L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
  Eleaml


Camera dei Deputati - Seduta n. 501 pomeridiana 21 giugno 1950
Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico
interesse nell’Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno) (1 170)

Giugno 2012



Camera dei Deputati - Seduta del  17 Marzo 1950 - De Gasperi

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Camera dei Deputati - Seduta n. 499 pomeridiana 20 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 501 pomeridiana 21 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 502 antimeridiana 22 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 503 antimeridiana 23 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 504 pomeridiana 23 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 505 antimeridiana 24 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 507 pomeridiana 27 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 508 antimeridiana 28 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 509 pomeridiana 28 giugno 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 513 pomeridiana 04 luglio 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 514 antimeridiana 05 luglio 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 523 antimeridiana 12 luglio 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 524 pomeridiana 12 luglio 1950

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Camera dei Deputati - Seduta n. 525 antimeridiana 13 luglio 1950

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Senato - seduta n. 483 - venerdì 21 luglio 1950

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Senato - seduta n. 491 pomeridiana - giovedì 27 luglio 1950

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Senato - seduta n. 493 pomeridiana - venerdì 28 luglio 1950

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Senato - seduta n. 494 antimeridiana - sabato 29 luglio 1950

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Senato - seduta n. 495 pomeridiana - sabato 29 luglio 1950

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SEDUTA POMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 21 GIUGNO 1950
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CHIOSTERGI
INDI
DEL PRESIDENTE GRONCHI E DEL VICEPRESIDENTE LEONE

Disegno di legge (Discussione e approvazione):

Esecuzione del protocollo fra il Governo della Repubblica d'Italia e il Governo della Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia relativo ai materiali delle installazioni «Edeleanu» della «ROMSA» e scambio di Note, conclusi a Roma il 23 maggio 1949. (1112)......................... 19860

Presidente.................................................................................. 19860

Disegni di legge (Seguito della discussione):

Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno). (1170). Esecuzione di opere straordinarie e di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale. (1171)...............................................................................19861

Presidente..........................................................................................19861........19873

Consiglio..............................................................................................................19861   

Bettiol Francesco...................................................................................................19866

Merloni.................................................................................................................19875

Lucifredi................................................................................................................19861

Angelini, Relatore per la maggioranza.......................................................................19890

     19891

Bernieri....................................................................................................................19891

Proposte di legge (Deferimento a Commissione in sede legislativa) ................................19858

Proposta di legge (Discussione e approvazione):

Senatori Bergamini ed altri: Concessione di pensione straordinaria alla vedova dell'onorevole Giovanni Amendola. (1252)......................19858   

PRESIDENTE...........................................................................................................19858

SCOCA, Presidente della Commissione..

AVANZINI, Sottosegretario di Stato per il tesoro...........................................................19859

RICCIARDI ...............................................................................................................19859

CERABONA .............................................................................................................19859

COLITTO .................................................................................................................19859

LETTIERI.................................................................................................................19859

Interrogazioni e interpellanza (Annunzio) ….................................................................19900

Votazione segreta di disegni e proposta di legge:

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo internazionale di pagamenti e di compensazioni tra i Paesi europei e del Protocollo per l'applicazione provvisoria dell'Accordo suddetto, firmati a Parigi il 16 ottobre 1948, nonché del Protocollo addizionale n. 2, firmato a Parigi il 31 marzo 1949 (Approvato dal Senato. (978);

Trattato di amicizia, di commercio e di navigazione fra, l'Italia e la Grecia (Approvato dal Senato). (942);

Ratifica ed esecuzione della Convenzione di conciliazione e Regolamento giudiziario conclusa a Beirut fra l'Italia ed il Libano, il 15 febbraio 1949. (Approvato dal Senato). (1110);

Esecuzione del Protocollo fra il Governo della Repubblica d'Italia e il Governo della Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia relativo ai materiali delle installazioni «Edelea nu» della «R.OMSA» e scambio di Note, conclusi a Roma il 23 maggio 1949 (.Approvato dal Senato). (1112);

Senatori Bergamini ed altri: Concessione di pensione straordinaria alla vedova dell'onorevole Giovanni Amendola. (Approvata dal Senato). (1252)..................................................................19860, 19881

La seduta comincia alle 16.

SULLO, Segretario, legge il processo verbale della seduta pomeridiana di ieri.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i deputati Chieffi e Del Bo.

(I congedi sono concessi).

Approvazione di disegni di legge

da parte di Commissione in legislativa.

PRESIDENTE. Nelle riunioni di stamane delle Commissioni permanenti, in sede legislativa, sono stati approvati i seguenti disegni di legge:

della VII Commissione (lavori pubblici):

«Destinazione in uso degli uffici della sede centrale della Food and Agricultural Organi zation (P.A.O.) del fabbricato A del complesso degli edifici assegnati al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni in Roma e autorizzazione della spesa di lire 1.600.000.000 occorrenti per il completamento» (1294) (Con modificazioni);

dalla XV Commissione (lavoro):

«Stanziamento della somma di lire 450 milioni per la cura e l'assistenza dei poliomielitici» (Approvato dalla XI Commissione permanente del Senato) (1200).

Deferimento di proposte di legge

a Commissione in sede legislativa.

PRESIDENTE. Comunico che nella sua riunione di stamane la VI Commissione permanente ha deliberato di chiedere che le seguenti proposte di legge, già deferite al suo esame in sede referente, le siano assegnate in sede legislativa:

Vetrone: «Modifica all'articolo 1 del decreto legislativo 6 aprile 1948, n. 752, relativo all'inquadramento dei direttori di scuole tecniche industriali provenienti dai cessati laboratori-scuola e dalle scuole di tirocinio ad orario ridotto» (1186);

Mieville: «Proroga delle disposizioni della legge 10 novembre 1949, n. 852, sull'abilitazione provvisoria dell'esercizio professionale» (1233);

Bontade Margherita e D'Ambrosio: «Modifica dell'articolo 3 della legge 4 aprile 1950, n. 224, concernente il riordinamento dei ruoli del personale delle Segreterie universitarie» (1329).

Se non vi sono obiezioni, così rimarrà stabilito.

(Così rimane stabilito).

Discussione della proposta di legge dei senatori Bergamini ed altri: Concessione di pensione straordinaria alla vedova dell’onorevole Giovanni Amendola. (1252).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge dei senatori Bergamini, Casati, Cingolani, Croce, De Nicola, Gonzales, Macrelli, Molè Enrico, Nitti, Orlando, Palermo, Parri, Pertini, Porzio, Ruini e Terracini: Concessione di pensione straordinaria alla vedova dell'onorevole Giovanni Amendola.

Come la Camera ricorda, la Commissione è stata autorizzata a riferire oralmente. Invito pertanto la Commissione a riferire.

SCOCA, Presidente della Commissione. Signor Presidente, la proposta di una pensione straordinaria alla vedova di Giovanni Amendola fu presentata al Senato da senatori di tutti ì partiti.

Venuta dinanzi a questo ramo del Parlamento essa è già stata approvata per acclamazione dalla Commissione finanze e tesoro. Questo farà certamente pure la Camera in seduta plenaria perché Giovanni Amendola, fiero assertore della libertà e martire per la democrazia, è consacrato alla storia, al di sopra dei contrasti di correnti politiche. Qui, dove egli sedette e lottò per il trionfo di questi ideali, la Camera perderebbe tempo se si indugiasse nella discussione di questa proposta di legge. Siamo tutti unanimi nel dare questo modesto riconoscimento a Giovanni Amendola, asceso ormai nell'olimpo della patria. (Vivissimi, generali applausi).

PRESIDENTE. Il Governo ha dichiarazioni da fare?

AVANZINI, Sottosegretario di Stato perii tesoro. Onorevoli colleghi, in occasione di altre proposte di legge aventi per oggetto la concessione di pensioni straordinarie, il Governo avanzò delle riserve. Non è qui il caso di richiamarle oggi: la figura di Giovanni Amendola è così alta, nel ricordo riconoscente di tutti gli italiani, che il Governo aggiunge la sua parola per raccomandare alla Camera l'approvazione della proposta di legge.

19859

PRESIDENTE. Mi permetterò di associare l'intera Camera alle parole dette dal relatore e dal Governo per Giovanni Amendola. Io non ho avuto l'onore di conoscerlo in patria: l'ho conosciuto soltanto quando perseguitato dal fascismo si è ritirato all'estero dove io vivevo già. Mi pare non vi sia bisogno di dire molto più di quanto ha detto l'onorevole Scoca, soprattutto nel mettere in evidenza questa figura così singolare, fra le tante che pure hanno diritto alla riconoscenza della nazione. Giovanni Amendola è uno di quei fari luminosi che ben possono indicarci la linea che noi tutti dobbiamo seguire nella ricostruzione morale e materiale della nostra patria (Segni digenerale consentimento).

Dichiaro aperta la discussione generale.

RICCIARDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RICCIARDI. Quale deputato della circoscrizione di Salerno, che ebbe e considera ancora e sempre a suo onore l'avere eletto a proprio rappresentante in questa Camera Giovanni Amendola, io so di interpretare il sentimento dei miei elettori e dei miei colleghi del gruppo parlamentare del partito monarchico nel plaudire a questa proposta di legge, che non soltanto costituisce un doveroso atto di omaggio alla memoria del parlamentare insigne, ma assume in questo momento un particolare significato.

Giovanni Amendola., il cui valore di filosofo e di letterato non so se abbia eguagliato o superato quello di uomo politico, visse e morì in povertà, come vissero e morirono in povertà altri parlamentari insigni della mia circoscrizione, da Enrico Marinis a Clemente Mauro, da Francesco Spirito a Giovanni Cuomo. E io non posso dimenticare che il figlio di lui, Giorgio, alla morte del padre fu costretto a impiegarsi in una modesta libreria napoletana per trarne i mezzi onde poter studiare. Ed è anche il ricordo di questo lato del carattere di Giovanni Amendola che lo rende più caro a quanti credono che il mandato parlamentare sia e debba essere soltanto una nobile missione.

In questo momento, perciò, in cui si avverte la necessità che chiare norme legislative rendano immuni i parlamentari da critiche non sempre obiettive e da sospetti non sempre fondati, io ritengo che l'approvazione unanime da parte della Camera di questa proposta di legge costituisca, con il solenne riconoscimento del disinteresse economico con cui Giovanni Amendola espletò il suo mandato politico, un esempio ammonitore per la generazione presente e per quelle future.

CERABONA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CERABONA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le sinistre votano all'unanimità la concessione di questa pensione. Ricordare Giovanni Amendola mi sembra superfluo; dire di lui mi sembra, ancora più, superfluo: ormai, Giovanni Amendola è acquisito alla storia delle rivendicazioni della libertà e della giustizia. Ma io voglio dire che questa pensione è per la moglie di Giovanni Amendola, e voglio ricordare quel che poco fa ha detto il deputato di Salerno: la povertà, nella quale ha vissuto ed è morto Giovanni Amendola, é alla quale ha partecipato serenamente e costantemente anche la moglie di questo martire, donna virtùosa nel senso più alto della parola, donna che gli è stata compagna fedelissima, nella vita, negli studi e nell'azione. Ella, per poter vivere, ha dovuto per un lungo periodo lavorare quale impiegata, sino ad oggi. In età avanzata, le sarà di conforto sapere che la Camera dei deputati all'unanimità ha votato una sia pur modesta pensione per la sua vita, che per lunghi anni noi le auguriamo tranquilla.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Onorevoli colleghi, dirò soltanto, a nome del mio gruppo, che le grandi architetture si scalpellano nelle rocce più pure e che le basi spirituali dell'avvenire si plasmano nello spirito degli uomini più puri. È perciò che, essendo stato Giovanni Amendola un purissimo spirito, il gruppo si associa entusiasticamente alle belle parole pronunziate dal presidente della Commissione, dal Presidente della Camera e dai colleghi degli altri settori di questo alto Consesso.

LETTIERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LETTIERI. Quale amico, quale ammiratore, quale salernitano, voterò con viva soddisfazione il progetto di legge che in questo momento ci interessa.

19860

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, dichiaro chiusa la discussione generale.

Passiamo all'articolo unico. Se ne dia lettura. SULLO, Segretario, legge:

«Alla signora Eva Kuhn, vedova dell'onorevole Giovanni Amendola, è assegnata, a decorrere dal 1° gennaio 1950 e per tutto io stato di vedovanza, una pensione straordinaria di lire 360 mila annue».

PRESIDENTE. La proposta di legge, che consta di un articolo unico, sarà votata a scrutinio segreto nel corso di questa seduta.

Discussione del disegno di legge: Esecuzione del Protocollo fra il Governo della Repubblica d'Italia e il Governo della Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia relativo ai materiali delle installazioni «Edeleanu» della «ROMSA» e scambio di Note, conclusi a Roma il 23 maggio 1949. (1112).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Esecuzione del Protocollo fra il Governo della Repubblica d'Italia e il Governo della Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia relativo ai materiali delle installazioni «Edeleanu» della «ROMSA» e scambio di Note, conclusi a Roma il 23 maggio 1949.

Dichiaro aperta la discussione generale. Non essendovi iscritti e nessuno chiedendo di parlare, la dichiaro chiusa.

Passiamo agli articoli, identici nei testi della Commissione e del Governo. Si dia lettura dell'articolo 1.

SULLO, Segretario, legge:

«È approvato il Protocollo fra il Governo della Repubblica d'Italia ed il Governo della Repubblica Federativa di Jugoslavia relativo ai materiali delle installazioni «Edeleanu» della Raffineria Olii Minerali Società per Azioni «R.O.M.S.A.» e scambio di Note, conclusi a Roma il 25 maggio 1949».

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione. (È approvato).

Si dia lettura dell'articolo 2. SULLO, Segretario, legge:

«Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo e scambio di Note suddetti».

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione. (È approvato).

Si dia lettura dell'articolo 3.

SULLO, Segretario, legge:

«All'onere derivante dall'applicazione della presente legge, sarà fatto fronte con parte dello stanziamento iscritto al capitolo 450 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'esercizio 194950, che sarà stornato ad apposito capitolo da istituire nello stato di previsione ed esercizio medesimi».

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Si dia lettura dell'articolo 4.

SULLO, Segretario, legge:

«Il Ministro del tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio».

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Si dia lettura dell'articolo 5.

SULLO, Segretario, legge:

«La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ed ha effetto dal 25 maggio 1949, conformemente all'alinea 6 del Protocollo di cui all'articolo 1 della presente legge».

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Il disegno di legge sarà subito votato a scrutinio segreto.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la votazione a scrutinio segreto dei disegni di legge:

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo internazionale di pagamenti e di compensi tra i Paesi europei e del Protocollo per l'applicazione provvisoria dell'Accordo suddétto, firmati a Parigi il 16 ottobre 1948, nonché del Protocollo addizionale n. 2 firmato a Parigi il 31 marzo 1949. (Approvato dal Senato). (978);

Trattato di amicizia, di commercio e di navigazione fra l'Italia e la Grecia. (Approvato dal Senato). (942);

Ratifica ed esecuzione della Convenzione di conciliazione e Regolamento giudiziario conclusa a Beirut fra l'Italia ed il Libano, il 15 febbraio 1949. (Approvato dal Senato). (1110).

Voteremo anche i due provvedimenti testé approvati.

Indico la votazione. (Segue la votazione).

Avverto che le urne resteranno aperte, e che si proseguirà frattanto nello svolgimento dell'ordine del giorno.

19861

Seguito della discussione dei disegni di legge: Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno). (1170). Esecuzione di opere straordinarie e di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale. (1171).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge: «Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno)» e «Esecuzione di opere straordinarie e di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale».

È iscritto a parlare l'onorevole Consiglio. Ne ha facoltà.

CONSIGLIO. Onorevoli colleghi, consentitemi di leggere i primi due capoversi della relazione di minoranza:

«Rappresenta un indiscutibile successo dell'opposizione e della Confederazione generale italiana del lavoro il fatto che, di fronte alle 'critiche condotte per oltre due anni alla politica economica generale che va sotto il nome di «linea Pella» e di fronte alle proposte costruttive del piano del lavoro, il Governo abbia sentito l'esigenza di annunciare una serie di iniziative più audaci nel campo degli investimenti pubblici. Rappresenta un indiscutibile successo dei lavoratori meridionali e del movimento per la rinascita del Mezzogiorno il fatto che, con le grandi lotte combattute da Napoli alla Calabria, dal Fucino alla Sicilia,, e con la grande mobilitazione popolare e di opinione pubblica che è culminata nelle solenni assise di Bari, di Cagliari, di Crotone, di Matera e di Salerno, il Governo abbia sentito l'esigenza di mostrare come soprattutto verso il Mezzogiorno si voglia indirizzare la parte più cospicua degli investimenti preannunciati.

«Questi successi restano, malgrado i ripetuti e imbarazzati tentativi del Governo di fare apparire i suoi provvedimenti di legge indipendenti dall'azione dell'opposizione, come resta il fatto che l'esigenza di affrontare finalmente «nel suo complesso» la soluzione del problema del Mezzogiorno sia stata di nuovo imposta alla coscienza della nazione e all'attenzione dello Stato italiano, anche se l'attuale provvedimento non rappresenta affatto quel «radicale mutamento» di indirizzo politico che ogni reale proposito di affrontare in modo «nuovo e organico» il problema del Mezzogiorno richiederebbe».

Mi permetta l'onorevole Alicata, relatore di minoranza, di muovergli due piccoli, amichevoli rimproveri: un rimprovero di scarso spirito sportivo e un rimprovero di ingratitudine. È certamente prova di scarso spirito sportivo il voler monopolizzare per il movimento comunista il successo di questo provvedimento relativo alla Cassa per il Mezzogiorno, trascurando il fatto che tutti dico tutti e senza distinzione di partito i deputati dell'Italia meridionale hanno, dal 18 aprile in poi, strenuamente combattuto perché venissero riconosciuti i diritti sociali ed economici delle popolazioni meridionali.

Debbo qui ricordare che nella Campania, e precisamente nella mia cir.coscrizione, si realizzò, subito dopo il 18 aprile, l'unione dei deputati di tutti i partiti, dai comunisti ai monarchici, attraverso i liberali, i socialisti, i democratici cristiani: questa unione venne presieduta direttamente da uomini della levatura degli onorevoli Giovanni Porzio ed Enrico De Nicola. Questi parlamentari non hanno mai trascurato di presentare al Governo le istanze sociali dell'Italia meridionale: non è colpa loro se le istanze presentate non hanno avuto successo; non è colpa loro se le istanze presentate in occasione di chiusura di fabbriche, di liquidazione di vecchi, antichi, secolari stabilimenti industriali venissero respinte, ed essi invitati alla pazienza, accusati di demagogia e, qualche volta, accusati di portare argomenti a quella parte dello schieramento politico. Questo, per quanto riguarda il rimprovero di scarso spirito sportivo che devo rivolgere all'onorevole Alicata.

Il rimprovero di ingratitudine poi riguarda l'atteggiamento della minoranza di fronte a quella che può essere un'apparenza e può essere anche un fatto: che cioè quanto il Governo non ha concesso a noi parlamentari meridionali non comunisti (e includo fra questi prima di tutti i parlamentari democristiani) ha concesso finalmente quando il movimento è stato preso in mano da quella parte ed è stato trasformato in agitazioni dirette, ed è arrivato persino a conflitti.

Dopo questa precisazione, io devo riconoscere che la Commissione ha fatto opera veramente egregia e meritoria. Certamente questo disegno di legge per la Cassa è una grande testimonianza di solidarietà nei confronti dell'Italia meridionale; e la Commissione, il suo benemerito presidente onorevole Scoca, il non meno benemerito relatore onorevole Jervolino, si sono prodigati come giustamente segnalava nella seduta di ieri l'onorevole Corbino

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per dare lè garanzie più assolute sulla realtà delle somme stanziate, sulla concretezza di queste somme,.sulla realtà eli questi investimenti. Noi dobbiamo essere molto grati a questi benemeriti, dico; e uguale testimonianza di solidarietà ci è venuta dai parlamentari di altre regioni. Infatti, nei tempi passati, "una delle principali cause della carenza meridionale derivava dal fatto che in regime democratico rappresentativo l'Italia meridionale e insulare equivaleva sempre come un terzo ai due terzi del paese: noi eravamo sempre minoranza di fronte alla maggioranza. Quindi, ci riusciva particolarmente difficile essere capiti e intesi. Ho avuto altra volta occasione di dir questo.

Quindi, non dobbiamo meravigliarci se l'onorevole Amendola, nel quadro completo che ha fatto ieri, pur dal punto di vista intransigente di opposizione, abbia ricordato quanto è stato fatto in regime fascista, che certamente è una mole di lavori pubblici ingente e così importante da poter essere paragonata a questa mole; e forse il paragone non è completamente a nostro favore.

Però v'è da obiettare che quella mole di lavori pubblici venne attuata in regime dittatoriale, in un regime che poteva prescindere da certi controlli e da molte votazioni, che poteva far forza sulla sua maggioranza. Noi, viceversa, in regime democratico, siamo riusciti, cioè stiamo per varare una ingente mole di opere di interesse nazionale a vantaggio del Mezzogiorno, e con una rapidità relativamente ammirevole. Quindi, di ciò bisogna essere grati anche ai parlamentari delle altre regioni.

CAMANGI, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici. Anche le dimensioni non sono confrontabili!

CONSIGLIO. Però, in cinque anni venne speso dall'Alto Commissariato di Napoli 1 miliardo e mezzo...

CAMANGI, Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici. Sono 50 di oggi.

CAMPILL1, Ministro senza portafoglio. E non sono uguali le condizioni economiche!

CONSIGLIO. Questo è anche vero! Però è chiaro che in regime dittatoriale la politica dei lavori pubblici è molto più agevole e semplice che non in regime democratico. Premesso questo, è necessario fare alcune riserve. Ripeterò, come l'onorevole Corbino, non delle riserve drammatiche.

Non si voleva e non si pretendeva da voi che ci presentaste un disegno eli legge capace di affrontare e risolvere la questione meridionale. Ciò era semplicemente assurdo.

Ebbi l'onore, parlando sulle dichiarazioni del Governo, di dire appunto questo: cercate di non peccare di eccessivo ottimismo. Èimpos sibile, nello stato in cui siamo, che i problemi vengano affrontati e risolti, non dico in un anno, ma in due o tre anni. Noi ci contentiamo che ci si metta sulla strada della risoluzione. È difficile, imbarazzante fare queste critiche, perché rimane sempre il fatto che queste ingenti cifre si trasformeranno in un immediato, se pur contingente, beneficio sociale. lo non accetto nemmeno quelle critiche fatte dell'onprevole Alicata nella sua relazione di minoranza o quelle fatte ieri dall'onorevole Amendola sulla incertezza delle somme che deriveranno dal fondolire o sull'autorizzazione che dovrebbero dare le autorità americane. La relazione di minoranza accenna al fatto che le somme stanziate per i cantieri navali, le quali incontrarono delle difficoltà, difficoltà appunto di autorizzazione. Ma non è questo il caso, perché se qualche dubbio poteva esservi sulla possibilità che le somme del fondolire venissero destinate ai premi di integrazione dei cantieri navali, mi pare che non vi sia alcun dubbio che la destinazione principale del fondolire è appunto quella della redenzione delle aree depresse. È il loro naturale destino. Però, intendiamoci: noi non crediamo che questo ingente provvedimento sia veramente un primo sostanziale passo sulla strada politica delle aree depresse. Il titolo della legge è «Cassa per il Mezzogiorno»: noi avevamo tentato di spiegare che il concetto stesso di Mezzogiorno doveva essere superato.

lo uso questo plurale perché questa nostra tesi ha avuto qualche consenso da parte di parlamentari certo molto più autorevoli di me: per esempio dall'onorevole Fanfani. Noi avremmo preferito che si fosse provveduto alle aree depresse non con due distinti provvedimenti (un provvedimento per il Mezzogiorno e le isole, e un provvedimento per le zone depresse dell'Italia settentrionale e centrale). Noi avremmo preferito che si fosse adottato il concetto generale di aree depresse e si fosse proceduto soprattutto alla definizione di esso; a ciò sia per smeridionalizzare finalmente il problema, sia per consentire all'intervento democratico dello Stato di andare direttamente alle aree che sono veramente depresse. Perché non tutto del Mezzogiorno, non tutto delle isole è realmente depresso. Infatti, in questo vostro disegno di legge voi fate un elenco di opere pubbliche, un elenco generico,

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i cui programmi riguardano complessi organici di opere: bonifica, irrigazione, trasformazione agraria, sistemazione dei bacini montani, viabilità minore, grandi acquedotti e relative fognature. Ma prima voi dite: la Cassa prepara, coordina e finanzia «programmi di opere pubbliche di carattere straordinario per l'Italia meridionale».

Questo è il punto. Il disegno di legge stabilisce il funzionamento dell'organismo, le somme da stanziare e donde esse deriveranno; ma il punto che ci interessa è precisamente questo piano generale, queste direttive.

Il nostro interesse non vuol essere un atto di sfiducia verso il Governo e verso la maggioranza. Noi riteniamo che questo piano generale, che dovrà essere elaborato dall'apposito comitato designato dal Consiglio dei ministri, debba essere frutto della più ampia collaborazione e debba essere, possibilmente, portato qui in Parlamento, non ad altro scopo che di dare al paese la sicurezza che le ingenti somme stanziate, non dico non vengano distratte, ma non prendano direzioni improprie, non arrivino a destinazioni che si ri.solverebbero in una dispersione degli sforzi.

Era appunto a questi pericoli che voleva ovviare la concezione delle aree depresse. Io credo che la preparazione di questa legge abbia tenuto presente, in certo modo, l'esperienza americana per la valle del Tennessee; ma i tecnici che hanno preparato questo disegno di legge avrebbero fatto bene a considerare anche l'esperienza inglese, anche perché il problema della valle del Tennessee riguardava un unico bacino, anche se comprendente cinque Stati,mentre l'esperienza inglese è molto più somigliante alla realtà italiana di oggi. La crisi inglese delle aree depresse, che si impose all'attenzione del governo e del parlamento nel 1931, aveva infatti, mutatis mutandis, le stesse origini della crisi che travaglia le aree depresse del nostro paese; che non è un problema tra nord e sud, tra maggiore evoluzione del nord e minore evoluzione del sud, ma è un problema che deriva sia dalla struttura geografica dell'Italia, sia dall'orientamento delle grandi linee di comunicazione e degli scambi commerciali, sia dallo sviluppo stesso dell'economia liberista che, abbandonata interamente all'iniziativa privata, fatalmente finisce per espandersi in quelle zone dove migliori erano le condizioni di vita, migliori le condizioni climatiche, migliore l'ubicazione, migliori e più vicine

 ai grandi centri commerciali le vie di comunicazione, più ricche le fonti di materie prime. Lo sviluppo ottocentesco di queste zone più favorite dalla natura importava lo sviluppo delle popolazioni e delle ricchezze, e un graduale regresso di quelle zone vicine o più lontane dove non esistevano le stesse condizioni favorevoli.

Ma da che cosa era assicurato l'equilibrio nel secolo scorso? È molto semplice. Gli elementi attivi emigravano dall'Italia meridionale in Lombardia e in Piemonte. Se andate a vedere gli alberi genealogici dei 70 mila operai della Fiat vi accorgete che i nonni degli attuali operai, per una altissima percentuale, erano siciliani o calabresi che si trasferirono in Piemonte nei primissimi anni di questo secolo. Se queste parti più prospere del nostro paese si saturavano, gli elementi attivi ancora disponibili emigravano negli Stati Uniti, in Argentina, in Francia.

Ora, il problema delle aree depresse sorge appunto quando lo sviluppo demografico satura di popolazione le zone prospere e quando le barriere impediscono il deflusso emigratorio.

Il problema è stato affrontato dagli inglesi. Come? È stato affrontato con la politica dell'intervento, dell'intervento totale, che non concerne soltanto le opere pubbliche che interessano lo Stato, ma arriva fino all'industria, allo zuccherificio, al calzaturificio, alla fabbrica di vestiti; e tutte le aziende sorgono, necessariamente, come prodotto dello sviluppo economico e sociale della nazione.

La Scozia ha un regime particolare, che dipende anche dal vecchio reame; quindi le aree depresse della Scozia dipendono dal „ ministero della Scozia.

Le aree depresse dell'Inghilterra propriamente detta sono alle dirette dipendenze e sotto il controllo del ministero del lavoro; e il ministero del lavoro, che ha giurisdizione su queste aree, è l'ente più indicato per giudicare dello sviluppo e del miglioramento, direi addirittura organico, di queste aree depresse; esso possiede i dati sociali, che interessano queste aree, cioè occupazione permanente, cioè maggior consumo di alimenti e di vestiario, ecc.

Sono quindici anni che dura questo regime. E queste aree vengono chiamate oggi zone di sviluppo, non più zone depresse.

Nel 1935 in Inghilterra non esisteva una maggioranza assoluta di laburisti; non è questa una politica, che rientri nel quadro della politica dirigistica dei laburisti; era una prova, una manifestazione del classico empirismo degli inglesi.

19864

Liberali, conservatori e laburisti furono d'accordo nel ritenere che le zone depresse non potevano essere curate e portate alla salute sociale se non con intervento diretto e completo.

Questo è quel che abbiamo cercato di divulgare, non per imitare gli stranieri è un campo questo, nel quale è inutile, del resto, cercare la originalità ma perché l'esperienza atrui può servire anche a noi.

Durante l'ultima crisi si era persino parlato di un ministero delle aree depresse; era evidentemente troppo, perché, forse, noi non siamo ancora maturi per un esperimento di democrazia, direi, così avanzata.

Si è risposto con un programma di lavori pubblici, con un imponente programma di lavori pubblici. Ma non dovete aspettarvi, come del resto,è stato accennato da altri oratori, dei risultati sociali immediati, veramente tangibili, e ciò, per una ragione molto semplice.

11 concetto fondamentale di questo disegno di legge è ancora un concetto liberista (badate: non dico liberale; io sono uno di quelli che sostengono che l'economia liberista non coincide necessariamente con la dottrina liberale: la dottrina liberale può coincidere, ad un certo momento, con la dottrina dirigista, purché la dottrina dirigista non venga concepita come fine a se stessa, ma come mezzo per raggiungere l'ulteriore sviluppo della libertà economica e sociale; e questo è il caso).

Cioè, voi provvedete a queste ingenti opere pubbliche, per creare l'atmosfera, l'ambiente, in cui possa manifestarsi e svilupparsi l'iniziativa privata.

I meridionali faranno da sé. Cosa manca? Manca l'energia elettrica, mancano le strade, gli acquedotti, le fognature, gli ospedali; bene, facciamoli. In questo ambiente, che avrà raggiunto o almeno avvicinato quello delle zone prospere dell'Italia settentrionale, la iniziativa privata meridionale si manifesterà anch'essa e sarà da questa iniziativa privata che dovrà nascere, con gli opportuni adattamenti, la industrializzazione del Mezzogiorno.

Badate, amici, questo è un ragionamento saggio, onesto; è un ragionamento di cui possiamo capire l'importanza, ma che non possiamo accettare di fronte all'esperienza moderna, perché qui si tratta di due organismi, il settentrionale e il meridionale, uno fisicamente prospero e l'altro fisicamente denutrito.

19865

Immaginate due fratelli, uno dei quali abbia vissuto sempre bene, ha un peso leggermente superiore alla media, una ricca rìiuscolatura, delle magnifiche funzioni organiche, e l'altro che, pure avendo avuto la stessa infanzia, abbia trascorso due o' tre anni nel campo di Dachau. Che cosa fa un buon padre di famiglia? Prende i due fratelli, li mette in una stanza, mette loro dinanzi un magnifico pranzo e li lascia soli. Che cosa accade? Che il figlio prospero ha mangiato 900 grammi di spaghetti, mentre il figlio che è tornato da Dachau ne ha mangiati 100 e ha dato di stomaco.

Che cosa c'entra questo? L'organismo meridionale è un organismo denutrito, debilitato, e voi non potete aspettarvi che questo organismo prenda iniziative e possa validamente combattere la concorrenza di organismi robusti. Esso ha bisogno di aiuti diretti edi aiuti anche immediati.

Si accenna nella relazione di minoranza alla linea Pella. Vorrei accennare anch'io alla linea Pella. Dico però che questa non è la sede dove discutere la politica Pella, la politica di difesa della lira, di raggiungimento del pareggio; vi è bensì da far riferimento alla politica di restrizione del credito, di disciplina del credito. Noi sappiamo per esperienza che le banche sono ogni giorno più oculate, più severe nel chiedere garanzie; e che ogni giorno chiedono garanzie sempre più abbondanti. Tutto ciò, che ha naturalmente la sua ragione nel quadro della difesa della moneta e del risanamento del credito, porta alla graduale eliminazione degli" organismi economici malsani e deboli, perché rimangano gli organismi forti e robusti; e l'espansione della forza di questi organismi sani si tradurrà poi nell'aumento della produzione, nella espansione dell'iniziativa, ecc..

Intanto, però, non solo gli organismi malsani saranno eliminati, ma saranno eliminati anche gli organismi deboli. E dove sono principalmente gli organismi deboli? Appunto nell'Italia meridionale, onorevoli colleghi.

Badate, noi abbiamo un precedente molto serio. Io potrei qui riferirmi perfino al precedente della politica di quota 90, ma ci imbarcheremmo in una grossa questione. Riferiamoci a un precedente classico, al primo pareggio del bilancio,. vale a dire alla lotta iniziata subito dopo l'unità, fin dal 1861, dal ministro Sella, che arrivò dopo 14 anni, nel 1874, realmente al pareggio.

Voi ricorderete che la conseguenza di quella politica fu un ulteriore abbassamento delle condizioni economiche e sociali dell'Italia meridionale e delle isole; un abbassamento tale che portò perfino a dei movimenti rivoluzionari.

Devo subito però dire che non vi è una analogia precisa, inquantoché questo disegno di legge è la testimonianza che il Governo e la maggioranza si rendono conto e vogliono effettivamente cercare di riparare a questo abbassamento. Però voi raggiungerete dei risultati sociali molto più importanti, molto più vasti e tangibili non con lo stanziamento di così ingenti cifre per lavori pubblici, ma solamente con direttive di politica economica e creditizia.

Contemporaneamente a queste preoccupazioni per le sorti economico-sociali del Mezzogiorno, sono in corso altri piani sui quali siamo ancora scarsamente informati. Dovrebbe esservi, intanto, un piano di sistemazione dell'I. R. I., al quale è stato accennato nel corso della discussione sulla proposta  La Malfa, e che abbraccia gran parte della produzione, perché dell'I. R. I. fanno parte la Banca commerciale, il Credito italiano, il Banco di Roma, e il Banco, di Santo' Spirito, di proprietà dello Stato per l'87 per cento circa.

Probabilmente certi settori dell'I. R. I. saranno smobilitati; ma io non credo che sarà smobilitato il settore del credito: ciò non è possibile, per ragioni che si comprendono facilmente. E allora basterebbe tener presenti gli interessi delle aree depresse nel piano generale di trasformazione dell'I. R. I., e basterebbe rivolgere la politica creditizia verso quelle aree depresse che hanno maggior bisogno di credito; perché queste regioni non possono attingere al credito con gli stessi mezzi e le stesse garanzie con cui vi attingono, invece, le zone prospere.

Io voglio citare un esempio: personalmente sono antiregionalista, però sono uno di quegli uomini politici che non chiedono nulla di meglio che di correggere le proprie opinioni, se ciò è possibile; sono antiregionalista perché convinto che questo movimento si risolverà in un grande pericolo per l'unità nazionale. Ho voluto documentarmi: recatomi in Sicilia, non ho modificato la mia persuasione, e mi sono convinto che l'esperienza regionale porta tutti i vantaggi che non so ora valutare se compensino i pericoli, ma che certamente, in ordine alle aree depresse, hanno un'enorme importanza per l'Italia meridionale.

Se paragonate la fisionomia esteriore di Napoli di 15 anni fa con quella di Palermo, voi avevate, allora, una impressione molto più favorevole dall'apparenza di Napoli in confronto a Palermo.

19866

V'era un notevole distacco.. Se voi fate oggi lo stesso paragone, la proporzione è capovolta: il distacco è tutto a favore di Palermo. E perché? Perché in questi ultimi tre anni Palermo è diventata una capitale, tanto che a Palermo vi è una'amministrazione delle tasse per 22 miliardi all'anno, che si incassano e si spendono con criteri siciliani. A questi 22 miliardi si aggiunge, poi, una somma molto cospicua per il fondo di solidarietà nazionale.

PECORARO. Ancora non si è aggiunta...

CONSIGLIO. Si aggiungerà. In ogni modo basta semplicemente questo centro che si chiama amministrativo, ma che ha dimensioni tali da poter essere considerato addirittura come un centro jli prim'ordine. Si ha tale un impulso, che si è fatto molto di più per le aree depresse della Sicilia con la semplice attuazione dell'autonomia regionale, che non con tutte le leggi e gli stanziamenti che si possono fare presentemente e in futuro.

È chiaro che la sensibilità per le aree depresse della Sicilia sia molto più acuta a, Palermo che non a Roma: come sarà molto più acuta a Napoli che non a Roma, a Potenza che non a Roma.

infatti, voi sapete che una delle ragioni di maggior doglianza di noi meridionali mi meraviglio che questo aspetto non sia stato considerato tra NIe opere previste: ne farò oggetto di un mio emendamento è la mancanza di centri ospedalieri. Voi sapete, che essere colpiti al centro del Cilento o al centro della Basilicata o nella parte settentrionale della Calabria da appendicite perforante, da difterite, da ernia strozzata o da una malattia di questo genere che richiede un immediato intervento sanitario, significa correre serio pericolo di morte, perché è difficile, di notte, trovare un mezzo di trasporto, perché l'ospedale dista alle volte 200, o 250 chilometri. Questa è una delle nostre principali doglianze.

Orbene, il Governo siciliano ha già inizialmente provveduto. Ho potuto vedere la legge che ha predisposto per l'istituzione di centri ospedalieri sperimentali nel quadro di un piano organico destinato a fornire ogni comune della Sicilia di mezzi d'assistenza chirurgica e medica d'urgenza. Di questa legge è già in corso l'attuazione.

Un altro provvedimento legislativo in corso di esecuzione riguarda le case per i senzatetto e per i lavoratori. Voi potete immaginare, se vogliamo pensare per esempio alla Basilicata, che cosa sarebbe per Potenza se in quel capoluogo si potesse spendere la quota di entrate che, in base alla Costituzione e in base, alla legge,

verranno assegnate alla Basilicata, e in più quella certa somma che per un articolo della Costituzione noi siamo obbligati a votare per l'elevazione delle regioni meno provvedute. Saranno 4 o 5 miliardi all'anno che si potranno spendere per dare a quella regione un impulso enorme.

Quindi non faccio remissione della mia fede antiregionalista; però constato che, per le regioni meridionali, questa è una manifestazione di politica democratica, di intervento democratico che dà, un impulso veramente eccezionale.

Concludo questo mio breve intervento formulando un primo voto, per auspicare un piano generale di queste opere, che venga, sì, preparato dal Comitato dei ministri designato dal Consiglio dei ministri, ma. venga, poi, sottoposto al Parlamento in modo che tutti vi collaborino e portino il frutto della loro esperienza, non per creare imbarazzi al Governo, ma perché effettivamente queste somme non siano disperse e perché la fiducia e la solidarietà che sono dimostrate dai colleghi delle altre parti d'Italia non vengano meno. Auspico altresì che venga fissato, come è necessario, anche in ordine all'altro disegno di legge per l'Italia centrale e settentrionale, il criterio di definizione delle aree depresse, per sapere quando una zona, una provincia, una regione devono considerarsi area depressa. Delle volte, scherzando, qualcuno mi ha detto che la periferia eli Milano è area depressa. Noi, naturalmente, non possiamo entrare in polemiche di questo genere; abbiamo bisogno di dati precisi e seri, quali possono essere solamente quelli sociali. Ho parlato della bassa media delle calorie che si. consumano nel nostro paese, e questo mi sembra un criterio molto serio. Ricordate che nell'Italia meridionale, in certe zone, si ignora quasi totalmente il consumo dello zucchero, non perché sia caro, ma perché non sanno consumarlo. Quando lo avevano col tesseramento, lo vendevano o lo regalavano. Vi sono certe zone nell'Italia meridionale dove non si è assuefatti al consumo della carne, anche in certi strati sociali elevati. La carne forse non piace? No, è una questione di assuefazione. Sarebbe quindi necessario considerare anche questi aspetti affinché la popolazione sia più nutrita di proteine, più nutrita di zuccheri; se si incominciasse, ad esempio, a distribuire nelle scuole questi elementi nutritivi, si otterrebbero risultati certamente notevoli. Non potete attendervi gran che da gente che si nutre in modo così carente di elementi vitali, da gente così debilitata in partenza.

È certamente gente che rende poco, anche nell'ambiente lavorativo.

Io sono sicuro che queste considerazioni saranno da voi tenute in quella evidenza che ' esse meritano. Non possiamo trascurare la importanza economica dello sforzo che si vuol fare; ma abbiamo inteso semplicemente segnalarvi delle vie, percorrendo le quali si otterranno risultati sociali maggiori, delle vie che vi daranno anche maggiori sodisfazioni politiche, che vi indirizzeranno su una linea anche più democratica, se per democrazia si intende pure il venire incontro al più debole perché non venga sopraffatto dal più forte. (Applausi — Congratulazioni)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Francesco Bettiol. Ne ha facoltà.

BETTIOL FRANCESCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, se il Mezzogiorno è scontento della legge n. 1170, la cui insufficienza ha illustrato ieri con tanta larghezza di citazioni l'onorevole Giorgio Amendola, e con la quale si rendono disponibili 100 miliardi annui per la durata di 10 anni e per l'esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse, stanziamento che noi settentrionali riteniamo esiguo, insufficiente ad affrontare in maniera organica e radicale i problemi che travagliano da troppo tempo quelle laboriose popolazioni, e dare a questi problemi la soluzione che senso di giustizia impone; ripeto che, scontento il Mezzogiorno, che dire del disegno di legge n. 1171, che fissa in lire 20 miliardi annui la disponibilità straordinaria, pure per la durata di 10 anni, a favore dell'Italia centrosettentrionale per l'esecuzione di opere di bonifica, irrigazione, trasformazione fondiaria, sistemazione dei bacini montani, viabilità minore, taluni grandi acquedotti e relative fognature?

L'elencazione di queste opere, d'importanza veramente notevole sia se noi le esaminiamo sotto l'aspetto dell'interesse nazionale che postula i massimi investimenti per elevare il reddito nazionale, sia per l'esigenza di assorbimento di manodopera oggi disoccupata, sia altresì per aggiornarci con le esigenze di un vivere che possa dirsi civile dimostra l'esiguità delle somme di fronte alla vastità dei problemi ai quali si intenderebbe dare una soluzione. Nasce, poi, in me il dubbio fatto vivo, del resto purtroppo dai molti precedenti, che il Governo ripeta l'ennesimo impegno finanziario sotto la pressione delle masse lavoratrici, ma che, in seguito, cessato il motivo, anche i fondi diventino inafferrabili come i fondi E.R. P., che tutto dovrebbero risolvere e che tutto, invece, lasciano insoluto.

19867

Quante speranze sono state fraudolente mente alimentate sulle disponibilità di questi miracolistici fondi E. R. P. e quante delusioni sono seguite!

Tenendo, poi, conto della falcidia che hanno subito quest'anno i bilanci dei Ministeri dei lavori pubblici e dell'agricoltura e foreste, io considero questi stanziamenti una misera integrazione a quei bilanci; anche se si sia voluto, con la legge in discussione, dare un carattere vincolativo degli stanziamenti alla realizzazione di determinate e precisate opere; opere, del resto, la cui realizzazione era già acquisita nel programma governativo degli anni decorsi, programma che voi avete sempre accantonato preferendo i vostri investimenti in direzione ben diversa.

Sta di fatto che alcune di quelle opere, che oggi voi definite straordinarie, erano inserite nei, bilanci ordinari dei Ministeri sopracitati; anzi, dirò di più, erano in via di attuazione e, poi, abbandonate per mancanza di mezzi, ed oggi sta rovinando quel poco che era stato realizzato. Mi riferisco alla situazione dei bacini montani, agli acquedotti di una certa importanza, alla viabilità minore, alle opere di"bonifica.

Ho fatto questa citazione perché intendo" limitare il mio intervento ai problemi della montagna. Io credo che, se noi potessimo riunire in fascicoli quanto è stato scritto sui problemi della montagna, avremmo disponibile una collezione di libri veramente imponente. Non vi è io credo alcun uomo di Governo, ovvero di scienza o di cultura, che non abbia sparso le sue lacrime sulle sorti della montagna, sulle misere popolazioni montanare, e adornato la sua retorica dei migliori fiori del suo giardino.

Ma le cose sono rimaste come prima; anzi, sotto alcuni aspetti, come andrò a dimostrare, peggio di prima. Ciò che maggiormente rattrista è che questa legge, la cui insufficienza finanziaria apparirà evidente dalla discussione, sia presentata proprio dall'onorevole De Gasperi, capo del Governo e di origine montanara. Egli dovrebbe sapere che il problema della montagna è problema di dolore, di angoscia, di necessità, e che lo spopolamento della montagna non è un fenomeno di urbanesimo, ma è la spinta della fame, della miseria, della indigenza, che costringe le nostre popolazioni alla ricerca di un vivere più civile.

Dei 20 miliardi annui per opere straordinarie delle regioni centrosettentrionali, quale quota parte sarà resa disponibile per i problemi della montagna? Io temo che le nostre genti saranno ancora una volta deluse, che la loro aspettativa non andrà oltre la speranza; speranza che, del resto, fu sempre alimentata con parole e programmi eia uomini di Governo i quali non mantennero fede agli impegni assunti e dimenticarono presto le promesse fatte.

Già nel 1946 il ministro Segni dava vita ad un segretariato per la montagna: 13 milioni di montanari guardarono con simpatia a. questo provvedimento che voleva signifi care l'interesse del Governo per i molteplici problemi della montagna e la sua volontà di affrontarli e filialmente risolverli, seppure con le disponibilità finanziarie consentite.

Nessuno si attendeva dei miracoli, nessuno si attendeva da questo segretariato cose impossibili; ma, una volta demandati ad esso gli incarichi e le funzioni che bene aveva adempiuto in regime fascista, era sperabile in una sua proficua attività.. L'esperienza passata ne dava testimonianza. L'opera modesta ma efficace del segretariato della montagna nel periodo infausto si estrinsecava nei seguenti settori: miglioramento dei pascoli montani; rimboschimento e miglioramento dei boschi deteriorati; creazione di caseifici sociali cooperativi; sistemazione idraulico-forestale dei bacini montani; realizzazione di opere di piccola irrigazione.

Si può affermare con coscienza che il segretariato per la montagna, rimesso in vita dal ministro Segni nel 1946, abbia risposto alle nostre speranze e abbia realizzato qualcuna di queste opere? Ben lontano dal l'esprimere un giudizio che suoni censura ai funzionari del segretariato o che metta in forse le loro capacità tecniche, debbo dichiarare decisamente che il Governo, anche in questo campo, ha tradito l'aspettativa dei montanari: non era, infatti, sufficiente creare l'istituto per poi lasciar cadere il finanziamento delle opere che esso andava progettando.

La verità è che voi, signori del Governo, non volete risolvere i problemi della montagna, dal momento che la vostra politica è orientata non alla cura degli interessi della povera gente, ma piuttosto a rendere ad essa più difficile la vita. Questa mia affermazione non vuole essere uno slogan o un modo qualunque per dire male del Governo; non vuole essere l'espressione di una volontà sistematica di negare le vostre realizzazioni e di non riconoscere i vostri sforzi

19868

per rimontare una situazione precaria: ma gli è che la vostra politica rende questa situazione sempre più difficile. E si tratta badate bene almeno per quanto riguarda la montagna, di un indirizzo cosciente. Oggi voi non solo avete accantonato tutte le promesse di ieri, ma giungete persino in maniera brutale a dire al montanaro che voi Governo, da buon amministratore (io direi piuttosto da tipico speculatore), fate gli investimenti anche questi, del resto, molto discutibili nelle bonifiche di pianura, perché a reddito più immediato.

Ciò fu detto alle nostre popolazioni alpigiane in occasione di un convegno del turismo: uno di quei tanti, convegni tenuti, con molta proprietà a Cortina, a Taormina, a Merano, ove, più che darsi a discussioni proficue, più che tendere lo sforzo per l'esame dei problemi turistici onde arrivare alla loro soluzione facendo finalmente uscire dal loro nascondiglio i fantomatici fondi E. R. P. pel turismo, si ritenne, da parte dei parlamentari e dei loro familiari, assai più utile godersi la serenità di quei meravigliosi luoghi, nonché la generosa ospitalità offerta dai comuni e dagli albergatori, che oggi hanno perso ogni illusione sugli aiuti governativi per rinnovare e potenziare i loro apparati ricettivi, e forse rimpiangono le somme spese per l'ospitalità accordata. In uno di questi convegni, dunque, il presidente, onorevole Corona (qui presente), traendo le conclusioni conclusioni veramente edificanti, se consideriamo che l'attesa della montagna per questo convegno era di ricevere aiuti da parte del Governo ebbe a dire tra l'altro: «Sarebbe ed è questo il dramma anche degli organi responsabili, dei ministri vana illusione sperare ammesso che ve ne fossero le possibilità finanziarie in una restaurazione dell'economia agraria montana che consenta possibilità di vita al montanaro. 11 fenomeno della disoccupazione in montagna, così grave, così tremendo, così angoscioso, il fenomeno dello spopolamento della montagna con la conseguente degradazione' anche fisica della montagna stessa è così vasto, così complesso, che è stato oggetto anche dell'indagine di specialisti ed è considerato dal Governo,.vorrei dire, come quello che fa pendant con il problema del meridione. E qui vi è una difficoltà anche maggiore nella risoluzione del problema, perché chi ha il denaro dello Stato agisce anche lui sotto la spinta economica del massimo vantaggio col minimo mezzo, e mentre il denaro impiegato nella bonifica in campagna darebbe un immediato reddito,

il denaro che il Governo dovesse impiegare in opere di risanamento della montagna, cioè di bonifica della montagna, praticamente non dà questo risultato. Lo darebbe a scadenza di lustri e vorrei dire quasi di secoli. Ecco, quindi, la prima ragione per cui non possiamo illuderci di poter risolvere il nostro problema attraverso l'intervento dello Stato nel risanamento dell'economia montana».

È grave questa dichiarazione fatta dal presidente del convegno (Commenti al centro), perché dimostra chiaramente che il Governo non ha nessuna intenzione di affrontare quei problemi che nei congressi della montagna sono stati esposti da tecnici e da esperti in materia. Come vedete, onorevoli colleghi, non si poteva essere più espliciti nel convincere le nostre popolazioni ad abbandonare ogni illusione sull'intervento finanziario dello Stato a favore di esse, non si poteva essere più brutali nell'invitare queste popolazioni a sostenere ulteriori nuovi sacrifìci per la propria rinascita.

Entrando nell'esame di questa legge, e senza voler fare il processo alle intenzioni, l'articolo 3 stabilisce che a partire dagli esercizi finanziari 195152 e in ciascuno degli esercizi fino a quello 195960 incluso, sarà stanziata la somma di 20 miliardi, ripartita fra il Ministero dei lavori pubblici e quello dell'agricoltura, in relazione ai programmi relativi alle opere di cui all'articolo 1.

Ho il dubbio che, in seguito, i 20 miliardi scompaiano nei capitoli dei bilanci ordinari dei due ministeri interessati. È vero che si tratta di uno stanziamento straordinario, cioè di un'aggiunta ai vari' capitoli del bilancio dei due ministeri, ma quale garanzia abbiamo per l'esercizio 195152 che le somme fissate nei bilanci dei ministeri dell'agricoltura e dei lavori pubblici, nei capitoli di cui alla presente legge, saranno maggiorate della quota parte di 20 miliardi, e per dieci anni? Io sono convinto che già nel prossimo esercizio 195152 voi farete rientrare questa spesa, che oggi definite straordinaria,' fra quelle del bilancio ordinario, a ciò costretti dalla vostra politica di avventure, quella dei patti di guerra, che vi fa obliare i superiori interessi del paese e leo esigenze di vita, di lavoro e di pace del popolo italiano!

Del resto, che questa non sia una mia semplice ipotesi lo prova l'impostazione che avete dato al bilancio di previsione del Ministero dell'agricoltura e foreste per l'esercizio 195051, ove, alla voce «bonifica integrale, spese straordinarie», portate una variazione in meno di 16.359.214.000 di lire.

19869

Nel suo intervento, l'onorevole Gessi, discutendo il bilancio dell'agricoltura e foreste, rilevava quanta poca coerenza vi sia fra quanto affermate nei vari convegni e congressi per la bonifica e la vostra azione. Là, nei convegni e nei congressi, voi assumete impegni precisi, discutete con tecnici, approvate i lóro piani di bonifica, di trasformazione fondiaria e di sistemazione dei bacini montani, e riconoscete che nell'interesse nazionale queste opere sono indifferibili. Ciò voi avete ripetuto nel convegno della montagna di Belluno e al congresso per la bonifica di San Dona di Piave. Poi, nella pratica delle cose, voi negate i mezzi finanziari perché le opere e i piani possano essere realizzati! E così noi assistiamo ad un carosello continuo di stanziamenti e di storni, di speranze e di illusioni in chi dalla realizzazione di quelle opere vede finalmente aprirsi una prospettiva di vita, la visione di giorni meno duri. Poi tutto crolla, e ci troviamo di fronte alla realtà della vostra politica ingannevole, quella che ha sì un obiettivo, una meta, ma che non è né l'obiettivo, né la meta delle classi lavoratrici italiane. Così i 20 miliardi annui a favore dell'Italia centrosettentrionale per le opere di cui alla presente legge, voi li avete già fatti rientrare nelle spese del bilancio ordinario del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, e volete dare l'impressione con questa legge di una nuova vostra provvidenza, mentre nuove sono, purtroppo, le fonti alle quali attingete i 20 miliardi; fonti che ancora una volta colpiscono prevalentemente le classi meno abbienti del popolo italiano.

Ècco perché, onorevoli colleghi, la montagna pensa che anche questa legge, nella quale dovrebbero trovare largo spazio i propri problemi, le porterà una grande delusione, la delusione di vederli ancora insoluti, l'amarezza di aver prestato fiducia alle vostre promesse. Sentiamo sovente echeggiare il grido di allarme per Io spopolamento della montagna che porta di riflesso danni, forse oggi incalcolabili, al piano.

Fra il censimento del 1921 e l'ultimo la provincia di Belluno, una delle più tipicamente montanare, ha perduto 40 mila unità su una popolazione di poco più di 250 mila abitanti. Il fenomeno dello spopolamento non trae origine dall'attrattiva della città, ma è conseguenza di una vita grama, vita di privazioni, di miseria, di fame.

Nel suo ultimo discorso alla Camera il ministro Scelba ha dichiarato che l'indice del migliorato tenore di vita del popolo italiano era fornito dalle statistiche dei tubercolotici, in forte regresso.

Per quanto riguarda la montagna, io debbo dichiarare che mai come ora i sanatori rigurgitano di ammalati, e mai come ora vi sono tubercolotici privi di assistenza. E questo il ministro dell'interno sa, perché proprio da lui sqno partitelle disposizioni ai consorzi provinciali antitubercolari con le quali non vengono più pagate ai consorzi le spedalità per i ricoveri dei tubercolotici (circolare 10 giugno 1949, n. 20320 A. G.), ma si corrisponde ai medesimi consorzi dell'Italia centrosettentrionale un contributo per la quota massima di lire 160 ad abitante. E questa disposizione entrava in vigore nel momento in cui si chiedeva di aumentare i fondi per gli aumentati bisogni, in relazione all'aumentato numero dei tubercolotici.

Yale al riguardo, onorevoli colleghi, la pena di leggervi due brani soli di una lettera che il presidente del consorzio antitubercolare di Belluno, ingegner Luigi Meneghel, uno degli esponenti nella mia provincia della democrazia cristiana, ha diretto al Governo, alle autorità, ai parlamentari della zona per richiamare la loro attenzione sulle condizioni di grave disagio in cui veniva a trovarsi l'ente di fronte alle aumentate richieste di ricovero: «Di qui, la necessità di una energica azione; non solo e non tanto sull'Alto Commissariato per la sanità, solo indirettamente ed involontariamente colpevole della situazione attuale, e già fin d'ora convinto, noi crediamo, del nostro buon diritto, ma anche su entrambi i rami del Parlamento e specialmente sugli organi deliberativi del Ministero del tesoro, perché i fondi destinati alla lotta antitubercolare vengano aumentati in misura corrispondente agli aumentati bisogni ed alla enorme importanza della lotta stessa nel quadro delle necessità nazionali».

Continuava ancora il presidente del consorzio antitubercolare: «Il consorzio è quotidianamente alle prese con la tragica realtà dei tubercolotici invocanti un aiuto che nell'attuale situazione di cose non può essere loro dato».

È vero che la citazione del ministro Scelba si riferiva alla mortalità. Ed è pur vero che i farmachi della scienza moderna guariscono la tubercolosi; ciò, però, non esclude che l'infezione sia più estesa di prima e che l'ammalato guarito dalla tubercolosi muoia di inedia per mancanza di adeguati mezzi di sostentamento.

Da questi fatti nasce la mia preoccupazione per il vostro disinteresse circa i problemi della montagna, e per la vostra costante azione per impoverirne la sua economia, depauperarne il suo patrimonio.

19870

Valga ad esempio il decreto legislativo 3 maggio 1948, n. 1104, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 194 del 21 agosto 1948, riguardante le regole della magnifica comunità cadorina.

Non intendo tediare la Camera facendo la storia di questo istituto di proprietà privata chiamato Regole o Vicinie o Consorterie che noi troviamo nelle vallate della cintura alpina del Cadore, Alto Adige-Tren tino-Ampezzano-Valle d'Aosta, Vai Camonica, ecc., istituto che ha tradizioni millenarie e che il fascismo, con la famigerata legge del 16 giugno 1927, n. 1766, distrusse demandandone l'amministrazione ai comuni.

Si tratta di proprietà privata che appartiene prò indiviso ad un gruppo di famiglie originarie che assumono, accanto a diritti sul godimento della proprietà, diritti che si trasmettono di padre in figlio, assumendo anche determinati obblighi di conservare il bosco e d'apportare al medesimo i necessari miglioramenti silvopastorali, dai rimboschimenti, ai lavori di difesa da frane e valanghe, dalla sistemazione di malghe, alla costruzione di acquedotti, ponti, ecc., nell'ambito della giurisdizione regoliera. Si tratta, comunque, di proprietà privata, onorevoli colleghi, non demaniale o di uso civico, non comunale, e che il governo democristiano, con la legge che io ho citato, vergognosamente distrugge.

Infatti all'articolo 4 si prescrive: «Lo 1 statuto dovrà stabilire altresì l'obbligo del concorso di ciascuna regola a favore del comune in cui essa ha la sua sede, sia sotto forma di contributo finanziario' al bilancio comunale, sia con l'assunzione diretta e gratuita di compiti e di oneri compresi fra le funzioni e le spese obbligatorie del comune medesimo».

Ora, onorevoli colleghi, il risultato che si vorrebbe ottenere con l'applicazione di questa legge è il medesimo che ha ispirato l'azione del governo fascista il quale però, almeno, non si è nascosto dietro l'ipocrisia di dare alla regola il riconoscimento giuridico per poi defraudarla ignobilmente dei proventi derivanti dal reddito del bosco.

Così è, nella sostanza, il risultato della vostra azione verso questa proprietà privata, della montagna.

Ciò rientra, del resto, nei vostri piani, perché in questo modo ridurrete i vostri interventi finanziari per la montagna,

particolarmente per la finanza comunale, la quale, secondo voi, dovrà attingere dalla proprietà privata, trasformata oggi, con il sopracitato decreto, in demaniale di uso civico.

Ed è con questa mentalità che voi, signori del Governo, presentate questa legge che assegna 20 miliardi all'Italia centrosettentrionale, ben sapendo della sua insufficienza a risolvere non dico tutti, mà qualcuno dei problemi nostri.

Ma questo episodio della regola che io ho citato, e che è insufficiente a fornire la prova di quali attenzioni voi degnate la 'montagna, questo episodio, ripeto, non è che un anello della vostra politica antimontanara. E dirò subito il perché.

Nel suo intervento sul bilancio della agricoltura l'onorevole Grifone dava, con cifre alla mano, un quadro impressionante di importazioni di prodotti agricoli e caseari in quantità esuberante ai bisogni della popolazione italiana, provocando come è naturale in un mercato come il nostro una forte depressione nei prezzi dei prodotti medesimi, con la conseguente rovina dell'agricoltura italiana.

Ma si sa che il fornitore è l'America, cioè quel paese verso il quale avete assunto degli impegni di subordinazione; per cui vi è preclusa ogni possibilità di azione di difesa del mercato italiano.

Ripeto, qui si tratta dell'America al cui carro vi siete legati; ma l'accordo commerciale da voi firmato a Vienna nell'aprile scorso ed io oso sperare che con questa nazione noi non dobbiamo sacrificare alcun nostro interesse, se non in reciprocità lede fortemente gli interessi della montagna. E la montagna, che è parte notevole della'  nazione italiana, non solo esperimenta giornalmente il vostro disinteresse verso i suoi problemi, ma rileva sempre nuovi motivi di un'azione che tende ad impoverirne la propria economia.

Si sa che patrimonio base dell'economia montana è il bosco; che questo patrimonio fu conservato nei secoli, con sacrifici che solo le virtù montanare permettono di sostenere; che da questo bosco le popolazioni traggono ragione di vivere. Ebbene voi, con l'accordo nell'aprile scorso con l'Austria, avete inferto un duro colpo a questa economia. Anche qui, nessuna necessità di importazione, nessuna deficienza di questo materiale sul mercato italiano; e, ciò malgrado, avete concesso che si importino in Italia: legno segato resinoso 600.000 metri cubi; travi «uso Trieste» lire 100 milioni; legna da ardere illimitata; elementi in legno segato per costruzione

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lire 120 milioni; botti in legno duro nuove e usate lire 50 milioni; legno per miniere 25 mila metri cubi; pali telegrafici 15 mila metri cubi; listelli in legno segato e parti,di casse per imballaggio 40 mila metri cubi; farina di legno lire 22 milioni.

Scrive il Gazzettino organo vostro, e quindi degno di fede: «A questo punto sorge istintiva una domanda: quanto viene a costare il legname austriaco? Non conosciamo le ultime quotazioni, ma un fatto è certo: chi si è portato recentemente nella vicina Carinzia ha potuto riscontrare che il legname viene a costare meno di quello della produzione nostrana e che i produttori austriaci dimostrano palesemente la loro intenzione di voler battere i prezzi del nostro mercato».

Le ripercussioni di questo accordo si sono fatte immediatamente sentire sul nostro mercato.

Le nostre aste vanno deserte: i negozianti e gli industriali italiani concorrono a queste con offerte di 45 mila lire al metro cubo in meno di quanto avveniva settimane prima.

Impoverimento delle economie comunali, aumento della disoccupazione tra i boscaioli, fame, miseria: ecco gli effetti per noi di questo accordo con l'Austria. Io non discuto se l'accordo sia favorevole per altro settore della nostra economia; io constato che, se ciò fosse, avviene ancora una volta a spese della montagna.

E questo è ingiusto ed inumano.

Volendo anche superare le mie riserve e le mie perplessità "sulla disponibilità effettiva dei 20 miliardi annui per la realizzazione di opere di cui la presente legge, rimane, purtroppo, sempre dimostrata la assoluta insufficienza di questo stanziamento, a paragonile delle opere che si devono compiere per dare contenuto pratico e sostanziale alla Carta costituzionale repubblicana, per togliere ad alcune zone, troppe, vaste zone d'Italia, il loro carattere coloniale, per avviare le nostre popolazioni ai metodi di vita civile. Credo superfluo, onorevoli colleghi, descrivervi le condizioni di vita delle nostre genti montanare: molti di voi hanno quelle origini, risiedono tuttora fra di esse, ne conoscono i bisogni...    '

CIMENTI. Tradiscono i loro interessi!

BETTIOL FRANCESCO. Lo so! Si tratta di popolazioni che, nei duri e lunghi mesi d'inverno, rimangono alle volte completamente isolate dal resto del mondo, contando, dal lato alimentare, sulle poche scorte

 di fagiuoli e patate, che un lavoro pesante e faticoso riesce a strappare all'ingrata terra durante il breve periodo estivo.

Né vorrei parlarvi degli altri bisogni di queste popolazioni per strade, acquedotti, scuole, fognature, cimiteri, ospedali, asili, luce; bisogni già rilevati da anni, tradotti da anni in regolari progetti, progetti che da anni attendono la loro realizzazione.

Anche in questo campo, per fare una esemplificazione, dirò che la provincia di Belluno (la mia provincia) fin dal 1948, epoca delle promesse elettorali democristiane, in ordine anche a queste necessità ha presentato al provveditorato delle opere pubbliche di Venezia, tramite il genio civile, una serie di progetti per sodisfare queste necessità immediate, progetti che importavano allora, nel 1948, una spesa di oltre 4 miliardi e mezzo. Quando, nel marzo del 1949, pressate le nostre popolazioni dalla fame e dalla miseria, esse chiesero al Governo, al partito della maggioranza, conto di quelle promesse, la risposta fu una sola: il manganello della «celere»!

Una voce al centro. Esagerato!

STUANI. Il manganello è niente! E' quando avete adoperato i fucili mitragliatori? (Rumori al centro e a destra).

Presidenza del Presidente GRONCHI

BETTIOL FRANCESCO. Chi vi parla, onorevoli colleghi, ha sperimentato quei sistemi! Ecco come si intende risolvere il problema della montagna!

Entrando a discutere iiei limiti postimi da questo disegno di legge, e non essendomi consentito estendere l'indagine a tutte le regioni dell'Italia centrosettentrionale, alle quali fa riferimento questa legge, io citerò brevemente, sinteticamente, gli elementi raccolti dal compartimento dell'agricoltura e delle foreste di Venezia, organo governativo, i cui dati non sono contestabili, e che riguardano ben 11 province delle Venezie, le quali, purtroppo, hanno il triste privilegio di avere da 350 a 400 mila disoccupati. Già l'esistenza di una quota così forte di disoccupati, che significa fame, miseria, disperazione per migliaia di famiglie, dovrebbe porre il Governo a considerare la necessità urgente, indifferibile, di provvedere alla esecuzione di opere, che assorbirebbero aliquote notevoli di mano d'opera oggi disoccupate, ma che altresì andrebbero ad accrescere, con la loro esecuzione, notevolmente il reddito nazionale.

Nello studio recente fatto dal professor Montanari, che è il capo compartimento dell'agricoltura e delle foreste delle Venezie,

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uomo di indiscussa fama, valoroso tecnico nel campo dell'agricoltura (studio che porta il titolo: «Profilo dell'agricoltura delle Venezie»), si espongono dati molto interessanti.

In rapporto alla bonifica dei terreni sussistono ed operano nelle Venezie 153 comprensori di bonifica classificati di seconda categoria, ai quali è concessa la possibilità del ' contributo statale del 75 per cento: tali comprensori hanno una estensione territoriale di ettari 923.697. Vi sono, poi, 48 consorzi di miglioramento fondiario a scopo vario con comprensori della superficie di ettari 48.500; più 54 consorzi idraulici di scolo e difesa, molti dei quali operano come consorzi di' miglioramento fondiario, della superficie complessiva di ettari 71.900. Quasi tutti questi comprensori sono organizzati in consorzi. Per. il miglioramento fondiario, a scopo irriguo esistono 217 consorzi, i cui comprensori hanno una superficie complessiva di circa ettari 180.000.

In sostanza, noi abbiamo 472 unità di bonifica e difesa idraulica con una superficie territoriale complessiva di comprensori pari a ettari 1.224.097.

In aggiunta a queste unità di bonifica e difesa idraulica esistono 50 perimetri di sistemazione' montana classificati per una superficie di et Lari 2.161.491.

Secondo la pubblicazione che ho citato, e di cui il Ministero dell'agricoltura ha avuto copia, la necessità finanziaria per completare la bonifica di tutto il territorio delle Venezie si aggira sui 30 miliardi per la sistemazione della zona montana e lire 60 miliardi per il completamento della bonifica e della trasformazione fondiaria del territorio coltivabile della collina e della pianura, con parziali opere di irrigazione.

Secondo la fonte che ho citato, onorevoli colleghi, l'incremento che noi avremmo nella produzione agricola-forestale realizzando queste opere di bonifica, si aggirerebbe, s'intende per le sole Venezie, intorno a lire 2227 miliardi annui.

Questa è, signori del Governo e onorevoli colleghi, la strada che vi viene indicata non dall'opposizione (ché la medesima ha sempre sostenuto questa politica), non dalla G. G. I. L. con il suo piano di risanamento nazionale che voi respingete, ma da un organo governativo; il quale, forse, vede il problema più nell'aspetto tecnico che in quello sociale.

Se vi fosse in voi preoccupazione di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori dando ad essi lavoro, retribuzioni più remuneratrici, più elevato tenore di vita servizi civili ed igienici più elevati voi vi sareste incamminati su questa stradale non su quella delle desertiche arene della Somalia. Qui veramente voi investite il denaro del popolo italiano a fondo perduto, mentre l'impiego di esso nelle opere che io ho indicato renderebbe un alto interesse con la certezza del ricupero dal maggior gettito dalle imposte fondiarie, ed eleverete nel contempo il tenore di vita di una popolazione che voi fate languire [nelle ristrettezze e nella miseria più dura.

Non sono io a dirvi questo, signori del Governo, signori della maggioranza; ma è un uomo le cui idee politiche io non conosco, ma che so né comunista, né socialista, un vostro funzionario, che con grande senso di responsabilità così scrive in una sua recente relazione in merito alla zona del Polesine: «Questa popolazione, in gran parte bracciantile, per diversi mesi dell'anno rimane disoccupata causa l'andamento stagionale dei lavori agricoli e di quelli pescherecci. E se la massima parte di tale popolazione abita in abitazioni costruite in muratura per quanto quasi sempre con locali non confortevoli ed insufficienti ad ospitare civilmente le famiglie dei lavoratori generalmentejiumerose molte famiglie vivono ancora nei così detti casoni, cioè in capanne di paglia e cannucce palustri, con intelaiatura in pali di salice e pioppo, con pavimenti di argilla battuta, ecc., ecc.: costruzioni primitive che sono un insulto all'igiene, alla morale, ad ogni principio di civiltà e che perciò accrescono lo stato di disagio morale e materiale di chi le abita». Questo scrive un funzionario governativo, il professor Montanari.

E ancora più avanti: «Gran parte del territorio in esame manca di acqua potabile, cosicché un rilevante numero di famiglie contadine deve attingerla, per dissetarsi, per gli usi domestici e di abbeveramento del bestiame, dai fiumi e dai canali di bonifica, rendendola bevibile con rudimentali sistemi di filtrazione o decantazione. È perciò facile rendersi conto delle conseguenze igieniche. Se, poi, qualcuno di questi corsi d'acqua viene inquinato, come ora avviene, dagli spurghi salmastri dei pozzi per l'estrazione del metano, l'alimentazione idrica delle popolazioni agricole latistanti si rende ancora più penosa dovendo trasportare l'acqua da località molte lontane».

Da questa esposizione risulta evidente l'insufficienza dello stanziamento della presente legge, che dovrebbe essere resa operante

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per soddisfare i soli bisogni della regione delle Venezie e non dei tre quarti del territorio nazionale. E ciò perché, onorevoli colleghi, io ho citato le necessità del settore dell'agricoltura alle quali debbono pure aggiungersi le altre di pertinenza del Ministero dei lavori pubblici per quanto concerne la viabilità minore, alcuni grandi acquedotti e relative fognature; e ho citato pure i bisogni immediati, e ristretti ai capitoli della legge stessa.

Io conosco l'obiezione del Governo: mancano i mezzi. A questa obiezione, onorevole Campilli, è facile,rispondere, come sempre fu risposto, e non solo da uomini di questo settore ma dagli stessi uomini della maggioranza governativa. Non ripeterò le stesse cose, ma una cosa dirò: per quanto riguarda la montagna, per risolvere i suoi problemi, io ho indicato una fonte di finanziamento presentando fin dal 15 luglio 1949 una proposta di legge in merito ai diritti dei comuni rivieraschi, intendendo con questa mia iniziativa far rendere finalmente giustizia a questi comuni della montagna. È noto, infatti, che a questi comuni la legge n. 1775, articolo 52, riserva una aliquota di energia fino al 10 per cento di quella media prodotta da erogarsi. a prezzo di costo. La mia proposta di legge trasforma il diritto alla fornitura da prezzo di costo a titolo gratuito, ne stabilisce in termine fisso la percentuale del 10 per cento, estende l'obbligo della fornitura a tutti gli impianti esistenti ed in via di costruzione.

Io debbo dolermi che la mia proposta dorma da quasi 10 mesi, malgrado sia previsto dal regolamento che le proposte debbano essere poste in discussione non oltre due "mesi dalla presentazione, se non erro.

PRESIDENTE. Alla Presidenza non è stato presentato alcun reclamo di commissari contro ritardi nella discussione di proposte di legge. Tanto per chiarezza.

BETTIOL FRANCESCO. Chiedo scusa, non ho inteso farle un appunto, signor Presidente.

Debbo altresì dolermi che il ministro Tu pini, pochi giorni prima di abbandonare il Governo, abbia presentato al Senato un disegno di legge nel cui articolo 13 si vorrebbe sodisfare il diritto della montagna alla fornitura gratuita di energia, mentre invece, sia nella lettera che nella sostanza, questo articolo è una vera presa in giro, una vergognosa beffa verso le popolazioni montanare.

Comunque avremo modo di riparlarne quando il disegno di legge che è ora al Senato, verrà alla Camera o quando ci si deciderà a prendere in esame la mia proposta.

Proposta, del resto, non nuova neppure alla Camera, m quanto essa trova riferimento in un ordine del giorno firmato da oltre trenta colleghi della democrazia cristiana, e discusso in occasione del bilancio dei lavori pubblici del 194950, e credo anche dell'anno in corso.

Io mi auguro che i colleghi che hanno sottoscritto questo ordine del giorno continuino la loro azione coerentemente con quanto affermato nell'ordine del giorno stesso, tanto più che nel paese molte voci autorevoli si sono levate a favore di questa concessione. Cito una comunicazione apparsa sul Bollettino ARI del gennaio 1950, nel quale ci si esprime in termini molto lusinghieri nei miei confronti.

Vi si dice che è giusto dare alla montagna. un'aliquota di energia a titolo gratuito, anche se ciò possa turbare il sonno degli industriali e di quel tale senatore Gaggia, presidente della S. A. D. E. che nel 1943 si sentì tanto onorato di porre à disposizione la sua villa a Soceva di Belluno perché i due criminali Hitter e Mussolini vi si riunissero a concertarvi nuove distruzioni a danno del genere umano. Il ministro Vanoni, al congresso della montagna tenutosi a Brescia nel 1949, definì questi complessi industriali dei veri fortilizi per assaltare i quali occorre essere bene agguerriti.

Sono questi fortilizi che dominano la vita del paese. Ma io domando al Governo: voi, signori del Governo, siete dentro o fuori di quei fortilizi?

CAMPILLI, Ministro senza portafoglio. Fuori.

BETTIOL FRANCESCO. Perché, se siete dentro, è naturale che difendiate quelle posizioni; ma, se siete fuori, la vostra non è allora se non una dichiarazione di incapacità a governare, dimostrando chiaramente che chi governa l'Italia, oggi, sono i grandi industriali e gli agrari. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi avvio alla conclusione. Credo di essere riuscito a dimostrare con la mia esposizione obiettiva e sufficientemente documentata che la politica governativa nei confronti della montagna non è una politica di aiuto, ma piuttosto una politica di depauperamento e di compressione della sua economia. Manca da parte del Governo l'impostazione di un piano organico, una prospettiva che offra al montanaro un minimo di garanzia di vita; il fisco colpisce ogni piccola attività, rende impossibile lo svilupparsi di una qualsiasi iniziativa.

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La piccola proprietà fondiaria non può sostenere il cumulo di imposte e sovrimposte comunali, provinciali, statali che ad una condizione: riducendo ulteriormente il già basso livello di vita della famiglia del piccolo coltivatore.

A che cosa dobbiamo attribuire tutto questo? Indubbiamente all'indirizzo della nostra politica generale, che vi fa dimentichi dei bisogni della povera gente. E la popolazione della montagna è prevalentemente composta di povera gente. Ma, se io non voglio essere cattivo' nel dire che esiste in voi, signori del Governo, la volontà preordinata di infierire verso queste povere popolazioni montanare, il meno che io possa fare è affermare la vostra ignoranza, la vostra insensibilità verso problemi della montagna.

In questo senso va visto il disegno di legge del ministro Segni non ancora presentato alla Camera, è vero; ma che è già di dominio publ’blico e di cui parla tutta la stampa. Infatti, il ministro Segni, che da cinque anni sta studiando i problemi della montagna, è arrivato a queste edificanti conclusioni; egli propone l'istituzione di una Cassa autonoma della montagna da alimentarsi applicando nuovi balzelli a carico delle popolazioni della montagna stessa. Ma questo è inaudito! Non voglio offendere nessuno; però è certo che qui si irride alla nostra miseria o si crede in una nostra ingenuità che nel caso lasciatemelo dire vorrebbe significare idiozia.

Il progetto di legge del ministro Segni prevede che alla costituzione del fondo per la cassa autonoma dovrebbero concorrere le seguenti sopratasse: una sopratassa di lire 0,25 per chilovattora prodotto a mezzo degli impianti idroelettrici installati nel territorio nazionale o fuori di esso, e comunque erogato in Italia; una sopratassa del 5 per centh sul valore mercantile medio del legname grezzo, sia di produzione nazionale che di importazione, che comunque viene usato come materiale da lavoro e da opera; una sopratassa giornaliera di lire 20 a carico di tutti coloro che si recano a scopo turistico nelle nostre zone di montagna. E poi si dice che si vuole incrementare il turismo nelle nostre zone di montagna, facilitandovi l'afflusso dei turisti.

Inoltre, alla costituzione del fondo per la Cassa autonoma dovrebbe concorrere una sopratassa del 50 per cento sugli importi delle ammende e penalità previste dalle leggi e dai regolamenti forestali.

Vi è veramente da restare trasecolati di fronte a questa iniziativa del ministro Segni che, se dovesse essere attuata, aggraverebbe e non migliorerebbe certo le condizioni dell'ammalato che si intende curare. Questo grande ammalato, che è la montagna, dovrebbe sanarsi e trovare energie dalle nuove sopratasse che per quattro quinti esso dovrebbe sopportare.

Su questo progetto Segni, anche eia parte di colleghi della maggioranza, si sono elevate qua e. là le prime proteste, le prime decise opposizioni. Aziende turistiche, camere di commercio e comuni hanno manifestato la loro preoccupazione su questa legge che, se approvata, darebbe un risultato diametralmente opposto a quello che si vorrebbe realizzare.

Mi auguro che almeno questo il Governo comprenda, e che non presenti al Parlamento il progetto del ministro Segni per la costituzione della Cassa autonoma per la montagna: di burocrazia e di organismi ne abbiamo fin troppi, anche nelle zone montane. È necessario semplificare, e non rendere le cose ancora più difficili di quanto sono già.

Mi auguro altresì che, sulla scorta degl studi fatti sui problemi della montagna, sulle ampie e dotte relazioni esistenti e di cui il Governo è in possesso fin dal 1946 (in proposito ricordo che al congresso della montagna di Belluno, in cui furono affrontati questi. problemi, presenziò il ministro Segni), il Governo senta finalmente il dovere morale di presentare un organico progetto di legge che dia alla montagna giustizia, restituendo alla montagna parzialmente ciò che essa ha dato e dà in beni reali per l'avvenire ed il progresso del resto del paese.

Posso assicurarvi di una cosa, onorevoli colleghi: il 18 aprile voi siete riusciti a raccogliere larga messe di suffagi nelle zone di montagna, su un programma che, scientemente, non avete voluto realizzare. La montagna non ha più fiducia in voi, non crede più alle vostre promesse. (Commenti al centro e a destra). I montanari operai, contadini, piccoli e medi proprietari, piccoli e medi negozianti hanno fatto in questi due anni una esperienza: l'esperienza che nulla si ottiene dal vostro Governo senza lotta. Ebbene, nell'unità e nella lotta esigeranno la soluzione dei loro problemi. (Applausi all'estrema sinistra).

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Chiusura della votazione segreta.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione segreta e invito gli onorevoli segretari a numerare i voti.

(Gli onorevoli segretari numerano i voti).

Si riprende la discussione dei disegni di legge sulla Cassa per il Mezzogiorno e sull'esecuzione di opere straordinarie nell'Italia centro meridionale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Merloni. Ne ha facoltà.

MERLONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei porre in rilievo la inadeguatezza e gli errori di impostazione e di prospettiva nei quali, a mio giudizio, il Governo e la Commissione speciale sono incorsi. È mio intendimento portare elementi che valgano ad inquadrare con maggiore precisione un problema che è molto più vasto di quanto generalmente si ha l'aria di credere. Riconosco, onorevoli colleghi, che nella specie si tratta, per l'Italia centrale é settentrionale come per l'Italia meridionale, di problemi gravissimi, di problemi mai affrontati e mai risolti nella loro complessa realtà, e che certamente non si possono risolvere d'un tratto, specialmente nella situazione difficile nella quale l'Italia ancora si trova dopo la prova durissima della guerra e della necessaria ricostruzione..

Nessuno chiede quindi al Governo di operare quasi per virtù magica il risanamento delle piaghe numerosissime che affliggono il paese nostro e rendono stentata l'esistenza della maggior parte del popolo italiano. Cosa diversa l'opposizione chiede al Governo ed è, ritengo, richiesta legittima: l'opposizione chiede che il Governo si presenti al Parlamento ed al paese con una prospettiva seria ed organica di quello che esso vuole fare e del metodo che esso intende seguire, se non per risolvere, almeno per avviare a soluzione i problemi delle aree depresse del centro e del nord d'Italia, alcuni dei quali, come per esempio quello della Maremma toscana, si pongono per la loro urgenza e per la loro complessità, oltre che per la necessità che essi siano risolti in maniera unitaria, veramente sullo stesso piano di quelli dell'Italia meridionale.

Possiamo dire, onorevoli colleghi, che il disegno di legge sottoposto al nostro esame soddisfi a queste fondamentali esigenze? Possiamo noi condividere l'ottimismo del relatore per la maggioranza,

 onorevole Angelini, il quale ravvisa in questo disegno di legge lo scopo denunciato di provvedere al risollevamento delle aree depresse o in genere economicamente meno sviluppate del nostro paese? '

Evidentemente quelle del relatore sono parole grosse, che forse egli stesso ha scritto più per dovere del suo ufficio di difensore davanti a questa Assemblea del progetto governativo, che per meditata ed intima convinzione. Come pensare infatti che la somma di 200 miliardi da erogarsi in dieci anni, che la somma cioè di 20 miliardi all'anno, sia sufficiente ed adeguata all'obiettivo, che è veramente ambizioso data la sproporzione dei mezzi, di risollevare le aree depresse del centronord? Una tale somma sarebbe forse sufficiente ad avviare a soluzione qualcuno di questi problemi che si chiamano Maremma toscana, Apuania, Venezia Giulia, zone depresse della Liguria, dell'Emilia, del Veneto, della montagna appenninica e di alcune valli alpine, sulla cui importanza e gravità la Camera dovrebbe attentamente meditare, prima di prendere una decisione che, se assolutamente inadeguata, apparrebbe irresponsabile e suonerebbe scherno per le popolazioni interessate.

Ed è lo stesso relatore che viene a darci ragione e a riconoscere implicitamente questa inadeguatezza dello stanziamento quando egli, ad un certo punto della sua relazione, abbandonando l'ottimismo ufficiale, afferma, in contrasto con quanto è detto nella relazione governativa, che «mentre è facile concordare nell'affermazione che le zone e località economicamente depresse dell'Italia centrale e settentrionale sono meno estese che nell'Italia meridionale e insulare, non a tutti appare altrettanto esatta l'affermazione che esse, là dove esistono, presentino caratteri meno gravi e preoccupanti. Taluno ha anzi affermato che dovrebbe ritenersi il contrario,, per la considerazione che tali zone devono evidentemente soffrire di tali deficienze e insufficienze naturali e funzionali da non poter essere' state favorevolmente influenzate neppure dalla potenzialità economica e produttiva delle limitrofe zone ad economia decisamente progredita».

Il che, onorevoli colleghi, mi suggerisce una prima osservazione, cui a rigor di logica non potrà sfuggirsi. Il Governo avrebbe, in ogni modo errando nella sua valutazione, stanziato appunto la somma modestissima di 200 miliardi, nel doppio presupposto chele zone depresse del centronord siano meno estese di quelle del sud e che, là dove esistono, presentino caratteri meno gravi e preoccupanti.

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Ma se almeno una di queste due condizioni poste dal Governo a fondamento del suo ragionamento, quella relativa alla supposta minor gravità della depressione, non risponde alla realtà e, ripeto, lo afferma il relatore esprimendo il pensiero unanime della Commissione, ed io stesso, per lo meno per quanto riguarda il mio problema, il problema della Maremma toscana, spero di potervene dare una prova dovrete ammettere che il Governo, nel fissare la somma di 200 miliardi (che, benché molti e fondati dubbi vi siano in proposito, io voglio ritenere reale e veramente extra lo stanziamento ordinario), ha fatto a mio giudizio un calcolo completamente sbagliato; e dovrete voi, onorevoli colleghi della maggioranza, per rettificare quell'errore e per conservare al disegno di legge le sue dichiarate finalità, aumentare, e notevolmente, la somma stanziata.

Questa via indica In logica e il buon senso! Ma noi purtroppo sappiamo, per diretta ed amara esperienza, che logica e buon senso disertano quest'aula tutte le volte che il Governo impone a voi colleghi della maggioranza il suo punto di vista, anche se questo 'è errato e contradetto dai fatti.

Dunque, a mio giudizio, stanziamento inadeguato, insufficiente, ed anche irrisorio per coloro i quali, presi dalla propaganda ufficiale, Credono e sperano che finalmente la collettività nazionale si chini sulle loro secolari miserie, si disponga una buona volta a sollevarli dai loro dolori, a trovare finalmente «un rimedio ai loro mali», come afferma l'onorevole Angelini.

Ma anche a prescindere dall'aspetto finanziario (ed è difficile prescindervi in una questione del genere) tutta l'impostazione del disegno di legge, la relazione del Governo e la relazione stessa della Commissione, rivelano la più grande incertezza e genericità sulla sua sfera di applicazione, cioè sulle opere da eseguire, sul termine e sul modo secondo il quale queste opere dovranno essere eseguite. E ciò è tanto più grave se si pone a raffronto l'insufficienza, la pochezza, la meschinità di quanto ci viene proposto, col proclamato proposito governativo di presentare un programma organico di vastissima portata, il cui fine sarebbe quello di creare delle opere produttive a favore delle popolazioni interessate; creare opere produttive, cioè creare le condizioni della produzione laddove esse non esistono o aumentare le possibilità della produzione attuale.

Ma è chiaro, onorevoli colleghi, che ove ci si fosse veramente voluti incamminare per questa via, sarebbe stato necessario, rinunziando al proposito di presentare a tamburo battente un programma che io non esito a chiamare propagandistico, sarebbe stato necessario approfondire gli studi, mettere a punto le idee e presentarsi dinanzi al Parlamento con l'indicazione, anche se approssimativa, anche se per larghi settori, delle opere che si intendevano compiere. Soltanto seguendo questa diversa strada il Parlamento sarebbe stato messo in condizioni di valutare l'adeguatezza o meno del fine al mezzo Ghe si vuole raggiungere e di esprimere così, con piena cognizione di causa, la sua opinione, sia pure di larga massima, sull'ordine di urgenza delle opere e sulla loro importanza rispetto al fine, che è appunto quello di|creare nuove condizioni di produttività.

Si dice che il Parlamento potrà esercitare questa funzione in un secondo momento, in sede di controllo. Ma è chiaro che si tratta di cosa ben diversa; perché se oggi, in sede di discussione della legge, sarebbe difficile ottenere modificazioni sostanziali di un eventuale programma, domani, in sede di controllo, sarebbe addirittura impossibile mutare di una sola linea un programma che sarà il frutto del compromesso fra i più vari interessi di natura elettorale, e alla cui modificazione si opporrà quella forza di resistenza che tutti noi ben conosciamo, la burocrazia. E tali preoccupazioni valgono.maggiormente per l'Italia del centronord dove numerosissime sono le zone depresse, nelle quali diverso è il grado di depressione, dove quindi era ed è necessario fare una graduatoria decrescente dell'intensità di depressione; e tanto più che gli stanziamenti, i quali sono assolutamente inadeguati, come più sopra ho detto, non consentirebbero di affrontare contemporaneamente tutti i problemi che sono sul tappeto. Pensiamo che non si possa agire diversamente ove si intendano realizzare le conclamate nuove condizioni di produttività. Altrimenti, cosa si vuole fare? Costruire forse qui un piccolo acquedotto, lì una fognatura, in un altro luogo ancora una strada, un ospedale? Sembrerebbe di no, a giudicare dalle parole dall'onorevole Jervolino. Ed io penso che quello che l'onorevole Jervolino ha scritto relativamente alla Cassa per il Mezzogiorno valga come criterio ispiratore, come criterio generale anche per l'Italia centronord.

L'onorevole Jervolino scrive: «È ormai pacifico che il successo di qualsiasi impresa dipende da una perfetta organizzazione

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e dall'impiego tempestivo dei mezzi idonei su maggiore estensione spaziale. L'esperienza insegna che la mancata risoluzione del problema del Mezzogiorno è dovuta a cause varie, fra le quali le seguenti: 1°) la mancanza di mezzi adeguati alle necessità molteplici; 2°) la mancanza di un piano organico nel l'affrontare un problema quanto mai complesso; 3°) l'aver tentato di risolvere il problema non operando su grandi comprensori, ma eseguendo opere singole su territori ri' stretti».

Ma come riferire questi suoi concetti, che io trovo giusti, che non posso non sottoscrivere, come riferirli alla situazione attuale? Dove sono i mezzi adeguati, dei quali lei parla, onorevole Jervolino? Dove è questo piano organico? Dove è la possibilità di operare su vaste zone, su grandi comprensori, per lo meno per quanto riguarda le zone del centronord d'Italia?

In ognuna di queste zone, ad esempio nella maremma toscana, vi sono, come vedremo, molti problemi tra di loro interdipendenti, che si influenzano a vicenda, i quali dovranno essere contemporaneamente risolti, o avviati progressivamente a soluzione, ove si voglia operare una reale trasformazione delle condizioni di vita, creando veramente nuove condizioni di produttività e di benessere.

Ed è per questo che, a nostro giudizio, la proposta del relatore di minoranza, onorevole Matteucci, nostro compagno di partito, di rimandare il disegno di legge al Governo e di invitarlo a sottoporre alla Camera una serie di provvedimenti per ciascuna delle zone che si ritengono economicamente depresse del centrosettentrione d'Italia., è una proposta molto giudiziosa, è un atto di opposizione concretamente costruttivo, che dovrebbe far riflettere seriamente, e dovrebbe indurvi ad approvare l'ordine del giorno che abbiamo presentato in proposito.

Perché, specialmente nel caso nostro, nel caso delle zone depresse dell'Italia centrosettentrionale, tanto più si appalesa necessario un preciso comando al potere esecutivo circa l'individuazione delle zone, la priorità delle opere, il complesso dei lavori da eseguire, ove si pensi che per l'Italia centrosettentrionale è stata scartata la proposta di creare una sezione speciale della Cassa per il Mezzogiorno, e si è lasciata l'esecuzione delle opere stesse al Ministero dei lavori pubblici e a quello della agricoltura. E tale promiscua competenza, oltre a determinare quei conflitti tra i due organismi tutte le volte che si tratti

 di lavori come strade, acquedotti, linee di distribuzione di energia elettrica che possono essere considerati da ciascun ministero di propria esclusiva spettanza, come osserva il relatore di minoranza nella sua relazione, tale promiscua competenza, dicevo, senza che si possa stabilire una superiore armonizzazione dei problemi i cui aspetti sono molteplici e interdipendenti, renderà estremamente difficile l'elaborazione di programmi unitari che tengano realmente conto, sullo stesso piano, delle varie esigenze.

Purtroppo, uno dei mali maggiori della nostra vita amministrativa, uno degli ostacoli più gravi che la stessa azione del governo incontra risiede proprio nella impossibilità di un'utile collaborazione tra i vari ministeri (non credo che questo avvenga soltanto in Italia, probabilmente avverrà anche fuori), per cui ognuno di noi ha la precisa sensazione che, il più delle volte, si lavora per compartimenti slagni e che la mano destra ignora quello che fa la mano sinistra.

Comprendo che, nel caso attuale, possa esservi una speranza e un auspicio, che vi possa essere cioè la fiducia che questa sia l'occasione buona per infrangere le colonne d'Ercole ed iniziare un buon lavoro in comune. Ma, onorevoli colleghi, di buone speranze è lastricata la via dell'inferno; e noi rimaniamo scettici su questa possibilità di collaborazione. Ed è appunto per questo nostro scetticismo, condiviso del resto da molti che non appartengono alla nostra parte politica, che noi indichiamo al Governo una strada più chiara e sodisfacente per tutti, che è quella dei provvedimenti speciali per le varie zone.

Né, d'altra parte, onorevoli colleghi, può sfuggire l'importanza psicologica che un tale diverso modo di procedere avrebbe sulle popolazioni interessate, le quali vedrebbero discussi pubblicamente i loro problemi, vagliate le loro necessità, valutata l'adegua tezzafdeiTmezzi predisposti con i fini da raggiungere.

Vedrebbero queste popolazioni in tale modo di operare un atto di moralità politica, ed in conseguenza, lungi dal disporsi alla diffidenza ed al timore dinanzi, all'oscuro traffico delle influenze politiche, dinanzi al lavorio che si svolgerebbe nel chiuso dei ministeri per attrarre i maggiori vantaggi a questa o a quella zona, aprirebbero il loro animo alla fiducia ed alla speranza dinanzi ad un preciso atto del potere legislativo e si disporrebbero certamente ad affiancare con tutto lo slancio l'opera per il risanamento della loro terra.

Ma qui torniamo al punto di partenza: il problema finanziario. Può il Governo accettare una simile procedura senza con ciò confessare l'assoluta inadeguatezza dei mezzi finanziari posti a disposizione?

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Più facile è lasciare dietro i 20 miliardi annui la nebulosa speranza che molto lavoro potrà essere fatto in molte direzioni, che non affrontare il dibattito sulle basi di una discussione più concreta: quella cioè della destinazione precisa di questi miliardi nelle varie direzioni.

Per chiarire meglio le idee valga un esempio, l'esempio della nostra terra, della Maremma toscana.

Quali sono le reali esigenze per una reale trasformazione di questa terra? E la Maremma toscana una zona depressa nel senso comunemente usato, cioè una zona improduttiva o estremamente povera?

Certo è che in Maremma vi sono molti comuni che presentano queste condizioni di povertà o di basso tenore di vita: la parte meridionale della provincia di Grosseto e le zone della montagna amiatina si trovano effettivamente in queste condizioni. Il comune di Sorano, ad esempio, che confina con la provincia di Viterbo, ha parecchie frazioni prive di strade di comunicazione, il capoluogo è privo di fognature e di un acquedotto adeguato ai bisogni della popolazione. La disoccupazione in questo comune, la cui economia, fondata sull'agricoltura, è poverissima, è, al pari di quasi tutti i comuni dell'Annata, fenomeno "di vaste e gravi proporzioni. Ma in generale possiamo affermare che la caratteristica che pone questa terra in condizione di depressione grave nei confronti delle altre province dell'Italia centrale, ed in modo particolare con quelle limitrofe della regione toscana, alcune delle quali hanno raggiunto un grado di sviluppo veramente notevole, è la gravissima povertà demografica: 41,3 abitanti per chilometro quadrato secondo il censimento del 1936 (185,801 abitanti su un territorio di 4.501 chilometri quadrati per la maggior parte in pianura o in collina); situazione demografica che, seppure lievemente migliorata dal 1936 ad oggi, concorrendo con molti altri fattori, mantiene la produzione, soprattuto agricola, ad un livello molto più basso di quello medio nazionale. La provincia di Grosseto, che per estensione è la più vasta della Toscana, situata tra il Monte Amiata e il mare, attraverso un sistema di colline progressivamente digradanti, ha una popolazione inferiore ad un terzo di quella media italiana, che è di circa 150 abitanti per chilometro quadrato: la situazione demografica più grave d'Italia, perché, se la provincia di Bolzano ha una densità demografica ancora inferiore, ciò è dovuto al fatto che il suo territorio è quasi tutto montagnoso.

Ebbene, onorevoli colleghi, questa provincia semivuota, questa provincia dalle grandi estensioni disabitate è nel cuore dell'Italia, è a 100 chilometri a nord di Roma, è l'estrema provincia meridionale della verde, della ubertosa Toscana, di cui fa parte. Questa provincia semivuota è circondata da province superaffollate, dove grave è il problema della disoccupazione (circa 150 mila sono attualmente i disoccupati della Toscana, a voler considerare soltanto i dati della disoccupazione ufficiale), dove a decine e decine di migliaia si contano coloro che languono nella miseria, che sono avidi di un pezzo di terra da dissodare.

Ma ciò che è veramente singolare udite, onorevoli colleghi ciò che sta ad indicare come il problema della Maremma toscana non sia stato considerato dai passati Governi (e purtroppo neppure dall'attuale, forse più degli altri prodigo nel promettere ma avaro nel fare) come uno dei grandi problemi nazionali, da affrontare e risolvere (non soltanto nell'interesse della popolazione che la Maremma abita, ma nell'interesse della collettività nazionale), è che anche in Maremma oggi si verifica il doloroso fenomeno della disoccupazione: ben 10 mila unità (temporaneamente ridotte a 5 mila per i lavori stagionali) sono senza lavoro. Ma come, onorevoli colleghi, in una terra dalle incalcolabili possibilità di sviluppo, dove la popolazione potrebbe e dovrebbe raddoppiarsi, e dove anche raddoppiandosi non raggiungerebbe che i due terzi della media nazionale, vi è oggi disoccupazione? È una cosa veramente assurda ed innaturale, è la manifestazione più caratteristica della gravità e della urgenza di questo problema, il quale per essere seriamente affrontato, per essere adeguatamente risolto non potrà essere considerato di sfuggita e a sezioni, ma dovrà essere affrontato invece, sia pure gradualmente, nella sua complessa unità. E tale graduale ma unitario intervento è tanto più necessario in quanto molteplici sono le ricchezze, le possibilità di sviluppo produttivo di questa terra nel campo agricolo, nel campo zootecnico, in quello minerario, in quello marittimo, in quello turistico, per cui possiamo dire che poche terre italiane racchiudono tante possibilità di sviluppo quanto la Maremma toscana.

E queste possibilità di sviluppo non richiedono, come potrebbe pensarsi a prima vista, uno sforzo finanziario ingentissimo, tale cioè da essere giudicato insostenibile nelle attuali condizioni di bilancio, perché alcune delle basi fondamentali di questo sviluppo, che si produrrà immancabilmente nel futuro, già esistono. Il lunghissimo processo di bonifica di questa terra è infatti quasi compiuto:

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 dai granduchi di Toscana ad oggi si è continuato a bonificare la Maremma, per cui il suo territorio è oggi quasi del tutto liberato dalle acque paludose ed è coltivato, sia pure estensivamente. Nella laboriosità, nella forza, nello spirito di sacrificio degli abitanti della Maremma, che lentamente, tenacemente, hanno operato ed operano per strappare la terra zolla a zolla all'abbandono secolare e migliorare ed intensificare sempre più le colture, risiede d'altra parte la premessa più sicura per la rapida trasformazione degli attuali rapporti di produzione.

Ma se queste basi fondamentali esistono, se esiste direi il presupposto dello sviluppo futuro, altre condizioni, anche queste di fondamentale importanza, debbono essere realizzate.

Prima fra tutte l'acqua potabile. Dare da bere alla Maremma sitibonda; costruire un grande acquedotto che rechi questo ' alimento essenziale nella maggior parte dei comuni della provincia nei quali si lamenta una carenza di acqua veramente impressionante: questo è il problema capitale, al quale tutti gli altri sono legati: in quanto la risoluzione del problema idrico consentirà, tra i tanti vantaggi, quello, preminente sugli altri, di rendere possibilé la vita nelle campagne, di combattere l'urbanesimo (che è oggi una fatale necessità), di rendere più produttivo il lavoro nei campi da parte di chi, se avrà da bere, potrà fissarsi. stabilmente sul suo pezzo di terra.

Un tecnico appassionato di questo problema fa in proposito alcune osservazioni che ritengo opportuno riferire alla Camera, augurandomi che i colleghi le valutino nel loro giusto valore.

Dice questo tecnico che l'aumento della densità della popolazione a cento unità a chilometro quadrato appena due terzi della media nazionale avrà per conseguenza l'assorbimento di 250 mila abitanti in aggiunta agli attuali. Basta questo dato per mostrare quanto questa zona sia importante per la necessità nazionale di dare lavoro agli italiani: un quarto di milione di gente ' può trovar lavoro qui, con sacrificio e spese minori di quelle occorrenti per emigrare. Ma, se si raggiungerà la media italiana, come la ricchezza potenziale di questo terreno autorizza a ritenere, troverà lavoro mezzo milione di nuova gente, che potrà qui affluire da altre zone.

Ciò è necessario ai fini del consolidamento della bonifica idraulica e della ricostruzione economica nazionale, mentre che il potenziamento della Maremma è reso impossibile dalla mancanza di acqua potabile,

perché senza l'acqua potabile non si popola, tanto è vero che sintomi di popolamento, si hanno solamente laddove l'acqua potabile è giunta, e precisamente nella zona del nuovo acquedotto di Grosseto.

Per risolvere questo problema si tratta, onorevoli colleghi, di costruire il grande acquedotto che condurrà l'acqua del Fiora, acqua purissima che sgorga copiosa dalle pendici del Monte Amiata, in tutta la provincia, e di impegnare per questa sola opera la somma di 10 miliardi e mezzo circa.

Nel 1948 il ministro Segni, esprimendo il suo parere in merito ad un mio ordine del giorno, che appunto richiamava la urgente necessità di questa opera, dimostrava di non condividere il mio punto di vista (che poi non è soltanto il mio, ma quello di tecnici eminentissìmi) e di preferire le soluzioni parziali, frammentarie, i piccoli acquedotti comunali che poco o nulla risolvono, data la mancanza o la.scarsezza di sorgenti in certe zone, ed impegnano ugualmente nel loro complesso mezzi finanziari ingentissimi. E poi se riescono sia pure in modo insufficiente a portare un po' d'acqua non nelle case, ma nelle poche fontanelle dei centri urbani sparsi nel vastissimo territorio della provincia, non possono portare certamente l'acqua nelle campagne, dove essa è più necessaria, perché è appunto là che la vita attende di battere un ritmò nuovo, più vigoroso.

TONENGO. Ma dalle nostre parti questo l'abbiamo fatto da noi. Non si deve aspettare sempre tutto dal Governo.

MERLONI. Credo, onorevole Tonengo, che ella parli senza cognizione di causa. Il problema della Maremma è molto diverso da quello del suo Piemonte e molto i contadini maremmani hanno dovuto lottare per giungere alla situazione attuale.

Altro problema è il compimento della bonifica idraulica nelle zone palustri residue.

In un convegno di tecnici promosso dalla sezione economica della Camera confederale del lavoro di Grosseto, questo problema, al pari di tutti quegli altri cui è legato lo sviluppo della Maremma, ha formato oggetto di attento studio. E si è giunti alla conclusione che il compimento della bonifica idraulica con idrovora, se importerà la spesa di circa un miliardo e mezzo, assicurerà la messa in coltura di ben 68 mila ettari: cifre che, riferite l'una all'altra, pongono in evidenza l'alta convenienza economica di una simile opera. E contemporaneamente alla costruzione dell'acquedotto ed al completamento della bonifica, dovrà darsi inizio alle opere

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 di protezione e di consolidamento del terreno, che è per la maggior parte situato in collina: il che può attuarsi attraverso opere di rimboschimento atte ad impedire l'erosione del terreno da parte delle acque piovane scorrenti, ed opere di regolamentazione dei corsi d'acqua e dei torrenti, i quali normalmente straripano durante la stagione delle piogge provocando danni alle colture.

E nel tempo stesso che, regolando il corso dei fiumi (l'Albegna, l'Ombrone, il Bruna e l'Osa provocano durante il periodo delle pioggie piene rovinose) si allontana una perenne minaccia per le zone coltivate della pianura, dovrà provvedersi alla razionale utilizzazione delle acque in invasi, in bacini adeguati, ai fini della irrigazione durante il periodo primaverile-estivo in cui si hanno precipitazioni scarse ed ai fini della produzione dell'energia elettrica.

Nella pianura grossetana e in quella compresa tra i fiumi Osa e Albegna mediante la costruzione di nove bacini irrigui e relativi impianti idroelettrici importanti la spesa di poco più di 13 miliardi, potrà provvedersi alla irrigazione di 50.000 ettari di terreno ed alla produzione di forza motrice di circa 13.000 cavalli-vapore.

E a mano a mano che tali trasformazioni verranno operandosi, a mano a mano che nuove possibilità di lavoro e quindi di popolamento verrano creandosi, bisognerà costruire nuove strade, edifici pubblici, scuole, case rurali; e soprattutto strade: nel 1880 le strade nazionali, provinciali e comunali avevano uno sviluppo di appena 260 metri per chilometro quadrato, mentre l'indice medio della Toscana era di 1.500 metri per chilometro quadrato, per raggiungere i 3.378 metri in provincia di Lucca. Oggi la viabilità, soprattutto nelle zone di pianura, è certamente migliorata, ma non in misura tale da modificare sensibilmente il grave rapporto di squilibrio con le altre province toscane ed in genere dell'Italia centrale.

Ma l'opera fondamentale, di cui tutto ciò è premessa, è la trasformazione agraria: e in questo campo molto cammino si deve ancora compiere: gli 11 comprensori di bonifica esistenti nella provincia di Grosseto comprendono 145 mila ettari soltanto di territorio mentre 290 mila ettari ne rimangono esclusi. E si tratta di terreni posti nella zona collinare, con larghissime possibilità produttive potenziali, ancora privi di ogni bonificamento, come ad esempio quelli situati nella zona tirrenica, ai confini con la provincia di Viterbo.

Ma anche negli 11 comprensori esistenti le cose non vanno bene! Si legge in proposito nella relazione della Camera del lavoro, cui ho già fatto riferimento: «La situazione delle opere di bonifica e particolarmente di quelle idrauliche, a cinque anni dalla fme'della guerra, permane grave e con tendenza a peggiorare a causa dell'incompleto riattamento dei danneggiamenti bellici e della trascurata o abbandonata manutenzione. È inoltre di massima preoccupazione, agli effetti della utilità economica e della produttività, il dover constatare l'incerto indirizzo generale che regola l'esecuzione e la manutenzione delle bonifiche, nonché la mancanza di un efficiente collegamento e coordinamento delle varie iniziative». Quindi opere di consolidamento |di quanto fu compiuto in passato, poiché in Maremma è in corso da secoli una lotta titanica dell'uomo contro la natura avversa, che tende continuamente a riprendere il sopravvento, ed opere nuove per il riscatto di nuova terra.

L'opera fondamentale, dicevo, è la trasformazione agraria, perché essa oltre ad aumentare notevolmente la produzione in tutti i settori, da quello cerealicolo a quello dell'olivo, della vite, del bestiame, oltre ad aumentare rapidamente il reddito nazionale consentirà il graduale, costante aumento della popolazione assorbendo sempre più numerosi i disoccupati delle zone limitrofe e in modo particolare quelli delle altre zone toscane.

 Io penso che ella, signor Presidente, che è toscano, e gli altri colleghi della Toscana siano di ciò intimamente persuasi e voglio augurarmi che essi sempre più si orientino nel senso di considerare il problema della Maremma, oltre che come problema nazionale, come un loro vitale problema, come il massimo problema della regione, dalla cui rapida soluzione ogni zona della Toscana trarrà i vantaggi maggiori e più evidenti.

Onorevoli colleghi, nel parlarvi fuggevolmente dei problemi della Maremma toscana (molto vi sarebbe da dire a questo proposito) ho inteso di dare un esempio della complessità ed unitarietà dei problemi che sono dinanzi a noi, problemi che il Governo afferma di voler affrontare col disegno di legge che stiamo discutendo; e credo di avervi dimostrato che questo problema, come ritengo tutti gli altri di cui i colleghi parleranno o hanno parlato, si può risolvere, che si può dare un rapido avvio al ripopolamento ed alla intensificazione della produzione nella Maremma toscana soltanto se si opera con uno spirito nuovo.

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A nulla varrebbe fare la singola strada, il singolo acquedotto, la singola opera di bonifica: un tal modo di 'procedere rientrerebbe nella usuale politica dei lavori pubblici, politica che potrebbe avere anche i suoi apprezzabili vantaggi, ed in modo particolare quello di dare lavoro ai disoccupati. Ma certo non risolverebbe alcunché di sostanziale, non realizzerebbe il fine ambizioso di questa legge: sollevare le zone depresse ed economicamente meno sviluppate.

Per realizzare questo fine, per realizzarlo con spirito nuovo, occorre aumentare lo stanziamento, occorre stanziare somme particolari per ognuna delle zone interessate secondo un piano organico, occorre soprattutto che le somme spese, che le opere compiute, che le nuove possibilità di ricchezza create, vadano ad effettivo vantaggio dei lavoratori e non di un ristretto gruppo di latifondisti, di feudatari della terra così numerosi e potenti nella nostra terra dì Maremma.

Signori del Governo, onorevoli colleghi, noi reclamiamo una legge speciale per la Maremma toscana che ci dia la certezza del suo futuro, immancabile sviluppo. Noi sappiamo che nel centronord d'Italia vi sono molti altri problemi che meritano la maggiore considerazione, là dove grave è la disoccupazione e la miseria, e noi siamo i primi a dirvi: fate il dovere vostro verso quelle misere plaghe, verso quei lavoratori disgraziati; ma non costringete tutti coloro che hanno un problema,di miseria da risolyere a lottare tra di loro per accaparrarsi i maggiori benefici che la legge può dare e soprattutto impedite che su tutti questi dolori e queste miserie predomini la lotta delle influenze politiche e degli intrighi elettorali.

Ma sareste voi capaci di tanto? Sareste capaci di discutere apertamente, lealmente in Parlamento questo problema, così da dare a ciascuno il suo, secondo i suoi bisogni, secondo i reali interessi della produzione?

Purtroppo non ne siete capaci ed è appunto per questa vostra incapacità che noi rimaniamo scettici dinanzi a questa vostra legge che in luogo di essere un elemento propulsore, rinnovatore di energia, sarà una delle tante leggi palliativo di cui purtroppo è piena la storia d'Italia dalla sua unità ad oggi. (Vivi applausi a sinistra e all'estrema sinistra — Congratulazioni).

[...]

Si riprende la discussione dei disegni di legge sulla Cassa per il Mezzogiorno e sulla esecuzione di opere straordinarie nell'Italia eentrosettentrionale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lucifredi. Ne ha facoltà.

LUCIFREDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella sua relazione al disegno di legge relativo alla Cassa per il Mezzogiorno il relatore onorevole Jervolino Io definisce di portata straordinaria e veramente eccezionale. 11 Presidente del Consiglio ha parlato, a proposito di questo disegno di legge e di quello collegato per le aree depresse dei centronord, di un programma di opere pubbliche che è il più esteso che un governo abbia mai presentato al Parlamento dal giorno dell'unità nazionale ad oggi. E così è m realtà.

Di fronte alle istanze, da tanto tempo e da tante parti formulate, perché alle esigenze del Mezzogiorno e delle aree depresse di tutta Italia si provvedesse con idonee misure legislative, si sarebbe potuto logicamente attendere un'unanimità di consensi quanto meno sul principio, se non sui mezzi, quando il Governo aderendo a queste istanze ha presentato il programma.

Purtroppo, però, anche stavolta, come tante altre volte, ci si è dovuti ricredere, ci si è dovuti persuadere del contrario. L'opposizione, anche in questa circostanza, non ha dimenticato di essere l'opposizione che è: essa ha pronunciato giudizi estremamente severi su questi progetti di legge. È arrivata al punto di affermare — come ha detto ieri l'onorevole Giorgio Amendola che attraverso la prima legge si crea uno strumento di dominio e di oppressione sulle martoriate popolazioni meridionali; è arrivata a sostenere come ha detto oggi il collega Francesco Bettiol che attraverso la seconda legge si realizza il depauperamento della montagna. E allora dobbiamo dir grazie all'onorevole Merloni, il quale si è testé accontentato di dichiararsi scettico in merito all'utilità, concreta dei due provvedimenti legislativi.

Comunque, questo atteggiamento della opposizione non ci sorprende, perché è purtroppo consuetudinario. Qualunque cosa questo Governo faccia, è una cosa mal fatta; qualunque provvidenza proponga, doveva proporre di più. Certo è facile questa impostazione critica, quando si siede sui banchi dell'opposizione; è alquanto più difficile fare di più quando si siede sui banchi del governo e si ha una responsabilità concreta nella direzione della vita del paese.

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Tuttavia, non è il caso di insistere su questi accenni polemici che anche qui, come in tanti altri casi, non potrebbero essere che sterili. Il giudizio definitivo su questi progetti si potrà avere soltanto in seguito: questo giudizio lo pronuncerà l'opinione pubblica, lo pronuncerà la futura storia del nostro paese, quando queste provvidenze saranno entrate in attuazione. Potremo vedere allora se questi progetti di legge non erano altro che una beffa elettorale, uno strumento propagandistico, uno specchietto per le allodole, come dall'opposta sponda si dice, o se invece si dovrà riconoscere in essi un complesso di norme che, senza pretendere assolutamente di rappresentare il toccasana per tutti i mali del nostro paese, hanno fornito strumenti idonei a risolvere le più acute situazioni di disagio o quanto meno per avviarle a soluzione, attenuando quello stato di profondo malessere che da tanto tempo si lamenta nelle zone cui questi provvedimenti 'si riferiscono.

Il programma governativo completo si svolge attraverso due distinti progetti di legge. Altri colleghi parleranno, a nome del mio gruppo, in merito alla Cassa del Mezzogiorno: a me è riservato il compito di parlare sulla legge per le opere straordinarie e di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale, di quella legge cioè che riguarda le aree depresse del centronord.

Nel sistema dei due provvedimenti legislativi, questo per le aree depresse del centro nord si presenta evidentemente un poco nella veste del parente povero: è il parente povero, da un lato, per i mezzi assai più limitati che esso mette a disposizione del Governo per realizzare le opere di trasformazione e di miglioramento (si tratta, infatti, di 20 miliardi annui, di fronte ai 100 miliardi per il Mezzogiorno); è il parente povero, dall'altro lato, perché mancano in questa legge quegli strumenti di carattere speciale che si sono voluti introdurre nel disegno di legge a favore del Mezzogiorno con la istituzione della Cassa per il Mezzogiorno.

Tornerò in seguito specificamente ai due problemi; tuttavia, qui, inizialmente, desidero subito sottolineare che è errata l'interpretazione che i colleghi dell'altra sponda dànno a questa diversificazione, che ha un suo fondamento. Infatti, se è vero che nel quadro complesso delle provvidenze, quelle disposte a favore del centronord sono sensibilmente inferiori a quelle autorizzate a favore del Mezzogiorno, è peraltro legittimo riconoscere che non un capriccio, non un favoritismo, hanno indotto il Governo a questa disparità, bensì il riconoscimento doveroso delle maggiori esigenze dell'Italia meridionale.

Sono lieto di affermarlo qui, io che alla Italia meridionale non appartengo.

Però credo che sia nel vero il relatore onorevole Angelini quando, commentando iella sua relazione alcune espressioni contenute nella relazione ministeriale al progetto di legge, dichiara di essere dissenziente, almeno in parte, rispetto all'impostazione della relazione ministeriale stessa. In questa si dice fra l'altro che «le zone e le località economicamente depresse sono di gran lunga meno estese nel centronord che nell'Italia meridionale ed insulare, e là dove esse si rinvengono presentano caratteristiche meno gravi e preoccupanti, rendendo possibile la esecuzione delle opere straordinarie attraverso i normali organi dell'amministrazione statale». Credo, dicevo, che,sia profondamente nel vero l'onorevole Angelini quando rimarca che, se si deve riconoscere e non si può non riconoscerla la minore estensione delle aree depresse del centronord rispetto a quelle del sud, non si è invece altrettanto conformi alla realtà nella valutazione delle cose, quando si afferma che le condizioni di disagio di queste aree depresse sarebbero nel nord meno gravi che nelle zone del sud.

Io ritengo infatti di poter affermare, prescindendo nel modo più assoluto da ogni spirito campanilistico (e credo di aver dato poco fa prova di serena obiettività), che le zone depresse del centronord sono altrettanto bisognose e, in taluni casi, ancora più bisognose di quelle del sud. Esattamente osserva l'onorevole Angelini che le zone del centro nord, in cui si rivela questo stato di disagio, soffrono di tali deficienze strutturali e funzionali, da non potere essere state neppure favorevolmente influenzate dal potenziale economico e produttivo delle limìtrofe zone ad economia decisamente progredita. Direi, anzi, che la vicinanza di queste zone ad economia più decisamente progredita è un coefficiente che porta ad inasprire la situazione di queste aree depresse, perché, quando, in un giro di pochi chilometri, si passa da paesi, dalla vita fìorentissima, che rappresentano un incanto e quasi una terra di paradiso, a paesi in cui non vi è traccia di vita civile, a terre inospitali che non offrono alcuna comodità a chi vi abita, a terre che richiedono grandi effusioni di sudore a chi le lavora, e non gli dànno alcun frutto degno di questo nome, allora si comprende come chi vi dimora, pur resistendo a lungo per innata passione per il suolo natio, un bel momento debba dire «basta!» e debba abbandonare quelle terre, che cadono cosi, di anno di anno, in condizioni sempre più squallide di miseria, d'abbandono e di morte.

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Ma anche se noi riconosciamo, come ho detto, che forse i mezzi, che attraverso questa legge sono messi a disposizione delle aree depresse del centronord, non sono completamente adeguati a quelle che possono essere e sono le aspirazioni e le necessità di quelle terre, noi non ci sentiamo assolutamente di metterci sul campo su cui si sono posti i colleghi dell'opposizione, sostenendo che, per questo, la legge è inefficiente e non può dare i risultati che da essa si attendono.

Noi vogliamo dare atto al Governo dello sforzo che ha compiuto, in un momento non facile per il bilancio dello Stato, per porre a disposizione delle zone depresse del centro nord uno stanziamento che non può certo considerarsi irrilevante, anche se inferiore ai bisogni.

Noi vogliamo esprimere la fiducia che altri sforzi a questo primo abbiano a seguire, in un momento che ci auguriamo prossimo. Un passo importante su questa via, che ci auguriamo abbia a compiersi quanto più sollecitamente possibile, sarà dato dalla legge sulla montagna, di cui l'onorevole ministro Segni ha già dato l'annunzio, e che noi auspichiamo possa tradursi al più presto in realtà concreta, attuando le tanto auspicate specifiche provvidenze che valgano a salvare la nostra montagna.

Noi vogliamo manifestare al tempo stesso la convinzione che già questa prima legge debba considerarsi idonea a realizzare su larga scala i benefici che da essa ci ripromettiamo. Ed a questo riguardo dobbiamo dire che, intanto, è per noi motivo della maggiore sodisfazione vedere riconosciuta attraverso queste disposizioni legislative una tesi tanto a noi cara, una tesi per la quale già più volte ci battemmo in quest'aula: la tesi, cioè, che quando si parla di zone depresse, di zone economicamente arretrate, si deve, sì, guardare in primo luogo al Mezzogiorno, ma non si deve guardare soltanto al Mezzogiorno, perché aree di questo genere ve ne sono anche nel centro d'Italia e da noi al nord, aree che ugualmente necessitano di un particolare, indilazionabile intervento legislativo: la zòna di montagna ne è l'esempio più tipico.

Mi è caro ricordare in questa occasione l'opera di quel benemerito pioniere e combattente per questa giusta causa che è il collega senatore Gortani, alla cui iniziativa si deve se in sede di Assemblea Costituente si trattò del problema della montagna e se nella Carta costituzionale venne inserito l'articolo 44, ove è detto che la legge dispone provvedimenti a favore della zona montana.

Mi è caro ricordare i dibattiti che circa un anno fa in quest'aula si svolsero quando si discusse la legge presentata dal ministro Tupini per le opere di interesse degli enti locali: fu allora che da parte di parecchi di noi si presentò l'istanza di considerare le zone depresse dell'Italia settentrionale e centrale; fu in quella legge che per la prima volta, attraverso un emendamento proposto proprio in quest'aula, si ebbe il riconoscimento legislativo di quellà necessità.

Da allora molta strada si è fatta. Dobbiamo ricordare le ripetute dichiarazioni su questo argomento del Presidente del Consiglio, le dichiarazioni del ministro dell'agricoltura e quelle recentissime del ministro dei lavori pubblici, che ancora pochi giorni fa, parlando in quest'aula delle prossime assegnazioni, precisamente sulla legge a favore degli enti locali, affermava che esse sarebbero state fatte con il criterio di dare a chi più ha bisogno e a chi ha meno avuto nel passato, proprio per realizzare quella giustizia distributiva che noi chiediamo a favore della nostra zona montana, a favore delle nostre zone depresse.

Oggi che possiamo dire che la battaglia così combattuta è vinta, possiamo essere lieti, nel renderci conto che colla nostra appassionata insistenza siamo riusciti a convincere i colleghi, a convincere l'opinione pubblica, a convincere anche coloro che da queste zone vivono lontani, che non ci si deve fermare alle stereotipate oleografie e ai luoghi comuni: si deve saper guardare al di là della vetrina e vedere in profondità.

Oggi che questo si è fatto, tutti sono d'accordo nel ritenere che l'Italia settentrionale. e centrale non si esaurisce in quei paesi di sogno che si stendono sulle due riviere dell'Adriatico e del Tirreno, non si esaurisce nella ubertosa pianura padana e nelle pingui terre di Toscana e dell'Umbria, di cui poco fa parlava l'onorevole Merloni; accanto a queste terre. nell'Italia centrale e settentrionale vi sono zone veramente arretrate, zone di desolazione e di miseria, dove le condizioni di vita delle popolazioni sono ancora oggi pressoché le stesse di cinquant'anni fa e forse più, dove la civiltà è entrata soltanto per far nascere desideri ed aspirazioni che sul posto non possono trovare soddisfazione, e che quindi finiscono coll'indurre all'abbandono delle ingrate terre coloro che per attaccamento alle tradizioni dei padri hanno a lungo,tentato di restarvi fedeli.

Quando noi agiamo qui investiti del nostro mandato legislativo, quando in particolare abbiamo l'onore di parlare, come io ho in questo momento, a nome di un gruppo parlamentare, dobbiamo lasciare da parte ogni valutazione di interessi e di visioni particolari,

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 e dobbiamo considerare i problemi nel loro insieme, prescindendo dalle nostre più ristrette visioni regionali. Permettete però che, come i colleghi che mi hanno preceduto hanno portato qui la voce dell'esperienza delle loro regioni, il collega onorevole Bettiol parlando del suo Veneto, l'onorevole Merloni parlando della sua Maremma toscana, anche io, sia pure per brevi minuti, vi intrattenga portando a titolo di esempio le esperienze della mia Liguria, quella mia Liguria che non è soltanto quell'incanto di terra e di mare che si snoda lungo la via Aurelia da Venti miglia e San Remo, da Alassio a Varazze, dal Tigullio al Golfo della Spezia, ma è anche un complesso eli terre aride e desolate, rimaste lontane dal consorzio umano, ove la vita è estremamente dura, estremamente difficile per chi ha la sorte di abitarvi. È facile rendersene conto se, lasciando la costa, ci si addentra un poco nelle nostre vallate.

Basta risalire qualcuna di quelle valli che portano dal nostro mare ai nostri Appennini e alle nostre Alpi per constatare quanto sia primordiale lo stato di vita delle nostre popolazioni, quanto siano arretrate le condizioni della nostra agricoltura, imperniata su una cultura dell'olivo che oggi, così come l'olivo è coltivato da noi, non è in grado di dare i frutti sufficienti a far vivere sulla terra, e su una coltura del castagno che deve essere completamente abbandonata per il sopravvenire di una paurosa malattia che implacabilmente stronca tutti i castagneti.

Bisogna esserci andati su per questi paesi; bisogna avere parlato con gli abitanti di questi villaggi montani, che si raggiungono attraverso ore di mulattiera; bisogna aver sentito le aspirazioni estremamente modeste di queste popolazioni, che chiedono solo di essere messe in condizioni di vivere a contatto col mondo; bisogna aver sentito, come mi è capitato in Val Trebbia, da quei di Rondanina, chiedere come una grazia di ottenere un apparecchio telefonico da campo, di quelli che usano le truppe in esercitazione o in guerra, per poter avere almeno un mezzo di comunicazione cori il mondo civile. Bisogna aver ascoltato le lamentele di queste popolazioni, contro le infinite miserie della loro vita, che ha aspetti del tutto insospettati, come quello che ho appreso, ad esempio, a Valbrevenna, dove un montanaro mi diceva che, siccome possedeva un pezzo di terra e non poteva essere considerato povero, doveva pagare la visita del medico condotto, che per lui veniva a costare ogni volta 5 mila lire, perché il medico condotto di tanto aveva bisogno per poter arrivare alla sua casetta sperduta fra i monti.

Bisogna conoscere l'attaccamento alla terra di queste popolazioni. Bisogna sapere la loro passione per il lavoro, al quale dedicano fin 16 o 17 ore al giorno, nei periodi del raccolto, pur essendone tanto grami i risultati. Bisogna aver visto tutto questo per comprendere ed amare questa gente, per vedere quanto grave è la situazione di questi paesi, quanto profonda è la necessità di venire incontro ad essi. Perché, se ciò non si fa, i giovani fuggono.

Gli indici di spopolamento delle nostre zone montane sono veramente preoccupanti. Ho una serie di dati per tutta l'Italia settentrionale, che rivelano una situazione tragica.

Consentitemi di leggerne alcuni, limitatamente alla Liguria e al Piemonte: ma non migliori sono le condizioni di altre zone, ad esempio di certe valli dell'Appennino tosco emiliano, della Lombardia, delle tre Venezie.

In provincia di Genova il comune di Torriglia negli ultimi 50 anni, è sceso da 5018 abitanti a 3670, con una diminuzione del 27 per cento; abbiamo il comune di Lorsica con una diminuzione del 28 per cento; il comune di Rondanina, diminuito del 31 per cento; Coreglia Ligure, del 33 per cento; infine il comune di Valbrevenna che, nello spazio di 50 anni, da 2690 è sceso a 1008 abitanti, con una riduzione del 61 per cento della sua popolazione, in un periodo in cui la popolazione d'Italia si è raddoppiata.

Non migliori sono le condizioni in provincia di Savona. Nel comune di Vezzi-Portio da 946 abitanti si è scesi a 553; a Zuccarello da 741 a 495. Altrettanto e peggio in provincia di Imperia. Gito due casi: la popolazione di Apricale è addirittura dimezzata; più singolare la situazione del comune di Rezzo, nell'alta Val d'Arroscia, che aveva 1200 abitanti; nel periodo fascista gli furono aggregati due comuni finitimi, Lavina e Genova. Nonostante questa aggregazione, la popolazione complessiva dei tre comuni è ora inferiore a quella che aveva l'originario comune da solo, prima dell'aggregazione! Né si tratta di una diminuzione che risalga agli' anni più remoti di questo cinquantennio: ad esempio, infatti, Molini di Triora, in provincia di Imperia, nei soli ultimi 17 anni ha visto scendere la sua popolazione in ragione del 22 per cento; in provincia di La Spezia,  il comune di Maissana, nello stesso periodo, ha visto diminuire la sua popolazione del 20 per cento. E l'esodo continua...

Non migliore è la condizione del Piemonte.

Cito alcuni comuni: in Valsesia, Rinella dal 1901 al 1936 è discesa da 966 a 611 abitanti; in Val D'Aosta, il comune di Valsavaranche, da 580

19887

 a 303; nel Canavesano il comune di Locana da 5.980 a 4.914; in Val di Susa, il comune di Exilles da 1722 a 1130; in Val Chisone, il comune di Pragelato da 1712 a 999, quasi dimezzato; in Val Varaita, il comune di Pontechianale da 1079 a 540, quasi dimezzato; in Valle Stura, il comune di Argenterà da 778 a 347, meno della metà. E l'elenco potrebbe continuare, e si potrebbe estendere ad altre zone della nostra montagna, senza che la dolorosa situazione abbia purtroppo a mutare.

Recentemente, sulla rivista Omnibus che si pubblica a Milano (e che non è del mio partito), un mio caro amico e valoroso combattente della resistenza, il dottor Italo Pietra, pubblicava un interessante articolo, intitolato «Mezzogiorno del Nord», corredato di una serie impressionante di fotografie. La prima si riferisce al comune di Realdo, in Val Verdeggia, presso il confine francese, che nel 1901 aveva 680 abitanti ed oggi ne ha 350; dall'autunno scorso vi si sono chiuse, ad una ad una, 14 case; questo comune aveva un tempo 9 mila capi ovini, oggi ne ha 2800. Osserva il Pietra: «Oggi molti di questi paesi vanno alla morte». Parlando poi, in modo particolare, della mia vallata dell'Arroscia, in provincia di Imperia, così scrive in questo suo articolo il Pietra: «La~ montagna, lavorata, amara e senza canzoni, che in guerra manda i figli a morire e che in pace vede morire i paesi; cinquant'anni fa Pieve aveva 2.500 abitanti; quindici anni fa 1.500; ed oggi circa 1000. Deserte le strade, vuoti i cortili; non una voce, né un canto; gli echi dei vecchi portici alla valliggiana sono addormentati. A poco,a poco la produzione si riduce; i pascoli impallidiscono; i campi dimagriscono, e bisogna abbandonarli, come morti; a poco a poco si vuotano le cascine, le stalle, le case. I muretti di sostegno si rovesciano pesantemente sul verde delle fasce; spunta l'erba in mezzo ai cortili e sulle soglie senza vita; l'umidità gonfia il legno dei pavimenti e sconvolge i tronchi dei tetti; mentre dalla montagna nuda scendono le frane e le ghiaie, si vedono le ortiche salire a poco a poco le scale delle vecchie case deserte». E conclude il Pietra evocando quello che fu il glorioso battaglione alpino, che da Pieve di Teco prese il nome e che venne decimato in Africa e quasi completamente distrutto in terra di Russia: «Oggi Pieve di Teco fa come il suo battaglione; muore».

È forse quest'ultima un'espressione troppo forte; rivela peraltro quest'accorata immagine uno stato di cose di cui non ci si può non preoccupare, e che esige provvedimenti indilazionabili.

Proprio a questo stato di cose, tende a sovvenire il progetto di legge che stiamo discutendo; ad esso ulteriormente sovverrà il progetto di legge sulla montagna, che stiamo attendendo, dopo il quale ulteriori provvedimenti saranno ancora necessari, in molteplici settori della vita dello Stato. Verissimo: ma, intanto, bisogna pur dire che era necessario imboccare la buona via, che era indispensabile iniziare. Dobbiamo essere grati al Governo che, attraverso la legge che discutiamo, ci ha dato il primo strumento, il primo dopo tanti e tanti anni di invocazioni disperate, che ci consente di guardare all'avvenire con maggiore fiducia.

Alle esigenze che ho esemplificato tende a provvedere il disegno di legge che stiamo esaminando, predisponendo uno stanziamento per la durata di dieci anni, per un importo di 20 miliardi annui. Come ho già accennato, l'opposizione ci dice che la cifra è 'troppo modesta rispetto alle necessità. Su questo ha insistito in modo particolare il collega onorevole Merloni, il quale ha parlato anche di un ambizioso proposito che questo disegno di legge avrebbe, ambizioso proposito al quale sarebbe inidoneo lo strumento che attraverso questa legge al Governo viene dato. Ma, mi perdoni l'amico onorevole Merloni, l'ambizioso proposito lo ha attribuito lui a questa legge, perché né il Govèrno né il relatore hanno mai detto che attraverso questa legge si debba arrivare ad innalzare le condizioni economiche di queste zone depresse allo stesso livello di quelle della pianura padana, o di quella parte della Toscana che non è la Maremma.

CESSI. Quale parte della pianura padana?

LUCIFREDI. La parte ubertosa della pianura padana.

Questo ambizioso proposito la legge non l'ha. Io credo che nessun ministro, nessun membro della maggioranza abbia detto o si proponga di sostenere che coll'applicazione di, questa legge le condizioni delle terre della Maremma toscana saranno le stesse di quelle doviziosissime che si stendono, ad esempio, tra Pisa, Siena e Firenze. Ma se anche questo non si realizzerà, e non si può realizzare, perché non possiamo pretendere di compiere in uno spazio di dieci anni quello che per secoli e secoli nessun governo nazionale e nessuna dominazione straniera sono riusciti a fare, sarà certo notevole il risultato della legge se alla fine di questo decennio le condi zioni di vita della Maremma toscana saranno migliori di quelle di oggi. Sarà questo un motivo di gioia per quegli abitanti, che del miglioramento arrecato godranno i benefici.

19888

Questa mi sembra logica elementare, e volersene discostare è indizio di voler fare una polemica a mero fine politico e di voler chiudere gli occhi alla realtà obiettiva.

D'altra parte, sappiamo tutti che dopo la guerra, in tutte le nostre regioni, si sono studiati tanti programmi, si sono profilate tante e tante speranze dì migliorie, si è messa a fuoco, in piani più o meno organici, una tale quantità di opere, che per realizzarle tutte sarebbe necessario il dissanguamento totale dello Stato. Non si può pensare che tutto si debba fare in un sol momento: tutto quello che non è stato fatto per secoli e secoli non può essere realizzato in una volta sola.

Il meglio è nemico del 'bene. Contentiamoci quindi di quanto è consentito di ottenere,. e siamo paghi di constatare che questo che non può essere se non un primo passo sulla via di ulteriori provvedimenti è uno strumento idoneo a produrre dei risultati estremamente benefici.

E se io, rivolgendo ancora lo sguardo alla mia regione e pensando che ad essa su questi 20 miliardi potrà toccarne, in ipotesi, una decima, una quindicesima parte, se io penso che per dieci anni consecutivi essa potrà avere questi stanziamenti, oh sì, allora io mi convinco che da qui a 10 anni le sue zone più depresse avranno mutato aspetto e che allora coloro che di questa legge furono gli artefici avranno ben meritato la gratitudine delle nostre popolazioni.

Forse questo l'opposizione 'non lo ha tenuto presente, come sarebbe stato necessario. Né, d'altra parte, bisogna dimenticare che, pur applicandosi la legge che stiamo discutendo, tutti gli stanziamenti ordinari che il Governo, in base alle leggi comuni, fino ad oggi ha fatto, continueranno immutati anche in queste zone ad economia depressa; lo dice in maniera che non ammette dubbi il penultimo comma dell'articolo 1 del progetto, nel testo elaborato~ dalla Commissione, alla quale va dato il più caloroso e sincero elogio per l'opera preziosa di affinamento che ha saputo introdurre nell'elaborazione di questa legge, in maniera da renderla più adeguata alle esigenze cui si trattava di venire incontro.

Si che e, dunque, in tale comma che restano ferme le attribuzioni e gli oneri dei Ministeri competenti, nonché le spese, il cui finanziamento viene fatto sui bilanci di previsione dei Ministeri competenti. E questo significa che nulla di ciò che finora è stato dato verrà tolto, il bilancio normale non sarà decurtato. Non bisogna lamentarsi dunque se, in aggiunta, altri miliardi vengono dati.

L'onorevole Matteucci al quale, in omaggio doveroso alla sua competenza specifica in questa materia, l'opposizione ha dato il compito, che egli stesso definisce non facile, di stendere la relazione di minoranza (e non era davvero facile, sia pure per una ragione diversa da quella enunciata dalla relazione dell'onorevole Matteucci, ché non riesce certo molto agevole dover dire male a tutti i costi di una legge che, in fondo, si deve riconoscere idonea a garantire provvidenze meritevoli di essere realizzate...) l'onorevole Matteucci, dicevo, nella sua relazione pone la sua critica a questo disegno di legge su questa base: perché una legge di bonifica sia operante, occorre che stabilisca dove, come e che cosa si vuole costruire. Poiché quindi, a suo dire, questa legge non spiega il dove, il come e il che cosa, essa non sarebbe idonea; anche l'onorevole Merloni, anche l'onorevole De Martino, penso, avviano su questa linea le loro critiche.

Vediamo, dunque, se la critica regge, e co minciamo dal «dove». Per sostenere la sua tesi, l'onorevole Matteucci scivola un po' nel paradosso, e scrive addirittura:

«...in quali regioni d'Italia deve operare questo disegno di legge che siamo chiamati ad approvare? Risponde a ciò il primo comma dell'articolo 1 nella dizione modificata della Commissione: «nelle località economicamente depresse» dell'Italia centrosettentrionale. E quali sono queste zone? Cosa si intende per zona economicamente depressa? È zona economicamente depressa la Maremma toscana con i suoi problemi di bonifica, di acquedotti, ecc.? O è zona economicamente depressa Milano con la Breda, la Caproni, la Isotta Fraschini, la Ducati in smobilitazione? E chi lo sa?».

Ora, qui viene spontanea una distinzione. V'è un concetto teorico di zona depressa, un concetto che possono elaborare gli economisti, i quali sono arbitri di includervi tutto ciò che essi meglio ritengono; ma v'è anche un concetto non teorico, non astratto, ma positivo, il concetto di questa legge quale da essa risulta voluto. E allora domando all'onorevole Matteucci (mi duole non sia qui presente): è mai.possibile che in relazione a questa legge la sua domanda si ponga? Se l'onorevole Matteucci nelle sue indagini avesse voluto fare un po' più leva sulla portata di quel qualche cosa, che con questa legge si può costruire, la sua domanda non se la sarebbe mai posta, perché per le esigenze di una zona come Milano dichiarata in condizioni di crisi perché vi sono la Breda, la Caproni, la Isotta Fraschini, la Ducati in smobilitazione

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(e potrei dire lo stesso per una zona ad eguale titolo in crisi, come la mia Liguria per la situazione in cui si trovano l'Ansaldo, la San Giorgio, l'I.L.V.A. ed altre sue industrie), per le esigenze d'una zona che si trovi in una crisi di questo tipo possono forse servire sistemazioni di bacini montani, trasformazioni agrarie, anche in dipendenza del programma per la riforma fondiaria, opere.di viabilità minore, acquedotti e relative fognature, cioè le sole opere che questa legge consente? Forse che per migliorare le condizioni dell'industria milanese o genovese, per farla produrre di più, per diminuirne gli alti costi, ecc., si possono creare a Milano o a Genova delle nuove «strade minori», vi si possono impiantare lavori di bonifica, vi si possono creare opere di irrigazione, per irrigare, chissà, la piazza del duomo o i giardini pubblici? Qui, ripeto, si scivola addirittura nel paradosso...

Se questa legge si considera, si vede che cosa con essa si voglia fare: la risposta è bell'e pronta. Alle condizioni di crisi delle zone industriali, e alla disoccupazione che, ne consegue, si deve provvedere con mezzi ordinari e straordinari assolutamente differenti, ai quali il Governo ha pensato, pensa e più penserà certamente in avvenire, secondo le necessità; basti ricordare le autostrade SerravalleChiasso e GenovaSavona. Ma non è certo attraverso questa legge che si può pensare di sodisfare a quelle esigenze; non a quel tipo di zone depresse la legge fa riferimento.

E allora, anche a prescindere da questa impostazione paradossale, si presenta impossibile, almeno dal mio punto di vista, consentire quello che chiede la relazione di minoranza, realizzare quello che ha chiesto poco fa l'onorevole Merloni, dicendo che nella legge si dovrebbe senz'altro direttamente stabilire in quali regioni queste disposizioni legislative dovrebbero operare, innanzi tutto qui mi pare che l'errore iniziale sia parlare " di regione, io penso che in nessuna regione dell'Italia centrosettentrionale non vi sia qualche zona economicamente depressa, ma non è la regione come tale che sia economicamente depressa: non ce n'è una sola, nel l'Italia centrosettentrionale che sia tutta depressa. E allora io che, con quell'amore che ho per la mia terra, come i colleghi l'hanno per la loro, la difendo con tutte le mie forze e mi batto p'er essa più che posso, non dico certo che tutta la, Liguria debba definirsi zona depressa.

MERLONI. Nessuno lo dice.

LUC1FREDI. Quindi, è impossibile fare una elencazione di regioni. Probabilmente la determinazione dovrà farsi per mandamento, lalvolla addirittura per comuni.

CESSI. Questo poi no.

LLJC1FRED1. Comunque, non si possono fare elencazioni su base mollo ampia, perché io vedo che nella mia regione e credo altrettanto sia anche nelle altre intervallati l'un dall'altro di appena quattro, cinque, sei chilometri, vi sono paesi ricchissimi e paesi estremamente poveri. Per gli uni sarebbe un'ingiustizia accordare i benefici che questa legge consente, per gli altri sarebbe un'ingiustizia ancora più grave negarli.

È questo, comunque, un problema che dovrà essere esaminato in altro momento e in altra sede, poiché altrimenti questo strumento legislativo noi non io appresteremmo ora, ma potremmo averlo pronto solo a distanza notevole di tempo, giacché quelle indagini di cui opportunamente hanno parlato alcuni colleghi sono ricerche che dovranno, sì, essere fatte, ma che non si potranno esaurire in pochi giorni o in pochi mesi.

Il collega onorevole Angelini ha voluto benevolmente ricordare nella sua relazione i risultati delle rilevazioni della Consulta economica regionale dell'agricoltura della regione ligure, che il collega Pertusio tanto degnamente presiede. Sono risultati interessanti, impressionanti per io stato di fatto dolorosissimo che rivelano, ma non ancora completi, sebbene te indagini siano durate più di due anni. Non si trattk di lavori che si p'ossano compiere in poco tempo, semplicemente mandando, ad esempio, un ispettore sul luogo a compiere un'inchiesta, o facendola compiere dagli uffici periferici: non otterreste in tal modo risultati positivi, non fareste che ritardare le erogazioni che la legge" consente, non fareste che far perdurare più a lungo lo stato di miseria di quelle popolazioni, che si vogliono invece elevare.

Questo la democrazia cristiana non vuole che si verifichi, questo il Governo non vuole che si verifichi; questa legge deve essere operante, e presto operante.

Di VITTORIO. Ma operante dove? Se non sapete neanche dove!

Presidenza del Vicepresidente LEONE

LUCIFREDI. E vengo anche a lei, onorevole Di Vittorio: ella che mi fa questa interruzione è pregata di guardare un poco la relazione dell'onorevole Angelini, cui poc'anzi mi riferivo. Ho già detto che l'onorevole Angelini, con questa relazione, ha fatto uno studio molto accurato, molto interessante, specie là dove ha posto in evidenza

19890

gli indici da cui si deve rilevare quel che deve propriamente intendersi in questa legge per zone economicamente depresse.

Si legge infatti nella relazione:

«Questi criteri, per evidenti ragioni, non possono essere strettamente tassativi; ma si ritiene che l'apprezzamento della zona depressa od economicamente meno sviluppata possa muovere dalla considerazione di una pluralità degli elementi che di seguito si enunciano, a titolo peraltro puramente indicativo:

a) elementi geografici: zone o località montane oppure paludose; latifondo a cultura estensiva o boschiva;

b) elementi inerenti al complesso delle opere pubbliche: mancanza o insufficienza di viabilità, di' impianti di irrigazione, di acquedotti, di opere igieniche, di energia elettrica, di opere di rimboschimento, di edifici scolastici;

c) elementi economici: pauperismo, indici medi di reddito e di lavoro, dinamica commerciale, situazione agricola ed industriale e relativi squilibri;

d) elementi sociali: analfabetismo, spopolamento, disoccupazione come fenomeno strettamente dipendente dalla depressione economica locale;

e) elementi sanitari: mortalità e morbilità».

È questo un complesso di elementi, ciascuno dei quali singolarmente ha la possibilità di essere applicato con più largo riferimento ad una zona piuttosto che ad un'altra, ma che considerati nel loro complesso sono idonei a dare un'idea sufficientemente precisa di quel che può essere la zona depressa.

Si tratta evidentemente di criteri di massima, la cui concretizzazione dovrà essere naturalmente opera del comitato dei ministri, in relazione alle singole parti del territorio nazionale. È inutile che qui, come spesso accade, ci si abbandoni a divagazioni a questo riguardo: il compito del legislativo è il compito del legislativo e il compito dell'esecutivo è il compito dell'esecutivo. La localizzazione delle opere pubbliche é sempre stata ed è presso ogni Stato un compito dell'esecutivo.

Ma, dicono i colleghi dell'altra sponda: l'esecutivo abuserà di questa facoltà, si avvarrà di questo mezzo per concedere vantaggi a coloro che più saranno graditi al Governo, ne farà uno strumento di mercati, genererà una serie di ingiustizie e via discorrendo.

È logico che da parte vostra vi sia questa affermazione; ma è logico pure che da parte nostra vi sia un altrettanto deciso diniego, per il consueto nostro fermo proposito di operare secondo esigenze di giustizia.

Ma, ammettiamo pure, per amore di polemica, che così il Governo non faccia. Vi mancheranno forse gli strumenti per portare in Parlamento la critica? È un programma decennale, questo, che si snoda attraverso dieci anni successivi. Se il primo anno il Governo avrà adottato dei cattivi criteri, non vi mancherà occasione, in sede di bilanci, o con interpellanze, o con tutti gli altri strumenti parlamentari di cui siete maestri, di portare qui la questione, denunciando le malefatte del Governo, sottoponendo la questione all'esame del paese ed incatenando il Governo alle sue responsabilità.

Dovreste ringraziarci, mi pare, se così vi offriamo uno strumento grazie al quale, se sbaglieremo, potrete coglierci in fallo e metterci alla gogna.

MICELI. Ma intanto il paese ne soffrirà.

LUCIFREDI. Il paese ne soffrirà se faremo male; se invece come confidiamo faremo bene, il paese ci guadagnerà, mentre è certo che se non si facesse nulla, come lei chiede, il paese ne soffrirebbe ancora di più. (Rumori all'estrema sinistra).

DI VITTORIO. Non si può affermare che l'opposizione non chieda nulla. Critichiamo l'insufficienza dei mezzi e la struttura degli organismi.

LUCIFREDI. Mi perdoni, onorevole Di Vittorio: forse ella non è aggiornato in relazione a questa legge, perché l'opposizione chiede precisamente il rinvio della legge affinché in sua vece si studino tante leggi speciali, ciascuna in relazione ad una singola zona che ne abbia necessità, il che in pratica significa che chiede un rinvio di almeno due anni. Questa è la mia precisa convinzione.

MICELI. È soltanto una sua opinione.

ANGELINI, Relatore per la maggioranza. Non sarebbe opposizione se non facesse così: qualcosa deve dire, è logico. (Commenti all'estrema sinistra).

LUCIFREDI. La seconda obiezione dell'onorevole Matteucci è a mio avviso, ancor più facilmente sormontabile. L'onorevole Matteucci dice che questo progetto non ci fa saft pere che cosa si voglia costruire con questa legge.

19891

Questa preoccupazione mi pare un po' strana perché ho già letto il secondo comma dell'articolo 1 del disegno di legge dove è detto esplicitamente che «le opere di cui al comma precedente comprendono quelle per la sistemazione dei bacini montani, la bonifica, l'irrigazione, la trasformazione agraria, la viabilità minore, gli acquedotti, ecc».

Ora, non so se l'onorevole Mateucci còlla sua affermazione volesse addirittura sostenere che in questo progetto di legge si dovrebbero indicare specificamente, una per una, tutte le opere di bonifica, gli acquedotti, le fognature, insomma tutte le opere che con questa legge ci si propone di fare.

Ho troppa stima dell'onorevole Matteucci per pensare che questo fosse il suopunto di vista, che sarebbe addirittura ùtpistico. Debbo credere che a questo riguardo il suo scritto abbia tradito il suo pensiero e che egli questo non volesse esprimere. In proposito, aprendo una parentesi, mi permetto di far rilevare all'onorevole Merloni che l'acquedotto del Fiora, di cui egli ha parlato, e che come ho appreso dalle sue parole ha così vitale importanza per la Maremma toscana, è un'opera certamente necessaria, poiché egli lo dice, ma non è un'opera che, a mio avviso, con questa legge possa essere finanziata. Infatti nel testo della Commissione, molto opportunamente a questo punto emendato, si parla di acquedotti, ed è stato soppresso il richiamo ai grandi acquedotti contenuto invece nel progetto originario.

Quindi, per i grandi acquedotti si dovrà provvedere con altri mezzi e con altri separati provvedimenti legislativi, non con questo.Di conseguenza cadono le troppo facili illazioni che l'onorevole Merloni ha fatto dicendo che con la costruzione di due o tre grandi acquedotti si sarebbero esauriti 1 mezzi a disposizione con questa legge.

SGOGA, Presidente della Commissione. Non è precisamente questo che la Commissione intende.

LUCIFREDI. La relazione si esprime in questo senso: vorrà dire che se ne discuterà.

ANGELINI, Relatore per la maggioranza. Noi abbiamo voluto che non solo i grandi acquedotti siano previsti dalla legge, ma anche i piccoli e i medi. La Commissione, cioè, non ha voluto escludere i grandi, acquedotti.

LUCIFREDI. Se è così, può essere che, su questo punto, siano esatte le osservazioni dell'onorevole Merloni, e, in sede di discussione degli articoli, si potrà fare istanza perché i grandi acquedotti non siano compresi nel disegno di legge.

La terza critica che viene fatta dall'opposizione è quella attraverso la quale ci si dice che non vi è lo strumento idoneo perché queste opere possano farsi; tale mancanza nascerebbe dal fatto che la legge non prevede come la lègge del Mezzogiorno, l'istituzione di un'apposita Cassa, limitandosi ad affidare il compito agli organi normali del Ministero dei lavori pubblici e di quello dell'agricoltura, i quali, da parte dell'opposizione, sono stati dipinti come assolutamente inidonei al compimento di una buona attività in questo settore.

Il problema se anche per il centronord fosse opportuno o meno istituire un'altra Cassa speciale è stato studiato dalla Commissione, che'ha risposto in senso negativo. Avrà essa fatto bene od avrà fatto male, io non so: personalmente, per una certa diffidenza che' sento per ogni nuovo ente pubblico che nasce, sarei incline a ritenere che sia effettivamente bene non partorire un nuovo ente. D'altra parte, sono io pure convinto (d'accordo in questo coi rilievi di qualche collega dell'opposizione) che gli strumenti ordinari, quali oggi esistono, non sono del tutti idonei a realizzare queste opere. Nella legislazione dei lavori pubblici e dell'agricoltura vi sono indubbiamente più settori in relazione ai quali indubbiamente delle riforme debbono essere introdotte. Mi riferisco in modo particolare a quanto, pochi giorni fa, in sede di discussione del suo bilancio, diceva il ministro Aldisio, ricordando l'inadeguatezza della legge n. 589 dell'anno scorso per quanto riguarda alcune opere in materia di viabilità minore, che cadono sotto la competenza dei comuni e degli altri enti locali. Disse il ministro che attraverso quella legge non si può provvedere ai lavori di rifacimento delle strade in condizioni di abbandono, cui i piccoli comuni non possono provvedere, ed aggiunse che a questo riguardo prenderà prossimamente delle iniziative legislative.

Evidentemente i nuovi strumenti legislativi, che così per questo campo si creeranno per la concessione dei contributi dello Stato, si applicheranno anche alle opere che dovranno essere eseguite in applicazione della legge che oggi discutiamo.

Ugualmente, altre modifiche dovranno a mio avviso essere introdotte al nostro sistema delle leggi sui lavori pubblici.

19892

Per esempio, io ritengo che sia indispensabile riconoscere ai comuni, soprattutto in questa materia della viabilità, minore, ma anche in altri campi (per esempio, acquedotti ed altre opere di interesse puramente locale, fognature, ecc.), la possibilità di procedere alla esecuzione diretta di queste opere, evitando gli appalti ed il ricorso ad imprese. Quando vi sono dei fondi disponibili, bisogna fare in modo che questi fondi abbiano a fruttare il più possibile. E vi sono molti e molti casi, quanto meno in talune nostre1 regioni, specie in paesi di montagna, in cui lasciare ai comuni l'iniziativa di effettuare direttamente certi lavori pubblici, avvalendosi delle prestazioni personali degli abitanti, significa ottenere una diminuzione di spese notevolissima rispetto a quello che sarebbe il costo di tali opere se venissero affidate attraverso appalti ad imprese.

Mi riferisco anche qui ad esempi che personalmente conosco, e ne cito due, tra i molti che si rilevano nelle nostre vallate montane. Nel Chiavarese, in due paesi a circa mille metri sul livello del mare, Alpepiana e Vico soprano, le popolazioni, attraverso sforzi inenarrabili di anni ed anni, nonostante difficoltà ambientali gravissime, si sono costruite, con opere d'arte veramente gigantesche, 7 od 8 chilometri di strada. Se li son fatti con le solo loro forze, quelle popolazioni, nei periodi in cui non vi era lavoro nei campi, e tutti volentieri andavano a lavorare nell'interesse comune per migliorare le loro condizioni di vita. Analoghi sforzi hanno fatto, analoghi risultati hanno ottenuto, sia pure per tratti minori, gli abitanti di un paesino della Val Trebbia, pur esso arrampicato sui monti, Gassingheno di Fascia, ove il capoluogo comunale ancor manca di allacciamento stradale.

Ora, quando vi sono queste iniziative locali, quando v'è la popolazione che, non avendo altre occasioni di lavoro, si presta volentieri a dare il proprio braccio a queste opere di interesse pubblico e chiede solo un aiuto, ad esempio per fare quel ponte che con le sole proprie forze non è in grado di compiere, perché si deve stabilire che tutta l'opera debba esser fatta da un'impresa, da maestranze che vengano da fuori ed importano una triplicazione o una quadruplicazione di spesa? È un sistema a mio avviso errato. Ed è per questo che mi" auguro che, non solo nel quadro di questa legge, ma di tutta la legislazione sui lavori pubblici, per questo e per altri casi venga instaurato un sistema diverso di erogazione del contributo, in cui il contributo dello Stato sia ragguagliato all'opera fatta, e in relazione all'opera fatta sia dato quel tanto di contributo statale, più o meno così come oggi si fa

 (ma con procedura sciaguratamente troppo complessa) per le strade cosiddette interpoderali, finanziate sul bilancio del Ministero dell'agricoltura.

Ma sarebbe indubbiamente fuori luogo che io insistessi a parlare di queste e di altre modifiche che potranno essere attuate. Ho fatto questi accenni soltanto per dire che, se è vero che gli strumenti legislativi che oggi esistono non sono così sodisfacenti come li vorremmo, non v'è motivo per questo di dire che questa legge non possa e non debba dare i risultati desiderati. In sostanza si tratta qui di stabilire un impegno di spesa, di mettere a disposizione di questa determinata categoria di lavori questi fondi, che per dieci anni avremo la garanzia di trovare nei bilanci dei lavori pubblici e dell'agricoltura per questa specifica destinazione delle aree depresse: il che mai era avvenuto sin qui. Alla creazione di strumenti più adeguati per l'effettuazione dei lavori provvederà il Parlamento, quando di questa materia sarà investito, e lo potrà fare, mi auguro, molto presto.

Ma a questo riguardo vorrei ricordare un altro aspetto ancora del problema, del quale forse non si è tenuto tutto il conto dovuto.'

Intendo dire che per molte di queste materie v'è una ragione di riforma imminente così almeno mi auguro che nasce dal fatto che la Costituzione prevede l'istituzione di un ente regione, che in un certo momento dovrà essere istituito. Nella competenza dell'ente regione entrano i lavori di interesse puramente regionale; nella competenza dell'ente regione entra l'agricoltura; gli ispettorati dell'agricoltura passeranno dalle dipendenze dello Stato alle dipendenze dell'ente, regione. Occorrerà, quindi, necessariamente, una serie di profonde modifiche delle disposizioni legislative, in merito all'esecuzione di lavori pubblici e di opere nel campo dell'agricoltura. Sarà in quella sede che, adeguando, come la Costituzione prescrive, alle esigenze di autonomia e di decentramento la legislazione di queste due specifiche materie, si vedrà quali dovranno essere le modificazioni da introdurre nelle leggi; si potrà allora cercare di renderle quanto più possibile idonee anche a quelle che saranno le esigenze che si saranno prospettate, nell'applicazione della legge che discutiamo nei primi mesi o nei primi anni di sua applicazione.

In questo stato di cose io credo che, ad onta delle critiche che da parte dell'opposizione sono state fatte, noi possiamo serenamente oggi votare questa legge così come ci viene proposta dalla Commissione.

Io mi permetto soltanto di chiedere ai colleghi della Commissione se eventualmente non sia possibile introdurre nel testo

19893

che stiamo esaminando, in quella forma più adeguata alla situazione che essi abbiano a ritenere opportuna, due disposizioni della legge sulla Cassa per il Mezzogiorno, che mi sembra potrebbero anche per il centronord avere un certo interesse. Mi riferisco in primo luogo alla disposizione dell'articolo 7. laddove si dice che «La Cassa può affidare l'esecuzione delle opere ad aziende autonome statali o darne la concessione ad enti locali e loro consorzi». lo credo che anche per le opere di competenza statale in queste regioni del centronord, finché l'ordinamento regionale non sarà attuato, dovrebbe poter essere prevista la possibilità di concederne l'esecuzione a enti locali e loro consorzi, così come per il Mezzogiorno è stato stabilito.

SCOCA, Presidente della Commissione. Credo che ciò sia possibile senza una disposizione ad hoc.

LUCIFREDI. Prendo atto del chiarimento. Se vi si può giungere senza necessità di una disposizione particolare, tanto meglio.

La seconda disposizione è quella del secondo comma dell'articolo 4, dove si dice che «per le opere riguardanti la viabilità minore la Cassa potrà altresì assumere, a totale o parziale suo carico, la spesa di sistemazione di strade esistenti, anche se per tali opere non sia prevista la concessione di contributi dello Stato. Potrà inoltre assumere a totale suo carico la costruzione di nuove strade per le quali non sia previsto alcun contributo».

Ho già detto che la legge relativa a questa viabilità minore dovrà essere riformata: lo ha dichiarato lo stesso ministro dei lavori pubblici. Si tratta di vedere se, in attesa che questa riforma abbia a venire e come anticipazione della riforma stessa, non possiamo introdurre già qui una disposizione che consenta anche nel centronord, quando se ne presenti la necessità, la possibilità di "fare applicazione di questo principio.

Comunque, la Commissione dirà quanto essa ritiene possa eventualmente essere accettato di queste mie osservazioni.

Onorevoli colleghi, io sono così prossimo alla conclusione del mio intervento, che è stato più lungo di quello che io stesso pensassi, ma che ritengo non sia stato del tutto inutile per esaminare nei varii settori le critiche che sono state opposte a questo disegno di legge e per lumeggiare il nostro punto di vista sullo stesso. I rilievi che sono stati fatti noi confidiamo possano essere tenuti presenti dal Governo, possano essere tenuti presenti dal comitato dei ministri nella esecuzione della legge.

Noi pensiamo che, attraverso una serie di esperienze, attraverso una serie di affinamenti successivi, di anno in anno, si potrà arrivare a dare effettivamente a questa legge una applicazione buona, un'applicazione tale da renderla perfettamente idonea allo scopo per cui essa è stata progettata.

Che questa legge sia sufficiente a risolvere da sola i problemi delle zone depresse del centronord, certo nessuno di noi lo pensa, e non lo pensa nemmeno il Governo, non lo dice nemmeno la relazione. È un progetto di legge che prepara alcuni strumenti idonei a migliorare le condizioni di vita di quelle zone; altri strumenti naturalmente ancona occorrono. Per porre riparo allet condizioni di disagio di quelle zone occorreranno provvedimenti di altra natura in più materie completamente estranee a quella cui questa legge si riferisce.

Ci vorranno, ad esempio, delle misure nel settore previdenziale, in modo che i contadini piccoli proprietari non abbiano a trovarsi abbandonati a se stessi, quando, divenuti vecchi o invalidi, si trovano nell'impossibilità di continuare il loro lavoro. Ci vorranno delle provvidenze in materia di organizzazione di servizi pubblici, e già siamo sulla buona via, come risulta d,a quanto ha annunciato l'onorevole ministro delle poste circa l'estensione del collegamento telefonico a tutti i comuni che fino ad oggi ne sono sprovvisti'; su questa via mi auguro che passi ulteriori si possano fare quando l'organizzazione dei servizi pas sérà all'ente regione Che, essendo più vicino alle esigenze locali, meglio potrà provvedere a sodisfarle. Ciò vorrà, soprattutto, una serie di altre provvidenze nel settore tributario, al fine di ridurre taluni oneri intollerabili per le popolazioni, al fine di favorire iniziative locali, al fine, di dare condizioni di vita migliori a queste zone economicamente depresse: sappiamo che a questi problemi l'onorevole ministrò Vanoni ha dato la sua più profonda attenzione; sappiamo che una Commissione, presieduta dal senatore Gortani, li ha studiati e ha fatto proposte concrete; sappiamo che °queste proposte concrete sono in parte già tradotte in un disegno di legge, ora all'esame dell'altro ramo del Parlamento.

Arriveremo, un bel giorno, alla completa risoluzione di questi problemi? Noi lo auspichiamo. La risoluzione completa, probabilmente, noi non la vedremo; la vedranno i nostri figli, forse soltanto i nostri nipoti. Ma noi dobbiamo operare guardando non soltanto all'oggi, ma anche e soprattutto all'avvenire. Tutte le opere si costruiscono mettendo pietra su pietra, procedendo gradualmente, senza pretendere di fare dei miracoli.

19894

I miracoli è più facile prometterli che farli; e noi promesse vane desideriamo non farne. Preferiamo costruire: e con questa legge si costruirà!

La realizzazione di questa legge in molti e molti luoghi darà un volto nuovo a plaghe oggi pressocché abbandonate; potrà consentire più umane condizioni di vita a centinaia di migliaia di cittadini, che oggi vivono in estremo disagio; potrà frenare e io mi auguro che abbia a fermare addirittura la corsa allo spopolamento, che rende addirittura paurose le attuali prospettive di certe zone montane. Ma darà soprattutto, a prescindere da tutto questo, la sensazione della concreta solidarietà nazionale alle popolazioni di queste terre, che hanno avuto per tanti anni, per troppi anni, l'impressione che lo Stato si ricordi di loro soltanto attraverso le cartelle esattoriali e le cartoline-precetto di chiamata alle armi.

Sia con questa legge, sia con quella per la Cassa del Mezzogiorno che il Parlamento dovrà votare, un soffio di vera, di bene intesa solidarietà nazionale, entra a bandiere spiegate nella nostra legislazione relativa a questa materia. Sia lode a quanti queste esigenze di solidarietà hanno compreso. Sia la santità della causa di incitamento a quanti, nell'applicazione di queste leggi, dovranno adoperarsi a tradurre in atto tale solidarietà.

Attuandola, noi obbediamo ad un imperativo, che ci è dato dalla Costituzione, il cui articolo 3 affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli d'ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il libero sviluppo della persona umana; ma adempiamo al tempo stesso ad un imperativo che ci deriva dalla nostra coscienza cristiana. Facciamo opera di carità, facciamo opera di giustizia, lavoriamo per una maggiore serenità di vita di tutti gli italiani.

Non è senza un significato che queste leggi si discutano tra noi in coincidenza con le riunioni tenutesi a Lake Success per venire incontro, su piano internazionale, alle necessità di quelle che, nel complesso quadro dell'economia mondiale, si considerano aree depresse.

In questo tormentato dopoguerra, nell'ambito delle relazioni internazionali si è manifestata, in forme molteplici e con intensità del tutto inusitata, una solidarietà dei popoli ricchi verso i popoli poveri, che ha dato e dà mirabili risultati e maggiori ne darà in avvenire,

ne siamo certi, se si saprà continuare sulla via iniziata, rinunciando ai gretti egoismi, nella convinzione che la rigogliosa prosperità degli uni non può conservarsi, se non si elidono, con la eccessiva miseria degli altri, le cause di turbamento dell'ordine internazionale.

Un analogo afflato di solidarietà, nell'ambito nazionale, ispira le leggi che il Parlamento si accinge ad approvare. Siano esse l'inizio di un orientamento nuovo, di superamento degli egoismi e dei campanilismi; siano esse l'indice di una più acuta sensibilità verso le istanze di chi più ha bisogno, e poco o nulla finora ha avuto. Approvandole, noi contribuiremo alla realizzazione di quelle istanze di giustizia sociale, per cui combattiamo, e cementeremo con più stretti vincoli di fraternità l'unità del popolo italiano. (Vivi applausi al centro e a destra — Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bernieri. Ne ha facoltà.

BERNIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho l'impressione che l'onorevole Lucifredi sia incorso in un equivoco, quando ha detto che questa legge riguarderebbe le zone depresse. Certamente egli è in buona fede, ma a me pare che questa legge, anche se in alcuni articoli usa l'espressione «zone depresse», in realtà sia una legge speciale per opere pubbliche straordinarie, che niente ha a che fare col problema del risanamento delle zone depresse.

E l'onorevole Lucifredi stesso ha confermato questa mia tesi, proprio quando, alludendo alle finalità della legge, ha escluso che, per esempio, la crisi di un settore industriale possa essere affrontata e risolta da una legge come questa.

A me pare, invece, che siano proprio, come cercherò di dimostrare più avanti, le crisi settoriali quelle che determinano le depressioni delle varie zone. E pertanto ritengo che sia giusta l'opinione che si diffonde tra la gente, che questa legge, come la precedente, che riguarda la Cassa del Mezzogiorno, non sia altro che il topolino partorito dalla montagna, dopo mesi e mesi di ansiosa attesa, alimentata dalla propaganda di stampa, dalle vostre conferenze, ecc.; attesa resa angosciosa dalle necessità, dai bisogni che scaturiscono dalle condizioni in cui si trovano i cittadini delle regioni del centro e del settentrione d'Italia.

A questa gente dolorante si è offerta una legge come questa, legge che non soltanto non risolve, ma neppure imposta i problemi propri delle depressioni economiche che si verificano nelle varie zone.

19895

In parecchie province del centrosettentrione d'Italia esistono condizioni veramente tragiche, come diceva ieri l'onorevole Amendola a proposito del Mezzogiorno; e tragico non è un aggettivo retorico, ma è un aggettivo che coglie veramente la realtà della vita di queste popolazioni, che sono in preda alla disperazione, che non hanno alcuna prospettiva per l'avvenire, se si eccettua quella parte più cosciente delle masse popolari che sono organizzate e che pensano di realizzare i loro obiettivi non attraverso queste leggi, ma attraverso le lotte di rivendicazione sul piano politico, sindacale ed economico.

L'opinione pubblica non può non considerare questo disegno di legge n. 1171 una legge propagandistica, quale essa in realtà è. Da molti mesi vi servite di essa come propaganda, per calmare un po' il malcontento che è nel paese, che è nel centrosettentrione d'Italia, oltre che nel Mezzogiorno. Ed io so per esperienza, perché appartengo ad una di quelle zone che sarebbero ritenute depresse, secondo quanto l'onorevole Angelini ha dichiarato nella relazione di maggioranza, so quanta attesa avete creato intorno a questa legge. Voi dovevate rispondere in qualche modo alla pressione delle masse disoccupate, affamate; dovevate rispondere ed avete risposto con questa legge, che si rivela oggi in questa discussione per quella che essa è, cioè un provvedimento demagogico, che non risolve alcun problema (e lo ha detto l'onorevole Lucifredi), non risolve i problemi propri delle depressioni economiche, ma realizzerà forse qualche risultato quando gli accertamenti (che a quanto è avvenuto per la sola Liguria, a detta dell'onorevole Lucifredi, richiederanno due anni) saranno stati compiuti.

' Perché è una legge propagandistica? Perché è una legge demagogica? Per tre complessi di considerazioni. Innanzitutto, per i criteri che l'hanno ispirata. Infatti, questa legge afferma l'esistenza di un problema di depressione in base ad una empirica e superficiale constatazione della realtà sociale ed economica del nostro paese.

Al di là di questa constatazione, come dimostrano le due relazioni, quella di maggioranza e quella governativa, non vi è alcun tentativo di capire il fenomeno della depressione, di spiegarlo facendo derivare poi dalle cause i conseguenti rimedi in forma organica e concreta.

Noi sappiamo benissimo che le contradizioni del sistema capitalistico e l'offensiva che l'imperialismo americano ha scatenato, impediscono la soluzione radicale dei problemi di trasformazione strutturale

delle regioni cosiddette depresse; anzi, in un certo senso, ne aggravano le condizioni. Tuttavia,non si può tacere che altri paesi hanno fatto esperienze concrete e hanno elaborato teorie delle aree depresse che contengono senza dubbio elementi che, almeno da un punto di vista tecnico, devono essere considerati, nel quadro della situazione presente, come progressivi.

Ora, almeno a queste esperienze e a queste elaborazioni dottrinarie ci si doveva ispirare. Non vi era certo bisogno che il Governo improvvisamente diventasse socialista per risolvere questo problema; bastava solo che fosse moderno, cioè che si adeguasse alle esperienze e ai risultati delle indagini dei paesi a regime capitalistico. Basta riflettere, per esempio, all'importanza che ha, ove sia realizzato, il processo di industrializzazione delle campagne e la formazione di nuovi centri industriali ed i suoi Riflessi sullo sviluppo culturale e politico di quelle popolazioni. Evidentemente sarà lecito parlare di intervento pubblico, di sviluppo delle aree depresse solo se e in quanto vengano realizzati tali processi di trasformazione. Altrimenti noi restiamo nel campo dei piccoli rimedi, inutili a risolvere il problema che ci si pone, o almeno, nella migliore della ipotesi, restiamo nel campo dei lavori pubblici a sollievo della disoccupazione.

In secondo luogo, è questa una legge di carattere puramente propagandistico per il modo come è congegnata, modo per il quale verrà ritardata è intralciata l'esecuzione delle opere previste, riducendo ancor più l'efficacia dei fini già modestissimi che essa si propone. Infatti questa legge per le zone depresse non dice quali siano poi queste zone. Dice però che vi sarà un comitato di ministri nominato dal Consiglio dei ministri, che determinerà le zone depresse. Nè essa dice quali saranno i criteri in base ai quali ciò avverrà e neppure quali ministri faranno parte del comitato.

Sicché, le cose stando in questo modo, è difficile potersi sottrarre al sospetto che interverranno al momento opportuno nella determinazione di queste zone quelle pressioni e quegli elementi politici che bisognava in ogni modo eliminare. Si realizzerà io ne sono certo questo fatto: che chi più premerà più otterrà (e il verbo premere» in questo caso ha il doppio significato di far pressione ed anche di stare a cuore).

Infine la terza ragione per cui affermo che questa legge è di carattere propagandistico è il fatto che l'entità dei mezzi finanziari che dovrebbero dare sostanza a questa legge è veramente irrisoria, come già è stato rilevato: 20 miliardi.

19896

A che servono 20 miliardi? A risolvere il problema delle zone depresse, pensa l'onorevole Lucifredi. Ma fra quante Provincie, fra quanti comuni saranno divisi questi 20 miliardi? E poi non si tratta solo della divisione aritmetica: si tratterà anche di identificare quali sono le opere che è più necessario fare, e in quali zone, Provincie, comuni. Io vorrei sapere inoltre in base a quali criteri si farà la scelta delle opere, se puramente sociali o puramente economici o in base a criteri di pressione politica, in base cioè a quei criteri appunto che niente hanno a che fare col problema delle zone depresse.

A cosa potranno servire questi denari? A realizzare forse dei piccoli acquedotti, lo penso che molto saggiamente abbia operalo la Commissione e l'onorevole Angelini, relatore, quando ha introdotto in questa, legge, a differenza della precedente, la possibilità di costruire anche dei piccoli acquedotti, perché effettivamente con 20 miliardi non so quali grandi acquedotti si potranno fare; e quindi le speranze del collega ed amico onorevole Merloni sono purtroppo destinate a rimanere tali per ciò che concerne l'acquedotto del Fiora, che dovrebbe realizzare quella trasformazione veramente radicale della Maremma toscana; problema come giustamente è stato sottolineato da tanti, non solo toscano ma di carattere nazionale, per l'importanza che esso riveste ai fini dell'occupazione della mano d'opera e dell'aumento della produzione agricola.

A me pare, sebbene debba fare professione di modestia in questa materia, e mollo opportunamente, che per 20 miliardi all'anno forse non vi sarebbe stato bisogno di una legge speciale, salvo che per fini di propaganda, poiché certamente si poteva stanziare la medesima quantità di denaro nei rispettivi bilanci dei dicasteri interessati.

Per quanto riguarda il coordinamento per l'esecuzione di un piano di sollevamento delle zone depresse, io credo che il comitato previsto serva a poco, sin tanto che si disporrà di mezzi così esigui e sin tanto che non esisterà il piano si esso che oggi di fallo non esiste.

Onorevoli Colleghi, vi sono parole, vi sono espressioni che a volte acquistano una grande popolarità e diventano di moda: direi che la loro fortuna, è tanto maggiore quanto meno chiaro è il loro significato. Ciò avviene per l'espressione «aree depresse». Che cosa sono infatti queste aree depresse di cui parla la legge in discussione?

La relazione ministeriale dice che le zone depresse sarebbero zone economicamente meno sviluppate: ma questa è una tautologia. Dice inoltre che sarebbero zone meno estese e che avrebbero caratteristiche meno gravi che il Mezzogiorno. Ed è per questo che si è creato quella specie di governatorato, cioè la Cassa del Mezzogiorno, per le regioni meridionali. Cioè il Mezzogiorno sarebbe una zona depressa più grossa e con caratteristiche più preoccupanti.

Inversamente le zone depresse del settore centrosettentrionale sarebbero tanti piccoli mezzogiorni sparsi qua e là per l'Italia settentrionale con caratteristiche meno gravi. Si arriva, in conclusione a stringere un pugno di mosche a proposito della definizione di queste aree depresse. L'onorevole Lucifredi sostiene, che esista un concetto teorico di area depressa e uno pratico. Nel concetto teorico, gli economisti potrebbero mettere tutto ciò che volessero, lo non sono dell'avviso dell'onorevole Lucifredi anche se non sono un economista, e penso che, prima di vedere come si può anelare incontro a questo fenomeno di repressione e risolverlo, si debba con chiarezza definire il fenomeno stesso.

La relazione di maggioranza, come ho già accennato, consiglia invece al comitato dei ministri come criterio indicativo a questo riguardo, la rilevazione di alcuni indici eterogenei, i quali, combinati insieme, dovrebbero costituire una specie di panorama delle miserie delle zone prese in esame. Ora, questo sistema di rilevazione, andrebbe, secondo l'onorevole relatore, applicato in modo da caratterizzare non solo le grandi zone depresse visibili, diremo così, ad occhio nudo, come l'Apuania, la Venezia Giulia, la Maremma, ma anche le piccole zone o i comuni, che in genere non sono presi in considerazione per il fatto che sono piazzali in mezzo a zone o a comuni più floridi.

Ora, io temo, onorevole Angelini, che se si procedesse con un tal metodo, sarebbero ben pochi i comuni dell'Italia centrosettentrionale che non avrebbero diritto alla triste qualifica di area depressa. Mi permetto allora di dire che in questa espressione è già insito un primo inganno, giacché si intende in tal modo di significare che vi sono in Italia delle zone le quali, per determinate ragioni, non sono cresciute non si sono sviluppate quasi per una disfunzione di glandole endocrine, ma che tutto il resto del paese e dell'organismo economico nazionale è sano ed economicamente prospero.

19897

Tutto questo è falso, falsissimo. Lo testimoniano non solo le statistiche della occupazione, della dinamica commerciale, del volume della produzione e tutti gli indici relativi all'attività economica e sociale del nostro paese, ma soprattutto ed evidentemente ancora lo dimostrano le lotte che milioni di lavoratori conducono nei rispettivi settori contro la smobilitazione, il super sfruttamento operaio e la miseria.

D'altra parte, se quel comitato di ministri che la legge prevede applicasse il sistema di rilevazione proposto dall'onorevole Angelini, la già lamentata esiguità dei fondi diventerebbe addirittura colossale: altro che irrisoria, non saprei più quale aggettivo usare per esprimere la piccolezza infinitesimale delle somme messe a disposizione per l'applicazione della legge.

Non mi riferisco neppure alle esigenze di carattere, dirò così, settoriale, di questa o quella industria, di questo o quel commercio; mi riferisco semplicemente alla piccola viabilità, agli acquedotti rurali, a tutte queste piccole opere pubbliche che saranno poi in realtà le uniche opere che in piccola misura potranno realizzarsi attraverso questa legge.

D'altronde, la semplice rilevazione statistica non solo mi sembra un metodo empirico, ma non spiega nulla del fenomeno di depressione e non indica neppure i rimedi. Infatti, per esempio, come si determina il fenomeno di depressione in questa o quella zona? Quali sono le sue caratteristiche?

Possiamo affermare che, al massimo, attraverso simili rivelazioni statistiche si potrà costruire un indice del tipo di quelli che ci ha insegnato da alcuni anni il professore Tagliacarne, il quale ci dica lo stato di maggiore o minore depressione delle singole zone. Quale efficacia ha questo indice? Esso conduce all'assurdo di unificare fenomeni e situazioni opposte e diverse. Per esempio, ci fa assorbire nell'espressione «area depressa» l'Apuania e la Maremma, due situazioni talmente diverse ed opposte da non potersi assimilare. La Maremma, zona potenzialmente ricca, ha una depressione di popolazione. L'eccedenza, di popolazione è invece uno dei fenomeni caratteristici della depressione economica apuana. Situazioni diverse che richiedono metodi diversi di soluzione. E la legge, all'una e all'altra, offre i palliativi dei piccoli acquedotti e della viabilità minore.

Evidentemente, se di area depressa si ha una concezione così strana e larga, tale da comprendere in essa i concetti più disparati ed opposti, non sarà possibile trarre e questa legge lo dimostra delle conseguenze legislative che possano affrontare i particolari problemi e risolverli.

Nell'affrontare il problema delle aree depresse occorre prima sapere come il fenomeno si è formato e procedere di conseguenza con mezzi adeguati, anche a costo di dover spezzare certe situazioni di privilegio e di monopolio, situazioni che non si registrano soltanto nel Mezzogiorno ma si trovano anche nel centro e nel nord d'Italia, soprattutto nel settore industriale, ove imperversa il monopolio.

Se non si parte da questo criterio, cosa accade? Prendiamo un esempio che l'onorevole Angelini ed io conosciamo molto bene: Massa, che è una delle zone considerate depresse nella relazione di maggioranza. Secondo le indicazioni dell'onorevole Angelini, si potrebbe trarre questa sconfortante notizia: che oltre il 50 per cento dei bambini di questo comune è predisposto o affetto da tubercolosi.

Onorevole Angelini, la legge per le zone depresse ci permetterà, ad esempio, il rimboschimento di venti ettari di montagna o, consentirà la costruzione di un acquedotto rurale, ma essa non affronta nemmeno la causa di quella depressione come dire? sociale, la causa di quel fenomeno rappresentato appunto dall'alto indice di morbilità infantile nel comune di Massa.

D'altra parte ha ella pensato, onorevole Angelini, che possano esservi delle zone nelle quali, preesistendo un notevole grado di depressione economica, non v'è ora un particolare bisogno di lavori pubblici,' perché la depressione economica ha origine da una crisi della struttura industriale locale? Questo è forse il caso più frequente nell'Italia centrale e meridionale, e direi che è il caso prevalente che si può riscontrare. Che cosa faremo in questi casi? Dovremo dare ascolto alle parole dell'onorevole Lucifredi che dice che questi problemi la legge non se li pone, che noi non possiamo pretenderli risolti perché non riguardano questo provvedimento? Ma è proprio questo che noi rimproveriamo al Governo ed alla maggioranza che approva la legge: di non avere preso in considerazione gli unici problemi degni di esserlo. Per il resto, per le opere pubbliche straordinarie non v'era bisogno di battere la grancassa o di procedere fra il clangore delle trombe.

Uscendo dal generico, dirò che in Apuania (anch'io mi varrò dell'esperienza della mia regione, così come hanno fatto gli onorevoli Lucifredi e Merloni: al primo dirò anzi che la sua Liguria,

19898

che pure è una regione avanzata socialmente e politicamente oltre che civilmente, potrà diventare una zona depressa se perdureranno le attuali crisi della sua industria) la depressione dura da una ventina di anni in conseguenza della crisi del marmo cui si sono aggiunte le più recenti crisi del settore metalmeccanico e del settore chimico. In questo caso come opererà questa legge, premesso che tutti i settori della Camera hanno riconosciuto la zona in parola come una zona depressa? Faremo delle bonifiche in Apuania o faremo prima delle paludi per poi bonificarle? 0 faremo degli acquedotti di nessuna importanza o anche importanti ma tali da non investire il problema del nostro particolare carattere di depressione? L'onorevole Lucifredi mi accenna in senso negativo: ma allora che cosa faremo? Proprio niente? Badate che la stessa cosa si può dire per la Versiglia, per la Garfagnana, ed in genere per tutta la fascia del territorio che sta ai piedi dell'Appennino toscano fino all'Adriatico, quella fascia di territorio che si definisce «grosso modo» come linea gotica e che ha delle caratteristiche di omogeneità notevoli per quanto concerne il suo tipo di depressione.

La verità, onorevoli colleghi, è che questa legge parla di aree depresse senza aver stabilito che cosa si intenda per area depressa.

Vediamo dunque di chiarire questo concetto. A mio avviso sono zone depresse quelle nelle quali una crisi ciclica si è trasformata in una crisi strutturale. Anzi in generale si può dire che la depressione consiste essenzialmente in un troppo basso livello marginale di profitti il quale conduce alla progressiva diminuzione degli investimenti privati e quindi ad un processo di arretramento economico, tecnico, culturale, civile e sociale. Tuttavia la zona depressa non è una zona in cui si realizza, come ho detto poc'anzi, un equilibrio e cioè una stasi su un livello basso di produzione, di reddito o di consumo. Essa zona depressa è invece soggetta ad un processo di crisi che ne aggrava continuamente le condizioni attraverso un ciclo, una' spirale: scarsi investimenti, scarsa occupazione, scarso consumo. Questo sistema a spirale di involuzione produce una depressione alla quale la zona colpita non ha alcuna possibilità" intrinseca di potersi sottrarre. Non v'è, cioè, alcuna possibilità interna di ripresa in essa, tanto vero che v'è bisogno dell'intervento esterno, dell'intervento di natura pubblica, dell'intervento dello Stato. Occorre cioè che con questo intervento dall'esterno si ricrei in queste zone un sistema economico che abbia poi possibilità di autopropulsione.

Ora, il disegno di legge n. 1171 parla di opere straordinarie di pubblico interesse, ma il problema della depressione non si può affrontare con l'esecuzione di singole opere, soprattutto a carattere straordinario, ma si può affrontare solo con una iniziativa sistematica e con un intervento organico dello Stato. A me pare che nel disegno di legge n. 1171 manchino i requisiti della sistematicità e della organicità dell'intervento statale. Esso, infatti, non presuppone alcun piano di risollevamento dai vari tipi di depressione. Inoltre aggiungo che la depressione può essere combattuta solo con un tipo particolare di intervento statale; cioè non si tratta, da parte dello Stato, eli eseguire alcune opere di interesse generale" che favoriscano la ripresa economica, in quella zona, delle imprese private preesistenti. Questa, ài massimo, --- nella migliore delle ipotesi, è politica di lavori pubblici. Bisogna invece che lo Stato si presenti lui come operatore economico, che agisca lui, che si sostituisca lui alla iniziativa privata che è incapace di agire nelle particolari condizioni di ambiente.

Realizza o no questo scopo la legge? No, la legge non si distacca dal concetto dell'opera pubblica a sé stante, eseguita in vista dell'interesse dei privati operatori economici, quasi che essa di per sé potesse stimolarne la funzione degli investimenti, che è quella che subisce in modo caratteristico la depressione.

La verità è che questa legge (lo ripeto) non ha niente a che fare con le zone depresse! L'espressione «zona depressa», che è divenuta di moda come diversi prodotti americani tipo «Coca Cola» ed altri, questa espressione vi è servita a metterla nella legge affinché si sapesse che in Italia si vuol fare una politica di quel tipo! Ma in Italia non si vuol fare neppure quella politica che si è fatta utilmente in America durante il New Deal e in Inghilterra fra il 1934 e il 1944 nelle rispettive aree depresse! Questa legge rientra, se mai, nel complesso dei provvedimenti di legge che il Governo intende emanare solo per motivi politici, per dare cioè parvenza di sostanza al «terzo tempo», ma che in realtà lascia le cose come sono e che, anzi, direi, accresce col disagio del paese il malcontento del nostro popolo! La verità è che considerare il carattere di depressione come uno stato in cui si troverebbero le zone particolari, e. non già come un processo involutivo, cioè la trasformazione da crisi ciclica a crisi strutturale, non è un errore teorico che la maggioranza e il Governo hanno fatto. Per carità, non si tratta di questo!

19899

Né io starei qui a rilevare un errore che, specialmente in una materia come questa, cioè in materia di scienza economica borghese possa fare qualcheduno di voi o possa fare il Governo.

Io ritengo che questo modo di considerare le zone depresse sia in realtà un sistema molto comodo per minimizzare la crisi economica nazionale, spezzandola in settori territoriali. Considerare il carattere di depressione come uno stato, come una stasi, e non come un processo, è un comodo sistema per mascherare le responsabilità della politica economica del Governo attribuendo la causa della crisi che travaglia il nostro paese a cause 'oggettive, ambientali e locali. No, se la crisi economica permane e si aggrava e sorgono e si sviluppano nel paese, anche nel centronord, isole sempre più numerose e soprattutto sempre più vaste di depressione, ciò è dovuto principalmente alla politica economica generale del Governo che non affronta in modo radicale i problemi economici nazionali. Malgrado i dinieghi dell'onorevole Lucifredi ho ragione io quando dico che questa legge non affronta la questione delle aree depresse, e se non la affronta questa legge vuol dire che il Governo non vuole affrontare quelli che sono i problemi fondamentali del nostro paese. Anzi, v'è di più: non li affronta perché in 'tal modo favorisce le istanze dei ceti capitalistici i quali tendono a realizzare maggiori profitti diminuendo la produzione ed operando il supersfruttamento dei lavoratori.

La legge che oggi è sottoposta al nostro esame non fa alcuna eccezione alla regola. E d'altronde non v'è dubbio che la depressione prima di essere caratteristica di una zona è caratteristica di un settore produttivo.

Poco fa accennavo ài problema della Liguria. Si pensi al processo di depressione in corso nel settore meccanico. Questo può tradursi certamente in una depressione di intiere zone, a Genova, a Livorno, a Napoli e altrove. E «facciamo l'esempio che più mi sta a cuore, di cui ho più diretta esperienza. La zona depressa di Apuania non è altro che una conseguenza della crisi strutturale dell'economia marmifera, aggravata dalla crisi di altri settori economici che sono sorti successivamente. Non certo l'onorevole relatore, io credo, si sentirebbe di potere attribuire lo spaventoso stato di miseria che c'è nella nostra Apuania, a Massa in particolare modo, all'indole degli abitanti o anche, sebbene abbiano la loro grande importanza, esclusivamente alle distruzioni operate dalla guerra che sono state non lievi.

19900

Sappiano gli onorevoli colleghi che una percentuale elevatissima della popolazione a Massa, uomini, donne e bambini, vive di accattonaggio professionale e non si reca offesa a questa nobile città, alla sua popolazione, alla popolazione dell'Apuania facendo questa affermazione; si denuncia anzi una politica economica del Governo che affama e abbrutisce il popolo italiano.

Orbene, per combattere la depressione nella nostra zona occorre, per esempio, che si lotti contro la crisi del marmo, cioè che si operi in modo, da diminuire i costi di produzione, che si renda migliore e più efficiente la politica dei trattati commerciali nei confronti dell'estero, che si abbia un intervento (ecco un fattore fondamentale della cura delle aree depresse) dello Stato in forma appropriata, che ad esempio realizzi una sistemazione dei bacini marmiferi, razionalizzando la produzione.

Una legge sulle zone depresse dovrebbe garantire, per esempio, anche la costruzione di quel bacino di Tendola nella nostra provincia di Massa Carrara, per il quale da quattro anni si hanno le maggiori difficoltà e non solo burocratiche, ma direi anche politiche: bacino che garantirebbe l'irrigazione della pianura lunense, interessante la provincia di Massa Carrara e di La Spezia, quindi l'aumento della produzione per unità di terreno e un maggiore impiego stabile della manodopera sul terreno; garantirebbe la produzione di un quantitativo di energia elettrica tale, per la zona industriale, da renderla quasi del tutto autonoma dalle ferrovie dello Stato, che non si sa per quanto,, tempo ancora potrà concederla. E questa autonomia di energia è una delle condizioni l'ha detto l'onorevole Togni per lottare contro la crisi che travaglia la zona industriale di Massa Carrara.

Una legge sulle zone depresse dovrebbe affrontare problemi di questa natura, e non occuparsi solo di acquedotti rurali e di strade secondarie. E questo che vale a titolo di esemplificazione per l'Apuania vale per tutte le zone depresse. Ciascuna ha le sue caratteristiche, ciascuna ha i suoi problemi, ciascuna richiede le sue particolari soluzioni. E ne consegue che la proposta fatta già in sede di Commissione e ripetuta anche qui dentro da parte della minoranza, cioè di predisporre nel minor tempo possibile una serie di provvedimenti per ciascuna zona del centrosettentrione d'Italia, ritenuta ad economia depressa, è l'unica strada che si deve seguire se si vuol veramente non fare della demagogia, ma affrontare una situazione che travaglia il nostro paese.

Onorevoli colleghi, se il Governo avesse potuto e saputo svincolarsi dalle pastoie della sua politica di fiancheggiamento dell'azione del capitalismo nostrano e dell'imperialismo americano avrebbe potuto utilmente, per sé e soprattutto per il paese, prendere in seria considerazione il piano della Confederazione generale del lavoro, invece di varare disegni di legge come quelli che stiamo oggi esaminando.

Noi non abbiamo nessuna fiducia in queste vostre leggi. Crediamo di potere affermare che neppure il popolo italiano ha fiducia in questo tipo di leggi. Anzi, quella parte che ancora ha fiducia la sta perdendo, e la perderà sempre più considerandone gli effetti. La nostra fiducia resta solo nell'azione che le masse conducono sul piano economico e politico.

È. probabile che noi qui, deputati dell'opposizione, non riusciremo a impedirvi di continuare su questa strada di demagogia, ma siamo certi che più il tempo passa e più si ingrosserà l'esercito dei cittadini democratici coscienti, l'esercito dei lavoratori che intende lottare per salvare il paese dalla catastrofe economica e politica: quell'esercito che, a un certo punto, vi imporrà di cambiare rotta, o di abbandonare la guida del paese. (Applausi all'estrema sinistra — Congratulazioni).

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato a domani.

Annunzio di interrogazioni e di una interpellanza.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e della interpellanza pervenute alla Presidenza.

MERLONI, Segretario, legge:

«II sottoscritto chiede d'interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se non reputi opportuno intervenire perché, nello spirito di pacificazione nazionale degli animi, ripetutamente dallo stesso onorevole Presidente del Consiglio espresso, vengano evitati episodi indecorosi di cancellazione di nomi di strade, piazze e lapidi ricordanti episodi e personaggi dell'Italia monarchica, che rappresentano prezioso, intimo patrimonio spirituale del popolo italiano, per il quale tali ricordi, se mai, debbono costituire degno monito per il presente e per il futuro. {L'interrogante chiede la risposta scritta).





































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