L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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Napoli: “italiana” a metà…

di Andrea Balìa
Napoli, 8 Dicembre 2006

E’ una vecchia storia. Dura da una vita e si finisce, purtroppo, per abituarsi. In questi giorni è ancor più evidente. A cosa mi riferisco?

Adesso vado a spiegarmi: Napoli ed il Sud sono (almeno sulla carta) facenti parte dell’Italia dal 1861, prima e fino all’ultima guerra sotto la dinastia dei Savoia e poi dal dopoguerra in poi come parte della Repubblica Italiana.

La logica spicciola direbbe che – diritti e doveri – dovrebbe riceverne benefici e non secondo le vicende dell’italica penisola. La cosa altresì è un po’ più complicata. Quando la camorra inasprisce i suoi metodi è colpa nostra e lo Stato assiste dispiaciuto all’escalation degli eventi, i media (tv e giornali) non parlano d’altro, il rammarico apparente è grande così come la bonaria tirata d’orecchi al discolo figliolo, pecora nera della nazione.

I dati economici sono lì in tutta la loro drammatica evidenza: sottosviluppo, disoccupazione, degrado, livello di scolarizzazione fra i più bassi, malavita micro e maxi, il reddito pro capite tra l’ultimo ed il penultimo posto. Allora tu pensi: va bè…è triste, ma è così!

Credi che il tuo identikit è chiaro e che ti è stato riconosciuto ed assegnato il tuo ruolo di fanalino di coda. Insomma “italiani” di serie B. E invece no! Hai fatto solo il conto ad andare e non quello a tornare. A Maggio ed a Novembre (periodi di tasse, Irpef, saldi Inps e tutto il resto che Dio li stramaledica…) torni magicamente “italiano” di serie A e paghi come il resto del paese. “Ma io non stavo rovinato? ” pensi immediatamente, e no ora devi fare il tuo dovere come gli altri!

Scopri fra le righe che si rubano più auto a Milano che a Napoli, e allora speri di pagare l’assicurazione almeno quanto i milanesi. Eh no! Tu fai parte di quel parte del paese di imbrogli e sei nella valutazione di serie B ma nel pagamento di serie A!

Gli imbrogli stile Parmalat valgono quanto e più delle tanto micro truffe che si fanno al Sud? Si, ma sono pochi e poi i nostri sono tutti i giorni in Tv e sulla bocca di tutti. Il Napoli è fallito, non si poteva far nulla e niente gli fu concesso; il Parma di Tanzi che ha fregato mezzo mondo (nel calcio e non) ha avuto tutte le dilazioni di questo mondo e in serie A ci è rimasto.

Le aziende produttrici di tutte le merci che consumiamo sono al Nord e quando ad inizio anno programmano fatturati ed incrementi per l’anno nuovo ci fanno ritornare magicamente “italiani”. Chi scrive queste cose le vive da vicino ogni anno, e puntualmente s’incavola, protesta, ma serve a poco. Ma come… abbiamo il reddito pro capite più basso, non ci sono soldi, e la Campania deve acquistare e consumare con incrementi del 20/25% in più ogni anno? Ebbene si, anche allora torni “italiano”.

Le tasse si devono pagare perché, contrariamente alle storielle del  < tutti belli, ricchi, con i lifting, le cappelle mortuarie nel giardino di casa, i medici che ci propinano gli elisir di lunga vita e ci sorreggono per mano al primo malore (boccaccia mia statti zitta…) > la realtà della gran parte della gente è diversa, e – fino a prova contraria – non esiste altro metodo per sovvenzionare i servizi nel sociale. Allora tu pensi: pago, ma poi riceverò servizi!

E invece al momento del saldo torni ad essere “non italiano”: prova come si sta in un ospedale del Sud rispetto al Nord! E lo Stato dovrebbe fare lo Stato, ovvero intervenire e provvedere al disagio sociale d’una parte del suo paese e non ritenerci uguali agli altri solo al momento dell’incasso! Finiamola con la Destra e la Sinistra, con i Prodi e i Berlusconi, con i Bassolino o con chi sarebbe stato meglio!

Non ci credo più: è il metodo e le regole che vanno cambiati. Poi a bocce ferme, tutti allo stesso palo di partenza, allora varranno gli uomini e saranno valutati, altrimenti è un gioco ad un tavolo truccato!

Qualche meridionalista, verso cui l’amicizia resta intatta, invece a chiacchiere dice lo stesso, e poi piomba nel silenzio pressoché assoluto quando governa una parte che gli sta meno antipatica, e torna ciarliero ed evidenziatore d’ogni magagna quando sul trono c’è la parte opposta. Insomma Napoli o è “italiana” sempre o non lo è mai!

Pur non volendo ma ritengo sempre più che le parole, gli studi e le analisi d’un anziano signore calabrese che si chiama Zitara, siano pur se dure, apparentemente sognatrici e propositive della strada più dura e difficile, le più dignitose per un Sud che esca da quest’imbroglio che è l’unità italiana a metà.

Diversamente la sensazione che appare sempre più una consapevolezza è che stiamo giocando al tavolo dei bari, non riconoscendo che – fatta salva la buona fede, consapevoli o meno – ci prestiamo a fare i pali ai mariuoli!

Viva il SUD!







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