L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
  Eleaml


Senato - Seduta n. 493 pomeridiana 28 luglio 1950

Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico
interesse nell’Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno) (1182)



Giugno 2012

Istituzione della Cassa per opere straordinarie
di pubblico  interesse nell’Italia meridionale di Zenone di Elea

Camera dei Deputati - Seduta del  17 Marzo 1950 - De Gasperi

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 499 pomeridiana 20 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 501 pomeridiana 21 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 502 antimeridiana 22 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 503 antimeridiana 23 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 504 pomeridiana 23 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 505 antimeridiana 24 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 507 pomeridiana 27 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 508 antimeridiana 28 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 509 pomeridiana 28 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 513 pomeridiana 04 luglio 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 514 antimeridiana 05 luglio 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 523 antimeridiana 12 luglio 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 524 pomeridiana 12 luglio 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 525 antimeridiana 13 luglio 1950

ODT

PDF

Senato - seduta n. 483 pomeridiana - venerdì 21 luglio 1950

ODT

PDF

Senato - seduta n. 491 pomeridiana - giovedì 27 luglio 1950

ODT

PDF

Senato - seduta n. 493 pomeridiana - venerdì 28 luglio 1950

ODT

PDF

Senato - seduta n. 494 antimeridiana - sabato 29 luglio 1950

ODT

PDF

Senato - seduta n. 495 pomeridiana - sabato 29 luglio 1950

ODT

PDF


Senato della Repubblica -CDXCIII. SEDUTA

VENERDÌ 28 LUGLIO 1950

(Seduta pomeridiana)

Presidenza del Presidente BONOMI
INDI
del Vice Presidente ZOLI

INDICE


Commissioni permanenti (Variazioni nella

composizione) ..................................................................................................Pag. 19074

Congedi ....................................................................................................................19073

Disegni dì legge (Deferimento a Commissioni

permanenti) .............................................................................................................19085

Disegno dì legge d'iniziativa parlamentare

(Presentazione).........................................................................................................19084

Disegni di legge: «Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno)» (1182 Urgenza); «Esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale» (1183 Urgenza) (Approvati dalla Camera dei deputati) (Seguito della discussione):

SPANO.....................................................................................................................19074

RIZZO GIAMBATTISTA..............................................................................................19085

GBAVA.....................................................................................................................19100



Disegno di legge: «Costituzione di un "Fondo per l'incremento edilizio" destinato a sollecitare l'attività edilizia per la concessione di mutui, per la costruzione e la ricostruzione di case di civile abitazione» (1105) (Coordinamento e approvazione)    ......................................................................19085

Domande di autorizzazione a procedere

(Trasmissione) .......................................................................................................19074

Interrogazioni

(Annunzio)..............................................................................................................19106

Relazioni (Presentazione)    .......................................................................19073,19084


La seduta è aperta alle ore 16,30.


BISORI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta precedente, che è approvato.

Congedi.


PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il senatore Zane per giorni 2.

Se non si fanno osservazioni, questo congedo si intende accordato.

Presentazione di relazione.

PRESIDENTE. Comunico al Senato che il senatore Tome ha presentato, a nome della 9a Commissione permanente (Industria, commercio interno ed estero, turismo), la relazione sul disegno di legge: Finanziamento da parte dello Stato dell'Ente nazionale per le industrie turistiche (E.N.I.T.) (5268), approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati.

Questa relazione sarà stampata e distribuita; il relativo disegno di legge sarà posto all'ordine del giorno di una delle prossime sedute.

19074

Trasmissione di domande
di autorizzazione a procedere.


PRESIDENTE. 'Comunico al Senato che il Ministro di grazia e giustizia ha trasmesso una domanda di autorizzazione a procedere' in giudizio contro il senatore Pontremoli, per il reato di promozione di riunione in luogo pubblico senza preavviso al Questore (arti lcoli 18 e 113, primo capoverso, del testo unico delle leggi di (pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773) (Documento CXXI).

Sarà trasmessa alla 2a Commissione permanente (Giustizia e autorizzazione a procedere).


Variazioni nella composizione
delle Commissioni permanenti.


PRESIDENTE. Informo il Senato che, su richiesta del Gruppo democratico cristiano, è stata apportata la seguente variazione nella composizione delle Commissioni permanenti, di cui ieri è stata data comunicazione:

il senatore Merlin Umberto cessa di appartenere alla la Commissione permanente (Affari della Presidenza del Consiglio e dell'interno) ed entra a far parte della 2a Commissione permanente (Giustizia e autorizzazioni a procedere):

il senatore Tupini cessa di appartenere alla 2a Commissione permanente (Giustizia e autorizzazioni a procedere) ed entra a far parte della la Commissione permanente (Affari della Presidenza del Consiglio e dell'interno).


Seguito della discussione dei disegni di legge: «Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per 0 Mezzogiorno)» (1182 Urgenza); «Esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale (1183 Urgenza) (Approvati dalla Camera dei deputati).


PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge: 1 «Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno)» e «Esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale».

È iscritto a parlare il senatore Spano il quale ha presentato anche, insieme al senatore Lussu, il seguente ordine del giorno:

«Il Senato, affermato che le quote spettanti alla regione sarda sugli stanziamenti previsti dal disegno di legge n. 1182, debbono essere impiegate dalla amministrazione regionale per opere pubbliche e di trasformazione fondiaria secondo criteri da stabilire in sede regionale conformemente alle facoltà sancite dallo Statuto regionale sardo,

delibera di rimettere alla amministrazione della regione la gestione delle quote spettanti alla Sardegna».

Il senatore Spano ha facoltà di parlare.

SPANO. Signor Presidente, onorevoli senatori, onorevole rappresentante del Governo, fino a ieri e precisamente fino all'ora in cui ho ascoltato con tutta l'attenzione e con tutta la deferenza che meritava l'unico discorso finora pronunciato in questa Aula a favore del disegno di legge in esame, io avevo l'impressione che il nostro dibattito avesse già in partenza perduto una parte della laua utilità. Il problema è stato infatti già largamente discusso nel Paese, soprattutto perché l'annuncio di questa legge speciale per il Mezzogiorno aveva suscitato un 'certo interesse e l'ampia discussione avvenuta alla Camera dei deputati, la sordità che la maggioranza ha dimostrato di fronte agli argomenti della opposizione, ma soprattutto la freddezza e l'indifferenza di fronte a questa legge delle masse meridionali, scettiche per lunga abitudine alle promesse non mantenute, tutti questi elementi mi sembrava dovessero togliere originalità a questa nostra discussione e dovessero diminuirne di molto l'interesse.

Dovevano diminuirne l'interesse perché nella situazione del nostro Mezzogiorno l'elemento fondamentale, affinché una qualsiasi misura di risanamento possa essere costruttiva, è la mobilitazione e quindi la fiducia o almeno la speranza delle masse in generale e delle masse lavoratrici in particolare.


19075


Ora, non c'è nelle masse meridionali fiducia, perché questo vostro disegno di legge ha già mostrato chiaramente la sua trama puramente propagandistica e non c'è speranza, perché già appare chiaramente, anche in relazione ad altri disegni di legge, il contenuto reazionario di questo. Il disegno di legge per la istituzione della «Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale» è quindi nato morto, o meglio è già morto prima ancora di nascere.

La discussione, d'altra parte, mi sembrava priva di originalità perché molto di quello che c'era da dire è stato già detto, il che non toglie naturalmente che sia necessario ripeterlo anche perché (ce l'ha annunciato il discorso governativo di ieri) si tratta qui in Senato di ripetere una serie di argomenti a degli uomini i qua'  i fanno parte di quella sparuta schiera di italiani che ancora sembra decisa a non comprendere.

Ora, devo riconoscere che questa mia impressione era almeno in parte sbagliata.

È stato l'onorevole Merlin (non so se sia qui), a disingannarmi. Il suo discorso è stato veramente notevole, non solo e non tanto per l'ingegno e la finezza dell'insigne parlamentare che l'ha pronunciato, quanto perché, venendo dopo i discorsi degli onorevoli Mancini e Grieco, esso ha dimostrato l'impossibilità, per la parte governativa, di trovare, a sostegno di questa Cassa del Mezzogiorno, non dirò un qualsiasi argomento convincente, ma anche un accento che risponda, spezzando il quadro della vecchia retorica pseudo-meridionalista, all'accento accorato di passione umana e sociale che vibrava nei discorsi dei nostri compagni. Un recentissimo episodio, del resto, ha illuminato di luce cruda questa legge, come le altre che voi proponete e presentate come leggi per il meridione. Questo episodio è accaduto questa mattina nell'altro ramo del Parlamento: c'era un accordo generale perché l'ultimo emendamento discusso fosse quello che proponeva una misura di 50 ettari come massimo scorporo possibile per ogni singola proprietà. Finita la discussione su questo emendamento, che del resto la Camera ha giustamente respinto, è stato presentato un altro emendamento, l'emendamento dell'onorevole Gatto, del quale poi si è saputo che era a conoscenza il Presidente della Commissione dell'agricoltura della Camera dei deputati.


Il Presidente della Camera ha detto: questo emendamento si discute in pochi minuti e poi si vota. Era una piccolezza, onorevoli senatori, era un emendamento che rendeva non applicabile, non più applicabile la gge per la concessione delle terre incolte in quelle regioni nelle quali la legge stralcio fosse andata in vigore. Io mi sono domandato: che cosa significherebbe per la Sardegna — noni vaglio entrare qui nella valutazione della correttezza parlamentare di un simile modo di procedere — se questo avvenisse? Semplicemente questo: che alla Sardegna verrebbe concessa la possibilità dì scorporare 14 mila ettari su 2 milioni e 400 mila secondo la legge stralcio e verrebbero contemporaneamente tolti alle cooperative contadine circa 45 mila ettari e negata la possibilità che 2 o 300.000 ettari di terra vengano concessi in base alla vecchia legge 'sulle concessioni di terre incolte. Io fino a stamani mi ero sforzato di trovare una parola parlamentare corretta (ed ho chiesto consiglio ai vecchi parlamentari) che qualificasse una beffa. Adesso vorrei chiedere ai vecchi parlamentari più esperti di me che mi consigliassero una parola corretta atta a qualificare nel Parlamento una truffa.

Sulla base di questi fatti siamo quindi costretti ad insistere sui nostri argomenti.

In primo luogo bisogna rilevare l'inefficienza della Cassa del Mezzogiorno per il modo stesso nel quale questa legge viene impestata, per il modo stesso nel quale viene impostata la sua futura attività, che non parte da uno studio attento della realtà meridionale, da una discriminazione tra ciò che è essenziale e ciò che è accessorio nella costituzione economica e social del Mezzogiorno e delle Isole, non affronta i problemi della nostra vita sociale, proponendosi di suscitare dall'interno le nuove energie che possano veramente e finalmente unificare l'Italia, e quindi ignora che non si tratta tanto di aggiungere o di levare qualcosa, di iniziare e magari di portare a termine questa o quella opera pubblica, ma si tratta di cambiare nel profondo, nell'intimo qualcosa della nostra vita. Forse è questa la ragione per la quale il Governo nel presentare la legge è partito da un'inesattezza — per amore dì esattezza linguistica veramente dovremmo dire: da una menzogna — e da una banalità.


19076


La menzogna è nella frase: «l'esistenza 'di un programma speciale per il risollevamento del Mezzogiorno». Ma, signori, qui non c'è un programma, né ci può essere un programma là dove ci si accontenta di constatare genericamente uno stato di «depressione», per usare il vostro linguaggio, e si interviene dal di fuori senza individuare le cause profonde, storiche e sociali del disagio del Mezzogiorno, per combattere queste cause coraggiosamente e radicalmente. Non c'è quindi un programma, ma soltanto dispersione di energie e di danaro, attraverso iniziative legislative che si intrecciano partendo dalle regioni, dai vari Ministeri, da questo ente di cui voi proponete la costituzione o da altri enti, iniziative che in generale sono innocue, anche per la ragione che non si realizzano; iniziative che in questo caso specifico sarebbero addirittura dannose, ma che per fortuna saranno innocue perché non si realizzeranno, come sempre. Non c'è programma perché non c'è una visione d'insieme del problema, ottenuta attraverso uno studio spregiudicato e scevro dì preoccupazioni di classe. Invece qui non c'è altro che una preoccupazione di classe, tanto grave da rassomigliare alla paura. Come sempre i governi hanno agito nel passato, gettando un osso al Mezzogiorno quando le masse meridionali brontolavano; come lo stesso Mussolini il quale, nel 1925, tentò di comprare la Sardegna con un miliardo (era poco, forse, ima di fronte alle affermazioni che l'onorevre Merlin ieri ha fatto, raccontando che nessun governo ha mai stanziato somme così importanti per il Mezzogiorno d'Italia, siamo tuttavia costretti a convenire, dato il valore della moneta di quell'epoca, che Mussolini era meno tirchio del Governo democristiano); così, nello stesso modo, la maggioranza attuale manifesta, in questo disegno di legge, la sua velleità di comperare il Mezzogiorno. La verità è chiara, illustri signori della maggioranza: voi siete giustamente inquieti del profondo movimento di masse che si sta sviluppando in questi anni nel Mezzogiorno e nelle Isole. Avete visito un fenomeno nuovo nella storia del Mezzogiorno, dove le proteste non si sviluppano più soltanto attraverso la forma, individuale e ristretta a piccoli gruppi, del banditismo (ci sono ancora banditi, naturalmente;


l'onorevole Scelba lo sa, e sa anche che sono più pericolosi forse da morti che non da vivi). La situazione è mutata: ci sono delle masse in movimento, dei contadini e pastori che acquistano coscienza dei loro problemi, che pongono i loro problemi nella loro giusta luce. Questo vi ha inquietato, e vi siete inquietati ancora di più l'anno scorso quando siete stati duramente battuti sul terreno elettorale, nella sola regione in cui abbiate osato fare elezioni regionali, in Sardegna. E allora vi siete detti: i miliardi che abbiamo promesso il 18 aprile non bastano più, cerchiamone degli altri, mettiamoli insieme, anche se dobbiamo affastellarli faticosamente arraffandoli qua e là nei diversi bilanci, anche se dobbiamo scorporarli in modo incostituzionale dal fondo di solidarietà per la Sicilia o dai fondi previsti dall'articolo 8 e dall'articolo 13 dello Statuto regionale sardo, e facciamo balenare al sole questi miliardi per abbagliare i «cafoni» del Mezzogiorno. Questa e solo questa è la vostra preoccupazione: non importa a voi se le misure previste siano insufficienti o incostituzionali; non importa se i miliardi in definitiva ci siano o non ci siano. L'interessante è fare apparire agli occhi ansiosi e sbarrati dei «cafoni» e dei «buzzurri» affamati il luccichio di questi danari. Ma questo calcolo è basato sulla falsa vostra speranza che le masse meridionali possano continuare ad essere composte di «cafoni» e di «buzzurri» i quali credano che i miliardi, e magari anche soltanto i miliardi promessi e non dati, possano sostituire un effettivo programma di risanamento del Mezzogiorno. State attenti, questo calcolo elettorale, anche se è ravvivato dai più moderni ritrovati della tecnica elettorale americana, vi ha già dato qualche fastidio e molti fastidi vi darà ancora.

La banalità sulla quale si fonda la premessa del Governo, la banalità è nella formuletta delle «aree depresse».

Intendiamoci, noi non respingiamo niente a priori: questa formuletta la comprendiamo, la comprendiamo in tutta la sua insipienza, e la giustifichiamo, in fondo, quando ci viene dagli esaltatori del modo di vita americano.


19077


Gli americani fanno i loro interessi nelle forme che ritengono più opportune, e quindi possono permettersi anche il lusso di presentarsi come gente molto primitiva, molto grezza, la quale pensa che quel che può andare bene per l'America debba necessariamente andare bene anche per gli altri Paesi. Non è lontano il tempo nel quale si parlava correntemente di «americanate» in Italia, non è lontano il tempo in cui la gente rideva divertita, ma anche con una certa quale ammirazione, di fronte a quegli americani i quali venivano in Italia come turisti carichi di denaro e magari si proponevano di comprare il Colosseo a suon di dollari. Anche oggi c'è della 'gente che continua a ridere, ed anche ad ammirare (un po' meno, per la verità) quegli americani che intendono imporci il loro modo di vita, che intendono imporci questa loro formuletta delle «aree depresse». Ma di voi, quando parlate di «aree depresse», la gente ride, sì, ma ride in un modo diverso: come? Voi siete nati in Italia, siete vissuti in Italia, avete, almeno quasi tutti, una educazione italiana, e dovreste sapere che ognuna delle nostre regioni ha una Istoria, una sua formazione, una sua costituzione economica e sociale, e quindi esigenze vive che bisogna affrontare dall'interno e dal fondo, e sapendo questo vi accontentate e sperate poi che anche gli altri si accontentino di appiccicare al Mezzogiorno e alle Isole il cerotto di una formula americana, ingommata con miliardi veri o fasulli? La vostra sola scusa, forse, è l'esempio dei vostri amici, direi dei vostri maestri americani, i quali però anche loro dovrebbero incominciare a capire come stanno le cose nel mondo, dovrebbero cominciare a capire come stanno le cose in Italia, in Francia, in Cina, in Corea, per esempio. Ma quelli almeno dicono di essere coperti nella loro incomprensione e nella loro rozzezza da un migliaio di bombe atomiche: voi non ce le avete il migliaio di bombe atomiche, avete Pacciardi e Scelba, troppo poco, onorevole Campilli, per coprire degli spropositi come questi.

Non c'è dunque qui una linea nazionale; non c'è un programma. Che cosa fate voi? Avete una serie di botti; quando una botte fa acqua perché ha perduto lo zipolo, togliete frettolosamente lo zipolo da un'altra botte per infilarlo nella prima continuate a perdere acqua.


Avete sempre fatto così. Perché dunque questa volta ci parlate di una cosa nuova, ci presentate questa Cassa del Mezzogiorno come una grande novità? Avete sempre fatto la stessa cosa. Oggi, a ragion veduta, potete controllare per esempio l'insipienza della politica che voi avete seguito di fronte al più grave dei problemi che assilla la Sardegna, parlo di quello delle miniere di carbone. Da anni vi è stato dimostrato che questa grande ricchezza nazionale può essere valorizzata, che l'azienda carbonifera sarda può essere resa economicamente sana, che i costi di produzione possono essere grandemente ridotti a condizione tuttavia di prendere alcune misure, a condizione di eliminare le spese superflue, per esempio i miliardi che vengono continuamente regalati alla Società elettrica sarda, a condizione di utilizzare i residui sterili e il carbone minuto che oggi viene buttato via a mare oppure accumulato in grandi discariche che vanno spontaneamente in autocombustione, a condizione di rinnovare opportunamente le attrezzature e infine a condizione di sottoporre il carbone ad un procedimento di trasformazione chimica industriale. Per far ciò, bisogna costruire una centrale elettrica, bisogna costruire degli impianti per azotati, bisogna rinnovare le attrezzature in modo da elevare il rendimento individuale degli operai. C'erano dei piani. Questi piani (anche lei li conosce, onorevole Campilli) questi piani erano buoni in definitiva poiché anche il C.I.R. dopo tre anni di meditazione e di esitazioni li ha recentemente approvati per una spesa di 28 miliardi. Noi speriamo che non passino ancora altri 3 anini, prima che il Governo a sua volta li approvi e li presenti al Parlamento. La nostra speranza, forse, non è troppo giustificata, giacché il C.I.R. già nel dicembre 1946 aveva approvato un altro piano di 14 miliardi per il risanamento di Carbonia che non ha mai poi trovato applicazione. Questi piani comunque non sono stati finora applicati, né il primo, né questo ultimo, non hanno neanche incominciato ad essere applicati. Questo che cosa vuol dire? Che il Governo ha ignorato il problema? Che il Governo è stato del tutto sordo e che ha sempre rifiutato d'intervenire? No, esso è intervenuto volta per volta, quando gli operai hanno protestato troppo fortemente o quando la barca dell'azienda faceva acqua m modo troppo pericoloso.


19078


Trecento milioni una volta, seicento un'altra volta, novecento un'altra ancora, 2 miliardi ancora recentemente ecc. ecc. Denaro buttato via, signori del Governo e signori della maggioranza. Questa non è una politica. Questo non è un indirizzo tratto da una visione d'insieme, ma è un intervento sporadico di tipo paternalistico ed è un intervento inutile. Così a Carbonia non è stato risolto nessun problema, non il problema economico della azienda che versa oggi in 'condizioni più gravi di quelle che non abbia mai conosciute per il passato, non il problema della produzione che non ha mai raggiunto il livello del 1947. E a questo proposito è, non dico istruttivo, ma almeno curioso conoscere la pretesa del C.I.R. il quale afferma che per attuare il piano di risanamento bisogna esigere preventivamente che l'azienda venga risanata, entrando così in un circolo vizioso dal quale è evidentemente impossibile uscire. Si dovrebbe infatti aumentare la produzione diminuendo contemporaneamente il numero degli operai e lasciando in pari tempo che le 'attrezzature diventino ogni giorno più inefficienti Non è stato infine risolto il problema sociale a 'Carbonia perché la mano d'opera è stata effettivamente ridotta di circa la metà e l'economia cittadina e stata sconvolta.

Voi che conoscete l'arte di fare della retorica. quando vi fa comodo, cercate di fare della retorica su cifre di questo genere: a 'Carbonia, per una popolazione leggermente in aumento, nel 1947 si sono consumati oltre 14 mila quintali di carne macellata, nel 1949 se ne sono consumati meno di 7 mila. Nello stesso 1949 su 18 mila cambiali emesse a Carbonia oltre 13.500 sono andate in protesto.

Io vi ho parlato di Carbonia non solo perché è il più grave dei problemi sardi che aspettano ancora di essere risolti e persino di essere affrontati con effettiva serietà di intenti, ma perché Carbonia è il 'simbolo dell'anarchia, della irrazionalità che presiede alla vostra politica economica.

Questa anarchia, questa irrazionalità ispirano anche questo disegno di 'legge che voi vorreste gabellare per un programma e che è solo un disordinato ed incontrollato intervento dall'esterno. Incontrollato: questo è il secondo elemento che è già stato rilevato e che io rileverò ancora brevemente.


Tutto qui si riduce alla costituzione di un nuovo Ente, di un Ente che non è nemmeno autonomo.

Quando ho sentito ieri l'oratore di parte governativa che faceva l'esaltazione del controllo esercitato su questo Ente, mi sembrava di sognare. Probabilmente gli oratori che parlavano la legge non l'hanno letta, perché altrimenti saprebbero che controllo non c'è, che questo Ente gabellato autonomo non è autonomo in realtà, perché dipende dal Governo, accetta le direttive dal Governo, è gestito dal Governo ed è controllato dal Governo. Ed è sottratto ad ogni specifico controllo, e del Parlamento, e perfino della Corte dei conti.

Quale garanzia, onorevole Campilli, non dico di correttezza amministrativa (benché con i tempi che corrono anche questo problema si ponga e voi sapete in quale forma grave) ma quale garanzia di equità nella distribuzione dei fondi? Sono stati citati alla Camera dei deputati dei casi: senatori e deputati hanno già scritto delle lettere promettendo acquedotti, fontanelle o fognature a questo o quel Comune. È forse questo il programma di cui parla il Governo nella sua presentazione della legge?

Rileviamo ancora l'esiguità — non entro nell'esame del bilancio, gli oratori che hanno parlato ieri mi pare abbiano dato argomenti chiari ed ineccepibili a questo proposito — l'esiguità delle somme di cui è previsto l'impiego. Si debbono infine sollevare alcune eccezioni d; incostituzionalità e ad una di queste obiezioni si ricollega appunto l'ordine del giorno che l'onorevole Lussu ed io abbiamo presentato in relazione alla regione sarda.

Il vostro articolo 19 del disegno di legge che discutiamo dice che delle spese di cui all'articolo 1 viene tenuto conto per la determinazione dei contributi straordinari per particolari piani delle opere pubbliche di trasformazione fondiaria che possono essere assegnati alla regione sarda a norma dell'ultimo capoverso dell'articolo 8 dello Statuto speciale della regione.

Che pasticcio è mai questo dal punto di vi sta costituzionale, onorevole Campilli?


19079


L'articolo 8 dello Statuto della regione sarda dice che tra le entrate della regione ci sono i contributi del Governo. Ora o voi considerate le spese di cui all'articolo 1 di questo disegno di legge tra quelle di cui all'articola 8 dello Statuto speciale della Regione sarda e in questo caso due cose sono assolutamente chiare, incontrovertibili, primo, che questi fondi debbono essere amministrati dalla Regione sarda e, secondo, che nessun beneficio nuovo viene alla Sardegna da questa legge la quale altro non è per i sardi che un antipatico episodio di millantato credito da parte del Governo; oppure voi fate amministrare questi contributi dalla Cassa per il Mezzogiorno e in tal caso nulla essi hanno a che fare con quelli previsti dall'articolo 8, che debbono essere dati alla Sardegna in modo aggiuntivo, come ha chiarito l'onorevole Grieco ieri. Ma la commistione che voi invece operate o tentate di operare tra i fondi di cui all'articolo 1 di questo disegno di legge, amministrati dalla Cassa, e quelli di cui all'articolo 8 dello Statuto speciale della Sardegna, che debbono essere amministrati dalla Regione, questa commistione è chiaramente incostituzionale. Noi sappiamo, onorevole Campilli, che ella rispondendo a questa obiezione alla Camera dei deputati ha già informato l'opposizione che erano proprio i rappresentanti della Regione ad avere espresso il loro accordo su una cosa di questo genere. Ma, a parte il fatto che su queste) punto occorre essere estremamente chiari per precisare tutte le responsabilità, qui, in sede nazionale, e in Sardegna, in sede regionale, a parte questo, sarebbe molto interessante sapere in base a quali poteri i rappresentanti della Regione sarda abbiano potuto in tal modo modificare lo Statuto speciale della Sardegna. Forse è stato lei, onorevole Campilli, ad averli autorizzati in questo senso? 0 è stato l'onorevole Segni il quale presiede cosi dall'alto ai destini della Sardegna? Se è state lei, o l'onorevole Segni, resta tuttavia da spiegare chi abbia potuto autorizzare lei o l'onorevole Segni a modificare lo Statuto speciale per la Sardegna.

Ecco, (Signori, alcune delle questioni che questo disegno di legge solleva e di fronte alle quali tutto il Senato, ma in primo luogo voi della maggioranza dovrete assumere le vostre responsabilità.


Molte altre questioni restano da sollevare e saranno — io credo — sollevate nel seguito della discussione. Desidero insistere davanti al Senato, basandomi sulla esperienza dolorosa della mia terra, la Sardegna, solamente su due considerazioni, che mi pare dimostrino da una parte l'irrazionalità politica, l'incongruenza di questo disegno di legge che dice di proporsi come scopo il risollevamento delle aree depresse, e m secondo luogo la sua inefficienza.

Rer la sua irrazionalità, lo ha ricordato l'onorevole Grieco ieri sera, è ancor vivo del resto nella mente di noi tutti (molti di noi eravamo alila Costituente) il ricordo di un tempo in cui l'enorme maggioranza di noi era composta di regionalisti, e più regionalisti fra tutti i regionalisti erano i membri del Partito di maggioranza, i quali intendevano dare alle regioni un tale rilievo che l'Italia sembrava addirittura doversi trasformare in un,oi Stato federale. Noi allora eravamo moderatamente regionalisti in generale, ma eravamo fermamente autonomisti in tutte quelle regioni nelle quali l'autonomia, la rivendicazione autonomistica scaturivano e scaturiscono da profonde ragioni storiche e sociali, e particolarmente eravamo autonomisti in Sicilia e Sardegna. Proprio per questo voi allora, con una, notevole incomprensione storica del problema, ci avete accusato di essere antiregionalisti. Più tardi, per ragioni di politica interna, avete cambiato strada, avete cambiato linea, avete ritardato la costituzione delle regioni, avete minimizzato in 'tutti i modi (anche umiliando i Consigli e le Giunte regionali) le autonomie siciliana e sarda, ma non avete potuto negare teoricamente né politicamente distruggere le profonde ragioni storiche e sociali da cui derivano, per esempio, in Sardegna, l'attrezzatura generale ie le esigenze autonomistiche. In Sardegna, per l'avvicendarsi delle dominazioni straniere, per la ristrettezza del mercato che è rimasto praticamente isolato dai grandi traffici continentali, non si è formata una classe dirigente borghese. Neanche l'abolizione del feudalismo è riuscita a creare in Sardegna una borghesia rurale attiva, intraprendente, capace di esercitare nell'isola una funzione dirigente.


19080


L'accumulazione primitiva nelle campagne e i profitti commerciali sono stati troppo tenui in Sardegna perché la regione potesse avere uno sviluppo economico-sociale corrispondente a quello delle altre regiani del continente italiano. Non c'è stata in Sardegna né rivoluzione industriale, né rivoluzione democratica. Da ciò ha avuto origine quel curioso fenomeno migratorio che porta gli intellettuali sardi ad emigrare, ad evadere quasi dalla Sardegna; da ciò è derivata la possibilità e, in certo senso, la necessità che la Sardegna fosse sottoposta dal di fuori ad un regime di tipo paternalistico che ne comprimeva ancor più le già scarse capacità di autogoverno; da ciò è scaturita per converso la esigenza autonomistica che vivifica la storia sarda in tutto il suo corso da 150 anni a questa parte. Autonomistici sono stati in fondo i moti angioini della fine del '700, autonomistico dichiaratamente è stato il grande movimento di masse di contadini e di pastori dell'altro dopoguerra, che tendeva a dare una coscienza ed una organizzazione ai (contadini sardi e ai pastori; autonomistico — per quanto in modo paradossale — è stato perfino il movimento che chiedeva, alla fine della prima metà del secolo scorso', l'abolizione delle autonomie sarde: in senso paradossale dico, perché appunto chiedeva l'abolizione delle autonomie, ma autonomistico in fondo, perché tendeva a creare una nuova classe dirigente sarda e quindi a superare di un balzo le premesse stesse della rivendicazione autonomistica.

Oggi, nell'epoca di Antonio Gramsci, quella esigenza si pone in forme 'Certamente diverse, perché diverse sono le condizioni. Oggi alla testa del movimento rinnovatore non si trova più questo o quell'altro' gruppo di intellettuali, ma si trova, anche in Sardegna, la classe operaia. Non è per caso, è proprio per paura, direi, della classe operaia, che tutti o quasi tutti i partiti e i gruppi conservatori e reazionari sono diventati in questo dopoguerra in Sardegna autonomisti, o almeno hanno fatto sfoggio del loro autonomismo. E non è per caso che il massimo contributo all'elaborazione del primo piano per la rinascita economica e sociale della Sardegna sia stato dato appunto dalla classe operaia.


Se ripensiamo oggi al corso della Istoria sarda nell'ultimo secolo e mezzo, dobbiamo affermare che, se fossero vivi, il nobile magistrato Giovanni Maria Angio e lo stesso studioso conservatore Siotto Pintor, avrebbero trovato la via del socialismo, avrebbero trovato la stessa strada alla quale è inevitabilmente arrivato il capitano Lussu. Ciò significa, signori, un fatto molto semplice, significa che i contadini e i pastori acquistano coscienza dei loro problemi e della necessità di risolverli in unione con la classe operaia e sotto la sua guida; ciò significa ohe masse immense si mettono in movimento, elaborano la soluzione dei lord problemi, suscitano energie nuove, esprimono dal loro stesso seno quello che sempre storicamente ha fatto difetto alla nostra Isola, una classe dirigente, una nuova classe dirigente, signori della maggioranza.

Ecco che cosa è l'autonomia, ecco che cosa non può non essere l'autonomia. Sotto qualunque aspetto voi consideriate il problema dell'autonomia, questa significa rottura del vecchio quadro del paternalismo esercitato dallo Stato centrali stico italiano: si può anche ridere e continuare a non comprendere, ma la cosa è così e non può essere che così. (Approvazioni da sinistra). La vostra legge non spezza il quadro del paternalismo. La vostra legge lascia inalterate le condizioni: voi fate finta di dare (promettere si può sempre e in larga misura) miliardi alla Sardegna: ma non fate niente per suscitare dalla popolazione dell'Isola nuove energie produttive, non solo, ma negate pensino, violando la Costituzione, ai sardi la facoltà di amministrare i miliardi che voi date o fate finta di dare loro. Ecco perché questo disegno di legge è irrazionale, ed è inconseguente e politicamente incongruo.

Ed è, da un'altra parte, inefficiente. Considerate la costituzione economica e sociale della Sardegna; vi risulterà immediatamente che due sono le sue caratteristiche: primo, la funzione colonialistica del capitale forestiero in Sardegna, per cui ingenti profitti vengono tratti da aziende che lavorano in Sardegna, dal lavoro sardo, ma non vengono reinvestiti in Sardegna, bensì fuori dell'Isola. Secondo, la struttura della proprietà fondiaria, per cui si arriva a questo dato caratteristico, che la forma più arretrata di conduzione agricola, il pascolo brado, è in pari tempo,in Sardegna la forma più redditizia.


19081


Vediamo brevemente questi due aspetti: il monopolio del capitale forestiero è evidentemente deleterio per la Sardegna. Ciò è vero per le grandi compagnie di navigazione: vi voglio ricordare solo,un episodio. Per decine e decine di anni, per 6 anni dopo la liberazione, è stato reso noto, sostenuto e dimostrato che il trasporto di una macchina qualsiasi, dal trattore all'automobile e al camion, costava parecchie volte di più, per lo stesso percorso, da Civitavecchia a Cagliari, che non (da Civitavecchia a Torino; c'è voluta una lotta continua, tenace per arrivare ad adottare una misura,che doveva essere enormemente semplice, e che è stata adottata isolo a circa un mese fa: si è applicata cioè la tariffa differenziale alle società di navigazione (che uniscono la Sardegna con il continente e particolarmente la società «Tirrenia». Ma la tariffa differenziale è stata adottata solo per i passeggeri, non per le merci!

Ciò è vero d'altra parte anche per le grandi compagnie minerarie, le quali con la sola parziale eccezione dell'«Italpiombo», non hanno creato in Sardegna, pur traendone decine e decine di miliardi di profitti (e di soprapprofitti, nel dopoguerra), nessuna industria di trasformazione.

Ciò è vero per le grandi compagnie commerciali d'i importazione e di esportazione che dominano il mercato sardo; in modo tale da pagare prezzi poco o niente remunerativi ai produttori sardi, in modo tale da far pagare prezzi altissimi a,l consumatore sardo.

Ciò è vero per i grandi industriali caseari, che traggono dalla miseria dei nostri pastori miliardi di profitto che investono nella compagnia dei grandi alberghi o altrove, ma non in Sardegna, comunque.

Altrettante pompe aspiranti queste società capitalistiche forestiere di tipo monopolistico! Pompe aspiranti che succhiano miliardi al lavoro dei sardi e non danno niente all'economia sarda, non danno neanche il minimo impulso al suo sviluppo.

Ma la più pericolosa, la più vergognosa, direi, tra tutte queste pompe aspiranti è la Società elettrica sarda; questa società, che ha costruito o ha ereditato i suoi impianti con il «tenue» contributo dello Stato dell'80 per cento, ha una funzione così palesemente antisociale


che persino i parlamentari sardi della maggioranza, salvo naturalmente quelli che sono avvocati della stessa società, sono stati costretti a chiedere la costituzione di un ente sardo di elettricità. Rivendicazione che già la Consulta sarda avanzò da anni in forma estremamente chiara e precisa.

Questa società produce per il suo profitto ed è di ostacolo allo sviluppo industriale della Sardegna.

Voglio citare soltanto un aspetto della questione dove l'irrazionalità raggiunge davvero il parossismo: io Sardegna per condizioni particolari nostre, i tecnici hanno calcolato che l'energia termoelettrica costa di meno di quella idroelettrica, facendo eccezione per quello che avviene nel resto del Paese: costa una lira di meno al kilowattora. D'altra parte il regime delle acque in Sardegna è tanto disordinato, tanto caotico che la nostra terra è a volte arida, (più spesso arida, naturalmente) e qualche volta addirittura allagata. Ebbene, per quanto esistano in Sardegna importantissimi bacini artificiali (importantissimi perché essi contengono circa il terzo del complesso delle acque che si trovano invasate in tutto il territorio italiano), questi bacini sono in Sardegna prevalentemente utilizzati per la produzione di energia, anziché per l'irrigazione, tutto per salvaguardare il monopolio della Società elettrica sarda!

Quanto all'altro problema, o signori, quanto alla struttura della proprietà fondiaria, il discorso è certamente più lungo. Lo rifaremo in sede di discussione della legge Segni; dico legge Segni non per volontà di offenderlo, ma perché mi pare che sia perduta ogni speranza che egli rinunzi a legare il suo nome a questo grosso sproposito. Per ora vorrei fare ali cune sommarie considerazioni: in Sardegna domina la coltura estensiva, lo sanno tutti, e il pascolo: un milione e 300 mila ettari su due milioni e 400 mila sono adibiti a pascolo. D'altra parte si potrebbe dire ohe domina la incoltura, perché di tutta la terra sarda solo un quinto è coltivato. In Sardegna domina la grande proprietà: si è detto e ripetuto tante volte che questo non è vero.


19082


È una bugia che non sia vero; è vero invece: il 90 per cento dei proprietari, su 300 mila e più proprietari che sono in Sardegna, il 90 per cento dei proprietari, quelli che possiedono cioè fino a 10 ettari di terreno, possiede il 19,2 per cento della terra; il 7,5 per cento dei proprietari (fino a 50 ettari) possiede il 24,6 per cento; l'I,7 per cento dei proprietari (oltre i 50 ettari) possiede il 56,2 per cento della terra. I pochi proprietari al di sopra dei 200 ettari, sono poco più di un migliaio, possiedono il 34 per cento della terra sarda. Frugando e rifrugando tra le proprietà dei suoi amici e conoscenti, l'onorevole Segni ha trovato 14 mila ettari da scorporare!

Altra considerazione. In Sardegna la grande proprietà è più arretrata della piccola, tanto è vero che ila media imponibile per ettaro in provincia di Sassari è di 137 lire per i 14 mila proprietari che possiedono 39 mila ettari complessivamente, e di 66 lire per ettaro per 156 proprietari Che possiedono 22 mila ettari. D'altra parte in Sardegna la proprietà fondiaria è polverizzata. È noto il caso di quel proprietario più volte ricordato di Uras in provincia di Cagliari che possiede 25,2 ettari per tutta proprietà e li possiede divisi in 105 appezzamenti dei quali 20 sono contigui e 85 non contigui.

Tutto ciò, mi pare evidente, pone gravi problemi, ma voi di questi problemi non ve ne curate, o li ignorate (poiché la legge stralcio prevede in Sardegna lo scorporo di 14 mila ettari in tutto e badate che colpisce in provincia di Sassari un solo proprietario e, nemmeno a farlo apposta, proprio quello che ha l'imponibile più alto, che ha coltivato meglio le aule terre, che ha introdotto un maggior numero di migliorie, premio evidente dell'assenteismo, oppure li disprezzate, questi problemi, tanto vero che il partito di maggioranza rifiuta di concorrere al piano di rinascita sarda e consolida l'attuale stato di cose ribadendo le catene dello sfruttamento ai piedi dei contadini e dei pastori, e continuando a regalare denari ai grandi proprietari che gestiscono in proprio i consorzi di bonifica. Intanto la Sardegna resta la terra che ha il triste privilegio di essere contemporaneamente la più spopolata di tutte le regioni italiane, con un milione e 200 mila abitanti per la stessa superficie o quasi della Sicilia e la più povera contemporaneamente.


Siamo in pochi in Sardegna ma non riusciamo a trovare pane nella terra sarda; siamo in pochi in Sardegna, dove c'è della terra in grande quantità: oltre i 14 mila ettari di terre incolte o scorporagli che ha trovato l'onorevole Segni, ci sono ancora molti altri ettari che si potrebbero «scorporare» e tuttavia ci sono 120 mila contadini sardi senza terra e ci sono 46 mila disoccupati nelle campagne sarde in questi anni. Gravi problemi esistono dunque che voi ignorate o disprezzate, eppure da questi problemi sommariamente esposti balza il quadro vivace della vita sarda e ne scaturiscono anche le indicazioni di quello che bisogna fare per risanarla. Bisogna spezzare il monopolio elettrico, bisogna destinare a scopi precipui di irrigazione le acque invasate nei bacini già costruiti, bisogna risolvere rapidamente il problema del carbone e bisogna interdire o almeno limitare (cosa che avete negato alla Costituente) la esportazione dei profitti realizzati in Sardegna dalle grandi imprese dli tipo colonialistico, e intanto bisogna costringere queste grandi società a pagare in Sardegna le imposte per le loro imprese che vivono e profittano in Sardegna sul lavoro sardo. Bisogna dare terre ai contadini e aiutare con un piano organico le cooperative dei contadini e dei pastori. Bisogna democratizzare i consorzi in modo che le opere di miglioria e dì bonifica vengano fatte sul serio e compiute a beneficio di tutti. Bisogna avviare decisamente il pastore sardo a cambiar vita attraverso l'uso ancora sconosciuto in Sardegna della foraggera e della stalla. Bisogna appoderare, cioè mettere i contadini sardi in condizioni di lavorare proficuamente. Un piano avviato su queste' linee, che sono del resto le linee generali del piano elaborato nel mese di marzo scorso dal Congresso del popolo sardo, un piano di questo genere darebbe subito pane e lavoro a tutti i sardi, e, secondo il parere dei tecnici (non i tecnici della nostra parte, ma della vostra parte che hanno fatto in questo senso ampi, documentati rapporti non solo, a voi, ma addirittura agli americani che presiedono al destino della Sardegna) sarebbe capace di assorbire rapidamente in Sardegna una popolazione supplementare di mezzo milione di disoccupati delle altre regioni d'Italia. Questo è un programma, non la vostra «Cassa» che parte, anziché dalla realtà delle cose, da miliardi faticosamente strappati ai vari bilanci.


19083


 Soltanto questo programma presenta per voi un inconveniente: esso spezzerebbe il quadro del paternalismo e rischierebbe di modificare profondamente la struttura sociale dell'Isola. Malauguratamente proprio questo è quello che voi non volete. Infatti, stando almeno a quel che si dice oggi in tutte le parti della Sardegna, l'onorevole 'Segni avrebbe assicurato ai suoi amici in politica e ai suoi colleghi proprietari fondiari in Sardegna, che non era il caso di preoccuparsi, che la riforma agraria non avrebbe avuto nessuna conseguenza nella nostra isola. Mi dispiace che l'onorevole Segni non sia qui per confermare o smentire questa voce che corre da per tutto in Sardegna.

JANNUZZI. Per smentirla! Sono sciocchezze che va raccogliendo lei!

LI CAUSI. La cifra è li, se sono 14 mila ettari!

SPANO. Voi consolidate la linea di paternalismo e stabilite un falso programma di interventi arbitrari che tutt'al più possono avere l'effetto di aumentare la cuccagna che già esiste in tutte le regioni d'Italia.

Ma è proprio per questa stessa ragione che noi, come le popolazioni meridionali, respingiamo l'impostazione di questa vostra legge ed è per questo che la vostra legge non servirà a nessuno, non servirà alle popolazioni meridionali, e nemmeno in definitiva, badate, nemmeno e a voi stessi, al vostro partito, ai vostri interessi elettorali e alla vostra demagogia. Resterà come una delle tante cambiali che voi, uomini del 18 aprile, avete firmato a vuoto; ma quando questa cambiale sarà presentata allo sconto, anche quelli che ancora oggi si fanno delle illusioni sul vostro conto dovranno pure riconoscere sulla base dei fatti che la vostra firma è falsa. (Commenti). Allora non vi fate illusioni: siete capaci soltanto di scioccamente sorridere, di schernire, ma non di comprendere': proprio questa è la tragedia: la vostra sordità, la vostra incomprensione, la vostra incapacità di chinarvi sulla realtà italiana. Allora, dunque, non vi fate illusioni, non basteranno a salvare il vostro dominio di classe e il vostro paternalismo, né le inconsulte vociferazioni del Ministro Pacciardi, né le baionette abbastanza spuntate dell’imperialismo americano.

Questa legge è forse la decisiva riprova di una verità che noi andiamo proclamando da anni sulla via segnata da Antonio Gramsci,


che cioè non si risolve niente della questione meridionale senza un mutamento profondo di struttura sociale attraverso cui il Mezzogiorno e le Isole siano portati rapidamente 'allo stesso livello delle regioni del nord, e che i vostri interventi non sono altro che tentativi, sempre più vani, del resto, di riacconciare alla meglio la base sociale della reazione agraria e capitalistica che va sgretolando nel Mezzogiorno e nelle Isole Per difendere questa legge infatti voi ricorrete oggi alla retorica e alla demagogia, ma il vostro giuoco è troppo scoperto, è troppo scoperto come dimostra chiaramente il discorso pronunciato qui dall'onorevole Merlin; mi spiace che anche l'onorevole Merlin non sia presente questo pomeriggio. Quale è stato il suo argomento fondamentale? Ella lo ricorda, onorevole Campilli? L'onorevole Merlin ha detto (non sono naturalmente parole testuali ma è il suo concetto): Io so bene, ho una sensibilità particolare, perché il Veneto custodisce le tombe di questi meridionali, di questi cafoni...

JANNUZZI. Non ha detto cafoni! E' cafone lei! (Interruzioni, commenti). Lei offende i morti meridionali. (Interruzioni, commenti vivacissimi). Venduto alla Russia!

SPANO. Sei un imbecille!

Voce dalla sinistra: Sei cafone e reazionario. (Proteste dal centro, scambio di invettive).

SPANO. Onorevole Presidente, la prego di invitare quel signore a ritirare l'offesa che mi ha portato chiamandomi venduto altrimenti rimarrà provato che egli è un imbecille (come già ho avuto occasione di dire, e ripeto: imbecille), o è un mentitore. Probabilmente è un imbecille e un mentitore. (Approvazioni da sinistra).

LUSSU. Il romanzo «Fontamara» di Silone è il romanzo dei cafoni meridionali.

JANNUZZI. Domando di parlare per fatto personale.

PRESIDENTE. Onorevole Jannuzzi, lei chiede di parlare per fatto personale, perché il senatore Spano ha attribuito la parola cafone Si contadini meridionali?

JANNUZZI. Onorevole Presidente, l'onorevole Spano ha detto: «l'onorevole Merlin ieri si è dimostrato, come veneto, particolarmente sensibile al fatto che il Veneto conserva le ossa dei cafoni del Mezzogiorno».


19084


Questa è una offesa grave e non può essere attribuita all'onorevole Merlin che ha parlato di eroici soldati caduti e non di cafoni del Mezzogiorno.

SPANO. Se mii permette, onorevole Presidente, continuo a riferire il modo corretto col quale io, cafone meridionale, ho interpretato il discorso dell'onorevole Merlin. L'argomento fondamentale dell'onorevole Merlin era questo: io sono veneto e quindi sono particolarmente sensibile al fatto che il Veneto custodisce le tombe di quei meridionali (di quei «cafoni» meridionali, aggiungo io), i quali dal meridione sono venuti a difendere la Patria, convinti di difendere la Patria, mentre in realtà difendevano gli interessi ed il regime del capitale finanziario...

JANNUZZI. Questa è un'altra offesa ai morti! (Rumori).

SPANO... gli interessi e il regime che considerano il Mezzogiorno e le Isole come una colonia. A questo proposito desidero riferire un fatto che sarà profittevole a voi tutti: ieri sera ad ascoltare il discorso dell'onorevole Merlin dalle tribune vi era un mio amico francese, il quale, essendoci incontrati dopo la fine della seduta, mi ha detto, senza sapere chi fosse l'oratore: «mi sembrava di sentire in quel discorso lo stesso accento dei parlamentari francesi rappresentanti del Comité des Forges, i quali di tanto in tanto al Parlamento trovano l'occasione o la convenienza di richiamarsi ai «sacrifici, all'«eroismo», al «sangue» versato dalle truppe marocchine per difendere la Francia, sia pure col contaminare le popolazioni della valle del Liri o col massacrare le popolazioni del Vietnam».

Questa è la corretta interpretazione della vostra posizione. E continuava l'onorevole Merlin: diamo dunque a queste popolazioni meridionali (delle quali, se seguiamo i consigli o le prospettive dell'onorevole Sforza o dell'onorevole Pacciardi, potremo forse ancora aver bisogno), diamo' dunque o promettiamo mille miliardi in dieci anni in pagamento del sangue versato per i loro padroni. Questa è la vostra posizione, questa è l'ispirazione di questa vostra legge, di tutta la vostra falsa legislazione per il Mezzogiorno.


Ebbene, signori, voi dovreste sapere, e sarebbe anche ora Che lo ingegnaste ai vostri amici americani, che ci sono delle cose che non si pagano. Ma forse voi questo non lo sapete e per questo alcuni di voi sogghignavano ieri sera, quando il compagno Grieco affermava che la classe dei proprietari fondiari del Mezzogiorno deve essere spazzata via, in quanto classe, dalla scena politica della Nazione italiana. Voi sogghignavate, ma così è e così sarà: questa classe parassita sparirà. E se voi continuerete ad essere solidali con quella classe di proprietari parassiti, se continuerete ad essere politicamente quella classe di proprietari parassiti, sarete inevitabilmente e inesorabilmente, fra non molto tempo, spazzati via anche voi dalla scena politica italiana. (Applausi da sinistra, proteste dal centro).

Quanto a noi continueremo senza sosta la nostra lotta per la democrazia e per il socialismo, continueremo ad aiutare i lavoratori meridionali, a fare del vostro regime la loro esperienza, a costruire con le loro mani il loro proprio destino. (Vivi applausi da sinistra, molte congratulazioni ).


Presentazione di disegno di legge

di iniziativa parlamentare.

PRESIDENTE. Informo il Senato che il senatore Montagnani ed altri hanno comunicato alla Presidenza il disegno di legge: «Disciplina della ricerca e coltivazione dei giacimenti dì idrocarburi nel sottosuolo nazionale» (1242).

Questo disegno di legge seguirà il corso stabilito dal Regolamento.


Presentazione di relazioni.

PRESIDENTE. Comunico al Senato che il senatore Bastianetto, a nome della 3a Commissione permanente (Affari esteri e colonie), ha presentato la relazione sul disegno di legge: «Approvazione ed esecuzione dello scambio di note fra l'Italia e l'Argentina per evitare la doppia imposizione di redditi che le imprese dì navigazione marittima ed aerea italiane ed argentine ritraggono dall'esercizio delle loro attività rispettivamente in Argentina ed in Italia, effettuato a Buenos Aires ili 12 aprile 1949» (1064).


19085


Comunico inoltre che il senatore Galletto, a nome della maggioranza della 3a Commissione permanente (Affari esteri e colonie), ha presentato la relazione sul disegno di legge: «Autorizzazione della spesa di lire 4.380.000.000 per il funzionamento dell'Amministrazione fiduciaria della Somalia» (1162).

Queste relazioni saranno stampate e distribuite: i relativi disegni di legge verranno poi iscritti all'ordine del giorno.


Deferimento di disegni di legge

a Commissioni permanenti.

PRESIDENTE. Comunico alienato che, valendomi della facoltà conferitami dall'articolo 26 del Regolamento, ho deferito all'esame e all'approvazione della 5a Commissione permanente (Finanze e tesoro) il disegno di legge: «Autorizzazione alla Cassa depositi e prestiti a concedere al comune idi Napoli mutui per la esecuzione di opere e sistemazione degli impianti e delle attrezzature dell'azienda autofilotramviaria e di altri servizi comunali» (1212).


Coordinamento e approvazione del disegno di legge: «Costituzione di un "Fondo per l'incremento edilizio" destinato a sollecitare l'attività edilizia privata per la concessione dì mutui per la costruzione e la ricostruzione di case di civile abitazione» (N. 1105).


PRESIDENTE. Secondo quanto si è stabilito stamane, procederemo ora al coordinamento del disegno di legge: «Costituzione di un " Fondo per l'incremento edilizio " destinato a sollecitare l'attività edilizia privata per la concessione di mutui per la costruzione e la ricostruzione di case di civile abitazione».

Oltre a qualche spostamento nella numerazione degli articoli e conseguentemente dei richiami contenuti nel testo di altri articoli, la Commissione in sede di coordinamento ha apportato delle modifiche soltanto ad alcuni commi dell'articolo 9, per modo che l'articolo stesso viene proposto in questa nuova formulazione:


Art. 9.


Gli assegnatari o proprietari di alloggi devono occuparli personalmente o a mezzo di parenti fino al secondo grado per non meno di un quinquennio dalla data dell'assegnazione o de l'ultimazione della costruzione.

La locazione o l'alienazione dell'alloggio nel primo quinquennio comporta la risoluzione di diritto del contratto di mutuo e la decadenza da ogni altro beneficio.

La stessa decadenza si applica nel caso di estinzione anticipata del mutuo entro lo stesso periodo di tempo.

Le sanzioni di cui al presente articolo non si applicano qualora l'alienazione o la locazione siamo autorizzate dalla Commissione di cui all'articolo 12 in base a gravi e sopravvenuti motivi di necessità.

Metto ai voti questo nuovo testo dell'art. 9.

Chi l'approva è pregato di alzarsi.

(È approvato).

Con ciò il disegno di legge s'intende approvato.


Ripresa della discussione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Rizzo Giambattista.

RIZZO GIAMBATTISTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non credevo di dover prendere la parola in un ambiente così surriscaldato e dopo che tre oratori di opposizione con discorsi notevoli, ora con colpi di spillo, ora con colpi di spada, hanno attaccato la legge in discussione. Molte critiche mosse dagli oratori di opposizione, e che si riferiscono in gran parte alla politica generale del Governo, io non potrò accettare; e soltanto in un punto, del resto importante, sarò piuttosto vicino ad esse.

Ma ora vorrei prendere le mosse da una affermazione che ho letto nella relazione della minoranza e che poi è stata ribadita da qualche oratore, e cioè che «per valutare convenientemente il disegno di legge in esame, occorre abbandonare le esagerazioni propagandistiche e la retorica, che spesso trascinano alla deformazione dei fatti e della realtà».


19086


Benissimo! Ma questo abbandono di esagerazioni propagandistiche e di retorica deve essere fatto sia in un senso ohe nell'altro. Quando io, ad esempio, leggio in un giornale che la Cassa del Mezzogiorno non è che una Grancassa per il Mezzogiorno (e sin qui passi, poiché è una normale critica al Governo che dal canto suo cerca di fare apprezzare dall'opinione pubblica le 'Sue iniziative), ma addirittura non è che una Cassa da morto per il Mezzogiorno, debbo concludere che in quel caso ci troviamo evidentemente di fronte ad una esagerazione in senso opposto a quello deplorato dall'opposizione.

Bisogna invece tenere accortamente la linea mediana, che è linea di saggezza, poiché può servire ad evitare alle nostre popolazioni meridionali quelle illusioni che possono pure trasformarsi in amare delusioni; quelle delusioni che hanno contribuito a formare una particolare psicologia del Mezzogiorno, cioè quella cupa rassegnazione, quello spirito di fatalismo, che derivano anche dalla circostanza che promesse, che in! passato sono state fatte dai governanti, spesso non sono state mantenute, per cui si è consolidato quel singolare convincimento che non vale tentare di mutare, che non vale sforzarsi di raggiungere risultati di civiltà, perché il tentativo non troverà rispondenza nella realtà e non avrà ancora una volta successo per colpa di uomini e per resistenza di cose.

La linea di mezzo, che mi piace sottolineare, è stata prospettata dallo stesso relatore della maggioranza, con la sua consumata esperienza di uomo vissuto nell'amministrazione dei Lavori pubblici, il quale ben saggiamente ci dice clie il finanziamento decennale «non rappresenta e non potrebbe rappresentare la soluzione integrale dell'annoso problema», ma è sicuramente (in ciò anch'io convengo) «un notevole e considerevole avviamento a tale soluzione». E specifica; «la somma di lire 1000 miliardi prevista dal disegno di legge, quantunque ingente, ispecie se confrontata ccn le risorse del Paese, è però largamente insufficiente per risolvere non già l'intera questione meridionale, ma anche i principali e più urgenti problemi di quelle popolazioni che da troppo tempo aspettano. I 1000 miliardi debbono perciò essere ritenuti come fondo per la attuazione di un primo lotto decennale di opere, al quale dovranno seguire altri in prosieguo di tempo».


Questo è vero; cerchiamo ora di esaminare le critiche alla Cassa per il Mezzogiorno che sono state mosse in questa sede parlamentare, ridicendo le cose ai principi loro, come diceva il Machiavelli. Con ciò si otterrà anche il risultato di ridurre al minimo possibile la discussione.

In primo luogo possiamo tutti convenire su un principio che ha rappresentato quasi lo sfondo della discussione per gli oratori di opposizione; e cioè che non si è veramente «meridionalisti» per il fatto che si propugni una data politica di lavori pubblici, se contemporaneamente tale politica di lavori pubblici non si connetta con una data politica industriale, fiscale, doganale, che non danneggi gli interessi del Mezzogiorno e giovi invece a risolverne i problemi. E infatti sarebbe assolutamente incongruente riempire il recipiente da una parte per poi versarne il contenuto dall'altra; cioè, fuor di metafora, sarebbe incongruente tentare di accrescere la prosperità delle regioni meridionali attraverso una opportuna politica dei lavori pubblici se nello stesso tempo tale prosperità venisse diminuita attraverso una politica nazionale incapace di tenere conto degli specifici interessi del Mezzogiorno nel campo fiscale, industriale e doganale.

È in sostanza questa la tesi (che, anche se non rappresentava tutta la verità, indubbiamente rappresentava gran parte della verità) dei primi meridionalisti, dal Fortunato al Nit ti al De Viti De Marco, i quali partivano dal presupposto che una vigorosa e sana politica nel campo nazionale in materia fiscale e doganale potesse molto di più per il risorgimento del Mezzogiorno che una politica di lavori pubblici in favore delle regioni meridionali.

Ed invero quale importanza avrebbero le opere pubbliche, le opere di bonifica integrale ohe sono previste dalla legge che noi stiamo discutendo, se nello stesso tempo fosse attuata una politica industriale che imponesse al Mezzogiorno (tanto per fare un esempio) lo acquisto ad alto prezzo di prodotti necessari all'agricoltura od impedisse che nelle regioni meridionali si formassero e prosperassero quelle industrie che in un primo momento possono tendere soprattutto alla valorizzazione dei prodotti del suolo?


19087


Che cosa varrebbe una favorevole politica di lavori pubblici, se si adottasse una politica fiscale diversa da quella che preconizzava Cavour (questo lo vorrei proprio dedicare all'onorevole Grieco per dimostrargli che si tratta di problemi antichi e ben visti anche dai nostri maggiori), cioè di «liberare il popolo dai tributi indiretti ohe paga alle classi privilegiate per dar modo allo Stato di attingere in più larga misura nel reddito dei cittadini»? E che varrebbe una politica di lavori pubblici anche saggia ed accorta, se contemporaneamente si attuasse una politica doganale la quale impedisse il pieno avvaloramento di quella produzione ortofrutticola che è gran parte della ricchezza del Mezzogiorno?

Ma se ciò è vero, onorevoli colleghi, dobbiamo pur dire che ogni settore di questa Assemblea può recitare il mea culpa, poiché nessun partito in Italia, né in passato né in presente, può essere esente dall'accusa di avere sostenuto provvedimenti nocivi alla risoluzione della questione meridionale e di avere contrastato misure dettate da un criterio di giustizia verso le regioni meridionali. Vorrei citare, solo perché più recente, il caso della liquidazione del F.I.M. in cui si sono collegati gli sforzi di svariati settori politici e di contrapposte categorie economiche per Sostenere alcune industrie parassitarie del Nord; e così anche in generale quella politica di indiscriminato sostegno statale della massima occupazione operaia ohe in Italia si trasforma ineluttabilmente in una politica non meridionalistica, perché, come tutti noi sappiamo, e le grandi industrie e le grandi agglomerazioni di operai non sono certamente nel isud dell'Italia.

In proposito permettetemi di dirvi anche che ho letto con non troppo piacere quella parte della relazione governativa sul disegno di legge in esame nella quale si insiste sui benefici che in un primo tempo potranno avere le industrie del nord vendendo i prodotti industriali che debbono servire all'attuazione dei fini della Cassa per il Mezzogiorno. Ciò potrà essere e non potrà essere vere., ma non era necessario sottolinearlo, perché la questione meridionale, anche nel suo aspetto di bonifica integrale di alcune zone del sud, andrebbe risoluta anche se non fosse possibile acquistare prodotti dalle industrie settentrionali e contribuire con ciò alla risoluzione del problema della disoccupazione nel campo industriale.


E vengo ad un secondo punto, ad un secondo principio (come vedete, sintetizzo tante cose che pure mi proponevo di dirvi diffusamente), sul quale, a mio parere, sarebbe pure possibile convenire; e cioè che la questione meridionale non si risolve solo con una politica dì lavori pubblici, sia pure collegata eoin una determinata politica doganale e fiscale, tale da non deprimere le energie del Mezzogiorno, ma si risolve anche potenziando direttamente ed indirettamente le industrie del Mezzogiorno, favorendo nel migliore dei modi lo sviluppo industriale del Mezzogiorno.

In ciò gli oratori della estrema sinistra che hanno sinora parlato si trovano addirittura d'accordo con un dirigente della Missione per l'E.R.P. in Italia, il quale recentemente, in un sue discorso a Palermo, ha sottolineato che, anche potenziando al massimo l'agricoltura in Sicilia e nelle Regioni meridionali, non si potrebbe mai arrivare al fine ultimo cui dobbiamo tendere, cioè di utilizzare in pieno quell'enorme potenziale di lavoro che è attualmente inutilizzato nelle regioni meridionali del nostro Paese.

Ma a questo proposito, e proprio in relazione con la legge che stiamo discutendo, giova subito osservare che in ogni caso la base di una industrializzazione sana non può essere che una agricoltura fiorente. Come sappiamo non soltanto dalle statistiche che noi tutti conosciamo, ma anche dalla nostra esperienza diretta, un certo sia pure modesto sviluppo industriale nel Mezzogiorno si è avuto solo in quelle zone in cui l'agricoltura era più florida, in cui si erano formate (proprio in relazione con questa floridezza della agricoltura) una mano d'opera più preparata e più specializzata ed una certa accumulazione di capitali necessaria per gli investimenti produttivi dei privati nelle industrie nascenti.

D'altra parte non è dubbio che il disegno di legge ohe noi stiamo esaminando favorisce la false importante ed indispensabile della preindustrializzazione, poiché serve a creare un ambiente nel quale le nuove industrie possano vivere e prosperare. Ed infatti non possono nascere industrie sane se non si organizzano contemporaneamente quei servizi pubblici che 'sono necessari alla vita e allo sviluppo di qualsiasi attività industriale.


19088


Ma la Cassa sotto un certo aspetto supera anche la fase della preindustrializzazione, perché nell'articolo 7 è previsto che essa stessa si faccia promotrice di società e di enti pubblici per la valorizzazione, ai fini industriali e commerciali, dei prodotti del suolo. In sostanzia, la Cassa dovrà servire a promuovere quelle che sono chiamate le aziende-piloti, tali da dare una prima decisiva spinta al processo di industrializzazione del Mezzogiorno.

Se ciò è vero, è da osservare anche che la industrializzazione del Mezzogiorno, in grandissima parte, è al di fuori del provvedimento legislativo che nei stiamo esaminando. Essa viene favorita, ad esempio, da tutti quei provvedimenti in base ai quali sono stati finanziati gli impianti idroelettrici, per cui si è cominciato a risolvere il problema delle fonti di energia che sta alla base di un qualsiasi processo di industrializzazione. Questi finanziamenti mantengono pienamente il loro valore, e, per esempio (per riferirmi alla mia Sicilia) mantiene il suo pieno valore, e non credo che vi sia nemmeno bisogno di una precisa assicurazione dell'onorevole Ministro, il finanziamento di circa 32 miliardi per l'Ente siciliano di elettricità che dovrebbe portare la produzione annua di energia elettrica in Sicilia a più di un miliardo di chilovattore.

Ci sono poi state leggi più recenti sui finanziamenti per l'industrializzazione dell'Italia meridionale ed insulare ohe noi abbiamo discusso e approvato, e che tendevano propriamente a mettere a disposizione delle iniziative meridionali quei capitali senza cui è impossibile sperare che si possa attuare un qualsiasi sviluppo economico delle regioni meridionali.

Terzo principio, sul quale (almeno nella sua impostazione generale) possiamo essere tutti d'accordo, è che, per il risorgimento, la valorizzazione, la prosperità del Mezzogiorno, è necessario modificare i rapporti di classe o meglio (poiché ciò presuppone un principio di lotta di classe che non tutti siamo disposti ad ammettere) è necessario accelerare il ricambio sodale.


E non siamo noi che, lo vogliamo o non lo vogliamo, siamo figli della rivoluzione francese, che possiamo opporci a questo principio, che è il principio di vita delle società moderne, poiché le società decadono, intristiscono e muoiono se non si trova il meccanismo per porre i migliori ai primi posti nel campo economico e nel campo politico.

È' questo l'altro aspetto della questione meridionale che è stato posto maggiormente in luce da scrittori più recenti, ad esempio dal Dorso, ma che era stato illuminato anche da coloro che per primi affrontarono organicamente il problema meridionale, ad esempio da quella inchiesta Sonnino-Franchetti, in cui queste cose furono dette, e furono dette con una franchezza e chiarezza che, per i tempi, erano veramente audaci.

A maggior ragione oggi noi questo processo di ricambio sociale, non solo non lo temiamo, ma lo auguriamo e cerchiamo di affrettarlo con tutte le nostre forze (anche se i metodi che intendiamo usare per accelerare questo ricambio sociale sono del tutto diversi dai metodi che altri intendono usare) poiché noi vogliamo raggiungere quella che è la massima aspirazione di una società progredita, di essere cioè una società che si fondi esclusivamente sul merito individuale, indipendentemente da privilegi di nascita e di ricchezza, ed una società che, con la salvaguardia della dignità umana e della iniziativa individuale, assicuri a tutti i cittadini un livello sufficiente di vita.

Ma proprio con riferimento alla legge che noi stiamo esaminando (perché non voglio divagare verso problemi generali) mi domando in che cosa la legge sulla Cassa per il Mezzogiorno contrasti il mutamento dei rapporti di classe o, come noi diciamo, il processo di ricambio sociale. Anzitutto l'immissione della notevole somma di cento miliardi annui nel circolo produttivo delle regioni meridionali (o di quella gran parte di tale cifra che sarà spesa nel Sud) provocherà di per se stessa un certo mutamento nei rapporti di classe ed agirà su quello che è uno dei fenomeni più dolorosi delle nostre regioni meridionali, cioè sul fenomeno della disoccupazione.

Ma poi mi pare che gli oratori di opposizione abbiano di proposito dimenticato che questa legge non è che strumento per un fine, non è ohe uno strumento per il fine della riforma agraria, riforma agraria che, però, secondo l'onorevole Grieco, lascerebbe le cose al punto dì prima.


19089


Ma io deduco che questa riforma non deve lasciare le cose al punto di prima se provoca così imponenti movimenti ed agitazioni, se essa cioè lede interessi così cospicui che, come è naturale, cercano' di farsi valere e di difendersi.

L'aspetto sociale della riforma agraria deve essere pienamente apprezzato, per cui io dichiaro fin d'ora che considererò benevolmente il disegno di legge sulla riforma agraria, pur non essendo pienamente convinto di tutti i benefici effetti economici della legge medesima. So infatti che bisogna usare tutti i mezzi per fare sì che in quelle zone, in cui, proprio per la incompleta eversione del feudalesimo, ancora esiste una società stagnante e pigra, si creino i presupposti di una società attiva e prospera.

L'importanza della Cassa per il Mezzogiorno non sta altro che m questo suo carattere strumentale, collegata come è al fine dell'attuazione della riforma agraria, per cui vi dichiaro pure che, anche in rapporto con la relativa modestia degli stanziamenti, io non avrei considerato fra le opere straordinarie previste dall'articolo primo del (disegno di legge quelle che si riferiscono al turismo ed alle stesse fognature, non già perché io naturalmente diminuisca la importanza e la necessità di finanziamento di tali opere pubbliche nelle regioni meridionali ed in particolare l'importanza del turismo agli effetti del risorgimento economico delle regioni meridionali stesse, ma perché ritengo che la legge avrebbe avuto una sua più compiuta organicità se avesse presentato soltanto l'aspetto di una legge di bonifica integrale e di trasformazione agraria quale premessa della riforma agraria.

Se quanto vi ho sinora detto è vero, non vedo proprio come si possa asserire che la legge sulla Cassa per il Mezzogiorno consolidi i rapporti attuali di classe e che serva soltanto a fare beneficiare dei tanti miliardi da spendere nel Mezzogiorno quei latifondisti che, invece, con la contemporanea legge sulla riforma agraria, saranno addirittura espropriati! E non vedo neanche perché questa legge debba servire a favorire i monopoli del nord od i gruppi monopolistici del sud, siano essi i gruppi della S.M.E (come è accennato nella relazione della minoranza) siano essi i gruppi monopolistici di altre società elettriche,


come la Società generale elettrica della Sicilia, verso la quale, come i colleghi della Commissione senatoriale di ratifica sanno, io non ho mai dimostrato alcuna particolare simpatia, se e in quanto essa intenda presentarsi come società ohe tenda al monopolio dell'energia elettrica in Sicilia.

Sorvolando sulle varie censure minori che sono state proposte contro il disegno di legge, voglio accennare ora alla critica fondamentale dell'insufficiente stanziamento. Si dice: badate che, anche al fine limitato dell'attuazione del previsto piano di opere pubbliche, il finanziamento che la legge assicura è insufficiente.

Ma ciò è stato detto con assoluta sincerità dal relatore della maggioranza, del quale ho letto quel periodo in cui si afferma che i mille miliardi possono servire ad un primo lotto di lave ri, al quale probabilmente dovrà seguire altro lotto di opere o meglio (se le condizioni economiche del nostre. Paese potranno intanto migliorare) dovrà aggiungersi altro contemporaneo lotto di lavori. Tuttavia l'onorevole Ministro, nell'altro ramo del Parlamento, ha potuto fare osservane che le cifre previste dal disegno di legge sulla Cassa per il Mezzogiorno (tenuto conto della svalutazione monetaria) superano, nella media annua, di oltre quattro volte quelle spese dal Governo fascista, per bonifiche e trasformazioni fondiarie, nel periodo di massima vantata politica meridionalistica.

Un'altra critica non credo risponda alla realtà, e cioè che, diluendo il finanziamento in dieci anni, si è impedito, anche nel campo dei lavori pubblici, quel colpo massiccio che poteva servire a scuotere la società meridionale e creare il presupposto di un migliore avvenire economico. Invece uno dei pregi della legge consiste appunto nella possibilità della immediata mobilitazione di tutte le somme destinate al finanziamento decennale delle opere pubbliche, poiché è accortamente previsto che la Cassa possa scontare, per operazioni di provvista di fendi, i contributi dovuti dallo Stato o emettere obbligazioni o contrarre prestiti, sia interni, sia esterni, per fare sì che la Cassa abbia anche subito una disponibilità tale di fondi che permetta di intervenire rapidamente ed efficacemente nello sforzo di esecuzione di opere pubbliche straordinarie dirette al progresso economico e sociale dell'Italia meridionale.


19090


Tale pregio della legge, che si aggiunge a quello della continuità degli stanziamenti e della organicità delle opere, mi induce ad essere benevolo verso di essa. E mi sembra che, nel l'esaltare tali pregi, sia il Ministro, che ha già difese la legge davanti all'altro ramo del Parlamento, sia il relatore della maggioranza, abbiano detto cose assennate. Infatti io in questa occasione ho voluto rileggere le antiche leggi speciali a favore del Mezzogiorno, e mentre ho dovuto ammirare la competenza e la perspicacia di quei legislatori, ho dovuto anche deprecare che sia allora mancata la continuità degli stanziamenti e che sia anche mancato, per immaturità dei tempi, quel concetto della bonifica integrale, il quale, collegando organicamente la bonifica della pianura alle opere della collina e della montagna, può servire a creare il presupposto di un sicuro e continuativo progresso agricolo.

In relazione con la Cassa per il Mezzogiorno voglio pei aggiungere che non mi preoccupa che non ci sia ancora un piano per la esecuzione delle opere straordinarie, poiché, a parte che io non attribuisco molto valore a tale piano generale ohe sarà formato dal Comitato dei Ministri previsto dall'articolo 1 della legge, mi pare che ci siano già nella stessa legge precise direttive per l'impiego delle somme, mentre tutti sappiamo che in alcuni rettori esistono già piani, in parte in fase di esecuzione, che attendono soltanto di essere adeguatamente finanziati, come per esempio quel programma delle irrigazioni meridionali, edito dal Ministero dell'agricoltura nel 1950, che io ho esaminato con attenzione, e di cui debbo soltanto segnalare ccn dispiacere la diminuzione prevista per la Sicilia di comprensori irrigui e di (superficie irrigabile rispetto al piano del 1947, mentre per altre regioni del Mezzogiorno il piano del 1950 prevede, sia pure per ragioni plausibili, maggiori possibilità di irrigazione rispetto al piano del 1947.

Un ultimo punto (e così ho finito questa prima parte del mio discorso), un ultimo principio su cui il disaccordo non sembra possibile, è ohe per la migliore attuazione del piano, collegato alla creazione della Cassa per il Mezzogiorno, è necessario siano suscitate le energie locali e che ci sia la migliore collaborazione delle forze locali con gli organi della Cassa.


Tale esigenza è stata largamente riconosciuta. Essa si rispecchia nella proposta dell'onorevole relatore della maggioranza di creare uffici provinciali, trova riscontro nello stesso testo della legge ohe, come vedremo, ha previsto nelle Regioni a statuto speciale la collaborazione delle amministrazioni regionali ed è anche in re ipsa, poiché non si può sperare nel pieno successo del piano di opere straordinarie se non esiste una continua collaborazione tra coloro che debbono progettare ed attuare il piano, ed i rappresentanti delle popolazioni che debbono beneficiare di tali opere straordinarie, siano essi rappresentanti nazionali, regionali, provinciali o comunali.

Se, dopo un meditato esame del disegno di legge che è sottoposto alla nostra approvazione, non posso non essere sostanzialmente di accordo sia sui fini dà conseguire sia anche sul modo di acquisire i mezzi finanziari (pur dolendomi che essi non siano più ingenti), debbo dichiararmi invece in disaccordo —in ciò mi avvicino alle critiche che sono state avanzate dai più vari settori — per quanto riguarda lo strumento, l'organizzazione prevista per raggiungere tali fini e per spendere tali somme.

Onorevoli colleghi, di ohe cosa si tratta precisamente? Si tratta della ipotesi veramente grave che una parte notevole dell'amministrazione pubblica possa essere staccata dall'organizzazione più propriamente statale ed attribuita ad un ente pubblico.

Non è da dubitarsi infatti ohe i fini che si vogliono raggiungere con la Cassa siano fini propri di qualsiasi Stato, sia esso uno Stato liberale di vecchio tipo, sia esso uno Stato che intervenga attivamente nel campo economico. Ed invero, sin dagli albori della nostra vita unitaria si sono fatte delle bonifiche e si sono fatte con mezzi dello Stato ed attraverso gli organi dello Stato, anche se queste bonifiche, anche a causa della legislazione allora vigente, non siano state distribuite equamente in tutte le parti del nostro: territorio.

La stessa legge sulla Cassa ci ammonisce poi che in questo caso l'ente pubblico che si vuole creare non può non essere strettamente equiparato ad una amministrazione di Stato con tutti i suoi poteri di imperio.


19091


Anzi la legge che esaminiamo ha avuto un particolare destino, e cioè gli ideatori del disegno di legge sono partiti da determinate premesse, che erano rigorosamente collegate con la creazione di un ente pubblico, mentre nella Camera dei deputati l'organizzazione ed il funzionamento della Cassa sono stati alquanto avvicinati alla organizzazione statale divergendo così da quelli tradizionali dell'Ente pubblico.

Così, ad esempio, la Cassa per il Mezzogiorno è stata equiparata alle amministrazioni statali per quanto riguarda le acque pubbliche; ed in tatti c'è un articolo 3 che stabilisce che «alla Cassa per il Mezzogiorno' ai applicano le norme stabilite dal testo unico 11 dicembre 1933 n. 1775, per le amministrazioni dello Stato». Così anche, secondo l'articolo 8, si applicano possibilmente alla Cassa per il Mezzogiorno le norme vigenti per l'esecuzione delle opere pubbliche di competenza del Ministero dei lavori pubblici.

Pertanto, come ha fatto notare il relatore della maggioranza, molti presupposti di scioltezza e di snellezza della Cassa possono venire a mancare, appunto perché, per la forza incoercibile delle cose, si è sentita la necessità di applicare norme che riguardano l'amministrazione dello Stato all'amministrazione di questo ente pubblico che attua in sostanza i compiti di uno speciale Ministero.

Io mi sono più volte domandato ed ho più volte domandato come mai è stata scelta la forma dell'ente pubblico per attuare le opere straordinarie nell'Italia meridionale ed insulare, ed ho anche ricercato a quali «precedenti» si «omo potuti ispirare gli ideatori della Cassa per il Mezzogiorno.

Essi non hanno certamente trovato precedenti nelle vecchie leggi speciali per il Mezzogiorno. Nella relazione della maggioranza si dice che allora la questione meridionale fu affrontata con organismi al di fuori del classico apparato burocratico. Questo non mi sembra vero o non mi sembra del tutto vero. Io vi richiamerò solo un articolo che mi pare ben delinei il tipo di quella organizzazione burocratica, cioè l'articolo 1 del Regolamento approvato con regio decreto 26 marzo 1905, che così dice:


«Il commissariato civile (per la Basilicata) è alla diretta dipendenza del Ministero dei lavori pubblici ed ha la rappresentanza di esso Ministero e di quelli dell'agricoltura, dell'industria e commercio per tutto quanto ha riguardo la esecuzione delle opere contemplate dalla legge medesima (la legge del 1904) comprese le bonifiche». (E qui faccio una parentesi per fare notare che allora si poté superare la difficoltà che è stata opposta recentemente contro la costituzione di una Azienda di Stato, cioè che un organo burocratico non possa contemporaneamente dipendere da più Ministeri o quanto meno rappresentarli od attuare i compiti di più Ministeri). Si noti che successivamente, con la legge 9 luglio 1908. n. 445, le funzioni del Commissario civile furono addirittura attribuite al Prefetto di Potenza.

È appena il caso di accennare che un «precedente» non si può nemmeno riscontrare ne' famoso Commissariato civile per la Sicilia del 1896 che dette luogo a vivaci polemiche politico-giuridiche in cui intervennero un uomo che sedette in questi banchi, il senatore Mosca, ed un uomo che tuttora onora il nostro Senato, l'onorevole Orlando. Il Commissario per la Sicilia era un Ministro senza portafoglio, che avendo in Sicilia parte delle attribuzioni di cinque Ministeri dipendeva però in modo singolare dal Ministro dell'interno.

Altri precedenti della Cassa per il Mezzogiorno non possono nemmeno essere ravvisati nei vari enti pubblici che sono esistiti ed esistono in Italia, neanche in quegli enti pubblici che sono stati citati nella relazione della maggioranza, cioè negli enti stradali e negli enti di bonifica, poiché si trattava e si 'tratta dì enti per l'esecuzione di. de terminate specifiche opere, non di un complesso imponente ed organico di opere straordinarie tale da richiedere quei mezzi eccezionali e quei poteri singolari attribuiti alla Cassa per il Mezzogiorno, che diventerà forse il supremo regolatore di tutta l'attività economica del Mezzogiorno.

Un esempio che è stato probabilmente studiato e tenuto presente dagli ideatori della legge in esame è quello della Tennessee Valley Authority del 1933, in cui venivano perseguiti fini che possono, essere ravvicinati a quelli che si intendono raggiungere con la nostra Cassa.


19092


Ed infatti il Presidente Roosevelt poteva allora asserire che «l'Autorità della valle del Tennessee, impresa con poteri di Governo, ma con la flessibilità e l'iniziativa di una impresa privata, dovrà provvedere alla pianificazione, conservazione, sviluppo delle risorse naturali del bacino del Tennessee e del suo territorio, per il benessere generale, sociale ed economico della Nazione». Sono parole che abbiamo quasi letto nelle relazioni al disegno di legge sulla Cassa per il Mezzogiorno e udito nelle discussioni parlamentari, nelle quali, del resto, è stato esplicitamente ricordato l'esempio della T. V. A.

Ma se si vuole richiamare tale precedente, si dimentica che esso si collega con un diverso si&tema costituzionale. La forma «della impresa simile a quelle private ma con poteri di Governo» fu escogitata negli Stati Uniti per (superare le difficoltà che la forma federale dello Stato creava ad opere pubbliche da effettuarsi in vari Stati membri. E tale «impresa» presuppone anche una diversa forma di Governo, quella del Governo presidenziale, in cui i capi dei Dipartimenti non rispondono al Parlamento (cioè al Congresso), ma soltanto al Capo dello Stato.

Onorevoli colleghi, ho letto la legge Norris del 1933 ed ho notalo anche che, nonostante quella dichiarazione del Presidente degli Stati Uniti, la T.V.A. non è cosi sciolta da vincoli come a prima vista si potrebbe credere. Anzitutto il board dei tre amministratori della T.V.A. viene nominato dal Presidente degli Stati Uniti con il consenso del Senato come avviene per la nomina degli alti funzionari dello Stato. Ed il Presidente esercita un largo controllo ed in un caso h; esercitato liberamente il suo diritte di rimuovere i dirigenti della T.V.A. C'è poi un riscontro contabile del Controllore generale (che corrisponde a quello della Corte dei conti), che deve inviare annualmente una relazione al Congresso. Infine, singolarità proprio notevole, le somme veramente cospicue versate dallo Stato (fino al 1948 la T.V.A. aveva avuto 717,5 milioni di dollari) vengono amministrate in massima parte dal Congresso; e quando la T.V.A. ha chiesto di potere amministrare direttamente tutti i fondi ha offerto di corrispondere gli interessi allo Stato.


È chiaro, così, che siamo in un diverso ambiente, sia costituzionale, sia finanziario, per cui quel precedente, che in verità è stato invocato nell'altro ramo del Parlamento, non ha in verità alcun significato rispetto alla Cassa.

Accennerò soltanto che nemmeno possono essere richiamate le leggi inglesi sulle aree de presse (le leggi del 1934, del 1937, e quella recente laburista del 1945), poiché con esse non si tende alla bonifica integrale ed alla valorìzzaziione dell'agricoltura, ma ad impiantare industrie nelle zone depresse. L'impianto di industrie avviene m questa forma singolare: uà funzionario del Board of trade promuove la costituzione di società finanziate dal Governo, che senza fini di lucro provvedono a sistemare aree adatte alle industrie e a costruirvi stabilimenti (gli enti pubblici locali provvedono contemporaneamente a dotare la zona dei servizi pubblici indispensabili), che vengono poi affittati ai privali a condizioni di favore.

Ci pare sia possibile concludere che la forma di organizzazione dell'Ente pubblico scelto per la Cassa per il Mezzogiorno (la quale dovrà spendere la maggior parte delle somme destinate alle opere di pubblico interesse nel Mezzogiorno d'Italia), non ha precedenti nella nostra legislazione e neanche in quella straniera.

Ma io vorrei ora richiamare la vostra attenzione su una contraddizione che giova porre bene in luce. Noi stiamo discutendo due leggi, il cui oggetto è identico, poiché con esse si tende ad eseguire opere pubbliche straordinarie, per elevare il tenore di vita delle popolazioni delle aree depresse, dovunque si trovino nel nostro Paese.

Per nostra disgrazia, tutte le regioni meridionali rappresentano, sia pure con una certa graduazione, aree depresse. Nell'Italia centro settentrionale, invece, fortunatamente, le zone depresse rappresentano limitate isole di depressione entro zone economicamente prospere.

Ora, se è vero che l'oggetto è identico, ie cioè la depressione economica, se è vero (ed in ciò mi richiamo alla relazione della maggioranza, sulla legge sulla esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale) che neanche l'intensità di depressione è diversa, poiché nelle zone depresse


19093


dei centronord si hanno fenomeni economici e sociali identici a quelli delle zone de presse del Mezzogiorno, io non vedo perché venga proposta una organizzazione radicalmente diversa per il Mezzogiorno d'Italia e per il centronord d'Italia, per eseguire le previste opere straordinarie.

Non voglio trarre tutte le conseguenze che in sede politica si sono tratte da tale diversità di organizzazione ed asserire che per il Mezzogiorno si sono ritenuti preferibili metodi non precisamente di libertà; io invece ritengo che coloro che hanno ideato la Cassa per 1 Mezzogiorno si sono in buona fede proposti di ottenere la massima rapidità nella esecuzione delle opere.

Ma nonostante ciò il divario appare poco razionale, per cui qualcuno che creda nella efficacia dell'Ente pubblico, come il nostro collega Merzagora, ha proposto che, alla pari che nel Mezzogiorno, sia costituito, per le zone depresse del centronord, un altro ente pubblico. Ieri, invece, il relatore, onorevole Canaletti Gaudenti, interrompendo l'onorevole Merlin, ha negato di avere proposto un nuovo ente pubblico per la esecuzione con j previsti duecento mi liardi delle opere straordinarie nel centro nord, ed ha dichiarato (come si può del resto accertare leggendo la sua relazione) che il suo intento idra di ottenere provvedimenti distinti per ciascuna zona del centrosettentrione, ritenuta ad economia depressa.

Ma, non insistendo sulla incongruenza or ora notata, vorrei ora esaminare quali sono le ragioni addotte per formare un ente pubblico che abbia il compito di predisporre i programmi, di finanziare e di eseguire le opere secondo quanto dispone l'articolo 2 della legge sulla Cassa per il Mezzogiorno. Voi le conoscete, ma è bene richiamare ancora alla memoria il principale argomento. Sì dice: noi creiamo un ente pubblico perché vogliamo che la esecuzìone dei lavori, attraverso un Ente liberato dalle pastoie burocratiche, sia pronta. Non mi soffermerò sul fatto che questa è una precisa confessione di impotenza degli organi normali dello Stato italiano che è veramente singolare venga consacrata in una legge.


ZOTTA. Si potevano modificare.

RIZZO GIAMBATTISTA. Si poteva infatti modificare l'attuale organizzazione burocratica e si poteva attuare un grande esperì mento di semplificazione di formalità e di controlli statali. Io ho avuto l'onore di far parte della Commissione per la riforma dell'amministrazione, presieduta dal compianto professore Forti, che ha suggerito proprio come giungere a tale semplificazione.

Ma, per il momento, richiamandomi a quel che sarebbe il principale vantaggio della Cassa per il Mezzogiorno, la rapida esecuzione dei lavori, io obietto che non possiamo ancora prevedere con quanta e soprattutto con quale burocrazia la Cassa agirà. Le tabelle organiche del personale saranno approvate con decreto del Presidente del Consiglio ed il personale sarà assunto con prevalenza (in proposito avrei preferito che si fosse mantenuta la percentuale del 90 per cento) fra i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici. Ma con ciò non sappiamo quali funzionari saranno effettivamente distaccati od assunti, cioè se si troveranno veramente quegli uomini di alto valore che invoca il relatore della maggioranza. Se non si troveranno, noi indubbiamente potremo avere una burocrazia lenta come quella statale.

Ma c'è ancora un punto da considerare, e cioè che la Cassa per il Mezzogiorno avrà continuamente bisogno di coordinare la propria opera con quella delle 'amministrazioni statali e delle amministrazioni regionali. Io voglio augurare ohe, pure essendo fuori della organizzazione statale, gli amministratori della Cassa avranno il prestigio necessario per superare le inevitabili questioni che sorgeranno dal coordinamento. Ma è bene non nascondere che, da pochi o da molti funzionari dello Stato, la formazione della Cassa per il Mezzogiorno è stata intesa come una manifestazione di sfiducia verso burocrazia italiana, per cui non è da escludere (e non ci sarà forza di Ministro che potrà evitarlo) l'inconveniente che questo stato d'animo impedisca alla Cassa per il Mezzogiorno di raggiungere, in sede di coordinamento delle opere o in altro campo, quei rapidi risultati che gli ideatori della Cassa hanno previsto.


19094


Ma rispetto alla snellezza della organizzazione della Cassa tale da permettere una pronta esecuzione delle opere, non bisogna infine dimenticare quello che si è detto, e cioè che dopo avere creato la Cassa come ente pubblico si è sentito il bisogno di innestarla nell'organizzazione dello Stato. Pertanto rimane insoluto questo dilemma: o si riteneva davvero che soltanto l'Ente pubblico poteva garantire il pronto raggiungimento dei fini della legge, ed allora non era davvero necessario fare poi uno sforzo per inserirlo nell'organizzazione dello Stato, oppure questo inserimento nella organizzazione dello Stato era assolutamente necessario ed allora non si vede perché non si è creata quell'azienda di Stato che è stata invocata da più parti, e non soltanto da oppositori ma anche da gruppi politici che sostengono l'attuale formazione governativa.

Per dimostrare come la Cassa si sia dovuta discostare dalle premesse aderenti alla sua natura di Ente pubblico, mi riferirò soltanto alla dichiarazione dell'onorevole Scoca nell'altro ramo del Parlamento, che c'è stato «uno sforzo di inserire l'Ente nell’organismo dello Stato», Del resto ho già ricordato che il relatore della maggioranza lamenta che con il richiamo delle norme vigenti per l'esecuzione di opere pubbliche si entra in quel classico apparato burocratico che con la nuova istituzione si voleva evitare.

Ma, a parte il predio (come si è visto assai dubbio) della rapidità, dovuta alla pretesa eliminazione degli ostacoli burocratici, si osserva che con la creazione dell'ente pubblico viene assicurata la continuità delle opere al di sopra di ogni contingenza politica. Qui mi pare che si indulga al mito, che può essere pericoloso, del tecnico puro che sia quasi al di fuori del tempo e dello spazio, per cui, in questa materia così dedicata di scelta di mezzi e di fini sociali e politici (si pensi alla ripartizione dei benefici fra le Regioni meridionali ed alla connessione della bonifica con la riforma fondiaria) sia possibile disinteressarsi dei presupposti politici che condizionano la scelta di tali fini e mezzi.

Io non so come l'ente pubblico «Cassa per il Mezzogiorno» possa essere — per usare una espressione corrente — sganciato dalla politica; ed in particolare non vedo come domani,


se l'indirizzo politico dovesse mutare (tanto più se esso mutasse radicalmente), potrebbe sostenersi una continuità di attività che presuppone la permanenza di determinate direttive nel campo governativo. Credo' di essere facile profeta prevedendo fin d'ora che in quel caso il presidente della Cassa per il Mezzogiorno, chiunque esso sia, anche se «tecnico puro», dovrà dare subito le sue dimissioni ove non si adeguasse alle nuove direttive.

Altro pregio della Cassa, che si è molto sottolineato, è quello della possibilità di operazioni finanziarie. Ora, per quanto riguarda i prestiti interni, faccio osservare" che un'azienda di Stato si trova alla pari di un ente pubblico; e noi sappiamo, ad esempio, che l'azienda autonoma delle ferrovie dello Stato ha potuto benissimo lanciare un prestito per procurarsi i mezzi atti ad accelerare l'attuazione del programma di ricostruzione e di potenziamento delle ferrovie.

Per quanto riguarda i prestiti esteri, sono particolarmente dubbioso che la Cassa possa ottenerli più agevolmente di una Azienda di Stato, perché, nell'attuale stato del mondo diviso in due blocchi, io non vedo come si possano ottenere prestiti esteri indipendentemente da certi presupposti politici. Cosicché è molto più probabile che i prestiti si ottengano dallo Stato attraverso suoi organi, che indipendentemente dallo Stato.

Infine mi sembra proprio una ingenuità dire che, con la formazione di una Cassa, cioè di un ente pubblico, noi abbiamo creato un... perfetto creditore il quale si farà valere nel modo migliore nei confronti dello Stato (che si suppone possa domani mancare ai suoi obblighi finanziari) e che si farà valere anche opportunamente nei confronti degli industriali che debbono versare alla Cassa le quote di ammortamento dei finanziamenti ad essi concessi dallo Stato.

Ora io vorrei far notare una contraddizione: da un canto si dice che la Cassa si trova nella migliore condizione per esercitare il suo diritto di credito verso lo Stato e dall'altro si dice che gli stanziamenti a carico del bilancio dello Stato dovranno essere annualmente votati in sede di votazione del bilancio del Ministero del tesoro, se anche è da credere che in realtà essi saranno senz'altro votati.


19095


Tale tesi mi sembra del tutto ortodossa dal punto di vista costituzionale; ed essa è stata opposta dal Governo per dimostrare che la Cassa in realtà non viene sottratta ai controlli del Parlamento. Ma in tal caso come può magnificarsi la veste di creditore della Cassa?

Mi pare così di avere dimostrato che i particolari pregi di una organizzazione, come quella della Cassa, sono inesistenti; né voglio considerare ora l'accusa che un ente pubblico possa essere meglio colpito con manovre disoneste, perché la corruzione è una mala pianta che, purtroppo, può allignare presso enti pubblici come presso uffici statali od enti privati.

L'assenza di particolari pregi dell'Ente pubblico doveva di per sé stessa indurre a non seguire vie nuove ed a preferire quindi la soluzione dell'azienda autonoma di Stato. Credo che questa via dovesse essere seguita; e ritengo che si sarebbe potuto attuare anche l'esperimento altamente lodevole di una nuova organizzazione burocratica statale sciolta da quei controlli che potevano essere riconosciuti insopportabili. Il mio amico Petrilli, che quale Ministro si occupa della riforma burocratica, avrebbe potuto cominciare a suggerire, per accelerare l'azione dell'Azienda autonoma, particolari rimedi, che del resto sono consacrati nei volumi della Commissione per la riforma dell'amministrazione sui quali, probabilmente, neg]li archivi ministeriali, è caduta molta polvere!

Creando l'Azienda autonoma si sarebbe potuto dare effettivamente vita e corpo a quello che ieri, nell'assenza di mezzi finanziari e di apparato burocratico, fu chiamato (forse un po' pomposamente) Ministero del Mezzogiorno, soltanto perché si era dato incarico ad un Ministro senza portafoglio di studiare tutti i problemi del Mezzogiorno. Oggi che invece vi è la sostanza di un vero dicastero del Mezzogiorno per risolvere organicamente i suoi problemi di lavori pubblici ed in particolare quelli della bonifica (non dimentichiamo che cento miliardi di stanziamenti annui rappresentano una cifra di gran lunga maggiore degli stanziamenti di parecchi Ministeri) non si è voluto attuare lo esperimento di una Azienda di Stato sotto la direzione responsabile di un Ministro!


Ma, onorevoli colleghi, e chiedo scusa se impegno ancora la vostra attenzione, poiché la questione m esame è stata sempre affrontata nelle sue linee generali, ritengo opportuno scendere a qualche dettaglio, per vedere come in realtà i sostenitori della Cassa abbiano organizzato i controlli sull'Ente pubblico chiamato ad esercitare cosi delicate funzioni statali. A questo proposito, desidero subito sottolineare che vi è una strana discordanza tra le dichiarazioni (pure autorevoli) sui controlli, e' la rea tà che debbo desumere dal testo legislativo, perché, per quanto autorevoli siano quelle dichiarazioni fatte naturalmente in perfetta bucna fede, se esse non trovano riscontro nel testo legislativo, siamo tenuti ad attenerci alla legge. Ad esempio, il Ministro Campilli, in un suo scritto nella rivista «Civitas» (come vede, onorevole Campilli, sono andato a leggere anche quello che lei ha scritto oltre che quello che ha detto nell'altra Aula parlamentare), afferma: «non è vero che la sorveglianza sia limitata al consuntivo, perché il Parlamento sarà chiamato a portare il suo esame anche sul preventivo delle opere, elaborato da un comitato interministeriale». Ed il relatore della maggioranza, con maggiore cautela, soggiunge: «Il Ministro designata (a presiedere il Comitato interministeriale) dovrebbe — ha usato il condizionale, ed in ciò sta la opportuna cautela — essere il Ministro responsabile della gestione della Cassa di fronte al Parlamento».

A riscontro di questa dichiarazione io vorrei ora pregare l'onorevole Ministro di chiarirmi un rebus, che non sono riuscito a risolvere. Desumo dal resoconto sommario della seduta del 12 luglio scorso della Camera dei deputati un emendamento dell'onorevole Riccio, in questo seno: «Il Presidente del Comitato dei Ministri risponde, innanzi al Parlamento, dell'attività del Comitato stesso e della vigilanza sulla Cassa a lui deferita». L'emendamento risulta «approvato». Dove sia andato a finire questo emendamento approvato» non riesco proprio a comprendere, poiché non lo ritrovo nel testo votato dalla Camera e trasmesso al Senato della Repubblica. Può darsi che, nonostante la loro diligenza che tutti conosciamo, i resocontisti siano incorsi in errare, ma è necessario tornare ad accertare quale fu il testo effettivamente votato.


19096


Comunque, di fronte a quelle dichiarazioni ufficiali, vediamo ora quale è in realtà il controllo sulla Cassa da parte del potere esecutivo e quindi idei potere legislativo. Su questo non sono del tutto d'accordo con gli oratori che mi hanno preceduto in quanto essi hanno tenuto a staccare il controllo che il potere esecutivo può esercitare sulla Cassa per il Mezzogiorno dal controllo che può esercitare il potere legislativo, cioè il Parlamento'. In verità, essendo ben raro che il Parlamento possa esercitare un suo controllo diretto e continuativo su un Ente pubblico, il controllo più continuativo ed efficace viene esercitato indirettamente, cioè in rapporto all'estensione e misura del controllo che il potere esecutivo esercita sull'ente pubblico. Cosicché se vogliamo che il controllo del Parlamento sulla Cassa sia il più largo possibile dobbiamo augurare che il Governo sorvegli nel modo più completo e continuo l'Ente, perché attraverso il potere esecutivo noi verremo anche a controllare Ila Cassa per il Mezzogiorno.

Esaminando il testo legislativo noto che vi sono particolari deliberazioni della Cassa per il Mezzogiorno in cui il potere esecutivo partecipa rendendolo efficace al processo di formazione dell'atto della Cassa e quindi, come ho detto, vi è un certo controllo del Parlamento. Così, per quanto riguarda la deliberazione con cui il Ministro del tesoro approva il tasso in base a cui può avvenire la capitalizzazione delle annualità dei contributi, dei sussidi e dei concorsi previsti dall'articolo 5; così (articolo 16} per quanto riguarda l'altro provvedimento con cui il Ministro del tesoro approva la emissione di obbligazioni o di prestiti oppure approva la garanzia dello 'Stato per il pagamento del capitale e degli interessi delle obbligazioni da emettere o dei prestiti che la Cassa contrae. In questi casi attraverso il controllo che in sede parlamentare può essere esercitato sull'atto del Ministro del tesoro, si raggiunge indubbiamente il fine di un indiretto controllo sulla Cassa. E così, per fare un altro esempio (non posso citare tutti i casi) se le tabelle organiche del personale della Cassa, approvate con decreto del Presidente del Consiglio, non rispondono a criteri di opportunità o addirittura non sono conformi a legge, attraverso la censura del provvedimento del Presidente del Consiglio, si ha la possibilità di un controllo parlamentare sulla Cassa.


Ma questi sono casi eccezionali nella attività dell'Ente; e bisogna ora considerare, ai fini del controllo ed in particolare del controllo parlamentare, le varie fasi dell'iter per l'attuazione delle previste opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale. Esse sono: piano, programma particolare, progettazione, esecuzione.

Anch'io partecipo un po' alla sfiducia degli oratori che mi hanno preceduto verso il piano formulato dal Comitato dei Ministri, che non può avere quella importanza ohe un piano ha in altri Paesi dove tutta l'economia è pianificata ed il piano diventa legge dello Stato.

Ma, per quanto riguarda la Cassa, il piano generale non può avere grande importanza per quello stesso che impone l'articolo 1. Nell'articolo 1 è detto che il Comitato dei Ministri formula un piano generale per l'esecuzione, durante il decennio' 19501960, di opere straordinarie dirette m modo specifico al progresso economico e sociale dell'Italia meridionale, coordinandolo con i programmi di opere predisposti dalle amministrazioni pubbliche.

Ora, siccome non credo che le amministrazioni pubbliche iposaano fare programmi decennali di opere essendo esse vincolate al bilancio che è annuale, non vedo come sia possibile fare un piano che possa utilmente coordinarsi con i programmi di quelle opere che rimangono a carico dei Ministeri. Infatti la legge prevede a carico della Cassa particolari opere straordinarie di pubblico interesse, per cui restano fermi non solo gli stanziamenti di bilancio per le opere ordinarie ma anche (come dispone l'ultimo comma dell'articolo 1) gli stanziamenti per le opere, anche straordinarie, alle quali lo Stato provvede con carattere di generalità.

Se il piano non può avere in realtà l'importanza prevista, viene anche eliminata sostanzialmente la preoccupazione delle Regioni a statuto speciale idi non potere influire sulla formazione di questo piano, dato che il mancato intervento delta Regione in questa prima fase non può pregiudicare gli interessi regionali.

Vengo ora alla seconda fase, quella del programma annuale.


19097


Qui il discorso deve essere diverso perché i programmi particolari della Cassa si fanno anno per anno, si possono utilmente coordinare con i programmi dei Ministeri ed indicano precisamente le opere pubbliche che debbono essere eseguite. Tali programmi, predisposti dalla Cassa, dopo la approvazione del Comitato dei Ministri, sono, comunicati al Parlamento.

Ora, se la approvazione chiude il processo formativo del programma particolare, io non vedo come il controllo del Parlamento, che dovrebbe esercitarsi sulla base di quella «comunicazione», possa essere qualificato controllo preventivo. A me, onorevole Ministro, sembra che la comunicazione che il Governo fa al Parlamento del programma particolare non è sostanzialmente diversa da quelle comunicazioni che, nell'esercizio delle sue funzioni ispettive, cioè eli controllo politico-amministrativo, il Parlamento può richiedere di qualsiasi 'atto della pubblica Amministrazione. Quindi, rispetto al programma particolare, noi dobbiamo concludere che non è possibile che sia esercitato dal Parlamento alcun controllo preventivo.

Passo adesso ad un punto delicatissimo, che non ho visto trattato dai precedenti oratori. Esso si riferisce non più al programma particolare ma alla fase dell'esecuzione. L'articolo 8 h,a una importanza eccezionale, poiché in sostanza demanda alla Cassa di scegliere i canali attraverso cui attuare le opere pubbliche straordinarie. Il legislatore statuisce: c'è un procedimento normale, che è quello di affidare l'esecuzione delle opere pubbliche ai consorzi di bonifica e di irrigazione o ad enti pubblici o ad organi burocratici. C'è poi un procedimento che non definisco anormale, perché la parola potrebbe suonare male, ma eccezionale (è mia convinzione però che a tale procedimento si ricorrerà ben spesso) quello cioè della esecuzione diretta, attraverso gli organi della Cassa per il Mezzogiorno, cioè probabilmente attraverso quegli uffici provinciali della Cassa invocati dal relatore della maggioranza.


Ora, onorevoli colleghi, per attuare questa scelta fra esecuzione diretta e le varie forme di esecuzione indiretta non basta compiere un esame tecnico. Attribuire la esecuzione delle opere all'uno o all'altro concessionario, ai consorzi di bonifica o di irrigazione anziché alle aziende di Stato o ad enti pubblici, significa attuare una scelta politica, scelta politica che la Cassa per il Mezzogiorno fa senza alcun controllo parlamentare. Questo è un punto su cui chiedo schiarimenti da parte dell'onorevole Ministro.

Perché, e con ciò torno al punto da cui sono partito, se fosse vero quello che è stato dichiarato così autorevolmente, io mi sentirei perfettamente tranquillo e non starei ancora a tediarvi con il mio discorso, Ma nel testo legislativo trovo invece un articolo, l'articolo 23, che suscita ogni perplessità. Il controllo di legittimità sugli atti della Cassa, in relazione anche con quanto stabilisce l'articolo 100 della Costituzione (veramente l'articolo 100 della Costituzione lo attribuisce alla Corte dei conti) viene attribuito al Collegio dei revisori dei conti. Ed in proposito io vorrei osservare che, di fronte ad un consiglio di 'amministrazione che avrei preferito meno numeroso, non può essere mantenuto un Collegio di revisori composto solo da tre membri, perché a tale Collegio viene attribuito il controllo di legittimità ed il riscontro contabile sulla Cassa che è un superdicastero.

Ma, se il controllo di legittimità spetta al Collegio dei revisori, quale è il preciso significato dell'articolo 23 del disegno di legge? Io chiederei, onorevole Ministro, alla sua cortesia di spiegarmi che cosa significhi precisamente la «vigilanza sulla gestione della Cassa» attribuita al Presidente del Consiglio o al Ministro designato. Infatti vigilanza è il termine tecnico dell'esercizio della funzione pubblica che corrisponde al controllo di legittimità, controllo di legittimità che è invece attribuito al Collegio dei revisori.

Allora, cosa è la vigilanza sulla gestione di cui il Ministro dovrebbe rispondere davanti al Parlamento?

Bisogna tenere ben presente che il Ministro in tanto può rispondere davanti al Parlamento in quanto ha facoltà di agire e per quegli atti che possano comunque ricollegarsi ad una sua manifestazione di volontà;


19098


ed anzi il presupposto della irresponsabilità del Capo dello 'Stato è che non può agire se non insieme con un Ministro: che diventa responsabile dell'atto da lui voluto. Ora in base al te steì legislativo, sembrerebbe che la «vigilanza sulla gestione» debba essere intesa in relazione con l'articolo 24, cioè in relazione con il controllo straordinario sulle persone (non sugli atti) che può portare a'  io scioglimento del Consiglio di amministrazione dell'Ente. Il Ministro eserciterebbe la vigilanza sulla gestione della Cassa soltanto per vedere se ricorrano quelle gravi irregolarità di gestione che possono portare allo scioglimento del consiglio di amministrazione. Ma in tal caso anche la funzione ispettiva del Parlamento, che si esercita attraverso l'interrogazione, la interpellanza e la mozione, sarebbe singolarmente diminuita perché il Ministro normalmente non agirebbe e dovrebbe dare conto soltanto dell'accertamento delle gravi irregolarità di gestione che possano portare al menzionato scioglimento.

Onorevoli colleghi, ho cercato di dimostrarvi come la concezione di questo Ente pubblico, che originariamente rispondeva a certi presupposti che pure sono apprezzabili, sia andata man mano modificandosi per cui, senza realizzare i vantaggi di un ente pubblico completamente sciolto da speciali vincoli e controlli, non si è realizzato pienamente neanche quello che era il corrispettivo di tale imposizione di particolari vincoli, e cioè un continuo ed efficace controllo parlamentare.

Questa incongruenza mi pare che debba essere eliminata; sarà eliminata oggi, sarà certamente eliminata domani, soprattutto quando, come ci auguriamo, finalmente potremo porre mano alla riforma dell'amministrazione.

Se io parlo anche di «domani», è perché si pone a noi tutti un caso di coscienza che deriva dalla dichiarazione del Governo della necessità o, quanto meno, della somma opportunità di approvare subito la legge nel testo votato dalla Camera per potere permettere l'immediata organizzazione della Cassa ed il pronto inizio, in relazione con gli stanziamenti per l'esercizio finanziario 19501951, di quelle opere pubbliche che debbono dare l'avvio al risorgimento materiale del Mezzogiorno.


Ed è perciò che voglio anche accennare ad un mezzo eventuale per diminuire l'inconveniente della formazione di un ente pubblico di quel tipo, con gli effetti che si sono visti sul controllo parlamentare. Voglio cioè proporre all'onorevole Ministro, e quindi al Governo, di meditare seriamente sulla possibilità, se veramente si vuol realizzare ciò che il relatore ha posto al condizionale e che il Ministro ha dichiarato effettivamente esistente, se si vuole cioè permettere un concreto, efficace controllo del Parlamento, di porre un Ministro non già a vigilare sulla Cassa m quella forma ibrida e poco comprensibile che poco fa vi ho illustrato, ma addirittura a capo della Cassa per il Mezzogiorno, cioè di nominare presidente della per il Mezzogiorno (come ieri del resto mi pare accennasse il senatore Mancini) un Ministro responsabile davanti al Parlamento.

In tal caso, se non tutte, almeno buona parte delle critiche che io vi ho esposte potrebbero essere eliminate e potrebbe essere raggiunto quel fine che è essenziale, alla pari del progresso deile popolazioni meridionali, di salvaguardare i delicatissimi rapporti dei sommi poteri dello Stato che debbono essere sempre tenuti presenti dal legislatore non soltanto per le evenienze attuali, ma anche per le evenienze future, non potendo a cuor leggero formare un precedente che senza contribuire alla disintegrazione dello Stato cui ieri accennava il senatore Grieco, può però alterare quella forma di Governo parlamentare che noi abbiamo realizzato e che vogliamo mantenere nella pienezza del suo significato. (Interruzione del senatore Conti).

Quindi spero che nella risposta ehe l'onorevole Ministro darà a tutti gli oratori intervenuti nella discussione generale, vorrà spendere anche una parola siu questa mia proposta subordinata, che pur non risolvendo il problema, può avviarlo ad una giusta soluzione.

Sono quasi alla fine del mio discorso. Vorrei però esprimere brevemente la mia opinione anche sui rapporti fra la Cassa per il Mezzogiorno e le Regioni a statuto speciale, la Sicilia e la Sardegna.

È un argomento scabroso, ma che voglio affrontare con la mia abituale chiarezza, per la sostanziale difesa degli interessi di quelle regioni.


19099


Ho già accennato alla proposta di fare intervenire nel Comitato dei Ministri il Presidente della Regione: su questo punto mi pare che non sia necessario soffermarsi ulteriormente perché ho già dimostrato che, se il Presidente della Regione mancherà nel Comitato dei Ministri, ciò non provocherà grandi inconvenienti.

Vengo ora all'articolo 25 del disegno di legge che mi sembra possa essere approvato con un opportuno chiarimento.

L'articolo 25 parte da un presupposto, che è in perfetta aderenza con le norme costituzionali degli statuti speciali, e cioè che i programmi particolari delle opere relative alla Sardegna ed alla Sicilia sono predisposti dalle amministrazioni delle regioni d'intesa con la Gassa. Il procedimento viene in questo caso rovesciato; è la Regione attraverso i suoi normali organi e non la Cassa che predispone i programmi particolari, come è la Regione siciliana che predispone il piano di lavori pubblici dell'articolo 38 del suo Statuto. Su questo punto non credo ci sia nulla da obiettare, anche da coloro che sono i più gelosi sostenitori delle autonomie regionali.

Il dissenso invece sorge rispetto a quella che ho definito la quarta fase, la fase cioè della esecuzione dei lavori. Si dice: badate che togliendo alle regioni la esecuzione delle singole opere venite a diminuire la competenza regionale in quel campo specifico.

Ora, anzitutto, il secondo comma dell'articolo 25 prevede che per l'esecuzione la Cassa debba provvedere d'intesa colle amministrazioni regionali. E, proprio in relazione con l'articolo 8, non è 'certamente escluso che le opere siano eseguite non direttamente dalla Cassa ma dall'Amministrazione regionale.

Peraltro, attribuire in ogni caso alla Regione la esecuzione delle opere (mettendo da parte la Cassa nella amministrazione dei fondi) non sempre può favorire gli interessi della Regione. Mi riferisco ad una relazione del Centro per l'incremento economico in Palermo, in cui è detto: «Circa poi l'attuazione — cioè l'esecuzione — si era considerato in un primo tempo, e quando mancava la conoscenza del disegno di legge e della redazione che lo accompagna, che all'impiego di una tale quota dovesse provvedere la Regione siciliana.


Una migliore valutazione della legge porta a ritenere invece l'opportunità che all'esecuzione stessa provveda la Cassa per il Mezzogiorno cui si conferiscono poteri e possibilità particolari, come quelli di contrarre prestiti anche all'estero, di emettere obbligazioni, di compiere tutta una gamma di operazioni che verrebbero diversamente a mancare in sede regionale».

Vorrei anche ricordare che l'articolo 14 del jo Statuto della Regione siciliana attribuisce alla Regione i lavori pubblici (le opere straordinarie della Cassa per il Mezzogiorno evidentemente non sono altro che lavori pubblici) «eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale», proprio quelle considerate dalla legge che stiamo esaminando. E l'articolo 3 dello Statuto speciale per la Sardegna attribuisce alla Regione i «lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione» e le «piccole bonifiche». Le opere pubbliche, e fra esse le bonifiche, di spettanza della Cassa per il Mezzogiorno interessano principalmente

10 Stato, non soltanto per la loro importanza e per il modo del loro finanziamento ma anche perché devono essere sentite come un dovere della collettività nazionale di intervenire a favore delle regioni tradizionalmente depresse del nostro Paese.

E vengo ora rapidamente — e con ciò ho finito — all'articolo 25 della legge sulla Cassa in relazione con l'articolo 38 dello Statuto della Regione siciliana. Se io non ritengo necessario l'emendamento Molè Raja soppressivo del terzo e quarto comma dell'articolo 25, anche perché esso potrebbe avere l'effetto di diminuire quella piena solidarietà tra le regioni meridionali senza la quale il problema meridionale non può essere risoluto, intendo però che lo articolo 38 dello Statuto della Sicilia sia pienamente mantenuto. Ed in verità l'articolo 25 non può essere inteso ohe come una applicazione dei principi dell'articolo 38 dello Statuto siciliano e mai come una menomazione, anche perché con una legge ordinaria non si può modificare una norma costituzionale quale è indubbiamente l'articolo 38 dello Statuto siciliano.


19100


Io vorrei che l'onorevole Ministro ribadisse il significato di un ordine del giorno che è stato votato dalla Camera dei deputati, ohe non è chiarissimo, ma da cui si può puro dedurre la linea di azione che è stata riaffermata, e cioè che i lavori pubblici programmati data Regione ed eseguiti in Sicilia attraverso la Cassa possono essere tenuti in conto ai fini dell'articolo 38 dello Statuto della Sicilia soltanto se e in quanto rientrino nell'articolo 38 ed influiscano sui suoi specifici scopi.

In altre parole, se ci saranno opere pubbliche che non possano conseguire né di fatto conseguano l'effetto dì aumentare in Sicilia i redditi di lavoro e la loro media in confronto della media nazionale, di tali opere pubbliche non potrà essere tenuto conto ai fini dall'articolo 38 dello Statuto.

Anche attualmente l'applicazione dell'articolo 38...

LI CAUSI. Ma non viene applicato.

RIZZO GIAMBATTISTA....ha dato luogo a difficoltà; ma indubbiamente con la buona volontà e cooperazione degli organi dello Stato e della Regione anche l'articolo 38, che è una norma costituzionale dello Stato, dovrà trovare la sua applicazione.

Onorevoli colleghi, ho cercato di esaminare forse un po' troppo a lungo le caratteristiche essenziali di questo notevolissimo progetto di legge sulla Cassa per il Mezzogiorno, aspetti essenziali che ho approvato in gran parte, se anche ho creduto di dissentire dallo strumento amministrativo con cui si intende conseguire il fine previste.

Ma poiché esiste la necessità e la possibilità che tale fine in un modo o nell'altro sia conseguito, io non posso respingere questo disegno di legge come uomo politico meridionale che conosce le ansie, le preoccupazioni, le sofferenze delle popolazioni meridionali e che spera che queste ansie, preoccupazioni e sofferenze vengano meno e siano invece esaltati lo spirito di rinnovamento e le energie riposte che sono vivissimi nelle popolazioni meridionali e che appunto hanno anche bisogno di una accorta opera di governo per potersi manifestare.


E non possa respingere il disegno di legge soprattutto come italiano perché ritengo che esso rappresenti il migliore cemento di un legame che volemmo originariamente e che abbiamo successivamente riconfermato e rinsaldato! in ogni evenienza storica.

Ieri, con parole che poterono sembrare retoriche ma tali non erano, l'onorevole Umberto Merlin ci parlò di quei cimiteri di guerra veneti in cui riposano tanti meridionali. Io vorrei che ai sacrifici delle popolazioni meridionali per l'unità, la libertà e l'indipendenza del nostro Paese corrispondesse finalmente la soddisfazione di un loro diritto, e cioè (come disse un uomo politico eminente) del diritto di partecipare a tutti i benefici della unità nazionale.

Con questo sentimento e con questo auspicio io ho esaminato e vi ho parlato del disegno di legge sulla Cassia per il Mezzogiorno. (Vivi applausi e congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Grava, il quale ha presentato anche il seguente ordine del giorno:

«Il Senato, considerata l'urgente necessità di risolvere radicalmente i problemi per la valorizzazione delle aree depresse con particolare riguardo per quelle che furono ridotte tali a causa dì eventi bellici;

ritenuto che la zona del Montello costituì, attraverso i secoli, l'ultimo baluardo agli invasori irrompenti e agognanti alla piana veneta;

che di conseguenza ha subito distruzioni e devastazioni ingenti;

che nessuna provvidenza adeguata è stata mai presa per il suo sollevamento e per la sua valorizzazione economica;

che per le distruzioni e devastazioni patite, il Montello è ancora oggi una spina nel cuore della fertile e laboriosa marca trevigiana;

che è dovere, oltreché giuridico, morale, p'Oirvi sollecitamente rimedio;

fa voti perché il Governo consideri, a tutti gli effetti, la zona del Montello in provincia di Treviso " area depressa " e risolva finalmente i problemi che la affliggono».

Il senatore Grava ha facoltà dì parlare.

GRAVA. Illustre Presidente, onorevoli col leghi, il disegno di legge n. 1183-A


19101


«Per la esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale» sarà favorevolmente accolto, senza ombra dì dubbio, dalle popolazioni interessate, come lo è dia tutti noi settentrionali Eravamo tanto abilitati ormai a sentir parlare delle zone depresse del Mezzogiorno, al quale venivano assegnati gran parte dei fondi disponibili del bilancio dello Stato, che il veder ricordato, una volta tanto, anche il Settentrione non può non farci piacere.

È troppo giusto che il problema del Mezzogiorno venga coraggiosamente affrontato; noi ci auguriamo, con animo fraterno, che venga anche presto risolto perché la sua soluzione non è soltanto un semplice dovere e impegno d'onore del popolo italiano, ma è anche di grande interesse per il Settentrione.

Ma, ce ne doleva un poco, lo dico sine ira et studio amorevoli colleghi e amici del Mezzogiorno, che il Settentrione e particolarmente la terra veneta fosse un poco trascurata e dimenticata: tanto più ci doleva perché anche nel Veneto ci sono delle aree e delle zone depresse, tanto depresse da nulla aver da invidiare a quelle più depresse del Mezzogiorno. Nel volger di trenta anni noi abbiamo subito tre invasioni con le conseguenti vaste distruzioni e profonde devastazioni Ci doleva anche perché la terra veneta è posta ai confini orientali della Patria donde le invasioni barbariche bono sempre venute e dove è necessario non essere né mostrarsi «depressi».

È dunque con soddisfazione che voteremo questo disegno di legge. Voteremo anche la istituzione della Cassa per il Mezzogiorno che sta a indicare la ferma e decisa volontà di risolvere il problema con mezzi indenti e solleciti superando, di un colpo solo, le difficoltà di indole burocratica. Avrei voluto però che lo stesso mezzo, la Cassa cioè, fosse stato adottato anche per la esecuzione delle opere nell'Italia settentrionale tanto più che ci fu presso di noi un precedente molto significativo ed eloquente, nihil sub sole novi, a La Cassa Montelliana» per le prestanze agrarie a favore di Montello: essa fu istituita con la legge n. 57 del 21 febbraio 1892, alla quale accennerò appresso.

Non aveva, è vero, la Cassa Montelliana grandi prerogative e le vaste attribuzioni che si conferiscono col presente disegno di legge alla Cassa per il Mezzogiorno. Ma il principio è lo stesso. Quella era m embrione ciò che questa sarà in realtà.


Perché, vedete, onorevole Ministro, onoravo!i colleghi, la lentezza della burocrazia è talvolta esasperante, le difficoltà che solleva e i dubbi che avanza non sono tali da affrettare l'esecuzione di opere straordinarie specialmente quando richiedono urgenza. A superare tale difficoltà potrà servire la Cassa a condizione però che gli amministratori abbiano idee larghe, siano persone competenti ed esperte, siano soprattutto dei galantuomini che prendano a cuore i problemi e usino ogni sforzo e spendano ogni attività e tutta la loro intelligenza per risolverli. A condizione che intorno' ad essa non sorga un altro mastodontico Ministero e all'ombra della stessa non germogli una fungaia di erbe cattive e parassitarie, altrimenti l'impresa è destinata a fallire in partenza, come dimostra l'esperimento fatto per il Montella.

Più perplesso invece mi lascia la mancanza di determinazione delle zone depresse alle quali la legge deve essere applicata. Non vorrei ch«questa determinazione fosse fatta non in base a criteri tecnici, obiettivi, non m base alle reali necessità e serenamente, ma su raccomandazioni, pressioni, influenze.

Noi confidiamo' tuttavia nel profondo senso di giustizia e di equità dell'onori vole Ministro e del Comitato cui è demandato il compito di delimitare le zone depresse.

Detto quesito mi sia consentito di richiamare l'attenzione dell'onorevole Ministro e del Se nato su una zona particolarmente depressa dalla mia pur fertilissima provincia di Treviso. Essa porta un nome caro a tutti gli italiani e particolarmente ai combattenti della guerra 191518; voglio dire il Montello o il Bosco del Montello che è una spina nel cuore della Marca Trevigiana. I colli contermini al Montello Fono così intensivamente coltivati come pochi altari terreni lo sono in Italia. Il Montello invece, nonostante le molte leggi emanate a suo favore dopo la Costituzione del Regno d'Italia, rimane sempre in deplorevole assoluto abbandono, e le forti popolazioni che lo abitano sono condannate a vivere ai margini della vita civile sprovviste di strade, di acqua, di case degne di questo nome, di luce elettrica, di servizi postali, telegrafici e telefonici, dì scuole, dì servizi igienici, di tutto insomma o quasi.


19102


Sono sprovviste anche dell'acqua sebbene un buon terzo del perimetro del Montello sia lambito dal Piave. È impossibile infatti servirsi di quella corrente perché la scarpata è quasi ovunque così ripida da formare un gradino che va dai 40 ai 70 metri. Impossibile anche perché, onorevoli colleghi, il Piave «non mormora più»: è stato prosciugato da forti complessi industriali, che derivane e deviano le acque a Soverzenei sopra Belluno, con la speciosa ragione dell'interesse pubblico, ed è invece l'interesse che voi tutti sapete.

Vive invece da oltre trenta anni con quei poveri contadini, confortandoli, il vecchio parroco dei Santi Angeli del Montello. Egli condivide con loro la miseria e le speranze di un domani migliore.

Ringrazio il relatore di maggioranza di questo disegno di legge (n. 11834) che ha voluto fare cenno del Montello nella sua relazione porgendomi così lo spunto per sviluppare la proposizione. Non vogliate credere però, onorevoli colleghi, che si tratti di un problema particolare come sembrerebbe a prima vista e come qualcuno ritiene: merita invece di essere segnalato per le conseguenze pratiche e per gli utili ammaestramenti che se ne debbono e possono ritrarre nella situazione attuale per essere stato fatto sul Montello il primo esperimento di colonizzazione e di migrazione interna e di riforma agraria che fino allora, si diceva, non fu che un lontano miraggio. Quell'esperimento fu allora invocato anche da par lamentali meridionali per i boschi di Gallipoli e Cognato e vi si oppose, per loro fortuna, proprio l'onorevole Salandra.

È il Montello, come dice il nome, un piccolo monte a forma ellittica; a forma cioè di rene o di fagiolo; è un'ampia collina che si stende in direzione nordovest fra Treviso e Conegliano e la cerchia delle prealpi venete (Grappa, Cesen, Visentin, Pizzoc, Bosco del Consiglio) ed emerge isolata da metri 74 a 370 di altitudine, ma in media a metri 265: misura una superficie di seimila ettari con una popolazione attuale di 45 mila abitanti. La sua storia si perde nelli notte dei tempi ma anche all'epoca romana doveva costituire l'ultimo baluardo all'irruzione dei barbari perché nella località compare un lucus sacro a Bellona con un tempio dedicato alla dea guerriera.


Forse fu sede di una colonia deducta romana di resistenza all'invasore. Nel 950 divenne feudo dei principi di Collalto, che vi fondarono l'Abbadia di Nervosa. Passò poi ad altre famiglie nobili, comi ai Guidotti, signori di Selva. Per l'estinguersi di questa famiglia ritornò al demanio, allora del libero comune di Treviso. La zona del Montello era a quel tempo assai più popolata della pianura. Nel 1335 contava una popolazione di seimila anime mentre il territorio di Treviso ne aveva poco più di un terzo. Ed era tanto ricca di frutteti, di vigneti e dì campi biondeggianti di messi, oltre che del bosco folto di querce e di roveri, che quando nello stesso anno 1335 Treviso si diede alla Repubblica Veneta e le cedette le regalie, riservò per sé il bosco, i mansi e le case nonché il castello che aveva sopra la Pieve di Volpago derivati o per successione dai Caminesi o per acquisto. E colà convenivano gli umanisti della regione veneta fra i quali Monsignor Della Casa il quale compose i suoi migliori sonetti all'ombra delle querce del Montello. Senonché la Veneta Repubblica che aveva bisogno idi legname per le sue galee con le quali dominava sui mari e teneva il commercio di Oriente, nel 1471, con quella sua politica fatta di forza e di astuzia, ordinò ai provveditori dell'arsenale di impadronirsi del Montello, motivando il decreto del Congiglio dei dieci con «il grande bisogno di legname per il nostro, arsenale». Vietò non solo il taglio delle piante esistenti, ma ordinò semenzai, piantagioni nuove e comandò che fosse ridotto a bosco tutto il seminativo arborato: fece demolire le case che in precedenza i privati avevano costruito entro il perimetro del Montello; fece distruggere tutti i vigneti il cui vino squisito costituiva la delizia dei gitanti trevigiani: comminò pene severissime per chi osasse devastare ila foresta, come, per esempio, «cinquanta lire per il taglio di un pedale le tre squassi di corda» (decreto del 30 maggio 1523 del Consiglio dei dieci) perché il legname che prima dovevasi importare dalla Slavonia, lo si ritraeva dal Montello «ed è come se fosse en arsenal». Le conseguenze non si fecero attendere, perché dal bosco del Montello traevano quasi interamente il sostentamento circa seimila «bisnenti», cioè braccianti nullatenenti: la miseria dilagò e si andò cosi formando una vasta classe di povera gente lacera ed affamata che in parte emigrò andando raminga in altre regioni d'Italia,


19103


in parte continuò a tagliare furtivamente la legna nel bosco nonostante che la Repubblica, a reprimere gli abusi, vi stabilisse un presidio che si dedicava però «ad insegnare la modestia alle ragazze, ad accarezzare le spalle a qualche padre o marito e ad alleggerire le fatiche della vendemmia», per usare una frase del Manzoni, più che a reprimere la devastazione del bosco. Né ebbe maggior successo l'aumentata autorità dei me righi. Ciononostante il bosco vigoreggiò, si infoltì e da lesso la Serenissima ritrasse a buon mercato il legname per la costruzione del suo poderoso naviglio.

Nel 1797, innalzato anche in Italia l'albero della libertà, il Montello passò al dominio del popolo. Le devastazioni e le distruzioni crebbero ancora e senza interruzioni: esso costituiva il richiamo anche per altri «bisnenti» di contrade assai lontane, i quali convenivano sul Montello nella speranza di lucro o almeno li lavoro. La popolazione povera aumentò così sensibilmente.

Fra i boschi demaniali, che con la legge 20 giugno 1871, n. 263, avvenuta l'unificazione d'Italia, furono dichiarati inalienabili e consegnati in amministrazione al Ministero di agri coltura e foreste, fu annoverato anche il bosco Montello. Ma di quella che fu una foresta lussureggiante, vanto e orgoglio della "Veneta Repubblica, non rimaneva che il ricordo. Dei seimila ettari, quattromila erano stati completamente distrutti, duemila depauperati, affatto incolti e in corso di devastazione. La stessa autorità politica è riuscita impotente frenare le distruzioni anche perché i «bisnenti» ritenevano di avere acquistato il diritto di tagliare, di raccogliere e di foraggiarsi nel bosco, mentre questi loro atti venivano considerati furti, che, dal 1880 al 1884, salirono a 18.197, tanto che si dovette promulgare una amnistia che tutti li comprendesse.

Fu allora che il Governo incominciò a preoccuparsi e nominò Commissioni su Commissioni per studiare la soluzione del problema. Dopo quindici anni di studi, nella seduta dell'11 giugno 1885, il Ministro di agricoltura dell'epoca, onorevole Grimaldi, presentò un disegno di legge per «l'alienazione del bosco demaniale del Montello»


allo scopo soprattutto di «migliorare con la riduzione del bosco a coltura agraria la condizione morale ed economica di quei contadini».

Ma perché il disegno di legge venisse posto in discussione ci vollero altri sei anni durante i quali fu riveduto e corretto, proposto, ritirato o decaduto ben quattro volte, tant'era l'importanza che ad esso si annetteva.

Finalmente, nella seduta della Camera del 19 dicembre 1891, fu riproposto, radicalmente modificato, e posto in discussione. Da ciò si vede ohe la nostra attuale lamentata — a torto — lentezza legislativa è degna di alto elogio rispetto a quella del 188592. Noi stiamo battendo tutti i records nonostante questa calura!

Fu approvato dal Parlamento e divenne la legge n. 57 del 21 febbraio 1892, relatore della quale, alla Camera idei deputati, fu l'onorevole Bertolini, deputato idi Montebelluna, il maggiore dei Comuni montelliani. Il mio amico onorevole Tonelllo ha attribuito il vanto di avere distribuito le terre del Montello ai braccianti poveri all'onorevole Bertolini, mentre egli non fu che il relatore della legge la quale stabiliva ohe dei seimila ettari tremila venissero ripartiti in piccoli lotti non superiori ai tre ettari, tra le famiglie povere degli utenti del diritto di uso, e tremila venissero venduti, costituiti in 115 poderi di 26 ettari ciascuno. Dalla vendita si ricavò al netto la somma di un milione e mezzo che fu versata in apposita Cassa, istituita coll'articolo 5 delli legge stessa e che fu detta «Cassa Montelliana» (nihil sub sole novi, e ohe costituiva un fondo di prestanze agrarie per i subconcessionari del Montello. Si credeva così di aver risolto il problema del Montello fidando, come dice la relazione, sulle splendide prove di sana attività e di eroica resistenza, che stanno a dimostrar come la classe dei boscaioli del Montello san pia tramutare in coltura la ghiaia del Piave contrastandogli, con valore pari al successo, il dominio. Resistette quella gente rude finché poté, ma, quando con la legge n. 25 del 1900 fu sanzionata per loro la cessione definitiva delle terre, successe quello che doveva succedere:


19104


la mancanza di mezzi, di assistenza tecnica, di irrigazione li costrinse a vendere e a cercare pane e lavorio altrove: subentrarono gli speculatori e gli affaristi ohe lucrarono rivendendo a lotti approfittando della miseria altrui. E chi vi rimase continuò a condurre vita più grama di prima perché è perfettamente inutile costituire la piccola proprietà senza credito, senza assistenza, senza tutti quegli aiuti che sono necessari e indispensabili per sostenerla e difenderla. È perfettamente inutile crearla se poi la soffochiamo' con carichi fiscali insopportabili. Nel Montello furono commessi quattro errori gravissimi che si dovevano poi scontare e si stanno scontando amaramente: primo, si assegnò la terra ai «bisnenti» poveri in canna e nudi come la filosofia, che furono poi lasciati in balìa dì se stessi; secondo: furono assegnati tre ettari per famiglia, troppo! pochi, essendo notorio che le famiglie dei contadini nel Veneto sono molto numerose; terzo: la vendita dei poderi di 26 ettari ciascuno non era certo fatta per favorire gli agricoltori coltivatori diretti che non avevano mezzi per acquistarli; quarto: la Cassa era amministrata con criteri, indirizzi e sistemi burocratici. Lesinava il centesimo; pretendeva garanzie impossibili, i fondi erano esigui. Pensate quali e quante somme abbia erogato in otto anni se il netto ricavato dalla vendita nel 1892 fu di un milione e mezzo; sie nell 1900, quando fu posta in liquidazione, la Cassa aveva ancora un milione e mezzo e se nel 1919, quando la somma fu devoluta al Consorzio dei Comuni montelliani per rimettere' in agricoltura il Montello devastato, era ancora di un milione e mezzo depositato presso la Cassa depositi e prestiti! Questa triste esperienza dovrebbe insegnarci qualche cosa. Il Consiglio di amminisituazione era composito di cinque consiglieri, due di nomina del Consorzio dei Camuni e tre di nomina governativa compreso il Presidente.

Le condizioni economiche del Montello continuarono a peggiorare. Venne la guerra del 1915, l'eroica resistenza del 1918: la terra del Montello fu sconvolta e devastata: è sacra per noi solo per gli eroismi e i sacrifici ivi compiuti e per il sangue versato.


Con decreto luogotenenziale del 22 giugno 1919, n. 1322, fu stabilita di d'evolvere alla ricostituzione agraria del Montello devastato dalla guerra i residui capitali della Cassa Montelliana che era stata posta in liquidazione nientemeno che nel 1900! Infine con decreto n. 41, in data 4 gennaio 1920, fu istituito un Consorzio eretto in Ente morale fra i Comuni montelliani (Montteibelluna, Voipago, Arcade, Mervesa, Crocetta del Montello) e la cattedra ambulante di agricoltura di Mointebelluna aventi per finta «la ricostruzione agraria del Montello». Con quali mezzi? Coi residui della Cassa Montelliana quasi che essi costituissero un inesauribile pozzo, dì San Patrizio! essi allora erano ridotti a lire 433.850,15 depositati alla Cassa depositi e prestiti. Cosa si sia potuto fare con mezzi tanto esigui è facile immaginare; e se si pensa che durante il ventennio per quella disgraziatissima e gloriosissima terra e per quelle infelicissime popolazioni nulla si fece, si può anche immaginare quale sia la sua attuale condizione. Senza esagerazioni essa nulla ha da invidiare alle zone più depresse del Mezzogiorno. Se ne resero conto di recente in loco gli onorevoli Sottosegretariati Gava e Colombo.

Attualmente la popolazione dei cinque comuni montelliani consorziati è di 45 mila abitanti. La superficie territoriale di 6.417 ettari. La produzione è ridotta al 40 per cento e in alcune zone anche al 25 per cento di quella di terreni limitrofi.

Dopo la guerra 191518 (autore un nostro valoroso collega) «Le rapsodie del fante» cantavano: «Ca'  Serena — fu un perno della resistenza sul Montello — tornerà a sorridere di sole e di pruni fioriti nei prossimi giorni di pace. Oh! quanti prugni, quanti meli, quanti ciliegi tutto intorno!». No, caro fante, onorevole Gasparotto, non ci sono fiori, non prugni e' meli fioriti: ci sono triboli e spine e tanta, tanta miseria!

Permettetemi infine di segnalarvi, onorevoli colleghi ed onorevole Ministro, un altro problema, anche questo di interesse storico e turistico di grande importanza. La sistemazione stradale del Grappa e la sistemazione della strada pedemontana che da Bassano porta a Sacile correndo ai piedi del Grappa, del Monfenera, del Tomba, del Visentin, del Pizzoc e del Cansiglio attraverso Crespano, Possagnoi, Pede robbia, il quartiere del Piave, Vidor, Fama di Soiligo, Pievi? di Soligo, Follina, Bevine Lago, Vittorio, Cordignamo.


19105


È di grande interesse artistico e turistico. Accennerò solo al tempio del Canova a Possagno, suo paese natale dove esiste una ricchissima e bellissima gipsoteca contenente i modelli delle opere del grande artista; alla Basilica di Follìna. Per la sistemazione e la manutenzione delle strade militari del Grappa nulla dirò dopo quanto è stato detto replicatamente e con eloquenza in quest'aula, anche dì recente, sulla montagna. Ricorderò solo che la vicina Francia conserva con cura religiosa le strade dei Vosgi, meta turistica e di devoti pellegrinaggi a quei campi di batta glia, mentre da noi sono lasciate in deploro vole e colpevole abbandono. Citerò un solo fatto.

Da Borso del Grappa partiva una bella strada costruita nel 1917 e intitolata a un grande soldato: il maresciallo Giardino. Ora è ridotta ad un sentieroi di capre. Si ha l'intenzione di ripristinarla anche perché serve alle malghe e ai malghesi del Grappa. Il Genio civile preventivò una spesa di dodici milioni circa ma... non si trovano mai. Nell'estate del 1948 quei forti montanari mi pregarono di ottenere quattro milioni, dico quattro milioni, per l'acquisto del materiale necessario e per dare un piccolo sussidio ai lavoratori più poveri e la strada, es£i, come altre volte, se la sarebbero costruita da sé a regola d'arte e sotto la direzione tecnica del Genio. M'interessai della cosa, la trattai presso gli uffici competenti e mi fu risposto che non era possibile, che c'era il regolamento... E la strada Giardino attende ancora, per essere fatta, i dodici milioni e chissà quanto ancora dovrà attendere!

Giorni or sono si è svolto qui dentro un cordiale colloquio tra due montanari piemontesi a favore della montagna, anzi i montanari era no tre: il deputato Pella, l'omonimo Ministro del tesoro Pella e il senatore Marconcini.

Io non so quando il deputato montanaro Pella si incontrerà con il suo omonimo, Ministro del tesoro, per ricordargli così in confidenza, i bisogni della montagna. Ma io montanaro veneto sono certo che questo incontro avverrà a mezzo di un altro montanaro veneto, almeno di origine, che la terra veneta e quelle montagne dovette abbandonare, giovinetto ancora, forzato e costretto da invasione nemica.


Egli però conserva amore per quella sua piccola patria montana che è anche la mia, e per essere molto vicino e collaboratore fedele e appassionato del Ministro del tesoro Pella, otterrà l'incontro: otterrà che questi ascolti gli appelli del deputato montanaro Pella e del senatore di origine montana Gava e i miei. Ne godranno le montagne e i montanari.

Ho detto, signori, che le popolazioni dei Montello sono sprovviste di tutto. Mi correggo: non è del tutto esatto.

Esse hanno, custodiscono e conservano grandi tesori e pegni preziosi.

Sul costone meridionale del Montello, che sovrasta il Piave presso Nervosa, in faccia a Susegana, hanno il Monumento-Ossario che racchiude i resti mortali dei gloriosi che ivi caddero nella guerra 191518. Custodiscono al centro, ai piedi dell Tomba e del Monfenera, il monumento ai chasseurs alpins francesi che, gareggiando in valore con i nostri alpini, difesero e tennero nel 1918 quei due baluardi. Vigilano al nord, presso Vidor sul greto del Piave, l'isola dai Morti e lì dappresso, in Val Fontanelle, guardano e infiorano devotamente il sepolcreto dedicato all'asso degli assi: Francesco Baracca.

Custodiscono, disseminate e sparse da un capo all'altro del Mantello, le Tombe dei Partigiani caduti combattendo per la libertà.

Sono gli eroici soldati di tutte le Regioni d'Italia che lì riposano. Sono gli eroi dell'indomita Sassari, onorevole signor Ministro; sono i fanti di Sicilia, per non ricordare che quelli di due sole Regioni assai depresse, del ventisettesimo Corpo comandato dal loro generale Di Giorgio.

Sono loro, tutti loro, che uniscono la loro voce forte e potente a quella umile e fioca delle popolazioni del Montello, espressa a mio mezzo, per invocare provvidenze urgenti per quella terra, perché il loro sonno, il sonno dei morti sia più dolce, più riposato, più tranquillo!

Ella, onorevole Ministro, non può non ascoltare quella voce.

Narra la leggenda che il 24 giugno 1918 per festeggiare la vittoria della battaglia del Solstizio tutte lo Campania delle pievi circonvicine al Montello si misero a suonare «senza essere da alcuno tirate» come quelle di Trevigi al tempo di Dante... Le tiravano i morti.


19106


Tutte le campane di tutte le pievi circonvicine al Montello, da Susegana a Conegliano, a Pieve di Soligo, da Sernagìia a Moriago e a Vidor suoneranno un'altra volta a festa, tirate dai vivi, uniti ai morti, quando sarà ridata all'agricoltura e ritornata all'antico splendore l'arida e bruciata terra del Montello, che vide tanti sacrifici, fu testimone di tanti eroismi, fu bagnata da tanto sangue. (Applausi e congratulazioni).

PRESIDENTE. Il seguito di questa discussione è rinviato a domani.


Annunzio di interrogazioni.

PRESIDENTE. Prego il senatore segretario di dar lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

BISORI, segretario.

Al Ministro della difesa, per sapere se è a conoscenza che con circolare n. 15079 del 21 maggio 1949 il Comando Generale dell'Arma dei carabinieri, nel disporre il congedo di sottufficiali e militari di truppa, richiamati e trattenuti, stabiliva determinati limiti di età (massimo 55 anni) e se è a conoscenza che con circolare 150746 dell'11 febbraio 1950, venivano tali disposizioni, confermate, mentre improvvisamente con circolare 150763 del 16 luglio 1950, il Comando Generale disponeva per il congedo di tutti i sottufficiali e militari di truppa, trattenuti e richiamati, senza tener conto dei limiti di età precedentemente stabiliti, provocando così in benemeriti militari giustificato gravissimo allarme, e per conoscere, infine, se non sia opportuno, date le attuali contingenze, soprassedere al divisato congedo (1333).

SPALLINO.


Ai Ministri dei trasporti e dell'interno, per conoscere quali provvedimenti il Governo intenda adottare di fronte al continuo impressionante aumento degli infortuni istradali spesso mortali che, sovrattutto nei grandi centri urbani, hanno assunto proporzioni di eccezionale gravità. E più specificamente, in attesa del nuovo codice della strada, si chiede se non sia opportuno:


1) imporre una assoluta disciplina del traffico richiamando all'uopo le Amministrazioni locali ad emanare norme più sufficienti delle attuali;

2) impedire a minorenni irresponsabili di condurre ciclomotori, vespe e simili altri mezzi meccanici liberi a tutti, senza alcun controllo;

3) richiedere per la guida di qualsiasi veicolo a motore l'obbligo di una licenza previa visita sanitaria sulle condizioni fisiche e mentali del richiedente;

4) stabilire un rigoroso controllo sui noleggiatori, spesso abusivi, di motocicli, bicicli, ed altri veicoli a motore (1334).

MAGLIANO.


Al Ministro dell'interno, per conoscere in base a quale disposizione il dirigente dell'Ufficio politico della Questura di Venezia ha convocato presso il suo ufficio il segretario della federazione comunista dì Venezia per notificargli una diffida che limita i diritti costituzionali della libertà di parola agli oratori del partito comunista (1335).

PELLEGRINI.


Interrogazione

con richiesta di risposta scritta.


Al Ministro del lavori pubblici, per conoscere se dagli uffici competenti ci si preoccupi dei gravissimi danni derivanti alle vallate montane in seguito alla esecuzione di lavori idroelettrici, che sottraggono praticamente alla zona tutta l'acqua di superficie, fin dalle sorgenti.

Tali danni sono di molteplice natura: agricoli, turistici, igienici (abitati privi di acqua corrente, naturale e necessaria bonificatrice, impoverimento di acquedotti) e per conoscere se e quali provvedimenti sono in atto o allo studio per salvaguardare gli elementari diritti di quelle popolazioni, i quali debbono essere armonizzati ma non sacrificati alle sia pure pressanti esigenze della produzione idroelettrica (1286).

CEMMI.


19107


Al Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali saranno i lavori di sistemazione e riapertura di Gallerie, anche non governative, dipendenti dalla Sopraintendenza di Firenze che verranno eseguiti coi 150 milioni stanziati, con legge proposta dal sottoscritto e che sta ormai per venire promulgata, allo scopo di attuare, nei riguardi di dette Gallerie, riattivazioni che finora non erano state attuate (1287).

BISORI.


Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere quali provvedimenti intende adottare a favore degli ospedali d'Italia, ogni giorno più preoccupati della situazione economica funzionale dell'I.N.A.M. e, soprattutto, in dipendenza del persistente stato debitorio nei confronti degli ospedali stessi in quanto questo minaccia di compromettere l'esistenza sanitaria che per statuto gùii ospedali pubblici sono tenuti a prestare prima di tutto a favore dei poveri, cioè allo scopo di impedire la sospensione di ogni forma di assistenza ospedaliera in confronto degli iscritti all'LN.A.M., che fatalmente ne conseguirebbe, se alla situazione, così come oggi si presenta, non si opponesse rimedio (1288).

PASQUINI.


PRESIDENTE. Domani due sedute pubbliche, alle ore 10 e alle ore 16,80, col seguente ordine del giorno:


I. Seguito della discussione dei seguenti disegni di legge:

1. Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno) (1182 Urgenza) (Approvato dalla Camera dei deputati).

2. Esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale (1183 Urgenza) (Approvato dalla Camera dei deputati).


II. Seguito della discussione del disegno di legge:

Norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario (577).


III. Discussione dei seguenti disegni di legge:

1. Rosati ed altri. — Ricostituzione d; Co munì soppressi in regime fascista (499).

2. Varriale ed altri. — Modifica all'istituto della liberazione condizionale di cui all'articolo 176 del Codice penale (801).

3. Istituzione dell'Ordine cavalleresco «Al merito della Repubblica italiana» e disciplina del conferimento e dell'uso delle onorificenze (412).

4. Macrelli ed altri. — Rivendica degli immobili trasferiti ad organizzazioni fasciste od a privati e già appartenenti ad aziende sociali, cooperative, associazioni politiche o sindacali, durante il periodo fascista (35).

5. Ordinamento e attribuzioni del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (318).

6. Trattamento economico del personale di ruolo del Ministero degli affari esteri in servizio all'estero per il periodo 1° settembre 194330 aprile 1947 (1002).


IV. Seguito della discussione del disegno di legge:

Ratifica, con modificazioni, del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, sull'ordinamento dei Consorzi agrari e della Federazione italiana dei Consorzi agrari (953) (Approvato dalla Camera dei deputati).


La seduta è tolta (ore 20,30).


Dott. Carlo De Alberti

Direttore dell'Ufficio dei Resoconto







Licenza Creative Commons
FORA... electronic review funded by Nicola Zitara is licensed under a
Creative Commons Attribuzione - Non commerciale
- Non opere derivate 3.0 Unported License
.
Based on a work at www.eleaml.org.
Permissions beyond the scope of this license
may be available at http://www.eleaml.org/.







vai su






Ai sensi della legge n.62 del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e del web@master.