L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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Il federalismo del cazzo

di Nicola Zitara

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Siderno, 20 Giugno 2002

Bossi vuole tre parlamenti, uno del Sud, uno del Centro e uno del Nord. Siamo d’accordo. Anzi, visto che ci troviamo, dividiamoci anche il presidente della repubblica: Azeglio lo mandiamo al Nord, in quanto trattasi di cognome piemontese, Ciampi lo lasciamo al Centro.

Anche se non so cosa possa significare, la parola Ciampi assona con la parola Ciompi, che è sicuramente tosca. Carlo ce lo teniamo noi, in quanto il nome di tanti re del nostro passato, che buoni o cattivi che fossero, certamente non venivano dalla Bassa Valle Padana.

Però quest’Italia federalisticamente rotta e arcirotta, dovrà risultare anche sostanzialmente rotta. A noi interessa poco che l’onorevole Gnazio Larussa sieda in una camera dei deputati avente sede al Palazzo delle Aquile, a Palazzo Pitti, o in quella sottospecie di androne regio, che l’inveterata sbruffoneria del milanese appella Palazzo Reale. L’onorevole Gnazio lo regaliamo a Bossi, insieme al professor Buttiglione, agli onorevoli D’Alema, Mastella, Schifani, Namia, Martino, Bassolino e altri assortiti. E gli regaliamo anche la memoria di qualche illustre settentrionalista, nato per caso nel Sud, per esempio quella di Giuseppe Di Vittorio e di Aldo Moro.

A noi interessa che sotto la scure del federalismo stronzobossista cadano alcune cose di poco nome e di molta sostanza. Per esempio le banche, che qui non rischiano una lira, cosa che invece fanno a miliardi con le aziende decotte di Torino e di Milano. Eppure da noi si fottono tre volte tanto di interessi proprio con la scusa del rischio. Stronzobossiticamente parlando, le banche milanesi e romane faranno fagotto e andranno a godersi le zanzare della Bassa e quelle dell’Aniene. Anche le finanziarie, tipo Findomestic e Ducato, se ne tornano da dove sono venute, a godersi gli affreschi di Giotto e il ritratto del Senatur. Così pure le Assicurazioni Generali Venezia, l’UNIPOL, la Toro Assicurazioni e quant’altre di queste stronzaglie che ci schiavizzano. E'140 che pazientiamo, ma anche la pazienza ha un limite.

Qui non ha rotto solo Garibaldi con i suoi 922 o 877 o 514, non hanno rotto solo quel pagliaccio di Vittorio Emanuele, quei buffoni di Cavour, Sella, Minghetti, Depretis, Crispi, Giolitti, Mussolini, De Gasperi, Fanfani, Moro, Andreotti, Berlinguer, Craxi, ect. Qui è centoquarant’anni che rompono le banche milanesi, le industrie torinesi, i super-ospedali bolognesi, le università pisane, i calli di Venezia, gli Uffizii di Firenze, gli Agnelli, nelle due versioni di Gianni e Susanna, l’Ansaldo, i Breda, i Pirelli, i Bastogi, gli Olivetti, i De Benedetti, ed Eugenio, il suo cane da riporto, la sacra memoria di quel cane di Montanelli e quel mafioso in posa da grand’uomo di Enzo Biagi. Hanno rotto e continuano a farlo con la faccia di puttana che Dio gli ha dato.

Quanto a Bossi, altri non è che un Nino Bixio rivoltato. Un profittatore del regime, consunto dall’uso dello sproloquio, della bugia, di quel far fesso il prossimo per cui i Lombardi erano temuti in tutta Europa più della peste. Lo stronzobossismo è sdrucito come le glorie di Casa Savoia e dei suoi generali e ammiragli, felloni non meno del loro re. Come Giorgio Bocca e Piero Ottone.

Federalismo? Si, col cazzo. Noi ristabiliremo le antiche frontiere. Vogliamo sentirci a casa nostra, e non federati in patria, come siamo adesso. Per giunta alla mercé di un neo-garibaldino, avvinazzato e balbettante, in camicia verde.

Per un po'di stipendio, avete corrotto sei generazioni di maestri di scuola, e con le bugie scodellate sui sillabari vi siete impancati a padroni di una nazione con venti milioni di abitanti. Fottetevi voi, il vostro Savoia rimbecillito e le vostre Fiat fasulle! E naturalmente quel cane sbronzo di Bossi.

Andatevene, Voi e il vostro euro spilorcio. Il conto che è rimasto aperto sulle rive del Volturno e sotto le mura di Gaeta, stiate certi che lo salderemo.

Nicola Zitara

 

 

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