L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
Eleaml


"MO' VENE NATALE (E NUN TENGO DENARE…)

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Napoli, 2 dicembre 2005

Così iniziava un'antica filastrocca natalizia napoletana che i cittadini di quella che fu la capitale del Sud, e che abbiano non meno di almeno 40 anni, ricordano perfettamente. Si potrebbe subito commentare che allora i napoletani evidentemente non se la sono mai cavata un granché bene, ma non è propriamente così.

Innanzitutto per una ragione strettamente cronologica: ovvero la filastrocca detta e accennata a mo' di canzoncina "cantilenante" è del secolo da poco trascorso e non così antica da essere nata in anni antecedenti all'unità d'Italia.

Una caratteristica però la contraddistingue : viene fuori e ce la si ricorda in particolare nei giorni prenatalizi di anni bui e di grande difficoltà economica. Possiede, al pari, la qualità insita nei proverbi napoletani : puntualità e tempistica appropriata di citazione cui contribuisce la ben nota arguzia in cui i napoletani sono maestri.

Adesso è persino inutile stare a ricordare meriti, qualità e prospettive di cui godeva la nostra ex ed autonoma nazione meridionale, per cui coniare simile cantilena in quel periodo sarebbe stato improprio; e non a caso essa vede la luce in un periodo che di controaltare non diede e non da certezze economiche tali da far affrontare con gioia le feste natalizie alla gente del Sud.

Tutto ciò nonostante le mirabilie socioeconomiche di cui avrebbero dovuto beneficiare affrancati dalla tirannide di un governo retto da governanti definiti "la negazione di Dio".

Definizione oltremodo impropria perché, al di là di tutte le valutazioni positive o negative possibili, essa fu coniata da massoni anticlericali per monarchi notoriamente fin troppo religiosi e osservanti della fede cattolica.

Ma il punto non è questo!

La verità è che, nonostante la notoria ed affinata nonché allenata capacità meridionale d'arrangiarsi, siamo davvero alla frutta. E tant'è che la saggezza popolare contenuta nella memoria di questa gente fa riaffiorare la filastrocca in questione, che puntuale ed appropriata ritorna ad essere sussurrata in questi giorni.

Prima i Savoia, poi un fascismo giunto come una mannaia su teste già doloranti, poi una guerra mica da ridere, poi l'illusione del miraggio lavorativo nordista a cui una Sinistra pensò (commettendo un grosso errore storico) che il Sud dovesse partecipare hanno riempito (o svuotato?) gli anni dei meridionali fino ai famosi anni '60.

In cambio di qualche posto sottopagato in fredde fabbriche ed abitando (quando e se fu loro concesso) in squallidi palazzoni popolari e periferici, di qualcuno che riuscì per abilità e buona sorte a conquistare pochi posti dirigenziali, di maestri sparsi ad insegnare una storia contraffatta in paesi e città del Nord svendendo così anche le loro radici, e spopolando paesi e terre del Sud destinati di conseguenza ad anziani e vacanze.

Poi gli anni delle cambiali, del consumismo dilagante, delle finanziarie e dei prestiti, sino a giungere al colpo d'ala finale del neoliberismo venduto come terra promessa da taumaturgici venditori di tappeti e pubblicità dei nostri giorni.

Ed ora? Ed ora : " mo' vene Natale, nun tengo denare…me fumo 'na pippa e me vaco a cuccà…"

Meditate gente, meditate…


Andrea Balìa



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