L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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io nun me scordo

“Il falso plebiscito”


Napoli, 10 Febbraio 2007

I piemontesi, non contenti d’aver annesso il Regno delle Due Sicilie, e d’averlo fatto con una guerra d’invasione illegale e priva d’alcuna regolare dichiarazione, vollero che la loro conquista fosse avallata da una votazione ufficiale. Insomma un plebiscito che sancisse la loro vittoria e desse una facciata istituzionale e legale al loro operato.

Fu scelta la grande e rappresentativa piazza antistante Palazzo Reale e che era denominata “Largo di Palazzo”, nome che poi fu cambiato appunto in “Piazza del Plebiscito” e che amaramente è a tutt’oggi in essere.

Il popolo fu intimidito nei giorni precedenti alle votazioni con l’affissione di manifesti in tutta Napoli, in cui veniva dichiarato “nemico della patria” chi pensava d’esimersi d’andare a votare o “chi (e qui siamo già alla farsa coercitiva) pensava di votare no!“.

Fu montato un palco con due grandi urne: una col SI ed una col NO. La mafia aveva già dato il suo contributo in Sicilia allo sbarco dei Mille che erano nel frattempo diventati circa 15 mila picciotti, e del resto solo qualche anno fa Riina ha dichiarato (vantandosene) che i suoi avi avevano favorito l’ingresso di Garibaldi.

La camorra non fu da meno: Liborio Romano (ultimo ministro di polizia borbonico) aveva nel frattempo tradito ed era passato con i Savoia facendosi dare l’incarico di Prefetto di Polizia e Primo Ministro dell’Interno del nuovo governo in stanza a Napoli.

Egli già da qualche mese aveva preso contatti con il capo della camorra Salvatore De Crescenzo detto “Tore ‘e Crescienzo”; in cambio della liberazione dei suoi uomini garantì il sostegno al nuovo governo ed il controllo sulle votazioni. In pratica null’altro che “il primo esempio di collusione tra malavita (mafia e camorra) e politica”; le due organizzazioni malavitose erano sì presenti anche prima, ma erano tali e di dimensioni ridotte, mentre con l’unità d’Italia facevano il loro salto di qualità.

Erano ai lati delle urne, e armati di tutto punto, intimidivano con minacce verbali e fisiche i votanti, invitandoli “a votar bene”. Ai contadini analfabeti fu fatto credere che votare SI voleva dire approvare il ritorno di Francesco II°, cioè un campionario di abusi, violenze ed illegalità semplicemente mostruoso.

Arrivarono ad uccidere all’istante vicino alle urne un contadino che gridò: Viva Francesco! Innanzitutto votarono per primi i camorristi, i garibaldini ed i soldati piemontesi e impropriamente alcuni stranieri e, poiché furono istituiti altri undici seggi in Napoli, ripetettero il loro voto dovunque e più volte. Ovviamente non fu concesso di votare ai 40.000 soldati di Francesco II°!

I votanti furono appena il 19% dei designati a farlo ed i risultati finali furono: 1.032.064 SI e 10.302 NO. Durante le elezioni, come ci racconta Giacinto De’ Sivo, “camorristi e baldracche, con coltelli, stocchi, pistole e fucili, correan le vie gridando: Italia, Vittorio e Garibaldi!”.

Lo scrittore Marcello D’Orta (l’autore di: “Io..speriamo che me la cavo”) a proposito di quanto sopra ha dichiarato: “Il nome Piazza del Plebiscito andrebbe, per rispetto ai Napoletani, modificato in Piazza presi per il sedere.








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