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IL LEGHISMO

di Mino Errico

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27 Febbraio 2013

Mentre facevano lo spoglio delle schede per la elezione del governatore in Lombardia, in una delle tante trasmissioni dedicate  alle elezioni, giornalisti anche molto quotati (evitiamo i nomi per carità di patria, ci interessa la riflessione sul tema non i nomi delle persone)   si stupivano del risultato che andava delineandosi. Non solo, ammettevano di non capirci un'acca. Non riuscivano soprattutto a conciliare la flessione elettorale della Lega Nord col successo di Maroni che stava sopravanzando Ambrosoli.

Sinceramente mi pare di stare fra gli alieni. Ma questa gente dove vive? Dove è vissuta finora?

Io vivo in padania e da anni vado dicendo che il leghismo non è una questione che riguarda la lega ma tutti i partiti, nelle loro componenti nordiste, nel senso che è trasversale. Lo slogan “a casa mia comando io” è entrato profondamente nelle coscienze dei padani e quando si tratta di scegliere da che parte stare, scelgono il proprio territorio. Semplice. Qui sta la ragione del successo di Maroni, nonostante le ruberie (o  chiamatelo uso personale dei fondi pubblici, tanto la sostanza non cambia molto) in cui sarebbero coinvolti esponenti della lega.

La lega perde e Maroni vince, non in quanto appartenente a quel partito che ora è in serie difficoltà, ma in quanto la sua proposta è espressione del leghismo padano, del “mi tengo il 75% delle tasse”.

La stessa cultura che fece approvare il Titolo V. Dal centrosinistra.

Se lo devono mettere in testa tutti, soprattutto gli amici che pretendono di fare politica a sud del Tronto: non esistono più proposte che vadano bene a sud e a nord. Se ne deve prendere atto e organizzare una risposta allo slogan del 75% senza il timore di apparire leghisti.

Se difendere gli interessi delle Provincie Napolitane significa passare per leghisti che c'è di male? Prima lo si fa e meglio è, altrimenti ci sveglieremo una mattina e ci troveremo precipitati nel mediterraneo, che per noi potrebbe essere un vantaggio, ma senza una classe politica degna di tale nome.

La separazione materiale è già in atto, manca solamente quella formale-costituzionale. Se si vuol provare ad accordarsi per restare in Italia contrattando un decollo economico, bene, sennò ognuno padrone a casa propria.

Da questa separazione che nessuno vuol vedere nascono due incredulità, quella di Bersani che incolpa le regioni meridionali del mancato successo e quella di De Magistris che vinse a Napoli e non sa manco il perché e poi si stupisce della fine ingloriosa di Rivoluzione Civile.








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