L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
  Eleaml


Senato - Seduta n. 494 antimeridiana 29 luglio 1950

Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico
interesse nell’Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno) (1182)



Giugno 2012

Istituzione della Cassa per opere straordinarie
di pubblico  interesse nell’Italia meridionale di Zenone di Elea

Camera dei Deputati - Seduta del  17 Marzo 1950 - De Gasperi

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 499 pomeridiana 20 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 501 pomeridiana 21 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 502 antimeridiana 22 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 503 antimeridiana 23 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 504 pomeridiana 23 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 505 antimeridiana 24 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 507 pomeridiana 27 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 508 antimeridiana 28 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 509 pomeridiana 28 giugno 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 513 pomeridiana 04 luglio 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 514 antimeridiana 05 luglio 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 523 antimeridiana 12 luglio 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 524 pomeridiana 12 luglio 1950

ODT

PDF

Camera dei Deputati - Seduta n. 525 antimeridiana 13 luglio 1950

ODT

PDF

Senato - seduta n. 483 pomeridiana - venerdì 21 luglio 1950

ODT

PDF

Senato - seduta n. 491 pomeridiana - giovedì 27 luglio 1950

ODT

PDF

Senato - seduta n. 493 pomeridiana - venerdì 28 luglio 1950

ODT

PDF

Senato - seduta n. 494 antimeridiana - sabato 29 luglio 1950

ODT

PDF

Senato - seduta n. 495 pomeridiana - sabato 29 luglio 1950

ODT

PDF


Senato della Repubblica - CDXCIV. SEDUTA

SABATO 29 LUGLIO 1950

(Seduta antimeridiana)

Presidenza del Vice Presidente MOLE ENRICO

INDI

del Presidente BONOMI

INDICE


Congedi..........................................................................................................Pag. 19109

Disegni di legge: «Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno)» (1182 Urgenza); «Esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale» (1183 Urgenza) (Approvati dalla Camera dei deputati) (Seguito della discussione):

ROMANO ANTONIO.............................................................................................19110

GIARDINA.............................................................................................................19118

LUSSU....................................................................................................................19118

RAJA......................................................................................................................19118

ZOTTA....................................................................................................................19125

LI CAUSI................................................................................................................19131

Disegno di legge di iniziativa parlamentare

(Presentazione).................................................................................................... 19117

Disegno di legge  (Trasmissione):

PRESIDENTE........................................................................................................19117

CONTI...................................................................................................................19118


Relazione (Presentazione) ..........................................................................................19138

Sull'ordine dei lavori:

CONTI...................................................................................................................19109

LUSSU...................................................................................................................19110


La seduta è aperta alle ore 10.

CERMENATI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta precedente, che è approvato.


Congedi.

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i senatori Schìavone per giorni 3, Zoli per giorni 1. Se non si fanno osservazioni, quesùi congedi si intendono accordati.


Sull'ordine dei lavori.

CONTI. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTI. Volevo domandare se T'elenco degli iscritti a parlare esposto fuori dell'Aula ha avuto delle modificazioni per rinunzia di colleghi a prendere la parola; dovendosi attuare una convenzione tra colleghi, stasera si dovrebbe finire la discussione della legge sulla Cassa per il Mezzogiorno; sarebbe quindi necessario che noi avessimo notizia dei rinunzianti.

PRESIDENTE. Fino a questo momento gli iscritti a parlare sono ancora 11.

LUSSU. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


19110


LUSSU. Dopo quanto ha detto l'onorevole Conti, mi pare che sia interesse generale cono scere quale sarà l'ordine dei nostri lavori. In altre parole, desidereremmo — e siamo m parecchi ad avere questo desiderio — di conoscere quello che sino adesso è riservato ad una piccola schiera di sacerdoti: vorremmo sapere cioè che cosa si farà, per saperci regolare in proposito.

PRESIDENTE. Onorevole Lussu, alle 11 verrà il Presidente, il quale le darà le informazioni Che lei desidera.


Seguito della discussione dei disegni di legge: «Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interessa nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno)» (1182 Urgenza); «Esecuzione di opere straordinaria di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale» (1183 Urgenza) (Approvati dalla Camera dei deputati).


PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge: «Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno)» ed «Esecuzione di opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia settentrionale e centrale».

È iscritto a parlare il senatore Romano Antonio. Ne ha facoltà.

ROMANO ANTONIO. Onorevole Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, sarò brevissimo anche perché trattasi di una questione ormai a tutti nota e c'è ben poco da aggiungere a quanto si è detto. Il Mezzogiorno è un malato cronico, grandi clinici sono passati al capezzale di questo malato e tra questi clinici abbiamo qui tira noi un illustre uomo politico, che onora questa Assemblea, il quale dedicò parte della sua giovinezza allo studio di questo problema e fu in materia uno dei pionieri, impostando la questione meridionali;) nel suo aureo libro «Nord e Sud».

CONTI. Non c'è. Glieli mandi per lettera gli elogi.

ROMANO ANTONIO. Non c'è, ma è doveroso dirlo, il suo è uno spirito fuori posto, onorevole Conti. L'onorevole Conti però è maestro di questo spirito fuori posto.


PRESIDENTE. La prego di non raccogliere le interruzioni!.

ROMANO ANTONIO. Effettivamente non vale la pena dil raccogliere interruzioni così ridicole. Dunque, dicevo che dopo il passaggio di questi clinici presso il capezzale del Mezzogiorno, vien fatto di domandarci quale è stato il risultato della terapeutica. Il risultato è stato negativo, perché il Mezzogiorno è rimasto malato, ed è questo il motivo per cui alle tante leggi che fin dall'unità d'Italia si sono emanate, se ne aggiunge una nuova. Preciserò le caratteristiche differenziali tra. le leggi pubblicate dall'Unità in' poi e la legge di oggi. Voi ben sapete che, una volta chiuso il ciclo del Risorgimento, a quel periodo che allora piacque definirsi periodo di poesia, seguì il periodo che si disse di prosa. Infatti subito si intuì il divario esistente tra il Nord e il Sud, e chi primo lo percepì fu un uomo del Nord, Camillo di Cavour, che è stato ricordato opportunamente dal relatore di maggioranza, onorevole Romano Domenico, nella sua relazione improntata al massimo equilibrio, ìalla precisione, ed alla analisi più obbiettiva.

Egli si è avvalso della sua esperienza acquisita nella luminosa carriera presso il Ministero dei lavori pubblici, e attraverso una critica serena si è dimostrato il giudice di se stesso. Dicevo dunque che Camillo Cavour intuì questo divario e fu il primo a lanciare l'idea di un vasto piano di riforme che poggiavano su tre punti fondamentali: esenzioni fiscali, creazione di zone franche, grande rete ferroviaria del Mezzogiorno, che deve essere il ponte di passaggio dal Continente europeo al Medio Oriente. Camillo Cavour mori e con lui morì anche tutto il piano dì riforme, che aveva preparato. Seguirono numerose leggi e con esse l'immensa letteratura accumulatasi attorno alla questione del Mezzogiorno. Il peso degli impegni troppe volte presi e sempre crollati, il gran parlare che si è fatto e se ne fa, tutto ha contribuito da dare alle affaticate popolazioni meridionali la convinzione che intorno alla questione meridionale si specula per motivi politici, per ragioni finanziarie, per ragioni economiche. E il Mezzogiorno, rassegnandosi ad essere il vivaio della burocrazia, della polizia e degli impiegati più modesti ha finito sempre per dimenticare.


19111


La Sicilia, il Mezzogiorno e la Sardegna, poveri e sentimentali, legati ad una tradizione dì nobiltà di sentimento, che ispira il pudore delle loro miserie, non hanno conservato rancori.

In tutte le svolte storiche, ogni qual volta si è fatto appello al sentimento dell'unità nazionale e si è parlato al cuore di quelle regioni, alla loro anima, quelle regioni hanno risposto a tutti gli appelli. Per carità di patria, le regioni del Sud, il Mezzogiorno, la Sicilia e la Sardegna, dimenticando ogni promessa mancata hanno continuato a trascinare il triste peso della loro miseria, della loro triste esistenza, nella quale però è maturata una coscienza nuova. Dicevo che le leggi non ne sono mancate e da questo deriva lai preoccupazione, lo stato di diffidenza, perché di leggi ne abbiamo avute fin troppe. La situazione è in qualche modo identica a quella del settore agrario. Se si fosse data esecuzione a tutte Ila leggi emanate in materia di agricoltura, oggi non sii parlerebbe né di riforma agraria né di legge stralcio. Citerò alcune leggi per dimostrare come il Mezzogiorno, più che di leggi, abbia bisogno di opere, di fatti concreti.

In materia di acquedotti abbiamo avuto la legge 26 giugno 1902, lui. 245. in materia di viabilità la legge 7 aprile 1911, n. 601, e il decreto legislativo 23 febbraio 1919, numero 407. Tutte leggi vigenti ancora! In materia di irrigazione vi è stata la legge del 20 maggio 1926, n. 1154; in materni di bonifica il testo unico approvato dal regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3256, che rinvia a sua volta alla legge del 17 luglio 1910 e al decreto legge 9 novembre 1919, n. 2297; vi è stata la legge del 1904 che istituì il Commissariato civile per la Lucania; vi è stato il decreto del 15 agosto 1925, n. 1636, che istituì l'Alto Commissario per Napoli, specie par il risanamento igienico del grande centro partenopeo; vi è stata la legge 24 dicembre 1925, n. 2249, che istituì il Provveditorato alle opere pubbliche per alcune provincie del Mezzogiorno. Ora, tutte queste leggi, onorevoli colleghi, sono ancora vigenti, ma non hanno mai avuto applicazione integrale; ecco perché il Mezzogiorno si mostra a volte diffidente.


Nel 1922 un programma di redenzione del Mezzogiorno, programma elaborato subito dopo la prima guerra mondiale, fu votato da una commossa maggioranza, che rasentava l'unanimità, come espressione di riconoscenza alle popolazioni del Mezzogiorno, per la nobile parte che aveva preso ai sacrifici comuni per la vittoria e la redenzione del territorio nazionale liberato dallo straniero. Con quella legge, mai abrogata, il Parlamento italiano votò un decreto di bonifica di 4 milioni di ettari per il solo Mezzogiorno e di 3 milioni e seicentomila ettari per il Settentrione. Ebbene, l'esecuzione maggiore si ebbe nel Settentrione, dove furono bonificati, dal 1922 al 1940, due milioni di ettari, mentre nel Mezzogiorno fu iniziata solo la bonifica di più di un milione di ettari, bonifica non condotta a termine. Questa è la ragione per cui diciamo che abbiamo bisogno di opere, opere tangibili, fatti concreti; di leggi ne abbiamo avute fin troppe. Giacciono impolverate negli archivi.

Quale è la caratteristica differenziale tra le leggi che ho ricordato e la legge che oggi viene portata all'esame del Senato? La caratteristica differenziale sta in quesito, e qui è il pregio della legge di oggi: delle leggi precedenti l'esecuzione veniva rimessa all'iniziativa privata, iniziativa che doveva essere solo coadiuvata dallo Stato. La legge in esame invece, rendendosi conto purtroppo della mancanza di iniziativa dei detentori di beni e di capitali del Mezzogiorno, si sostituisce a questa inerzia e attribuisce al Governo l'esecuzione delle opere necessarie per l'inizio della redenzione delle popolazioni meridionali. È doloroso, ma è una venuta che bisogna riconoscere: fino ad oggi abbiamo dato prova di scarsa iniziativa. Ora, precisata la caratteristica differenziale, ogni meridionalista deve, senza troppe discussioni, riconoscere il pregio della legge, la necessità, la opportunità di approvarla. Vi sono stati quelli che hanno detto che il Mezzogiorno non ha bisogno di lavori pubblici, che occorre pensare invece alla redenzione sociale, al rinnovamento delle classi sociali.

Ora, onorevoli colleghi, a questi si può rispondere che la vera politica sociale non può essere posta in, essere senza l'aumento di lavori, senza l'aumento della occupazione, del reddito, che solo il progresso agrario e l'industrializzazione del Mezzogiorno possono dare.


19112


Pertanto anche la politica sociale finisce per essere una politica di lavori pubblici. La nozione di lavori pubblici è m realtà nata con lo Stato ed è inseparabile dalla nozione di Stato, e se le cose debbono essere misurate nella loro utilità, si può dire che lo Stato è sostanzialmente un ente di lavori pubblici. Per il Mezzogiorno, dunque, politica di lavori pubblici significa bonifica umana. Se la Cassa del Mezzogiorno avrà nel decennio integrale soluzione, si avrà non solo un adeguato progresso nel campo produttivistico, ma si avrà anche, accanto alla bonifica della terna, quella bonifica umana che deve stare a cuore ad ogni popolo civile. I colleghi di sinistra dicono che occorre dare una nuova fisionomia alle classi sociali più che pensare ai lavori pubblici. Essi non considerano che la miseria è la causa prima della depressione che affligge le regioni del Sud. Bisogna sviluppar. l'economia per migliorare il clima sociale, per elevare le condizioni morali. In alcune zone la campagna è in uno stato quasi selvaggio per l'assenza di abitazioni rurali, per la malaria, per la mancanza di strade, per la mancanza di acqua potabile. Bisogna entrare nel cuore di quella regione (perché la ferrovia spesso tocca solo i centri più civilizzati) per constatare che il contadino vive generalmente in una casa costituita di uno o due uni che servono pure da cucina e, alle volte, anche da stalla. Ricordo le parole di uno storico dei Mezzogiorno, di Corrado Barbagallo che, nell'ultimo capitolo del suo libro ((La questione meridionale», dice.: «Letto e giaciglio posano ugualmente su un impiantito di puro terriccio, la popolazione veste male, non porta scarpe, non si lava, non è stana ed invecchia presto». In queste condizioni materiali, ditemi voi, quale può essere il livello intellettuale, la sensibilità morale, l'abito spirituale della gente? Onde la necessità di eliminar, lo stato di miseria; solo eliminando lo stato di indigenza, solo con un certo benessere si potranno sollevare le condizioni morali e sociali di quelle popolazioni. Altro indice di depressione è lo analfabetismo: al 4 per cento degli analfabeti in Piemonte, corrispondono il 46 per cento in Puglia e il 52 per cento in Lucania. La causa principale di questo deserto spirituale è la miseria; il presupposto della bonifica umana nel Mezzogiorno e l'elevazione economica.


Se noi riusciremo, attraverso questo istituto che può rappresentare un primo passo, un punto di lancio verso la soluzione della questione meridionale, a ordinare, a sviluppare le risolse naturali del suolo, a dare acqua alle popolazioni assetate, a dare case abitabili ai contadini, a dare un clima sano ai lavoratori, a creare un sistema di giustizia sociale, solo allora potremo dire di aver risolto la questione meridionale, solo allora potremo dire di avere realizzato quella bonifica umana che è più necessaria della bonifica della terra. Si è detto dagli oppositori che di questa legge si avvantaggeranno semplicemente gli agrari, che di questa legge si avvantaggeranno solamente gli industriali. Ora io mi domando e dico se, bonificando la terra, migliorando la produttività del suolo, eliminando la malaria, creando delle strade, rendendo più operante, più intensa la produzione, sviluppando l'economia, non aumenterà forse il benessere generale. E di questo necessariamente si avvantaggeranno anche le classi lavoratrici. A quelli che hanno rilevato che questa legge va solamente a beneficio degli industriali, diciamo che il giorno in cui saranno valorizzati i prodotti del Mezzogiorno creando stabilimenti per la lavorazione della canapa, del cotone, dei vini, dell'olio, degli agrumi, delle marmellate, quelle popolazioni troveranno maggiori possibilità di occupazione. Sviluppando il turismo con la costruzione di alberghi, le bellezze naturali del Sud faranno affluire stranieri e con questi moneta pregiata, il che significa benessere ed elevazione delle classi lavoratrici. Dunque questa legge non ha carattere classista e neppure regionalistico; la sua esecuzione incide nella economia interdipendente di tutto il Paese.

Si dice: la legge ha dei difetti. Indubbiamente la legge è come un'opera d'arte; più la si guarda e più si percepiscono difetti. Uno degli inconvenienti starebbe nella creazione di una nuova burocrazia. Purtroppo per assicurale una rapida esecuzione di opere non si poteva fare a meno di creare un ente a sé stante, fornito di personalità giuridica, che, come si noterà, è permeato di carattere privatistico e di carattere, pubblicistico.

Fino a quando non sarà risolta la questione burocratica, fino a quando non sarà data maggiore agilità alla burocrazia,


19113


 per evitare le lungaggini che ci affliggono da tutte le parti, alcune creazioni si impongono per raggiungere più celermente la meta. Quando si pensa che ben 400 disegni di legge sono giacenti e che non possono essere portati al dibattito parlamentale per gli intoppi dell'ingranaggio burocratico, bisogna riconoscere la necessità di ricorrere temporaneamente a nuovi enti. Ciò costituisce offesa alla burocrazia, diceva ieri il collega Rizzo. No, l'affermazione non è nostra, non si offende la burocrazia se si tiene presente l'articolo 22; secondo detto articolo per la formazione delle tabelle, il personale deve essere distaccato dai vari Ministeri e soltanto in caso eccezionale si può ricorrere a nuove assunzioni.

Ora, quali sono i pregi e i difetti della legge? Ecco ì pregi: la Cassa vuole rispondere alla fondamentale esigenza di snellimento per un verso e di concreta efficienza dall'altro. Essa prepara, coordina, finanzia i progetti ed assomma le attribuzioni che in via ordinaria spettano ai diversi dicasteri, il cui coordinamento richiederebbe, come l'esperienza insegna, molto tempo. La Cassa dipende da un Comitato di Ministri per quanto riguarda l'approvazione dei programmi e quindi per questa parte rimangono salvi tutti ì diritti di controllo parlamentare, perché i Ministri sono sempre responsabili di fronte al Parlamento Quindi, primo pregio della lesse è nello snellimento, che si ottiene con lo sganciamento dal complesso burocratico assicurando ad un tempo il controllo parlamentare. Assicurato questo controllo, non vedo la perplessità dell'onorevole Rizzo nel ritenere l'Ente sottratto ad ogni forma di controllo. Dirò piuttosto che la mia preoccupazione non è tanto il controllo quanto il pericolo della mancanza di finanziamenti sufficienti, della certezza dei finanziamenti.

Quanto al controllo tecnico è stabilito che i progetti di massima sono sottoposti all'approvazione di una speciale Commissione del Consiglio superiore dei lavori pubblici e che ì progetti che importano una spesa superiore a 100 milioni, devono ricevere l'approvazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Su questo punto, giustamente, l'egregio relatore ha osservato che vi sono progetti che, pur importando una spesa minore ili 100 milioni, per le difficoltà tecniche richiedono un controllo maggiore, onde la necessità di sottoporre tutte le opere all'approvazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici.


Si è detto ancora: non sarebbe più opportuno creare un ministero per il Mezzogiorno? L'idea potrebbe anche sembrare simpatica, ma bisogna considerare che la creazione di un simile ministero significherebbe quasi intaccare il sentimento unitario, che invece deve essere gelosamente difeso e custodito. Invero tutte Ile attività della vita dello Stato, che riguardano l'Italia meridionale, dovrebbero essere attribuite al nuovo ministero, non solo le opere di bonifica, di irrigazione, di valorizzazione dei prodotti del suolo, non solo la viabilità secondaria o capillare, opere tutte previste nella legge in esame, ma bisognerebbe investire il Ministero per il Mezzogiorno della competenza di altre molteplici attività come edifici scolastici, ferrovie, porti, istruzione pubblica, il che significherebbe in una parola dividere l'amministrazione del Paese.

Si è detto anche che, in applicazione dell'articolo 20, attribuendo l'esecuzione di opere ad enti come Consorzi di bonifica, comuni, Opera nazionale combattenti, si dà alla Cassa una funzione politica, che può sconfinare nell'arbitrio. Io non vedo questo pericolo, anzi penso che la citata disposizione mira ad evitare l'accentramento e ad accelerare l'esecuzione delle opere. Si è criticata la mancanza di un controllo preventivo: a mio avviso qui invece sta uno dei pregi della legge,  perché, quando già sa sanno le opere da compiei si, il controllo deve riguardare il compimento. Un controllo preventivo significherebbe rallentare lo sviluppo di esecuzione delle opere; quante volte per il controllo preventivo anche la costruzione dà un ponticello si è arenata il progetto è rimasto a dormire negli archivi burocratici.

Questi sono i pregi della legge, ma serenamente diciamo qualcosa anche dei difetti. Esaminando l'articolo 1 si rileva che in esso viene stabilito un piano decennale di lavori; per la formazione di questo piano sono chiamati cinque Ministri, agricoltura e foreste, tesoro, industria e commercio, lavori pubblici, lavoro e previdenza sociale. Quali sono i lavori che rientrano nel piano? Si possono ridurre a tre gruppi: sistemazione dei bacini montani e irrigazione, lavori dipendenti dal Ministero dell'agricoltura;


19114


 strade capi Ilari e acquedotti, dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici; istituzione, interventi per lo sviluppo, la valorizzazione dei prodotti del Mezzogiorno. Il Ministero del tesoro è chiamato per i finanziamenti, il Ministero del lavoro per la difesa e per la tutela del lavoro; ma, nelle materie specificatamente indicate nel comma secondo dell'articolo 1, i rispettivi Ministeri — ed ecco il difetto di questo articolo — conservano la competenza ordinaria, anzi nell'ultimo comma si parla di opere pure straordinarie; quindi non solo attività ordinaria, ma anche straordinaria.

Che cosa potrà verificarsi? La contemporaneità di progetti riguardanti opere consimili. Il disegno di legge, ciò prevedendo, stabilisce che i programmi delle opere, da eseguirsi dalia Cassa in ogni esercizio finanziario, devono essere coordinati con i programmi predisposti dai competenti Ministeri, in conformità all'ultimo comma dell'articolo 1. Ora, data l'identità della materia, i coordinamenti saranno frequenti, ed ogni coordinamento significa perdita di tempo, difetto di unità di indirizzo. Con questo non intendo dire che alle opere per il Mezzogiorno si debbono sottrarre gli stanziamenti ordinari, perché allora sfumerebbe il pregio della legge speciale, ma, per evitare perdite di tempo in conseguenza dei coordinamenti, la funzione dei competenti Ministeri potrebbe limitarsi agli stanziamenti da girarsi alla Cassa, lasciando a questa l'unità di indirizzo. In tal modo si avrebbe una maggiore agilità, una maggiore celerità e si ridurrebbe l'inconveniente di una nuova burocrazia, come si delinea attraverso l'articolo 22 della legge stessa.

Infatti al secondo comma dell'articolo 22 si legge: «Il personale della Cassa è assunto con prevalenza fra i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici». Ora la parola «prevalenza» nutre in essere la possibilità di assunzione di nuovi impiegati; uguale inconveniente si è verificato anche nell'applicazione dell'articolo 8 delle disposizioni transitorie della Costituzione. Infatti la Carta costituzionale non prevede una burocrazia regionale; invece nelle Regioni già in vita si sono creati nuovi, onerosi complessi burocratici. Non riesco a spiegarmi il perché della disposizione di cui il comma quarto dell'articolo 22 dove è detto che per il comando degli impiegati dello Stato presso la Cassa occorre il preventivo assenso della Cassa.


Ora la Cassa è una emanazione dello Stato, pertanto come tale può richiedere impiegati, non riservarsi il diritto di assenso nei casi di comandi di impiegati; si diminuisce il prestigio dello Stato rispetto alla Cassa. Per quanto riguarda poi le espropriazioni desidero sottoporre al Ministro un'altra considerazione. Il penultimo comma dell’articolo 4 (ed è una osservazione questa che è stata fatta anche dal relatore) dice che: «Con decreto da emanarsi dal Ministro competente è dichiarata, a tutti gli effetti, la pubblica utilità delle opere approvate». Ora in questa materia vi sono due regole generali: a) l'autorizzazione dell'opera data con atto legislativo importa la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera stessa; V) questa può essere implicita nell'atto che approva il progetto tecnico dei lavori (articolo 30 regio decreto 8 febbraio 1923, m. 422). Oltre queste due regole generali vi sono alcune disposizioni particolari per le quali la dichiarazione dì pubblica utilità è implicita pei determinale opere.

Per le opere idrauliche vi è il testo unico 25 luglio 1904, n. 523, per le opere di incremento e sistemazione forestale il regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, articolo 48. Richiedono un nuovo decreto del Ministro competente e costituirebbe un regresso legislativo. L'articolo 2 del disegno di legge non provvede adeguatamente per la cessazione dell'Ente ed è necessario, trattandosi di una personalità giuridica sui generis in quanto al carattere privatistico unisca una funzione squisitamente pubblicistica.

Sì è detto che la Cassia del Mezzogiorno non affronta il problema meridionale nella sua integrità. In verità questo importerebbe interessarsi, per altro, del settore ferroviario e di quello portuale. Noi abbiamo mille chilometri di ferrovia in meno rispetto al Nord; dal punto di vista portuale abbiamo tra il Tirreno, lo Tonio e l'Adriatico, solo due o tre porti relativamente efficienti mentre tutti gli altri porti difettano di magazzini, di depositi di rifornimento, di frigoriferi, di grue, per cui molti piroscafi naviganti nel Mediterraneo sono costretti a dirottiate verso Genova. Ma la legge vuole essere un primo ponte di lancio per la valorizzazione del Sud. Per il Mezzogiorno che vive solo dei prodotti del suolo, il problema dei problemi è l'agricoltura. L'agricoltura vive di sole e di acqua.


19115


Nonostante le sue incantevoli bellezze, il cielo del Mezzogiorno è ostile alla agricoltura, l'atmosfera è micidialmente asciutta; le piogge o cadono o mancano disperatamente. Sovrabbondano di inverno quando il suolo le ripugna, vengono meno d'estate quando le piante sono assetate. Questo il motivo, questa la necessità di un programma di irrigazione.

Si calcola che nell'Italia meridionale ed insulare su quattro milioni e 500 mila ettari di superficie arativa, l'estensione della zona irrigata non supera il sei per cento.

Nell'Italia settentrionale su quattro milioni e 600 mila ettari di superficie arativa, di irrigati ve ne sono un milione e 800 mila ettari, cioè il 39 per cento.

Ora queste cifre in sintesi dicono qual è uno dei lati del problema meridionale. Le superficie da irrigare è di 37 mila ettari in Sicilia, 24 mila in Sardegna, 16 mila in Calabria, 22 mila nella Lucania, 27 mila in Puglia, 62 mila nella Campania, 34 mila nel Lazio, 18 mila negli Abruzzi. È un'opera colossale imposta dalla ostilità della natura. Se si riuscisse nel decennio a rendere irrigabili tutte queste estensioni il problema del Mezzogiorno sarebbe in gran parte risolto. Per rendersi conto della necessità della sistemazione delle acque basta pensare che a Novara si ha una media di 464 millimetri di pioggia mentre a Siracusa la media è dì 122 millimetri.

Ma la sola sistemazione dei bacini montani non è sufficiente, bisognai provvedere anche alla sistemazione di tutta la zona a valle e bisogna pensare al rimboschimento, altrimenti il problema non sarà risolto integralmente. Non so se il rimboschimento possa ritenersi compreso nella sistemazione dei bacini montani. Certo è che esso è necessario poiché lo scirocco, vento africano che deprime animali e uomini nella stagione estiva, provenendo dal deserto del Sahara, si impregna di vapore acqueo sul Mediterraneo e precipita in pioggia là ove attraversa zone boschive giacché gli alberi funzionano quasi da punti di attrazione.

Tutto ciò migliorerà iì pascoli e conseguentemente il patrimonio zootecnico, assai deficiente nel Mezzogiorno, fatta 'eccezione per la Sicilia, ragione per cui siamo costretti a importare 100 mila capi di bestiame all'anno.


Le zone, ove più frequenti sono le precipitazioni, sono quelle più rimboschite come la Sila e l'Irpinia; purtroppo la Sicilia per mancanza di boschi risenta i danni di questo vento africano. Onde la necessità di abbinare il rimboschimento con la sistemazione dei bacini montani per facilitare le precipitazioni alle quali sono connesse' la bonifica, il risanamento igienico, l'eliminazione della malaria.

Altro scopo della legge è la utilizzazione dei prodotti del suolo. Ne accenno ad alcuni. Sappiamo che a Napoli, a Salerno si esercita internamente l'industria della molitura e della fabbricazione della pasta. Si serve il consumo nazionale e si esportano in media all'estero 200 mila quintali di pasta richiesti dai nostri emigranti. Questa industria potrebbe svilupparsi in Sicilia, che è la produttrice maggiore dei grani duri, ma oggi la pasta fabbricata nell'Isola supera di poco il fabbisogno regionale. Sviluppata è m qualche modo niella Campania l'industria della marmellata; vi sono stabilimenti che danno lavoro fino a mille operai, ma le attrezzature sono ancora insufficienti, onde la necessità di ammodernamento. Bisognerebbe intensificare la produzione del cotone, in Sicilia, in Calabria e Campania. Il mercato mondiale ha bisogno di cotone per otto milioni di balle; attualmente se ne producono solo cinque. La differenza potrebbe esserle coperta dalla produzione del Mezzogiorno.

Altro settore da sfruttare è quello della seta: tutti ricordano i tessuti di seta di Messina; ora questo mercato è morto. Tra i prodotti del suolo che potrebbe formare poi oggetto di valorizzazione sono i vini, la cui selezione è poco curata, la canapa, le essenze.

Vi è poi la grave, preoccupante questione degli acquedotti, questione che ha la sua grande importanza anche dal punto di vista igienico. Tutti conoscono il numero di vite umane che in ogni stagione il tifo miete nel Mezzogiorno, in Sicilia. Vi sono degli acquedotti iniziati da anni, che per mancanza di sovvenzioni non possono essere portati a compimento. Ve ne cito due: quello di Centuripe, comune di circa 15 mila abitanti: l'acqua è arrivata a pochi chilometri dall'abitato e per difetto di fondi non è stato portato a compimento, mentre per la mancanza di acqua le popolazioni consorziate di Centuripe, Regalbuto e Catena nuova soffrono la sete.


19116


La sfortunata Centuripe fa affidamento sulle cisterne, che spesso sono vuote perché non piove; il grosso centro di Nicosia col suo secolare acquedotto beve alle volte acqua e fango. Tutto da rifare, rinnovare. A Barcellona, importante centro di 50 mila abitanti, l'acqua è arrivata a solo sei chilometri e non si può provvedere alla distribuzione per la mancanza di fondi. Ora il compito della Cassa del Mezzogiorno è anche di ultimare con urgenza i lavori in corso perché è inutile iniziarne altri senza realizzare i benefici delle opere già quasi integralmente eseguite. A questo punto penso cit a molto dipenderà dalla scelta degli uomini: vorrei che la legge del Mezzogiorno non venisse affidata ad uomini che si propongono nella distribuzione della spesa di crearsi delle basi elettorali. Scegliere dunque uomini sereni, che debbono avere una sola preoccupazione, quella di risolvere con serenità, senza secondi fini la questione del Mezzogiorno. La assegnazione delle opere deve essere fatta tenendo presente il bisogno maggiore perché purtroppo in materia di lavori pubblici da molti anni si beneficano i grandi! centri e le zone ove sono gli alti papaveri della politica. Si dimentica la periferia, si dimenticano le zone che non hanno la fortuna degli interventi dei grossi calibri. Lo stesso avviene nelle amministrazioni comunali delle grandi città: molto si abbellisce il centro, mentre la periferia viene dimenticata, e ingiustamente la si condanna a formare la cosiddetta cintura della miseria. Ora il problema del Mezzogiorno deve essere affrontato con serietà e bisogna che le opere siano distribuite co(n giustizia, senza far prevalere questo o quel personaggio politico. Guardare i bisogni effettivi. Parlo così pensando alla provincia, che ho l'onore di rappresentare, la provincia di Enna situata al centro della Sicilia. Frequentemente è dimenticata da Roma e da Palermo!

Col così detto decentramento si è attuato un accentramento, di cui subiscono le conseguenze i centri isolati della periferia, dove maggiori sono i bisogni e maggiori le esigenze. Quanto agli stanziamenti, onorevole Ministro, debbo francamente manifestare la mia perplessità. Con tutto l'entusiasmo voterò a favore di questa legge perché con tutti i suoi difetti costituirà certamente un beneficio per il Mezzogiorno, ma mi preoccupo degli stanziamenti.


Avrei preferito che gli stanziamenti si fossero fatti gravare esclusivamente sul bilancio dello Stato; invece per i primi due anni bisogna far affidamento sul piano E.R.P., sul ricavato del tabacco, dei fiammiferi. Sono entrate aleatorie che non danno la certezza dell'esecuzione delle opere. Amara esperienza: tutti sappiamo come è sfumato il piano E.R.P. per il Mezzogiorno. Ad ogni dollaro versato dall’E.C.A. al fornitore americano di macchinari doveva corrispondere uguale moneta versata dall'industriale italiano sul fondo lire. Purtroppo sono state chieste delle dilazioni di pagamento e non sappiamo se gli impegni saranno mantenuti. In caso contrario lo Stato praticamente non potrà agire verso complessi industriali come la Fiat, la Pirelli. Basta che questi minaccino la chiusura per mettere in difficoltà il Governo. Così il ricavato del piano E.R.P si è ridotto ad un pugno di mosche per il povero Mezzogiorno.

Occorreva uno stanziamento più tranquillizzante; fare gravare la spesa sulle entrale ordinarie dello Stato. Così si avrebbe avuto la certezza dello stanziamento.

Io volgo a termine e mi piace dire quel che disse nel 1911 l'attuale Presidente della Repubblica, Palloni professor Luigi Einaudi. Testualmente l'illustre maestro scrisse così: «Fin'ora gli uomini del Mezzogiorno hanno troppo sperato dal Governo; hanno troppo accusato gli alito di essente cagione delle loro sventure economiche ed hanno creduto che bastasse elargire o promettere milioni, per sanare tutti i mali del Mezzogiorno. Si diano pure i milioni per le spese urgenti della civiltà, rimboschimenti, bonifiche e scuole, ma si persuadano tutti che gli aiuti economici non bastano».

E quello che diceva allora Luigi Einaudi è una verità ancora attuale. Occorrono capitali, occorre l'iniziativa; purtroppo nel Mezzogiorno l'iniziativa manca! Questa la colpa dei detentori di capitali del Sud. Ricordiamo il pensiero di Alfredo Oriani ne «La lotta politica in Italia», dove egli rileva che i nobili del Nord, quando videro la rivoluzione industriale in atto, si diedero a fare gli industriali; purtroppo i nobili del Sud rimasero attaccati ai ridicoli blasoni crollati uno per volta miseramente per non aver compreso l'economia dei tempi nuovi.


19117


Mettendo da parte ogni campanilismo bisogna fare appello all'iniziativa del Nord. Gli uomini del Nord devono persuadersi che l'impiego dei capitali nel Sud è un ottimo investimento; questo ha ben compreso la ditta Marzotto che ha lanciato un programma (già in esecuzione) per la costruzione di 53 grandi alberghi nell'Italia meridionale e in Sicilia. Così il problema alberghiero del Mezzogiorno non avrà bisogno di leggi speciali, sarà risolto dall'iniziativa privata.

Un'altra iniziativa, è stata presa da tre grandi complessi industriali, Fiat, Snia Viscosa e Montecatini, cui si sono aggiunti l'Istituto delle Casse di Risparmio, il Banco di Napoli e la Società meridionale di elettricità che hanno creato lo S.V.A.M. cioè la società per lo sviluppo agricolo del Mezzogiorno. Queste iniziative valgono molto più delle buona intenzioni dei legislatori. In ogni modo va data lode al Governo per la legge in esame.

Questa politica viene chiamata politica meridionalistica, ma io ritengo che si tratti di urna politica squisitamente nazionale. Sostanzialmente per le opere che si compiranno nel Mezzogiorno che cosa si richiede? Calce, cemento, mattoni, mano d'opera. Ora, molte di queste cose si trovano sul posto e perciò circa due terzi di quello che si spende rimarrà nel Mezzogiorno. Un terzo, specialmente per quanto riguarda l'acquisto delle macchine, andrà al Nord. Ma anche buona parte dei primi due terzi prenderà ugualmente la via dal settentrione perché, una volta migliorata la condizione economica delle regioni meridionali, queste costituiranno un maggior mercato di consumo; ì meridionali, elevando il loro tenore di vita, acquisteranno un maggior numero di tessuti, di scarpe, più manufatti, più oggetti di lusso.

Del migliorato tenore di vita del Mezzogiorno si avvantaggeranno gli industriali del Nord. È tutta una economia interdipendente che si svilupperà ed è per questo che io affermo che attraverso una politica economica a sfondo regionalistico, si svolgerà una politica economica nazionale che servirà a eliminare una ingiustizia, che costituisce grave manomissione dell'unità e della dignità nazionale.

Ma si è detto: voi assumete impegni per il futuro; sapete se i governi futuri manterranno l'impegno di oggi?


Ebbene, noi rispondiamo che questa legge va considerata come una parola d'onore per tutti i governi che seguiranno, qualunque possa esserne il colore politico. Questo impegno è un atto di riconoscenza verso le popolazioni del Mezzogiorno, è un giuramento di fronte al Paese che vede nell'eguaglianza economica l'unità sacra della Nazione. (Applausi).


Presidenza del Presidente BONOMI


Presentazione di disegno di legge

di iniziativa parlamentare.


PRESIDENTE. Comunico al Senato che i senatori Boeri e Merlin Angelina hanno presentato il disegno di legge: «Disposizioni a favore dei farmacisti perseguitati politici» (1248).

Il disegno di legge seguirà il corso stabilito dal Regolamento.


Trasmissione di disegno di legge

con richiesta d'urgenza.


PRESIDENTE. Comunico al Senato che il Presidente della t'amerai dei deputati ha trasmesso il seguente disegno di legge: «Norme per la espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadini» (1244).

Il Governo ha chiesto su questo disegno di legge la procedura d'urgenza. La pongo pertanto ai voti. Chi l'approva è pregato di alzarsi.

(È approvata).

Vista la complessità del problema, data l'atmosfera torrida e la stanchezza del Senato che ha ben lavorato in quesito periodo di tempo, la Presidenza ritiene che il Senato stesso abbia diritto, come la Camera, di prendere le sue vacanze. Nello stesso tempo 'impegna solennemente la Commissione ad esaminare al più presto questo disegno di legge, a nominare i relatori, affinché essi approntino tempestivamente la loro relazione, in modo che alla ripresa dei lavori parlamentari si sia pronti a discutere questo disegno di legge come primo punto del nostro ordine del giorno.


19118


CONTI. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTI. Quello che desideravo dire è di raccomandare di porre all'ordine del giorno della prima seduta] dopo le ferie, il progetto di stralcio della riforma agraria.


Ripresa della discussione.


GIARDINA. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIARDINA. A nome anche di altri colleghi, chiedo la chiusura della discussione generale, a norma dell'articolo 70 del Regolamento.

PRESIDENTE. A norma dell'articolo 70 del Regolamento possono parlare un oratore pro e uno contro la proposta di chiusura.

LUSSU. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Non per parlare contro la proposta o l'ordine dei lavori, ma solo per esprimere la seguente considerazione. Avrei preferito cioè che un problema di questo genere, di questa importanza si fosse potuto trattare più ampiamente e soprattutto più degnamente.

Comunque, arrivate le cose a questo punto,.riconosco che non c'è niente da dire, e, meglio ancora, niente da fare.

PRESIDENTE. Pongo allora in votazione la proposta di chiusura della discussione generale, presentata dai senatori Giardina, Magli, Fusco, Genco, Boggiano Pico, Magri Elia e Italia. Chi l'approva è pregato di alzarsi.

(È approvata).

A norma dell'articolo 70 del Regolamento spetta la parola di diritto a un senatore per ogni gruppo parlamentare.

Su indicazione dei rispettivi gruppi, la discussione generale si limita allora a questi oratori: Raja, per il gruppo repubblicano, Zotta, per il gruppo democristiano, Li Causi, per il gruppo comunista, Lussu, per il gruppo socialista, Franza, per il gruppo misto e Vìenditti per il gruppo liberale. Raccomando agli oratori la maggiore brevità possibile.

Ha facoltà di parlare il senatorie Raja.


RAJA. Onorevoli senatori, io ho una cattiva ma onesta abitudine, e questa mia, forse eccessiva lealtà, alle volte può anche nuocere. Io vi dico, onorevoli senatori, che ho assistito e seguito questa appassionante e in certi momenti vivace discussione con un grande senso di commozione, perché tutto ciò che può riguardare e che può interessare le regioni del Mezzogiorno d'Italia,.e principalmente la mia isola, mi mette in uno stato di assoluta commozione, non solo, ma anche di aspettativa. Purtroppo avrei desiderato, così come ho detto davanti alla Commissione speciale, che questa legge, che noi in Commissione avevamo constatato che non rispondeva in certi dettagli alle necessità che si propone la legge stessa, potesse essere suscettibile di emendamenti, potesse essere suscettibile di modifiche; ma purtroppo io stesso relatore e la stessa maggioranza della Commissione ebbero a ritenere, pur rilevando quelle che potevano essere le perplessità, i dubbi, i rilievi e le critiche, che bisognava varare questa legge perché si potesse dare finalmente l'avvio alla soluzione del problema del Mezzogiorno. Ebbene, onorevoli amici, io vi debbo dire sinceramente che non mi adatto a questo sistema di discussione e mi adatterei solo quando potessimo confermare e affermare che la legge è perfetta. Ora se dubbiezze sono state rilevante dalla maggioranza della Commissione, se rilievi sono stati fatti dal relatore della maggioranza, a cui esprimo pubblicamente il compiacimento per la magnifica relazione che egli ha fatto, io mi domando perché dobbiamo privarci di questo diritto che è sacro e doveroso per noi e non emendare la legge in quei dettagli che non possono essere utili alla attuazione della legge stessa. Ed allora, onorevoli colleghi, io non rinunzio a quello che è un mio diritto e per questo ho priesentato già un emendamento soppressivo di due capoversi dell'articolo 25; non rinunzio perché a me pare che tradirei le sorti della mia Sicilia, che tradirei anche quello che è il mandato che il popolo italiano ci ha dato se facessi altrimenti. Ed allora iniziamo l'esame della legge ed entriamo nel merito della questione.

Io credo che né l'onorevole Ministro Cam pilli né il Governo abbiano l'ambizione o presumano di aver risolto con questa legge quello che è il problema, anzi la questione meridionale.


19119


Lo escludo e questo mio sentimento trova conferma in quello che è il gesto dello stesso Ministro; ma pur convenendo in questo, contrariamente a quello che è stato detto da alcuni settori di questa Camera, io debbo dare atto con animo lieto e con grande adesione alla significazione e alla finalità di questa legge e avrei voluto (noto è certamente né un apprezzamento né un rimprovero perché non avrei l'autorità di farne) avrei voluto che un po' tutti noi che siamo stati, specialmente noi meridionali, così appassionati nel discutere questa legge, avessimo un po' dimenticato quella che è la letteratura e quella che è stata la storia di circa un secolo in cui si è cercato dì trattare questo problema. Vedete, non c'è dubbio che questo disegno di legge, anche nelle sue modeste proporzioni (perché è bene stabilire queste modestia proporzioni) risponde un po' all'aspettazione quasi secolare delle popolazioni meridionali, risponde e vuole anche concludere, diciamo, tutto un ciclo non di dimenticanze che pure ci sono state, non di trascuratezze, trascuratezze che ci sono state, ma tutto un ciclo di letteratura, di studi, di proposte e di iniziative legislative. Mi si consenta l'espressione, si è fatto attorno alla questione del Mezzogiorno, tutta una letteratura che poteva valere la pena di ricordare. Ma anche a me ha dato l'impressione che, richiamandoci a questa letteratura di cento anni, dimenticando un po' la realtà di oggi, abbiamo quasi spostato la discussione di questo disegno dii legge che bisogna ridurre, così come ha fatto l'egregio relatore della maggioranza, alle sue vere ie precise proporzioni. Ed allora non è che non valga la pena, ma evidentemente questa discussione poteva essere molto più serena e poteva rispondere meglio all'esame della legge, di ricordare le continue agitazioni, ribellioni e sofferenze delle classi lavoratrici meridionali.

LI CAUSI. Questa non è letteratura.

RAJA. Bisogna ricordare questo: le sofferenze delle classi lavoratrici italiane, tutte le volte che un atto poteva costituire una rivolta contro il trattamento che lo Stato dava alle regioni del Mezzogiorno, furono sempre — debbano riconoscerlo anche se la nota è dolorosa — ritenuti attenuanti all'ordine sociale e furono presi provvedimenti — proposti anche da uomini della nostra terra — e applicati sistemi di polizia.


19120


Ora finalmente, e di questo è bene che si dia atto e ne dobbiamo dare atto tutti, il Governo sente che le agitazioni, le ribellioni, le proteste hanno un fondamento di giustizia e propone dei mezzi legislativi per riparare le ingiustizie del passato. Ci auguravamo pertanto che anche per questa legge, così come è stato per la riforma tributaria, si fosse trovata la possibilità di unione di questo ramo del Parlamento perché il consenso sostanziale e di principio alla fin fine c'è in quanto voi dell'estrema pur dicendo che non accettate questo disegno di legge perché non è sufficiente a risolvere la questione del Mezzogiorno, d'altro canto accedete all'idea che per lo meno è l'inizio della risoluzione del problema del Mezzogiorno. Badate, io penso che non è neanche il caso di fermarsi con tanta assolutezza e vivacità in una opposizione ideologica: perché non vi è dubbio che qualsiasi disegno di legge che viene dal Governo, dalla maggioranza, non può essere accettato dall'opposizione che si trova in altro campo, ha altri postulati ed altre aspirazioni: aspirazioni e postulati che noi non possiamo condividere. Quindi la legge serve a dare inizio t'è bene stabilire questo principio fondamentale) a dare inizio alla soluzione del problema del Mezzogiorno; soluzione del problema del Mezzogiorno che, anche no sono convinto, deve principalmente fondarsi sulla trasformazione fondiaria del Mezzogiorno stesso. Ma su questo grave e complesso problema, onorevoli colleghi, noi abbiamo già un progetto di legge, che è stato approvato dalla Camera dei deputati e che è stato portato oggi stesso m discussione al Senato. Potrà questo progetto di legge rispondere più o meno alle esigenze ed alle aspirazione delle classi agricole; ma non v'è dubbio che esso tende a spezzare l'incrostazione di tutta la vita fondiaria dei nostri Paesi. Tutto questo mi dà la possibilità di vedere nell'azione del Governo una qualche cosa, così come non è stato per il passato, che possa avviarci verso questa soluzione. Perché non basta creare un organo, la Cassa del Mezzogiorno, dare quei mezzi che si sono dati, anche insufficienti, se questo ente non è diretto alla finalità che si vuole raggiungere. Io ho l'impressione, e io dico con molta chiarezza, che questo può essere un inizio, che mi auguro, così come si augurava del resto lo stesso relatore della maggioranza, presupponga non solo altri finanziamenti, ma presupponga altri provvedimenti legislativi che possano risolvere la questione meridionale.


Ed oggi credo che il campo di discussione si debba limitiate all'esame di quesito progetto di legge, esaminando principalmente se l'articolazione della legge sulla istituzione della Cassa assolva le finalità attuali e future che il progetto si propone. Ed allora, le critiche che sono state fatte con molta vivacità, si possono ridurre a ben poche proposizioni. Prima critica: l'istituzione della Cassa era superflua e bisognava invece cercare di creare un ministero del Mezzogiorno o una qualunque azienda autonoma. Seconda critica: mancanza assoluta di controllo da parte del Parlamento. Terza criticai: insufficienza dei fondi stanziati. Onorevoli colleghi, non vi è dubbio che queste critiche hanno anche esse un fondamento, specialmente sulla insufficienza e sulla insicurezza dei mezzi apprestati; ma dobbiamo anche convenire che aver, finalmente, dopo tanta attesa, trovato la possibilità di stanziare mille miliardi da investire in un decennio, è certamente un atto che è rilevabile ed apprezzabile. In altri termini, finalmente, il Governo d'Italia dice: io ritengo che il problema del Mezzogiorno sia un problema nazionale e voglio affrontarlo con sollecitudine e prontezza per cui ritengo necessario creare un nuovo istituto che possa essere garante e contemporaneamente strumento dell'esecuzione delle opere che mi prefiggo di fare. Allora, onorevoli colleghi, a me sembra che diventa accademica la discussione se bisogna fare un'azienda autonoma sotto il controllo dello Stato o invece questo nuovo organismo che è la Cassa del Mezzogiorno. Se per tanti anni noi abbiamo detto ed affermato che l'amministrazione dello Stato non risponde alle esigenze di tino Stato moderno, se per tanti anni abbiamo affermato che la burocrazia italiana non risponde pienamente alla nuova struttura dello Stato, se sempre abbiamo affermato che la legge sulla contabilità dello Stato non risponde più al dinamismo moderno, dobbiamo allora convenire che era necessario creare un nuovo organo al di fuori dell'amministrazione ordinaria dello Stato ed agire al di sopra e al di fuori di un controllo, non parlamentare, che c'è sempre, ma anche di un qualunque controllo della Corte dei Conti. Ora, credete voi che questo sia un pericolo? No, onorevoli colleghi, lo vi dico che pericolo non è perché noi, già denunciando l'insufficienza degli organi dell'amministrazione dello Stato, abbiamo affermato che prima o dopo il Governo deve affrontare questo problema di modificare la struttura attuiate del l'amministrazione dello Stato.


19121


Allora se noi dobbiamo avere un organo che possa disporre veramente di tutta la sua autonomia e Ila,, sua indipendenza, un organo che possa affrontare i problemi, le opere, i progetti, un organo che possa eseguire queste opere, mi pare che non c'era altro mezzo che quello di creare questa Cassa che è stata chiamata felicemente Cassa del Mezzogiorno, e che è, checché se ne possa pensare, un organismo autonomo e indipendente che, pur mantenendo il controllo del potere esecutivo e quindi del Parlamento è più che sufficiente ad affrontare i problemi del Mezzogiorno stesso. Si dice che notai abbiamo controlli. Che cosa è questa Cassa? È un ente di diritto pubblico. La Commissione speciale della Camera ha sentito il bisogno di fissare questo elemento. Questo ente per la sua natura stessa e anche per quelle che sono le norme generali di diritto, non poteva essere sottoposto lati controlli dello Stato, essendo esso al dì fuori degli organi dello Stato stesso. Si sono allora create quelle misure che servono a controllare, a vigilare l'andamento della Cassa stessa. Ma vi dico, onorevoli colleghi (e mi richiamavo poco fa a quelli che sono i principi generali del nostro diritto) che questo nuovo ente ha una sua amministrazione, un suo controllo, un supercontrollo.

In altri termini, non vi è più controllo diretto dello Stato ma un nuovo sistema di autocontrollo che viene imposto dalle nuove necessità e dalle nuove esigenze dello Stato moderno. Non vi può esser più un controllo gerarchico, come esiste nell'amministrazione dello Stato, bensì un nuovo sistema di controllo che io chiamerei della responsabilità. L'ente, attraverso i suoi organi di amministrazione, ha la responsabilità del buon andamento della Cassa stessa,. Abbiamo difatti un Consiglio di amministrazione, con un presidente e due vice presidenti 'e — quesito è ancor più importante — abbiamo un comitato di revisori dei conti. In conclusione, il controllo per questo tipo dà organizzazione, come del resto in tutte le associazioni sul tipo delle società anonime o simili, risiede nell'amministrazione e nel collegio dei revisori dei conti, che hanno la responsabilità, nelle società anonime, di fronte all'assemblea dei soci, e qui dinanzi al potere esecutivo e quindi di fronte al Parlamento e di riflesso al Paese. Su questo non vi può essere dubbio.


Ma non solo il disegno di legge garantisce il buon andamento dell'amministrazione della Cassa con questi organi — Consiglio di amministrazione e Comitato dei revisori! dei conti — si è andati anche oltre garantendo non soltanto il controllo della pubblica opinione ma anche quello del Parlamento. Voi vedete quindi che in sostanza esiste una supervisione, poiché il bilancio deve essere presentato al Ministro del tesoro che deve a sua volta presentarlo, in allegato al bilancio del Tesoro, al Parlamento.

Ma si dice: noi non abbiamo controllo sui preventivi; esiste soltanto il controllo sui consuntivi, ma non è sufficiente, perché 'esclusivamente sui preventivi può sussistere veramente un controllo legislativo. Ma vi dico che in questa materia — e ritorno al concetto che ho accennato poco fa — non ho creduto mai ai controlli dell'amministrazione dello Stato. Potrà avvenire che la Ragioneria generale dello Stato e la Corte dei Conti si soffermino su un conteggio più o meno erroneo, e il fascicolo incriminato passa così dal una parte all'altra, dal Ministero interessato alla Corte dei Conti e dalla Corte dei Conti al Ministero, nello sforzo di cercare di trovare una differenza in più o in meno di dieci centesimi o di dieci lire. Ma questo non è controllo. Il controllo è responsabilità e fino ia quando voi non avrete dato ai funzionari dello Stato la responsabilità della loro funzione, noi saremo sempre in condizione di non poterci aspettare dalla burocrazia se non fastidi e danni. (Approvazioni).

A me pare pertanto che la proposizione pronunciata dai colleghi dell'estrema sinistra sia infondata o, perlomeno, esagerata. In altri termini, non bisogna credere, anche in un regime democratico, che nel Parlamento si esaurisca tutto; se ci fosse l'amico Conti chissà cosa direbbe, ma questa è la verità. Il Parlamento è tutto, fuor di dubbio, ma d'altro canto nella esecuzione delle deliberazioni del Parlamento, c'è un potere esecutivo che mette in effetto i deliberata del Parlamento, e vi sono poi quegli organi, quegli istituti o quegli uffici che debbono materialmente incanalare ed avviare l'esecuzione di questi programmi che il Parlamento va elaborando.

Si è osservato che non c'è un piano; è un fatto che purtroppo oggi c'è la mania pianificatrice. A tale tendenza io non so accedere, forse perché la mia struttura mentale non è conformata in questo senso.


19122


Ma mi pare che voi un piano l'abbiate perché alla fin fine c'è un Consiglio di Ministri tecnici, dal Ministro dell'industria al Ministro dei lavori pubblici, al Ministro dell'agricoltura e foreste, il quale lavora sotto la Presidenza del Presidente del Consiglio o di un Ministro designato ad hoc, e prepara appunto il piano decennale, come stabilisce l'articolo 1 del disegno di legge al nostro esame. Quindi il primo atto che sarà fatto e che sicuramente è stato fatto, come è accennato nello stesso articolo 1, riguarda appunto la stesura di un piano. Avremo così delle imponenti opere di bonifica, di ordinamento delle acque, di irrigazione; la costruzione di acquedotti e di fognature e infine opere per il turismo e vi è anche la possibilità di creazione di istituti o di enti o aziende che possono servire alla industrializzazione dei prodotti agricoli, che potrebbero sortire da questa grande massa di investimenti e di opere. E a questo punto si è sollevata la solita questione, richiamandosi alla letteratura sulla questione meridionale. Si è detto: tutte queste sono indicazioni di ordine generale, ma non è stato fatto un progetto concreto, e se un progetto c'è stato, questo è limitato ad un accenno del Presidente del Consiglio nel marzo o nell'aprile del 1950, non ricordo bene, data in cui si è parlato di assegnazione di queste somme per le bonifiche e per le irrigazioni, per il riordinamento dei corsi di acqua, ecc. Tutto questo è stato sì accennato, ma non avete un piano. Ora io mi domando, e lo domando soprattutto ai tecnici, perché penso di non aver sufficiente competenza: in una legge che crea un organo che serve a disimpegnare certe funzioni, si può accennare a quello che può essere il piano di bonifica e di opere pubbliche, o al piano che può servire alla industrializzazione, e cioè ad una seconda fase? Fase che deve essere organizzata, con una successiva attività anche legislativa, appunto per l'industrializzazione dei prodotti che verranno tratti dalla prima fase? Si è detto anche che quelli del Mezzogiorno non sono problemi che si possano risolvere o base di lavori pubblici. Lo avete detto in una forma molto chiara: la questione del Mezzogiorno non può essere limitata ad una questione di lavori pubblici.


La questione del Mezzogiorno è una questione così ampia, così vasta, che abbraccia, arrivo a dire, tutte le attività della vita sociale di un Paese. La questione del Mezzogiorno è un complesso di questioni. In questa legge voi trovate già l'organo creato proprio per affrontare questo complesso di problemi che rappresentano poi la questione del Mezzogiorno; ed allora avete già tracciato, nella legge stessa (articolo 1), tutto il piano che il Governo si propone per arrivare alla programmazione e quindi alle progettazioni delle opere. In un secondo momento il Comitato dei Ministri formula il programma annuale e quindi esegue la progettazione dei lavori, che deve essere fatta con quegli organi che ci sono, e sono abbastanza perfetti, cioè con quegli organi che lo Stato ha a disposizione per poter formulare appunto le progettazioni delle opere da eseguire.

Quindi, viene smentita, onorevoli colleghi dell'estrema, quella vostra asserzione, che ho chiamato infondata e forse esagerata: in altri termini la legge ha stabilito già un piano di opere che possono portare all'inizio (e sottolineo queste ultime parole) della risoluzione del problema del Mezzogiorno.

Per quelli che sono i controlli, ho già parlato; per quelle che sono le insufficienze dei fondi posso convenire, anzi debbo convenire, che i fondi sono insufficienti; ma sono anche dell'idea che certamente oggi non siamo in condizioni molto felici. Però, se desideriamo che questo problema venga al più presto risoluto, dobbiamo guardare quella che è la realtà economica del nostro Paese: realtà che alle volte fa veramente preoccupare gli uomini responsabili della vita nazionale; e fa tremare, perché ci troviamo ad una svolta grave della nostra storia, per cui quelle che possono essere le necessità di ogni regione d'Italia, possono anche diventare delle manifestazioni non opportune nel clima storico che oggi viviamo; anzi dobbiamo — e questo lo dico veramente con grande commozione del mio spirito — essere veramente lieti che il Governo in questo momento grave della vita nazionale non perda la sua serenità e continui ad affrontare con molta tranquillità e con molta saggezza i problemi che affliggono le nostre popolazioni. E vediamo che c'è tutto un complesso di provvedimenti legislativi che sono stati già discussi e che vanno discutendosi, i quali cercano di dare una nuova fisionomia al volto del nostro Paese.


Si dirà: ci sono errori e manchevolezze ma nel suo complesso c'è qualche cosa che vi da la sensazione che il Parlamento della Repubblica, e quindi il Governo che è lai nostra espressione, al di fuori e al di sopra di qualunque prevedibile calamità nazionale o internazionale, non perde di vista l'interesse e le necessità delle nostre popolazioni, poiché questo disegno di legge risponde proprio a questo criterio. E allora, onorevoli colleghi, a me pare che potrei senz'altro non dire altra parola in quello che è il complesso di questa discussione, avendo abusato abbastanza della vostra pazienza, tanto più che tutti gli opportuni rilievi sono stati già fatti con compostezza, con serietà e con grande austerità di intenti dal nostro egregio relatore, rilievi che il Governo deve ponderare ed esaminare, perché anche quando la legge sarà stata approvata così come proposta dalla Camera dei deputati, non vi è dubbio che o prima o dopo dovrete venire nuovamente davanti al Parlamento per proporre quelle modifiche che abbiamo invocato e che sono tutte tracciate nella relazione del nostro relatore. Direi allora che potrei chiudere questo discorso, se non ci fosse qualche cosa che mi interessa quasi personalmente, ed è l'articolo 25. Onorevole Ministro Campilli, in sede di Commissione io ho manifestato le mie apprensioni, ma non ho avuto la fortuna di avere una risposta che mi tranquillizzasse. Le ripeto in seno all'Assemblea del Senato 'e credo che debbano essere condivise da tutti. Vedete, con l'articolo 25 — vorrei dire una parola amara — ho l'impressione che facciate un qualche cosa a danno dell'isola siciliana ed anche della Sardegna, ho l'impressione che si faccia qualche cosa che è allarmante (e potrei dire una parola molto più grave, parola che non dico perché non credo che ciò sia stato fatto proprio con intenzione). Ci sono certi cabalisti attorno al Governo, che a volte possono avere grande buona volontà, i burocratici, quelli della Commissione legislativa che sono attorno al Governo, i quali alle volte o fraintendono o portano nella loro opera anche un po' di quello che può essere il loro sentimento e il loro pensiero. Voi nei due capoversi che avete inserito nell'articolo 25 — perdonatemi — attentate allo Statuto siciliano e allo Statuto sardo, e quindi create una disposizione incostituzionale nella legge,


19123


perché modificate l'articolo 38 dello Statuto speciale siciliano e l'articolo 8 dello Statuto speciale della Sardegna che sono leggi costituzionali, con una legge ordinaria. L'amico Rizzo ha voluto fare come Salomone, ed ha cercato di salvare capra e cavoli. Mi perdoni, glie lo dico con quell'affetto che ho per lui, se gli esprimo il mio dissenso. Egli si richiama ad un senso di equità nazionale e dice che non possiamo provocare la reazione delle altre regioni meridionali, pretendendo — pare dicesse — un trattamento di favore. No, noi non chiediamo un trattamento di favore, perché, anche se lo chiedessimo, è bene dirlo, non ce lo dareste, come non ce lo avete dato per il passato. Chiediamo però che siano rispettati i diritti che voi stessi avete consacrati nella Costituzione.

RIZZO GIAMBATTISTA. Lei chiede quello che ho chiesto io.

RAJA. La troppa equità diventa ingiustizia e ingenerosità talvolta, onorevole Rizzo. Non voglio fare una polemica tra noi.

RIZZO GIAMBATTISTA. Io non ho fatto attiro che chiedere l'applicazione dell'articolo 38.

RAJA. Io chiedo invece che non ci si richiami con l'articolo 25 all'articolo 38 perché, se per una ragione di solidarietà nazionale, nell'articolo 38 era sancito un intervento dello Stato a favore della Sicilia perché sì desse una possibilità di sollevare il tenore di vita e quindi il reddito di lavoro di ogni lavoratore, evidentemente ora che con una legge venite a creare una imponente massa di opere straordinarie, ma necessarie, non potete conteggiare queste opere sul fondo che ci è dovuto. Siete, arrivo a dire, un creditore implacabile, perché ci togliete questo piccolo sollievo che ancora del resto non è stato dato, perché ricordate che i 30 miliardi che sono stati stanziati nel bilancio della regione, non si sono avuti, e questi 30 miliardi rappresentavano proprio la partecipazione del fondo nazionale alle entrate della regione. (Interruzione del Ministro Campilli).

Il Ministro Campilli ha detto che questo è di gradimento della Giunta della regione siciliana. Io non so se i miei giovani amici di laggiù hanno dato la loro adesione.


Potrà anche darsi, ma dando la loro adesione a questo capoverso dell'articolo 25, che interessa direttamente noi siciliani, hanno fatto un qualche cosa che è pericoloso: io mi preoccupo, onorevole Ministro e onorevoli colleghi, di ogni attentato che si cerca di fare contro lo Statuto speciale della regione siciliana. Io mi preoccupo che, insinuando nelle varie leggi oggi e domani una data tassativa disposizione che annienta un dato diritto, noi finiremo per distruggere completamente l'autonomia e le agevolazioni finanziarie, che ci erano state concesse a riparazione: autonomia, che è stata_non concessa dalle autorità costituite, ma che noi con la nostra opera e con la nostra attività abbiamo raggiunto. È una conquista che non può essere più modificata se non in meglio, mai in peggio. Ed allora io insisto sull'emendamento soppressivo che ho proposto, e vi insisto perché non posso né voglio partecipare ad un atto che può offendere il sentimento della popolazione siciliana e che può sgretolare, o essere l'inizio di uno sgretolìo, dello Statuto speciale della Regione. Vorrà la Giunta siciliana, vorrà il Parlamento siciliano fare quel che crede, ma fino a quando io sarò qua a rappresentare la Sicilia, intendo fissare in una maniera inequivocabile che non mi troverete mai né partecipe né complice di attentati allo Statuto speciale della Regione siciliana. Ed allora io vorrei, onorevole Ministro, che, se questa legge dovrà subire delle modifiche, o se questa legge modifiche non subirà, una parola serena ma precisa, comunque, fosse detta, che dovrebbe essere anche l'espressione di un impegno del Governo, nel senso che si possa in avvenire correggere quella che è per me una iniquità, e si possa quindi dare atto alla Sicilia, e così alla Sardegna, che esse hanno un diritto creditorio verso lo Stato, che è già parte delle entrate stesse delle due regioni,, che questo diritto non è né conteggiarle, né conguagliabile, né sopprimibile. In altri termini, voi volete alla fine e ve lo dico con grande franchezza — fare pagare a noi le opere straordinarie che debbono essere fatte in Sicilia e in Sardegna, e che sono opere statali anche per quella che è la dizione dei nostri statuti, che sono opere di obbligo statale. Quello che ci avete dato ieri e che rappresenta un credito che ancora non abbiamo esatto, voi volete farcelo pagare oggi con queste opere straordinarie.


19124


Io mi auguro, onorevole Ministro, che questo non avvenga, e non avvenga per quella grande armonia unitaria che deve sorreggere tutte le regioni italiane. Perché se voi venite a dirci, e lo hanno detto parecchi amici del nord d'Italia, che finalmente si fa una politica di riparazione verso le regioni del Mezzogiorno che sono state trascurate...

CAMPILLI, Ministro senza portafoglio. Per tutte le Regioni.

RAJA. Onorevole Ministro, credo che in passato tutta quella che poteva essere la potenza dello Stato, tutto quello che poteva essere l'apporto dello Stato sia stato avviato, per colpa nostra, alle volte, con danno nostro, verso il Settentrione d'Italia. Anche oggi noi siamo pronti a dare — ed abbiamo dato abbastanza — tutto quel che si può, non al Settentrione, ma a questa Italia repubblicana che noi vogliamo prospera; ma in questa Italia ci siamo anche noi del Mezzogiorno e delle Isole. Ed allora, onorevoli colleghi, io mi domando: perché dovete consacrare in questa legge, che vorrebbe rappresentare l'inizio del sollevamento delle condizioni economiche del Mezzogiorno, una ingiustizia a danno della Sicilia, facendo pagare alla Sicilia gli importi di queste opere straordinarie che lo Stato ha l'obbligo di non pretendere oltre?

CAMPILLI, Ministro senza portafoglio. La questione è che la Sicilia non deve prendere due volte.

RAJA. Ecco che ci siamo, onorevole Ministro, perché la sua interruzione è chiarificatrice. Non si tratta di prendere due volte i Ho già posto ieri un interrogativo al senatore Rizzo: come farai a fare il conto, e calcolare se queste opere straordinarie che farà lo Stato potranno sollevare il reddito di lavoro dei cittadini siciliani? Come potrai fare questo conto nel momento in cui devi addebitare quello che è l'importo di queste opere? La vostra interruzione è chiarificatrice; lei dice che non dobbiamo dare due volte; ebbene, voi dovete dare una sola volta: avete dato nel 1947 questo, che rappresentava un impegno di solidarietà nazionale, e questo è sacro; voi non, lo potete più toccare. Dovete dare oggi perché oggi le opere che si fanno nel Mezzogiorno d'Italia servono principalmente, non solo a sollevare le nostre condizioni, a dare lavoro alle industrie del Nord,


perché quando si dice che per la costruzione di queste opere sarà necessario circa il 40 per cento del totale, cioè 400 miliardi, che servono per attrezzature, che servono per utensili e per altre cose, per creare queste opere, questi 400 miliardi non è che saranno dati alle regioni del Mezzogiorno ma continueranno ad affluire alle zone industriali del Nord, con nostro sommo piacere, perché proprio noi dicevamo, come abbiamo sempre detto, che se volete veramente risolvere anche il problema industriale del Nord ed avere un mercato, avete bisogno di sollevare le condizioni economiche delle masse lavoratrici e del popolo del Mezzogiorno, perché esse solamente possono consumare quello che voi producete. Allora, onorevole Ministro, io ho le mie gravi preoccupazioni, che confermo in questa Assemblea, perché la vostra interruzione mi allarma ancora di più. lo vi dico che la maggioranza potrà fare quello che pensa,e quello che vuole, ma vi dico anche che voi continuate m un'opera che è pericolosa, perché anziché cercare con questa legge, come la finalità stessa della legge imponeva, l'armonia delle Regioni italiane e l'unità del nostro Paese, volendoci far pagare le opere che deve pagare lo Stato, ci mettete invece in condizioni ancora peggiori sentimentalmente. Il nostro popolo è infatti un popolo pieno di sentimento; il popolo siciliano apprenderà che si è consumata un'ingiustizia perché qualunque opera sarà fatta in Sicilia che riguardi questa legge, sarà considerata come un'opera che noi stessi paghiamo e i cui oneri sopportiamo. Allora, onorevoli colleghi, dando voto favorevole alla leggo, concludendo queste mie parole, non posso fare a meno di invocare dal Senato questo senso di solidarietà e propongo che i due capoversi dell'articolo 25 siano soppressi.

Ho finito. Dicevo in principio che non bisognerebbe appassionarsi ma ora mi convinco che quando si parla della nostra terra ci si appassiona un po' tutti. Mi auguro che, correggendo questa che per me è un'ingiustizia, si possa alfine veramente auspicare, in omaggio alla unità nazionale (che noi siciliani per primi abbiamo sempre voluto ed imposto al di sopra dì qualunque interesse, anche nei momenti in cui pareva che la frattura fosse insanabile) che questa legge significhi l'inizio di una armonia fra tutte le Regioni, l'inizio di una riparazione, la conclusione del sentimento dell'unità nazionale, da tutti invocata e voluta. (Applausi e congratulazioni).


19125


PRESIDENTE. È iscritto a parlare il sena tane Zotta. Ne ha facoltà.

ZOTTA. Onorevole Presidente, onorevoli signori del Governo, onorevoli colleghi, in altri tempi sarebbe stata questa una bella occasione per una dissertazione nutrita ed elegante sulla «Questione (lettera maiuscola!) del Mezzogiorno». Mi sorprende come non sia sorta ancora una cattedra universitaria con corsi regolari sull'argomento, come ne esiste una sulle «Antichità Pompeiane», un'altra sulla «Papirologia». Nonostante il seducente miraggio, io prometto da galantuomo che non parlerò sulla «Questione del Mezzogiorno». Io sono ossessionato dall'incubo della retorica. I miei accenni avranno soltanto carattere polemico; per riportare sul terreno della realtà la discussione.

Ho avuto l'onore di essere stato designato dal Gruppo democristiano per la conclusione del dibattito. Pur sfrondando, perciò, com'è mio costume, il mio intervento da ogni indugio che apparisse men che essenziale ad uno scheletrico ragionamento, alieno da ogni paludamento ornamentale, provo un senso di disagio, poiché il compito che mi è stato affidato è vasto, per la molteplicità e la complessività dei problemi che vi sono connessi, e d'altra parte è viva nell'Assemblea l'impazienza di portare a termine in giornata la discussione del disegno di legge e di conchiudere così la sessione estivai.

Io mi affretto a dichiarare che ottempererò all'invito cortese dell'onorevole Presidente di contenere il mio dire nel tempo più breve possibile. Ma mi si consenta di esprimere ancora una volta, quasi come un diritto scaturente da codesta necessaria costrizione, il mio rammarico, che ci si debba ridurre all'ultimo momento por discutere leggi di tanta mole, mentre durante l'anno per lo più perdiamo tempo in discussioni secondarie.

Ed ora veniamo alle critiche che sono state mosse alla legge in esame. Sono tre i punii fondamentali.

«Anzitutto — è stato detto — abbandonate le esagerazioni propagandistiche! e la retorica».


Onorevoli colleghi dell'opposizione, se v'è un partito che ha meno bisogno di batter la grancassa, questo è il partito attualmente al Governo.

CONTI. Perché?

ZOTTA. Perché la Democrazia cristiana ha il fermo e fondato convincimento che la sua vita non sia né effimera, né contingente. Fra dieci anni — che è il termine di durata di questa legge — la Democrazia cristiana continuerà a reggere il timone e dovrà dar conto delle parole e delle promesse odierne. In tali circostanze non si lavora alla giornata e a suon di tromba, ma con un programma preciso, che è destinato ad operare nel tempo.

Chi ha detto che con questa legge si risolve il problema del Mezzogiorno? Noi non intendiamo menare questo vanto. Mostreremmo, tra l'altro, scarsa intelligenza. Non si può mutare radicalmente, nello spazio di un decennio, la essenza, strutturale d'un popolo, che deriva da profonde ragioni storiche, geografiche, demografiche ed economiche. Siamo tuttavia convinti che molto si può fare per alleviare la miseria e per migliorare le condizioni generali di vita delle popolazioni meridionali. Costituisce indubbiamente un programma serio e degno della massima considerazione quello odierno, che si ripromette un sistema organico di lavori, concernenti bacini montani, regolamenti dei fiumi, trasformazioni agrarie, viabilità minore, elettrificazione, acquedotti, fognature, industrializzazione e turismo.

Vano è tutto questo — voi rispondete, lì male è uno solo e sta nella struttura sociale del popolo meridionale, ove una ristretta classe di 'esosi proprietari ha il monopolio della terra, cui non ha mai apportato alcun miglioramento, e comprime e sfrutta il popolo con sistemi ancora feudali. Dinanzi a questo ostacolo, tutti i vostri tentativi sono destinati al fallimento.

Vi è un tanto dì vero nella premessa, ma anche molta esagerazione.

Vero è che la struttura sociale da noi risente ancora delle condizioni storiche. Il sistema feudale, e più di tutto la mentalità feudale è durata da noi oltre l'unificazione del Regno. Infine ne ha preso il posto il cosiddetto «galantuomismo»: una classe di privilegiati signori che si è ritenuta la depositaria in ogni borgo dei diritti politici del popolo.


19126


Sono costoro gli esosi proprietari, di cui voi vi lamentate. Ma potete tranquillizzarvi, essi politicamente sono stati battuti in breccia, annientati: nelle elezioni del 2 giugno e del 18 aprile, è emerso sulle piazze il popolo, nella esuberanza del suo rigoglio. Io vengo come voi dall'Italia meridionale, da zone ove nelle elezioni ultime è affiorato un senso nuovo, fresco, giovanile, uno slancio irrefrenabile ed entusiastico di vita da parte del popolo che viene dalla terra, che viene dall'artigianato, che viene dalla modesta e proletaria borghesia dell'intelletto. Lo abbiamo visto mortificato il «galantuomo» erede dei privilegi feudali precedenti, lo abbiamo visto ritirarsi ed appartarsi come un cane frustato nelle sue campagne: egli non è stato presente nelle due elezioni che si sono svolte nel regime democratico.

Anche il loro predominio economico, onorevoli colleghi, oggi è al tramonto. Intanto le energie d'un popolo che si desta hanno già determinato in buona parte il collasso ed il frantumamento di molte di queste scorie decrepite. È un fenomeno che non può non richiamare l'attenzione. Ove nei paesi, nella parte più elevata, si ergeva il palazzotto feudale, come un maniero, o la vasta casa «signorile» ricca di dipendenze, oggi, per lo più, è il silenzio, mura lesionate, tetti crollati, o, se vi è segno di vita, sono gli uffici municipali, la sede della Pretura, la Caserma dei carabinieri, o addirittura sorridono occhi vispi di bambini, figli dei contadini che vanno scacciando questo ciarpame parassitario ed insulso. Attendete! La riforma agraria è alle porte! Gli strumenti giuridici si affinano perché il frutto della terra sia di colui che la lavora.. Il contadino ha spezzato le catene: innalza un vessillo e grida, inneggiando alla libertà e alla democrazia. Chi oserà opporsi a codesta valanga? Donde gli spodestati trarranno la forza per sorreggere la loro stupida tracotanza?

Io intendo la vostra preoccupazione, onorevoli colleghi dell'opposizione, ma solo nel senso che non dobbiamo appagarci della vittoria odierna, che potrebbe risolversi con una ritirata dell'avversario e non con una completa debellano. Vigili, dunque, a che non rispunti la gramigna! Io vi intendo appieno, poiché do stesso ho durato fatica a combattere contro questa classe di prepotenti, lasciandovi spesso le penne: ancora oggi, nonostante il loro sorriso mellifluo e propiziatorio, me li vedo davanti occultamente ribelli ad ogni rassegnazione.


Sapeste quanta fatica mi sta costando riuscire a rimuovere presso gli uffici gli ostacoli che va opponendo una di queste famiglie, lesa nella sua maestà, in quanto si è osato porre gli occhi su non più di 1000 metri quadrati di terreno di sua proprietà per costruire alloggi ai lavoratori con i fondi dell'I.N.A.C.A.S.A.! E se l'egoismo gretto e la presuntuosa alterigia avranno avuto ragiona, io tornerò sull'argomento in quest'Aula. Questi signorotti, piuttosto — onorevole Ministro la prego di prestare attenzione e di riferire eventualmente a chi di ragione, perché ciò può rappresentare il segno di una mentalità che deve essere sradicata — riescono talvolta a trovare ancora possibilità di ascolto negli ambienti romani e negli uffici amministrativi. Io combatto questa lotta, l'ho sempre combattuta, come uno padre, poiché vengo dal popolo proletario. Sì, avete ragione, onorevoli colleghi, bisogna stai e all'erta, ravvivare ognora la coscienza politica del popolo, far che nel suo animo sia educato e rinvigorito fino alla esasperazione il senso di gelosia per la conservazione delle sue sovrane prerogative.

Dunque, circoscritto il problema sociale nei limiti sopra esposti, appare a luce meridiana come esso non sia tale oggi da inficiale ia finalità della legge che stiamo esaminando. Guardiamo le cose quali sono, senza lasciarci influenzare da preconcette posizioni ideologiche o da malsani interessi di partito. Distrutta politicamente la classe un tempo dominante, tolti gli artigli per opera della riforma agraria di imminente discussione, dove voi trovate tanta forza corrosiva in codeste cariatidi che abbia virtù di porre nel nulla gli effetti concreti che la legge si propone con l'impiego in dieci anni di mille miliardi in favore delle popolazioni meridionali?

Potrete dire che il problema del Mezzogiorno non sarà risoluto appieno. Ma nessuno ha affermato il contrario. Neanche con l'attuazione dei vostri sistemi economico-sociali in tema di riforma agraria esso sarebbe risoluto. Io non intendo aprire qui una discussione sulla bontà dei vostri o dei nostri principi in materia. Certo è che qualunque essi siano, il problema non può risolversi. Voi non potrete ripetere il miracolo della moltiplicazione dei pani. Qui vi è una mensa predisposta per cinque persone, dove debbono sfamarsi dieci. Questa è la realtà.


19127


MILILLO. E allora?

ZOTTA. Abbia la cortesia di ascoltarmi ancora, concittadino Milillo, perché ella può comprendermi molto bene quando cito dati relativi a persone e a cose. La terra è quella che madre natura ha creato nella sua estensione e, in buona parte, nella sua genuina capacità di rendimento. Potremo renderla più fertile con la sistemazione e la trasformazione fondiaria, con l'assicurazione al contadino di tutti i conforti che gli rendano preferibile la permanenza in campagna anziché il ritorno in paese — e a ciò mira fondamentalmente la presente legge — ma non potremo aumentarne il rendimento di tanto da dar sostentamento alla popolazione meridionale, la quale è già ora fortemente esorbitante e tende a continuo aumento.

Bisogna tener presente la nostra struttura sociale. Noi viviamo solo di agricoltura. Poche e rudimentali industrie. Le industrie non si improvvisano. L'unica nostra industria è quella dell'impiego. Da noi esiste il contadino e l'impiegato. Si deve appunto alla mancanza di un ceto borghese, rappresentato altrove dalle industrie e da un florido artigianato, il mancato avvento dei Comuni nella storia del Mezzogiorno, cioè la privazione di quel che altrove fu un palladio di libertà ed un lievito potente di benessere economico e di civiltà. La inesistenza della borghesia è stata la causa del lungo permanere del regime e della mentalità feudale fin quasi ai nostri giorni. Anche oggi non esiste la borghesia. Ed è tutt'ora un male nel campo della produttività e della iniziativa economica. Da noi la borghesia è costituita dall'impiegato e dal professionista, che sono proletari non meno dei contadini, se è vero che è proletario colui che possiede soltanto prole e braccia. Si deve appunto a codesto proletariato borghese il maggior impulso nelle guerre del Risorgimento. Egli si chiamò allora liberale. Compì una rivoluzione in ritardo: fece nel secolo scorso quello che altrove era stato compiuto dopo il Mille dalla innova classe del tempo, la borghesia. Fu il liberale meridionale, codesto intellettuale eternamente proletario, che dette origine alle successive fasi del Risorgimento del 1799, del 1820 e del 1818.


Si capisce: proprio perché da noi più lontane erano le distanze sociali e quindi più vivo il contrasto, questa rivoluzione in ritardo, che nel resto d'Italia era avvenuta già con l'avvento dei Comuni, ebbe particolare sviluppo. I liberali dei Risorgimento, notate, onorevoli colleghi della sinistra, in materia di progressivismo, vi darebbero delle lezioni, se pensate a quella che era la situazione politica del tempo.

LI CAUSI. Avete mandato contro costoro le bande del Cardinale Ruffo.

ZOTTA. Onorevole Li Causi, il Vescovo della mia città, Monsignor Serao, era liberale e morì sulla forca.

La nostra borghesia dunque è formata da proletari. Noi siamo la borghesia: noi magistrati, noi funzionari, noi professionisti. Da parte dell'onorevole Grieco vi è stato qui in Aula un accenno, dirò, poco reverente sulla Magistratura meridionale (l'ho letto sui giornali, sul resoconto sommario non l'ho trovato e avrei piacere che sia un malinteso). Egli diceva che i magistrati sposano le figlie dei latifondisti e perciò sono favorevoli alla causa dì costoro. Sono un magistrato anch'io e non ho sposato la figlia di un latifondista, ma di un professionista integerrimo, il quale, oggi, benché ottuagenario, ha bisogno di lavorare ancora per vivere. La Magistratura italiana, nelle cui file militano in gran numero, forse per la massima parte, i meridionali, costituisce il nerbo maggiore della dignità del Paese: se nei tempi oscuri per soppressione di libertà o per ristrettezze economiche il Paese ha trovato una luce, il cui bagliore non si è attenuato mai, questa è la luce emanata dalla Magistratura nelle sue funzioni giudiziarie per il senso di onestà, di imparzialità, dì umanità.

CONTI. Ad ogni modo il senatore Grieco non ha detto quello che ha letto lei nei giornali, ma il contrario. Egli ha detto che i feudatari di quelle provincie tentano di dare le loro figliole ai magistrati perché sperano di averne un appoggio.

ZOTTA. L'argomento allora e esaurì co con piena soddisfazione, sempre che si intenda che si tratta di un tentativo infruttuoso e di una speranza sciocca.

Dunque da noi non vi è che questa alternativa: o lavorare la terra o mirare all'impiego Ma poiché la terra è insufficiente e i ruoli della burocrazia sono saturi, il problema più grave oggi è quello della sovrapopolazione.


19128


Qui è la ragione fondamentale della miseria del Mezzogiorno. E i mezzi per combatterla stanno in una politica che tenda al massimo sviluppo della emigrazione. Voi invece siete contro l'emigrazione. E sappiamo i motivi. La nostra politica estera è diretta a stimolare codeste correnti migratorie, con dignità e prestigio.

Intanto, per ciò che attiene alle possibilità del Governo, tutti gli sforzi sono diretti ad attenuare la miseria del Mezzogiorno. Riforma agraria, riforma tributaria, Cassa del Mezzogiorno: ecco il trinomio.

In che si concretizzano le provvidenze della Cassa del Mezzogiorno?

Nella bonifica, nel senso più lato: quindi sistemazione dei bacini montani, rimboschimento, regolamento dei corsi d'acqua in montagna e a valle, trasformazione agraria con costruzioni sul terreno di confortevoli case con acqua, luce, viabilità, diffusione della corrente elettrica; magli acquedotti e fognature; nello sviluppo delle industrie e del turismo.

Non ci si può illudere certo, come fauno alcuni, che si possa per tale via giungere alla floridezza della Magna Grecia. Sono mutate le condizioni storiche. Il Mediterraneo non è più l'epicentro del mondo sconosciuto né il bacino principale del traffico tra i popoli. Il centro di gravità, si è spostato verso il Nord. Ciò spiega perché il medesimo fenomeno d'una civiltà più progredita nelle regioni settentrionali si ripeta anche sulla Spagna e nella Francia. Auguriamoci che in un domani non lontano, il Mediterraneo, per la sua odierna importanza come via di congiungimento col mondo orientale, torni ad essere il punto centrale di traffico e di vita dei popoli. Tornerà lo splendore di Agrigento e di Siracusa? La magnificenza di Taranto, Eraclea, Metaponto, Siri, Sibari, Crotone, Reggio, Velia, Pesto, Cuma? A Metaponto oggi vi è la selva e la malaria. Chi si attentasse a recarvisi di questa stagione correrebbe rischio di prendere una perniciosa. Il terreno è in coltura estensiva e i proprietari vivono in città, percependo le rendite. Non potremo certo far risorgere dai ruderi la città ellenica: ma spegnere la malaria, bonificare ed irrigare quelle pianure, arginare i corsi dei fiumi che le attraversano devastandole, distruggere il monopolio terriero e distribuire la terra a chi la lavora, questo, sì, possiamo fare: questo intendiamo fare con la riforma agraria e con la legge sulla «Cassa del Mezzogiorno».


Il disegno di legge non risolve il problema, in quanto vi si oppongono elementi naturali incoercibili: ma, per tutto ciò che sia nella sfera d'azione dell'uomo e nella possibilità dì un Governo, è questa la legge più idonea e seria e coraggiosa che sia mai stata emanata con un programma innovatore e costruttivo, che si irradia nel tempo e che ha a sua base elementi concreti di azione e di realizzazione.

E se è così, abbiamo il diritto di bandirlo a tutti i venti: come una cosa nuova nel costume parlamentare e governativo. Giacché, essendo il popolo meridionale abituato dalla unificazione ad oggi a vedersi sventagliare con la fantasmagoria dei fuochi pirotecnici il problema del Mezzogiorno alla vigilia delle elezioni politiche, e isolo per quel tempo, per vederlo poi morire di etisia o cadere addirittura nel più completo oblio durante lo svolgimento della legislatura, oggi, ed è grande novità, i partiti al Governo sentono l'orgoglio di dimostrare al popolo che sanno mantenere fede alle promesse elettorali, in tempi non sospetti e tanto lontani dal miraggio o dalla tema delle elezioni.

Non si tratta dunque né di esagerazioni propagandistiche ne di retorica. Non vi scandalizzate, onorevoli colleghi dell'opposizione: vi inviterei anzi — e mi sembra per voi coerente e logico — a dare la vostra adesione al nostro programma per il Mezzogiorno. Tutti i partiti — il vostro compreso — alla vigilia delle eiezioni hanno promesso di impegnarsi per codesta giusta causa. Non è bello, sotto forma di speciosi pretesti, assentarsi ora, nel momento della realizzazione, anzi boicottare i propositi altrui. Accogliete il consiglio, associatevi a quest'opera di redenzione. Mostrerete di essere stati dì parola, come mostriamo di esserlo noi.

Ed ora veniamo agli speciosi pretesti. Io chiedo venia se sono ancora costretto a sottrarre del tempo prezioso alla sollecita conclusione del dibattito. Ma occorre che siano bene individuate le ragioni dell'aperto dissenso, sì da constatarne tutta la fragilità o la inconsistenza. Può discutersi — non v'è dubbio —sulla opportunità di modifiche od aggiunte. Ma opporre senz'altro un fine di non ricevere all'intero disegno di legge, vuol dire essere contrari alla causa del Mezzogiorno; vuol dire coltivare, per una segreta prospettiva, il desiderio che i malanni perdurino e si esasperino.


19129


Voi lamentate la mancanza di un piano organico per l'utilizzo delle somme.

Siete ingiusti. Ci accusate proprio in quello che è l'originalità e il pregio di questa legge. La quale in ciò maggiormente si distingue dalle frammentarie e grame leggi speciali del passato, in quanto cioè si propone di affrontare il problema secondo una vigorosa concezione di coordinamento e con armonia.

Sono state citate, nel corso di questo dibattito, le leggi speciali sulla Basilicata e sulla Calabria. Ma la causa del loro fallimento in che cosa sta? Nella mancanza di un piano organico, per aver tentato di curare il male con interventi sporadici, avulsi da una concezione d'insieme: a questa empiricità di operato si aggiungano la poca tempestività e massimamente la mancanza dei mezzi idonei. Sicché ciò che è stato fatto è stato per lo più distrutto dal temilo, sia perché non si è operato su grandi comprensori, ma isolatamente su territorio ristretto, sia perché è mancata una direttiva ed una continuità di azione armonizzatrice.

Bella la legge speciale sulla Basilicata, nella sua cavalleresca, umanitaria concezione: al suo ispiratore, al lombardo Zanardelli, che fece apposta, in condizioni malferme di salute, un viaggio nelle nostre desolate contrade a dorso di un mulo, fu eretto a Potenza in segno di gratitudine un monumento. Mancò un piano tecnico economico e per questa, oltre che per altre ragioni, non vi furono i debiti stanziamenti. Della legge per noi non è rimasto che il monumento.

Se io vado indietro nei mie ricordi personali, v'è uln pai tti colare che doveva essere di orientamento nella mia vita: avevo undici anni e mi accingevo ad intraprendere gli studi ginnasiali. Era scoppiata allora la guerra del 1915. Mancavano in famiglia i mezzi perché io e mio fratello potessimo dal paese prendere posto in convitto a Potenza: «State tranquilli — diceva mio padre — ci sarà la ferrovia che allaccerà Pietragalla a Potenza; l'anno venturo certamente voi inizierete gli studi». Se io avessi atteso la ferrovia, avrei incominciato il ginnasio a 25 anni!


Ma voi vorreste — a quanto sembra — che codesto piano debba essere inserito qui, nella legge: debba cioè essere il legislatore a formularlo. Questo è un errore. La legge deve stabilire la finalità concreta: ma non andare oltre. Il piano, nella sua impostazione tecnico-economica, sfugge alla possibilità di una regolamentazione legislativa, sia a causa della sua essenza eminentemente tecnica, sia per la necessità di continui adeguamenti ad una realtà complessa ed assolutamente insuscettibile di incapsulamento in norma di legge.

VENDITTI. Ecco il punto!

ZOTTA. E qui sta la necessità della funzione amministrativa od esecutiva e la ragione ed i limiti della sua discrezionalità. La Cassa ha un Consiglio di amministrazione. Il piano è approvato da un Comitato di Ministri. Un Ministro risponde politicamente di fronte al Parlamento.

È difficile trovare gli uomini, dice a questo punto il relatore di maggioranza, preoccupandosi che non ve ne siano a sufficienza nel nostro Paese di tanto elevati da coprine con competenza le cariche direttive della Cassa. L'onoievole relatore esprime un dubbio che non mi piace.

10 rimango sempre l'eterno romantico. Difficile trovare gli uomini? Dal punto di vista della capacità? Il popolo italiano è così elevato nel campo della cultura che non può proprio affermarsi che sia l'intelligenza o la competenza tecnica a mancargli. Forse il relatore vuol dire che occorrerà procedere con ogni oculatezza nella scelta degli uomini per trovare quelli che abbiano carattere.

ROMANO DOMENICO, relatore di maggioranza. Vogliamo uomini sburocratizzati.

ZOTTA. Ma allora la scelta non è affatto difficile! Vi è dunque un Comitato di Ministri, vi è un Ministro responsabile. Ma voi, colieghi della sinistra dite: noi non abbiamo fiducia nel vostro Governo. Se questo è il vostro ragionamento, è spiegabile. Neanche noi avremmo fiducia nei vostri Ministri, se per avventura voi foste al Governo, ammesso che una opposizione fosse consentita, il che è contrario al vostro costume!


19130


Ma potete denunziare alcunché di incostituzionale o di antigiuridico? Voi dite che manca il controllo. Come si può affermare che non vi sia controllo in un regime democratico? Quei Ministri che fanno parte del Comitato, il Ministro responsabile, rispondono della loro azione innanzi al Parlamento. Vi par poco li controllo che esercitate voi, egregi signori dell'altra sponda? La vostra è un'opposizione continua, assillante — consentite — spietata. La vostra è quindi una collaborazione formidabile, ai fini del richiamo a quella diligenza, sollecitudine, onestà che costituiscono le imprescindibili prerogative di un saggio Governo. Non si potrebbe infatti con una opposizione di tal genere uscire fuori della diritta via del serio, del giusto, del conveniente. Vi è, dunque, la vostra collaborazione, essendovi il vostro inesorabile controllo: voi non restate assenti.

Un altro punto forte della vostra critica, è questo: perché uscir fuori del sistema di diritto pubblico, e cioè creare un ente giuridico apposta per esplicare funzioni statali quando potrebbe provvedervi lo Stato direttamente o a mezzo di Azienda autonoma?

Appunto perché — e qui rispondo anche al collega onorevole Rizzo che ha fatto un bel discorso, mettendo a prova come sempre le sue qualità di insigne giurista — lo Stato finora ha dato cattiva prova. Qui, s'intende, siamo in posizioni ideologiche completamente opposte: sicché il discutere sul problema generale si riduce ad un vano esercizio vocale. Tuttavia, dinanzi alle manifestazioni della vita economica odierna, dobbiamo ammettere che lo Stato non può rimanere ai margini della medesima. Ma proprio per questo bisogna dare allo Stato una struttura diversa da quella attuale.

Nella discussione del Bilancio del tesoro dell'esercizio 194950, io, quale relatore, ebbi già ad esprimere a nome della Commissione il convincimento della necessità del mutamento della legge sulla contabilità generale dello Stato. Occorre tener presente che questa legge fu istituita quando lo Stato esplicava soltanto funzioni pubbliche o, per essere più preciso, quando le funzioni ritenute dello Stato e cioè di pubblico interesse erano ristrette alla solita tradizionale sfera della giustizia, dell'istruzione, dello ordine pubblico, delle poste e telegrafi, delle ferrovie.


Oggi in cui l'attività produttiva industriale ed agricola, il commercio ed il turismo hanno assunto, di fronte alle esigenze economiche della popolazione e al ritmo del movimento economico e monetario internazionale, un'importanza che investe interessi nazionali, anche codeste attività appaiono di pubblico interesse e quindi rientrano tra le funzioni statali. Ma è evidente che il sistema dei controlli, disposti con la legge sulla contabilità generale dello Stato, si riveli ora, per la sua arcaicità, rigido ed inadatto.

Oggi noi facciamo un nuovo esperimento. Senza accorgercene, noi forse affrontiamo con questa legge il problema generale dell'amministrazione e dei controlli.

L'Azienda autonoma è indubbiamente meno pesante dell'amministrazione diretta dello Stato. Ma ancora n,on è del tutto immune da elefantiasi burocratica e da pesantezza di funzionamento. Anch'essa ha bisogno di respiro.

La Cassa ha i pregi dell'Azienda: reoponsabilità del Ministro, controllo parlamentare. Voi dite: consuntivo soltanto? E non è preferibile — io rispondo — il consuntivo al preventivo, secondo il sistema inglese, quando l'articolo 81 della Costituzione italiana riduce quello preventivo ad un sì o ad un no, di fronte al programma governativo preso nel suo insieme?

A differenza dell'Azienda, la Cassa ha inoltre una propria personalità giuridica, un proprio patrimonio, un proprio programma. Accanto, dunque, alla leggerezza burocratica, alla snellezza procedurale, sussistono codesti pregi sostanziali. Un proprio patrimonio costituito da mille miliardi! Ma è una cifra cospicua, che ben può, integrata dalle ordinarie assegnazioni annuali di bilancio, affrontare con adeguatezza i problemi di comunicazione, di distribuzione delle acque, delle condizioni dell'abitato, dell'erosione del suolo, del rimboschimento, della trasformazione fondiaria, della ripartizione della proprietà.

Ma voi obiettate: vi è un impegno per i bilanci futuri e in questo modo sì mutila, anzi si annulla la volontà dei futuri parlamenti. Mi sembra che sia ovvio rispondere: siamo nel campo delle spese continuative, del resto avete la possibilità in avvenire con una nuova legge di modificare quella attuale; in ogni caso avete la possibilità di negare l'approvazione del bilancio nel quale deve trovare collocamento questo stanziamento di somme.

Voce dal centro. Speriamo di no.


19131


ZOTTA. Sono ipotesi di terzo tipo! Un altro pregio intendo rilevare. Tra la Cassa o Istituto che dir si voglia e lo Stato o le aziende statali, sta appunto la differenza, perché lo Stato potrebbe fare quello che ha fatto con la legge a favore della Basilicata, cioè annullarti di notte ciò che ha deliberato di giorno. Con la Cassa invece creiamo un ente creditore dello Stato. Volete di più? Un ente il quale ha la sua azione proprio nel senso giudiziario, verso lo Stato. Qui sta la particolarità, la ragione per cui il popolo finora scettico, ha la possibilità di credere nella serietà dell'impresa. Con la legge odierna è certo che si avranno gii stanziamenti.

Ecco dunque come si presenta la Cassa: personalità propria, patrimonio proprio, programma proprio. Questa è la ragione che giustifica l'opportunità della particolare figura giuridica e legittima la fiducia del popolo meridionale nella coraggiosa iniziativa.

Onorevoli signori, per ragioni di brevità, pongo fine al mio intervento. Termino Insoddisfatto...

CONTI. Insoddisfatti siamo anche noi. perché avremmo gradito, come sempre, ascoltarla ancora.

ZOTTA. Ringrazio l'onorevole Conti per le cortesi espressioni. Dicevo che avevo bisogno li maggior tempo, per rispondere adeguatamente alle molteplici questioni d'ordine sociale, economico e giuridico. Ma, o signori, ai chi ne diamo la colpa?

Durante l'anno ci siamo baloccati in cose di poca importanza, abbiamo fatto un po' come lo studente universitario che, dopo essersi dato bel tempo durante l'anno scolastico, è preso dalla smania di rimediare alcuni diciotto che valgano a dimostrare al padre che il figlio non ha perduto tempo. Impareremo per l'avvenire. Ma prima di ogni altro, alla ripresa autunnale, occorrerà discutere il nostro Regolamento per stabilire in qual modo si possano fare con serietà e con celerità lie leggi.

Onorevoli colleghi, siamo partiti da posizioni uguali nella campagna elettorale. Avete promesso voi ed abbiamo promesso noi. Ebbene, eleviamo lo sguardo in alto in una visione umanitaria ed unitaria di bene e di amore. Avremo mantenuto la nostra parola, come conviene ad ogni persona di onore, andando incontro alle esigenze delle popolazioni meridionali, che sono rimaste sempre deluse. (Vivi applausi dal centro e molte congratulazioni).


PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Li Causi. Ne ha facoltà.

LI CAUSI. Non credo che abbia in questa Assemblea peccato dì prolissità mai e quindi neanche questa volta, quando da tutte le partì si preme perché questa discussione non abbia quell'ampio sviluppo che sarebbe necessario che avesse, indipendentemente dalla nostra volontà, tanto più che è spiacevole che si stronchi questa discussione, cioè che non assuma dinanzi al Paese, anche in questo ramo del Parlamento, lo sviluppo che dovrebbe avere. L'importanza del provvedimento che ci sta dinanzi non solo è stata sottolineata da tutti coloro che sono intervenuti, ma ha suscitato nel Paese e in particolare nel Mezzogiorno una vivissima aspettazione, che sarebbe da parte nostra assurdo sminuire; ma proprio perché da questa enorme importanza e perché impegna per un decennio il Governo, questo Governo, in una situazione come questa, impegna tutti i partiti. Questo provvedimento si inserisce, onorevole Zotta, nelle lotte che si sono svolte nel Mezzogiorno dopo che quelle masse di contadini, cui lei accennava, hanno mostrato che non vogliono più sopportare la situazione in cui si trovano, dopo che le regioni meridionali, che erano considerate il peso morto della Nazione, hanno fatto irruzione nella vita politica del Paese. L'elemento che l'onorevole Zotta portava faceva apparire le masse come se fossero entrate in un palcoscenico per una rappresentazione, ed invece sono entrate nella vita del Paese e vogliono finirla con la vita che fanno e questa volta la vogliono finire con piena coscienza e conoscenza, cioè non rivoltandosi più, non incendiando i Municipi, non tagliando la testa ai signori, ma organizzandosi con la coscienza profonda dei diritti delle popolazioni meridionale e con la visione drammatica che sta loro di fronte. E non è letteratura, onorevole Zotta! Si può dire che abbiano fatto della letteratura, uomini della statura di un Giustino Fortunato e della schiera eletta dei grandi meridionali anche di parte politica conservatrice che avvertivano il dramma del Mezzogiorno? Letteratura si fa quando si cavilla, quando cioè si vuole nascondere questo dramma e lo si vuole minimizzare e quel che è peggio quando lo si vuole invece fronteggiare, arginare oggi e attendere che le cose si plachino per ricominciare poi da capo. Questo non è più possibile oggi e dovreste saperlo: il grande fatto nuovo dell'Italia odierna è l'esistenza del Partito comunista,


19132


cioè di questo partito che ha riassunto in sé l'esperienza nazionale ed internazionale di più di un secolo di lotte delle classi lavoratrici e per la prima volta, servendosi della elaborazione di pensiero, dello sforzo di penetrazione di tutti coloro che hanno affrontato il problema italiano e quindi il problema del Mezzogiorno, ha trovato una soluzione, cioè ha individuato quali sono le uniche forze capaci di risolvere rapidamente questo problema. Giorni fa l'onorevole Dossetti è venuto in Sicilia ed ha fatto delle dichiarazioni alla stampa. Che cosa ha detto? Nel Partito comunista in Sicilia non ci sono solo i miseri, gli straccioni, i morti di fame, la gente che va dietro ad un miraggio senza avere nessuna coscienza e senza aver chiara la prospettiva e soprattutto il rapporto delle forze. No, c'è qualche cosa di aggregato, di saldo, di solido attorno ad una ideologia, c'è una comprensione dei termini del problema attorno ad una linea politica, cioè dei modi con cui si deve raggiungere l'obiettivo.

Questo è il fatto nuovo ed ecco perché noi vi mettiamo in guardia: non è possibile che scherziate, che vi balocchiate, che cerchiate di ingannare ancora una volta i lavoratori meridionali.

L'onorevole Zotta ed anche altri colleghi della maggioranza hanno detto: sicuro, non è con questa legge che si avrà la soluzione del problema del Mezzogiorno, ma essa ne è l'avviamento.

Ma come volete risolvere il problema del Mezzogiorno quando ne escludete dall'azione concreta le forze principalmente interessate alla sua soluzione, quando voi ne fate un problema di burocrazia, un problema di organi burocratici, un problema di organi controllati esclusivamente da una parte ed in cui sistematicamente vengono escluse queste forze che hanno posto il problema non più come lo ponevano una volta, come lupi affamati, diceva Benedetto Croce, ma in termini politici e sociali concreti? Come fate ad escludere quelle che sono le forze che vedono meglio di tutti, perché hanno acquistato attraverso la lotta questo profondo convincimento e profonda esperienza? È il vostro enorme torto; il vostro grave errore! Noi che conosciamo quale è la laboriosità del contadino meridionale, che porta la terra con la cesta per trasformare i ripidi costoni dei monti in terrazze fiorite; che utilizza il filo d'acqua per costruire dei giardini;


che consuma senza risparmio immense quantità idi energia di lavoro sua e della propria famiglia; pensiamo quanto migliore sarebbe il suo destino se sapesse, invece di essere ostacolato, beffato, sfruttato e anche ucciso, di diventare il protagoniste di quest'opera, dell'impiego di questi miliardi. Noi non sottovalutiamo l'entità della cifra di mille miliardi. Ma come li impiegherete, a favore di chi li impiegherete? Chi sono gli strati sociali che manovrano l'impiego di queste somme? Ecco le grandi preoccupazioni che sorgono anche a voler considerare la legge che ci sta dinanzi come avviamento alla soluzione del problema meridionale.

Don Sturzo in periodi non sospetti, nel 1923 — molta acqua è passata da allora ad oggi e non credo di mancargli di rispetto Se dico che crea qualche guaio al Mezzogiorno con i suoi interventi irresponsabili — Don Sturzo, in un discorso pronunciato a Napoli, quando il fascismo era all'inizio, e riprodotto in questi giorni sulla «Antologia sulla questione meridionale», prospettandosi il problema del Mezzogiorno nella sua essenza, da uomo che con vera passione ha amato la Sicilia, dice vai: «Il Mezzogiorno fu considerato esclusivamente agricolo, di una agricoltura arretrata, di poco rendimento, meno le zone Vesuviane ed Etnea o della Conca d'Oro e le litoranee adriatica e tirrena.

«Agricoltura del latifondo, abbandonata dal proprietario; agricoltura di rapina del gabellotto e del subaffittuario, agricoltura afflitta dal brigantaggio di campagna, dalla mafia., dall'abigeato, dalla malaria e dallo sboscamento. Chi avrebbe affidato i capitali aid un tale Mezzogiorno senza istruzione e senza, volontà, i cui mezzi finanziari non potevano rispondere al ritmo rigoglioso ed orgoglioso dell'economia moderna? Intervenga lo Stato e faccia quel che può; faccia strade, ponti, faccia scuole e acquedotti, porti un po' di civiltà e poi il mondo finanziario accorrerà in aiuto del Mezzogiorno». Conclude Don Sturzo: «Questo è stato il grande errore di impostazione della questione meridionale... Il Mezzogiorno non può essere guardato come una colonia economica o come campo di sfruttamento politico o come regione povera e frustra alla quale lo Stato fa la concessone di particolare benevolenza. No! Il suo travaglio economico e morale è il travaglio dell'intera Nazione!».


19133


Questo discorso è aderente alla nostra impostazione. Noi vogliamo che criteri politici presiedano alla soluzione del problema; questo insegnamento è oggi assolutamente dimenticato. Nel 1923 Don Sturzo traduceva in termini politici, con quella complessità di visione che gli derivava dalla conoscenza profonda del problema, quella che era la protesta della Sicilia e del Mezzogiorno dopo l'unificazione.

«Ad governanti del continente — diceva Francesco Maggiore Perrii, riferendosi alla Sicilia — la grande missione di incivilirla, rigenerarla, arricchirla per mezzo dei lavori pubblici...». Dunque o voi considerate il problema nella sua essenza, come rottura, come rovesciamento dei rapporti di classe, di produzione e di proprietà, o altrimenti applicherete dei pannicelli caldi. I lavori pubblici li fate anche nel settentrione le perciò con essi non diminuirete affatto la distanzia tra le due zone d'Italia, E poiché v'è una differenza strutturale profonda dal punto di partenza, la soluzione del problema deve essere un'altra, si deve appunto guardare all'analisi tentata dal collega Zotta quando diceva che nel meridione non c'è borghesia, non si è potuto sviluppiate quel processo che ha reso moderno il settentrione. Ma poi il collega Zotta non trae nessuna conseguenza logica da questa differenza storica; constata il fatto e prosegue colla politica dei lavori pubblici. E crede con questo di risolvere il problema del Mezzogiorno? No, il fatto non è che noi sottovalutiamo l'importanza della spesa di mille miliardi, di cento miliardi all'anno per il Mezzogiorno; ci auguriamo anzi che questo programma, modificato dall'esperienza, possa apportare qualche giovamento. Ma non ci sembra che il problema sia questo. Avete cominciato a precisare che non si tratta della soluzione del problema meridionale, forse di un avviamento, anche qui perché capite che non e questo il modo, la strada, in quanto vi private proprio delle forze capaci di fare questo, vi private dello strumento essenziale che deve aprire la strada affinché anche queste stesse opere siano infinitamente più produttive di quello che non possano essere in un ambiente arretrato. Ma che cosa pensare di provvedimenti di questo genere che si applicano, per esempio, in una regione dove a priori si sa ormai che, se una riformai ci sarà, 350 Comuni su 370 saranno esclusi dall'assegnazione di terre?


I contadini non avranno niente. Ho qui un quadro della provincia di Palermo da cui risulta che ai contadini di 50 Comuni su 76 la riforma non darà un solo palmo di terra.

I siciliani qui presenti sanno che i proprietari fondiari di laggiù sono a tal punto ciechi e sordi che assolutamente non vogliono sentir parlare di riforma agraria. Vige ancora colà la mentalità feudale e latifondista.

La riprova vi è data da un episodio che racconta la rivista «Agricoltura italiana», compilata da tecnici ortodossi del Ministero dell'agricoltura. Essi hanno indetto, dopo quello di Viterbo, un convegno a Siracusa per soddisfare il desiderio profondo che hanno coloro che in Italia conoscono le questioni agrarie, di inserirsi nel vivo del processo produttivo e per permettere loro di prepararsi un campo di applicazione delle proprie capacità creative. Apprendiamo dal resoconto del Convegno di Siracusa che l'Associazione degli agrari siciliani ha disertato il Convegno dati i suoi scopi politici.

Orbene, con una mentalità di questo genere, come volete si possa discutere? Chiamate ancora questa gente socialmente utile?

Un tecnico di grande valore è venuto a raccontarci di essere stato chiamato dal duca X, grande latifondista siciliano. So, dice il duca al professionista, che lei è uno dei maggiori tecnici non soltanto siciliani ma italiani; desidero che mi faccia un piano di trasformazione. Ho in proprietà 2 mila e 500 ettari, possiamo incominciare, per il momento, da 300 ettari. Il tecnico esultò: per la prima volta in Sicilia — egli pensa — mi inserisco nel vivo dell'agricoltura, cercherò di metterci tutta l'anima. E prepara un meraviglioso progetto, naturalmente secondo i crismi dei più ortodossi principi economici e tecnici. Presenta il progetto al duca, che ne fa i più sperticati elogi; ma conclude: non mi conviene. Mi conviene piuttosto vendere le terre in Sicilia e andarle a comperare in Toscana!

In questi giorni prosegue all'Assemblea regionale siciliana, presso la Commissione legislativa dell'agricoltura, l'esame di un progetto dì legge sulla riforma agraria.


19134


Monarchici, ex qualunquisti, democristiani (è vero che quelli che lì rappresentano la democrazia cristiana fuori si dice che non ne rispecchino le direttive: ma non abbiamo visto altri prendere posizione ufficiale) e naturalmente liberali agrari. Ma come, si dice, i nostri figli non debbono avere la terrà che avevamo noi? Come vedete il concetto della proprietà quiritaria è affermato in pieno. Ma si limitassero almeno ad affermazioni! Il guaio è che alle posizioni politiche seguono le pallottole, i colpi di fucile. In questi giorni, nei feudi della Sicilia, c'è la lotta per la spartizione del grano fra contadini e gabellotti. Alla legge regionale o nazionale sulla divisione dei prodotti cereali, i gabellotti contrappongono la legge del feudo: la legge è questa, rispondono; e poi se i contadini insistono, magari sparano. Avete appreso di quello sciagurato ragazzo di 22 anni, bracciante, che cadde fulminato a bruciapelo da un gabellotto a Contessa Entellina, perché spigolava sul suo feudo, dopo la mietitura e trebbiatura. Gli altri braccianti, uomini e donne, spigolatori, fermano l'assassino e lo disarmano in attesa che giungano i carabinieri; ma, dalla masseria del feudo vengono fuori gli impiegati e i parenti del gabellotto. Il fratello dell'assassino punta la pistola al fianco di una ragazza, la fresca moglie del bracciante ucciso, che tiene stretto l'assassino.

Si noti che tutti i contadini sono disarmati e hanno la direttiva, da parte delle nostre organizzazioni, di non reagire con la violenza. In altri tempi infatti ne avrebbero fatto scempio; ma i contadini sanno cosa significhi, se usano violenza. A che valgono quindi tutte le vostre chiacchiere, se prescindete da questo clima che si è creato, e dalla proterva volontà degli agrari di mantenere assolutamente lo statu quo? Che cosa valgono queste nostre leggi, questo spaccare i capelli in quattro, come stiamo facendo noi, disputare di controlli e di sopracontrolli, quando il presupposto di far rispettare le leggi dagli agrari, di faille rispettare dalle autorità, manca? I proprietari, che per vostra confessione hanno avuto già abbastanza, non hanno trasformato niente, e si sono presi i soldi dello Stato; essi non hanno fatto che qualche casa di cartapesta e solo con i soldi che venivano loro attraverso il contributo dello Stato, perché di loro tasca non hanno messo niente.


Ed allora i contadini oggi, all'annunzio di questa Cassa del Mezzogiorno (qualcuno ha detto grancassa del Mezzogiorno) già si ricordano di quanto accadde nel 1940. C'è forse pericolo di guerra?, si domandano. In quell'epoca infatti Mussolini dette l'assalto al latifondo e con grande propaganda annunciò la trasformazione fondiaria della Sicilia; ma poi non se ne fece nulla, anzi fu il disastro!

D'INCÀ. Cercate un alibi!

LI CAUSI. Chi sa che altri non daranno l'anima come lui! Ora dicevo che in questa situazione è evidente la diffidenza, ma non verso il progetto in se stesso e l'entità di esso; sul progetto si potrebbe discutere e fare delle osservazioni, come lo stesso relatore di maggioranza ha fatto, esponendo tutti gli scrupoli di chi è geloso dell'amministrazione della cosa pubblica; tali rilievi sono venuti fuori, e non potevano non venir fuori in una Assemblea politica di valenti uomini. Ma qui si tratta di un problema politico; il problema non è giuridico né amministrativo, è essenzialmente politico, e la nostra avversione al progetto della Cassa per il Mezzogiorno non è dettata da motivi amministrativi o giuridici, ma è dettata proprio da motivi essenzialmente politici, che toccano il fondo della questione. Perché, onorevole Zotta, la riforma agraria nazionale è stata formulata in questo modo, direi bestialmente formulata? Per colpa di chi? Per colpa dei comunisti, perché premono, si dice. Ma perché avete paura? Ma di che cosa avete paura? Avete paura perché vi siete alleati con i proprietari, perché avete fatto i loro interessi, invece di fare gli interessi dei contadini. Avete paura di noi? Ma se siamo d'accordo! Se voi aveste un programma che concedesse la terra ai contadini che sono senza terra o con poca terra, noi faremmo un fronte unico popolare nazionale. Perciò non è il fatto che avete paura di noi, ma voi siete legati o siete l'espressione (l'uno val l'altro) di questi ceti agrari che sono, continuano ad essere e continueranno ad essere la rovina del nostro Paese, perché sono i ceti che sempre speculano, si arricchiscono e sempre dominano. Ma l'ultimo dei contadini oggi sa quale è l'azione politica che svolge il Governo a favore dei grossi agrari. Noi non pubblicheremo certo i resoconti dei deputati regionali della nostra parte quando si discuterà all'Assemblea regionale della riforma agraria:


19135


noi pubblicheremo per esteso i resoconti dei deputati della maggioranza affinché ognuno, in Sicilia e nel borgo rurale, sappia che cosa ognuno di costoro sostiene, per confrontarlo con quello che ha detto alla vigilia del 20 aprile 1947 e del 18 aprile 1948.

Così l'«Unità della Sicilia» dedica una pagina esclusivamente per precisare quanti ettari di terra spetterebbero ai contadini di ogni Copiane latifondìstico se fosse applicata la legge presentata all'Assemblea regionale siciliana dal Gruppo del Blocco del Popolo; quanti se passasse la legge stralcio Segni; quanti se passerà il progetto regionale Milazzo. Questi contadini, che hanno lavorato su dei terreni dati loro in concessione secondo la riforma agraria di Milazzo, dovranno lasciarli; in tal modo i contadini in Sicilia che hanno in possesso, quei 60-70 mila ettari dli terre incolte, oggi che i signori del Governo non vogliono che si diano ai contadini siciliani più di 2030 mila ettari, dovrebbero lasciane il resto.

Ma vi sembra serio che si possa discutere questa legge della Cassa per il Mezzogiorno in questa atmosfera? Ma dove saranno le forze che potenzieranno questo sforzo, che è lo sforzo di tutto il Paese, che mette a disposizione del Governo mille miliardi? E allora accadrà quello che diceva un altro valente uomo, allorché si varò nel 1904 la legge per la Basilicata: «Intorno alla legge si sono moltiplicati gli uffici centrali e locali, si è formata una nuova falange di impiegati, si sono divise e moltiplicate e ripetute attribuzioni e competenze con un solo risultato, di spendere somme rilevantissime e di aumentare la corruzione». Questo è il frutto dell'esperienza tratto da un altro appassionato studioso del Mezzogiorno, lo Zanotti Bianco; donde tutte le preoccupazioni circa la natura di questo organo, la sua struttura, la sua capacità di funzionamento. E che cosa ci preoccupa? Ci preoccupa chi disporrà di questi mezzi e vi rosicchierà sopra.

In Sicilia siamo allarmati per il fatto che si vuole incominciare a sgretolare qualche organismo regionale, come l'Ente siciliano di elettricità, che è sorto sulla base di una lotta unanime di tutti i ceti produttivi dell'Isola, contro il vecchio monopolio della Generale Elettrica.


Con l'E.S.E. noi cerchiamo di contrapporre al monopolio un ente che, spezzando il monopolio stesso, mentre soddisfa i bisogni delle popolazioni, mentre spende sotto il controllo dello Stato, mentre utilizza le poche acque che abbiamo in Sicilia allo scopo di produrre energia elettrica e pensare all'irrigazione ed anche a scopo potabile, risolve o avvia a soluzione il problema. Questo ente aveva prerogative circa il controllo delle acque, tali che veramente gli conferivano il potere di spezzare il monopolio, ma la Generale Elettrica interviene attraverso gli uomini dei partiti governativi bene individuati che in sede di Commissione per la ratifica dei decreti legislativi della Camera, lai proposito della ratifica del decreto istitutivo dell'Ente siciliano di Elettricità, cercano di contrabbandare emendamenti che tendono a far passare i fondi dell'Ente nelle tasche dei privati. Società o persone fisiche che pei anni e anni hanno avuto le concessioni e mai le hanno sfruttarle per costruire dighe e centrali, oggi vogliono nuovamente farsi avanti. L'Ente ha i soldi dallo Stato; mentre formalmente quei fondi resinerebbero ad esso, sostanzialmente li adopererebbero i privati per i loro interessi. Ebbene, come si può in un clima simile, continuare con questi sistemi dopo le lotte sanguinose, o amici, (e su questa premessa vi prego di riflettere perché costituisce la base della seconda ed ultima parte del mio discorso) che ci sono state?

Onorevole Campilli, lei ha la mentalità snella del finanziere e quindi è portato a risolvere i problemi non tenendo conto degli attriti umani, delle grandi lotte delle masse perché, operando in borsa e sul mercato finanziario le basta la prontezza dell'intuizione e la pronta realizzazione; ma altro invece è l'inserirsi m una situazione così complessa quale è il travaglio delle masse meridionali e quale è stato soprattutto il travaglio drammatico del popolo siciliano; vi è sembrato niente che sei anni fa era in pericolo l'unità del Paese? E credete che questa sia stata opera del barone A o del duca C, ai quali sia venuta nel cervello questa questione? Perché hanno trovato adesioni? C'era una base, c'era una esigenza. Tutto ciò è stato scongiurato perché le forze sane, unitarie, sono intervenute e si sono impegnate; s'è versato del sangue e la Sicilia è stata ridata al Paese. Ma volete mettervi nelle stesse condizioni, volete andare a suscitare risentimenti che abbiamo sopito?


19136


È necessario un leale rispetto di quelli che sono i patti reciproci. Le masse si muovono perché soffrono, perché vogliono risolvere i loro problemi; non vogliono più essere prese in giro; l'inganno non è più possibile. Ma, onorevole Ministro Campilli, un uomo politico come lei, mi perdoni, di tutto ciò che è la sostanza politica dello Statuto siciliano poco o niente ha compreso. Perché? Ho qui una citazione dell'onorevole Paolo Farinet, che recentemente alla Camera dei deputati ha ricordato un famoso articolo scritto da Luigi Einaudi nel tempo in cui era rifugiato in Svizzera, dal drastico titolo «Via il Prefetto». Che mutamento di clima da quando il professor Einaudi (non parlo del Presidente della Repubblica) scriveva dalla Svizzera quell'articolo: «Via il Prefetto»! Che differenza di clima da quando il popolo siciliano ha scritto nel suo Statuto, che è diventato carta Costituzionale dello Stato, «Via il Prefetto»! L'onorevole Aldisio era l'Alto Commissario quando si elaborò lo Statuto della Regione siciliana ed io fui tra coloro che parteciparono alla elaborazione di questo Statuto. Bisogna vedere i vostri amici democristiani, che garibaldini che erano! Se a Roma ci vanno i comunisti, pensavano, allora siamo a posto; protetti dallo stretto di Messina, ci prendiamo tutte le garanzie; i Prefetti non hanno più valore in Sicilia. Ora invece si dice: guai a chi tocca il Prefetto, il Prefetto non si tocca. Ed ancora: la polizia non si tocca. Dunque c'è questo mutamento di clima che voi avete determinato. Credete che le masse contadine non lo sappiano e credete che non vigilino affinché tutto ciò che è stato loro non promesso, ma tutto ciò che è stato concordato attraverso la lotta, venga loro dato? Perché è stata una conquista, e badate che anche i giovani separatisti che allora sono morti credevano in un ideale. Credete che questo sangue versato non debba pesare, non debba essere preso m considerazione e che quindi si debba fare il gioco dei bussolotti contabili? Voi siciliani, dite, volete due volte questi fondi. Io ricordo la lunga, appassionata, profonda discussione, che alla Consulta regionale c'è stata a proposito dell'articolo 38 dello Statuto siciliano. Non fu una improvvisazione, né una pretesa donchisciottesca, o una esplosione mafiosa, contro i prepotenti del Nord.


No, perché c'erano uomini responsabili che sapevano come comportarsi. Desidero rileggervi quell'articolo 38, non perché non lo conosciate, ma perché serve a me e dovrebbe servire all'onorevole Campilli «Lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nell'esecuzione dei lavori pubblici. Questa somma tenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella regione in confronto della media nazionale. Si procederà ad una revisione quinquennale della detta assegnazione ecc.». L'assessore delle finanze della Regione, il democristiano onorevole prof. Giuseppe La Loggia, in un suo discorso dinanzi all'Assemblea, nella sessione di marzo scorso, ebbe a precisare che i lavori pubblici previsti nell'articolo 38 rappresentano un soprappiù rispetto a quelli per i porti, gli acquedotti, le ferrovie, gli edifici pubblici, il risanamento urbanistico, il turismo (sembrava che avesse dinanzi il progetto di legge per la Cassa del Mezzogiorno). Egli soggiunse che lo Stato deve provvedere secondo una  giusta quota di riparto e, più tecnicamente e giustamente, in ragione della popolazione inattiva. «Risulta dai dati del 1937 (ed oggi la situazione si è aggravata) — ragionava l'assessore La Loggia — che, di fronte ad una popolazione occupata in Sicilia pari a un milione e 300 mila unità, su un totale di tre milioni di individui di dieci anni e più, sta una popolazione occupata, nel complesso delle altre regioni italiane, pari a 17 milioni di unità su un totale di 31 milioni. Ciò si traduce in una percentuale media di popolazione occupata nelle altre regioni italiane, pari al 55,4 per cento cui si contrapporle una percentuale siciliana del 43,7 per cento; dal che si deduce che la popolazione siciliana non occupata in eccesso, rispetto alla media nazionale, ascende a 356 mila unità, cifra che si può arrotondare a 350 mila».

Dunque si tratta di provvedere, indipendentemente da tutti gli altri stanziamenti ordinari, ad occupare permanentemente queste 350 mila unità, secondo un piano che serva a riportare la Sicilia, regione di 4 milioni e mezzo di abitanti, che ha immense energie di forza-lavoro, che ha risorse minerarie, un mare pescoso, e la sua meravigliosa fascia costiera, che ha infinite possibilità di trasformazione della sua terra a cultura estensiva, nel più breve tempo possibile allo stesso livello delle regioni più progredite.


19137


Quindi non si può fare confusione; non è ammissibile che si abbia un articolo 25 della legge che discutiamo che imputa la spesa per i lavori pubblici all'articolo 38 dello Statuto regionale siciliano.

Io non faccio solo una questione costituzionale; essa è secondaria, quando esiste ia questione di fondo. Si viola la Costituzione: ma perché la violate? Evidentemente avete un vostro disegno, perché volete negare al popolo siciliano quello che in un momento di rottura, che non è stato provocato da un capriccio dei siciliani, in una fase in cui venivano fuori tutte le contraddizioni accumulate in un secolo di storia, siete stati costretti a concedere. Dello Statuto speciale si è discusso alla Costituente, esso è diventato legge costituzionale dello Stato. E voi ora venite a dire freschi freschi che la Sicilia vuole troppo? Ma non conoscevate anche prima il significato dell'articolo 3ò? E se lo conoscevate perché lo avete approvato? Quando si concorda una linea, quando si approva una norma ed in forma così solenne da farla diventare legge costituzionale dello Stato, non si può più tornare indietro. Non è possibile agire con la leggerezza con cui agisce l'onorevole Campilli, che sobilla le altre regioni contro la Sicilia, chiamando i siciliani dei «pigliatutto»...

CAMPILLI, Ministro senza portafoglio. Non ho mai detto questo.

LI CAUSI.... e invitando a fronte unico contro questo popolo siciliano prepotente e che fa parlare troppo di sé. No, onorevole Campilli, noi non facciamo parlanr di noi per il gusto di far parlare di noi. Noli insorgiamo per le contraddizioni che esplodono nel nostro ambiente dove appunto esistono dei proprietari fondiari i quali della campagna non vogliono assolutamente saperne e non hanno nessun legame con la terra. Però guai a, chi tocca la loro terra: la terra è dei loro avi e il patrimonio avito deve essere trasmesso ai figli! E naturalmente nella loro scia cercano di trascinare i piccoli proprietari terrieri, i possessori del piccolo pezzetto di terra.

Io credo che almeno i colleghi siciliani di questa Assemblea abbiano letto il rapporto che l'ingegner La Cavera, presidente della Confindustria della Sicilia, liberale, ha, tenuto recentemente alle categorie interessate.


Egli giunge a questa constatazione come se facesse una scoperta: l'industria m Sicilia non si può sviluppare perché vi mancano le condizioni esterne. Voleva dire che non v'è un mercato. Non ha avuto il coraggio di dire, perché v'è il latifondo.

Abbiamo impiantato a Crotone una delle industrie metallurgiche più moderne, quando nel 192627 la Montecatini vi ha costruito ì suoi impianti. E che legame c'era tra l'industria di Crotone ed il deserto latifondistico dove sorge Melissa?

In Abruzzo, v'è, sempre della Montecatini, l'industria elettrochimica più moderna; ma ha scalfito la spessa crosta semifeudale della regione. Gli industriali, specie piccoli e medi, capiscono che non si farà la riforma agi aria, se non si pongono in condizione i contadini di avere un reddito maggiore; e se non si crea un mercato capitalistico, l'industria non si sviluppa. Essi si rendono conto anche che oggi gli scambi internazionali sono infinitamente più difficili di 50 anni fa. Ma perché l'ingegner La Cavera, che è d'accordo con le premesse, sa che il nemico che oggi impedisce la riforma agraria è il grande proprietario fondiario e tee accetta la direzione politica? Domenica scorsa si è tenuto un congresso regionale degli agrari a Catania, apposta per avere alleati i ceti della fascia costiera, cioè coloro che invece dovrebbero esigere alleati dei contadini, quei ceti interessati alla riforma agraria, alla distruzione del latifondo. Proprio per non essere isolati ora che avvertono che la situazione si fa sempre più difficile, in quanto contadini e operai e, strati sempre più larghi di piccola borghesia hanno individuato il nemico secolare della rinascita siciliana, i latifondisti cercano rifugio nella Sicilia orientale, dove dovrebbero trovare, proprio nel campo stesso della borghesia industriale e della moderna borghesia agraria degli avversari; invece trovano degli alleati. Perché? La Sicilia, si dice, è area depressa rispetto alle altre regioni; la Sicilia occidentale è depressa rispetto a quella orientale. La conseguenza dovrebbe essere che la Sicilia orientale, più avanzata rispetto a quella occidentale, dovrebbe spronare al progresso della Sicilia occidentale. E invece crede di trovare rifugio al suo disagio, al collocamento dei suoi prodotti, solo nella esportazione e nel mercato nazionale.


19138


Dimenticano agrari e industriali e commercianti di Messina, Catania e Siracusa che la riforma agraria in Sicilia potrebbe consolidane, e rafforzare lai, loro economia.

Arrivaci a questo punto, quale è la conclusione? Le ripercussioni di questa legge anche nel campo regionale non sono state favorevoli. Credo che il Ministro Campilli isia stato informato che la giunta del bilancio dell'Assemblea regionale ha preso posizione contraria avverso la legge sulla Cassa del Mezzogiorno e che alcuni componenti, credo la quasi unanimità, hanno già pronta una mozione che verrà presentata all'Assemblea regionale, del seguente tenore:

«La Giunta del bilancio, considerato che, anche in base alla decisione dell'Alta Corte, lo Stato ha l'obbligo di versare alla Regione siciliana, a titolo di solidarietà nazionale, la somma di cui all'articolo 38 dello Statuto; ritiene che si debba impugnare innanzi l'Alta Corte la legge di approvazione del bilancio dello Stato, qualora essa non contenga lo stanziamento del fondo di solidarietà nazionale previsto dall'articolo 38 dello Statuto della Regione siciliana; al tempo stesso la Giunta del bilancio, ritenendo che nel titolo quarto della legge sulla Cassa del Mezzogiorno relativo alle disposizioni generali e finali, è contenuto un articolo che modifica l'articolo 38 dello Statuto siciliano; considerato che la legge anzidetta è una legge ordinaria, mentre lo Statuto della Regione siciliana non può essere modificato che con legge costituzionale, a norma dell'articolo 138 della Costituzione e previa deliberazione dell'Assemblea regionale siciliana: ritiene che si debba, altresì, impugnare innanzi l'Alta Corte la legge sulla " Cassa del Mezzogiorno ", essendo essa incostituzionale e lesiva dei diritti ie degli interessi della Regione ìsioi liana».

Le posizioni politiche sono state dunque assunte; la lotta politica quindi ci sarà; noi faremo in modo che sia integralmente rispettato lo Statuto siciliano e perché non si facciano le confusioni che nel campo politico significano inganno verso il popolo lavoratore, che si è conquistato, insieme con le forze democratiche italiane, l'autonomia siciliana, e che desidera libertà e progresso. (Vivi applausi dalla sinistra, e molto congratulazioni).


PRESIDENTE. Il seguito di questa discussione è rinviato alla seduta pomeridiana di oggi.


Presentazione di relazione.


PRESIDENTE. Comunico al Senato che il senatore Riccio, a nome della la Commissione permanente (Affari della Presidenza dei Consiglio e dell'interno), ha presentato la relazione sul disegno di legge: «Istituzione dell'Istituto Nazionale Luce» (525).

Questa relazione sarà stampata e distribuita. Il relativo disegno di legge verrà poi iscritto all'ordine del giorno.

Nel pomeriggio seduta pubblica alle ore 16,30 con l'ordine del giorno già distribuito.


La seduta è tolta (ore 13,20).


Dott. Carlo Db Alberti

Direttore dell'Ufficio dei Resoconti







Licenza Creative Commons
FORA... electronic review funded by Nicola Zitara is licensed under a
Creative Commons Attribuzione - Non commerciale
- Non opere derivate 3.0 Unported License
.
Based on a work at www.eleaml.org.
Permissions beyond the scope of this license
may be available at http://www.eleaml.org/.







vai su






Ai sensi della legge n.62 del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e del web@master.