L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
  Eleaml


Il sistema globale e il Monte di Pietà

di Nicola Zitara

Siderno, 19 Maggio 2007

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La funzione sociale dell’intellettuale consiste nell’offrire una spiegazione logica ai fenomeni esterni all’individuo e ai movimenti dello spirito (morale, religione, amicizia etc.). La spiegazione, che l’intellettuale offre, a volte è verificabile, a volte no. In quest’ultimo caso non è più una spiegazione. Rimane una convinzione, o peggio un’ideologia, cioè una verità presupposta, che viene enunciata allo scopo di ottenere un pubblico consenso (liberismo, comunismo, patriottismo, internazionalismo etc.). Quando ero ragazzo, al tempo del fascismo, capivo il mondo in cui vivevo. In effetti era la prosecuzione del mondo che c’era stato prima. Gli intellettuali e l’opinione corrente ne spiegavano il carattere e il funzionamento. Divenuto un giovane e un uomo istruito, grosso modo capivo il mondo in cui vivevo, benché questo fosse attraversato da profonde trasformazioni. Altri paesi – certamente l’Inghilterra e gli Stati Uniti – avevano già percorso quel tratto di strada e gli intellettuali di quei paesi raccontavano e spigavano, nei loro libri e saggi divulgativi, sia i contenuti del nuovo sistema sia i costi umani della transizione dal vecchio al nuovo.

Oggi l’Italia fa parte (o fa parte ancora) del Primo Mondo, per cui ci ritroviamo dentro il nuovo sistema prima che qualcuno ce lo abbia spiegato. Tutti ne siamo confusi, anche (o forse prima di tutti) gli intellettuali. La confusione è un fatto che può essere distruttivo per le collettività, che cadono vittime di ubriacature e idolatrie, simili a quelle degli ultrà del pallone. Inoltre si deve supporre che l’attuale cambiamento non sia lo svolgimento dell’esistente, come fu la seconda guerra mondiale rispetto alla prima, ma un mutamento radicale, tipo le invasioni barbariche del Quinto secolo d.C. o come nel 1917 l’avvento del comunismo in Russia.

Chi riflette sul nuovo sistema, pone l’accento su una o l’altra cosa; gli è difficile ancora spiegarsi e spiegare tutto. Questa impossibilità viene mascherata adottando l’espressione sintetica “Globalizzazione”, con la quale si vorrebbe dare a intendere che la grande novità consiste nel fatto che le merci non incontrano più frontiere, o che le frontiere sono più permeabili che in passato. In effetti “globalizzazione” è uno slogan retorico, un’ideologia, che nasconde almeno una verità. Questa verità comincia nel 1971, con l’inconvertibilità del dollaro. Cioè con la decisione del governo statunitense di stampare tutta la carta che reputava conveniente stampare, e di giovarsi della grande capacità di spesa all’estero degli americani, per diffondere nel mondo una cambiale che non sarebbe stata mai pagata, in tutto o in parte, per effetto della svalutazione.

I banchieri internazionali esistono da millenni. Mentre Gesù di Nazareth veniva messo in croce per quel che pensava e diceva, i banchieri ebrei contendevano ai banchieri greci, e viceversa, il controllo delle attività finanziarie in quel che poi è stato chiamato il Medio Oriente, e persino in Sicilia e a Napoli. Mille trecento/quattrocento anni dopo, la casa de’ i Medici, i Peruzzi, i Bardi, i Cybo, i Doria etc. finanziarono i re dei sorgenti Stati di Francia, Gran Bretagna, Spagna, Napoli, Sicilia. Mezzo millennio dopo, senza i soldi di James Rothshild non ci sarebbero stati né Cavour né il Regno d’Italia né il disastro garibaldino. Ancora in appresso, senza Rockfeller, la grande industria americana non sarebbe venuta al mondo. Senza Enrico Cuccia, la Fiat, la Montecatini, l’Edison sarebbero morte in giovane età. Mai c’era stata, però, neanche nel Rinascimento, una simile fioritura di banchieri. Per giunta di banchieri senza scudi d’oro, ma tutti ricchi di carta filigranata, data alle stampe dalle parti di Washington. Per fondare una banca, oggi, più che un capitale, occorre un rapporto di fiducia con il banchiere centrale, quello che stampa la carta. Ottenuto il riconoscimento, vende fiducia.

Il fiume di carta americana, in programmata perdita di controvalore, ha prodotto un’infinità di cambiamenti. Sicuramente ha indotto chi aveva dollari a spenderli, perché, diversamente dall’oro, con il passare del tempo si svuotavano di capacità d’acquisto. Prima che il mondo fosse travolto dall’onda dei biglietti verdi, le banconote rappresentavano un dato anagrafico della nazione. Il ducato, la lira, il franco, la sterlina, il rublo, lo yen. La moneta di Stato era la forza del capitalismo nazionale, il quale era nato e cresciuto “nazionale” contro l’internazionalismo della moneta aurea, idonea a superare ogni frontiera in virtù del suo valore intrinseco, del metallo pregiato che conteneva. Dopo l’onda verde dell’inconvertibilità, le banche centrali trattengono in cassaforte soltanto i dollari che non riescono a (o per ricatto commerciale non vogliono) spendere. Così il dollaro è fluito a prezzi stracciati verso i banchieri privati. L’uscita del Genio dalla Lampada di Aladino è stata una sferzata per l’economia. Infatti i produttori capitalisti hanno trovato facilmente (o più facilmente e a costo minore che in passato) le risorse per fare nuovi investimenti, investimenti innovativi, investimenti all’estero (portando così alla produzione aree arretrate), hanno potuto accrescere la produzione e abbassare il prezzo della merce prodotta.

Non tutti i capitalisti si dedicano a produrre, anche i banchieri si proclamano capitalisti. D’altra parte, senza la banca, il commercio sarebbe ancora allo stato in cui si trovava tremila anni prima di Cristo. E senza la banca neanche l’industria moderna si sarebbe sviluppata fino a diventare grande industria. I banchieri sanno trovare i soldi, moltiplicarli, inventarli, raccoglierli e ridistribuirli. Mentre l’industriale o il commerciante il danaro lo immobilizza, lo blocca in produzioni o merci in magazzino, il banchiere non lo tiene fermo, lo fa girare, lo raddoppia, lo triplica, quadruplica in base alla fiducia di cui gode. L’eccesso di danaro ha prima stimolato la produzione e poi, automaticamente, si è voltato a finanziare il consumo, il quale è la condizione necessaria non solo perché il produttore riveda il danaro investito, ma anche perché il banchiere faccia girare il capitale.

La globalizzazione è cominciata nel dopoguerra con il dollaro asceso a moneta internazionale ed è esplosa con la sua inconvertibilità. Il palpitante canto dell’Internazionale, il sogno di un proletariato senza frontiere, solidale nell’amore sociale e nella lotta per la libertà, ha avuto un’incredibile, inimmaginabile deriva nel biglietto verde.

La moneta è globale, mentre i proletariati sono sempre nazionali. Anzi regionali, stracittadini, leghisti. E i disoccupati pure. Che globalizzazione è mai questa? Ci sono borse visibili nelle capitali mondiali, a New York, a Londra, a Hong Kong, a Singapore, a Francoforte, e borse invisibili in Svizzera, in Lussemburgo, in isolette sconosciute dell’Oceano Atlantico, dell’Oceano Pacifico, dell’Oceano Indiano, che comunicano fra loro in tempo reale, e ci sono contemporaneamente morti di fame che impiegano cinque giorni per attraversare il tratto di mare tra la Cirenaica, la Sicilia e la Calabria in cerca di un lavoro e di un pezzo di pane.

Regge o non regge un sistema con lo Stato nazionale a moneta dipendente e uno Stato globale della finanza senza costituzione e senza leggi scritte? senza una filosofia politica e senza una norma fondamentale? La carta fiduciaria degli stati nazionali, pur svalutandosi ininterrottamente (10.000 lire del 2001, in termini di pane, compravano quanto comprava una lira e qualche centesimo del 1861), non ha portato danni all’esistenza del vecchio sistema produttivo. Anzi, proprio la svalutazione ininterrotta, a volte catastrofica, spostando risorse dal risparmio inoperoso al mondo degli affari ha consentito ai vecchi Stati industriali di reggere e migliorare. La verità è che la moneta aurea, la moneta stabile, era un ingombro per i capitalisti e costituiva un freno alla produzione. Ma questo vuol dire altresì che il nuovo sistema monetario, fondato su un dollaro in caduta libera reggerà il mondo? Ciò che regge una qualunque società, piccola o grande che sia, sono le regole e la sovranità. Nell’epoca che è finita, i biglietti erano un elemento della sovranità dello Stato nazionale. Oggi il connotato è fortemente alterato: un grande banchiere privato può tranquillamente finanziare i consumi di una nazione grande quanto l’Italia per un anno intero. In sostanza, lo Stato-banca è finito o quantomeno ondeggia alla ricerca di un supporto. Legge ed eslege, costituzione e potere privato si fronteggiano. Il sistema nazionale conserva il governo della produzione industriale mentre il governo dei consumi è in mano a un potere nebuloso, ancora informe, assolutamente indecifrabile, perché senza progetto. Intorno a noi volteggiano pezzi di carta che diventano VALORE economico soltanto nel momento in cui passano da una mano all’altra. Non c’è l’Impero, non c’è ancora un Augusto, un Adriano, un Costantino, non c’è Legge, né si sa se ci sarà mai. Siamo nella stessa condizione in cui versava il Sacro Romano Impero al tempo di Dante. Cioè al “bordello”, per stare alla sua invettiva. I ghibellini morirono a Benevento con il sogno delle Regole; i guelfi bancari e usurai trionfarono, come al solito con l’aiuto francese e con la benedizione del Papa, e sono ancora al potere. Da allora il Sud senza, oltre che senza industrie e senza operai, si rivolge ai banchieri toscani, agli affabili compaesani di Ciampi. Godiamo soltanto dei mafio-sportelli che somministrano credito al consumo (di merci padane). Ferdinando II che aveva cambiato la regola, l’abbiamo appassionatamente, patriotticamente, anglicamente, massonicamente cacciato via.

Quanto durerà ancora, per trenta anni, per un secolo, per cinque secoli?

Nessuno può saperlo. Ciò che invece si sa (e che bisognerebbe che chi ha interesse l’apprendesse) è che la globalizzazione bancaria spinge gli Stati a farsi ingegneri, inventori, industriali. E molto più che in passato. La Germania insegna: la produzione tedesca batte la globalizzazione americana, perché il paese si comporta come una famiglia, secondo le regole dell’economia domestica. Nessuna famiglia controlla la moneta in circolazione. La moneta internazionale è un dato oggettivo, esterno, non condizionabile. Quel che la famiglia può fare è di aumentare la sua capacità di vendere quel che ha prodotto. Ma il Sud è bloccato dalla libertà italiana, dall’italica fraternità; è come un oggetto liberamente portato al Monte di Pietà. Anzi come venti milioni di oggetti liberamente abbandonati, dalla Pietà padana, nel bagno di servizio dopo l’uso del bidè. E se non li riscattiamo, la prospettiva è un’asta pubblica su una piazza nordafricana.

Ovviamente con i tempi che corrono e con i sottomani che la classe politica è autorizzata a passare ai suoi clienti, l’idea prevalente è quella di calarsi le brache. “Linchitimi a panza e pistatimi u culu”. Ma sapere la storia non è, poi, una cosa inutile. A stare al giudizio di Antonio Grasmsci, l’unità d’Italia fu fatta da una cosca di malfattori con i soldi dei Rothschild. Gli italiani pagarono l’impresa. Sborsarono ai Rothschil una cifra vicina ai cinque miliardi di lire oro a titolo di interessi. Per sapere quanti erano basta moltiplicare 6,554 (il valore in euro dell’oro contenuto nella lira cavourrista) per 5 miliardi (32,8 miliardi di euro). Qui le cosche di malfattori non mancano. I dollari sono facili da trovare. E allora perché non fare l’esatto contrario?

 

Italia +/-

L’amato ministro Amato, uno che sa tutto e provvede a tutto, ha contratto con l’avvenente Signora Moratti e con Monsignor Veltroni un rafforzamento dell’ordine pubblico a Milano e a Roma. Quanto a Napoli, Bari e Palermo, si sa che bastano San Gennaro, San Nicola e Santa Rosalia.







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