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Due Sicilie
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La Ditta Fratelli Cataldo

di Nicola Zitara

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Siderno, 5 febbraio 2010

I Fratelli Cataldo erano i concorrenti della ditta Zitara, l'azienda di mio padre. Concorrenti, ma non nemici personali, anzi buoni amici, che s'incontravano la domenica pomeriggio per assistere alla partita di calcio e a passeggiare su e giù per il Corso chiacchierando di politica e di cose futili. Le ragioni della non inimicizia appariranno di tutta evidenza se si fa riferimento al fatto che le due ditte si rivolgevano a clientele diversamente orientate, o forse meglio risiedenti in luoghi diversi. Mio padre aspettava i clienti in negozio, seduto alla sua scrivania, i Cataldo li raggiungevano. La clientela paterna era costituita da negozianti e bottegai che si recavano periodicamente dal grossista a fare il rifornimento mensile o settimanale, dall'altra da carrai che venivano a Siderno dai paesi vicini, a portare olio da conferire agli esportatori e più spesso per trasportare sansa  da vendere a uno dei due stabilimenti attivi in paese per la produzione di olio a solfuro.

Questi carrai lavoravano per conto terzi, cioè noleggiavano il trasporto di una merce tanto a quintale, cosicché avevano interesse a coprire anche il viaggio di ritorno con un trasporto per un altro committente. Ovviamente, chi faceva la commissione indicava non soltanto cosa comprare anche presso chi comprare, o più spesso da chi prelevare a credito.

Diversamente da mio padre, i Fratelli Cataldo "visitavano" la loro clientela. I fratelli erano quattro: donna Forta (forse Fortunata), che provvedeva al negozio al dettaglio, don Michele, che aveva domicilio a Napoli, dove  operava da mediatore su piazza, don Peppino, che faceva il "giro" in macchina per visitare i clienti, don Carmelo che presiedeva all'amministrazione e aveva l'ufficio sul Corso, accanto al Banco di Napoli. Nei miei ricordi infantili, sull'ufficio incombeva la bruna rotondità e l'italofona sentenziosità del ragioniere Nicita, che non pronunziava una parola nel dialetto locale neanche se lo pagavano.    

Il giro dei Fratelli Cataldo era alquanto vasto, si estendeva da Capo Bruzzano a Monasteraca e oltre. La Ditta era di idee moderne, possedeva non ricordo se uno o due camion tipo Guerra Mondiale (quelli con le gomme piene) più un'automobile. I suoi depositi erano sparpagliati in più edifici, tra cui il bell'edificio in cui risiedeva la famiglia, poi un grosso capannone dove ora sorge il palazzo Calauti e hanno sede la Gioielleria dei Fratelli Gallo e la Farmacia Ruffo  Un altro deposito, quello destinato ai fusti di benzina e di petrolio, era ubicato dove adesso c'è l'Istituto professionale.  A quel tempo le pompe di benzina erano alquanto scarse. A Siderno ce n'era una dell'ESSO - gestita appunto dai Cataldo - a un capo del Corso e  una dell'Agip, all'altro capo del Corso. Nei paesi non ricadenti sulla Nazionale 106 chi possedeva una macchina o un camion doveva  provvedere al rifornimento approvvigionandosi di benzina o nafta sfusi.  Lo stesso avveniva con il petrolio, di cui c'era al tempo un gran consumo, in quanto la luce elettrica ancora non raggiungeva i borghi e le contrade. E neanche tutti i paesi.

Parliamo degli anni Trenta del secolo scorso. A quel tempo il consumo di generi alimentari si accentrava sulla farina, sul grano e sulla pasta. Molto importante era anche lo smercio di pesce secco e quello stagionale delle patate, al tempo della semina. Credo che la ditta Cataldo avesse la farina al centro dei suoi interessi commerciali. Infatti il trasporto dei rifornimenti  settimanali o infrasettimanali ai fornai era reso agevole dal fatto di mettere insieme un camion intero della stessa merce, per distribuirla in base alle singole commissioni. Questo particolare interesse trova una conferma nel fatto che - appena si dette l'opportunità di crediti agli investimenti industriali - i Fratelli Cataldo passarono dal commercio delle farine all'industria molitoria.   

Durante il fascismo, e poi negli anni del dopoguerra, fu in vigore il regime di ammasso del grano (oltre che dell'olio e di molte altre  derrate). L'ente preposto acquistava il grano dai produttori primari a un prezzo fisso e lo rivendeva a un prezzo fisso e porto franco  ai molini, cosa che vuol dire che i piccoli molini pagavano la materia prima allo stesso prezzo delle grandi imprese. Giocando sul costo della manodopera locale, essi potevano cosi reggere la concorrenza dei grandi molini e fare buoni affari

Un buon affare dovettero fare anche i Fratelli Cataldo se il molino generò un pastificio, il quale credo ebbe anche più ampio successo del molino. Infatti, partito in una struttura edilizia adattata, esso ebbe in seguito un edificio industriale  appositamente disegnato in verticale; edificio sicuramente ben solido, se  è ancora in piedi sul Lungomare di Siderno. Difatti, anche nel caso della pasta, valeva la regola dell'ammasso della semola e del prezzo della semola  porto franco cliente.

Con le attività dei Fratelli Cataldo, il paese allargò le sue dotazioni industriali dall'olio e dai laterizi alla farina e alla pasta, e credo che all'epoca solo nei settori citati ci fosse un numero di occupati vicino al migliaio. Ciò faceva di Siderno un paese diverso da quello che era stato in precedenza, al tempo dell'esportazione dell'olio lampante e quello ristrettamente del terziario, che sarà in appresso. La particolarità si notava. Oggi i nostri occhi sono attratti dal terziario burocratico, che egemonizza i pubblici servizi, specialmente la Sanità; allora il terziario più vistoso era quello dei Trasporti, specialmente le ferrovie. Ricadeva in questo settore la massa dell'occupazione, nel paese sicuramente un migliaio di addetti. Il lavoro che oggi è affidato ai muletti e alle altre macchine per sollevare pesi e spostare le merci, al quel tempo era affidato alle braccia e alla schiena del lavoratore salariato, il facchino. Il treno-merci che portava i vagoni da sganciare nelle varie stazioni della linea jonica arrivava al mattino presto. Già prima delle otto le 'ciurme' degli addetti allo scarico invadevano la cosiddetta 'Piccola' della stazione, in attesa che il capostazione autorizzasse il destinatario a rompere il sigillo alla porta del carro. I carri da scaricare erano sempre parecchi. Infatti tutto arrivava per ferrovia e i materiali per l'edilizia erano impegnativi quasi quanto le derrate alimentari. Oggi la massa delle merci in arrivo è sicuramente maggiore che al tempo del nostro racconto, ma i camion arrivano dinanzi alla pota del distributore. La massa è come dire dispersa, cosicché la consistenza complessiva non colpisce l'occhio. Allora, invece, i quattro, cinque, sei carri-merce concentrati nella Piccola per lo scarico era immediatamente rilevabile. Ed era rilevabile anche il fatto che i vagoni scarichi - tranne che nei mesi invernali in cui si provvedeva alla raccolta e all'esportazione delle arane - ripartivano vuotati  con il treno-merci della mezza. Cosa che denota la pochezza del contributo locale alla produzione primaria nazionale: una pochezza in verità temperata dal fatto che l'olio non veniva esportato con i carri-merce ma  in cisterne ferroviaria, che qui arrivavano vuote.

La crescita della Ditta Cataldo nel campo propriamente industriale va correttamente inquadrata in una filosofia economica generale e nazionale, la quale opponeva alla  Crisi e alla Depressione dei primi anni Trenta favorendo la crescita dell'occupazione locale anche a costo di sacrificare il profitto capitalistico e la crescita di scala delle aziende leader - come oggi non si fa nell'affrontare la Crisi in atto.    

Tramontata quella filosofia, alle piccole imprese meridionali - mal sorrette dal sistema bancario - toccò il tramonto. Dal Centronord - dove le aziende erano sorrette da ben altro apparato creditizio - presero ad arrivare prodotti meglio preparati, confezionati e reclamizzati e l'industria meridionale evaporò nel nulla, lasciando scarsi epigoni a ricordarla.

In appresso l'azienda dei Fratelli Cataldo tramontò anche sul versante del commercio all'ingrosso e per lo stesso motivo. Infatti, negli anni Cinquanta, in tutto il Paese i consumi fecero un balzo avanti. I distributori locali si trovarono nella condizione di dover offrire un ventaglio di merci molto più largo che prima della guerra. I depositi presero ad allargarsi, ad occupare nuovi spazi, lo smercio crebbe, ma crebbe in correlazione la dotazione di magazzino, in termini di lire la necessità di capitale da impegnare sia per dotazione di merci in magazzino sia in crediti ai clienti. Le vecchie aziende trovarono sbarrate le porte della banca e si spensero una dopo l'altra di fronte alla novità. Nacquero aziende nuove, meglio attrezzate, e del passato rimase sì e no il ricordo.
















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