L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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Prima caritas e poi caritatis

di Nicola Zitara

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Siderno, 15 Gennaio 2010

Il grande problema sollevato dai fatti di Rosarno non è costituito dallo scontro fra la ‘ndrangheta, africani e gente del luogo, ma dalla disoccupazione calabrese e meridionale. In altri tempi, allorché le esportazioni di arance e di limoni tamponavano il deficit della bilancia commerciale italiana, la raccolta delle arance e dei limoni era opera dei braccianti del luogo.

In Calabria si usava che le squadre di raccoglitori fossero ingaggiate da esportatori che si erano accaparrate le “partite” di frutta; nel messinese erano i padroni dei giardini che provvedevano alla raccolta e così pure nell’amalfitano.

Nei miei ricordi di vecchio, nella Locride era un lavoro piacevole e allegro, fatto di scale, di panieri muniti di gancio e di forbicine per troncare il peduncolo. Ricordo che i raccoglitori valutavano frutto per frutto, l’arancia o il limone già pronti per essere venduti. 

Questo lavoro non viene più fatto dalla gente del luogo perché quei posti di lavoro del meridione, che avevano il monopolio quasi mondiale in materia agrumaria, oggi subiscono la concorrenza mondiale, per altro, nello stesso meridione la produzione agrumaria è cresciuta dieci volte, le vecchie varietà sono poco apprezzate e sono destinate a fare da materia prima industriale. 

A questo punto compaiono gli extracomunitari con l’apparente verità che si tratta di manodopera a basso costo, ingaggiati da quei padroni di giardini che ancora non si sono rassegnati a togliere gli alberi e ad inaugurare una coltura diversa. A tale riguardo, bisogna poi aggiungere che la politica agricola meridionale cambia ad ogni alitare di vento. 

Si sono incoraggiati i proprietari di vigne a piantare frutteti e in appresso i proprietari di frutteti a toglierli per seminare grano, ora in questa fase economica in cui i beni di consumo sono sovrabbondanti, il vero problema non è costituito dalla produzione ma dall’occupazione. Gran parte ella popolazione tra i 25 e i 65 anni è disoccupata, cerca inutilmente un lavoro e non ha un reddito familiare adeguato. 

Per i lavori più semplici, come il commesso o la commessa di negozio, il salario medio è più basso di quello comunitario. A stento raggiunge 500/600 euro e se non ci fosse il patrimonio in case di abitazione questi poveretti vivrebbero anch’essi sotto i ponti e nelle fabbriche abbandonate e fatiscenti come quelle di Rosario.

Sul numero scorso di Riviera è apparso un articolo senza firma, evidentemente ispirato dall’assessore calabrese all’agricoltura. Vi si parla di integrazione regionale ai produttori agrumari. Niente di male. 

Gran parte dell’agricoltura europea è assistita da integrazione ai produttori, ma io credo che bisogna compiere uno sforzo di fantasia e di organizzazione: le regioni meridionali dovrebbero associarsi per creare un istituto superiore di programmazione agricola e di sperimentazione, quali furono al tempo del fascismo  l’Università di Portici e il Centro Sperimentale di agrumicoltura di Catania, col fine precipuo di avviare colture ad alta intensità di lavoro.

















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