L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
Eleaml


Il sonno della ragione e l'esercito del Papa

(clicca qui, se vuoi scaricare questo articolo in formato RTF)

 

Il raduno romano dei Papa-boys ha allarmato Eugenio Scalfari, un giornalista che, possedendo grande intelligenza, versatilità culturale e una salute di ferro, da quarant'anni imperversa sui lettori italiani. E' facile dire che per il tipo di ideologia liberale oggi dominate in America, Israele, Europa e Italia, i pericoli da scongiurare sono due in uno: la Chiesa Cattolica Apostolica Romana e la passione sociale che il Pontefice sta suscitando.

Il liberalismo è una articolata dottrina filosofica, economica e sociale che può coprire l'intera tavolozza delle posizioni politiche moderne e contemporanee, cioè le conservatrici, le reazionarie, le moderate, le progressiste. Assegnare alle posizioni di Scalfari e de la Repubblica di cui è stato il Fondatore, il posto appropriato in detta scala è alquanto facile. Basta ragionare con l'antico adagio: "Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei".

Ora, il Fondatore andava preferibilmente con l'ing. Carlo Debenedetti (pigliatutto, dalla Biutoni all'Olivetti), e adesso che l'Ingegnere versa in evidente declino, preferisce andare con Agnelli.

Se la malleabilità politica del liberalismo è un fatto storico che non ha bisogno di ulteriori indagini, anche la versatilità politica della Chiesa e dei cattolici italiani ed europei è un dato acclarato. Basterà ricordare che dal Sillabo e dal Non expedit la Chiesa è passata da un lato alla Rerum Novarum e alla Centesimus Annus, e dall'altro al governo dello Stato italiano insieme alla Confindustria e a liberali come Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Donato Menichella.

Dopo una generale evoluzione - a cui le vicende italiane hanno dato un contributo notevole e forse decisivo - la Chiesa figura fra gli attuali padroni del mondo ed è al confronto finale con i liberal-capitalisti, che a partire dall'Illuminismo l'avevano spinta in un angolo morto.

Dal canto suo, il capitalismo occidentale, vinta l'infeconda potenza sovietica, può imperversare sul mondo senza più avversari diretti. Con la sconfitta del comunismo, ogni opposizione ideale e pratica pareva tacitata. Contemporaneamente, con il dollaro dichiarato inconvertibile l'America riceve dal resto del mondo il flusso di ricchezza necessario per costruire aerei e portaerei, per pagare marines e piloti. Inaspettatamente il sistema capitalistico, assurto a impero planetario, si trova a fare i conti con una potenza storica capace di dare voce a chi è danneggiato dai guasti sociali e ambientali che la sua spensierata avanzata semina.

La Chiesa Apostolica Romana è prima d'ogni cosa Cattolica, cioè anch'essa imperialista. E oggi, non immemore dei tempi di Costantino, o di quelli in cui abbatté Federico II e Manfredi, di quelli in cui regnava per mano di Isabella di Castiglia e di Carlo V d'Absburgo, vuole anch'essa il dominio del mondo.

Il pontefice regnate ha capito che la gente senza armi e senza soldi può essere più forte dei marines e delle portaerei. Solo il dollaro può tenerla piegata.

Il dollaro è il Vangelo dei capitalisti, ma è anche il segno che distingue la concezione interclassista della Chiesa dal socialismo. Abbattere la classe capitalistica significherebbe abbattere anche il dollaro. E la Chiesa non vuole ciò. Non vuole dare spazio a nuovi Lenin, a nuovi Ho Ci Min, ad altri Saddan Hussein. Vuole lo stesso sistema liberale, ma appiattito ai vertici e dominato da lei. Mira a un mondo in cui le Confindustrie dei vari paesi ottengano periodicamente udienza in Vaticano e i loro presidenti nazionali s'inginocchino reverenti dinanzi al Trono di Pietro. E per fare questo ha raccolto e risollevato l'idea di giustizia sociale che, come una talpa, da sempre si aggira nel grembo del cristianesimo, dopo essersi aggirata nel grembo della morale greca e romana. Lo scontro è quindi culturale e politico, nel senso più alto dei due termini. Ed anche epocale. In questione non è più questo papa, ma la Chiesa Trionfante.

Si può essere laici nel senso filosofico, immanentisti, positivisti, materialisti, miscredenti e atei quanto si vuole, ma alla fine bisognerà schierarsi: o con la conservazione liberale o con la rivoluzione sociale non socialista dei cattolici romani. Dovrà schierarsi persino chi è consapevole che la Chiesa non andrà fino in fondo. Che si fermerà a metà del guado. Ma meglio poco che niente.

*

Un tale dovere politico toccherà anche ai meridionali. La questione meridionale, nella sua vera sostanza, non è una questione nazionale, ma una questione sociale e culturale. La prigione in cui sono serrati i meridionali da più di cent'anni è il diritto a produrre e a lavorare, che il capitalismo italiano, con i suoi servili governi, e adesso il capitalismo europeo, con governi non meno servili, nega. Nega in nome del profitto, unico fattore - esso afferma - capace di muovere i meccanismi della produzione; nega in base a un dato che è vero soltanto per una parte del mondo e che è assolutamente falso per l'altra parte, la parte più grande.

Il capitalismo è una tirannide politica mimetizzata, perché raramente è costretta a ricorrere alle armi e alla sottomissione dei popoli e dei singoli, per regnare. Facendolo attraverso i meccanismi di mercato e il danaro entità astratta, il suo imperio può apparire naturale, persino giusto o almeno equo. E' una presa per il culo senza fine che trasforma le vittime in colpevoli della propria povertà e della propria subalternità.

La proprietà, il diritto di successione, la libertà di negoziare, la giusta remunerazione del lavoro non solo sono possibili senza il dominio del capitale, sia esso il grande capitale, sia esso un piccolissimo capitale, ma sarebbero persino esaltati dalla sua archiviazione sociale.

La sua archiviazione archivierebbe anche gli Stati nazional-militari, sia quelli edificati dal feudalesimo, come la Gran Bretagna, Francia e Spagna, sia quelli fondati dalle aristocrazie finanziarie precapitalistiche, come l' Italia e la Germania. Megale Hellas, la Grecia Grande, il Sud italiano e le Isole potrebbero tornare liberi e indipendenti dopo duemila e trecento anni di asservimento all'Europa granaria e allevatoria.

La dignità umana, un concetto a cui i Romani davano un significato sociale, cammina con le scarpe del progresso materiale. E del suo correlato giuridico, la proprietà dei mezzi di produzione e del prodotto da parte di chi produce.

Questa proprietà è un fatto di classe che si espande a un fatto di natura geopolirica. Infatti la produzione si organizza ancora a livello di nazioni, di aziende-nazioni. I popoli periferici saranno liberi di lavorare liberamente solo se sarà abbattuto il centro capitalistico. E la Chiesa Romana sa - è scritto nell'enciclica Centesimus Annus - che la riemersione della dignità passa attraverso l'abbattimento del capitalismo e che il suo impero rinascerà solo riuscirà a sconfiggere la versione proterva del liberalismo.

 

Nicola Zitara

 

 

Torna su

 

Ai sensi della legge n.62 del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e del web@master.