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In Sicilia tre agricoltori in sciopero della fame
La rivolta di Chlihat Entra in vigore accordo UE-MAROCCO
Accordo UE-MAROCCO (Parte 1) Accordo UE-MAROCCO (Parte 2)

Entra in vigore l'accordo UE-Marocco

di Angelo D’Ambra

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26 Ottobre 2012

Il I ottobre è entrato in vigore l'accordo di liberalizzazione dei prodotti marocchini nell'UE. Secondo i calcoli di Confagricoltura i costi di produzione in Marocco sono in media pari a un decimo di quelli che si sostengono di solito in UE perché ad essere diverse sono le normative su lavoro e sicurezza (in Marocco la paga giornaliera è di 4,70 € mentre tra Italia e Spagna siamo in media sui 32 €). Le aziende meridionali competeranno quindi sui mercati europei contro merci assai meno costose e di minore qualità a tutto vantaggio del “centro” franco-tedesco. Ma l'accordo è lesivo non solo per il Sud e i suoi lavoratori, ma anche per lo stesso popolo marocchino. Rabat in cambio liberalizzerà il 45% delle importazioni comunitarie agricole e, dopo un periodo di transizione, il valore di tale liberalizzazione degli scambi salirà al 70% in dieci anni con una inondazione di prodotti europei prevalentemente industriali. Dopo la rivolta di Chlihat, il piano di svendita del paese africano è finito nelle mani dell’FMI che ha già adottato la sua “linea di precauzione e di liquidità” con un prestito di 6 miliardi di dollari che rende più stretta la morsa dell’indebitamento.

Da quest’altra sponda del Mediterraneo invece l’accordo passa alla fase attuativa dopo l’approvazione della direttiva 2012/497/UE che stabilisce il volume delle quote di importazione il volume di pomodori, zucchine, arance, pesche etc.

Per quanto concerne i dazi specifici si passa da un abbattimento totale del dazio per burro, formaggi, nocciole, uova, succhi di frutta, legumi, prugne, pere, granturco, riso, olio di soia, funghi e patate alla riduzione del 65,30% per i formaggi grattugiati, in polvere e fusi, del 50% per carote, fagioli, mandorle e pesche, del 44,2% su avocadi, uva. Le riduzioni complessive dei dazi variano dal 60% all’100% con possibilità di rivedere i contingenti tariffari. E’ previsto un aumento del numero di clementine marocchine di 45.000 tonnellate (+35% da 130.000 a 175.000 tonnellate) del pomodoro (da 233.000 tonnellate a 285 mila tonnellate), delle zucchine (da 25.000 a 50.000 tonnellate) del cetriolo (da 5.600 a 15.000 tonnellate), dell’aglio (da 1000 a 1500), mentre altri prodotti non sono neppure soggetti a quote (per es. arance e mandarini). L’accordo in effetti liberalizza la maggior parte delle produzioni e le poche che non sono liberalizzate vedono una significativa riduzione dei dazi.

A trarne vantaggi in definitiva è solo il centro mitteleuropeo che esporterà più facilmente i suoi prodotti in Marocco e godrà di prezzi più bassi per quelli che importa, mentre il Sud Europa invece va incontro a disoccupazione e dissesti in agricoltura.

Nel bacino del Mediterraneo non abbiamo ancora visto mutare il ruolo assegnato alle ex-colonie. Le periferie (sia le colonie interne d’Italia e Spagna sia quelle che si crogiolano in una illusoria indipendenza sulle sponde d’Africa) hanno compiti precisi: allargare la base industriale dell’UE e innalzare il saggio di profitto attraverso la riduzione del valore della forza-lavoro o del capitale costante. E’ ancora geograficamente rilevabile una divisione mondiale del lavoro che assegna ai paesi della periferia il ruolo di produttori di materie prime agricole, minerarie e di beni alimentari. I prodotti delle periferie mediterranee non sono specifici ma esistono almeno dei generici sostituti prossimi in tutto il bacino e ciò permette al centro mitteleuropeo di gestire ingenti affari sotto l’ombra di una drammatica guerra tra paesi poveri.









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