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Lungo l'Antico Confine

Lungo l'antico confine un percorso di oltre 300 Km, lungo la vecchia linea divisionale Stato Pontificio-Regno delle Due Sicilie tuttora marcata da interessanti scippi in pietra, attraversa monti, colli, fiumi e valli dell'Italia Centrale ed offre innumerevoli spunti per escursioni anche nella provincia di Frosinone.

Le indicazioni fornite e le escursioni consigliate, descritte in modo dettagliato, potranno giovare a tutti coloro che, zaino, scarponi e cartina alla mano, vorranno ammirare luoghi ameni o conoscerne altri, ancora selvaggi, ricchi di fascino e storia. Il sottoscritto ha intrapreso nell 1993 il ritrovamento, a livello amatoriale, dei cippi confinari del sorano; in seguito, per estendere l'analisi a tutta la frontiera, ha formato un gruppo, denominato A.RI.S. (Associazione Ricerche Storiche).

Quest'ultima,sensibilizzando le autorit locali, ha realizzato (e continuer a farlo in futuro) una serie di singolari iniziative, supportate da una larga partecipazione popolare: si sono svolte, infatti, escursioni con soste per illustrare i punti salienti del confine e degustare piatti tipici del luogo dagli antichi sapori, manifestazioni per il ripristino, nelle sedi originarie, dei termini lapidei abbattuti o spostati e per inaugurare tabelle, indicanti la frontiera tra i due Stati con i loro simboli e la data del trattato di confinazione, collocate lungo le strade prossime al confine.

Molto elevato, inoltre, l'interesse suscitato negli studenti dalle conferenze tenute dai rappresentanti dell'A.R.I.S. in vari istituti della nostra regione. Ed ecco, per concretizzare quanto detto, alcuni esempi di itinerari, che si snodano, in gran parte, lungo l'antico confine. 1) - Campo Catino (1800 m) - Passo del Diavolo - Monte Ortara (1908 m).

Un percorso in alta quota con poco dislivello e di media lunghezza (3 ore in tutto), consigliabile da maggio ad ottobre o, comunque, in assenza di neve, poich i cippi della zona sono tutti atterrati. Campo Catino (1800 m) una vasta conca prativa di origine carsica con splendide fioriture nella buona stagione ed un'affermata localit sciistica d'inverno, raggiungibile in quasi 18 Km da Guarcino, tramite la diramazione della statale 411.

L'escursione proposta parte dalla zona alberghiera, percorre la strada bianca che attraversa diagonalmente il pianoro, sale a tornanti fino ad un valico (1905 m), scende alla sella del Vermicano (1885 m), riprende la salita fino al vado del Pozzotello (1940 m), passaggio che permette di raggiungere la sottostante fonte del Pozzotello (1850 m), con acqua freschissima anche d'estate, o di osservare vasti panorami sulla vicina Valle Roveto e su importanti gruppi montuosi dell'Appennino Centrale; continuando la sterrata si giunge al vado di Campovano (1876 m), attraversato da un elettrodotto, sullo spartiacque regionale Lazio-Abruzzo, una volta linea di confine Stato Pontificio-Regno delle Due Sicilie e, difatti, superato di poco un grosso traliccio, si trova il luogo di posa del cippo n. 234 "colonnetta di confine di Campovano"; franato di pochi metri in un canalino roccioso (Attenzione! Limitarsi ad una sola visione dall'alto, se non si dispone di esperienza ed attrezzatura idonea), in ottimo stato; questo cippo segnava il triplice confine fra Morino (AQ), Guarcino e Vico nel Lazio (FR).

Si continua sulla cresta, limite fra Morino e Vico, fino ad una diramazione (1948 m), da cui parte un sentiero in discesa, che poi raggiunge lo stretto intaglio del passo del Diavolo (1903 m) e poi una raccolta d'acqua piovana, utilizzata dagli animali al pascolo per l'abbeveraggio, nota come "iubero dell'Ortara", presso cui si vede, abbattuto, il termine n. 232 "Campovano"; nessuna traccia, invece, dei cippi n. 233 B, 233 A e 233 che avremmo dovuto incontrare durante il cammino; probabilmente divelti e rotolati nel dirupo.

Si sale direttamente sul colle di Campovano, abbandonando per poco il sentiero, e sulla cima una fossetta indica il posto dove era collocato il cippo n. 231: ricerche estese sul pendio morinese non hanno, finora, dato esito positivo. Si ridiscende ad un piccolo valico, "inforcatura della Selvastrella" ed il cippo n. 230 coricato sul luogo di posa, indicando l'omonimo vallone, boscoso e selvaggio, che scende ripidamente verso Morino; questa enorme rientranza del Regno delle Due Sicilie (ed oggi del territorio abruzzese) cre numerosi problemi sulla determinazione del confine, poich la S. Sede sosteneva la tesi di un tracciato rettilineo tra i due costoni, inglobando nel suo territorio l'intera ansa, ma infine prevalse il principio, sostenuto dal Regno, del passaggio della demarcazione sui punti pi elevati della dorsale montuosa (displuviale), avvalorato da antichi documenti.

 Ritornando al sentiero, si inerpica sulla prima delle quattro cime, che costituiscono il monte Ortara. Il cippo relativo, n.229 "colle Ortara 4", una volta in vetta, scivolato di alcuni metri sul versante abruzzese; facilmente raggiungibile, attorniato da cespugli di ginepro prostrato (juniperus nana) e camedrio alpino (dryas octopetala). Delle successive colonnette 228, 227 e 226, denotanti rispettivamente il 3, il 2 ed il 1 colle Ortara, non vi traccia, se non l'avvallamento dove furono piantate; il sentiero raggiunge questi punti e l'ultimo la vetta di monte Ortara (1908 m), termine del tragitto di andata.

Uno sguardo al panorama, che si allarga verso la profonda valle dell'Inferno, una breve sosta consumando un frugale spuntino e si pu tornare indietro seguendo integralmente il sentiero segnato (giallo-rosso), che passa accanto ad un cippo incompiuto, e la sterrata fino a Campo Catino. 2) - Casalotti (285 m) - Valle Incarico - Madonna della Guardia (380 m).

Una passeggiata fra le colline di Falvaterra e San Giovanni Incarico; la bassa quota consente di effettuare il percorso tutto l'anno, evitando le giornate e le ore pi calde. Il punto di partenza il cippo 125 "quadrivio dei pozzi di Boccacotta" (285 m), una volta al centro dell'incrocio tra via valle Caprara (Falvaterra) e via Farnete (S. Giovanni Incarico) e poi, in seguito ad un incidente che ne ha richiesto il restauro, si trova all'angolo tra le suddette strade.

La zona nota come "Casalotti" ed e' raggiungibile da Falvaterra, uscendo a sud del paese fino ad un bivio, sulla sinistra, con grossi esemplari di querce; si percorre questa strada e, superando a sinistra una croce, trascurando una diramazione che sale a colle Sellegrino, in breve, si giunge alla colonnetta. Da S. Giovanni Incarico, invece, si arriva al km 91 della statale 82 "Valle del Liri", poco prima c' la fonte "Capomazza", si svolta a destra in via Capolicolli, ed attenendosi alla segnaletica per "Casalotti", si sale ad un piano e, a destra, si costeggia una vallata fino al cippo 125.

Si inizia il cammino su via Farnete, ai margini di un fossato, fino a scorgere, sulla sinistra ed in mezzo ad un prato, un palo della luce; una volta raggiunto, si intravede, a terra nell'erba, prima il basamento, poi la colonna del cippo 126 "colle Ponzio", sporgente nel vuoto (prestare attenzione): sarebbe auspicabile un urgente intervento per rialzare la pietra, prima che cada nel fosso.

Abbandonata la strada, si prosegue in ambiente agreste e, presto, il sentiero si apre in un'ampia radura: il cippo 127 "bivio" non visibile ma, a detta di anziani del luogo, stato sotterrato, agli inizi del secolo, per colmare una fossa. Il confine piega decisamente a destra, tra i monti Nocella e Cervaro, ed a mezzacosta lambisce il cippo 128 "valle Falascosa 1^", abbattuto: il toponimo attesta l'abbondante presenza di falaschi (genere Carex); continuando la salita, la traccia si allarga, trasformandosi in sterrata, e guadagna un piccolo valico, dove stato rialzato il cippo 129 "valle Falascosa 2^", in ottimo stato.

Da questo punto si raggiunge l'imbocco della valle Incarico ed il cippo relativo, 130 "le Sorbe", risulta sepolto sotto la strada. Si continua in leggera discesa tra alberi e terreni coltivati, si ignora un viottolo a destra e si avvista una recinzione; vicino a questa, in una grossa e spinosa siepe si nasconde, abbattuto e ricoperto di muschio, il cippo 131 "valle Incarico".

Piegando verso un gruppo di case coloniche, si osserva in un'aia un ulteriore cippo, di forma cilindrica, senza tracce di incisioni, ma sicuramente di confine, al pari di quelli gi incontrati. Da qui un viottolo conduce al tornante, che sale alla Madonna della Guardia (protettrice dei confini del Regno, ovviamente!). La chiesa, costruita nel secolo XI sul colle di S. Maurizio in territorio sangiovannese, normalmente chiusa (aperta durante le messe del mese mariano), ma possibile vedere la sua struttura attraverso una finestrella nel portone d'ingresso; all'esterno murata una lapide ottocentesca, che attesta lavori di restauro.

Dall'altura (380 m) si gode un vasto panorama sui monti circostanti, tra cui spicca il massiccio del Cairo, sul lago artificiale e sull'abitato di S.Giovanni Incarico; vicino all'invaso, ben visibile, il perimetro dell'anfiteatro romano di Fabrateria Nova. Effettuata la meritata sosta, si pu tornare indietro per lo stesso tragitto. 3) - Alla scoperta di Pozzo Faito: Sant'Elia (650 m) - Fontana Fusa - Faito (1234 m) Una escursione impegnativa, tre ore di salita per coprire un dislivello di quasi 600 m, raggiunge un luogo selvaggio, dove sono ancora visibili i resti di un tempio rupestre romano.

E' consigliabile nella buona stagione e, comunque, solo con condizioni atmosferiche favorevoli. Il punto di partenza (650 m) il cippo 176 in localit Sant'Elia, raggiungibile da Sora o Veroli, percorrendo la provinciale dell'Incoronata fino al confine Sora - Monte San Giovanni Campano e scendendo di pochi metri lungo un viottolo nel bosco; accanto ad un muretto si trova la colonnetta lapidea, alta quasi due metri, che segna, tuttora, il triplice confine fra Monte San Giovanni (ex Stato Pontificio), Castelliri - all'epoca Castelluccio - e Sora (ex Regno delle Due Sicilie). Ritornando a sinistra sulla strada asfaltata, in breve tempo, si arriva ad un incrocio con una sterrata, da dove si sale costeggiando il fosso di Sant'Elia che, nel nome, ricorda una vicina chiesa, risalente all'anno 1024, della quale restano alcuni ruderi.

Più avanti si osservano numerosi terrazzamenti, sostenuti da muri a secco (macre), costruzioni pastorali in rovina (caselle), boschi di faggio abbarbicati alla montagna e panorami sempre pi ampi verso sud. Ad un bivio a destra si incontra l'unica sorgente di acqua potabile, fontana Fusa (830 m), e qui una sosta d'obbligo! Continuando dietro la sorgente per un sentiero, che piega in prossimit di uno steccato, alla fine si raggiunge il cippo 177 "fontana Fusa": questa zona nel 1862 fu teatro di scaramucce tra briganti, che miravano a ripristinare il governo borbonico, e francesi, chiamati dal pontefice Pio IX, per rinforzare la sorveglianza nei punti critici del confine.

Ripreso il cammino, si ritorna alla sorgente e si seguono le curve della strada bianca, a tratti assai dissestata, fino ad incontrare sulla destra una casella pastorale; fatti alcuni passi avanti oltre il suo perimetro, possibile raggiungere, seminascosto dal fogliame e dai rovi, un vecchio cippo confinario.

Di forma tavolare, reca inciso il numero progressivo in cifre romane (XIX), l'anno di apposizione in cifre arabe (1779), scolpite secondo il calligrafismo tipico dell'epoca, e l'iniziale del comune pontificio delimitato (V per Veroli, M per Monte San Giovanni); assolve ancor oggi il compito assegnatogli oltre 200 anni fa quando, nello Stato Ecclesiastico, la stesura del catasto p ano (voluto da Pio VI nel 1777) determin numerose controversie territoriali.

Tornati alla sterrata, si prosegue lungamente e faticosamente sui tornanti, che si inerpicano sulle falde di monte Pedic no, la cui sommit, peraltro, ben visibile sin dall'inizio dell'escursione.

All'altezza di una stretta curva a sinistra, un grosso sbancamento segna l'inizio di una diramazione che lambisce il colle dei Lupi; qui la pendenza diminuisce e l'occhio pu spaziare fino alla catena dei Lepini ed, in particolare, alla cuspide di monte Cacume. In leggera salita si giunge ai margini di un profondo vallone (valle Innamorata) e, superato un piccolo valico, si piega decisamente a destra verso uno spiazzo erboso.

Si continua ancora a destra per un sentiero a mezzacosta nel bosco, sempre meno evidente, che svalica una collina e scende in una valletta, dove collocato il cippo 178 "rava di rocca Gelardi". Da questo punto occorre seguire i segnali bianco-rossi del Sentiero Italia del CAI, prima in salita, poi diagonalmente in discesa, infine in piano, che raggiungono la radura di pozzo Fato (1234 m).

Qui il tempo sembra essersi fermato ed, infatti, sono visibili, a poca distanza fra loro, un pozzo votivo, due colonnette confinarie del 1847, un'iscrizione rupestre di duemila anni fa ed una nicchia intagliata nella roccia.

Lo spiazzo, di forma ellissoidale e circondato da una fitta faggeta, era noto in passato come "gorgone di Faito mare", perch soggetto ad allagarsi nel periodo delle piogge e del disgelo; chiuso a sud ed a nord da due cippi - rispettivamente il 179, a ridosso del pozzo, ed il 180, ai margini della macchia - che lo tagliano in due parti uguali, ribadendo l'importanza, per entrambe le comunit , di poter disporre di acqua in luoghi cos disagevoli. Pozzo Fa to o Favto, antica favissa dell'area sacra da cui sono emersi nel tempo reperti votivi, raccoglie l'acqua piovana necessaria ai pastori per l'abbeveraggio del bestiame; protetto da un muretto a secco e da una recinzione in legno, risulta ancora oggi diviso a met tra i comuni di Monte San Giovanni Campano e Sora.

L'epigrafe, per qualche metro in territorio monticiano, databile al 4 a.C. per la citazione dei consoli in carica quell'anno (magistrati eponimi: Caio Calvisio e Lucio Passieno) e testimonia la costruzione, col denaro offerto da due sacerdoti, di un tempio dedicato a Giove ed agli Dei Indigeti, divinit locali, completo di portico, edicola e basamento.

 Il testo completo riportato nel Corpus Inscriptionum Latinarum del Mommsen (C.I.L., vol. X, n. 5779). Pi in basso due graffiti, di epoca posteriore, nominano San Pietro e San Paolo, suggerendo un riutilizzo, in tal senso, del manufatto pagano. L'edicola citata dalla lapide , forse, da identificarsi con la nicchia scolpita in una roccia vicina, detta "sedia pontificia" e, localmente, "seggia o trono dello Papa"; era destinata ad ospitare le statue delle divinit venerate.

Nonostante studiosi di chiara fama abbiano riconosciuto il valore di questo luogo, cos ricco di fascino e vicende umane, nessuno si mai preoccupato di preservare l'incisione rupestre dalle piogge acide e dalle mani di camminatori poco rispettosi del passato che, gradualmente, ne stanno compromettendo la stessa leggibilit; la tutela ambientale, invece, stata attuata comprendendo la zona nell'Area Wilderness "Ernici Orientali" di Sora.

Per i più esperti, continuando a salire oltre Pozzo Faito, si esce presto dal bosco e proseguendo ancora verso nord su una ripida collina erbosa (vicino ad una recinzione coincidente con l'antico confine), si raggiunge il cippo n181 "serra di Valle Oscura" oggi Costa Faito, ottimo punto panoramico.
 

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