L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
  Eleaml


Fonte:
https://www.nicolazitara.org/

Dal professore Beneduci



Mi sono pervenute in privato critiche che cercherebbero di mettere in dubbio la correttezza di quanto da me esposto in precedenza a commento della lettera aperta che Antonia Capria, nell’intento di difendere la memoria e l’originalità del pensiero del marito Nicola Zitara, ha indirizzato a Franco Tassone, attuale leader del Movimento Meridionale.

In particolare ha colpito a) il fatto che il dissidio ideologico tra Franco Tassone e Nicola Zitara, entrambi ispiratori della fondazione del Movimento Meridionale, sia iniziato circa quarant’anni fa; b) che il dissenso e la rottura definitiva siano stati alimentati da una certa reciproca disistima; c) che è giusto rimproverare a Franco Tassone – come fa Antonia Capria – i contenuti dei suoi interventi, che dovrebbero illustrare il pensiero originale di Nicola Zitara e che, invece, lo mistificano sovrapponendovi artatamente la propaganda del e per il Movimento Meridionale.

Cominciamo col dire che la complicità d’intenti tra Nicola Zitara e Francesco Tassone è entrata in crisi quasi subito dopo la fondazione del Movimento Meridionale e che il dissenso è documentato dalla corrispondenza intercorsa tra i due a partire, per quanto ho accertato, almeno dal 1973. Essa evidenzia a chiare note incomprensioni e accuse di riserve mentali e idiosincrasie che sono sfociate inevitabilmente nella totale incompatibilità.

Sono circa quaranta, dunque, gli anni a far data dal dissidio tra Nicola Zitara e il Movimento Meridionale. Un enorme lasso di tempo a rimarcare un fallimento e un distacco doloroso. Ci sono stati vari tentativi per rimarginarlo, in importanti occasioni, tra cui anche quelle elettorali, ma ogni ripresa ha segnato ancor di più l’incompatibilità tra i due: le loro relazioni si sono ridotte ad un’episodicità estranea all’azione comune. Tutto ciò ha molto a che fare con il mio parere. Una “certa reciproca disistima” l’ho avvertita chiaramente negli anni Ottanta nelle rare occasioni d’incontro con Francesco Tassone, in cui con tono di commiserazione egli manifestava apertamente la sua condanna per il caparbio, infruttuoso e sbagliato distacco di Zitara dal Movimento Meridionale.

In verità io allora potevo impersonare solo il messaggero perché le mie posizioni erano politicamente lontane e dal Movimento Meridionale e dall’idea separatista di Nicola. Il che penso possa garantire l’imparzialità del mio giudizio. L’immancabile replica di Zitara si riduceva in sostanza nel rimproverare Tassone, con tono avvilito, di aver svuotato la dirompente forza originaria del Movimento, di averla piegata su posizioni di basso profilo, per dare retta – aggiungeva – ad una sua segreta vocazione al sacerdozio e al compromesso.

Se, dunque, il dissidio traeva origine da opposte posizioni ideologiche, si nutriva, poi, di una presunta giustificazione psicologica e comportamentale che, strumentale o meno che fosse, giusta o sbagliata, rimarca tra i due, anche sul piano umano, la considerevole distanza, i cui estremi (commiserazione a avvilimento) si toccano. Non è definibile “reciproca disistima”? Come altrimenti? Reciproco disprezzo? mancanza di considerazione del reciproco valore?

Sono stato sempre un uomo libero e perciò sistematicamente sgradito a molti, sicché non mi sono peritato di criticare aspramente il linguaggio incontrollato di Antonia Capria, ma ho anche sentito il dovere morale di difendere la sua contestazione di fondo e porre un argine alla sua solitudine dopo la scomparsa dell’uomo a cui ha dedicato la sua vita.

Non è trascorso neppure un anno dalla morte di Nicola e già la sua memoria subisce i colpi dell’avversa fortuna. Per onorarlo degnamente, infatti, sarebbe giusto dimostrare vicinanza e rispetto anche verso i più diretti familiari. Non l’escludeva il fatto che Tassone avesse il diritto di relazionare sull’ultimo libro di Nicola: L’invenzione del Mezzogiorno, una storia finanziaria. Credo che il luogo, Rimini, il clima ideologico di Comunione e Liberazione e i relatori non fossero favorevoli ad un esame obiettivo delle tesi di Nicola Zitara.

Penso che morto Nicola la sua opera sia divenuta indifendibile, vuoi perché è difficile trovare chi sappia argomentare con la sua ampia visione del mondo dell’economia e della storia a giustificazione della sua opera, vuoi perché si richiede empatia, volontà e competenze non comuni, vuoi per i pregiudizi contro la sua idea di separatismo, vuoi per i più generici e volgari pregiudizi antimeridionalisti che sono rimasti in piedi ad avvelenare il pensiero e lo spirito degli italiani tutti, senza distinzione, vuoi per il fatto che per i vincitori di turno è molto scomodo parlare o soltanto ricordarsi di Nicola e della sua “eresia”.

Solo Bossi avvalendosi della sua rozzezza culturale poteva sfondare politicamente ed imporre un’idea separatista, mentre pensatori raffinati come Nicola hanno tutto da perdere nel confronto con le masse anonime, quelle che, adescate dal meschino e pur provvisorio interesse economico o pur abbagliate da un diverso ideale, gravitano o sono contigue all’area dominata da Berlusconi, come è per Comunione e Liberazione. Esse sostengono e appoggiano il liberismo sfrenato e la discriminazione sociale politica e territoriale, che va dall’antimeridionalismo all’intolleranza nei confronti del diverso.

A fronte di tutto ciò, per illustrare il pensiero di Nicola nel senso di un cambiamento radicale e propulsivo, è doveroso illustrare la sua posizione sul concetto di unità, di brigantaggio e di separatismo ben diversamente da come sta facendo Tassone.

Per Nicola non v’è mai stata unità: quella ufficialmente accettata è frutto di un’imposizione armata, un atto di pirateria seguito dalla lotta di liberazione, da un ben riuscito tentativo di genocidio e, infine, dal drenaggio sistematico delle risorse finanziarie e umane che hanno disastrato il Mezzogiorno e arricchito il Settentrione, la “Toscopadania”.

Rovesciare i termini dell’idea di “unità” in “disunità”, che presuppone inevitabilmente un’unità originaria che non è mai esistita se non nell’interesse e nella retorica della borghesia affaristica, non distinguere tra brigantaggio e mafia, ignorare volutamente il termine “separatismo” e la questione separatista, nonché la scelta di Nicola di ispirare e presiedere negli ultimi anni di vita il Movimento Neoborbonico, ignorare o sottovalutare tutto ciò come fa Tassone (vedi intervista rilasciata a Mizar) significa non rispettare, fino ad eclissarlo, il suo pensiero.

L’espressione “fratelli italiani” usata con enfasi da Tassone nella stessa intervista è un vero capolavoro di mistificazione ed è vile e patetico tentativo di assimilare gli intendimenti di Nicola ai propri, pur sapendo che sono opposti. Ciò può ingannare gl’inconsapevoli; è perciò necessario che qualcuno si dia da fare per far conoscere la verità, che qui ha un valore non solo filologico ma anche umano.

D’altra parte l’ultima opera di Nicola Zitara era appena all’ultima bozza alla vigilia della sua dolorosa scomparsa. Se ne avesse avuta la forza il suo autore avrebbe preferito farla stampare a nome della sua stessa Casa Editrice, come aveva fatto in precedenza con altre sue opere. L’idea di affidarla alla Jaca Book era stata accantonata perché l’esperienza precedente non l’aveva soddisfatto.

Nell’empasse, date le tristi circostanze, dato che null’altro di pregevole se non i suoi scritti Nicola Zitara aveva da lasciare ai familiari, sarebbe stato meglio che a questi, anche in attesa di un editore disposto a un contratto adeguato all’importanza del libro e alla fama dell’illustre meridionalista, il nostro autore affidasse il compito di custodire e possibilmente far fruttare dignitosamente quell’eredità. E probabilmente sarebbe andata così se Francesco Tassone non avesse interposto i suoi uffici per far intervenire la Jaca Book, il cui editore, Sante Bagnoli, si è precipitato a Siderno per acquisire i diritti alla pubblicazione.

Dopo averlo letto ha promesso di editarlo a patto di poterlo emendare nel titolo e in alcuni contenuti che non andavano d’accordo con la sua linea editoriale. Dal canto suo Francesco Tassone s’intromise proponendo e ottenendo che vi fosse acclusa una sua postfazione, in cui si parla dei rapporti tra Nicola Zitara e il Circolo Salvemini, dove è nata l’idea di fondare il Movimento Meridionale. Nicola Zitara, allo stremo delle sue risorse mentali e fisiche, ha firmato. Ora ci ritroviamo con un’opera bellissima, che però non rispecchia interamente il pensiero di chi l’ha scritta, essendo stata manipolata e per certi versi trasfigurata. A favore di chi? Chi ne trae vantaggio? Ecco la domanda che io pongo agli eventuali recensori di oggi e di domani.

Tutto ciò mi porta a concludere che se Tassone manifesta apertamente idee diverse da quelle di Nicola Zitara e si serve dell’opera di Nicola per rimarcare surrettiziamente le distanze che da lui lo hanno separato e lo separano, allora ad Antonia Capria e alle figlie di Nicola non si può rimproverare di diffidare e di essere contrarie all’ingerenza di Francesco Tassone, che di certo non aiuta a scoprire la verità che Nicola si è portato nella tomba e che traspare unicamente dai suoi scritti. Questi vanno letti e interpretati alla luce di quella verità, altrimenti è un infangarne la memoria.

Vibo Valentia, 26 09 11 Carlo Beneduci









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