Eleaml


Fonte:
https://www.camera.it/

Calamità naturali

Normativa antisismica

L’aggiornamento della normativa antisismica[1] - rimasta ferma, per quanto riguarda la classificazione delle zone sismiche al 1984 e, in relazione alle norme tecniche per la costruzione in zona sismica, al 1996 - è stato avviato nella XIV legislatura con due provvedimenti fondamentali - l’ordinanza n. 3274 del 2003[2] ed il T.U. sulle norme tecniche delle costruzioni, approvato con il DM 14 settembre 2005 - ed è proseguito nel corso della XV legislatura con l’aggiornamento delle norme tecniche per le costruzioni disposto con il nuovo DM 14 gennaio 2008.

 

Nel 2003, infatti, immediatamente dopo il terremoto del 31 ottobre 2002 che aveva colpito i territori al confine fra il Molise e la Puglia, la Protezione civile ha adottato l’ordinanza 20 marzo 2003, n. 3274, che ha rappresentato la prima importante novità nel panorama della normativa in tema di prevenzione antisismica ed ha fornito, nel contempo, una prima risposta immediata alla necessità di aggiornamento della classificazione sismica e delle norme antisismiche.

Nelle premesse all’ordinanza, si specificava, infatti, che essa rappresentava una prima e transitoria disciplina della materia, in attesa dell’emanazione delle specifiche norme tecniche previste, dapprima, dall’art. 83 del DPR n. 380 del 2001, e, successivamente, anche dall’art. 5 del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136[3].

In considerazione degli errori materiali e formali contenuti nell’ordinanza, conseguenti ai tempi brevissimi di adozione (appena quaranta giorni) e alle novità della relativa impostazione, essa - appena cinque mesi dopo la sua pubblicazione - è stata oggetto di numerose e significative correzioni (da parte, soprattutto, dell’ordinanza n. 3316 del 2 ottobre 2003[4]), volte anche a consentire i necessari approfondimenti della materia di notevole complessità tecnico-scientifica.

Alla luce dell’ordinanza n. 3274 e, a differenza di quanto previsto dalla normativa precedente, tutto il territorio nazionale è stato classificato come sismico e suddiviso in 4 zone, caratterizzate da pericolosità sismica decrescente; tali zone sono individuate da 4 classi di accelerazione massima del suolo con probabilità di accadimento del 10% in 50 anni. Le prime tre zone della nuova classificazione corrispondono, dal punto di vista degli adempimenti previsti dalla legge n. 64 del 1974, alle zone di sismicità alta, media e bassa, mentre per la zona 4, di nuova introduzione, viene data facoltà alle regioni di imporre l’obbligo della progettazione antisismica. In ogni zona è, infatti, prevista l’applicazione della progettazione sismica con livelli differenziati di severità, salvo, come anzidetto, nella zona 4. Il collegamento tra la classificazione e le norme tecniche risulta, pertanto, molto stretto. Oltre ai criteri per l'individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone, con l’ordinanza sono state, infatti, approvate le seguenti norme tecniche (contenute negli allegati 2, 3 e 4 dell’ordinanza, di cui fanno parte integrante) che riguardano, per la prima volta, la quasi totalità di tipologie di costruzioni: edifici, ponti ed opere di fondazione e di sostegno dei terreni.

Si ricorda, inoltre, che l’ordinanza, all’art. 2, comma 2, terzo periodo, aveva contemplato un periodo transitorio di diciotto mesi durante il quale era possibile, per l’interessato, scegliere di applicare la classificazione sismica e le norme tecniche vigenti. Tale termine era stato più volte prorogato a causa sia del rilevante grado di complessità tecnica della materia e della sua natura fortemente innovativa, che del necessario coordinamento con il T.U. sulle norme tecniche delle costruzioni, approvato con il DM 14 settembre 2005.

 

Con il DM 14 settembre 2005 sono stati, pertanto, riformati definitivamente i criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e le norme tecniche per le costruzioni in zona sismica, allo scopo di riunire in un T.U. la disciplina tecnica in materia di costruzioni relativa alla progettazione strutturale degli edifici ed alle principali opere di ingegneria civile, alle caratteristiche dei materiali e dei prodotti utilizzati.

Il DM 14 settembre 2005, composto da un’introduzione e dodici capitoli, persegue, quindi, la finalità di riunire la normativa tecnica relativa alle costruzioni civili al fine di fornire un corpus normativo quanto più possibile coerente, ispirato al criterio “prestazionale” piuttosto che “prescrittivo” e di semplificazione legislativa, cercando di individuare con chiarezza i livelli di sicurezza delle costruzioni ed il loro comportamento a seguito di sollecitazione esterna. Con le nuove “Norme tecniche per le costruzioni” è stata quindi privilegiata la normativa a indirizzo “prestazionale”, marginalizzando invece quella di tipo “prescrittivo”, vale a dire che se finora il progettista riteneva di poter garantire la sicurezza delle costruzioni seguendo norme già preordinate a tal fine, d’ora in avanti sarà egli stesso che dovrà predeterminare i livelli pensionali attribuiti a ciascuna componente strutturale, decidendo quali procedimenti di calcolo e quali modelli adottare per garantire il più alto coefficiente di sicurezza dell’opera da realizzare. Il deterioramento qualitativo che ha determinato il passaggio dal criterio prestazionale a quello prescrittivo è stato causato dalla necessità dell’aggiornamento biennale prescritto dall’art. 21 della legge n. 1086 del 1971. L’aggiornamento ha comportato, infatti, l’assommarsi di interventi normativi autonomi e sconnessi di recepimento di singole istanze ed esigenze, senza un coordinamento complessivo.

Il DM 14 settembre 2005 rinviene la propria origine nelle disposizioni recate dall’art. 5 del decreto legge n. 136 del 2004[5] che ha attribuito al Consiglio dei lavori pubblici la competenza a provvedere, con il concerto della Protezione civile, alla redazione di norme tecniche, anche per la verifica sismica ed idraulica, relative alle costruzioni, nonché alla redazione di norme tecniche per la progettazione, la costruzione e l’adeguamento, anche sismico ed idraulico delle dighe di ritenuta, dei ponti e delle opere di fondazione e sostegno dei terreni.

 

Come per l’ordinanza n. 3274, anche per il DM 14 settembre 2005, che è entrato in vigore il 23 ottobre 2005, vale a dire 30 giorni dopo la pubblicazione sulla G.U.[6], è stato previsto inizialmente un periodo transitorio di diciotto mesi prorogato più volte[7] e da ultimo fino 30 giugno 2009 dall’art. 20, comma 1, del decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248[8], al fine di permettere una fase di sperimentazione delle norme tecniche in esso contenute e durante il quale è possibile applicare, in alternativa alle stesse, la normativa precedente di cui alla legge n. 1086 del 1971 ed alla legge n. 64 del 1974 e fatto salvo, comunque, quanto previsto dall'applicazione del DPR 21 aprile 1993, n. 246, recante “Regolamento di attuazione della direttiva 89/106/CEE relativa ai prodotti da costruzione”.

 

In merito, invece, all’applicabilità dell’ordinanza n. 3274 durante tale regime transitorio, si ricorda che essa è tuttavia vigente, in quanto le proroghe hanno riguardato unicamente la sua obbligatorietà, ma non la vigenza, e fino alla sua entrata in vigore il progettista avrebbe quindi potuto scegliere di adeguarvisi o meno. Durante tale periodo transitorio, pertanto, l’applicazione della disciplina in essa contenuta costituisce una mera facoltà che si affianca a quella di applicazione della normativa del DM 14 settembre 2005 ed alla normativa di cui alle leggi n. 1086 del 1971 e n. 64 del 1974. Tale possibilità è confermata dallo stesso DM 14 settembre 2005, nelle cui premesse viene espressamente previsto che le disposizioni contenute negli allegati 2 e 3[9] dell’ordinanza n. 3274 del 2003, possono continuare a trovare vigenza “quali documenti applicativi di dettaglio delle norme tecniche” con lo stesso approvate. Inoltre, al capitolo 5.7.1.1, comma 2, si prevede espressamente che “committente ed il progettista di concerto, nel rispetto dei livelli di sicurezza stabiliti nella presente norma, possono fare riferimento a specifiche indicazioni contenute in codici internazionali, nella letteratura tecnica consolidata, negli allegati 2 e 3 alla ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 marzo 2003, n. 3274”. Infine, nel capitolo 12, la citata ordinanza rientra tra le referenze tecniche essenziali, al pari dei codici internazionali e della letteratura tecnica consolidata.

 

Ricordiamo, inoltre, che con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 2 marzo 2006 è stata anche istituita la Commissione consultiva di monitoraggio della normativa tecnica per le costruzioni, ai sensi dell'art. 2 del DM 14 settembre 2005, con il compito di monitorare l'applicazione della normativa tecnica emanata e anche al fine del suo previsto aggiornamento periodico biennale[10].

 

Il nuovo testo aggiornato delle norme tecniche per le costruzioni è stato quindi approvato nel corso della XV legislatura con il DM 14 gennaio 2008.

Gli artt. 1 e 2 del decreto dispongono che esse sostituiscono quelle approvate con il precedente DM 14 settembre 2005 e che entrano in vigore trenta giorni dopo la loro pubblicazione sulla G.U.[11], il 5 marzo 2008.

Anche per l’applicabilità dell’aggiornamento delle norme tecniche è previsto un periodo transitorio fino al 30 giugno 2009, durante il quale, ai sensi del comma 2 dell’art. 20 del decreto legge del decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248, sarà possibile ricorrere alle precedenti norme approvate con il DM 14 settembre 2005, oppure alla normativa prevista da una serie di decreti ministeriali indicati nello stesso comma 2.

Analogamente a quanto previsto per le norme tecniche del 2005, anche per l’aggiornamento delle norme tecniche si prevede l’istituzione, durante il periodo transitorio, di un’apposita Commissione consultiva con il compito di monitorarne l’attuazione (art. 20, comma 6, del decreto legge n. 248 del 2007).

Le nuove norme tecniche per le costruzioni di cui al DM 14 gennaio 2008 dovranno, invece, essere applicate immediatamente a partire dalla loro entrata in vigore il 5 marzo 2008, nel caso le verifiche tecniche e le nuove progettazioni degli interventi riguardino gli edifici di interesse strategico e le opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici può assumere un rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile (art. 20, comma 4, del decreto legge n. 248 del 2007)[12].

Inoltre, sempre l’art. 20, comma 5, del decreto legge n. 248 del 2007, convertito con modificazioni dalla legge n. 31 del 2008, dispone che debbano essere effettuate, dai rispettivi proprietari, entro il 31 dicembre 2010, tutte le verifiche tecniche previste dall’art. 2, comma 3, dell’ordinanza n. 3274 del 2003 ed esse dovranno riguardare in via prioritaria edifici ed opere ubicati nelle zone sismiche 1 e 2[13].

Ai sensi del citato art. 2, comma 3, dell’ordinanza n. 3274 del 2003, è fatto obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, ai sensi delle norme di cui ai suddetti allegati, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso. Le verifiche di cui al presente comma dovranno essere effettuate entro cinque anni dalla data della presente ordinanza e riguardare in via prioritaria edifici ed opere ubicate nelle zone sismiche 1 e 2, secondo quanto definito nell'allegato 1.

 

Durante la XV legislatura sono state emanate anche le linee guida per l'applicazione delle norme tecniche in relazione alle peculiari esigenze della salvaguardia del patrimonio culturale, contenute nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 ottobre 2007.

Con la citata direttiva sono stati quindi adottati una serie di indirizzi operativi per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni. Ai fini del monitoraggio sull'attuazione della stessa, viene prevista la costituzione, nel corso dell'anno successivo alla sua entrata in vigore e al fine di renderla coerente con l’aggiornamento delle norme tecniche per le costruzioni, di  una cabina di regia Stato-regioni presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile. La direttiva entra in vigore decorsi novanta giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana[14] (il 29 aprile 2008).

 

Oltre all’aggiornamento delle nuove norme tecniche per le costruzioni, operato con il DM 14 gennaio 2008, nel corso della XV legislatura si è continuato anche nell’attuazione del Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici, istituito ai sensi dell’art. 80, comma 21, della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003) ed incluso nel programma delle infrastrutture strategiche previsto dalla cd. legge obiettivo (legge n. 443/2001). Esso, risulta articolato in due stralci per complessivi 489 Meuro riferiti a 1.594 interventi[15].

 

Si ricorda che il Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici è stato istituito immediatamente dopo il crollo della scuola elementare “Francesco Iovine” di San Giuliano di Puglia del 31 ottobre 2002, con la finalità di adottare misure di carattere più generale finalizzate a mettere in sicurezza gli edifici scolastici, con particolare riguardo a quelli che insistono in territori a rischio sismico. Da qui l’approvazione dell’art. 80, comma 21, della legge finanziaria 2003 che ha previsto che, nell’ambito del programma di infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001, possano essere ricompresi anche gli interventi straordinari di ricostruzione delle aree danneggiate da eventi calamitosi e vi fosse inserito anche un piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici. E’ stata quindi individuata una quota minima da destinare al Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici (art. 3, comma 91, della legge finanziaria 2004) e, con la successiva delibera CIPE del 20 dicembre 2004, n. 102, è stata calcolata la quota dei finanziamenti complessivi pari a 193,9 milioni di euro, ripartita fra le regioni nel modo seguente: Nord 9,74%, Centro 23,32% e Sud 66,95%.

Con delibera CIPE del 2 dicembre 2005, n. 157, è stato previsto che le “economie” realizzate nelle varie fasi procedimentali restino vincolate alla realizzazione dell’intervento sino al completamento dello stesso. Essa ha fornito, inoltre, indicazioni sugli adempimenti a carico degli istituti prescelti per il finanziamento dai vari Enti beneficiari.

Nell’aprile 2006, la delibera CIPE n. 130 ha incluso l’edilizia scolastica con un costo di 193,884 Meuro, tutti assegnati. Nell’allegato 2 invece è presente il ”piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici - 1° programma stralcio” quale sub intervento del Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici – piano stralcio per il quale è intervenuta deliberazione del CIPE.

In merito alla stato di avanzamento dei lavori relativi al primo stralcio, alla data del 30 giugno 2006, dalla relazione del MIT si ha notizia dell’attivazione di 60 interventi su 738 interventi, pari all’8,13% del numero di interventi finanziati. Gli interventi risultano concentrati in 6 Regioni per un importo di euro 11.306.257,67 (5,38% del totale finanziato). Le Regioni più attive sono risultate la Calabria (40 interventi per euro 4.945.000), la Sicilia (6 interventi per euro 2.941.791) e le Marche (10 interventi per euro 2.168.678).

Con delibera CIPE n. 143 del 17 novembre 2006, è stato approvato il 2° programma stralcio, che riguarda 876 interventi per un costo complessivo di circa 295 Meuro che tiene conto del diverso saggio d’interesse praticato dalla Cassa depositi e prestiti rispetto alla data (8 Febbraio 2006) in cui il MIT ha proceduto alla quantificazione del volume di investimento attivabile con la quota residua dei limiti di impegno indicata nella delibera n. 102/2004. Con la stessa delibera il CIPE ha riprogrammato le economie derivanti dal 1° programma stralcio. Nello specifico sono stati integralmente o parzialmente definanziati 52 interventi per un importo di 14,932 Meuro (1.333.549,36 Meuro quale limite di impegno anno 2005) e riprogrammate le risorse che si sono rese disponibili, quantificate in 14,858 Meuro (1.326.940,17 Meuro quale limite di impegno anno 2005) per 32 interventi.

 

Interventi di adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico, nonché per la costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire quelli a rischio sismico secondo programmi basati su aggiornati gradi di rischiosità, sono stati infine inseriti anche nella legge finanziaria 2008 (n. 244 del 2007).

L’art. 2, comma 276, ha infatti previsto per tali interventi, un finanziamento di 20 milioni di euro attraverso l’incremento del Fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio.

 

Si ricorda che tale Fondo è stato istituito con l’art. 32-bis del decreto legge n. 269/2003[16], con una dotazione iniziale di 273,49 milioni di euro per il triennio 2003-2005, per contribuire alla realizzazione di interventi infrastrutturali, con priorità per quelli connessi alla riduzione del rischio sismico, ma anche a far fronte ad eventi straordinari nei territori degli enti locali, delle aree metropolitane e delle città d’arte.

Le modalità di attivazione del Fondo, nonché la quota da assegnare a ciascuna regione sono state quindi determinate con l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3362 dell’8 luglio 2004[17], mentre per la ripartizione tra le regioni dei finanziamenti per il 2005 è stata emanata l’ordinanza n. 3505 del 9 marzo 2006[18]. Con una serie di DPCM indirizzati agli enti beneficiari del 5 marzo 2007[19] sono stati quindi assegnati i finanziamenti previsti per il 2005 nell'ambito delle disponibilità del fondo, come disposto dall’art. 1 della citata ordinanza n. 3505 del 2006.

 

Si ricorda, infine, che la stessa legge finanziaria 2008 (n. 244 del 2007), all’art. 2, comma 329, ha autorizzato anche una spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2010 ai fini della prosecuzione delle attività di monitoraggio del rischio sismico, attraverso l’utilizzazione di tecnologie scientifiche innovative integrate dei fattori di rischio nelle diverse aree del territorio, ai sensi dell’art. 1, comma 247, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).

 

Si rammenta che l’art. 1, comma 247, della legge n. 311/2004, allo scopo di rafforzare il monitoraggio del rischio sismico attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, aveva previsto che il Centro di geomorfologia integrata per l’area del Mediterraneo provvedesse alla predisposizione di metodologie scientifiche innovative integrate dei fattori di rischio delle diverse aree del territorio. A tal fine era stata autorizzata la spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007.



[1]     La normativa antisismica comprende sia la classificazione sismica del territorio nazionale recante la definizione delle zone sismiche, che la normativa tecnica che prevede, per ciascuna zona sismica, specifici criteri progettuali e costruttivi, definiti per edifici, ponti ed opere di fondazione e di sostegno dei terreni. 

[2]     Per il testo dell’ordinanza si consulti il sito internet https://www.rete.toscana.it/sett/pta/sismica/classificazione/ordinanze_class.htm

[3]     Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 27 luglio 2004, n. 186, Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione. Disposizioni per la rideterminazione di deleghe legislative e altre disposizioni connesse.

[4]     Il testo coordinato dell’ordinanza è consultabile al seguente sito internet: https://www.rete.toscana.it/sett/pta/sismica/classificazione/ordinanze_class.htm.

[5]     Convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186. Sotto il profilo procedurale, il comma 2 dell’art. 5 del decreto legge n. 136 del 2004 ha previsto che le norme tecniche vengano emanate con le procedure di cui dell'art. 52 del T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia di cui al DPR n. 380 del 2001, di concerto con il Dipartimento della protezione civile. L'art. 52 del T.U. stabilisce che le norme tecniche riguardanti i vari elementi costruttivi delle strutture sia pubbliche che private siano fissate con decreti del Ministero per le infrastrutture e i trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici che si avvale anche della collaborazione del Consiglio nazionale delle ricerche. Qualora le norme tecniche riguardino costruzioni in zone sismiche esse devono essere adottate di concerto con il Ministro per l'interno. Il medesimo art. 52 del T.U., al comma 3, dispone che le medesime norme tecniche e i relativi aggiornamenti entrino in vigore trenta giorni dopo la pubblicazione dei rispettivi decreti nella Gazzetta Ufficiale.

[6]     Il DM 14 settembre 2005 è stato pubblicato sulla G.U. n. 222 del 23 settembre 2005 (S.O. n. 159).

[7]     Dapprima fino al 23 aprile 2007 dall’art. 14-undevicies del decreto legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, poi fino al 31 dicembre 2007 dall’art. 3, comma 4-bis del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17.

[8]     Convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31.

[9]     L’allegato 2 riguarda le norme tecniche per il progetto, la valutazione e l’adeguamento sismico degli edifici, mentre l’allegato 3 reca le norme tecniche per il progetto sismico dei ponti.

[10]    Ai sensi dell’art. 21 della legge n. 1086 del 1971.

[11]    G.U. del 4 febbraio 2008, n. 29 (S.O. n. 30).

[12]    Le tipologie degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile e quelle degli edifici e delle opere che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso, nonché le indicazioni per le verifiche tecniche da realizzare su edifici ed opere rientranti nelle predette tipologie, sono state individuate con il decreto 21 ottobre 2003 recante Disposizioni attuative dell'art. 2, commi 2, 3 e 4, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante "Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica" (G.U. n. 252 del 29 ottobre 2003).

[13]    Per la classificazione delle zone sismiche si veda l’allegato 1 dell’ordinanza n. 3274 del 2003 recante Criteri per l’individuazione delle zone sismiche – Individuazione, formazione ed aggiornamento degli elenchi nelle medesime zone.

[14]    G.U. n. 24 del 29 gennaio 2008 (S. O. n. 25).

[15]    Dati tratti dal 3° Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici su “L’attuazione della “legge obiettivo” del luglio 2007, predisposto dal Servizio Studi a seguito della deliberazione dell’Ufficio di Presidenza della VIII Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici del 26 luglio 2006 (scheda n. 139 contenuta del Tomo III relativo alle schede degli interventi deliberati dal CIPE).

[16]    Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici.

[17]    Pubblicata nella G.U. del 16 luglio 2004, n. 165. Con tale ordinanza la Protezione civile ha ripartito i fondi per le verifiche tecniche di stabilità sismica degli edifici, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005 che sono stati suddivisi in due quote: 67,5 milioni di euro alle Regioni e 32,5 milioni di euro allo Stato. La ripartizione regionale copre solo il 2004, in attesa della nuova mappa sismica per il 2005. Le modalità di ripartizione del Fondo sono state successivamente modificate con l’art.. 13 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3469 del 13 ottobre 2005 (G.U. 21 ottobre 2005, n. 246).

[18]    G.U. 16 marzo 2006, n. 63.

[19]    G.U. n. 154 del 5 luglio 2007 (S. O. n. 152).

 

Norme antisismiche – L’evoluzione normativa

La normativa antisismica prima del 2003

Al fine di cogliere il carattere innovativo della nuova normativa sismica introdotta dall’ordinanza n. 3274 del 2003 e dal successivo DM 14 settembre 2005 è opportuno effettuare una breve panoramica sull’evoluzione temporale della normativa sismica.

L’individuazione delle zone sismiche, in Italia, è avvenuta agli inizi del ‘900 attraverso lo strumento del regio decreto, emanato a seguito dei terremoti distruttivi di Reggio Calabria e Messina del 28 dicembre 1908. Dal 1927 le località colpite sono state distinte in due categorie, in relazione al loro grado di sismicità ed alla loro costituzione geologica. Pertanto, la mappa sismica in Italia non era altro che la mappa dei territori colpiti dai forti terremoti avvenuti dopo il 1908, mentre tutti i territori colpiti prima di tale data - la maggior parte delle zone sismiche d’Italia - non erano classificati come sismici e, conseguentemente, non vi era alcun obbligo di costruire nel rispetto della normativa antisismica. La lista originariamente consisteva, quindi, nei comuni della Sicilia e della Calabria gravemente danneggiati dal terremoto del 1908, che veniva modificata dopo ogni evento sismico aggiungendovi semplicemente i nuovi comuni danneggiati.

La legislazione antisismica vigente è essenzialmente basata sull’apparato normativo costituito dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, recante Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche, che ha integralmente sostituito la legge 25 novembre 1962, n. 1684, nonché della legge 5 novembre del 1971, n. 1086, recante Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica.

Infatti, solamente nel 1974, attraverso la legge n. 64, è stata approvata una nuova normativa sismica nazionale che ha stabilito il quadro di riferimento per le modalità di classificazione sismica del territorio nazionale, oltre che di redazione delle norme tecniche. Tale legge ha delegato il Ministro dei lavori pubblici:

§         all’emanazione di norme tecniche per le costruzioni sia pubbliche che private, da effettuarsi con decreto ministeriale, di concerto con il Ministro per l'interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, e con la collaborazione del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR);

§         all’aggiornamento della classificazione sismica attraverso appositi decreti ministeriali.

Si ricorda che il carattere distintivo di tale legge è stata la possibilità di aggiornare le norme sismiche ogniqualvolta fosse giustificato dall’evolversi delle conoscenze dei fenomeni sismici, mentre, per la classificazione sismica si è operato, come per il passato, attraverso l’inserimento di nuovi comuni colpiti dai nuovi terremoti.

 

Successivamente, gli studi di carattere sismologico effettuati all’indomani del terremoto del Friuli Venezia Giulia del 1976 e di quello in Irpinia del 1980, svolti all’interno del Progetto finalizzato “Geodinamica” del CNR, hanno portato ad un notevole aumento delle conoscenze sulla sismicità del territorio nazionale ed hanno consentito la formulazione di una proposta di classificazione sismica presentata dal CNR al Governo, che è stata tradotta in una serie di decreti del Ministero dei lavori pubblici approvati tra il 1980 ed il 1984[1], che hanno costituito, pertanto, la classificazione sismica italiana fino all’emanazione dell’ ordinanza n. 3274 del 20 marzo 2003.

Si ricorda che la proposta del CNR, per la prima volta in Italia, è stata basata su indagini di tipo probabilistico della sismicità italiana e che la classificazione sismica ha preso in considerazione tre categorie sismiche, di cui la terza (la meno pericolosa, introdotta con il DM 3 giugno 1981, n. 515), ha compreso solo alcuni comuni della Campania, Puglia e Basilicata, interessati dal terremoto di Irpinia e Basilicata del 1980, ma che non è stata estesa alle altre zone d’Italia con pari livello di pericolosità.

Relativamente, invece, alle norme tecniche, già con il DM del 3 marzo 1975, sono state emanate le prime disposizioni successivamente integrate da una serie di successivi decreti[2], tra cui si ricordano il DM 12 febbraio 1982, a sua volta sostituito dal DM 16 gennaio 1996, come modificato dal DM 4 marzo 1996, che ha provveduto ad integrare il DM del 3 marzo 1975 con alcune indicazioni contenute in alcune circolari ministeriali.

 

Su tale impianto normativo si è inserito il nuovo processo di distribuzione delle competenze fra Stato, regioni ed enti locali, attuato con le cd “leggi Bassanini” del 15 marzo 1997, n. 59. Conseguentemente, la competenza per l’individuazione delle zone sismiche, la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle medesime zone che, fino al 1998 era attribuita al Ministro dei lavori pubblici, è stata trasferita, con il decreto legislativo n. 112 del 1998 - art. 94, comma 2, lett. a) - alle Regioni, mentre spetta allo Stato quella di definire i relativi criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche e le norme tecniche per le costruzioni nelle medesime zone - art. 93, comma 1, lett. g). Occorre sottolineare, inoltre, che il comma 4 del medesimo art. 93 prevede che tali funzioni siano esercitate sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali.

 

Si ricorda, ancora, che tale residua competenza statale è rimasta incardinata nel Ministero dei lavori pubblici fino all’approvazione del decreto legislativo n. 300 del 1999, che l’ha assegnata alla neo istituita Agenzia di protezione civile e, nuovamente, riattribuita al Dipartimento della protezione civile con il decreto legge n. 343 del 2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 401 del 2001 (per un approfondimento si veda la scheda La Protezione civile – Recenti riforme) che ha soppresso l’Agenzia, peraltro mai entrata nella piena operatività.

 

Inoltre, in conseguenza del riordino normativo della materia edilizia, le disposizioni antisismiche previste dalla legge n. 64 del 1974 sono confluite, con alcune modifiche, nel DPR 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, il cui Capo IV reca “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”, con disposizioni specifiche relative alle norme per le costruzioni in zone sismiche, alla relativa vigilanza, nonché alle modalità di  repressione delle violazioni.

Il DPR n. 380, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301, ha stabilito che tutte le costruzioni di rilievo per la pubblica incolumità, se realizzate in zone sismiche, devono essere conformi, oltre che alle disposizioni tecniche applicabili ad ogni tipo di costruzione edificata su tutto il territorio nazionale, anche a specifiche norme tecniche, la cui emanazione è affidata al Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell’interno e sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il CNR, nonché la Conferenza unificata (art. 83). Negli articoli successivi sono state poi dettati i criteri generali cui dovranno uniformarsi le norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche.

La nuova normativa sismica

Immediatamente dopo il terremoto del 31 ottobre 2002 che ha colpito i territori al confine fra il Molise e la Puglia, la Protezione civile ha adottato l’ordinanza 20 marzo 2003, n. 3274[3], al fine di fornire una risposta immediata alla necessità di aggiornamento della classificazione sismica e delle norme antisismiche.

Nelle premesse all’ordinanza, si specifica che essa rappresenta una prima e transitoria disciplina della materia, in attesa dell’emanazione delle specifiche norme tecniche previste, dapprima, dall’art. 83 del DPR n. 380 del 2001, e, successivamente, anche dall’art. 5 del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136[4].

Alla luce dell’ordinanza n. 3274 e, a differenza di quanto previsto dalla normativa precedente, tutto il territorio nazionale è stato classificato come sismico e suddiviso in 4 zone, caratterizzate da pericolosità sismica decrescente; tali zone sono individuate da 4 classi di accelerazione massima del suolo con probabilità di accadimento del 10% in 50 anni. Le prime tre zone della nuova classificazione corrispondono, dal punto di vista degli adempimenti previsti dalla legge n. 64 del 1974, alle zone di sismicità alta, media e bassa, mentre per la zona 4, di nuova introduzione, viene data facoltà alle regioni di imporre l’obbligo della progettazione antisismica. In ogni zona è, infatti, prevista l’applicazione della progettazione sismica con livelli differenziati di severità, salvo, come anzidetto, nella zona 4. Il collegamento tra la classificazione e le norme tecniche risulta, pertanto, molto stretto.

Oltre ai criteri per l'individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone, con l’ordinanza sono state, infatti, approvate le seguenti norme tecniche (contenute negli allegati 2, 3 e 4 dell’ordinanza, di cui fanno parte integrante) che riguardano, per la prima volta, la quasi totalità di tipologie di costruzioni: edifici, ponti ed opere di fondazione e di sostegno dei terreni.

 

L’art. 2, comma 2, dell’ordinanza n. 3274 prevede l’applicazione delle norme tecniche previgenti per le seguenti opere:

§         opere i cui lavori siano già iniziati;

§         opere pubbliche già appaltate o i cui progetti siano stati già approvati alla data della presente ordinanza;

§         opere di completamento degli interventi di ricostruzione in corso[5].

Viene altresì previsto, in tutti i restanti casi, la possibilità di continuare ad applicare le norme tecniche previgenti per non oltre 18 mesi, termine più volte prorogato da una serie di successive ordinanze, di cui l’ultima – la n. 3467 del 2005 – ne ha differito l’applicabilità al 23 ottobre 2005, data di entrata in vigore della nuovo disciplina antisismica introdotta dal DM 14 settembre 2005.

Il successivo comma 3 ha previsto l’obbligo di verifica entro 5 anni – da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, ai sensi delle norme tecniche contenute negli allegati all’ordinanza – sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso. Viene altresì previsto che tali verifiche riguardino in via prioritaria edifici ed opere ubicate nelle zone di sismicità alta e media[6].

Va sottolineata, inoltre, la forte sintonia della normativa contenuta nell’ordinanza con il sistema di normative già definito a livello europeo, Eurocodice 8 (EC8), in corso di adozione da parte dell’Unione europea. Si ricorda che la differenzia sostanziale tra le norme di nuova generazione, quali l’EC8, e quelle tradizionali (oramai non piùin vigore in nessun Paese, in particolare europeo) consiste nell’abbandono del carattere convenzionale e puramente prescrittivo a favore di una impostazione prestazionale, nella quale gli obiettivi della progettazione che la norma si prefigge vengono dichiarati, ed i metodi utilizzati allo scopo (procedure di analisi strutturale e di dimensionamento degli elementi) vengono singolarmente giustificati.

Un’elencazione completa di tutte le norme tecniche che si sono susseguite nel corso degli ultimi venti anni è disponibile all’indirizzo internet www.ingegneriasoft.com/normativa-tecnica-ingegneria-civile.htm

 

Con l’ordinanza n. 3274 lo Stato ha provveduto ha fissare i criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche, dando mandato alle regioni, in armonia con il dettato dell’art. 112 del decreto legislativo n. 112 del 1998, per l’individuazione delle zone sismiche.

Alle regioni, compete, quindi, la predisposizione dell’elenco dei comuni classificati rispettivamente in zona 1, 2, 3 e 4. Per procedere a tale identificazione le regioni potranno elaborare in proprio una mappa di pericolosità sismica regionale, oppure utilizzare quella fornita dallo Stato per tutto il territorio nazionale e allegata ai criteri per l’individuazione delle zone sismiche nella veste dell’elenco di tutti i comuni italiani con la loro classificazione sismica

 

Si ricorda, poi, che in una recente nota del 29 marzo 2004 del Dipartimento della protezione civile[7], recante elementi informativi sull’ordinanza n. 3274 si legge che “L’ordinanza è nata dalla necessità di dare una risposta rapida ed integrata alle esigenze poste dal rischio sismico, una risposta che non poteva ulteriormente attendere visto il ripetersi di eventi sismici calamitosi che hanno interessato anche zone non classificate sismiche”, ma soprattutto che “l’ineludibile esigenza sopra descritta ha, quindi, condotto alla scelta di dettare una disciplina a carattere transitorio in materia di classificazione sismica e normativa tecnica per le costruzioni in zona sismica con un’ordinanza di protezione civile ex articolo 5, comma 2 della legge n. 225/1992, nelle more dell’emanazione di un provvedimento che regoli a regime la materia; a tal fine il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto n. 113/AG/30/15 del 28 gennaio 2004[8], ha costituito un’apposita Commissione a cui è stato demandato il compito di redigere una bozza di Testo Unico della Normativa Tecnica, da emanarsi ai sensi della legge n. 64 del 1974 e del DPR n. 380 del 2001”.

Con decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 123 del 22 gennaio 2004[9] è stato nominato anche un gruppo di lavoro per l’approfondimento di tutte le problematiche relative all'ordinanza n. 3274.

 

Successivamente il Parlamento, al fine di risolvere le questioni attinenti al riparto di competenze tra il Dipartimento della protezione civile e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in materia di normativa antisismica, sorte a seguito dell’emanazione dell’ordinanza n. 3274, ha previsto, nell’art. 5 del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136, l’emanazione – da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici[10], di concerto con il Dipartimento della protezione civile, di norme tecniche, anche per la verifica sismica ed idraulica relative alle costruzioni, nonché la redazione di norme tecniche per la progettazione, la costruzione e l'adeguamento, anche sismico ed idraulico, delle dighe di ritenuta, dei ponti e delle opere di fondazioni. Nel medesimo comma è stato precisato che la redazione di tali norme avvenga secondo un programma di priorità per gli edifici scolastici e sanitari.

 

Si ricorda, in merito a tali questioni, che l’ordinanza n. 3274 rappresenta una normativa a carattere transitorio adottata in base agli artt. 2, comma 1, e 5, comma 2, della legge n. 225 del 1992, che conferisce al Dipartimento della protezione civile poteri straordinari per fronteggiare determinate situazioni di emergenza. Sull’esercizio dei poteri straordinari da parte del Dipartimento della protezione civile, si è pronunciata, dapprima, la Corte Costituzionale con la sentenza 9 novembre 1992, n. 127 nella quale si è affermato che “non spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei Ministri, introdurre prescrizioni per fronteggiare lo stato di emergenza che conferiscano a organi amministrativi  poteri di ordinanza non adeguatamente circoscritti nell’oggetto, tali da derogare a settori di normazione primaria richiamati in termini assolutamente generici, e a leggi fondamentali per la salvaguardia dell’autonomia regionale, senza prevedere, inoltre, l’intesa per la programmazione generale degli interventi”. Successivamente anche il Tar della Lombardia con sentenza del 27gennaio 1998, n. 96, ha confermato che “l’esercizio del potere di deroga alla legislazione vigente, riconosciuto al commissario delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri per l’attuazione degli interventi di emergenza previsto dall’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, presuppone la circostanziata individuazione ex ante delle principali norme che, applicabili in via ordinaria, pregiudicherebbero l’attuazione degli interventi medesimi; pertanto, l’onere di motivazione, di cui il commissario deve farsi carico, è diretto ad evidenziare, con valutazione preventiva, il nesso di strumentalità necessaria tra l’esercizio del potere di deroga e l’attuazione di detti interventi”.

In sintesi, se la pienezza di poteri attribuiti al Dipartimento della protezione civile è giustificabile allorché si tratti di deliberare lo stato di emergenza, sono sorte perplessità in relazione all’emanazione di un’ordinanza, come la n. 3274, finalizzata a disciplinare, sia pure provvisoriamente, un settore caratterizzato da norme per le quali è previsto un procedimento di adozione ben individuato (DPR n. 380 del 2001, art. 83)

 

Sotto il profilo procedurale, il successivo comma 2 dell’art. 5 del decreto legge n. 136 del 2004 ha previsto che le norme tecniche vengano emanate con le procedure di cui dell'art. 52 del T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia di cui al DPR n. 380 del 2001, di concerto con il Dipartimento della protezione civile.

 

Si ricorda che l'art. 52 del richiamato T.U. stabilisce che le norme tecniche riguardanti i vari elementi costruttivi delle strutture sia pubbliche che private siano fissate con decreti del Ministero per le infrastrutture e i trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici che si avvale anche della collaborazione del Consiglio nazionale delle ricerche. Qualora le norme tecniche riguardino costruzioni in zone sismiche esse devono essere adottate di concerto con il Ministro per l'interno.

Tali norme definiscono i criteri generali tecnico-costruttivi per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento, i carichi e sovraccarichi e loro combinazioni nonché i criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni, le indagini sulla natura dei terreni e delle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le precisazioni tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione, i criteri generali e le precisazioni tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo di opere speciali, quali ponti, dighe, serbatoi, tubazioni, torri, costruzioni prefabbricate in genere, acquedotti, fognature e, infine, la protezione delle costruzioni dagli incendi.

Il medesimo art. 52 del T.U., al comma 3, dispone che le medesime norme tecniche e i relativi aggiornamenti entrino in vigore trenta giorni dopo la pubblicazione dei rispettivi decreti nella Gazzetta Ufficiale.

 

Pertanto, in attuazione dell’art. 5 del decreto legge n. 136 del 2004, è stato emanato il DM 14 settembre 2005 con il quale sono state approvate le Norme tecniche per le costruzioni, allo scopo di riunire in un unico testo la disciplina tecnica relativa alla progettazione ed all’esecuzione delle costruzioni e di realizzarne nel contempo l’omogeneizzazione e la razionalizzazione.

Il testo, composto da un’introduzione e dodici capitoli, rappresenta una messa a punto completa della complessa normativa in materia di costruzioni, relativa alla progettazione strutturale degli edifici ed alle principali opere di ingegneria civile, accanto alle caratteristiche dei materiali e dei prodotti utilizzati, e consiste, inoltre, in un ampio aggiornamento del quadro legislativo nazionale in campo strutturale, basato sulle leggi fondamentali n. 1086 del 1971 e n. 64 del 1974[11].

Il decreto è entrato in vigore il 23 ottobre 2005, vale a dire 30 giorni dopo la pubblicazione sulla G.U., ai sensi dell’art. 52 del T.U. n. 380 del 2001 e come disposto dal comma 2 dell’art. 5 del decreto legge n. 136 del 2004.

Successivamente, con l’art. 14-undevicies del decreto legge 30 giugno 2005, n. 115[12] (che ha aggiunto il comma 2-bis all’art. 5 del decreto legge n. 136 del 2004), è stato previsto un periodo transitorio di diciotto mesi - fino al 23 aprile 2007 - dall’entrata in vigore,,al dichiarato scopo di consentire l’avvio di una fase sperimentale nell’applicazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni, durante il quale sarà possibile applicare, in alternativa alle stesse, la normativa precedente di cui alla legge n. 1086 del 1971 ed alla legge n. 64 del 1974 e fatto salvo, comunque, quanto previsto dall'applicazione del DPR 21 aprile 1993, n. 246, recante “Regolamento di attuazione della direttiva 89/106/CEE relativa ai prodotti da costruzione”.

Si osserva che l’art. 14-undevicies del decreto legge 30 giugno 2005, n. 115, nel prevedere il regime transitorio di diciotto mesi, ha richiamato espressamente solo le leggi n. 1086 del 1971 e n. 64 del 1974, nonché il DPR n. 246 del 1993, ma non l’ordinanza n. 3274 del 2003.

Pertanto, in merito all’applicabilità dell’ordinanza n. 3274 durante tale regime transitorio, si ricorda che essa è tuttavia vigente, in quanto le proroghe hanno riguardato unicamente la sua obbligatorietà, ma non la vigenza, e fino alla sua entrata in vigore il progettista avrebbe quindi potuto scegliere di adeguarvisi o meno. Durante tale periodo transitorio, pertanto, l’applicazione della disciplina in essa contenuta costituisce una mera facoltà che si affianca a quella di applicazione della normativa del DM 14 settembre 2005 ed alla normativa di cui alle leggi n. 1086 del 1971 e n. 64 del1974.

Tale possibilità è confermata dallo stesso DM 14 settembre 2005, nelle cui premesse viene espressamente previsto che le disposizioni contenute negli allegati 2 e 3[13] dell’ordinanza n. 3274 del 2003, possono continuare a trovare vigenza “quali documenti applicativi di dettaglio delle norme tecniche” con lo stesso approvate. Inoltre, al capitolo 5.7.1.1, comma 2, si prevede espressamente che “committente ed il progettista di concerto, nel rispetto dei livelli di sicurezza stabiliti nella presente norma, possono fare riferimento a specifiche indicazioni contenute in codici internazionali, nella letteratura tecnica consolidata, negli allegati 2 e 3 alla ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 marzo 2003, n. 3274”. Infine, nel capitolo 12, la citata ordinanza rientra tra le referenze tecniche essenziali, al pari dei codici internazionali e della letteratura tecnica consolidata.

 

Da ultimo occorre accennare che l’entrata in vigore, il 23 ottobre 2005, del DM 14 settembre 2005, ha determinato la piena operatività della nuova classificazione sismica, comportando la necessità dell’applicazione dell’art. 104 del T.U. in materia edilizia, n. 380 del 2001, relativo alle “Costruzioni in corso in zone sismiche di nuova classificazione”. In base a tale articolo, coloro che in una zona sismica di nuova classificazione abbiano iniziato una costruzione prima dell’entrata in vigore del provvedimento di classificazione, sono tenuti a farne denuncia, entro quindici giorni dall’entrata in vigore del provvedimento stesso, al competente ufficio tecnico della regione.



[1] Tra essi il DM 7 marzo 1981, il DM 3 giugno 1981 ed il DM 29 febbraio 1984.

[2] Con DM 4 maggio 1990 è stato approvato l'aggiornamento delle norme tecniche per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo dei ponti stradali; con DM 12 dicembre 1985 sono state approvate le norme tecniche per le tubazioni; con DM 9 gennaio 1987, integrato dal DM 20 novembre 1987, sono state approvate le norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento e con DM 3 dicembre 1987 sono state emanate le norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo delle costruzioni prefabbricate.

[3] Come illustrato nel capitolo Norme antisismiche, l’ordinanza n. 3274 è stata oggetto di numerose e significative correzioni, apportate prevalentemente con l’ordinanza n. 3316 del 2 ottobre 2003. Il testo coordinato è consultabile al seguente sito internet: https://www.rete.toscana.it/sett/pta/sismica/classificazione/ordinanze_class.htm. Si veda anche l’ordinanza del 3 maggio 2005, n. 3431, pubblicata nel S.O. alla G.U. del 10 maggio 2005, n. 107.

[4] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 27 luglio 2004, n. 186, Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione. Disposizioni per la rideterminazione di deleghe legislative e altre disposizioni connesse.

[5] Per un approfondimento dei contenuti e delle procedure previste dall’ordinanza n. 3274, il Consiglio nazionali degli ingegneri ha predisposto un rapporto, le cui conclusioni si possono consultare nell’articolo di G. Angotti e A. Vignoli, “CNI: con l’ordinanza 3274 lievitano del 54% i costi di costruzione in zona sismica”, pubblicato in Edilizia e territorio n. 17 del 2/7 maggio 2005.

[6]Le tipologie degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile e quelle degli edifici e delle opere che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso, nonché le indicazioni per le verifiche tecniche da realizzare su edifici ed opere rientranti nelle predette tipologie, sono state individuate con il decreto 21 ottobre 2003 recante Disposizioni attuative dell'art. 2, commi 2, 3 e 4, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante "Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica" (G.U. n. 252 del 29 ottobre 2003).

[7] Per la nota si veda il sito internet:

https://www.rete.toscana.it/sett/pta/sismica/classificazione/ordinanze_class.htm, ove si veda anche la precedente Nota esplicativa del 4 giugno 2003.

[10] Si ricorda che il Consiglio Superiore dei lavori pubblici, ai sensi dell’art. 6, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, Legge quadro in materia di lavori pubblici, è il massimo organo tecnico consultivo dello Stato in questo ambito materiale.

[11] Si possono consultare, in merito i recenti articoli di A. Galeotto, “Norme tecniche, monito UNI: più di 100 elementi di conflitto tra edurocodici e testo unico”, in Edilizia e territorio n. 41 del 24/29 ottobre 2005 e P.De Paola, “Con il testo unico costruzione mai più progetti realizzati senza il modello geologico”, in Edilizia e territorio n. 43 del 7/12 novembre 2005.

[12] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 17 agosto 2005, n. 168, Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione. Disposizioni in materia di organico del personale della carriera diplomatica, delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2000/53/CE in materia di veicoli fuori uso e proroghe di termini per l'esercizio di deleghe legislative.

[13] L’allegato 2 riguarda le norme tecniche per il progetto, la valutazione e l’adeguamento sismico degli edifici, mentre l’allegato 3 reca le norme tecniche per il progetto sismico dei ponti.













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