Eleaml - Nuovi Eleatici




 

AlfonsoGatto

ALLA MIA TERRA

lo so che nulla potrà mutare

il nero della mia gente,

il soliloquio scende

come una sera di scirocco

e non ha ragioni, non ha patria.

Io so che nulla potrà spiegare

la testa dura dei bambini,

mia madre non sa calmarli,

scende per i vicoli la stella

e da ogni casa

pare che venga e sia lontano il mare.

Io so che nulla si consuma

e profumo di mura e vecchie notti

un vento solitario come ardendo

nelle donne trabocca. La rovescia

nella polpa degli occhi il solleone.

Anneriscono ardendo. Lo spiraglio

delle notti festose, il brulichio

dei gioielli di voto, in un biroccio,

di sonagli dirupa.

Io so che il corpo ammala ove l'abbaglio

d'un ritratto è funesto,

il fuochista d'argento stralunato

nella stanza del porto.

Il mare ventilava i suoi capelli.

Io so che nulla potrà mutare.

Il cuore della mia gente,

il pianto dentro i muri nella sera,

i paesi violati da un respiro

di vento appena.

I morti nuovi brucerà l'estate,

fumerà l'azzurro

dai ruderi che l'afa slarga al mare.

Ossessa ossessa,

mia terra fedele al soliloquio

che sale incontro ai monti e le gramaglie

trascina, le sue colpe,

l'innocenza ferita come un figlio.

(Gatto - La storia delle vittime)

 

Torna su

Amore della vita

Io vedo i grandi alberi della sera
che innalzano i cieli dei boulevards,
le carrozze di Roma che alle tombe
dell' Appia antica portano la luna.

Tutto di noi gran tempo ebbe la morte.
Pure, lunga la via fu alla sera
di sguardi ad ogni casa, e oltre il cielo
alle luci sorgenti ai campanili
ai nomi azzurri delle insegne, il cuore
mai più risponderà?

Oh, tra i rami grondanti di case e cielo
il cielo dei boulevards
cielo chiaro di rondini!

O sera umana di noi raccolti
uomini stanchi uomini buoni,
il nostro dolce parlare
nel mondo senza paura.

Tornerà tornerà,
d' un balzo il cuore
desto
avrà parole?
Chiamerà le cose, le luci, i vivi?

I morti, i vinti, chi li desterà?

 

Torna su

Inverno a Roma

I bambini che pensano negli occhi
hanno l' inverno, il lungo inverno. Soli
s' appoggiano ai ginocchi per vedere
dentro lo sguardo illuminarsi il sole.
Di là da sé, nel cielo, le bambine
ai fili luminosi della pioggia
si toccano i capelli, vanno sole
ridendo con le labbra screpolate.
Son passate nei secoli parole
d' amore e di pietà, ma le bambine
stringendo lo scialletto vanno sole
sole nel cielo e nella pioggia. Il tetto
gocciola sugli uccelli della gronda.

 

Osteria Flegrea

Come assidua di nulla al nulla assorta
la luce della polvere! La porta
al verde oscilla, l' improvvisa vampa
del soffio è breve.

Fissa il gufo
l' invidia della vita,
l' immemore che beve
nella pergola azzurra del suo tufo
ed al sereno della morte invita.

 

Il Caprimulgo

Tornerà sempre l' ironia serena
del sortilegio sulle tue corolle,
fiore disfatto.
E tu che voli e piangi
stridendo coi tuoi grandi occhi oscuri,
o caprimulgo dalle piume molli,
il buio sempre ingoierà la notte
delle farfalle nere, le lucenti
blatte in cui l' uomo misero rattrae
le mani e gli occhi a rispettarle,
umane della pietà per sé.
Per la scala degli inferi discende
il consenso perenne, l' ordinata
congrega delle vittime plaudenti.

O misura dell' uomo in sé dipinto
costretto oltre la morte, mummia salva
a schermo delle mani,
a non aver più limiti, distratta
è la forza latente, il bruco insonne
della materia che ci traccia e insegue.
Un fenomeno oscuro il divenire
l' enfasi sorda che alle sue parole
non crede più, ma giura. Ancora scende
questa scala degli inferi e l' informe
che chiede un senso smania di figure.

Torna su

 

Canto alle rondini

Questa verde serata ancora nuova
e la luna che sfiora calma il giorno
oltre la luce aperto con le rondini
daranno pace e fiume alla campagna
ed agli esuli morti un altro amore;
ci rimpiange monotono quel grido
brullo che spinge già l' inverno, è solo
l' uomo che porta la città lontano.

e nei treni che spuntano, e nell' ora
fonda che annotta, sperano le donne
ai freddi affissi d' un teatro, cuore
logoro nome che patimmo un giorno.

Torna su

 

Arietta settembrina

Ritornerà sul mare
la dolcezza dei venti
a schiuder le acque chiare
nel verde delle correnti.

Al porto sul veliero
di carrube l' estate
imbruna, resta nero
il cane delle sassate.

S' addorme la campagna
di limoni e d' arena
nel canto che si lagna
monotono di pena.

Così prossima al mondo
dei gracili segni,
tu riposi nel fondo
della dolcezza che spegni.

 

 

 

Alfonso Gatto:
poesia dorata e succulenta
di Dante Maffia


Alfonso Gatto è sempre stato uno dei poeti che ho letto con trepidazione. Conosco l’uomo, tenero, sognante e averlo conosciuto non ha fatto perdere nulla ai suoi versi, anzi li ha forse illuminati un po’, riflettendovi quel suo sguardo chiaro, di mare in inverno. È uscito in questi giorni un Oscar Mondadori con una scelta di poesie dal 1929 al 1969, quarant’anni di attività, cruciali per la letteratura italiana che si è trovata a più riprese a un bivio e ne è uscita sempre indenne da contaminazioni tendenziose. Gatto ha proseguito il suo cammino quasi indifferente alle sirene della moda.

 

Per noi la Patria ha più vasti confini perché sappiamo cos'è una siepe. (M. Parrella - poeta lucano)












vai su









Ai sensi della legge n.62 del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e del Webm@ster.