L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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Napolitani, Siciliani e Duosiciliani

di Angelo D'Ambra

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“La nazione francese attuale è composta di almeno venti nazioni distinte ed il cui carattere, osservato nel popolo e nei contadini, è ancora fortemente definito... Il Francese è un essere convenzionale, non esiste. Quello che ci piace rappresentare nei romanzi, nei drammi, nelle caricature, sia esso militare o cuoco, barbiere o commesso viaggiatore è uno scherzo. Una nazione così grande non si regge che con l'aiuto della forza. L'esercito permanente serve soprattutto a questo. Togliete all'amministrazione ed alla polizia centrale questo appoggio e la Francia cade nel federalismo. Le attrazioni locali prevalgono”.

Così, Proudhon descrive la Francia in “Francia e Reno” nell’anno 1867 e sbaraglia migliaia di libri di storiografia e scienze politiche contemporanei che hanno presentato e presentano la Francia come patria dello Stato-Nazione: il Francese esiste in virtù di uno Stato-Nazione che soffoca le nazioni reali in nome di una astratta.

Il fatto che nel regno delle Due Sicilie giammai fu usato il nome “duo siciliani”, testimonia oltremodo la distanza della corte borbonica dal dispotismo francese. A riprova di ciò vien da dire che è proprio all’ombra del Vesuvio in ambienti borbonici che matura l’ideale neoguelfo di una Confederazione dei popoli italiani da contrapporre allo Stato-Nazione italiano voluto dai Savoia sotto l’evidente influenza francese.

A distanza di tanti decenni, i movimenti indipendentisti dell’ex Regno delle Due Sicilie giocano con i termini e la storia e stropicciano la verità ed il buonsenso come i più ferventi dei tifosi: chi vuole le Due Sicilie indipendenti e chi la Sicilia e la Napolitania indipendenti. Entrambe le soluzioni a me sembrano piuttosto risibili perché sono cieche dinnanzi ai problemi odierni, per lo più di ordine geopolitico.

Gli amici che si pongono lungo la scia del separatismo siciliano devono interrogarsi su come una Sicilia indipendente sulla carta possa esserlo anche nella realtà. Di isole indipendenti grandi e piccole il Mediterraneo ne è pieno, ma nessuna di esse è davvero indipendente: Cipro o Malta non sono che giardini turistici dell’imperialismo. Per tale ragione, probabilmente, un legame politico più o meno strutturato con Napoli potrebbe essere garanzia di effettiva sovranità per il popolo siciliano perché ponte verso il continente.

Gli amici che, invece, parlano di “Napolitania” debbono capire che a tracciare i confini dell’ex Reame di Napoli non c’è il mare, ma qualcosa che le carte geografiche non segnano: i famosi sette secoli di storia e, siccome, la storia muta più rapidamente di montagne e mari, potremmo trovarci ad avere, entro i confini di uno stato meridionale, non solo i territori del vecchio reame, ma anche tutto ciò che non è considerato Padania, a maggior ragione in un contesto in cui Roma da 150 anni è considerata Sud.

Entrambe le prospettive a mio avviso sono le più scontate nel caso di uno smembramento dell’Italia. Su questi temi dobbiamo interrogarci se vogliamo definire un separatismo vivo e pragmatico, una vera e propria lotta anticoloniale, e non una ideologia etnica che, incapace di misurarsi con esigenze attuali geopolitiche, dia vita all’ennesimo fallimentare obbrobrio.












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