L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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La Torre dei Mille Gatti

di Nicola Zitara

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Siderno, 15 Febbraio 2003

Fra le tante disgrazie d’Italia ce ne sono due che tengono la palma: i giudici e gli ingegneri. Mettendosi a scorciare le code dei gatti, i giudici hanno disastrato il sistema politico. Chiunque abbia la mia età sa bene che, se il nostro ingresso nel sistema dell’euro fosse stato contrattato da Andreotti e da Craxi, invece che da Ciampi e da Prodi, la Germania, l’Olanda e la Francia, unite nella lotta, non avrebbero ridotto il Sud d’Italia alla condizione attuale, che è quella di un paese che non ha più una sola speranza di salvezza. Insomma, meglio i ladri che i fessi. Gli ingegneri hanno meriti alquanto diversi. Pur di costruire stanze, ville e palazzi, si sono prodotti in gettate di cemento armato dovunque ci fosse uno spazio, con la conseguenza che il bel suol d’Italia frana dalle Alpi al Lilibeo. Anzi, per l’occasione, bisogna allargare la geografia oltre il Lilibeo, fino a Pantelleria, trascurata in passato.

Le due disgrazie nazionali raddoppiano a livello regionale calabrese. Abbiamo un giudice come governatore della Regione e un ingegnere come rifacitore della Calabria tutta. Da buon giudice, il governatore Chiaravalloti rimanda le cose da un’udienza all’altra, senza mai arrivare alla sentenza. Si rotola nelle carte. Solo di tanto in tanto alza la voce per far sentire che è ancora in vita. Con l’ingegner Misiti, invece, siamo stati molto più fortunati. E'capitato che alla Regione Calabria non ci fosse una lira da spendere, cosicché non ha versato colate di cemento armato da nessuna parte. Però, senza soldi da spendere, succede che non ha niente da fare, oltre che contarsi i peli. Se fossimo stati in Piemonte o nel Veneto, il Nostro sarebbe stato inviato in Kossovo o in Bosnia o in Afganistan, essendo invece calabrese è rimasto qui e, come prima si diceva, non avendo niente da fare ha riversato tutto il suo attivismo a tagliare la coda ai Gatti.

Ovviamente, in questo testo il sostantivo Gatto è usato in forma antonomastica. Il Gatto a cui ci si riferisce è il nomignolo di un celebre ladro cinematografico, interpretato da Cary Grant, che la notte alleggeriva dei loro gioielli i ricconi che abitavano lussuose suite nei grandi alberghi della Costa Azzurra. In terra calabrese, i Gatti sarebbero gli alluvionati del settembre 2000 che, con i loro trucchi, le loro falsificazioni e le loro ladronerie, avrebbero voluto svaligiare la Regione Calabria. La notte i Gatti scalano come topi i tetti di Palazzo Europa. Invano è stato messo a guardia del Palazzo l’esercito dei Forestali Calabresi, addetti in tempi normali all’incendio dei boschi. E invano sono stati richiamati alle armi gli Addetti Regionali ai Lavori Socialmente Inutili, attualmente a pane e acqua. Si è persino distratto dal suo letargo terapeutico l’ex Assessore Guido Laganà. Sono state evocate le ombre dell’on. Mancini e dell’on. Misasi. Inutilmente. Non sapendo che altro fare si è implorato il Senator, Assessor, Professor Giovannino Filocamo perché tornasse a Catanzaro, onde creare un reparto di gnau-trappologia. Inutile e troppo dispendioso un consulto della Maga del Sole. Tutto inutile, i Gatti vogliono pappare.

Benché non abbia la pipa come Maigret, l’assessore Misiti si oppone fieramente. Ha alzato su il paniere contenente il grisbi, in modo che solo pochi, quelli con le mani lunghe, possano raggiungerlo. E così salva la Calabria.

In quanto a ladronerie, i calabresi non sono certamente inferiori agli altri italiani. Anzi, almeno a livello parlamentare, cioè di deputati e senatori, e a livello regionale, cioè di assessori e consiglieri regionali, nonché di sindaci e assessori municipali, si rivelano più ladri dei loro omologhi federativi e de-regolati. Per come può, il popolo apprende e imita la Testa del Pesce. Anche gli alluvionati. Certo il grisbi calabrese è scarso. Non siamo in Lombardia, e neppure in Piemonte, men che mai in Sud Tirolo o in Val d’Aosta. I Gatti calabresi sono consapevoli d’essere dei poveri ladri di galline. Bisogna dire, comunque, che ci mettono tutta la loro povera buona volontà.

Grande riformatore del costume, quasi un Messia, l’ing. Misiti ha deciso di mettere le cose in ordine, tale e quale fanno i giudici con le carte dei processi, cioè adagiandole una sull’altra. In tal modo ha costruito una torre: la Torre dei Mille Gatti. Ora, si dà il caso che qualunque Torre, anche la Turris Eburnea (che sarebbe la torre bianca, senza colpe e senza macchie) ha bisogno d’essere difesa da una schiera di armigeri.

Per soddisfare tale esigenza il nostro assessor-ingegnere ha fondato un vigoroso corpo di vigilantes alluvionali, che vigila dalle feritoie (sempre della Torre) e qualche volta abbassa il ponte levatoio per fare delle sortite contro gli infedeli – nel nostro caso i Gatti Alluvionati. L’invincibile battaglione, anzi reggimento, se non del tutto brigata o divisione, è fatto di alti e impavidi ingegneri e ingegneresse, chi di origine azzurro-Italia, chi di origine bianco-Fiore, chi di origine verde-Ambiente, chi di origine rosso-Rivoluzione, chi di origine nero-Duce, i quali, tutti assieme, difendono l’Ingegnere Capo, che mangia tutti i Gatti, come nella Torre dei Mille Gatti.

Il Capo ha dato disposizioni precise. I Gatti Alluvionati, e gli aspiranti tali, sono tenuti a farsi fotografare di fronte e di profilo, a farsi misurare l’apertura toracica, l’altezza senza tacchi, il giro di vita e il giro che gira un po'più in basso del giro di vita; in parole povere, quel giro che è molto utile quando si gioca a poker. Inoltre debbono sottoporsi a radiografia dell’apparato digerente, a ispezione anale, a palpamento degli zebedei, a visita oculista e a esame audiomentrico. Gli anziani debbono presentarsi dopo aver assunto tre dosi di Viagra. Le anziane, solo se assumono quotidianamente la pillola anticoncezionale.

Insomma Misiti, come il celebre ammiraglio inglese che ispirato la Legge di Parkinson, il quale ammiraglio partendo da un solo foglio di carta mise in piedi un nuovo dipartimento dell’Ammiragliato, con circa 15 mila dipendenti, Misiti, dico, ha creato un vero Ministero Antigatti. In tal modo, i soldi che i governo avrebbe voluto regalare agli Alluvionati, senza molto distinguere tra Alluvionati onesti e Alluvionati disonesti, come fa dovunque dalle Alpi a Pantelleria, in Calabria se li mangiano ingegneri di tutti i colori, quelli della Torre dei Mille Gatti.

Ora i Misiti vanno e vengono, così pure i Chiaravalloti. Non fanno storia, né colore locale. Chi fa storia e colore locale è la classe politica calabrese, che poi, per capacità, onestà, sentimento politico, e rendimento politico, è tutt’uno con la classe politica meridionale. La quale, da tempo immemorabile, è sempre la stessa. Quando non c’erano ancora i deputati e i senatori, ma solo i generali e gli ammiragli, i generali e gli ammiragli del re Borbone vendettero la flotta e anche se stessi all’emissario di Cavour per appena due milioni di lire. Il generale Landi vendette a Garibaldi la vittoria nello scontro di Calatafimi per sole ventimila lire, che poi risultarono essere false. Il generale borbonico Nunziante si vendette del tutto ancor prima che la guerra cominciasse. Fatta l’unità d’Italia, persino i più retrivi codini si dichiararono liberali e si fecero ri-battezzare nelle logge massoniche, con lo scopo di farsi nominare sindaci del proprio paese, e da tale posizione grattarsi un qualche fondo, fra le migliaia di fondi della Chiesa e dei comuni che il nuovo stato aveva nazionalizzato.

Se non cominciò dal commercio del re, al quale peraltro quei militari avevano giurato fedeltà fino al sacrificio della vita, la storia della nostrana classe politica comincia dall’ignobile ladroneria collegata all’unità d’Italia, alla nascita dello stato costituzionale e del regime parlamentare. Che poi non fu una ladroneria punto e basta, ma una ladroneria contro i contadini a cui quei fondi, in teoria, sarebbero dovuti andare. Cioè un furto al popolo del quale si era amministratori e difensori. Gaetano Salvemini, un giovane socialista di Molfetta, in Puglia, divenuto in appresso uno dei massimi storici italiani e un uomo politico di punta, tra il 1898 e il 1910 andò descrivendo, in ardenti articoli per l’Avanti!, la natura e le opere della classe politica meridionale. E spiegò anche il perché Giovanni Giolitti, leader dei liberali dei tempo, e gli altri governanti nazionali accettassero il tradimento degli interessi popolari, e anche perché la magistratura non volesse vedere i reati contro la fede pubblica e contro lo stato che i rappresentanti del popolo meridionale andavano perpetrando.

Secondo Salvemini (e modestamente anche secondo il sottoscritto) l’Italia è un paese a incastro, in cui ciò che è bene per il Sud rappresenta un male per il Nord, e viceversa. Ma il Sud non conta niente, perché la classe politica pensa solo a rubare e non rappresenta gli interessi generali. Invece la rappresentanza politica del Settentrione fa gli interessi del Settentrione, che sono contrari a quelli del Meridione. E per poterli fare nel modo migliore, e più liberamente, fa in modo che la classe politica meridionale, fatta da ladri e da incompetenti, non cambi.

Con la dilatazione del pubblico impiego e dei servizi, la rappresentanza meridionale si è allargata all’alta burocrazia. Decine di migliaia di meridionali fanno la loro carriera nella capitale. Per salire più rapidamente e più in alto, hanno bisogno dei politici, sia quelli di origine meridionale sia quelli di origine centrosettentrionale. I politici danno, ma in cambio vogliono. Cosa vogliono? Vogliono che le popolazioni meridionali assecondino chi governa. Lo scambio avviene ed è felicemente celebrato. In conclusione il popolo puzza come il pesce pescato due giorni prima. Questa è la volontà nazionale. Ma a Misiti la puzza dei piccoli pesci disgusta.

 

Nicola Zitara

 

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