Da molti secoli padrone del mondo, oggi l’Occidente vacilla sotto i colpi della concorrenza asiatica. Il vantaggio occidentale sta tuttora nella capacità di iniettare un sapere elevato nelle merci e nei servizi che produce e vende. Questo sapere viene chiamato tecnologia; cosa che nel linguaggio attuale vuol dire macchine operatrici adibite a fare un lavoro in precedenza compiuto dall’uomo, e di recente anche un lavoro che l’uomo non saprebbe e non potrebbe fare (per esempio penetrare nelle arterie per dissolvere un embolo).
Questo vantaggio viene spiegato con la superiorità della
civiltà occidentale - quella nata in Grecia, in appresso
adottata da Roma, e dopo un balzo di cinquecento anni rinata
nell’Italia comunale signorile; da dove è rimbalzata in
Gran Bretagna, Olanda e Francia, che l’hanno rafforzata e imposta
a tutto il globo. Si deve ricordare che ai caratteri
storici di detta civiltà, si son voluti aggiungere il liberismo
commerciale e l’eguaglianza; due caratteri assolutamente
veri, ma che, come la storia testimonia, sono ininfluenti quanto alla
produzione e al sapere dei produttori.
Cinquecento anni fa, sia la Cina sia l’India si trovavano in una
posizione economica non dissimile dall’Europa. Se il grado
di civiltà materiale di un popolo viene misurato dall’uso
WC, dobbiamo dire che, a quella data, sia in Asia che in Europa la
gente comune preferiva l’aria aperta. A quell’epoca
il mondo era fortemente separato dalle distanze. Solo gli arabi, e non
frequentemente, riuscivano a superarle e viaggiavano dalle sponde
dell’Africa Orientale agli approdi indiani, sfruttando i
monsoni che, sull’Oceano Indiano, una stagione dell’anno
spirano da Ovest a Est e la stagione successiva spirano in senso
opposto.
India e Cina avevano alle spalle una propria (e ancora visibile)
civiltà millenaria. Anzi la Cina era probabilmente più
avanti all’Europa quanto a conoscenze pratiche (la carta, gli
esplosivi, la navigazione guidata dal sole e dalle stelle). Entrambe le
civiltà asiatiche erano però ripiegate su se stesse,
avvizzite, mentre le popolazioni barbariche insediatesi in Europa,
avevano assimilato le tecnologie perfezionate prima della caduta
di Roma e miracolosamente salvate dagli arabi, che le avevano
trapiantate in Sicilia e nelle città costiere della Puglia e
della Campania, ai confini estremi dell’Europa barbarica.
Civilizzatisi, i barbari d’Italia e d’Europa non avevano
perduto, però, il loro ardimento, lo spirito predatorio (che
diventerà lo spirito del profitto), il piacere del rischio e
dell’avventura.
L’aggressività mercantile di Venezia, Genova, Firenze,
Milano, che commerciavano tra il Mediterraneo orientale e
l’Europa continentale, venne assimilata dalle altre popolazioni
europee, che allargarono i loro affari sugli spazi oceanici da poco
scoperti. Gli europei giunti in Oriente ebbero buon gioco degli indiani
e dei cinesi, ormai resi poco vitali - quasi imbalsamati - dalla
ripetitività delle regole tradizionali.
Tuttavia l’Occidente conquistò un vantaggio decisivo sulle
altre civiltà in seguito, ma non per effetto
dell’allargamento – a volte con le buone, più spesso
con le cattive - dei suoi commerci con gli altri continenti, che
presero a fare da sbocco industrale.
Un allargamento puro e semplice, per esempio quello imperiale di Roma,
comporta forme di saccheggio di tipo fiscale, l’appropriazione
manu militari degli uomini validi e della ricchezza tesaurizzata,
l’uso coloniale della terra e del sottosuolo, etc., ma non
l’espropriazione – intesa come legittima sia da chi prende
sia da chi dà - attraverso lo scambio. Il trionfo mondiale
dell’Occidente, in verità, va ascritto alla nascita
dell’industria e al privilegio d’essere l’officina
del mondo per due secoli e mezzo.
Seguite questo esempio di scuola: cento uomini consumano
complessivamente (o hanno un salario corrispondente a) un quintale di
grano. Gli stessi cento uomini estraggono ogni giorno 13 tonnellate di
carbone. Alimentata con quei 13 quintali di carbone, la macchina a
vapore fa il lavoro di migliaia di uomini. Come dire che la forza
di cento uomini che lavorano assieme non muoverebbe un treno neppure di
un millimetro, mentre 13 tonnellate di carbone gli permettono di
percorrere centinaia di chilometri.
La macchia a vapore è sapere storico condensato in una caldaia
di ferro. Chi impiega la caldaia si avvantaggia del lavoro e delle
esperienze di un’infinità di persone ormai morte sepolte.
Il costo della loro esistenza in vita è stato pagato da loro
stessi, dalle loro famiglie, dalla formazione sociale a cui
appartennero. L’ultimo venuto, l’inventore o il costruttore
della macchina, vivrà bene, magari comprerà una villa,
lascerà dei soldi ai suoi eredi. Tutto qui, mentre la caldaia a
vapore esplica la sua efficienza muovendo decine di migliaia di treni,
di navi, di altri macchinari.
Il differenziale tra una produttività pari a un chilogrammo di
grano, da una parte, e pari a un centesimo di 13 tonnellate di carbone,
dall’altra, è il vantaggio che ha trasformato la
civiltà materiale degli occidentali e che ha portato alla
diffusione delle toilettes ai danni dell’aria aperta.
Questo vantaggio è perentoriamente legato alla macchina-sapere
applicato, e assolutamente non collegato alla democrazia, al mercato,
all’iniziativa privata, a Bush, a Berlusconi, a Prodi, a Ciampi,
al tricolore e alla fanfara dei bersaglieri. Infatti il Giappone
passò in un ventennio dalla condizione di società feudale
a quella di società industriale, senza essere una democrazia
liberale. Ugualmente la Russia. Nel 1917 era l’impero della fame,
ma già nel 1940 era una potenza industriale, pur avendo un
regime politico che era l’opposto di una democrazia liberale.
Oggi la Corea, la Cambogia, la Cina sono potenze industriali senza
essere e voler trasformarsi in democrazie liberali.
C’è un solo fattore di sviluppo, e questo unico fattore si
chiama Stato. Nel 1830 le Due Sicilie uscivano da trenta anni di
guerre, sommovimenti interni, occupazione (voluta) di un esercito
straniero. Bene, in quindici anni divennero lo Stato più
avanzato in Italia, sia sul piano industriale sia sul piano accademico.
Il Piemonte del 1850 era un paese antiquato, bacchettone, triste per il
visitatore e desolante per chi ci viveva. Ebbene, sia pure facendo una
montagna di debiti, che da solo non avrebbe mai potuto pagare, il
Piemonte di Cavour si modernizzò in otto anni e riuscì
anche a papparsi tutta la Penisola.
La disoccupazione è il maggiore import/export del Sud.
Ferdinando II, Cavour, la Cina sono la lezione che dovrebbero imparare
le popolazioni meridionali, da centocinquanta anni dedite a comprare
con più tempo di lavoro ciò che gli altri producono in
minor tempo di lavoro, e a esportare gratis disoccupati permanenti.
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