. Quello, secondo che si può raccogliere da antichi fatti e da recenti relazioni, e cosa se non esclusivamente, certo principalmente religiosa; ed i nostri lettori possono averne in parte intese le cagioni da ciò che noi, nel passato quaderno, ne ragionammo. Certo sotto questo aspetto sembra di averlo inteso l'universale delle popolazioni, e ne potrebb'essere non mediocre indizio la parte che, secondo la sua condizione, vi ha presa il clero, i Sacramenti di che molti si muniscono prima di procedere a combattimenti, ai quali si gettano invocando i Nomi santissimi, dai quali si confidano di potere essere confortati nella lotta disuguale e disperata, come riferiva il Giornale di Posen. Vero e che la coscrizione, voluta arbitrariamente restringere alle sole città, dalle quali si comincio prendere tutto il numero delle cerne imposto alle singole province, ed, oltre a ciò, eseguita non col legale sorteggio, ma coi suggerimenti discretivi della Polizia, dalla quale designati appena i veri o supposti sospetti, questi erano strappati nottetempo dalle loro case, per essere mandati a servire per venti o venticinque anni nel Caucaso od in paesi più inospitali di quello, ancorché avessero figliuolanza numerosa; vero e, diciamo, che una levata di uomini, fatta in modo cosi disumano, determinò il movimento. Ma gli animi vi erano già di lunga mano preparati, e quella non fu che l'ultima gocciola, che fece traboccare il calice, o piuttosto la scintilla, che fe scoppiare una mina gia preparata. Ora l'apparecchio fu fatto se non unicamente, certo principalmente dalla persecuzione religiosa, sotto la quale quel popolo cattolico sta gemendo, con rarissimi e brievi intervalli di rallentamento più che di tregua, da presso a novant'anni.

Pertanto se un popolo, messo alla disperazione, come iteratamente si espresse intorno ai Polacchi John Russell, nell'assoluto difetto di ogni altro mezzo, si fosse rivolto alle armi, per conservare la Fede dei padri suoi, e ciò con sufficiente speranza di riuscimento; non troverete alcun moralista cattolico che ne lo volesse condannare: ne troverete anzi parecchi che ve lo licenzierebbero espressamente, e per poco non glielo imporrebbero a debito. Ne fu cosa appropriata solamente al medio evo, ma fu strettamente conforme al giure naturale ed all'ecclesiastico ciò che fece il Pontefice S. Gregorio VII. quando band! Ira i popoli di Lamagna che si difendessero colle armi dal quarto Errico, il quale ne voleva distruggere o corrompere la religione. Pertanto se le cose stanno come dicemmo, senza ricorrere a motivi puramente politici, i soli motivi religiosi bastano per ispiegare e giustificare le inclinazioni che i Cattolici universalmente manifestano per la causa dei Polacchi.

Ma questa sgraziatamente fu, non diremo già deviata al tutto, ma sicuramente contaminala dai maneggi di ribellione o, per dirlo colla propria sua parola mezzo barbara, dallo spirito rivoluzionario, senza che di ciò si voglia fare un capo di accusa a tutta quella nobilissima nazione. E quale tra le nazioni moderne ne è netta cosi, che possa gettare alla Polonia la prima pietra? E se tutte ne sono, qual più qual meno, infette, non esclusane la stessa Russia, in cui e fama che ne siano corrosi gli ordini più colti e più elevati della società, perché ne avrebbe dovuto andare franca la sola Polonia? Ma, pagato questo tributo di giustizia all'universale della nazione, dobbiamo pure confessare che quello spirito nefasto si e, da quarant'anni, gettato con ismisurato accanimento sopra quella gia abbastanza sfortunata nazione, affaticandola con tutte le maniere di privati e pubblici pervertimenti, ond'esso riesce a deturpare qualunque causa, quanto che nobilissima, a cui si attacca; e noi non sappiamo quale delle due a quella della Polonia riuscisse più perniciosa, se l'indifferenza della diplomazia, o le fanatiche simpatie della rivoluzione. Questo sappiamo di certo, che dovete une e le altre tornarono sterili allo stesso modo, quanto all'effetto di medicarne le piaghe, e più ancora quanto a quell'altro di ristorarla nell'antico essere di nazione indipendente; questa seconda, cioè la rivoluzione che se ne voile mescolare, torno in varie guise positivamente pregiudizievole.

Essa, colle sue opere ora occulte, ora scoperte, snaturo malamente la causa polacca nello scopo che le voile prefiggere, in quanto a ciò che era certo, legittimo e santo, val quanto dire al mantenimento dei Trattati, comprendenti espressamente l'integrità della Chiesa cattolica, sostituì do che era dubbioso ed equivoco, val quanto dire il tanto elastico principio delle nazionalità. Oltre a ciò, alla vera azione universale del popolo che, abborrendo da mezzi iniqui difende ciò che vi ha per esso di più sacro in questo mondo, la sua Fede e la sua famiglia (pro aris et focis), sostituzione corrompitrice delle società secrete, la comunella coi rivoltosi degli altri paesi, ai quali i fuorusciti di quella gente porgeano il braccio, le mene occulte, le sedizioni aperte e perfino, in qualche caso per verità non frequente, l'assassinio politico ed il tradimento. Il quale corrompimento di cosa ottima dovea naturalmente riuscire pessimo; e fu pessimo nei suoi effetti di ribadire i ceppi, che si pretendeva rompere, e di dare ad un Potere sospettoso e spietato nuovi motivi di raddoppiare i rigori al di dentro, fornendo a questi una spiegazione e quasi una giustificazione nella necessita, in che si metteva il Potere stesso di essere duro per mantenersi. Al di fuori poi, diventata la Polonia, per colpa delle sette, quasi simbolo di persistente rivolta, le persone oneste e cattoliche restavano adombrate ed insospettite, non forse sotto specie di religione s'appiattasse quello spirito rivoluzionario, che n' e anzi la negazione e l'antipodo. Certo a questo malaugurato intervento della rivoluzione nelle cose dei Polacchi hanno essi tutta la obbligazione della severa Endelica, che diede ai Vescovi di quella nazione nel!832 Gregorio XVI; il quale nondimeno di quei settarii e sediziosi parlo mono acerbamente di quello, che facesse più tardi un pubblicista laico e liberale, qual fu il signore di Toequeville 1. Anzi lo stesso Pontefice nella Allocuzione del 1842, che fu un vero grido di dolore del Pastore, che vede disertata e manomessa una parte notevole del caro ovile, non pote preterire di menzionare quello spirito sedizioso (spiritum seditionis), dal quale una causa tanto nobile e tanto giusta era stata da uomini iniqui deviata ad intenti, a dir poco, in parte dubbiosi, ed in parte manifestamente riprovevoli.

Ma deh! che rileva per quella scellerata genia il contaminare bruttamente ciò che i popoli hanno di più caro, e difficoltarne loro e quasi renderne impossibile l'asseguimento, tanto solo che ad essi sia dato valersene all'attuazione della loro idea?

1 L'Ancien Regime et la Revolution, pag. 261.

Essi hanno trovato che la Polonia e strumento acconcissimo ad essere agitala e ad agitare di rimbalzo altri popoli, sotto il pretesto della indipendenza e della nazionalità; ed eccoli tutti amici, protettori, paladini della Polonia; e ne vadano alla malora vita, sustanze, libertà, onore, la Fede medesima e la Chiesa cattolica, il cui mantenimento e il titolo più degno e meno disputabile, che quella abbia per esigere dalla Russia l'adempimento degli antichi Trattati e delle recenti promesse! Con ciò ci sembra chiarita l'altra parte del fenomeno, la quale riguardava il fanatismo, onde i sediziosi ed i democratici di tutti i paesi si arrabbattano per le sorti di quella nazione.

In una parola: la causa della Polonia essendo nel fondo religiosa, o certo avendo nella religione i più legittimi e men contrastabili suoi titoli, i Cattolici sinceri di tutti i paesi non possono altro che desiderarne un trionfo, il quale, eziandio senza uscire da quei limiti, avrebbe effetti salutarissimi in quell'ordine medesimo di relazioni che meno sembrano pigliate di mira: vogliamo dire in tutta la vita politica e civile di quel popolo. Per converso quella causa stessa, quale la vogliono manipolare i democratici, servendo sempre a pretesto dl sedizione, e potendo riuscire a quella rivoluzione universale, a cui essi aspirano, nessuna dovea tanto eccitare il loro zelo, quanto quella; e si vede di fatto che di quella più hanno parlato e straparlato da parecchi lustri. Quinci pertanto si fa più evidente, come appunto una tale intrusione debba essere quella, che ispira alcuna volta apprensioni e sospetti alle persone oneste a riguardo di una materia, la quale, considerala sotto l'aspetto cattolico, non ne potrebbe ammettere neppure l'ombra.

Ora chiunque conosce (e chi può non conoscerlo negli anni di grazia 1863?) ciò che sappia e possa fare la rivoluzione in opere di ricostituire i popoli, e dar loro civiltà, libertà, indipendenza, nazionalità con tutto il resto di coteste ampollose promesse; chiunque, ripetiamo, conosce ciò, non potrà mai augurare alla Polonia, che il suo trionfo avvenga per opera del rivoluzionarii; e coloro, che colle armi alla mano stanno combattendo per lei, fecero con molto senno, quando non vollero aver che fare con alcune scimmiature del Mazzini e del Garibaldi, invitandoli efficacemente ad andarsene per la medesima via ond'erano venuiti. Quando quella nazione dovesse prevalere e trionfare per opera di cosiffatti uomini, tanto vale che si rimanga come si trova. Che se i suoi rigeneratori democratici possono per caso essere meno duri dei Russi; essa sotto di questi risparmia almeno il ludibrio di sentirsi ricantare ad ogni ora, che essa l'ha voluto, anzi che essa lo vuole, e che in tutto e per tutto non si compie, che il suo volere, espresso originariamente con un plebiscito, e poscia colla nomina di suoi Rappresentanti. Nel resto Chiesa cattolica e libertà civile, sotto qualche Pisanelli o Lamarmora polacchi, starebbero ne più ne meno, che come stanno sotto dei Russi; tanto più che in Polonia non si scontrerebbero al presente le difficoltà d'introdurre il nuovo ordine morale, le quali si sono incontrate in Italia, stante che ivi Catterina II ed i seguenti Czari si sono essi pigliata la briga e l'odiosità d'introdurlovi; e tutto si ridurrebbe a mantenere lo statu quo, cangiata solo la nazionalità dei padroni. Non ignoriamo che al presente parecchi dei meno famigerati democratici di quel paese dicono di combattere, per assicurare al popolo la libertà religiosa e la indipendenza delta Chiesa cattolica; nel che esemplano non mediocremente il Conte di Cavour, quando (se ve ne ricorda), tra gli altri motivi del volere sottrarre all'Austria il Lombardo-veneto, noverava quello di liberarlo dalle leggi giuseppine. Anzi cola i rivoluzionarii e i democratici andarono alcuna volta più oltre; ed essi, come il popolo, dicono di fare il loro precipuo fondamento nella persecuzione religiosa, dalla quale professano di volere affrancare una cotanto degna nazione. Ma chi mai potrebbe essere colto al laccio insidioso di coteste scede, sapendosi universalmente che essi sono i fratelli carnali di coloro, che nell'Italia stanno esercitando una verissima persecuzione religiosa? II quale diversisssimo contegno della medesima generazione di uomini e ottimamente spiegato dalla diversa disposizione della materia, sopra la quale essi hanno dovuto operare. In Polonia, dove si trovava veramente oppressa la Chiesa cattolica, il sentimento cristiano, cosi vivamente offeso nel popolo, in mano alla rivoluzione, ha dovuto servire di pretesto e strumento a ricostituirne la nazionalità e l'indipendenza, come essa l'intende. Ma nell'Italia, dove la Chiesa cattolica è riverita e dominante; dove anzi dalla Provvidenza n'è stato collocato il centro, la rivoluzione dovete incedere per un'altra via.

Qui si tolse a strumento la nazionalità e l'indipendenza, delle quali, un poco di buona voglia, un poco per forza, s'era riuscito a riscaldare alquanti cervelli; e con quella si lavoro e si sta lavorando, per isvilire la Chiesa, per iscinderla, per isnervarla, e, se fia possibile, per sommetterla tutta intiera al Potere civile, non esclusione il supremo Pastore di lei, facendolo declinare alla condizione di suddito. Eh! che la rivoluzione e più loica di quello, che non si crede! ed essa che in Polonia detesta lo scisma per pigliarne cagione di condurre l'impresa nazionale a suo profitto; essa medesima sta in Italia giocando di mani e di piedi per creare in Italia lo scisma, affine di raffermare e compiere con essa l'impresa nazionale a suo solo profitto.

Ma qui, e cola, e per tutto e sempre la medesima; cioè nemica giurata di Cristo e della Chiesa, tiranna dei popoli, cui promette di liberare, e disposta a tutto immolare alla propria sete di ricchezza e di signoria, sciolta da ogni freno o rattento, fosse pur quello, anzi principalmente da quello che viene dalla legge di Dio.

E se ne può avere una pruova luculentissima appunto in cotesto sbracciarsi, che stanno facendo i democratici e rivoluzionarii e liberali di tutto il mondo, per andare a disfare in Polonia ciò che essi, in questi ultimi tre anni, od hanno fatto, od hanno approvato che si facesse in Italia. E vi ponga ben mente il lettore; che il riscontro non e un ghiribizzo poetico od una stiracchiatura rettorica: esso e cosa pienissima di verità; e l'averlo trovato espresso in questi giorni da alcuni dei migliori giornali, che si leggono in Europa, se ha tolta l'originalità alla nostra idea (che e poco male), ci ha confermati nel convincimento delta sua giustezza. E per qual capo ne volete, per vita vostra, vedere la dimostrazione? Nei titoli forse dell'acquistata signoria? nella maniera, onde questa e esercitala? ovvero nei mezzi, ond'essa e mantenuta a dispetto dei renitenti? Tant'è! per tutti questi capi, la Russia e per la Polonia ciò che il Piemonte si è fatto per l'Italia annessa e per le Due Sicilie notantemente; e se differenza vi corre, questa e, che nel primo caso vi sono novant'anni di possesso sopra una preda, la quale e assai più piccola del predatore; laddove nel secondo non vi sono ancora trenta mesi di possesso, e l'usurpatore, più piccolo assai degli stati usurpati, dovete farsi grande delle sole protezioni straniere e della propria perfidia. E forse sarà stata questa somiglianza (diciamolo cosi di passala) la cagione, perché la Russia voile riconoscere il Regno italiano, e per la quale il Regno italiano, per quanto vi sia sospinto dalla democrazia, non sembra disposto a far nulla per la Polonia.

Ha ragione! ogni qualvolta esso s'imbarcasse a far qualche cosa a favore di questa, rinnegherebbe, combatterebbe e quasi distruggerebbe virtualmente se medesimo.

Di pochissimi falli metteremo qui in nota i ricordi; ma questi saranno indubitati, e non rivocati in dubbio dagli storici meno ostili alla Russia. Di lunga mano innanzi che si venisse al famoso smembramento della Polonia, esso già era stato stabilito segretamente tra Catterina II e Federico di Prussia, salvo a farvi entrare, di buona voglia o per forza, Maria Teresa d'Austria. Ciò intanto non toglieva che quelle due Potenze fossero in ottimi termini d'amicizia colla vittima designala; che tenessero scambievolmente con questa relazioni diplomatiche e ambasciatori accreditali nelle rispettive loro corti. E perciocché era impossibile che qualche sospetto non ne trapelasse, la Czarina se ne adonta, come di un oltraggio; e fa scrivere, per mezzo del suo Ministro, queste espresso parole: Invano la malevolenza si sforzerebbe di attribuire all'imperatrice dei disegni odiosi contro l'indipendenza e gl'interessi della Polonia: Essa crede di essersi collocala al di sopra di somiglianti sospetti.

Essa non ha alcun disegno sul loro paese, ed e cosi lontana dal pensiero di agitarla e d'ingrandire a spese di lei il proprio Impero, come dall'idea di sommetterla per la forza delle armi 1.

Pure, quando ogni cosa fu preparata, si dovea venire al fatto; e vi si, venne pigliando pretesto di mescolarsi nelle cose interne della Polonia dalle turbolenze, le quali Catterina stessa, con suoi uomini e con suoi danari, vi eccitava e manteneva, e dalle quali s era convenuta col Re di Prussia, in un trattato secreto, di non permettere che quella sventurata nazione si liberasse, componendosi a migliori ordini.

1 THEINER, Vicissitudes de l'Eglise catholique des deux rites en Pologne et en Russie. Paris, 1843, vol. 1, pag. 88.

Ma pretesto ancora più specioso se n'ebbe nei pochi eterodossi scismatici, luterani, sociniani, ai quali si concedeva dalla Repubblica polacca tanta libertà, che maggiore in quel tempo non ne avrebbero potuto avere in qualunque altra contrada cattolica; ma i quali nondimeno l'Imperatrice pretendeva, che non ne avessero abbastanza; e però si credeva obbligata di sostenerne i diritti colla diplomazia e colle armi. La voce della coscienza (cosi scrivevano i suoi Ministri), la fede dei Trattati, l'affetto tutto speciale che l'Imperatrice porta ai Polacchi suoi correligionarii e dissidenti, non le permettono di guardare con occhio indifferente l'oppressione, sotto la quale geme un gran numero di loro 1. Ed intanto il suo Ambasciatore ripeteva ai Polacchi: L'Imperatrice non ha innanzi agli occhi cho la libertà e l'indipendenza del genere umano. L'uguaglianza è il solo fondamento della libertà, e questo e il solo principio, a cui si rannodano, nella sua politica, tutti gli altri 2. Commessi i maneggi diplomatici all'Ambasciatore Repuine, e le fazioni guerresche a Massimiliano Zeleuzniak, comandante dei Cosacchi del Don, tutto il resto andò da sé; e nel 1794, Stanislao Poniatowski, per tempo e per merito ultimo Re della Polonia, fu obbligato dalla forza a gettare la sua corona a'  piedi di Catterina, che già se n'era usurpali i diritti 3.

Il lettore in questi pochi tratti, senza pur noi suggerirglielo, avrà già riscontrata la storia delle annessioni italiane al Piemonte: tanta è la somiglianza e quasi la identità dei procedimenti nell'uno e nell'altro fatto! Talmente che a noi par probabile, che il Cavour, primo architetto ed operatore principale di quelle annessioni stesse, vi si apparecchiasse con istudii profondi e coscenziosi della politica russa nel dimembramento della Polonia, essendo inverosimile che tanta convenienza nei fatti e per poco non dicemmo nelle parole, sia effetto del solo caso.

1 THEINER 1. c. pag. 90.

2 Ibid. pag. 96.

3 ROHRBACHER, Histoire universelle de I'Eglise catholique, livr. LXXIX,. tom. 27, pag. 226 e segg.

Ad ogni modo, l'incorporazione di tutta l'Italia al Piemonte già stabilita, prima ancora che se rie trovassero i pretesti, e negata intanto risolutamente, fino a recarsi ad oltraggio, se altri gli avesse attribuila una tale idea; poscia apparecchiato il pretesto nelle turbolenze, che gli uomini e loro del Piemonte eccitavano e mantenevano negli altri Stati italiani, i quali pure erano in termini di amicizia con lui, ed avevano suoi Ambasciatori nelle proprie corti ed i proprii nella sua; quindi le alte querele che ai liberali italiani, i quali erano i correligionarii del Cavour e del suo partito, non si concedesse sufficiente libertà, e che quelli anzi gemessero sotto l'oppressione; e da ultimo l'obbligo di coscienza e di onore, in che si trovo il Re galantuomo di ascoltare quel grido di dolore, e di stendere la mano soccorrevole a quei gridatori ed addolorali, d'onde si originarono l'assassinio di Castelfidardo, le fazioni del Volturno e del Garigliano e l'espugnazione di Gaeta: questi furono (e chi non ne ha memoria?) i passi, pei quali il Piemonte venne alle famose annessioni; e ci si dica in che si differenziano da quelli, onde venne la Russia al non meno famoso smembramento? E se questo fu un assassinio, per quale ragione dovranno quelle riputarsi e dirsi impresa nazionale? Non è tuttavia da dissimulare, che per le annessioni italiane vi furono i plebisciti universali ed unanimi, i quali veramente mancarono al dimembramento della Polonia; ma vuole osservarsi che a quel tempo questa nuova maniera di acquistare la Signoria dei popoli, non che non essere di moda, com'è al presente, neppure si conosceva. Che se fosse stata, credete che ad una Catterina II l'avere un plebiscito unanime ed universale dai Polacehi, saria tornalo più malagevole di quello, che tornasse al Piemonle l'averlo dai Toscani, Bolognesi, Napolitani, Romagnoli e via dicendo? Nel resto se a lei mancò questo maraviglioso titolo di Sovranità, essa n'ebbe un altro, che il Piemonte non ha avuto, che neppure ha sognato di avere, ed il quale a certi pubblicisti potrebbe parere cosa, se non più legittima, certo meno comica del plebisciti. Essa riusci a strappare allo spregevole Poniatowski, a favore delle tre Potenze dividenti, una rinunzia di quella corona,

la quale essa medesima, a prezzo di adulterii, gli avea fatta mettere in capo 1. Ma supposto pure che il plebiscito avesse il medesimo valore che ebbe questa rinunzia, le condizioni dell'uno e dell'altro caso sarebbero ugualissime; e pero avemmo il diritto di domandare e dimanderemo di nuovo, finché non ci si dia una risposta: perché mai dello smembramento della Polonia si sta parlando da novant'anni con esecrazione, come dell'eccidio di una nazione; e delle annessioni italiane si sta da molti parlando da tre anni, come della rigenerazione e quasi della creazione di un'altra? Perché l'Imperatrice che fece quello, e considerata poco meno, che come una Gezabelle; e il Re, nel cui nome si fecero queste, e diventato per antonomasia il Galantuomo? Prevediamo la risposta, a cui sarà già corso col pensiero il lettore: ivi essere stata una nazione che ne soggiogava e quasi ne spegneva un' altra; tra noi essere una parte del popolo medesimo, la quale, congiungendo a se le altre, mirava ad unificarlo nello stesso essere di grande e potente nazione. Ma credete voi forse che Ira il Regno di Napoli, esempligrazia, ed il Piemonte corra maggiore o identità di stirpe, o somiglianza d'indole, o congiungimento geografico, o medesimezza di tradizioni e di storia, che non tra la Russia e la Polonia? non sapete che l'una e l'altra, contigue per lunga estensione di comuni frontiere,. appartengono al gran ceppo slavo, dal quale ricevono una forma diremmo quasi nazionale, che le rende, come sono geograficamente, cosi eziandio etnograficamente più vicine e più afflini, che non sono tra loro i Subalpini cogli abitatori dell'antica Magna Grecia? Quel vincolo poi tenuissimo di avere questi ultimi una lingua illustre comune coi primi, appena può entrare nei computi dell'unificazione, chi consideri i disparatissimi linguaggi popolari, che nell'uno e nell'altro paese si parlano; laddove Russi e Polacchi, come sono della stessa stirpe, cosi parlano il medesimo slavo, quantunque questo variamente modificato sembri nelle due diverse regioni costituire due diversi idiomi: e ad ogni modo se di una comune lingua illustre vi fosse uopo, sarebbe la francese,

1 ROHRBACHER, loc. Cit.

la quale, benché straniera ad ambedue i paesi, si è fatta ivi tra le genti colte cosi usuale, che più non e il Toscano nella Calabria ed in Val di Aosta. Pertanto se Catterina II avesse miralo, nello impadronirsi della Polonia (come tutto fa credere che mirasse veramente), a costituire una grande nazionalità slava, o almeno ad iniziarne lo stabilimento sotto lo scettro dei Romanoff, forse che non avrebbe potuto giustificare i suoi procedimenti coi medesimi titoli, onde il Piemonte giustifico i suoi: dall'intento cioè di costituire una nazionalità italiana, sotto lo scettro della Casa di Savoia? Ma se nello scopo della usurpazione e nei mezzi dell'usurpare vi è stata tra la Russia ed il Piemonte tanta somiglianza, che per poco non si direbbe piena ed assoluta identità; nella maniera di amministrare la Signoria usurpata non vi e stata analogia minore; e se differenza vi corre, questa cede in vitupero maggiore del secondo a rispetto della prima. Noi non siamo cosi teneri delle nazionalità, che ci sembri violazione del diritto pubblico naturale il governarsi che faccia uno Stato da un Principe di altri stati, e che non sia naturale di quello: come, per esempio, l'Imperatore d'Austria governa i suoi possedimenti italiani. Ma bene ci e forza vedere quella violazione, quando non si osservano i patti e non si attengono le promesse; quando si conculcano gratuitamente i sentimenti più naturali e legittimi di un popolo; quando soprattutto si oltraggia la sua coscienza cristiana e cattolica, straziandola con violenze, che la mettono a quel tremendo bivio di scegliere tra l'apostasia ed il martirio.

Queste sono le vere tirannidi dei popoli, dalle quali essi sentendosi sospinti alla disperazione, le fanno talora pagar mollo care anche in questo mondo a coloro che, a dispetto di tutte le leggi umane e divine, si credettero avere il diritto di esercitarle. Ora, siccome già osservammo nel passato quaderno, se Catterina II non fosse entrata nell'insipiente e tirannico divisamento, seguitato con maggiore o minore pertinacia dai suoi successori, di assimilare o piuttosto unificare social mente e religiosamente la Polonia già libera e cattolica alla Russia servile e scismatica; in altri termini, se avesse lasciata ai Polacchi la loro Costituzione, le loro franchigie municipali, il loro linguaggio, e più d'ogni altro la loro Chiesa cattolica, si saria potuto porre cento contro uno, che quell'acquisto, benché nelle sue origini tanto iniquo, si sarebbe venuto con una sufficiente buona contentezza dei popoli a mano a mano assodando e legittimando; e sicuramente non sarebbe diventato un seme di perenne agitazione per l'Europa, una croce intollerabile per quella sventurata nazione, e per la Russia medesima non sarebbe un tarlo segreto al di dentro, un mantello d'infamia al di fuori ed un tremendo divino giudizio che dall'alto le sovrasta sul capo. Ma per far questo, l'essere madri e padri dei popoli ed il volerne unicamente il bene dev'essere una realtà vera, e non una menzogna, una ipocrisia, un'atroce ironia, come era nei proclami pomposi della Czarina, e come fu quasi sempre negli atti diplomatici di chi le venne appresso.

Ora, per accostarci all'altro termine del paragone, nessuno può sapere quello che avrebbe fallo il Conte di Cavour, quando la Provvidenza gli avesse lasciato il tempo di dare ordine alla impresa, della quale egli era stato l'architetto e l'iniziatore principale. Chi sa se a lui saria bastala la sapienza civile, per conoscere l'enorme sbaglio commesso dal modello tolto da lui ad esemplare, e se avrebbe avuto il coraggio di emendarlo, mettendosi per la via opposta! Allora davvero l'unita italiana si sarebbe potuta in certa maniera avviare a qualche possibile componimento, e la causa dei legittimi Principi non se ne sarebbe tanto vantaggiata, quanto in questi ultimi anni e venuta facendo. Perciocchè noi andiamo ripensando che se il Piemonte, consummato il grande assassinio, avesse avuto l'avvedimento di lasciare, quanto fosse stato possibile, le cose come trovavansi nei varii stati italiani: le stesse leggi, le stesse abitudini e, quanto si fosse potuto ottenere, gli stessi uomini, contentandosi che il Regno rimanesse il Regno, il Granducato seguitasse ad essere il Granducato, conservando a ciascuno tutta quella parte di rilevanza e di splendore che potea comporsi colla perduta autonomia; se con un sistema di bene intesa economia, non che astenersi dallo imporre nuove gravezze, si fosse applicalo a scemare, anche in piccolissima parte, le antiche, e ne avrebbe avuto il mezzo nei patrimonii rubati ai Principi e nell'essere da cinque diventalo uno il Sovrano, il Corpo diplomatico cd altri dicasteri di amministrazioni centrali; in particolar guisa se avesse, non diremo protetta, ma lasciata stare la Religione con quei beni e diritti ed usi che aveva innanzi, non si mescolando di frati e di suore, di Vescovi e di Canonici, e molto meno di Sacramenti, di prediche e di pastorali, concedendo alle cose e persone sacre quella protezione e libertà che non si nega alle cose e persone, non che profane, ma tristi; se, diciamo, si fosse fatlo cosi, tre anni di dominio piemontese sarebbero molto probabilmente stati tre anni di assettamento per l'Italia. I popoli quasi non si sarebbero accorti del mutamento; e di qualche scomodo che inevitabilmente dovea seguire da quello, avrebbono potuto avere non lievi compensi.

Intanto molte diffidenze si sarebbero dileguate; molti che balenavano si sarebbero determinati pel nuovo ordine; e certamente dalla Chiesa non ci sarebbe stato a temere che avesse soffiala nei popoli mala contentezza, e molto meno eccitabili a ribellione. E quando fossero passati i quindici, i vent'anni in quel tranquillo stato di cose, non vi pare che si sarebbe dato un gran passo alla vagheggiata unificazione dell'Italia? Torniamo a dire: noi non sappiamo se al Cavour sarebbe bastata la sapienza civile per mettersi in una cosiffatta via; e chi sa che la Provvidenza non lo togliesse di mezzo, appunto perché non voleva che vi si mettesse, in quanto non voleva che l'opera iniqua e sacrilega nell'origine acquistasse quella qualunque specie di sanzione, la quale dal tempo lungo e dal pacifico possesso suol darsi, almeno nella opinione degli uomini, ad opere inique e sacrileghe di questo genere.

Il fatto e che i successori del Cavour non ebbero quella sapienza, o piuttosto non ebbero quella padronanza sopra le passioni proprie e del proprio partito, la quale era indispensabile per operare seconda i dettami di quella. Essi per avidita di ricchezze, per rabbia di comando, per satisfacimento di private vendette, per foga forsennata di un innovare, che era piuttosto un distruggere, e massime per impazienza di disfogare gli antichi loro mal covali rancori contro la Chiesa cattolica e contro le persone, le istituzioni e le cose, che a lei comunque si attengono, si gettarono, con furia smisurata ed insipienza uguale, a fare in Italia precisamente quello che Catterina. II ed i suoi Russi hanno voluto fare in Polonia. Anzi tanto peggio, quanto che tra noi il concetto medesimo di unita italiana e andato a monte; laddove cola il concetto di unita slava si e pur mantenuto in qualche maniera. Cosa notevolissima e già osservata da molti! L'inconsulto e colpevole municipalismo, non vogliam dire del Piemonte, ma, del pochi scellerati che se ne arrogarono la rappresentanza, non intese già a costituire dell'Italia una nazione, ma voile incorporare o piuttosto soggiogare tutti gli stati italiani al Piemonte, il quale non fu mai ne il più civile ne il più grande tra, gli altri Stati della Penisola. Con questo intendimento esso tratto i paesi annessi come conquistati, facendo man bassa sopra di tutto, ed imponendo colla forzala sua legislazione, le sue abitudini, i suoi ordinamenti, i suoi uomini e poco meno che la sua pronunzia semigallica ed il suo dialetto, dando per emblema del fatto assorbimento, la Croce Sabauda, costituita per Arme od insegna di tutto il nuovo Regno, quando quella era genlilizia del soli piccoli Buchi di Savoia. E perciocché in Italia non i era uno scisma, a cui obbligare le coscienze, i Moscoviti italiani si sono imbarcati nella nefanda e sacrilega impresa di fabbricarlo; e se per benignità di cielo noi non abbiamo un Caucaso od una Siberia, dove deportare i renitenti, i bagni della Sardegna, di Nisida e di Pallanza stanno raccogliendo da un pezzo gl'inascoltati sospiri dei nostri Prelati e dei nostri Sacerdoti, commisti alla, turba dei malfattori ed incatenati alla loro catena.

Vero e che nei varii stati italiani si e trovato qualcuno, che ha stesa all'opera infame la mano parricida; ma perché l'Italia non dovea avere nei Ricasoli e nei Pisanelli i suoi Wielopolski? Ed avessero quei primi i titoli di scusa, che pure si possono recare per quest'ultimo! Ma essi non tentarono una riconciliazione dopo novant'anni di possesso, sivveramente si adoperarono per l'annientamento primo delle patrie loro; e ad ogni modo la Polonia, diventata provincia russa, e Varsavia che ha per sua metropoli e dominante Pietroburgo, dee parere cosa meno innaturale, che non sono la Toscana ed il Regno per antonomasia (consultate il Vocabolario), fatte province del Piemonte; cosa meno spropositata di Firenze e di Napoli che ricevono i loro Prefetti da Torino, come Cuneo ed Aosta! Fare l'Italia! Ma per fare l'Italia, la prima cosa, si richiedea che quei messeri smettessero di essere piemontesi. Ora so do fosse stato, assicuratevi che la rivoluzione non sarebbe seguita; in quanto e indubitato che il fare l'Italia una fu il pretesto, onde si voile coprire il creare un grande Piemonte.

Era inevitabile, emergeva dalla necessità medesima delle cose che popoli offesi si altamente nei più legittimi e dilicati sentimenti di amore patrio, affaticati e smunti nelle borse quanto non erano stati mai per lo passalo, messi sossopra in ogni appartenenza della pubblica cosa ed in molte ancora della domestica, oltraggiati e violentali in io che si attiene a Chiesa cattolica e coscienza, trattati insomma come dai Russi sono trattali i Polacchi (con quella diversità, s'intende che è portata dal temperamento di verso delle diverse regioni); era inevitabile, ripetiamo, che i nostri popoli si atteggiassero verso i nuovi loro padroni, come quelli cola si trovano disposti verso dei loro che già possono chiamarsi antichi. E dalle medesime cagioni come non ne avrebbe dovuto seguitare il medesimo effetto? Questo nondimeno si modifico variamente, secondo la varia condizione dei nostri Stati, a cui il nuovo ordinamento fu applicato; che nei minori e di più mite indole ed insueti alle armi, come, per figura di esempio, la Toscana ed il Modenese, il vedersi privi della propria autonomia, separati da gloriose dinastie, spogliate dell'antico splendore, e poco meno che destituti della propria storia, la quale nella prima era la più illustre che avesse l'Italia, se solo si ecccttui la Venezia; messe, diciamo, a queste strette, quelle province, ma non avendo o la coscienza o la realtà delle forze necessarie a riscuotersi, sono rimaste in uno stato di oppressione cupo, silenzioso e pienissimo di mestizia, che, lungi dall'essere lenito e reso ancor più profondo dalle mascherale sacrileghe, che il Governo di Torino sembra avere non pur permesse ma promosse negl'inizii della passata quaresima in varie province per rallegrarle. Questo stato vi' rappresenta motto bene la condizione della Polonia, nei parecchi anni che passarono di possesso pacifico per parte della Russia; ed a Firenze, a Modena, a Parma, a Bologna può a tutta ragione applicarsi la frase del Generale Sebastiani, divenuta celebre per l'atroce ironia che acchiudeva: l'ordine regna a Varsavia.

Per contrario nelle Due Sicilie, che esse sole sono quasi la metà di tutto il preteso Regno italiano, quelle popolazioni fiere, rubeste ed armigere, come tosto capirono a che giuoco giocavasi, presero le armi per la loro indipendenza, che veggono distrutta, e per la loro Religione che sanno oltraggiata e vilipesa; ne l'essercisi mescolati molti delitti e non pochi facinorosi toglie, che il primo ed universale intendimento sia stato quello. Però le province meridionali dell'Italia ci rappresentano molto espressivamente la Polonia in istato d'insurrezione, come fu nel 1831 e come e nel 1863; e non sappiamo se possa assegnarsi Ira i sollevali regnicoli e polacchi una differenza cosi sostanziale, che giustifichi il tenere questi per eroi, ed il qualificare quelli per briganti. La sola che vi vediamo noi è, che contro ai primi pur militava il pacifico possesso di parecchi lustri; laddove pei secondi non ve ne sono state parecchie ore: e che se quelli combattono da oltre a due mesi, questi si stanno mostrando indomabili da presso a tre anni.

Nel resto (e con ciò chiudiamo il paragone) il contegno del Governo piemontese, a rispetto delle reazioni napolitane e delle sicule, non sembra guari opportune a rendere meno espressiva la somiglianza.

Leggi marziali, stati d'assedio, fucilazioni a migliaia, incendii di città e borgate, profanazioni di cose sacre, macelli orribili di donne, di fanciulli, di vecchi, di sacerdoti, ecco i mezzi di che si valgono i Russi per mantenere la loro dominazione in Polonia; ed ecco, ne più ne meno, quelli, onde per mantenere in Italia la loro si sono valuti e tuttavia si valgono i Piemontesi. Anzi, per amore di verità, si deve aggiungere, che almeno cola, secondo che riferiscono i giornali, i duci degli stessi Cosacchi si adoperano a rattenere quella gente feroce, che non trascorra ad inutili stragi ed a distruzioni gratuite; o almeno ne fecero le viste. Ma nelle province meridionali italiane neppure quel pudore si e avuto; e sono stati i duci medesimi che con pubblici bandi vi hanno sospinto soldatesche, le quali sicuramente non erano Cosacchi, ed a cui dovea ripugnare il mestiere di manigoldi e di carnefici. Certo tra i nomi barbari dei capitani moscoviti, che giungono commisti alle novelle di quella lotta, noi ne abbiamo indarno cercato qualcuno, che, in opera di bestiale ferocia, potesse paragonarsi coi Cialdini, coi Pinelli, coi Fumel e con quegli altri non pochi, i quali il Piemonte ebbe tratti, non dalle steppie solitarie del Dnieper, o dalle rive desolate del Don, ma dalla feccia delle società segrete a desolazione della parte più bella e già più felice d'Italia.

Non si sa e non si può sapere a che riusciranno le cose; ma se queste restano come stanno, e mollo probabile, che le reazioni napolitane e la sollevazione polacca resteranno oppresse dalla forza e soffocate nel sangue. No! non e possibile che gli sforzi, quanto che poderosi, di genti alla spicciolata possano lungamente mantenersi e meno ancora prevalere contro Governi, che dispongono delle forze più o meno ordinate d'interi stati, ed ai quali Governi non e imposta la mitezza e la tolleranza, che s'imponeva ai Principi italiani, affine di ispodestarli. L'incredibile valore della Vandea e la indomabile sua ostinatezza dovettero, a lungo andare, nella fine del passato secolo, capitolare coi duci repubblicani, che pure tante volte erano stati da lei sconfitti. Intanto noi non crediamo, che le pratiche diplomatiche siano per riuscire questa volta per la Polonia più efficaci di quello che fossero per lo passato; e se nulla di effettivo non ne dee seguire, il Regno di Napoli potrà portare in pace, che per lui neppur quelle si sono adoperale, condannato, com'è, a vedersi apprezzato meno di quella sua doppiamente sorella, nella fede e nell'infortunio. La sustanza e che nel medesimo lustro, nel quale si e fatta l'Italia, quale la voile fatta il Conte di Cavour, non si può disfare e non si disfarà la Polonia, quale la volle fare Catterina II. Ambedue sono la stessa cosa, ed importano oppressioni dei popoli e persecuzione della Chiesa cattolica. Quando questo si è ottenuto, la Frammassoneria europea è soddisfatta; e soddisfatta quella, non ci è pericolo che i Gabinetti alla moderna imprendano nulla di efficace per disturbarne il contentamento.





















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