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A mio parere, la strada dell’autoderminazione dei popoli non è al momento percorribile da parte delle popolazioni Sud italiano, per il semplice fatto che si tratta di popolazioni che hanno perduto, nel corso secolare della servitù toscopadana, coadiuvata dalla corruzione e dall’ascarismo della nostrana classe politica, la coscienza di popolo.
L’attuale risentimento di alcuni settori del Paese meridionale verso lo stronzobossismo non ha valenza identitaria, a causa dello sradicamento culturale perpetrato dai governi nazionali dal 1861 a oggi.
La sola identità, che i suditaliani hanno di sé, è il peperoncino rosso. Quanto al resto, che pure ci sarebbe, gli idoli introiettati sono Garibaldi, Cavour, la Massoneria, Roma, Firenze, Milano, Torino.
Più precisamente, il risentimento ha alla sua base l’avarizia, la consapevolezza di perdere comodità e vantaggi che si ritenevano acquisiti. Ciò specialmente da parte dei dipendenti pubblici. I quali, certamente non si rifaranno una coscienza nazional-meridionale, ma fomenteranno una resistenza nazional-fascista.
Dal tempo delle Crociate, il Sud italiano è l’ultima frontiera d’Europa, un paese marginale e tagliato fuori dai traffici economici e culturali. Escluso dal mare in cui è immerso.
Storicamente, quando al Sud va bene al Nord va male, e viceversa. I due paesi non possono procedere assieme per ragioni geopolitiche e per le diverse radici culturali, appena ammorbiditi dalla lingua e da usanze comuni .
In astratto, la separazione dall’Europa e dalla Toscopadana è
quel che serve. In concreto, l’unica aspettativa è che lo
stronzobossismo continui nelle sue contumelie antimeridionali e a
irritare i settori ben accomodati dell’impiego, togliendo loro i pioli
delle sedie. Ciò non porterà a una guerra di secessione
tra Sud e Nord, ma a una guerra civile tra meridionali, da cui
verrà fuori uno Stato
Suditaliano.
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