L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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La cerniera della circolazione monetaria

di Nicola Zitara

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Siderno, 1° Aprile 2009

1755. In Francia regna Luigi XV, il quale ama, riamato, madame de Pompadour. A quel tempo la produzione dominante è quella agricola. Le terre sono in mano alla nobiltà, che vive di rendita e impone le sue leggi all'intera società. Ma è già in atto un'operazione culturale e politica guidata da avvocati e medici, che è detta Filosofia dei Lumi o Illuminismo, perché il sapere, la scienza "illumina" la mente dell'uomo circa le bugie su cui si regge il potere: le superstizioni, i diritti innati della nobiltà, la divinità del re, il potere del clero e di coloro che si spacciano per sapienti. 

E' in questo quadro di vasta e profonda rivoluzione culturale che nasce l'economia politica. Il medico François Quesnay (si pronunzia Chené. Forse da cui, forse, il nostro Chiné) elabora un "Tableau économique", una Tavola economica in cui i contadini sono collocati al principio del processo economico, quali fattori di qualcosa che prima non c'era: il grano, l'uva, la frutta, etc. 

Stabilito questo primato, il filosofo passa a descrivere la circolazione della ricchezza, la quale procede nel modo seguente: i contadini pagano la rendita al nobile signore, padrone del fondo, il signore spende la rendita in beni di lusso e di non lusso, che vengono prodotti dagli artigiani. A loro volta gli artigiani acquistano derrate dai contadini. 

Con il riflusso artigiani contadini, il cerchio si chiude. Questa circolarità intuita da Quesnay non era complicata, come oggi, dalla natura della moneta. La moneta che era in mano ai contadini era la stessa che arrivava al nobile, che il nobile dava agli artigiani e gli artigiani davano ai contadini. Nel quadro di Quesnay è il consumo del nobile che conferisce equilibrio alla circolazione. Il danaro del tempo è costituito da pezzi d'oro e d'argento, beni fisici, la cui quantità rimane stabile o cambia di poco nel tempo. 

Le crisi economiche non mancavano neppure allora, ma di regola erano chiamate carestie, in quanto dipendevano dalla scarsità di beni di consumo. Le crisi dovute al danaro erano invece collegate alla produzione delle miniere d'oro e d'argento (eccessiva o scarsa), alle spese di guerra, ai saccheggi, alle scoperte geografiche, o anche a errori di politica commerciale. Famoso quello di un viceré spagnolo di Napoli; errore denunciato dal cosentino Antonio Serra al principio del Seicento, che pagò con il carcere la sua intelligenza e il suo ardimento.

A noi posteri, il processo economico descritto nella Tavola di Quesnay può sembrare alquanto infantile. Viviamo in un mondo in cui la produzione e il consumo di beni industriali stanno al centro del movimento economico. La stessa produzione agricola viene realizzata con metodologie proprie dell'industria e impiega una notevole dose di strumentazioni e materie prime industriali. Ma oggi, come allora, non è chi produce, ma chi spende il danaro a fare da regolatore della circolazione monetaria. (Se il nobile non avesse speso il danaro incassato, gli artigiani non avrebbero comprato sussistenze dai contadini, e i contadini non avrebbero riavuto il danaro per pagare il canone al nobile e i tributi al re.)

Muta il soggetto, ma è la stessa cosa: chi spende regola la circolazione. E a spendere è il consumatore. Però oggi la quantità di danaro in circolazione non è costante come un una volta, il danaro non è più un bene fisico, la cui quantità resta ferma negli anni e nei decenni, ma una pura creazione. Non c'è solo il danaro stampato dal poligrafico di ogni Stato nazionale, ma anche quello aggiuntivo creato dalle banche, aulicamente detto "strumenti finanziari", in sostanza titoli di credito (come dire cambiali); il quale danaro bancario circola poi in molta maggiore quantità del numerario statale. L'antico movimento economico oggi è così sostituito da aziende che pagano i salari + lo Stato che merci e servizi. 

Questa massa monetaria va ai lavoratori dipendenti, ai pensionati, a tutte le famiglie (= i consumatori), e da questi torna alle aziende che producono e distribuiscono merci e + allo Stato che percepisce tributi. Quindi anche oggi abbiamo un gatto che si morde la coda, come ai tempi di Quesnay. C'è però un terzo incomodo, portato in scena dal cambiamento della natura della moneta. Nei tempi andati l'oro veniva: o acquistato pagandolo con altri beni, per esempio grano o schiavi, o saccheggiato, dopodiché entrava nei circuiti commerciali, bancari, tributari, che anche il mondo antico conosceva. 

Oggi le miniere sono ininfluenti, la circolazione monetaria viene creata dalle banche centrali (biglietti a corso legale, cioè che non possono essere rifiutate e chi le riceve è pagato) o dalle banche private (titoli di credito). Le banche centrali (le miniere) non girano per le case lasciandovi un pacchetto di banconote ai più poveri, allo stesso modo del bonus di Berlusconi, ma prestano il danaro solo alle banche private. 

Anche se percepiscono un interesse, le banche centrali non hanno un fine di lucro. La loro funzione è di rifornire di mezzi di pagamento certi e indiscutibili la gente del proprio paese o di una comunità di paesi, come nel caso dell'euro. Le banche private prendono in prestito moneta a corso legale dalla banca centrale, ma di regola la trattengono come riserva. La tirano fuori solo al momento del cambio. Danno, invece, in prestito (alla aziende) dei propri titoli di credito. E' la massa complessiva di segni monetari (moneta di Stato + moneta fiduciaria) che fa girare la produzione. 

Non ci deve trarre in inganno il fatto che il danaro che arriva alle famiglie è essenzialmente fatto di banconote (ma sempre meno, in quanto sostituito anche qui da carte di credito, cioè da moneta fiduciaria). In realtà, girando di mano in mano la cartamoneta è come se si moltiplicasse, ma essa è solo l'immagine ripetuta infinite volte della moneta fiduciaria che le sta dietro. 

Il fiume di danaro in corsa che si riversa sui salariati e su tutte le famiglie costituisce la circolazione. E' con l'atto di consumo che si ha il ritorno del danaro al suo creatore (banca centrale o banca privata). Ma, essendo le banche private delle imprese con fine di lucro, le emissioni fiduciarie sono guidate dall'idea di profitto e di regola superano la riserva costituita dai biglietti a corso legale. Conseguentemente l'entità della circolazione può essere eccessiva in quanto non richiesta da un'esigenza di equilibrio tra produzione e consumi, ma dal lucro che le banche si prospettano. In tal caso si ha inflazione, perdita del potere d'acquisto dei consumatori. Ma le banche corrono anche il rischio di non venire rimborsate. 

Il rischio è un classico automatismo di mercato che non funziona a favore di una circolazione equilibrata, ma ad autoprotezione della singola azienda bancaria. Capita così che la paura di non avere indietro il danaro freni le emissioni delle banche private e conseguentemente porti la circolazione sotto la soglia di equilibrio, cioè tolga il circolante necessario al consumatore e metta in crisi la produzione.

Da qualche mese i potenti della terra stanno cercando il modo e di mettere un freno all'emissione di dollari, cosa che negli ultimi trent'anni ha provocato una sfrenata inflazione, e di disciplinare il sistema delle banche private che oggi non rischiano squinternando l'equilibrio economico. In passato l'Italia ha fatto l'esperienza di banche pubbliche gerarchicamente sottoposte al governo della Banca d'Italia (banca centrale). Soppesando difetti e pregi, si deve dire che quel sistema andrebbe preso in considerazione se si intende operare a favore dell'equilibrio tra produzione e circolazione dei mezzi di pagamento.















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