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E li chiamavano briganti: cronaca di una unificazione
Perché dedicheremo una serata ad un argomento che ai
più potrebbe sembrare inutile, stantìo, velleitario,
senza possibilità di incidere sulla nostra vita?
E' una domanda che mi è già stata rivolta ed alla quale
ho risposto e rispondo.
Forse non mi sarebbe stato posto lo stesso interrogativo se l'argomento
prescelto fosse stato la dominazione Araba, i Normanni, Federico II, i
vespri siciliani…episodi e dominazioni entrati nell'immaginario
comune
come fatti positivi, come fatti di cui andare orgogliosi.
In questa mia ricerca trovo il conforto di alcuni compagni di viaggio
di tutto rispetto che con la professionalità e la competenza che
viene loro riconosciuta nobilitano di fatto queste nuove
interpretazioni, e mi riferisco a Paolo mieli, con la sua "Aa storie,
le storie", a Giordano Bruno Guerri con la sua " Antistoria degli
italiani", a Roberto Martucci, professore ordinario di storia delle
istituzioni politiche presso la facoltà di scienze politiche
dell'Università di Macerata con la sua "L'invenzione dell'Italia
unita.", ad Angelantonio Spagnoletti docente di storia degli antichi
stati italiani all'Università di Bari, col suo recente "Storia
del Regno delle Due Sicilie", a Lorenzo del Boca, Presidente nazionale
dell'ordine dei giornalisti con "Maledetti Savoia", Fulvio Izzo con "I
lager dei Savoia", con Angela Pellicciari, docente di storia e
filosofia, autrice di "Risorgimento da riscrivere" "L'altro
risorgimento". citeremo di passaggio autori dell'epoca e moderni, quale
Giacinto De sivo, M. De Sangro, A. Capece Minutolo, Harold Acton, Topa,
Cucinotta, Zitara, Scarpino, Campolieti, De Fiore, Alianello, Dennis
Mack Smith.
Tratteremo queste cose perché anche questa è la nostra
storia, anzi, questa è la nostra storia, la storia dei nostri
antenati e della nostra terra, dove è nato e fermentato l'humus
della nostra cultura, del nostro carattere, del nostro modo di essere,
una storia che in mezzo a luci ed ombre - non solo ombre - ha dato al
nostro popolo un grande stato, retto da una grande dinastia, che ha
dato grandi impulsi alla politica, alla scienza, all'economia, alle
arti, al diritto. parleremo di queste cose perché dopo 142 anni
di propaganda esercitata proponendo schemi falsi e calunniosi,
riteniamo sia giunto il momento che ognuno di noi, nel suo piccolo,
rilegga questa storia, riveda il proprio passato e ponga fine ad un
martellamento che nel tempo si è trasformato in campagna
antimeridionalistica, consapevoli del fatto che qualunque rinascita del
nostro popolo non possa avvenire se non passando attraverso la
riacquisizione del nostro passato e del nostro orgoglio di essere
meridionali. porgeremo ora, di seguito, senza aver l'intenzione di
voler imporre ad alcuno il nostro punto di vista, citando quanto
più è possibile le fonti, alcune considerazioni che
tenteranno di risolvere alcuni dubbi, di spiegare alcuni fatti,
riprendendo il discorso dalla fine, dal proclama di Francesco II da
Gaeta:
……sparisce sotto i colpi de' vostri dominatori l'antica
monarchia di
Ruggiero e di Carlo III; e le Due Sicilie sono state dichiarate
Provincie di un regno lontano. Napoli e Palermo saranno governati da
prefetti venuti da Torino.. "
Con queste parole il giovane Francesco ricorda il calvario del suo
breve regno, in questo suo ultimo proclama emanato da Gaeta assediata,
l'8 dicembre 1860.
Nel frattempo nell'intero regno iniziava la sollevazione popolare;
iniziava la resistenza disperata che doveva insanguinare le nostre
contrade per ben dieci anni.
Dai vincitori con disprezzo fu chiamata "brigantaggio".
E' norma che ha diritto alla dignità di partigiano chi vince,
mentre è bandito, brigante, chi perde .
Come e perché si arrivò a quei giorni?.
Come e perché la cultura ufficiale ha condannato i Borbone ed il
Regno delle Due Sicilie, in una condanna severa e senza appello?
Non è certo scopo di questa conversazione sovvertire le
conoscenze storiche ufficiali; non c'è né il tempo,
né la competenza. si cercherà solo di aprire uno
spiraglio, di suscitare un dubbio, di sollecitare la curiosità.
Esistono ormai, come già detto, parecchie pubblicazioni che
trattano anche questo argomento, e concordo che c'è da mediare
fra tesi opposte, "navigando fra il perfetto disaccordo che deriva
dalla lettura comparata dei vari testi, superando da una parte la
tendenza agiografica nei confronti dei Savoia e la divinizzazione ad
oltranza del risorgimento, che innalza certi fatti a miti, certe
opinioni a culti, certi personaggi ad eroi e dopo morti, a monumenti."
Mentre dall'altra parte occorre superare il sentimento nostalgico e
dorato dei legittimisti e dei tradizionalisti.
E' ormai chiaro che lo sbarco dei garibaldini in Sicilia è uno
degli atti destinati alla conquista del sud la cui preparazione fu
lunga e meticolosa; Vittorio Emanuele, Cavour, Garibaldi - protagonisti
della storia cosiddetta risorgimentale - furono in realtà
strumenti della politica imperialistica britannica e della massoneria
ad essa collegata.
Cominciò, si rafforzò, una continua e serrata campagna di
diffamazione, e voglio ricordare solo la lettera di Gladstone a
Palmerston nella quale si definisce il governo borbonico "la negazione
di dio fatta sistema". tale lettera ebbe una grande amplificazione e
diffusione in tutta Europa. confesserà poi Gladstone che non era
presente ai fatti che riferisce ma questa sua correzione passerà
sotto silenzio.
Tutto questo può spiegare il comportamento dell'esercito che in
fondo era composto di oltre 100.000 uomini, con battaglioni di svizzeri
e bavaresi ed al di là delle mitologie e degli aneddoti, ben
addestrato e agguerrito.
Quando poterono combattere, sul Volturno, a Caiazzo, a Capua, a Gaeta i
soldati borbonici seppero dimostrare di che pasta erano fatti, anche
contro truppe numericamente superiori. (cosa che del resto gli
austriaci avevano già avuto occasione di provare avendoli
contro, a Curtatone e montanara, quando il loro intervento, a fianco
delle truppe piemontesi, seppe rovesciare l'esito della battaglia).
Garibaldi a Calatafimi perdette centoventi volontari: se le sole
quattro compagnie dell'8° cacciatori, equivalenti a meno di
cinquecento uomini, lo sbaragliarono e gli fecero quel danno, quale
sarebbe stata la fine della temeraria impresa del futuro dittatore
delle Due Sicilie, se Landi si fosse battuto con tutti i suoi?
Cercheremo a questo punto, di aprire un piccolo squarcio, piccolo, dato
il tempo a disposizione, sul regno, immediatamente prima
dell'occupazione e vedremo di capire cosa ci hanno tolto ed in cambio
di che cosa.
Per il regno delle Due Sicilie alla vigilia della spedizione dei mille
si poteva parlare di "miracolo economico". aveva la terza flotta
mercantile d'Europa, una delle monete più solide, un debito
pubblico pressoché irrisorio, praticamente inesistente
l'emigrazione" - (questa comincerà ed assumerà aspetti
drammatici dopo l'unificazione). il suo complesso siderurgico di
Pietrarsa vantava un fatturato di gran lunga superiore a quello di
analoghe strutture nel resto d'Italia.
Aveva inoltre la prima ferrovia della penisola (la famosa Napoli
Portici; ma non solo, perché la rete si estese ben presto per
più di duecento chilometri, ed erano pronti i progetti per
allargarla a tutto il Regno).
Nelle casse statali infine, c'era quasi il doppio di quello che
possedevano tutti gli altri stati della penisola messi assieme.
Riportiamo a questo proposito un estratto da "Scienze delle finanze" di
Francesco Saverio Nitti:
Le monete degli antichi Stati Italiani al momento dell'annessione ammontavano a 660 milioni così ripartiti:
Stati
preunitari |
Milioni |
Regno delle Due Sicilie Lombardia Ducato di Modena Parma e Piacenza Rmagna, marche e umbria Roma Sardegna Toscana Venezia totale |
443,2 8,1 0,4 1,2 55,3 35,3 27,0 85,2 12,7 668,4 |
Durante una conversazione, il mio occasionale interlocutore
ribatté ad alcune mie precisazioni dicendo: "cosa vuole, io
sull'argomento so solo quello che mi hanno insegnato a scuola".
Ed infatti, ancora oggi a scuola non si insegna. negli anni in cui il
programma prevede lo studio della storia moderna, ed in particolare del
risorgimento, fra i nomi delle varie battaglie, Curtatone, Montanara,
Solferino, San Martino, Bezzecca, Novara, e dei vari personaggi,
Cavour, Napoleone III, Silvio Pellico, Ciro Menotti, Amatore Sciesa,
Garibaldi, sbuca all'improvviso l'episodio della spedizione dei Mille,
contro un Re usurpatore, tiranno e liberticida di un regno la cui
connotazione è vaga e misteriosa quasi fosse ai confini della
terra, spedizione guidata da un eroe fulgido, biondo che mette in fuga
un esercito di diavoli neri e sporchi, vili, al servizio di un
Belzebù viscido, tentennante e poi la liberazione e l'annessione
in un tripudio di tricolori e peana di trionfo, con la gente del sud
che osanna finalmente libera e italiana.
Chiudiamo con un'ultima considerazione sul grande odio dei Savoia verso
i Borbone, odio che continuò a manifestarsi con imponenti azioni
di cancellazione di ogni memoria, perpetrata con la distruzione dei
monumenti, delle lapidi e della toponomastica che li ricordava.
Ma alle nuove generazioni, ai nostri figli, ai figli dei nostri figli,
occorrerà raccontarla questa storia, occorrerà che sia
raccontata e ricordata, affinché sia recuperato il nostro
passato che è un passato di grandezza, di cui andare orgogliosi
e non vergognarsi.
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[email protected]
Venerdì 14 febbraio 2003 ore 18
Dott. Antonio Nicoletta
E li chiamavano briganti: cronaca di una unificazione.
A disposizione degli intervenuti sarà posto a disposizione un
librettino contenente l'abstract della conferenza che di norma contiene
anche la bibliografia essenziale "per saperne di più"
Sarà presente anche uno stand di libri sull'argomento.
Le sei "pietre" vogliono evocare argomenti di frontiera, se si vuole
anche provocatori, per indicare che servono nuove postazioni per
osservare la realtà e la storia. Con esse si intende ribadire
che esiste una terra in cui il limite ha un senso più
consistente, dove si ha più consapevolezza, dove si ha
più voglia di rischiare sia nella sua difesa sia nel desiderio
di superarlo.
Le sei pietre vogliono evocare anche lo stagno turbato dal loro lancio:
confronto e discussione contro il conformismo.
La pietra come muro di confine come rifugio dell'uomo, come strumento
di difesa contro i tanti Golia.
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