Eleaml - Nuovi Eleatici



Stralcio da

https://www.terraeliberazione.org/ark6.html (ve ne consigliamo la lettura)

Assabenadica!

Che voi possiate benedirmi! As-Salam alaikum wa rahmatu Llahi wa barakatuhu! Che Dio ti benedica...! Assà! Abbi cura di te! Così si salutavano, in arabo, i Siqilly, i Siciliani di mille anni fa, quando la loro Patria-Matria era un Emirato libero, ricco e indipendente, nel cuore antico del Mar Bianco Centrale, l'al Bahr al Abyad al Mutawassat, il Mediterraneo.

Assabenadica! è parola che echeggia sonorità antiche e familiari, una di quelle parole che attraversano il mare dei secoli su invisibili vascelli carichi di memorie: le Lingue... Assà! Assà! Abbi cura di te, ti sono vicino! As-Salam alaikum...A te la Pace del Dio!.

Ora siamo nel secolo XXI e viviamo nell'Impero. L'Impero dello Spettacolo, un lunapark globale della merce e delle guerre infinite, dei satelliti e dei biopoteri, della rapina neocoloniale e dello spreco consumistico, dello sradicamento della Vita dalla Terra e della Terra dal Sacro.

Dal punto di vista metafisico -e del buon senso- è inutile aspettarsi che una società consumistica, sradicata, egoistica, dimentica della Luce e dei valori dello Spirito, possa darsi una Pace giusta. La Pace fra gli esseri umani è il risultato della pace con se stessi e con la natura, l’approdo di un Cammino che abbia superato nella conoscenza autentica ogni pregiudizio verso l’Altro.

Non ci sarà Pace fin quando sulle macerie dell’Impero dello Spettacolo, delle guerre, degli sprechi, degli egoismi... non sorgerà una inedita civiltà materiale dello Spirito, una Civiltà solare fondata sull’autogoverno comunitario dei Popoli e sulla pianificazione solidale delle forze e risorse produttive fondamentali.

Quella attuale è anche un'epoca di grandi innovazioni tecniche, le quali incubano la possibilità di un grande rinnovamento spirituale e materiale dell'Umanità. Il futuro dei popoli e delle nazioni si gioca dentro questa Storia: la Grande Macchina del Potere globalizzatore, nel tentativo di sradicarli, suscita resistenze impressionanti. Fatto salvo il diritto a migrare per migliorare la propria condizione noi rivendichiamo per tutti il diritto sacrosanto a vivere liberi sulla propria Terra di nascita, in coerenza con la propria Storia. E, in questo contesto, riaffermiamo l'ORIGINALITA' della Nazione Siciliana e il suo diritto a praticare una autentica libbirtà ri sprixioni, cioè a riconoscere e edificare se stessa.

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La Festa
La Lingua Siciliana era festosa ghirlanda di fiori intrecciata intorno al senso della Vita. Riavvicinarsi alla "dialettalità" è utile solo se serve, in qualche modo, a riformulare il Senso della Vita. Non ci sono "morti" da resuscitare ma vivi che hanno diritto a evolversi e ad affrancarsi da tutti i colonialismi. Anche la Lingua della Festa va riscritta prima di poter ridire "cu voli puisia vegna 'n Sicilia, ca porta la bannera di vittoria, canti e canzuni nn'havi centu mìlia", come riporta fedele il Pitrè, in Canti popolari siciliani, secondo il quale "se v'è una terra dove il canto sia una cosa stessa coi bisogni degli uomini, dove tutto parli di poesia, questa è la Sicilia, con le sue greche tradizioni di Dafni...".

Insomma, tutte 'ste belle "memorie da San Pitreburgo" ché non ve n'è più reale e vera mancu menza: qui non canta nessuno, non si canta neanche alle feste, tuttalpiù alla gita in autobus, per disperazione. E chi canticchia non lo fa sulle note caude di un Carlo Muratori quanto appresso ai motivetti imposti da un mercato in cui certe cose, in barba alle ipocrisie occidentali sulla world music, hanno solo una nicchia: al cimitero.

Pietro di Blois, intellettuale vissuto nella Sicilia normanna, ci racconta che la gente mostrava più interesse per tragoediis et aliis carminibus poetarum nonchè per joculatorum cantilenis, che per spettacoli religiosi. La risposta del Potere, che si dispiega nei secoli, a un Popolo che, nel secolo XII, amava audiri canzuni disonesti et soni vani e di stringere li manu a li donni, la ricaviamo da un codice della Biblioteca Comunale di Palermo in cui è conservato un manuale di confessione per i preti siciliani, che contiene un campionario di colpe e relative penitenze nel quale l'adulterio, per dirne una, è più grave dell'omicidio volontario; mentre, nel secolo XV, non mancò chi voleva abolire la musica dell'organo nelle chiese poichè fonte di lascivia animi. Il poeta Antonio Veneziano, nel Cinquecento, ci racconta invece di una festa di maggio in cui si danzava in circolo mettendo "in mezzu na bella figghiola in canciu di lu mayu"...cioè, se ho capito, mettendo al Centro della Danza una bella figghiola al posto dell'Albero di Maggio. Il cattolicesimo fobico, dall'iconoclastia benedettina all'Inquisizione, "bruciò milioni di donne" con l'accusa di stregoneria, ma bruciò anche i boschi e le memorie dei boschi. "Anathema sit!" anche alle tisane per il mal di pancia...siamo nati per soffrire, no?.

A Salice, sui monti Peloritani, fino a un secolo fa, c'era la festa do Pagghjiaru, "una ninfa di muttidda, un grosso involucro ottenuto con un ontreccio di canne e ricoperto di mirto a cui venivano attaccati arance e mandarini" (Gulli, citato da I.E.Buttitta, La memoria lunga). Il 6 gennaio, per l'Epifania, il Pagghjiaru veniva armatu in una piazza in modo tale da poter essere isatu e calatu con una corda; al Pagghjiaru le figghjiole legavano i loro fazzoletti, che i ragazzi dovevano conquistare...e restituire. Era una festa con funzione ben precisa e così fu almeno fino al 1878, quando la Chiesa dei vuoti di Spirito decide di distruggere anche questa festa. Amen.

La memoria siciliana della festa, della musica e dei suoi strumenti, ha molte radici: dalle danze dionisiache nel bosco al suono di cembali e flauti, alle vertigini derviscie del giardino-paradiso islamico... Dai graffiti dell'Addaura, ai vasi dipinti dell'Ellade nostra, fino alla Cappella Palatina in Palermo, è tutto un kuntu che basta a capire quanto anche in questo ambito non siamo nè figli di nessuno, nè figli di troppi padri, ma Storia Vivente.

Ed è storia che vive nella tradizione delle famiglie e comitive di carusi siciliani che trascorrono in casette di campagna lunghe notti di festa, arrusti e mangia e vino...Il mio amico Silvio Marconi, etnoantropologo, mi dice che la tradizione di queste farre, feste notturne, da noi ha origine nei Siqilly, i Siciliani islamici di mille anni fa, ed è diffusa in molte aree del mediterraneo. In nord Africa molte famiglie, per brevi periodi dell'anno, lasciano le loro case in città, per andare a vivere in tenda, nelle oasi...Ed è sempre una festa.

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Cosa ci insegna questa Storia di "lungo periodo"? Due cose fondamentali: che il Popolo Siciliano avanza quando rivendica, afferma, costruisce la propria Indipendenza; mentre arretra quando rinuncia ad essere se stesso.

Ma cosa ci insegnano a scuola? L’altra mattina, dal vucceri, il macellaio, una signora perbene imprecava contro la "invasione degli arabi": gliel’ho detto, "troppa televisione signora, lei guarda troppa televisione!". Magari arabi erano i suoi Avi e arabo-berbero è il sangue che ha trasmesso ai suoi figli, i quali, "razza pura", hanno appena festeggiato Hallowen da Mac Donald travestiti, con molta originalità, da zucche vuote.

Le migrazioni imposte dall'Imperialismo e dal daimòn dello sradicamento configurano una tragedia fatta di zattere e di manovre occulte delle quali l'immigrato è la prima vittima.

Lo Spettacolo ha bisogno di questa "vittima", dell'estraneità della sua Lingua, anche per controllare la massa dei propri "clientes", farli sentire privilegiati e insicuri quanto basta per farne sudditi ubbidienti, zucche vuote. La secessione dagli eventi di questo Spettacolo ha bisogno della Lingua di Kokalos per ritessere l'Identità Siciliana nel telaio dell'al Bahr al Abyad al Mutawassat, il Mar Bianco Centrale, il Mediterraneo, insieme ai nuovi "turchi" e alle loro Lingue. Per dire "Mora! Mora!" alla geopolitica dell'Imperialismo, non di certo al migrante, al "tuccu", in cerca di una vita più dignitosa. Nè alla Regina Bianca che prima di regnare a protezione dei Siciliani volle imparare la nostra Lingua antica e l'Amore per questa Terra bellissima.

stralcio da "La Nazione Siciliana (*)"

Riflessioni per la costituzione di un inedito Partito della Nazione Siciliana.

@ di Mario Di Mauro - www.terraeliberazione.org

 

Per noi la Patria ha più vasti confini perché sappiamo cos'è una siepe. (M. Parrella - poeta lucano)












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