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https://www.ilmediano.it/

Fratture e squilibri nell'economia 

della regione mediterranea. Quale futuro?

di Mario Cimmino


Fratture e squilibri nell'economia della regione mediterranea. Quale futuro?

Campania, Regione d'Europa

15/07/2012

Fratture e squilibri nell'economia della regione mediterranea. Quale futuro? di Mario Cimmino

Il puzzle economico del Mediterraneo è di difficile soluzione. Le spaccature non riguardano solo i livelli di sviluppo ma anche le tipologie di sistema economico.

Il futuro economico del Mediterraneo è incerto. La regione, già di difficile definizione, presenta delle disparità interne in termini di crescita e struttura economica; una crescita complessiva non è ipotizzabile se non migliorano le condizioni dei Paesi più deboli. Ad oggi il Mediterraneo rimane un mare di fratture e disparità. Il PIL pro capite delle regioni francesi, spagnole e italiane è più del doppio di quello della sponda meridionale e orientale; solo le regioni balcaniche riescono ad avvicinarsi alle medie delle aree occidentali.

I dati dinamici sui tassi di crescita sembrano aprire qualche spiraglio.

Le economie mediterranee più mature presentano una crescita assai lenta, se non ferma (come nel caso dell’Italia). Grecia, Spagna e Portogallo erano fino a qualche anno fa gli unici Paesi euro-mediterranei a far registrare tassi sostenuti, ma si sono arenati nella crisi generale delle economie europee. Slovenia e Croazia hanno intrapreso da qualche anno un cammino di crescita, ma gli esiti sono ancora incerti e probabilmente risentiranno del raffreddamento globale delle economie avanzate.

Nei Paesi della sponda meridionale gli ultimi quindici anni hanno portato diversi cambiamenti. I piani strutturali, concordati con i partner occidentali e le organizzazioni internazionali, hanno diversificato le economie nazionali, troppo dipendenti dalle esportazioni di pochi prodotti, e stabilizzato i bilanci. Ma i progressi non sono stati omogenei.

L’economia algerina, ad esempio, resta legata in larga parte all’esportazione di idrocarburi. Tutti i Paesi del Mediterraneo hanno generalmente una buona apertura al commercio internazionale, in seguito anche alle liberalizzazioni avviate sotto la pressione dei Paesi industrializzati, ma la dipendenza da pochi prodotti espone queste economie alle turbolenze internazionali e ne rende la crescita instabile. Il “gigante” dell’area, esclusi i Paesi europei, rimane la Turchia, in continua espansione economica e con una ristrutturazione del sistema politico e finanziario già in fase avanzata.

Nonostante i progressi di alcuni Stati, le disparità nei livelli di sviluppo sono ancora alte. La frattura economica si somma a quella demografica; la popolazione degli Stati meridionali e orientali del Mediterraneo cresce a ritmi ancora elevati, più velocemente della crescita del PIL.

In questo modo la popolazione si impoverisce e peggiorano le condizioni di reddito nei confronti dei Paesi settentrionali con crescita demografica prossima allo zero.

Anche la rilevanza percentuale delle varie attività economiche mostra una regione spaccata. Nelle economie spagnola, francese e italiana, il settore agricolo ha un ruolo modesto e in costante calo; nelle realtà meno sviluppate – anche europee, come Albania o Portogallo – l’agricoltura ha ancora un peso importante sia come contributo al PIL sia come numero di occupati. Nelle economie mature l’industria partecipa alla formazione del PIL per una percentuale intorno al 20-30%; paesi arretrati come Algeria o Libia presentano cifre più alte, ma sono “gonfiate” dalla presenza di un unico settore (idrocarburi) che ha il monopolio della produzione.

Turchia ed Egitto sono Paesi industriali più completi, nei quali l’industria manifatturiera è diversificata e ha un ruolo determinante nella formazione della ricchezza nazionale. Il dato che mostra la spaccatura più evidente è quello sul settore dei servizi: pesa per oltre il 70% nei Paesi sviluppati, è quasi inesistente nei Paesi arretrati, dove le poche attività terziarie presenti sono quelle “banali” legate all’amministrazione e ad alcuni servizi basilari.

Questa rapida disamina mostra come le economie mediterranee stiano seguendo percorsi assai diversi. La prima divisione è tra economie della sponda nord e quelle della sponda meridionale e orientale. Ma le fratture si ripropongono anche alle singole scale.

Tra le economie avanzate il Portogallo e la Grecia non possono essere paragonate alla Francia e all’Italia; dall’altra parte c’è grande distanza tra Paesi in ascesa come Turchia, Egitto e Marocco ed economie arretrate come quella libica o algerina, quasi totalmente dipendenti da petrolio e idrocarburi. In mezzo a queste realtà, troviamo molte piccole economie dinamiche e in crescita – come quelle balcaniche (Slovenia e Croazia in particolare) – e alcune anomalie come quella israeliana, oasi di sviluppo economico in un’area in ritardo. Il quadro che emerge è complesso e imprevedibile nelle sue traiettorie. La frattura economica – sommata a quelle politiche, culturali e demografiche – è destinata a condizionare le sorti della regione mediterranea per molto tempo ancora.

(Fonte Foto:Rete Internet)








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