L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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Treni ad alta lentezza

di Nicola Zitara

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Siderno, 20 gennaio 2006

Nel corso di pochi anni sono stati mandati a casa decine di migliaia di ferrovieri, forse oltre centomila. Più di 500 carrozze sono state eliminate dalla circolazione in quanto troppo vecchie e usurate per rotolare sui binari. I rami secchi, i tronchi improduttivi sono stati eliminati.


Al Sud è rimasto in piedi un solo concetto strategico; che i lavoratori e gli studenti meridionali  debbano  raggiungere Firenze, Bologna, Milano e Torino onde contribuire al bene di quei padroni di casa che ancora non affittano agli extracomunitari. Questa programmazione antiferroviaria è l’ultima operazione antifascista messa in piedi dalla democrazia italiana prima che Fini rinnegasse il Duce.

Infatti come Mussolini era ferroviere, così la Liberazione e La resistenza sono state automobilistiche.


O volendo inventare un neologismo, Fiattistiche o Agnellistiche. Su 56 milioni di italiani residenti pare ci siano più di trenta milioni di autoveicoli 


E tuttavia il treno è sempre un elefante e detta legge a tutta l’altra zoologia meccanica. Pensate ai passaggi a livello. I pedoni, almeno i più arditi trovano modo per scavalcarli, ma macchine, camion, carrette, biciclette, corrozzine con gli infanti debbono fermarsi e aspettare che il treno passi.


Quando arrivai a Siderno dalla  precedente residenza, il passaggio a livello di Piazza Portosalvo  non era custodito da sbarre comandate da lontano, ma da due enormi cancelli, che quando si chiudevano o si aprivano erano un divertimento per i ragazzini, i quali si aggrappavano ai rombi metallici della griglia e si facevano trasportare.


Questo antico passaggio a livello veniva chiuso e aperto a mano da una matura Signora, che per la verità aveva anche qualche chilo di troppo. Mi piaceva assistere all’operazione da un balcone che dava sulla piazza. Non occorreva consultare l’orario dei treni o stare con gli occhi fissi sul cancello per sapere il momento dell’operazione. Accanto alla casa del casellante, anzi della casellante c’era una guardiola di eternit, attrezzata con un sedile ribaltabile e un vecchio apparecchio telefonico a manovella, quelli che si vedono nei film western.


Quando quel telefono squillava, il suono si propagava in tutta la piazza e disturbava persino le funzioni religiose nella vicina chiesa. Il richiamo era perentorio per le ragazze che stavano affacciate ai banconi, anche per gli sfaccendati che passeggiavano in piazza, o erano seduti sulle panchine  della stessa o ai tavolini del Bar Cremona, ma anche per la Signora attempata e paffutella, la quale, nonostante  gli anni e i chili, varcava precipitosamente la porta del casello e correva verso la garitta  e il telefono.


Dalla mia postazione non potevo udire le parole, ma certamente era il capostazione di Siderno che, per tempo avvertiva la casellante dell’arrivo, poniamo, dell’accelerato 432,  in partenza da Locri alle 17,11. A quell’annuncio la casellante riprendeva fiato. Non ho mai capito se avesse un orologio in tasca o se l’orologio fosse nella sua testa, sta di fatto che la Signora faceva trascorrere qualche minuto, dopodiché si avvicinava a una grande leva, posta dall’altra parte del passaggio a livello e l’abbassava. A quel punto si cominciava a sentire il rumore tipico prodotto dalla sbarre del passaggio a livello del rione Sbarre, che si abbassavano.


Ciò fatto, procedeva a chiudere l’unica anta del cancello che era aperta. Infatti l’intero cancello veniva aperto soltanto al passaggio dei camion o di una processione. Per il passaggio delle auto e dei carretti bastava che fosse aperto mezzo cancello.


Ma il treno era ancora lontano qualche minuto. Cosicché il pedone o il ciclista che voleva attraversare, chiedeva: “Posso passare?”   La dolce Signora diceva: “Fate presto”,  e l’attraversamento avveniva. Se a dover attraversare era un giovane lesto, il permesso arrivava anche se il treno era già in vista.

Tempi di sveltezza e di prestezza, quelli antichi. Me li ricordo sempre quando  percorro in macchina il Lungomare e vado a bloccarmi davanti al passaggio a livello delle Sbarre, o nel caso opposto, a quello di Matarazzi. Cinque minuti, sei minuti, dieci minuti, forse di più. Le sbarre – mi dicono – vengono azionate da Crotone. E siccome a Crotone, per lunga tradizione si è enormemente prudenti, calano le sbarre quando il treno è ancora fermo nella stazione di Ardore.   

Non c’è dubbio che la prudenza a cui Trenitalia  si conforma, imponendola anche ai cittadini, scaturisce dal fatto che in altri luoghi, lontani da noi migliaia  di chilometri, i treni percorrono una distanza identica a quella Locri-Siderno in un decimo del tempo impiegato dai nostrani treni,


Antonia Capria









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