L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
  Eleaml


Federalismo = servilismo

di Nicola Zitara

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Siderno, 21 Febbraio 2009

Immaginiamo un romanzo di cinquanta parole. In una città a cui non si sa perché e percome fu dato il nome di Europa, vivevano due vecchie impiccione, Gallia e Albione, perennemente in lite fra loro. Le due comari però diventavano culo e camicia se si profilava l'occasione di una magagna. Fra lo loro molteplici passioni c’era quella di combinare matrimoni sbagliati. Uno dei peggio riusciti coinvolse l’attempato Polis e la giovane Nomos. 

Come sempre accade in questi casi, nei primi anni di matrimonio, la passione carnale ebbe ragione dell’incompatibilità di carattere e la coppia ebbe due gemelli, Aristos e Demos; due fanciulli che più diversi tra non loro non potevano essere. Aristos era biondo, bello (forse più bello di Garibaldi), e spaccone, Demos invece era bruno, tarchiato, pingue, cocciuto, ignorante, terrone e servile, ma ottima bestia da soma. Demos aveva un affetto sviscerato e una gran devozione per il fratello bello e biondo. Quando Aristos decise che sarebbero partiti per mare in cerca del vello d'oro, Demos costruì una bella barca dotata di vela e di remi, si procurò gli otri di vino e le altre vettovaglie per la cambusa, e ingaggiò di tasca sua i 60 rematori necessari perché la biremi navigasse.

Partirono e conquistarono il vello d'oro. Al ritorno, la città decretò loro il trionfo. Demos si procurò un bell'abito e s'infilò fra le autorità, ma Aristos gli sparò un calcio dove un sol non luce e gli ingiunse di rimettersi la tunica da lavoro e di spazzolare il vello d'oro.

Spiegazione della parabola. Una parte consistente del valore in moneta prodotto annualmente da tutti gli italiani viene assorbita dagli enti pubblici, principalmente dallo Stato centrale (Roma), il quale spende gli incassi fiscali in beni e servizi a favore dei residenti e in piccola misura fuori del paese (per le guerre americane, ad esempio). Dal 1861 al 1970 (centodieci anni) il Sud ha pagato molto più di quanto ha ricevuto. (Chi non crede a me, si legga qualche scritto, non dico di Nitti, di Salvemini, di Gramsci, che erano meridionali, ma di Pasquale Saraceno, che era veneziano, o di Luigi Einaudi, che era piemontese. 

Al contrario il Centronord ha fatto naturalmente ampia razzia di tutto. A partire dal 1971 il movimento si è (ma soltanto apparentemente) invertito. Gli italiani biondi e belli (come Bossi), quelli che hanno fondato le città d'arte prima che Dio dettasse a Mosé i dieci comandamenti e inaugurato la Scala di Milano il giorno prima che Dio creasse il mondo, non ci stanno alla fraternità. Roma ruba a loro per ingrassare i terroni nullafacenti, dicono. Questa rivoluzione morale si chiama federalismo fiscale (il ragioniere inventore si chiama Tremonti).

 Per avere un'idea della bubbola federalista bisogna partire un momento prima di aprire i conti pubblici, cioè dal lavoro con cui ognuno di noi paga una merce o un servizio (i soldi vengono dal proprio lavoro o dal lavoro dei dipendenti). Ma il lavoro non ha lo stesso valore e la stessa remunerazione nelle varie regioni del paese (ineguale sviluppo delle nazioni e anche delle regioni). Ciò dipende dalla quantità di lavoro morto (comunemente detto capitale) che un lavoratore riporta in vita. Per esempio, quest'estate la Società che gestisce il porto di Gioia Tauro si è fatta arrivare dalla Cina quattro enormi gru.

Non ricordo quanto ha speso, ma sicuramente una cifra da capogiro. Ciascuna di queste gru non produce alcunché se un operaio alquanto esperto non la mette in funzione. Una volta in funzione, però, essa produce un fatturato maggiore delle gru che le stanno accanto. Il citato operaio, che magari riceve ancora la stessa paga di prima, porta in vita il lavoro cinese incorporato nella gru e pagato dal padrone. Per banalizzare, produce un valore aggiunto annuale tale che io e tutti i voi lettori non riusciremmo a produrre in tutta la nostra vita lavorativa.

Le varie imposte che lo Stato percepisce sono misurate dalla produzione. Laddove dosi ingenti di lavoro morto (capitale) vengono resuscitate, il gettito fiscale è proporzionalmente maggiore in rapporto a questo ritorno in vita. La giustificazione ideologica del federalismo fiscale è che chi più paga imposte, più ha diritto a spendere (però in passato non è stato così per il Sud!).

Niente soldi a Roma, è meglio che si spendano a Sondrio e a Vicenza, dove i lavoratori resuscitano i morti con maggiore facilità, dicono. Ma questa logica è una condanna a carico dei fratelli brutti e cretini, i quali continueranno a offrire lavoro vivo, ma continueranno a non resuscitare lavoro morto. 

E' anche una stronzata a cui possono credere i soliti meridionali cretini. Infatti le regioni stronzobossiste si sono ritrovate nella condizione di disporre di un'altissima produttività del lavoro (attraverso l'acquisto di lavoro morto, cioè macchine e impianti) spogliando le regioni del Sud groppone. Il quale Sud groppone al momento del matrimonio era più dotato del consorte. Tanto più dotato che il consorte dovette fare ricorso alle baionette e al saccheggio sistematico per eliminate lo svantaggio. Per prima cosa l'amato consorte fece in modo che il lavoro morto messo in opera divenisse morto per sempre. La seconda mossa consistette nell'annientare la capacità di ripresa del bastonato partner. Inutile spiegare che ha più soldi è più ricco. 

La cosa è evidente. In effetti il Sud disponeva del 70 per cento di tutto l'oro monetato esistente in Italia. Quest'oro venne razziato attraverso il fisco e la conversione in moneta sabauda (la lira di carta). L'oro venne quindi consegnato nelle mani di una banca genovese (la Banca Nazionale del Regno di Sardegna) che lo usò come riserva per emettere biglietti (di carta) inconvertibili (corso forzoso) in misura di dieci volte il razziato. 

Quando l'oro fu scomparso dalla circolazione, la Banca centrale finanziò una costellazione di banche subalterne (bastava la firma su una cambiale per fondare una banca), le quali a loro volta finanziarono gli imprenditori locali. E non è da credere che questi imprenditori fossero degli industriali. Erano importatori di merci francesi, inglesi, svizzere, belghe, che si arricchirono rivendendo a tutti gli italiani le merci che l'Italia non era in condizione di produrre.

Si sentono mille canzoni stonate sull'industrializzazione italiana. La verità vera è che la Padana poté acquistare macchine e impianti dalla Germania e dall'Inghilterra soltanto quando la cassaforte della Banca d’Italia (erede del passivo della Banca sabauda) si riempì di dollari e di altra valuta rimessi dagli emigrati, almeno la metà meridionali. 

Fatta l'industria toscopadana, i sudditi meridionali, oltre a contribuire decisivamente, con un insopportabile e distruttivo carico fiscale, alla dotazione di servizi nella parte bella e nobile d’Italia pagarono anche il sovrapprezzo del protezionismo industriale. Tanto per dirne una, i produttori di arance e limoni pagarono (alla Montecatini) i concimi circa sedici volte il prezzo corrente in Germania, l'elettricità otto volte, le macchine agricole da tre a cinque volte. (Restando in tema di arance e limoni, fino al 1950 furono la voce più importante delle esportazioni italiane. Il controvalore servì all'industria fascista e degasperiana per acquistare combustibili, materie prima e macchine per l'industria padana.)

Se da questo passiamo agli accordi CEE, in cui la protezione della carne e dei latticini non ha toccato e non tocca il Sud, se non per il costo, vedremo il vero volto dell'Italia sabuada, liberale, fascista, resistenziale, democristiana, socialista, compromessista e stronzobossista.

Il capitale nazionale è stato pagato e viene pagato da tutta la popolazione italiana. Ripeto, fino al 1970 il Sud ha pagato più di quanto ha ricevuto.

Ma tutto questo è niente rispetto allo scambio diseguale che si realizza tra Toscopadana e Sud. Mettiamo che un'ora di lavoro venga pagata 10, 00 euro in entrambi i paesi. Questo, però, non vuol dire parità. Il sudico lavora con una pinza e la sua prestazione oraria vale (uno) il suo tempo e (due) la valorizzazione del capitale "pinza". 

Poniamo 0, 001 per ora. Il nordico lavora con una pressa per carrozzeria, poniamo con una valorizzazione di 200 euro l'ora. Lo scambio si realizza in modo che il sudico deve immolare 200 ore di lavoro per ottenere un un'ora di lavoro nordico. Nelle due formazioni sociali la differenza equivale alla castrazione dell'una e a alla superfecondità dell'altra. Questo differenziale è la nostra morte. Morte al passato, morte al presente, morte al futuro. 

Adesso la Padana, come una cocotte, afferma che la maggiore produttività del lavoro è frutto della sua bellezza, delle sue natiche e del suo innato fascino. Certo i padanisti sono delle autentiche squillo, pero noi siamo degli autentici culattoni. Invece che gli applausi, ci vorrebbero calci bene assestati nel posteriore di tutte le cravatte vedi ministeriali e non che, preso coraggio e ingaggiati i federalisti nostrani, han preso ad arrivare fin qui. Però questi calcioni, che pur non dovrebbero mancare, non si trasformano in azione politica vincente, se non a condizione di mobilitare il paese. Però questo nostro paese è diviso sin dal tempo della Rivoluzione francese. La grande resistenza contadina, l'onda vincente che portò Fabrizio Ruffo a cacciare i francesi dal Napoletano, fu animata dalla Chiesa ideologica e militante. 

Egualmente la resistenza all'invasione dell'esercito sabaudo, fornito di cannoni, baionette e senza scrupoli morali. Oggi la Chiesa ha saltato il fosso, è liberale e qualche volta anch'essa giacobina, comunque una protagonista della politica elettorale, non più il difensore del mondo che patisce il sopruso. Fallito il tentativo popolare del PCI postbellico, le masse subalterne sono sbandate e rassegnate allo sbandamento. 

Non hanno altro riferimento che le mafie. Cosicché il destino del Sud si gioca sul terreno delle classi medie, specialmente della borghesia istruita. Vale, quindi, la pena di ricordare il caso della Cecoslovacchia, la quale quindici anni fa si separò in due Repubbliche, quella Ceka e quella Slovacca. Gli Slocacchi furono in passato un popolo infelice e sin dal tempo di Roma dominato da altri (orientali, turchi, ungheresi, austriaci, tedeschi e infine i cechi). Ma a un certo punto, presa coscienza della subordinazione, decisero di separarsi dai cechi. 

Oggi la Repubblica Slovacca è ricca d'industrie, prediletta dagli investimenti tedeschi, il tasso medio di incremento del reddito sta intorno al 5 per cento, al doppio che in Italia e in Germania. In effetti l'appartenenza all'Unione Europea, che copre tutti i membri sotto il suo ombrello, fa del federalismo una istituzione del passato, da considerasi oggi ridicola e fortemente subdola, specialmente in presenza di "fratelli coltelli" o di sorelle cocottes.












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