Eleaml - Nuovi Eleatici


Pietro Luisi
autore del disegno della copertina

Il treno dell'incanto - Elandia

Elandia

PADRE

Ci siamo arrampicati correndo
sul declivìo del monte
io e te e il vento,
fin dove l'estrema luce s'indugia
a baloccare in mezzo alle voci
di migliaia di grilli parlanti
che guardano al sole ponente
e, mi dicevi, devono aspettare
prima d'infilarsi nella casa circolare
grande come l'anulare.



PIAZZA DEL SUD

Umani avanzi (di epoche favolose)
si lasciano vivere dalla vita
ai confini della civiltà operosa:
Piazza del Sud, solitaria.

Anziani padri (con figli lontani)
impavidi sfidano la voria
seduti sopra scalini
di pietra consunta.

Sul viso cotto di creta
solcano rughe profonde
e narrano di fatiche passate,
quando friggeva il sudore
sui sassi dei campi avari.

Estraneo sto (curioso e sospetto)
cercando le solite risposte:
la voria insiste.
Sguardi, da sempre diffidenti,
mi piombano addosso
sospingendomi lontano
verso formicai allucinanti.



NOTTURNO

Scivolìo bramoso
delle mani anelanti
amore, diradato
dal canto mattutino
d'uccelli sopravvissuti
all'aria della città
ancora addormentata.



CERIMONIA NUZIALE

Nella cappella
d'un paesino astigiano
scampato alla grande fuga
adolescenti
impazienti e riverenti
attendevano
lo schiaffo solenne
per divenire capaci
di battere la vita.

Brividi intensi
invasero
il cuore del corpo,
appena l'organo
percosse la pelle,
portando pensieri
di cerimonie nuziali.
E ti vidi, con me,
avanzare verso l'altare,
dove fasci di rose bianche
coprivano l'odore acre
dell'incenso.



AMBULATORIO PNEUMOLOGICO

Al buio della mezzanotte,
nel silenzio delle stanze,
gl'intonaci tossivano
dolore d'uomini distrutti
da insolite consonanze.

 


LUGANO

Tutta la tristezza della terra
è sopra di me,
senza amore
me ne vado,
per le strade
di questa città straniera.

Il tempo mio
è finito
e prima dell'alba
partirò
per l'ultima volta
affinché il nulla
mandi vìa il tormento,
per sempre.

A fatica
mi trascino lontano,
da lei dai ricordi dal mondo,
sperando che la fine del tempo
cancelli l'amarezza
di non aver vissuto.



IL PREDICATORE DEL CORSO

Il suo cervello
è una cassaforte aperta,
con i pensieri
che schizzano beffardi
sulle pale di un mulino a vento.

Io, Don Chisciotte,
l'inseguo invano
con le mie lance di cartapesta.


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METROPOLI TURISTICA

Colate di miliardi,
pietrificate:
qui non sei un uomo
ma solo uno dei tanti
selvaggi abitatori
di questa giungla
di fantasmagorici alberi
di cemento armato.
Un extraterrestre,
stupito della civiltà.

La spiaggia,
la grande prostituta:
carnaio di giorno
bordello di notte.
La scolaresca,
piccoli rompiballe
che infastidiscono i turisti
tenendo occupato un posto al sole.
L'amore, consumato
in fretta: un pasto
alla mensa aziendale.
La gente, occhi spiritati
che non devono guardarsi
come i muli
quando tiravano le carrette.



IL CIRCOLO DEL TEMPO

Roma-Napoli, pioggia battente:
ora antelucana del ventidue dicembre.
Treno treno, squallido diretto:
vola pensiero mio, vola in fretta...

Strazio del partire nella mente:
luccicore del suo viso insistente.
Oh carta dimenticata!
Non per te ero tornato.

Astuta trappoleria del destino:
guardata ammaliante, poi china.
Lei! Per strada col suo bambino.
All'incontrario ero andato,
a cambiare il Tempo Passato.



DELLE FORZE LA PIU' INTENSA

Tarantella tarantella, tarantella:
sguardo che m'insegue e sfavilla.
Malasorte balla, stringe il cerchio
e lancia i dadi; ingarbuglia l'emistichio
Annaspo e rincorro le parole:
... Era bella come il sole,
aveva gli occhi che parean viole.
Consunzione antica amato amore:
soffio di vita, vacuità, ardore.
Mio tutto mio nulla: senso,
delle forze la più intensa.



GIOCHI DELL'OCO

Prova adesso, oco,
a rifare il gioco dell'oca,
zombi che zompetti la Cultura
intellettuale pilato senza futuro,
con questi miei versi analfabeti,
incazzati, sradicati, emigrati
dai Sud della Terra:
per vivere, eternamente, in guerra.
Compagnìa malinconìa
che le viscere ti porta vìa.



LA REGINA CRISTINA

C'era una volta (tanti anni addietro),
in una vecchia casa colle finestre senza vetri,
un bimbo testardo, malinconico solitario.
Destino già ammanniva il suo sudario.

Fu, in un bar dove s'andava la sera
quando il tempo era buono a primavera,
rapito da una bellissima Cristina.
La bella di Svevia era la regina.

Una storia triste lo affascinò:
di quel viso nella tivvù s'innamorò
e subito alla cerca s'incamminò.
Seimilasettecentosessanta dì e la ritrovò.

Era andata in isposa al Re di Perna
dopo averlo atteso tanti e tanti inverni.

Struggimento arcano, bene diletto
l'uomo bimbo ti segue ti spia t'aspetta.
Pazzo d'ira se ne va per ogni canto,
ti pensa e s'abbandona al pianto.
Si dice: Rassegnati, hai perso la partita.
La Regina Cristina ormai per sempre l'hai perduta.



L'INVERNO DEL '56

Cielo di coppi scuriti dal tempo,
oppressi dal nivale incalzante.
Ignaro, ne senti la presenza.
Trent'anni e t'acchiapperà la lenza,
in un remoto nord imbiancato:
la fine della pista, di già ordita.
Lakshmi suo dio. Ineffabile
zodiaco rima con ancia:
sogno di zéffiro impalpabile
passano tre decine e poi t'aggancia.



SMARRIMENTO

I passeri intirizziti volano basso.
I pensieri s'avviano all'ammasso.
Oh fiocchi che state per arrivare
di candore veniteli a imbiancare.
La Sonagliera del Tempo segna il passo.
Animo mio, non cedere allo sconquasso.
Amore amore amore. Amore,
pigia i tasti, canta ancora!



IL DISEGNO DI ALESSIO

...Questo è il sogno di un bambino
che si vuole arrampicare
su per la china e arrivare
fino lassù in cima
per guardare meglio quel Disco Sole
che dà il colore alle viole.


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IL BAMBINO EQUIPOTENTE

Lui getta ponti levatoi
ma non serve, abbiamo ragione noi
che non sappiamo camminarci.
Lui guarda stupito e non riesce a dirci
che ha stanato la vera equipotenza:
mentre aspettavamo i piattini
alle tazze ha abbeverato i gattini.



RIMINI D'INVERNO

Inemendabile composizione geometrica:
opache striature di tessuto bianco capodimonte,
rettangolo aureo cornice di globo lucente,
figura di donna sempre manca.

Finestra alluminata, crogiuolo dei pensieri.

Me ne rivado per la città dormiente,
l'auto stuzzica dame nere,
ti cerco dove non sei: per viali risuonanti
di frastuono estivo e di drammi semiseri.

Finestra alluminata, zangola dei desideri.

Amore non disormeggia:
si culla affonda riemerge,
cime d'Everest sommerso
da oceani di dubbio è cosparso.

Finestra alluminata, lecanio dei sogni.



GIOIA MUTEVOLE, DIDONE

...i sogni non si toccano con le mani,
maestro! mi urlò, d'improvviso, una voce.
E mi riavvolse il filo destino.
E si tese la fionda veloce
dei pensieri, scagliandomi lontano.

...Nella notte eravamo fuggiti,
io e una magica icòna. Mura diroccate,
di paese natìo, che lo sguardo carezzava
mentre, esterrefatto, mi domandavo
se tu fossi una persona vera
o soltanto un'ingannevole chimera
E si era dentro un sogno. Eri una fola!
Risveglio dissemina i cocci (e li ricompone)
di un ricordo prezioso. Gioia mutevole, Didone.



L'ACCENDITORE DI FUOCHI

Vado a far legna
disse, passando, il compagno
del settantasette morto civile, alla gogna.

E il tuo pietismo di garantito
non aveva affatto capito
che non per stufa doveva andare
i rami del parco a razzolare.

Bivacchi di donne senza sottana,
bivacchi di puttane.
Poi mi danno qualcosa, mormorò
neghittoso e sorridente e s'allontanò.



SERA DI GENNAIO

Forse non ci sarà mai più
una nuova sera di sorriso e tu
il capo non girerai
(nel modo magico che hai)
a salutare questo mio
sfatto viso turbinìo:
pensieri d'un'altra etnìa.



IL TRENO DELL'INCANTO

Tuuu... Tu tuuuu... Enimmatico richiamo
e indefettibile. Distante.
Oh come trafigge! E s'annida lontano,
nelle remote periferie del corpo
gioca a rimpiattino, s'acquatta
e poi t'afferra, e ti trascina con sé.

Verso quali spazi non sai.

E la piana è invasa già
dalla luce eterea di primalba.
Il cuore sbalugina e scialba,
scalpita voglioso. E s'avventura la mente,
s'aggancia al convoglio smarrisce il senso,
arretra perplessa, esitante
s'arriccia, s'intimidisce sopra il monte...

Riparte, si slancia, sorvola i campi,
corre appresso a quel suono di sirena:
vuol vedere il treno. Presto però inciampa
sulla paura di bambino. E la smania divampa:
la rinuncia si fa sogno e incantamento. Proemio.



SIGNORA D*

Acciottolate schermaglie procedurali:
giorni perduti e un tempo che s'invola.
Timidezza timidezza, timidezza
la sua immagine spande e l'accarezza.

Coscienza crea una figura
e del Grande Ordine sfida la cattura.

Si 'sta voce te sceta 'int'a nuttata,
mentre t'astregne 'o sposo tuio vicino,
statte scetata si vuò sta scetata,
ma fa vedé ca duorme a suonno chjno

Invertiamo il senso e piantiamo dei fermagli.
al Mondo Fugace infiliamo le briglie.

Ci sei! vedo la tua scìa
che frulla, saetta e precipita via.
Falena sbatte le ali, s'annulla:
- Quando ritorna? E' ancora quella?


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VISO DI SOLE VISO DI NEVE

Spoglie di serpi innamorate,
nel portafogli la fortuna custodita
disgrazie allontana
e muta la pelle anche al domani.
- Favole, superstizioni,
la sorte tua ce l'hai nelle mani!
sentenziò l'incivilito,
un intellettuale progredito.

E io nel bosco voglio andare
a prepararti
un incantesimo. E stregarti.

Hai messo una testa alla finestra
e vi hai rinchiuso il mio cuore. Oh canestro
di rugiada, quanto ti ho amato!
Col giallo di ginestra la nebbia ho perforato,
per inseguirti come una dolce nenia
della mia terra: infelice Campania
E io nel bosco voglio andare
a prepararti
un incantesimo. E stregarti.

Mi porto appresso l'arcobaleno
e il verde dei campi di grano
del natìo Vallo di Diano.
Trascino le membra impastate
colle gemme di marzo attaccate
al salice del lagno straripato.

E io nel bosco voglio andare
a prepararti
un incantesimo. E stregarti.

Come un fuggiasco mi aggiro
in questa selva multicolore
ed ho paura. Di prendere la strada
del ritorno alla Contrada
Penelope s'è stancata
d'aspettare. Si è rimaritata.

E io nel bosco voglio andare
a prepararti
un incantesimo. E stregarti.

Viso di sole, viso di neve:
l'incontro è stato greve
per me che sono uno straniero
dal mediterraneo pensiero.



AMORE

Sorriso, castano dardeggiante:
viso granito, granito levigato.
Altera fenice e affatturante:
improvvisa, sognata epifanìa.
Felicità, felicità mia.

Il bianco uccello che giungeva a primavera
un giorno l'aspettai fino a sera:
era il tempo che si faceva la prora
o ci si tuffava nella siepe a prendere la mora.

Scompigliato mosaico, locandine:
muta simmetrìa, gesti bambini.
Messaggio, diniego, messaggio:
l'indifferenza si trasforma in paggio
Il bianco uccello che sfiorava le fronde
(lo raccontava mio fratello) veniva da un altro mondo.
Io l'aspettai, l'aspettai. E non lo vidi passare mai.



QUARTA DIMENSIONE

Pece criniera, docile
va. Nella notte va, schiumante
galoppo subliminale.

Orgasmatica corsa
senza dimensioni né rivali:
corvina esca di seta, dorso
scivolo. Zoccolo in fallo:
frantumo di garretti,
capitombolo sballo.

Il morello in piedi
più non torna:
ora è solo un lucido
ammasso di carne.
Oh Artemidoro,
anche la caduta
è presagio:
Come il cavallo porta
chi fa il sogno
così si comporteranno
nei suoi riguardi
la moglie, l'amante
Si sentiva felice:
non esisteva Tempo.
Cavalcava senza meta:
non c'era Spazio.
Ora guarda
l'animale coricato
e invidia il pistolero
che, nel film, ha troncato
con un colpo
l'agonìa del destriero.
Ma lui è disarmato
e inizia il pianto, disperato.



ESTUARIO DEI PENSIERI

Estuario dei pensieri:
la ragnatela degli eventi
travolge desideri,

assomma disarcionamenti.
In questo giorno ventoso
di marzo t'ho perduto, Amore.

Cuore estuoso,
marasma di chimere:
ragno mosca presuntuosa,

tessi la tela, ti c'impigli.
E fai di parole barocco intruglio,
fingi d'inseguire glorie,

come Leopardi, e serbi memorie
vane. Saudade, voglia
di terre bruciate e di scirocco.


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POEMA BREVE

"Bella come un sogno di pietra"
mutria di regalità arretra...
Bianche le gote e aggredite dal rossore,
al cospetto del donchisciottesco cavaliere
che si lanciò immediatamente all'avventura,
d'un corteggiamento senza futuro.

Per anni e anni t'aveva sognato:
non s'era accorto ancora d'averti trovato.
All'improvviso fu azzannato dal timore
di non saper battere il Gran Signore,
forte, aitante, delicato tutore
del tuo corpo e anche del tuo cuore.

Non si trattava di un gioco né di una partita:
il cavaliere stava impegnandosi la vita.
Se ne convinse una sera di novembre
quando, al rivederti, tremarono le membra,
gli occhi si velarono d'inquiete ombre,
i pensieri infiniti di rossastre ambre
Sorgiva d'amore, sorgiva di potenza:
zampillarono lagrime e pure una sapienza.
"Un arrivo è la vita un ritorno è la morte"
dice il Tao della nostra sorte;
egli rifiutò donne d'accatto e scelse d'amarti,
scrisse righi, scrisse versi, recitò così la parte.

Lui era la terra e tu eri il cielo:
illusione sfornava scale lattemiele.
Solamente con un magico arcobaleno
avrebbe potuto arrampicarsi in un baleno,
invece fu dondolìo d'altalena
disperante, di attesa, di gioia, di pena.

Cominciarono affanni e galoppate
e fughe dal lavoro e per una guardata.
Orologio, cuore, orologio: conta alla rovescia
e... via! cento all'ora sul filo dell'ambascia,
pazza sfida, pazza corsa, fronte all'uscio
di Fatalità che tesse e tesse e poi accascia.

Brillìo d'occhi, brillìo di speranze:
spente l'indomani, al chiuso di una stanza.
Non gli restava altro che cantare,
le parole s'assiepavano ad aspettare
che la mano le portasse a riposare,
sui fogli che la olivetti faceva avvoltolare.

"Non desiderare la donna d'altri" :
comandamento da ridere, per gli scaltri.
Per vincere avrebbe dovuto farsi predatore,
truccare la bilancia e carpire il tuo amore;
ne era incapace e s'improvvisò pulcinella scrittore,
indossò facce innumerevoli e mascherò il dolore.

Allungava i minuti e li stringeva:
sentiva la morte quando non ti vedeva.
Un giorno per una strada la tua presenza sentì
e vide la macchina, lesse la targa e sbalordì;
l'artiglio della fortuna lo ghermì,
la fabbrica in cui lavoravi era proprio lì!

Quella non era più una passeggiata:
il Caso o il Fato là lo avevano guidato.
E un lunedì si armò di Coraggio e Facciatosta
e attese il tuo passaggio, ti fece la posta,
ma il Ridicolo mise una lancia in resta
e lo assalì e il suo volto pietrificò tosto.

Guerriglia di ragione e sentimenti:
sconcertante assenza di desideri impudenti.
Tu, primo sogno del mattino
e ultimo pensiero nella notte fiaba di bambino,
passato presente futuro e catino
d'ogni senso e del suo destino.

Voglia di te, voglia di sparire:
non gl'importava più la vita, pensava di morire.
T'immaginava al funerale e affranta,
incredula e (alfine!) al suo canto,
però non reggeva nel vedere il tuo pianto
e allora si pentiva del triste intento.

Di procastinare non era più tempo:
bisognava arrendersi, abbandonare il campo.
Decisione improrogabile e devastante,
dubbio e resistenza tante,
scacco e biologia slamante,
poi il pensiero fedifrago e sbugiardante.

Coscienza sessitura d'egoismo:
scavo profondo e uncino di spasmo.
Saliva la marea, franava il castello,
fra Realtà e Aspettativa terribile duello,
colpo al cuore, ferita di coltello,
Disperazione attaccava il gran ballo.

Si ripeteva il cavaliere: -Questo succede
a chi si rifiuta di guardare ciò che vede!
Il suo non era stato altro che un sogno,
spazzato vìa come da una spugna,
doveva rinunciare e serrare i pugni,
di Malaventura sopportare il segno.

"Calati junco c'arriva la chiena
di amori la nostra vita è piena".
Ma Amore si incontra una volta sola;
accadde di marzo, la notte di carnevale,
il donchisciottesco cavaliere prese una pistola,
giocò alla roulette russa e fece l'estremo volo.



MONOLOGO A VOCE ALTA

"Carissima Milano,
"non è vero
"che non avevo voglia di lavorare...
"E Ciccillo aveva un cuore grande.
"non è vero
"che ho rinnegato il mio Sud...
"E Ciccillo seminava il terrore per le strade.
"io volevo solo vivere in pace
"senza essere perseguitato...
"E Ciccillo era buono, lo so.
"io volevo bene ai miei fratelli meridionali
"li aiutavo...
"E Ciccillo faceva stragi.
"mia madre ha portato
"in casa nostra la stregoneria
"E Ciccillo sciagurato.
"mio padre ha lavorato
"tutta una vita per farmi studiare...
"E Ciccillo sanguinario.

Di fronte allo scompartimento,
un lago di sputi.


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SILFIDE SCIAFILA

Erano raffiche
in aria gli sguardi.
E si volatilizzava
l'indissolubile e io sognavo
Ischia e il Tirreno assolato.

Avevi i neri capelli
stirati a emisfero.
E soccombeva
ogni ragionevolezza e io sognavo
un'auto e piane infinite.

Volgevi sempre gli occhi
oltre impercettibili orizzonti.
E non s'acquietava
la malinconìa e io sognavo
il Silenzio e un Tempo Incantato.



ALGEBRICA DIFFERENZA

Siamo come un sacchetto di plastica
sospinto dal vento
sul vialetto del parco:
ha fors'egli volontà
di proseguire
o di fermarsi?

Il suo procedere
è un'algebrica differenza
tra infinità di forze
Ecco, va
poi si ferma,
si gira di fianco:
sembra voglia opporsi
e prendere una decisione.

Pretensioso.
Una folata, più forte della precedente,
lo solleva e lo scaraventa
qualche metro più in là,
implacabile lo incalza,
lo fa piroettare un pò
e, infine, se lo porta via.



LA SCIMMIA UOMO

Un destino di scimmia
stanno preparando nei loro
oscuri laboratori:
nessuno li fermerà.

Ma i poeti vigilano
e urleranno
che siamo uomini:
nessuno li ascolterà.

E in uno degli automi di carne
si formerà il barlume
di una coscienza d'uomo:
nessuno lo capirà.

La scimmia uomo,
signora delle città sotterranee,
in belva si tramuterà:
nessuno la sniderà.

Il robiota va a cercare la chiave
della rappresaglia nucleare
e maledice l'umanità, sua progenitrice.



ATTRAVERSO LA PORTA DI CORNO

Illusione e Speranza s'erano rincorse
trastullandosi in ogni sorta
di congetture: - Entrerà forse
Amore, passando dalla porta
di corno?Desiderio... Apparizione!
Stropicciamento d'occhi. Materializzazione.
... Ancora diffidava la mente:
sembrava tutta
una romaticherìa stucchevole
del pensiero persistente
in una camera d'ospedale.

Il suo capo reclinato appena
a manca, e le mani
l'una all'altra sovrapposta
dietro l'anca stringevano
la cornice della porta:
- Eccomi... Sono qui.
Mi hai sognato tanto
e io son venuta.

Avessi avuto il coraggio d'alzarmi
e di seguire il malioso e roco suono
di quella voce, avrei infranto l'assioma
della scienza ufficiale
sullo spostarsi
d'un corpo nello spazio.

Flagellai il cuore
con la frusta del pensiero
e si dissolse la figura.
Restò solo il ricordo
rosso scuro di una camicetta:
memoria di un futuro
che s'appressava in fretta.
E il tormento della coscienza,
spettatrice impotente
di un viaggio senza eventi.



STRADINA LATERALE

Si brancicavano al buio
quando la luce indiscreta
dei fari fermò il gesto
pudico della mano
protesa a calare la sottana.



DENTRO DI NOI

Dentro di noi
gli anni andati
sono niente.
E l'emozione
del rivedere una persona
o un luogo caro
è una festa di luci
spentasi la sera prima.

Ma il tempo
rivince nei segni esteriori:
un ingrigirsi di capelli,
case funghi,
un albero abbattuto.


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DOVE STORMISCONO GLI ONTANI

Voglia d'implorazioni hai covato
(vana, vana la tua attesa)
ora il Carnevale è terminato)
(l'illusione oramai spesa)
e, per te, è tempo d'esultare
(alterigia, baldanza e riso)
per me è tempo di rinunziare
(l'epilogo temuto e tanto atteso).

Escogitavo versi cavallo
di Troia, per espugnare il tuo cuore,
e salivo scalee di pietra
che non approdavano a nulla.
Volevo condurti lontano,
fin dove stormiscono gli ontani
Ed era un pensiero illativo
di un esser per natura schivo.

Gioco al massacro, gioco
che duri tanto e duri poco.
Or si frantuma l'incantesimo
e novella libertà tengo a battesimo.
Der eninsame Hirte
canne al vento, solo canne
per chi sognava mirti
ed ha avuto inganni.



MEGLIO ESSERE GUITTI

Nel buoi vienimi a trovare
e scaccia la paura, o bella mia
fatti vedere, deh fatti vedere
e non andar più via.
Prendimi per mano, o bella mia
prendimi per mano. Nient'altro voglio
e, ti prego, stringimi forte
e non dire mai: - Addio!

Padre, dimmi perché
non suonano più gli organetti.

Solo una volta vinsi la paura
e fu di giugno, una sera
che il vento passò ululando
fra svettanti allucinigeni
e spazzò via sibilando
la fiammella del cerogeno.
Allora mi tennero compagnìa
giovinezza arcifanfana
e il ricordo dei pellegrini
che s'erano accalcati
in quel convento abbandonato
Padre, dimmi perché
non suonano più gli organetti.

Strappiamoci le maschere, o bella mia,
e guardiamoci in viso.
Deve compiersi il Fatto: E' sia!
Amore di transfuga di pena intriso.
Tutto è provvisorio, bella,
e deserto il sentiero
che porta allo spegnimento della stella
e non contano più domani e ieri.

Padre, dimmi perché
non suonano più gli organetti.

Paura di vivere.
Paura di morire.
Paura di soffrire.
Elandia, terra da scoprire.

Padre, è tempo
d'andare. Avviamoci.

Ci hanno promesso californie
e il progresso, la Civiltà!
Riempiremo le arnie
con miele di programmata qualità.
Microcircuiti pensanti
(metallica coscienza
senza dubbi né timori)
ci assegneranno l'ora dell'amore.

Padre, è tempo
d'andare. Avviamoci.

Non servono provvidenze,
capricciose dispensatrici
di assoluzioni e penitenze,
e di perdoni ai nemici.
Non servono coscienze
collettive, calpestatrici
d'impure particelle
(l'alibi è sempre quello!).

Padre, è tempo
d'andare. Avviamoci.

Meglio essere guitti
e far sorridere cianciando
di Elandia inespugnabile fortino
dei desideri interdetti
e coscienza dell'umano destino,
dove nessuno mai
comminare potrà fogli di via.







Alcuni testi di storia Patria-Matria






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