(testo in progresss)
Quanta tenerezza!
L'entusiasmo suscitato dalle conquiste del popolo siciliano pervadono il suo manifesto e strutturano il suo fronte meridionale. Ma di quelle conquiste non seppe distinguere il meccanismo giuridico dall'esercizio politico, così finendo per confondere l'istituto costituzionale in un progetto politico. La costituzione, di cui lo statuto siciliano per il suo art. 116 è parte integrata e integrante, non determina infatti i programmi dell'esecutivo politico della regione, né gli obiettivi delle sue potestà, ma stabilisce soltanto le modalità del loro svolgersi, qualsiasi ne siano gli obiettivi.
Di Giacomo, ignorando o avvertendo questa confusione, ne sfrutta le conseguenze logiche che indicano l'azione politica dei partiti volta alla “REALIZZAZIONI D’ORDINE ECONOMICO-SOCIALE!”, quali scisse da postulati dottrinali, programmi dottrinali, ideologie politiche, postulati teorici o astrazioni sentimentali. Non si avvede però che a tali sciocche e superflue velleità coincidano agli interessi inconciliabili dei ricchi e dei poveri, della borghesia e del proletariato. Interessi che permangono inconciliabili pur coesistendo nel medesimo territorio, e nella medesima condizione coloniale. Condizione questa che viene da tutti i partiti interpretata e ricondotta al proprio interesse di classe. L'interesse di classe, ignorato da Di Giacomo, è risolto nella produzione giuridica dello stato italiano, nei suoi codici civili, penali, tributari, e militari. Nei suoi accordi internazionali, e nei suoi contratti nazionali. E se l'interesse di classe è risolto a Roma, le istanze territoriali possono solo adeguarsi alle risoluzioni del governo centrale.
Le 12 rivendicazioni risultano così estranee al processo di ricomposizione del conflitto sociale. Né il conflitto sociale può trasferirsi nel conflitto territoriale, o sublimarsi nella ostentazione di diritti popolari che li prescindano: il “popolo meridionale” risuona astrazione metastorica, menomato delle istituzioni statali che ne permettono l'esercizio della sovranità, e ridotto a pretesto per la realizzazione di una piattaforma sindacale interclassista contro lo stato-padrone.
Di Giacomo ha saputo pertanto precorrere tutti i tempi dell'autonomia siciliana, e percorrere tutti gli errori del sicilianismo, pervenendo già nel 1948 ai 12 punti dell'appello-Costa. Inutili, e quindi ignorati. E se utilizzati, utilizzati CONTRO i popoli siciliani. Esattamente come quello statuto che tanto piacque. Non sapendo che non dai siciliani, né dall'Italia promanasse, ma dall'art. 50 del trattato di pace di Parigi, che volle per le regioni di confine lasciare in sospeso le destinazioni, e per le isole la smilitarizzazione. E come il regionalismo rispose alle necessità della gestione del consenso ben più che alla sovrana amministrazione locale, il federalismo macroregionale risponderà alla ristrutturazione del sistema coloniale -e monetario- che vorrà decidere l'Europa.
Placido Altimari
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