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Il bossismo del Corriere della sera – Milano, capitale morale d’Italia

di Nicola Zitara

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Siderno, 7 aprile 2006

Gli appartenenti alla  classe sociale, comunemente detta “gli intellettuali”, possiedono di regola almeno un’enciclopedia. Le enciclopedie italiane del passato, anche quelle del passato fascista, sono parecchio ben fatte e in genere migliori di quelle realizzate in altri paesi. Però hanno un difetto gravissimo: i volumi di cui si compongono sono alquanto pesanti e poco maneggevoli, specialmente nelle mani di una vecchietta.


Al tempo in cui la povera vecchietta che vi intrattiene era una ragazzina, c’era in uso il vocabolario “Melzi”. Uno dei due volumi dell’opera, detto comunemente “Melzi scientifico”, dava brevi informazioni su uomini illustri, su vicende storiche, sui dati geografici  e sul significato dei termini scientifici.  


Negli ultimi venti o trent’anni, il posto del “Melzi scientifico” è stato preso da un “Garzantino” appellato “Universale”. Essendo un volume di stazza normale, la vecchietta in parola e i suoi familiari ne fanno un uso corrente. Lo cercano, lo usano e poi lo lasciano in un posto qualunque. In effetti sono disordinati, cosicché il “Garzantino” in parola si eclissa quando più serve, proprio come un folletto dispettoso.


Per punire severamente gli incongrui comportamenti del maneggevole Garzantino, la nostra protagonista acquistò una enciclopedia prodotta dal luminoso Corriere della Sera in ben 22 volumi, però piccoli e maneggevoli. Essendo tanti, essi non vengono abbandonati sul primo ripiano che capita, ma hanno ottenuto un riverito posto in uno scaffale, ben visibili e pronti a rispondere a ogni insidiosa domanda.


Proprio oggi, nel fatidico giorno, dopo quello in cui Berlusconi ha annunciato di voler sollevare la sottoscritta vecchietta dal pagamento della tormentosa ICI  in cambio del voto, l’enciclopedia “cummenda” viene interrogata circa  Guido Dorso, che dovrebbe trovarsi nel prezioso: Volume 7 – Dise-Eti della stessa. Ma Dorso Guido non c’è. L’omissione non sorprende la nostra curiosa vecchietta. 


In fondo Dorso era stato un nebuloso rompiscatole di meridionalista. Forse un mafioso, del tutto. Meglio eliminarlo dai  circuiti culturali. Quale turbamento avrebbe mai provocato in  un ragazzo della Bocconi, magari proveniente da Ariano Irpino, il sapere che c’era stato un fesso capace d’immaginare, non la nascita, ma la ri/nascita di una borghesia attiva nell’infame Sud? Un disastro ecologico, un crollo in borsa, una nuova tassa avrebbero fatto meno danni.


Mentre la vecchietta patriotticamente riflette sui sette saggi del Corriere appare in televisione un giudice che si chiama Enrico De Nicola. Questa nostra vecchietta è una malandrina, un ex camorrista napoletana. Cosicché esclama dentro di sé: “Vuoi vedere che il Corriere ha fottuto anche il  primo presidente della Repubblica?” Sputa che indovina. Nel volume: 6  Corri-Disc della predetta illustrissima, milanese e scaligera opera d’ingegno, il nome manca.

Se fosse altrettanto facile vincere al milanese SuperEnalotto, che capire dove prude al Corriere, la vecchietta sarebbe miliardaria.


Miliardaria sarebbe. Invece canzonettista napoletana della canora Sanremo, patria indiscussa della canzone italiana, lo è già. Perfidamente immagina – e non sbaglia - che non è invece dimenticata  l’illustrissima Irene Pivetti,  nata a Milano nel 1963 (vol. 16), la quale ha illuminato con i suoi attributi frontali e dietrali la Camera dei deputati per un’intera legislatura.

Più che in via Solferino, il Corriere sta di casa in via Cassino.


O forse con una sola esse?


Antonia Capria




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