L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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Commento al voto del 16 aprile

Con la vittoria di Bossi-Berlusca a avanti la separazione nordista

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Per un meridionale sarebbe oltremodo schiocco piangere sulla sconfitta di D'Alema. Con un centrosinistra vincente, niente sarebbe cambiato in termini di politica economica e sociale. Infatti non esiste più una vera differenza tra destra e sinistra sul terreno dell'essenzialità politica. I grandi cambiamenti adesso si sviluppano a livello planetario, sicché la destra italiana non ha la forza d'andare al di là della destra statunitense e la sinistra italiana non può andare oltre la sinistra statunitense.

Invece le elezioni regionali del 16 aprile toccano fortemente la geografia politica nazionale, un terreno in cui gli Stati tradizionali hanno ancora mano libera. Sotto questo aspetto, il voto è stato una deflagrazione; ha fatto rumore perché con la vittoria di Bossi-Berlusca gli italiani del Nord vedono andare avanti il loro progetto separatista e gli italiani del Sud verificano quanto siano inutili i loro sforzi per restare attaccati alle saccocce settentrionali.

Il nuovo corso separatista risale alla crisi della lira e al governo Amato. E' stato quello il momento in cui i nordisti hanno cominciato a togliere pietre dall'edificio unitario, peraltro da loro voluto 140 anni e da loro sempre utilizzato. Esempio eclatante la guerra del 1915-18, fatta per difendere le Alpi lontane dal Sud più di 1500, in cui persero la vita più meridionali che settentrionali. Il fine dell'operazione separatista - che superficialmente appare persino ragionevole - è che la spesa pubblica statale a favore delle regioni meridionali non ricada sulle popolazioni del Nord.

Compiuta tale operazione, secondo i su lodati bossisti, tutto il resto rimane com'è.

Ma in cosa consiste ciò che chiamiamo "tutto il resto"?

Nonostante la separazione fiscale, le merci settentrionali (e comunitarie) continueranno a circolare nell'area meridionale. In pratica forniranno il 99 per 100 della domanda di consumo di beni industriali, circa 80 per cento della domanda di prodotti agricoli e dell'allevamento e una quota rilevante dei servizi superiori. In questo modo - con l'aiuto del federalismo - il Sud continuerà ad essere la colonia di consumo della produzione settentrionale, qual è sempre stata a partire dai tempi di Giolitti (1902-1914).

Con un concorrente esperto, da tempo avviato, il quale dispone nel Sud anche di una collaudata rete di vendite e si incontra con un consumatore a cui i suoi prodotti sono ben noti, la produzione meridionale non potrà mai rinascere.

Il sistema creditizio rimane nelle mani dei settentrionali e continuerà ad operare al servizio della produzione settentrionale. Siccome il meccanismo del drenaggio - di per sé alquanto semplice - rimane fuori dalla divulgazione giornalistica, lo spiego brevemente.

La filiale meridionale di qualunque banca, sia essa milanese, sia essa meridionale, incassa il risparmio dei meridionali e, se non lo spedisce a Milano, lo dà in prestito ai commercianti meridionali. Questi, di regola, lo spendono per acquistare merci da rivendere. Dette merci sono tutte settentrionali. Cosicché il fornitore settentrionale incassa subito e il commerciante meridionale paga gli interessi. In sostanza il Sud paga un interesse sul suo stesso risparmio.

Lo Stato italiano, nato nordista, tale è rimasto per necessità di cose (la ricchezza si produce al Nord) anche nella fase dello Stato Sociale, la quale è stata favorevole alle classi popolari anche al Sud. Invece con uno Stato che si preoccupa prima di tutto di salvaguardare l'esistente - in pratica pauroso di fare investimenti dall'esito non scontato in partenza - la produzione al Sud non potrà mai partire.

5. "Tutto il resto rimane qual è" significa anche che i debiti di guerra, maturati in cento anni di illecita occupazione, il Nord non intende pagarli. E ciò sarebbe troppo comodo.

Ma perché il Sud ha sopportato tante angherie, persino il disprezzo? Perché al Nord separatista si contrappone un Sud unitario e patriottico?

Se non incipriamo i fatti di parole bugiarde, anche qui la risposta è semplice. L'Italia tosco-padana ha sempre prezzolato e tuttora prezzola la classe o le classi che guidano il popolo meridionale.

A - Nella prima fase di vita unitaria (1860-1890), quando le classi agricole avevano ancora un gran peso politico, il sistema sabaudo (primo) dette mano libera ai proprietari meridionali di appropriarsi delle terre comunali destinate all'uso pubblico o lottizzate per creare una classe di piccoli coltivatori. Contemporaneamente vendette (secondo) a prezzi irrisori i beni della Chiesa. Terreni che al tempo valevano complessivamente più di due miliardi (una lira pari a quattro chilogrammi di pane) furono venduti per 600 milioni (ovviamente incassati da Torino fino all'ultimo spicciolo).

B - Nella fase successiva, quella di subordinazione dell'agricoltura all'industria (1890-1974), lo Stato sabaudo, bisognoso di un nuovo alleato, aprì le porte dell'impiego pubblico prima ai cadetti delle classi proprietarie e poi a tutto il vasto mondo dei laureati e diplomati meridionali.

I patrioti di oggi sono appunto questi ultimi, nonché le aristocrazie del lavoro operaio: infermieri, ferrovieri, elettrici, telefonoci, bancari ecc. Cioè coloro che hanno un lavoro sicuro e poco faticoso pagato a tariffa milanese. Bisogna aggiungere, oltre ai medici pagati dallo Stato, gli avvocati, gli ingegneri, i notai, i farmacisti ecc., ai quali lo Stato garantisce tariffe ufficiali di livello milanese. In pratica l'avvocato calabrese che vince le spese su una causa di 50 milioni e l'avvocato torinese che vince una causa da 500 milioni si vedono assegnare dai giudici quasi la stessa parcella. Una cosa che in Calabria mortifica incredibilmente il singolo privato e la società civile, basti pensare che nei paesini del Sud gli avvocati delle banche realizzano entrate usurarie più pesanti che quelle delle stesse banche.

L'alleanza tra Bossi e Berlusconi conferisce nuova lena al nordismo. Probabilmente Berlusconi non condivide le idee di Bossi. Essendo un maturo imprenditore, per giunta legato al mercato nazionale dei media, è supponibile che pensi al Sud come necessario sbocco delle sue produzioni. Tuttavia sa bene che se il Nord non spende tutta le entrate fiscali che realizza, più l'IVA che fluisce come partita invisibile dalla fiscalità sui consumi meridionali, non riceverà quelle spinte necessarie a portarlo a livello franco-tedesco nel campo delle infrastrutture civili e finanziarie.

Ma visto l'esito elettorale, e non volendo che si ripeta, neanche il centrosinistra potrà opporsi ulteriormente allo sbilanciamento della spesa pubblica aggregata a favore del Nord, "che lavora e produce". Meno che mai l'azione governativa potrà ripescare il tema di una spesa pubblica di recupero, e quindi straordinaria, a favore di un Sud che è rimasto a livelli orientali. Si pensi, per esempio, alle ferrovie siciliane, dove un viaggio Messina-Agrigento preseneta un tempo di percorrenza maggior che un viaggio Roma-Domodossola.

Non ci vuole molta perspicacia per capire che per il paese meridionale la partita è perduta, tanto con Berlusconi quanto con il centrosinistra. Ovviamente la demolizione dell'edificio non avverrà in un giorno: ciò non conviene neppure a Bossi. I professori sudichi si difenderanno, i medici pure, non meno i ferrovieri e i post-telegrafonici, sicuramente i bancari, e non meno sicuramente etiam caute vescovi e curati.

Eccitare le menti su questo problema è il nostro intento. Il Paese meridionale è ricco di popolo, di lavoratori al passo con i tempi, di intelligenze creative, di risparmio, di credito mondiale (gli emigrati meridionali di prima generazione ancora viventi sono oltre dieci milioni), di arte, la sua storia non ha eguali se non in Grecia, i luoghi sono tra i più belli del mondo, la gente è ospitale, umana, infinitamente tollerante.

Al Paese meridionale manca solo la libertà d'essere sé stesso. Occorre soltanto uno Stato indipendente che coordini le forze disponibili per passare in soli tre anni dal livello calabrese al livello veneto.



Nicola Zitara







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