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MONGIANA, L’ILVA

E LA SINDROME DI STOCCOLMA

di Emilio Zangari

(se vuoi, scarica il testo in formato ODT o PDF)

30 Settembre 2016

Il 24 settembre sul giornale on line ZOOMSUD è uscito un articolo sull’apertura del museo di MONGIANA dedicato alle ferriere Borboniche a firma del Dottor Aldo VARANO.

(https://www.zoomsud.it/...mongiana-la-fabbrica-dove-i-borboni-sterminavano-i-calabresi)

Triste vedere come, pur passando gli anni, tanti anni, non riusciamo ancora a guarire da una particolare forma di dipendenza psicologica, che vede in negativo qualsiasi cosa venga dal nostro passato, e assolva totalmente chi invece fu invasore e colonizzatore. Leggendo l’articolo del Dottor VARANO la prima cosa che colpisce è il titolo.

"MONGIANA, la fabbrica dove i Borboni sterminavano i calabresi".

Mi chiedo: cosa succederebbe se, in un articolo in cui si parla dell’ILVA di Taranto, il titolo fosse. stato:

ILVA, la fabbrica dove, con la negligenza della Repubblica Italiana, si sterminano i Pugliesi?.

Non credo che il titolo sarebbe appropriato, anche se i servizi di tanti bravi giornalisti hanno dimostrato come sia in corso una strage che purtroppo non si fermerà e che ha portato e porterà molti lutti fra le famiglie di lavoratori della fabbrica di Taranto. Ma veniamo all’articolo in sé.

UNO. Che ci sia bisogno di ricostruire in maniera più precisa possibile la storia, la nostra storia, siamo tutti d’accordo; che il revisionismo in atto negli ultimi decenni sia classificato come “cascame ideologico delle pulsioni neoborboniche e regressive” è una conclusione a dir poco singolare. Se nei libri che hanno studiato la storia del Sud ci sono state delle esagerazioni da parte di qualcuno, non possiamo dimenticare come, nelle centinaia di migliaia di pagine (la maggior parte pagate con soldi pubblici) che descrivono l’afflato risorgimentale di esagerazioni ce ne siano a bizzeffe, e sarebbe importante anche qui ricacciare indietro il “cascame savoiardo” che vorrebbe far passare tutto come una bellissima cavalcata con il popolo del Sud ad osannare i liberatori.

Per quanto riguarda la Lega Nord, considerata rozza e con “apparati ideologici costruiti contro il Mezzogiorno”, ha avuto un trattamento, nella Repubblica italiana, che gli ha consentito di ricoprire le più alte cariche dello stato, permettendosi con suoi ministri di considerare il Tricolore come qualcosa da usare quando si hanno bisogni corporali.

DUE. Le fabbriche della Mongiana vengono descritte dal Dottor Varano come dei LAGER ante litteram, dove quasi per puro piacere i Borbone si divertivano ad ammazzare i Calabresi. Non mi risulta che al Nord le fabbriche allora esistenti godessero di ferie pagate, tredicesima e condizioni di vita migliori; credo che, come sento citare quando conviene, analizzare il “contesto” debba valere sempre.

TRE. Le fabbriche della Mongiana “erano mattatoi per calabresi poveri dove si produceva in condizioni di terribile arretratezza (anche rispetto a quel tempo storico). ” Anche qui piacerebbe sapere rispetto a quale parte dell’Italia si considerano peggiori le condizioni dei Calabresi rispetto ad esempio ai morti di pellagra della pianura padana, ed ad una vita media lontanissima dai 70 anni citati dal GALANTI, che svolse il suo studio nel 1792. Come cita lo stesso Galanti, per lui, il popolo avrebbe dovuto essere piu “facinoroso” visto come viveva, ma così non era, si ha invece la sensazione,leggendo la relazione del Galanti, di un senso di lealtà, da parte delle classi popolari, verso il proprio Re. In nessuna parte dell’Italia Savoiarda esistevano condizioni medie di vita migliori che nel Sud.

La Sardegna, parte integrante del Regno sabaudo dal 1720, aveva un analfabetismo altissimo e un regime feudale molto radicato, che spinse la popolazione a diverse rivolte. E la vita media nel Regno di Sardegna non era certo maggiore che in quella del Regno di Napoli e poi del regno delle Due Sicilie.  Il Galanti scrive a proposito degli operai della ferriera addetti alla fusione: La gente addetta a questi lavori ha corta vita: muoiono ordinariamente o ciechi o paralitici circa li 40 anni. Questo scritto, preso dagli appunti del Galanti, non si riferisce alla totalità dei lavoratori della ferriera, ma ai lavoratori addetti alla fusione e separazione del metallo. Questo non toglie nulla alle condizioni di vita di questi lavoratori, ma erano, ripeto, condizioni di vita diffuse in tutta la penisola. Inoltre occorre sottolineare come,negli appunti del Galanti, la visita alla ferriera occupa poche ore, visto che, come lui stesso scrupolosamente annota, la visita alla ferriera, programmata per il 7 maggio 1792, con partenza alle ore 9 da Serra (Serra San Bruno) viene posticipata alle ore 15. 00 causa maltempo. Dopo la visita il Galanti rispetta il programma iniziale ed arriva in serata a Soriano. La visita alla Ferriera è durata poche ore.

“Ormai, sul finire del Settecento, il mito della Calabria felice poteva considerarsi crollato come un castello di carte; solo in alcuni poteva residuare, ma come artificio retorico non più all’altezza dei tempi”. Credo che le conclusioni del Placanica debbano tenere conto, come riporta il Galanti, dei gravissimi danni causati dai devastanti terremoti che colpirono la Calabria. Non si può non ricordare quel terremoto, anzi, quei terremoti (5) che nell’arco di due anni (1783/1785) rasero al suolo Reggio e Messina e si spostarono successivamente verso il nord della Calabria; terremoti che provocarono circa 60. 000 morti e sconvolgimenti enormi anche nella vita civile,sociale e amministrativa. Il viaggio del Galanti è del 1792, e ancora segnala, nella sua visita, scosse di assestamento del terremoto del 1783.

Il finire del secolo vedrà poi l’invasione dei francesi che priverà il Sud e la Calabria di un governo praticamente fino al 1815.

QUATTRO. Visto che si citano gli scritti del Placanica, credo importante ricordare quello che scrive il Placanica nel libro citato dal Dottor Varano, sulla situazione della Calabria dopo l’unificazione: (pag 316) “talune forme di economia ricevettero un colpo assai duro dall’unificazione: basti pensare al tracollo e alla immediata soppressione delle attività minerarie e del sistema di ferriere di Mongiana-Ferdinandea-Serra, che prima fabbricavano armi, munizioni e taluni macchinari, operando,si, fuori concorrenza e dietro commesse dello stato Borbonico (donde la non piena economicità), ma che intanto costituivano, insieme con i nuclei Campani, un punto alto dell’industria meridionale. ” Niente artifici retorici, Dottor VARANO, semplicemente si sottolinea che, nel nuovo stato unitario, realizzato con una guerra di conquista, fu scelto di investire al Nord, usando anche i capitali del Sud, usato come fosse una colonia, (Zitara Nicola - Unità d'Italia, nascita di una colonia) e facendo nascere quella che poi diventerà la tragedia nota come la “questione meridionale”.

Tra gli storici da inserire nei “dilettanti del dopolavoro” trovano posto anche il Gramsci, o il F. S. Nitti, o il Dorso, o il Salvemini, o il Fortunato?, e si potrebbe continuare, ma sinceramente non mi interessa la gara a chi fa più citazioni, la cosa importante è verificare che, dopo 155 anni, non è ancora possibile parlare di quello che è successo con un minimo di riguardo ai fatti, quelli veri, e non quelli largamente inzuppati in un afflato risorgimentale che vorrebbe gli italiani come un popolo che si ama e si vuole bene, ma che nella realtà è tutta un’altra cosa; e i rancori e le diffidenze, per non dire gli odi, non passano continuando a ripetere una storia che ormai non convince più nessuno, tranne i depositari che si sentono investiti di un qualche compito epico di difensori del Risorgimento. Dovunque nel mondo democratico, si ripensa alla propria storia e si riconoscono gli errori fatti, perché riconoscendo gli errori commessi magari non si ripetono “L’arretratezza del Sud non fu una condizione dell’industrializzazione del Nord”. Si stava affermando il Capitalismo, che prevedeva per lo sviluppo l’impiego di ingenti capitali. La decisione del Regno d’Italia, dove il potere era in mano al Nord, fu di investire al Nord. Il Sud fu drenato da tutti i suoi capitali (F. S. NITTI bene lo spiega nei suoi scritti) e questi furono investiti al Nord. Poi possiamo pensarla come vogliamo, che quella era l’unica scelta, che non si poteva fare altrimenti, la posizione geografica del Nord era migliore etc. etc. , ma questo è successo.

CINQUE. Tutte le fabbriche italiane erano arretrate, vennero chiuse, ma furono riaperte solo al nord. Le condizioni di vita, nelle fabbriche del nord da lei citate, non erano così eccezionali come sembra di capire leggendo il suo articolo; la fabbrica di Mongiana era come tante altre fabbriche, e le condizioni di lavoro erano del 1800. Lei invece sembra voler dimostrare che Mongiana era una specie di lager, mentre in toscana, in Lombardia e al nord in generale le altre ferriere erano paradisi dove gli operai stavano benissimo. E in quelle regioni trova musei, libri, mostre che, pur sottolineando le pessime condizioni di lavoro, decantano quelle fabbriche e quel passato, mentre lei vorrebbe che noi ci vergognassimo, e magari ci inchinassimo a chi venne con la forza e con l’inganno ad invaderci, ringraziandolo di aver contribuito a creare quella “questione meridionale” che ormai, pur mai risolta, è stata completamente derubricata da qualsiasi agenda, politica e storica. Se vogliamo veramente che questo paese diventi uno, smettiamola di commettere gli errori che continuiamo a commettere da 155 anni.

Emilio Zangari

Repubblicano (a scanso di equivoci)


[NdR]
























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