L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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Non è vero che l’unità tedesca

ha annullato le differenze tra Est ed Ovest

Angelo D’Ambra


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10 Settembre 2012

Dal 2006 chi scrive sente ripetere pedissequamente una frottola che aiuta a seminare illusioni. Basterebbe poco per smascherarla; basterebbe leggere un libro di storia economia o anche un quotidiano, ma forse si è svogliati o distratti oppure si preferisce mettere la testa nella sabbia e ripetere la bugia convincendosi che sia verità. E così è facile sentire nelle riunioni meridionaliste l’amico di turno che ti dice: “Con l’unificazione sono state superate tutte le differenze economiche tra Est e Ovest della Germania. Perché in Italia non avviene?”. Purtroppo in Germania, come in ogni buon sistema capitalista, il colonialismo interno è vita quotidiana, è l’aspetto fondamentale dello sviluppo e le differenze tra le due aree del Paese non solo non sono state superate, ma sotto taluni aspetti sono anzi aumentate. I dati che seguono sono volutamente tratti da fonti facilmente accessibili, a riprova di quanto la verità sia a portata di mano, con la speranza che finalmente questa bugia possa essere sconfessata.

Si sappia che gli “ossis”, i tedeschi dell’est, accusano i “wessis”, di aver colonizzato l’est; si pensi che, con la riunificazione, il nuovo stato tedesco non si è dato neppure una nuova costituzione, ha semplicemente esteso quella occidentale all’Est; si mediti sul fatto che nei media dell’Ovest, i tedeschi dell’Est sono presentati come rozzi, volgari, folkloristici e sfaticati; si valuti il fatto che nei negozi dell’Est tedesco si trovano solo prodotti dell’Ovest.

Un articolo di La Repubblica nel febbraio di quest’anno esordiva scrivendo “un muro torna a dividere la ricca e forte Germania unita” e procedeva nello sfornare una serie di dati sulla povertà minorile nella odierna Germania dell’Est, superiori anche a quelli del periodo socialista, che riflettono le enormi differenze interne. I livelli di reddito dell’Ovest restano mediamente superiori del 25-30% a quelli dell’Est; i salari operai dell’Est sono inferiori del 17% rispetto a quelli dell’Ovest e la fame impera col 16,4% dei tedeschi della ex DDR che usufruiscono di sussidi pubblici (contro appena il 7,4% dei tedeschi dell’Ovest). Sassonia, Sassonia-Anhalt, Turingia, Brandeburgo e Meclemburgo-Pomerania occidentale, le regioni della Repubblica Democratica Tedesca, hanno persino conosciuto la loro Cassa del Mezzogiorno, il Treuhandanstalt: L’unificazione monetaria del 1990 fece salire l’inflazione nell’Est e avvantaggiò le imprese dell’Ovest che inondarono l’Est coi loro prodotti e spazzarono via le industrie locali; il Treuhandanstalt fu creato ad hoc per privatizzare l’economia della ex DDR (pubblicamente si disse “per rendere competitiva l’economia”) col risultato che gran parte delle aziende dell’Est oggi non esistono più o sono nelle mani di cartelli dell’Ovest, la disoccupazione è alle stelle e continua più sostenuta la fuga verso l’Ovest. Dal 1991, 712.000 cittadini provenienti dai Länder orientali sono emigrati nella parte occidentale del paese a causa della disoccupazione.

C’è anche il pacchetto di sussidi, il Solidarpakt Ost, sussidi che come si può facilmente percepire rimpinguano in realtà le casse dell’Ovest. Nel luglio del 2011 un articolo del Financial Times annunciava come “a 20 anni di distanza, l’Est tedesco resta ancora dipendente dagli aiuti” e continuava scrivendo che “i trasferimenti pagati annualmente dallo stato federale oscillano tra i 50 e i 60 miliardi di euro l'anno. Nonostante questo, l’economia orientale continua a zoppicare dietro quella occidentale, la produttività è più bassa, la disoccupazione più alta e, dato più preoccupante, il processo di recupero sembra essersi arrestato”. Nello stesso articolo si affermava anche che “i prodotti più venduti all’Est sono fabbricati da aziende dell’Ovest” e che “tutti e cinque i nuovi Länder più quello di Berlino, che per metà faceva parte della Ddr hanno occupato gli ultimi posti nella classifica regionale della crescita economica del 2010, un risultato dovuto alla carenza di aziende esportatrici”; addirittura delle 100 maggiori imprese del Paese, nessuna ha la sua sede in un Land dell’ex Germania Est dove prevalgono aziende di piccola e media dimensione.

Vale la pena ricordare, in estrema sintesi, che fino al 1949 non esistevano sostanziali differenze economiche tra Est e Ovest. I problemi sono sorti dopo la riunificazione delle due Germanie con l’Ovest che nel frattempo era stato pompato dai dollari americani del “Wirtschaftswunder”, il miracolo economico tedesco, e la parte orientale che faceva molta fatica a fronteggiare le liberalizzazioni ed era svantaggiata per la mancanza di aiuti paragonabili a quelli che aveva ricevuto la parte occidentale.

Da qualche anno nell’Est tedesco non solo si stenta a festeggiare gli anniversari della firma del trattato di unificazione del Paese (aspetto denunciato più volte anche da servizi della Rai), ma è nato una sorta di revisionismo e nostalgia della DDR sull’onda del successo cinematografico di Good Bye Lenin.

Purtroppo la favola meridionalista, l’idea che la questione meridionale possa risolversi nel quadro dell’Italia unita, deve alimentarsi di bugie e dunque sostenere che la Germania unita, anziché essere ragione dei divari crescenti tra Ovest ed Est, è addirittura riuscita a superare ogni differenza. Il colonialismo interno non è affatto il frutto del caso né di politiche sbagliate, ma è un aspetto essenziale dello sviluppo capitalistico, è l’altra faccia dello sviluppo. Ogni Paese ha al suo interno un’area adibita a colonia, un’area che deve consumare ed esportare manodopera; non c’è stato che non abbia il suo Sud, che sia la Corsica, la Scozia, l’Andalusia o la Germania dell’Est. Per tale ragione è impensabile assicurare uno sviluppo di queste realtà nel quadro dell’unità territoriale francese, inglese, spagnola, italiana e persino tedesca: la sola soluzione è la separazione tout court che permetta l’adozione di politiche economiche atte a far nascere e consolidare aziende solide e competitive.



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