Eleaml



Quest'opera stroncata dalla propaganda liberale come adulatoria  (ed in parte lo è) ci ha colpito per l'atmosfera che vi si respira.

Si era immersi in un periodo di grandi trasformazioni economiche e sociali, vi era un dinamismo culturale notevole, si parla degli altri regni della penisola altri stati italiani, senza alcuna acrimonia.

Il giovane Re proprio in Sicilia ha dovuto superare una delle prime durissime prove a cui verrà sottoposto durante il suo regno: il cholera morbus del 1837 e le rivolte fomentate dai liberali che diffondevano voci sinistre circa una responsabilità della casa regnante nella diffusione del morbo!

La repressione da parte di Del Carretto nell'estate del 1837 sarà spietata.

Il 5 giugno 1837 il Bianchini “venne assunto al ministero dell'Interno col compito di provvedere alla lotta contro l'epidemia di colera e di sovrintendere alle amministrazioni comunali e provinciali. Designato in pectore, in quell'anno, intendente del Molise, col decreto 13 dic. 1837 gli fu affidata invece la segreteria degli Affari Interni presso il luogotenente di Sicilia, duca di Laurenzana. In quell'ufficio il B. rimase dal 1837 a tutto il 1847.

[...] Le istruzioni con le quali il B. veniva inviato in Sicilia dal ministro Santangelo erano ben chiare e precise: "Rendere uniforme a quelle di Napoli l'amministrazione dell'isola per quanto più fosse possibile, abbattendo e facendo scomparire tutti gli abusi e i disordini che travagliavano la Sicilia, e facendovi altresi le convenienti riforme". *

Zenone di Elea – Luglio 2011


* Dizionario Biografico Treccani

BIOGRAFIA

DEL

CAV. LODOVICO BIANCHINI

SCRITTA

da Filippo Minolfi

SOCIO DI VARIE ACCADEMIE ITALIANE E STRANIERE.


PALERMO

STAMPERIA DI FRANCESCO LAO

1840

(se vuoi, puoi scaricare il testo in formato ODT o PDF)



ALLA ECCELLENZA


DEL CAV D. CESARE DI SALUZZO


TENENTE GENERALE,DECORATO DI PIÙ ORDINI E DI QUELLO SUPREMO DELLA SS. ANNUNZIATA, COMANDANTE GENERALE IN CAPO DELLA REALE ACCADEMIA MILITARE, E GOVERNATORE DELLE LL. AA. RR. I DUCHI DI SAVOIA E GENOVA IN TORINO.



Da lunga pezza mi accendeva il desiderio di offerirle un tributo di ammirazione e di riverenza, e non cercava che propizia occasione per farlo in modo solenne e non disdicevole a personaggio bealo in cima di autorità e di onori.

La Biografia del Cav. Lodovico Bianchini che presento al giudizio del pubblico mi porge alfine questa bramata occasione, poiché versando intorno alla vita e alle opere di autore assai benemerito degli studi storici non poteva ad altri consacrarla più convenientemente di V. E., che, succedendo all'insigne sapiente e Uomo di Stato



il Conte Prospero Balbo, siede a presedere la Deputazione di Storia patria, illustre Consesso fondato dall'alto senno del Principe Carlo Alberto non a sola gloria del Piemonte ma di tutta Italia.

Basti adunque il dichiarar ciò per mostrare quanto a ragione mi sia determinalo a porre sotto i suoi auspici questo parto del mio povero ingegno, e sarà a me bellissimo onore ed eccitamento l'averne la E. V. gradito il titolo.

E qui per non far pompa di parole, e per non ripeter cose a tutti notissime mi passo dal far menzione della sua nobil famiglia decorata da tanti strenui capitani, e uomini di Stato per magnifiche e singolari virtù chiarissimi; e mi passo ancora dal ricordare le politiche e militari cure di V. E., e l'erudite fatiche con cui ha contribuito allo splendore della Reale Accademia delle Scienze, e di quella Militare di Torino, non che le tante esimie prerogative che accrescendo fama alla sua persona l’han reso meritevole del gravissimo ed onorantissimo carico di Governatore dei Principi Reali di cotesto reame, dalla gloria dei quali si promette e spera incremento di civiltà e di grandezza, che la più bella eredità è quella della virtù, e più risplende più che in alto si mira.



Colla fiducia quindi che V. E. mi farà degno del suo compatimento, e del suo favore veramente degno di ambirsi da tutti coloro, che nel petto chiudono anima capace a sentire il potere della sapienza, della bontà civile e del merito, mi vanto


Suo devotissimo serro e caldo ammiratore.

FILIPPO MINOLFI




L'onorar«e premiar quelli, che gareggiando avanzano gli altri in esercizii di lettere, è un eccitare l'ingegno alle buone arti.

Tacito.





Oggi che le più illustri menti si volgono a raccogliere, e a pubblicare i documenti, e le notizie che la Storia delle lettere risguardano; oggi che la critica intende a sollevarsi alla dignità di scienza mercé del valido sussidio della storia e della filosofia; oggi, dicevamo, che i colti ingegni ed anche i popoli si mostran solleciti ad onorare la virtù, il presentare in iscorcio sotto un sol punto di vista le fatiche di chi si consacra all’incremento de9 lumi, deve riuscire accetto e gradevole.

Gli uomini ravvisando principalmente nelle storie letterarie la loro celebrità, i dritti, e i titoli alla gloria, stimano quel genere di letteratura che è destinato a registrarli, il più stupendo ed efficace insieme ad affrettare i progressi dello spirito.


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Or nella storia letteraria non altro si contiene, che un ordinato esame delle opere che. meglio ottennero i pubblici suffragi, e siccome  il nostro secolo mostrasi proclive a mettere innanzi agli occhi dell’universale gli uomini che l'onorano, così noi di lieto animo ci determiniamo ad offerire un sunto ragionato delle opere divulgale dal cav. Lodovico Bianchini colla fiducia che questo nostro proposito sarà seguito in modo da poter ottenere in breve tempo la notizia delle opere dei più benemeriti italiani viventi, e concorrere al santo scopo dell'insigne Tipaldo, che per onor d'Italia con instancabile zelo, e grave dispendio va pubblicando le Biografie di quei sapienti, che il passato ed il presente secolo ha prodotti.

Lodovico Bianchini, nome debitamente chiaro, e di cui, senza tema di errare può francamente affermarsi, oggidì altamente si onorano le scienze economiche, sorti i suoi natali nel 1803 in quella fiorentissima Metropoli, che ha il vanto di aver veduto sorgere


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dal suo seno ingegni sagacissimi, e creatori d'una nuova filosofia in singolar guisa ridondante di utilità sociali e di dottrine immutabili eterne, stando i concepimenti di Vico, di Genovesi, e Filangieri come puntelli ai progressi dell'incivilimento.

Nulla offre di notabile l'adolescenza del Bianchini tranne quella inquietudine, quella effervescenza e istabilità di spiriti propria dei vividi ingegni che non s'acquetano alle scarse, fredde e monotone cognizioni pedagogiche, tenendo i sistemi scolastici come freni, ed intoppi agli avanzamenti de' loro studi, finché non giungano a prendere il governo de' propri pensamenti, ad educarsi da se stessi. Il che vale sempre più a confermare che quelli che s' alzano per fama dal comune livello, riconóscono qual base del loro innalzamento le circostanze che gli posero in grado di far conoscere l'occulta potenza dell'anima. — Il valor dell'intelletto è pari a preziosa pianta che per attechire e germogliare ha d’uopo di propizio terreno, ed ove questo manchi si sperde una ricchezza, che sarebbe stata incremento dell'umana felicità.— A quindici anni intanto si scioglieva dalle pastoie de' Collegi, e la curiosità lo traeva


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ad assaporare quelle opere che avean dato a questo secolo una novella impronta, e che a quei dì menavan gran rumore. A tal gradita lettura associava contemporaneamente gli studi legali, nei quali divenne sì presto perito, che a diciotto anni professava avvocheria.

Ma il foro, fu detto le mille volte e non sarà mai troppo il ripeterlo, scoglio de' migliori ingegni, non allettava di tanto il Bianchini da preferire la fortunata carriera che gli apriva alla dolcezza delle scienze, e delle lettere. Che se la fortuna ha attrattive ghiotte e seducenti, la sapienza fa sentire un impero assai più forte e che non si crolla per cangiar di luogo e di tempo, o di altrui favore e volere. — D'altronde il culto delle anime eccelse non è che per la virtù e per la gloria, e queste sole sono i motori delle loro azioni, delle loro opere, di tutto quanto gli infiamma, li commuove, e solleva a cose alte e solenni.

Infatti correndo gli anni 1823 e 1824, e disputandosi in Napoli se fosse stato più utile il fondare il sistema delle finanze su i pubblici prestiti anzicché su le imposte per promuovere le industrie, e quella che di tutte le industrie è causa e sostegno, l'agricoltura,

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il Bianchini stanco dal sentire tante strane discussioni distorte dal vero interesse economico, e calda la mente per le meditazioni durate su le maggiori opere che in questo argomento avean veduto la luce in Italia e fuori, venne in campo quando meno aspetta vasi coi suoi Principi sul credito pubblico. — Si fu allora che conobbesi essere i passi del Bianchini indiritti alla illustrazione di quelle scienze che hanno di mira la felicità dei più; che riguardano la floridezza delle nazioni dalle guarentigie che offrono i governi allo esercizio dei dritti dei popoli, alle sorgenti della pubblica e privata ricchezza; si fu allora che il Bianchini disvelò un tesoro di dottrina attinto, non so se più dalla esperienza e da' raffronti della condizione delle nostre istituzioni finanziere con quelle di oltremonti, ovvero da' volumi di quegli uomini di stato che per lunga pezza avevano rivolte le loro ricerche su questo principalissimo ordinamento di pubblica amministrazione.—Comunque si fosse però, egli è pur troppo certo che tale opera del Bianchini contiene alte vedute, profonde conoscenze, sagacità di pensiero, e qualche volta novità di teorie, che aprono il varco


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a disquisizioni di gran momento che si connettono al pubblico interesse. Laonde i lontani giudicavano doverne essere l'autore un uomo consumato ne' maneggi pubblici, dei presenti alcuni meravigliavano come in sì giovane età fosse esordito con sì grave opera, altri non credevano doversi a lui attribuire. Soliti clamori, ed accuse da apporsi contro coloro che splendendo di un merito distinto, destano livore e gelosia negli uomini volgari, i quali la conseguita fortuna intendono conservare escludendo sempre colle male arti quelli che a buon dritto dovrebbero occupare i loro posti.

In tal lavoro offeriva il Bianchini quanto di meglio avean pensato e proposto autori versati in sì spinose materie, e mostrava su quali fondamenti si regge l’edificio delle sociali contribuzioni combattendo gli errori e i falsi sistemi in che erano avvolti per trarne principi concludenti e normali. — Accennava le operazioni delle finanze, dichiarava il bene e il male che dai pubblici prestiti deriva, i casi precisi in cui lo stato potesse valersene con sicuro giovamento, come si potessero rendere meno gravosi, e come estinguere colle diverse conversioni, e colle supreme vedute d'economia.


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I prestiti non potendo avverarsi senzaché si stremino i successivi introiti dello stato, e questi non essendo dappoi bastevoli ad adempiere i pesi, si cerca sovvenimento in prestiti novelli, che divengon sorgente di altri. I bisogni per tal ragione e le spese crescono alla giornata, e la finanza smunta e soppiantata da enorme debito tenta trarre il suo sostegno dalla comune rovina, che indi a poco diviene anche la sua. Così quando si ricorre a questo espediente senza previdenza e pressanti bisogni rovinano le pubbliche Amministrazioni e i tristi effetti vanno a percuotere dirittamente lo sventurato agricoltore, le classi meno agiate del corpo civile, che sono appunto le più industriose e le più numerose.

Intanto a tale opera non veniva fatto buon viso perché tendeva a distruggere col lume della scienza pregiudizi radicali nella mente di personaggi che stavano alla somma delle cose, e l'autore dovè per tal riguardo protrarne la pubblicazione fino al cominciar dell'anno 1827. Di ciò faceva egli menzione nelle succose noterelle che nel 1825 andava quà e là spargendo a rischiaramento del testo nella scienza del benessere sociale del suo amico Benedetto Cantalupo, il quale di questo corredo


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si era con lui mostrato desideroso volerla ornare. Gli annali di statistica di Milano nell'anno 1827 la commendavano con queste parole, » ordine, chiarezza, sode massime e non progetti chimerici sono i pregi dell'opera che annunziamo.» Le quali parole essendo state dettate da quel potente ed austero intelletto di Melchiorre Gioja, cui era affidata la direzione dei citati annali, sono da e stimarsi assai gravi ed autorevoli.

Egli è qui da riflettere che in Italia niuno fra gli economisti, per quanto ce ne ricordiamo, si era levato a trattar questo tema, non escluso lo stesso Gioja, nel di cui immenso prospetto delle scienze economiche osservasi in parte questa lacuna, e Bianchini pel primo ebbe a svolgerlo con tanta perspicuità e aggiustatezza di pensiero quanto i giornali francesi, lasciando il mal vezzo di vilipendere colla solita arroganza e leggerezza i frutti dell'ingegno Italiano, ebbero a giudicarla degna de' loro maggiori encomi.

L'esempio del Bianchini valse quindi a suscitare l'amore per gli studi economici, che dopo la morte del Galiani non eran più risorti in Napoli, e svegliò in molti scrittori il desiderio di applicarne i principi ai provvedimenti governativi.


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Le produzioni economiche del Rotondo, del Ruggieri, del De Augustinis, del Blanch, di Carlo Mele, dello Afan de Rivera, del Ventignano, di Giuseppe della Valle e di altri ben pochi sono posteriori tutte a quelle del Bianchini.

Da questo numero vuolsi solamente eccettuare l'Arcidiacono Samuele Cagnazzi, le di cui fatiche si eran rivolte fin dal principio dei corrente secolo alla illustrazione delle teorie economiche, ma per l'amor del vero debbesi confessare che il benemerito Arcidiacono non sospinse tanto oltre i suoi insegnamenti da applicare la civile economia alle cose dello stato. Per lui la scienza delle ricchezze e de' godimenti era confinata alla discussione dei principi elementari, a ripetere tutto quello che sistematicamente erasi detto intorno all'origine, incremento e diffusione delle cose che prestansi ai bisogni di tutta quanta l'umana convivenza — Il congiungere Je dottrine economiche alle legislative, alla morale, alla filosofia civile, il valersi della storia, delle istituzioni, e de' costumi particolari de' luoghi, e de' tempi, non che degli elementi della statistica come di guida nel proporre le utili riforme, e il mettere a contribuzione


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tutte le forze fisiche e morali de' popoli per diffondere i benefici effetti dell'incivilimento era vanto riserbato dapprima al sapientissimo Romagnosi in Milano, e poscia al Bianchini in Napoli che ne seguiva lo esempio.

L'uno e l'altro diffonditori di dottrine di bene universale conobbero la indole, e i bisogni del secolo, fondarono una novella scuola, ebbero seguaci e presero a dirigire rinomati giornali, di cui chiamarono a parte il fiore degl'ingegni della penisola, e crebbero lustro alla patria comune col muovere guerra alle erudite inezie e cedendo intero il dominio alla ragione, al vero ed all'utile.

Nell'anno 1828 rendeva il Bianchini di pubblica ragione l'opuscolo in cui s'intratteneva a discorrere della influenza dell'amministrazione pubblica su la industria nazionale, e su la circolazione delle ricchezze, al quale opuscolo due anni dopo faceva seguito l'altro, che ha per titolo dei reali che nuocciono alle industrie ed alla circolazione delle ricchezze.

Questi argomenti in alcuni punti si consentono, e tendono a dimostrare fin dove possano estendersi con vantaggio le ingerenze dei Governi.


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Però la prima operetta benché contenga la sostanza di preziose teorie economiche e si alzi ad alta meta, pure non può aspirare al par della seconda a lode di originalità. — Entrambe vanno a scoprire i legami che congiungono la politica economia col magistero di amministrare; entrambe mirano ad indicate il sicuro sentiero per cui si conducano a floridezza e prosperità i popoli; entrambe mirano a trasfondere gl'insegnamenti della scienza dal gabinetto dei pensatori ai pubblici ufficj, e a farli discende re negli amministrati. Quella determina il modo di come tutelar si debbano il commercio, l'agricoltura e le arti col lasciar libero ad ognuno il campo per lo esercizio delle proprie facoltà, e collo apprestare egualmente a tutti i mezzi di far valere la propria abilità e di impiegare i suoi capitali secondo l'interesse gli consiglia; questa ad impedire alcune speculazioni di commercio che perturbano il naturale andamento delle permutazioni e delle produzioni, e viene a rivelare un vincolo occulto tra la politica economia e la legislazione che fino allora era rimasto inosservato. Egli caratterizza quindi con fior di giudizio come reati quelle astuzie e scaltrimenti mercantili


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che avendo base nel dolo e nel freddo calcolo di danneggiare altrui per giovare a se stessi, devono richiamare sopra di se la severità della legge punitrice; e con tanta maggior diligenza e rigore in quantocché le maliziose opere e i rigiri di questa genia di speculatori oppilano le sorgenti della pubblica fortuna, e costituiscono un prepotente impero, i di cui danni si diffondono sopra tutta la società, poiché niente è così scoraggiante per la gente industriosa, pe' negozianti di buona fede e pe' consumatori quanto il turpe monopolio pronto a insinuarsi per mille vie segrete. Questa operetta ha dato occasione ad aggiungere qualche altra pagina ai codici ed alla scienza legislativa, e il Romagnosi la riconobbe dotata di tanta importanza che si piacque di commentarla diffusamente. Su tal materia tornava poi in modo assai più esteso l'esimio Cavaliere Blanch scrivendo quel suo dotto discorso intorno alla legislazione ed alla economia pubblica considerata nelle loro relazioni e ne' loro limiti, che fu pubblicato nel Progresso e riprodotto con ricordo di lode negli annali di Statistica di Milano.— È singolare pregio del Bianchini di avere fatta


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filosofica disamina del monopolio, di averlo scomposto e considerato in tutti i suoi mutamenti, sotto tutti gli aspetti in cui si appresenta sempre fecondo di danni, e fomentatore di cabale, d'intrighi, di ruberie, di opere nefande. L'usura, ch'è riguardata come il più infame e rovinoso traffico sociale, posta al confronto del monopolio cessa di esser tale, e volendosi più attentamente esaminare si vedrà aver origine dal monopolio ¡stesso.

E non siamo lontani dal credere che il Mastrofini nel comporre quel suo veramente classico trattato su le usure abbia avuto sott'occhio questa fatica del Bianchini, colle di cui idee non è di rado che si incontri e combini. Anzi talvolta nel Mastrofini ci è parso di trovarvi sviluppo di dottrine economiche conforme a quello dato dal Bianchini. — Laonde potrebbe facilmente venirsi in sentenza che l'opera su i reati che nuocciono alle industrie diede spinta al Trattato su le usure; che il Bianchini fece l'anatomia del monopolio, il Mastrofini quella della Usura figlia primogenita del monopolio, e l'Italia si adorna di questi due trattali per accrescere quel patrimonio di scienza, con tanta cura raccolto dal Barone Custodi,


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ove insieme a' nomi del Bandini, del Genovesi, del Beccaria, dei Verri, del Filangieri, del Ricci, e del Mengotti risplenderanno pure quelli del Bianchini, e del Mastrofini.

Chi volge l’animo a considerare qual fosse lo stato degli studi economici in questo secolo non sa darsi ragione del silenzio dal Pecchio usato nella sua Storia della Economia pubblica in Italia verso parecchi chiari autori. né può valergli a scusa il dire che quando vi lavorava vivea ramingando sotto estraneo cielo  poiché e nei paesi ov'egli soggiornava col corpo (ché l'anima non poté mai distaccare dal suolo natio) giungevano i giornali italiani, e perché nei Giornali stranieri istessi si rendeva conto delle opere nostrali.— Parlandosi poi della Biblioteca italiana e degli Annali di Statistica che mensualmente compendiano la letteratura della nazione, si parla di due Giornali che circolano per tutto il Mondo civile e sono con avidità consultati e ricerchi.

Le memorie di Scuderi, di Palmeri, di Scrofani, di Weltz, di Tolomei, di Sarchiani, del Senatore Gianni, dei prelati Ferdinando Nurzi e Paolo Vergani,


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di Francesco Chiarenti, di Giovanni Fabroni, di Aldobrando Paolini, di Cagnazzi, di Pietracatella e di Bianchini avean passato le Alpi, e fatto concepire al Barone Custodi il disegno di formare una novella collana di Economisti. D’altro lato non pochi eletti ed abili scrittori avean dato moto nell’Antologia di Firenze e negli Annali di Statistica agli studi economici inserendoci memorie e articoli di molta vaglia, ragion per cui l’avvocato Nannini, il Poggi, il Forti, il Ridolfi, il Tommaseo, il Cantù, i cugini Sacchi, il Rolla, il Giovanetti e il Tamassia, tacendo del sommo Romagnosi speculatore acutissimo di novelle teorie e diffinizioni, meritavano per lo meno un benigno ricordo (1).

Con ciò non intendiamo detrarre al merito del Pecchio, ché anzi lo riveriamo qual uno dei più zelanti raccoglitori delle patrie glorie, e dei più insigni economisti del suo tempo, ma non possiamo considerar la sua storia veramente completa restandovi molti vóli, chfe avrebbe egli potuto di leggieri riempire se gì intrapresi viaggi, i contrasti del suo spirito e la dolorosa rimembranza delle patrie cose non gli avessero tolta quella calma tanto necessaria


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a chi deve lavorar di schiena producendo fatti e documenti. E forse allora non avrebbe divisa la Storia della economia pubblica da quella della Statistica, e avrebbe ricercato l'origine di questa nel secolo della grandezza d'Italia quando a tutti insegnava e comandava, e da niuno riceveva insegnamento o comando.

Ma volendo raggiungere il nostro scopo ci è d'uopo esporre quel nuovo ordine di cose che succedeva alla morte dell'inclito nostro Monarca Francesco I per seguir più dappresso le vicende del Bianchini.

Salendo sul trono in quell'anno istesso 1830. Ferdinando II rinverdiva nei cuori la speranza di veder sorgere a più lieti destini l'una, e l'altra parte de' Reali Dominj, ed il Decreto che la M. S. si degnava pubblicare in quel primo giorno del suo regnare era solenne caparra a nutrire tali desideri. Per Sua Real Clemenza infatti veniva destinato al Governo della Sicilia il Principe D. Leopoldo


* Si allude ai tempi della prosperità delle Repubbliche italiane, e singolarmente a quella di Venezia, i di cui ambasciadori per obbligo impostogli dal Senato, furono i primi a presentare la. statistica delle regioni che visitarono.


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suo augusto fratello assistito dall'onorando Consigliere di Stato S. E. il Principe di Campofranco, e si dilatavano le attribuzioni del Ministero, la di cui vigilanza, attività, ed inviolata armonia di poteri cresceva le utilità sociali d'ogni maniera, e creava una efficace autorità morale. — In Napoli rifiorivano e riprendevan vigore e incremento tutte le istituzioni; per la maggiore speditezza degli affari si partivano i Ministeri a più Ministri, si riordinava la milizia, e progredivano di tanto i miglioramenti, che quello che di Cesare disse il Paradisi lodandolo perché colla mano stessa che soggiogò Roma, stese i comentarì, calcolò i periodi dell'anno, e prescrisse le leggi della latina eleganza, può in altro senso affermarsi dell'eccelso nostro Signore, allorché pieno di vera Sovrana generosità con quella stessa mano che concedeva il perdono a chi aveva attentato alla sua vita, segnava il ritorno alla patria di alquanti proscritti, e fondava in Sicilia l'Istituto d'incoraggiamento, e la Direzione centrale di Statistica, e la Commissione Consultiva di Governo, e l'Ufficio del Catasto, e i Collegi Militari, e il Deposito de' Mendici; ed ordinava l'aprimento di ampie e comode vie nell'interno dell'Isola, e la


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costruzione delle nuove Prigioni, e il ristauro di tante opere pubbliche che stanno a far testimonianza della sua magnanimità, e munificenza (2); A questo periodo di tempo si rannoda la vita politica del Bianchini, che tratto dalle sue care occupazioni era destinato in decembre 1830 per Sovrano volere a prestar la sua opera presso del benemerito Ministro delle Finanze il Marchese d'Andrea.

Perdurò il Bianchini nel Ministero delle Finanze poco meno di tre anni dando pruove del suo valore, e poscia se ne tenne lontano tornandosene spontaneamente al foro, ove si distinse per sodo sapere, e dirittura di mente come fan fede le sue molte scritture date alla luce. Egli sosteneva le incumbenze di avvocato con vigor di consiglio, con gravità, e disinteresse prendendo parte nelle cause più rilevanti in prò di opere pubbliche e di Comuni, la di cui difesa gli veniva commessa dai Capi Amministradori per la conoscenza che aveano della sua dottrina.

Il suo nome era venuto già in tanta fama, che S. R. M. ai 12 gennajo del 1832 lo decorava dell'Ordine Cavalleresco di Francesco I, il quale viene unicamente destinato a premio di e di virtù speciali.


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Indi temendosi che il flagello asiatico avesse disteso la sua pestifera influenza sino alla bella, ed infelice Italia, veniva scelto per Componente Segretario della Commissione Centrale Sanitaria istituita in Napoli onde premunirsi contro tanta calamità, e continuatamente era deputato ad alte faccende tanto dal ricordato Ministro delle Finanze, quanto dall'egregio cav. Santangelo Ministro degli Affari Interni, pel di cui favore i cultori delle lettere, e delle buone arti ricevevan guiderdoni ed onori, ed erano stati richiamati ai loro primitivi uffici il cav. Filioli, il Barone Oliva, il cav. Francesco Petroni, il Duca Montejasi, ed altri di merito distinto.

Dovremmo spendere molte parole se tutte volessimo passare a rassegna le fatiche comportate dal Bianchini, i componimenti che or leggeva nelle Accademie, ed or divulgava negli Annali Civili, nel Progresso e nella Biblioteca Italiana, e i Diplomi che giungevangli da varie Società letterarie d'Italia, e d'oltremonti, ma siccome queste cose non debbonsi che toccar di proffilo, ed il Bianchini possiede ben altri titoli per riscuotere omaggi di onore, e di riverenza, così stimiamo opportuno di passarcene in silenzio.


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L'opera che doveva partorirgli bellissima fama era la Storia delle Finanze del regno di Napoli, che avrebbe più anni prima mandato alla luce se le opposizioni, e i morali perturbamenti cui andava incontro non gli avessero tolto un tempo prezioso a giustificare la verità ed evidenza dei principi scientifici per lui adottati.

L'invidia contemporanea però annunzia sempre l'ammirazione dei posteri, ed è forse nei destini della provvidenza che le avversità stimolando gagliardamente gl'ingegni a produrre cose maggiori servano alla loro gloria e alla felicità del mondo. Laonde il Bianchini sentiva coi contrasti addoppiarsi le forze nell'animo, e si affrettava alla pubblicazione della Storia, e ne annunziava il modo onde era condotta.

Il proposito era degno dei tempi, l'impren dimento arduo, il travaglio che dovea comportare parea piuttosto convenevole ad una società di letterati che ad un sol uomo, lo stacciare poi gli scritti conservati negli Archivi, per lo più senza ordine, in caratteri logori e malconci, il consultare le leggi particolari del regno, le consuetudini,


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i regolamenti, le prammatiche, le storie richiedeva lunghi e svariati studi, assidue e penose cure, e potenza d'intelletto non disgiunta da robusta tempera di corpo. Perciò la sua promessa fu creduta uno dei progetti soliti a sventarsi per vanità dalla gente di lettere, ovvero audacia di sobbarcarsi ad un peso che non era pei suoi omeri.

Questo avviene ed avverrà tutte le volte che si tentino inusate vie, grandi opere e ampliamenti scientifici, per quel principio avvertito dal sommo politico Pietro Verri» che gli uomini naturalmente nemici delle imprese nelle quali si affaccia grande difficoltà si sono appigliati al partilo di riporre forse al di là del possibile quello, che non hanno osato d'intraprendere.»

Mentre cosi pensavasi compariva alla luce nell'anno 1834 il primo volume della Storia delle Finanze mostrando come vadano errati i giudizi della moltitudine.

I Giornali cominciarono tosto a divulgarne il grido come di lavoro di lunga lena, in cui l'invidia trovava poco da emendare, moltissimo da commendare ed esaltare la rettitudine e l'imparziale critica.


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Per quanto ne sappiamo era questo il primo lavoro che in Italia esponeva la Storia delle Finanze, e la illustrava colla filosofia civile, che vai quanto a dire colla scorta di quelle scienze che provvedono alla salute delle città e dei regni, ed alle cose universe degli uomini compagnevoli. né crediamo che i discorsi dell'insigne cav. Luigi Cibrario su le finanze della Monarchia di Savoja possano venire al paragone colla Storia del Bianchini per contendere sul dritto di anteriorità, essendo diversa la condotta, lo scopo e l'indole di queste due opere benché entrambe versino su lo stesso tema e contengano peregrine considerazioni e conformi indagini. Conciossiacché il Cibrario illustra due secoli, divide le materie in quattro discorsi, i quali trattano della forma della Monarchia di Savoja, delle entrate della Corona, dell'amministrazione del danajo pubblico e dei prezzi delle cose, e intende principalmente a trarre alla luce documenti polverosi. Prende le mosse dalla morte di Amedeo IV, e tocca il Regno d'Amedeo Vili percorrendo lo spazio di pressocché cencinquanta anni, cioè dal 1253 al 1400, e si arresta nel meglio del corso appunto quando avrebbero dovuto incominciare gli esami

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fra le passate e le successive dominazioni, dal cui confronto scaturiscono le lezioni della politica e del reggimento civile. Per tal riguardo l'opera del chiarissimo Cibrario può considerarsi come un dotto prolegomeno alla Storia delle Finanze della Monarchia di Savoja, e non mai come la Storia, al quale onore non volle aspirare l'illustre Autore avendola pubblicata sotto il modesto titolo di discorsi. Il cav. Bianchini invece si deliberò a scrivere la Storia delle Finanze di Napoli, ch'è il più vasto stato d'Italia, dall'anno 1140 sino al 1835, tempo in cui dava fine alla pubblicazione dell’opera col terzo volume. È vero che il Cibrario incominciò a far conoscere la sua fatica nel 1831 leggendone or uno or altro dei cennati discorsi nelle tornate della Reale Accademia delle Scienze di Torino, nei di cui atti al volume 36, stampato nei 1833, apparvero i primi due discorsi, ma ciò non toglie il dritto di priorità al Bianchini, che nel 1827 aveva abbozzata l'opera sua, e ne avea reso conto in una nota del saggio intorno ai prìncipi del credito pubblico. E siccome l'opera sua si distendeva su ampia tela non gli era permesso di leggerla o pubblicarla di volta in volta senza scemarne pregio ed interesse.


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 L'intera Storia poscia venne pubblicata in men di due anni e contemporaneamente ai quattro discorsi riuniti del Cibrario(3), con una differenza però che questi dava un volume di piccola mole, e quegli tre grossi volumi che non saprebbe gradire la moda troppo vaga di edizioni eleganti, e tascabili. Laonde non è da porre in dubbio che la Storia del Bianchini stà in opposizione alla leggerezza dei tempi, e che con essa fu ad ogni altro precursore nel trattare storicamente le vicissitudini delle Finanze, a menocché sotto questo titolo non vi si voglia comprendere ogni lavoro che di materie di stato, o argomenti cittadini discorra. Allora farem fascio della storia civile di Napoli del Gian none, dei discorsi sul dritto pubblico di Sicilia raccolti dal di Gregorio, delle Memorie storiche sulla economia pubblica dello stato di Milano di Pietro Verri, delle memorie storiche intorno agli antichi uffizi del Regno di Sicilia raccolte dal Gaetani, e di parecchie altre opere, che propriamente non possono diffinirsi storie di Finanze, sì perché la pubblica economia scienza di fresco nata, venuta in eccellenza, e diffusa congiuntamente alla statistica non poteva porgersi loro a ministra e consiglièra,


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sì perché gli studi storici imbevati del succo filosofico del secolo, e delle esperienze e scoverte stupendamente avvenute, hanno preso una direzione diversa di quella dei tempi andati, ed hanno aperto l'adito ad un nuovo genere di letteratura, che pone le sue fondamenta sopra l'interesse diretto della società proclamando verità e dottrine dai nostri antecessori non avvertite, o messe in non cale o spregiate. Lo storico d'oggidì non si diletta di narrare battaglie, di accozzar sentenze e pensieretti assottigliati alla marzialesca, non sagrifica l'importanza di un fatto all'eleganza di una frase, non pensa a sollazzare i leggenti con vaniloqui e declamazioni, ma a persuadere e ragionare, a sviscerare le dovizie dal seno della natura, a considerare il vero nelle sue relazioni coll'utile. Scende dall'ammirazione delle Corti al casolare il più meschino, interroga la moltitudine, l'infanzia, vuol conoscere i suoi bisognale sue condizioni, le sue molestie ed affretta il cammino a più clemente avvenire. Lo storico economista insomma esercita un ministero, un sacerdozio sociale, indaga tutte le cause, valuta tutte gli effetti delle mutazioni, delle fortune e delle sventure; misura le forze, i desideri e


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le tendenze di tutta quanta l'umanità, e ne cava salutari norme e grandi ammonimenti. Cerca la felicità in tutto e per tutti, trae partito da ogni sorta di poteri, e di classi sociali chiamandoli ad accordo senza trasandare né il volgo, né i poteri, né le faccende più minute e più basse, poiché ogni cosa presta il suo ufficio e contribuisce agli alti destini della gran famiglia, che in un principio universale si annodano e risolvono; ed osservando come le cose da meno spesse fiate danno spicco e valore alle più grandi e più forti si giova di tutti quanti gli elementi morali ci attorniano, ci incalzano e ci premono.

Imita in ciò gli esperti maestri di musica, i quali valendosi nei concerti dei più nobili e sonori strumenti sovente adoprano il tocco dell'aspro tamburro, e lo squillo delle trombe per crescere l'efficacia dell'armonia. Senza tale avvedimento associato a studi intensi e maturi i frutti dell’ingegno dureranno quanto la stoppa sopra il fuoco.

Fuori d'Italia le materie attinenti alla finanza, forse perché maggiore se n'era sentito il bisogno, erano state trattate diffusamente, e sovra tutto da Àrnauld, Forbonnais, Gaudin, Neker, ,


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Moreau de Beaumont, Gentz e Ganihl in Francia, da Thorton, Clarke, Chalmers, Godwin e Pebrer in Inghilterra; da Eugenio Larrugos, Carapomanes e Cavanilles in Ispagna; da Heeren, Schmalz, Soden, Gian Giorgio Busch, Winck e Raumer nella Germania. Costoro però non furono sì avventurosi da riconoscere nella proprietà e nella industria le larghe vene da cui succhia il Tesoro il sangue più fresco e salutifero, e se talvolta ne parlarono lo fecero sbadatamente, e perché l'argomento ve li conduceva di passaggio e quasi senza accorgersene. La proprietà poi, anche giuridicamente riguardata ha avuto scarso numero d'illustratori, tra i quali ultimi per tempo e forse primi per merito sono Carlo Comte, seguace del Romagnosi in quella parte in cui ragiona delle acque che tracciano le divisioni dei fondi, e il dottissimo Prof, di Pisa Federigo del Rosso autore dell'opera sul dritto di proprietà, così poco nota in Italia come se fosse scritta in una lingua, e fra un popolo al di là delle nostre corrispondenze.

Lo stesso Pebrer, dal cui pomposo titolo della sua storia generale statistica finanziera


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dell'Impero Britannico (), il lettore è in dritto di pretendere le più minute e particolari notizie su gli elementi della ricchezza di quella trapotente nazione, il Pebrer ha del tutto negletto le indagini del potere della proprietà e della industria su la Regia Azienda.—La floridezza pecuniaria Tha egli misurata dal credito e dal debito pub plico, e dalle spese che deve comportare lo stato senza darsi pensiero a collegar queste alle altre parti di governo. Quell'accozzamento di cifre e di tavole che stanno a corredò della sua storia, e lungo, le quali deve andar cercando l'occhio del pensatore la fonte delle fortune, e il filo delle operazioni politiche e ministeriali, riesce vano quando la natura dei luoghi e dei climi non vi è descritta in consonanza alle civili istituzioni, e quando il popolo non vi è rappresentato come motore e partecipe delle forme di Governo che furono e che sono. — In tutti i grandi stabilimenti il popolo v'imprime la indole propria,


(*) Histoire financière et statistique générale de l'Empire Britannique avec un exposé du système actuel de l'impôt, suivi d'un plan pratique pour la liquidation de la dette par Pablo Pebrer: traduit de l'Anglais par I. M. Iacobi. — Paris 183ri- v. 2° in 8 grande.


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i suoi bisogni, il suo sentire, perché la provvidenza matura i suoi destini per mezzo delle più moltiplicate unioni degli esseri più conviventi e pensanti.

Laonde il Bianchini comprese con vero spirito filosofico non potere la Storia delle Finanze andar disgiunta da quella del popolo, la quale come da proprio troncò sorge dagl' interessi dei privati, che vai quanto a dire dai possedimenti, dalle costumanze, dalle arti, e dalle scienze che esprimono il suo modo di essere. £ come nell'ordine delle dottrine di Vico dalle famiglie si compone la comune, e dalle comuni lo Stato, così la ricchezza della sovranità e dello Stato, e delle Amministrazioni dei Municipi viene ad innalzarsi su le stesse basi raffigurando in se le generali condizioni economiche.—Da ciò forse sarebbe stato più proprio al Bianchini intitolar l'opera sua Storia Civile, ma forse noi fece per non mostrare di volere rivenire su le orme del Giannone, gran maestro di cittadini consigli. — E comecché gli stranieri siano stati primi a battere questo arringo, pure l'Italia pel Bianchini ha il vanto di essersi molto più inoltrata, e di salto a pié pari averli sorvanzati.—


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Il Bianchini vi introdusse una sustanziale innovazione giudicando che per osservarsi l'economia politica in atto la Storia delle Finanze contener debba tutto ciò che a questa ha avuto riguardo direttamente ed indirettamente non solo per opera del Governo, ma dei popoli ancora. E però è necessario sporre non solo le leggi, i sistemi, i regolamenti che di presente han trattato dei tributi, e del metodo di spenderli, ma tutto altro che in ogni ramo di pubblica amministrazione e d'industria vi ha avuto connessione e dipendenza; come altresì le diverse opere dei privati cittadini, dalle quali bene e male fosse cagionato ali economia dello stato.

Quanti sono i secoli che illustra tanti sono i libri in cui l'opera è ripartita; ogni libro è diviso in cinque capitoli, e questi in sezioni.

A dar una più compiuta idea dell'opera riferiremo quelle parole dell'Autore che di proposito ne ragionano.

Distinguerò il mio lavoro, dice egli, in tanti libri in cui comprenderò queste dominazioni, cioè Normanni dal 1140 al 1194, Svevi dal 1194 al 1266, Angioini dal 1266 al 1441, Aragonesi dal 1141 al 1803, governo viceregnale Aragonese ed Austriaco dal 1303 al 1734,


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dinastia dei Borboni dal 1734 al 1806, e da questo tempo sino al presente. Ed ho scelto il 1140 per cominciamelo del mio lavoro, perché com'è noto allora Ruggieri Normano fermò la monarchia, e diede vari ordinamenti pel benessere de' popoli suoi. Ho poi esposto in ciascuna di siffatte epoche, per quanto mi è stato possibile, tutto ciò che ha riguardalo la proprietà solo rispetto alla pubblica economia, alla industrie, alla circolazione delle ricchezze, ai tributi, al credito pubblico, al metodo di amministrazione.

Gli argomenti più rilevanti della pubblica amministrazione ed economia vi sono discussi colla formola scientifica del fatto e del pensiero, e posson valere a farne pruova quei tratti o ve ragiona intorno ai Tavoliere di Puglia, al demanio della tilia, alle miniere pei ferro, al lago Fucino, ai porti franchi, alla conversione delle rendite pubbliche, alla cassa di ammortizzazione, al Gran Libro, al cabottaggio, alla vendita dei beni demaniali, alle cause di progresso o decadenza dell'industria e ad altre simili materie. Le pubbliche spese poi vi son sempre riguardate secondo il grado di utilità o di danna che hanno arrecato. — E cresce sempre più d'importanza la storia distendendosi


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a parlare degli ordini monastici e cavallereschi, dei concordati colla santa Sede, delle convenzioni diplomatiche, delle trasformazioni dei consigli di stato, e delle assemblee consultive.

Nel primo volume prendendo le mosse dal me«dio evo le sue investigazioni intorno alla costituzione dei Municipi, ai beni allodiali, al feodalismo, all'enfiteusi, alle leggi e statuti con cui governa vasi lo Stato, vengono a scontrarsi con quelle di Savigny, di Thierry, di Guizot, di Balbo, di Cibrario, di Promis, di Arrigo Leo, di Trova, di Pagnoncelli e Morbio. E quella età da cui un nuovo ordine di cose a noi provenne può asserirsi essere stata per tali elaborate lu cubrazioni rischiarala in modo di essersi rinvenuta la chiave che ci pone dentro a conoscere la fusione di quegli elementi che prepararono la grande e universale rigenerazione.

Laonde la Storia delle Finanze è libro di molta e recondita sapienza, ove si apprende la vera ragion di stato, l'arte di dilatare i regni colla pace e coi sussidi delle scienze, dell'attività, dei commerci; come il fiorimento delle industrie vada di accordo colla pubblica morale, e come quella ingeneri le più belle virtù, e scaldi gli animi


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di dolcissimo amor patrio diffondendo gare onorate, sereni affetti e intemerati connubi,Di là si deriva che nella ragion degli uomini è riposta la prosperità delle nazioni, che i bisogni e la religione e i climi e i suoli ne determinano il modo di essere, e sono ad un tempo causa ed effetto di vari e stragrandi avvenimenti; che le autorità, le leggi e le istituzioni stanno a conciliatrici degli animi, a tutela dei dritti, a proteggimento del giusto e dell'onesto, a freno dei soverchiatiti e smodati appetiti, che poscia degenerando strascinano a trasordini e sviamenti di ogni maniera.

Ivi è esposto tutto quanto concerne le adunanze scientifiche, letterarie ed artistiche, le imposte, i privilegi delle corporazioni, le pinacoteche, l'istruzione e la salute pubblica, i teatri, i provvedimenti annonari, la beneficenza, le biblioteche, i campisanti, l'armata di terra e di mare, le manifatture, il sistema monetario, le compagnie di commercio, le associazioni caritatevoli, le interne comunicazioni, il coltivamento dei boschi, il reggimento ipotecario, le regalie, i vincoli apposti all'agricoltura, e ai cambi delle merci, il cangiar delle dominazioni e i dissesti economici.


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Promuovendo ogni guisa di ragione i suoi pensamenti si mescolano allo interesse dei Governi, dei popoli, delle nazioni e degli individui, e stabiliscono massime direttrici su le dogane, su la libera universal concorrenza, su la circolazione dei cereali, su le crisi di commercio, sul pauperismo e su la divisione dei lavori principalissima molla per mettere in largo molo il valor personale, le capacità e i diritti; delle quali massime parecchie sono state tolte a prestanza e acconciamente ampliate e connesse dal Ganilh ai suoi principi di economia politica e di Finanza  traenti pur troppo dal tesoro della moderna sapienza italiana.

Rivendica la memoria d'illustri cittadini che avendo accresciuto lustro e decoro alla patria si ebbero la noncuranza e l'ingratitudine dei contemporanei;

(*) Principes d’économie politique et de Finance appliqués, dans l'Inter et de la science, aux fausses spéculations, et aux fausses entreprises des particuliers par M. Ganilh. Paris. — Di questa opera divisa in selle libri apparve il primo fascicolo nel 1835. — Le sue vedute sociali e la definizione su le ricchezze sono conformi a quelle del Romagnosi, le sue osservazioni applicate alle cose di Finanze odorano dei principi del Bianchini, e il libro settimo sul rivolgimento del commercio Britannico avvenuto nel 1825 contiene il succo dell'opuscolo pubblicato dal Pecchio molti anni prima su tal soggetto.


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proclama la riforma del sistema penitenziario in nulla conforme alla squisita filantropia del nostro impareggiabile codice penale, e ammodatamente v'introduce patetiche e commoventi avventure, le quali potrebbero con bel successo esser prese ad argomento dagli scrittori di novelle (4).

A vergogna di coloro che ignari delle cose patrie con aria di gran' barbassori vogliono a tutta forza assegnare nella Germania la culla della Statistica, fa chiaramente conoscere nei registri de felari, di cui valevasi il magnanimo Monarca Ruggieri, i primi ben ordinati modelli statistici, che presentavano la descrizione politica del Regno, e che forse possono estimarsi meno incompleti di quelli che sette secoli dopo seppe immaginare l'Anchewal preceduto dalle fatiche e dalle idee di Polo, di Machiavelli, di Barbaro, di Foscarini, di Botero e di Bartoli veri fondatori della scienza aritmetico-descrittiva (*).

Le quali testimonianze ridonando alla patria comune un bellissimo vanto di sapere non possono non riuscire sommamente desiderate e gradite ai cercatori della soda dottrina.

(*) La Sicilia ricorda un bel monumento di statistica nella visita sacra di Monsignor De Ciocchi».


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Di quando in quando vi s'incontrano gravissime considerazioni sul modo di soffermare e presentire le conseguenze di una cattiva amministrazione che per lui sono meno riparabili delle rivolture, delle calamità e dei flagelli.

À dir breve vi è la storia di tutti i civili stabilimenti, di tutte le amministrazioni, delle vicende del dritto pubblico e nazionale, della legislazione, della economia civile, delle industrie, della proprietà, dei maggiori avvenimenti politici che influirono su la cosa pubblica; vi è ritrattal’indole d'ogni epoca e tracciata la via al progredente incivilimento colle più sane e liberali dottrine.

Enrico Leo, indefesso cultore delle scienze sociali, nella Fisica dello stato di cui non conosciamo che la sola prima parte, segue l'ordine del Bianchini nel parlare dello sviluppo dei poteri concorrenti al buon viver civile, e dall'intero piano della opera si desume che tratta egli scientificamente quello che il Bianchini ha trattato storicamente. — Il che comprova il merito insigne della Storia delle Finanze in cui è anticipato il progresso della Ragion Civile con profondo accorgimento, e che l'Autore meglio che nei documenti


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seppe studiare nella idea, nella vita attiva e reale dei popoli, ravvisando nelle solenni manifestazioni e nei materiali suoi mutamenti, una necessaria conseguenza di fatti morali, di principi e di opinioni venuti assai prima a maturanza, e discesi nei petti delle moltitudini. Dappoiché nella stessa guisa che l'atto è preceduto dal concetto, l'amore dalla impressione della bellezza, la virtù dalla conoscenza del bene, la realtà dall’astrazione, così seguendo la genesi delle idee di un popolo in complesso si trova in esse la rivelazione dei fatti che dovean succedere. E questo è l'ufficio del filosofo che dal tesoro della Storia deve trarre gli ammaestramenti per l'uomo sociale, del filosofo che si propone di spandere la vita spirituale per distruggere quello aggregato di potenze, che fa urto alla ragione, altera le sembianze della Rettitudine, e commette la sua difesa al mistero e all'ignoranza, i quali fan credere libertà la schiavitù della mente, civiltà la barbarie, la miseria ricchezza, il coraggio avvilimento, la virtù fanatismo, prudenza il non far nulla. Pochi han sentito questo vero come il Bianchini, pochissimi lo hanno rappresentato nelle proprie opere, e niuno finora lo ha fallo meglio di lui


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nelle cose di Finanza. —La sua opera contiene germi di bene universale, e la sola introduzione nella quale stà il ritratto morale di questa età sollecita di perfezionamento, di civiltà, di grandezza basterebbe a far pruova bellissima di quanto francamente affermiamo. Il dogma della scienza che vi signoreggia è la felicità dei più, il trasportare nelle moltitudini i godimenti e le ricchezze che come privilegio stanno circoscritte ai pochi, il far servire tutte le istituzioni come strumenti di questa santa causa sociale. À ciò lo spingeva la propria vocazione fin dalla adolescenza, a ciò mirava colle opere e cogli esempi, a ciò allorquando in settembre 1834 assumeva per invito la direzione del Progresso invece del fervido Giuseppe Ricciardi.

Non attenersi ai nudi pregi letterari qualunque si fosse l'imponimento del nome, avviare la presente generazione allo studio de9 fatti, alla pienezza del pensiero, farla curante delle cose, aprir libero campo alle discussioni, emancipar le menti dal giogo delle idee straniere, destinar premi annuali per la trattazione di proficui argomenti, sottomettere ogni fatica, ogni cura al principalissimo scopo di procurare il massimo vantaggio


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morale al massimo numero, erano i principi statuiti dal Bianchini nella compilazione del Giornale. Ebbe cura ancora ad assegnare le sedute ordinarie nelle quali come a far gara di sapere intervenivano i collaboratori. Tanto era l'ardore con cui si andavano' promovendo le dottrine dell'incivilimento (*) !

Per tal ragione il Progresso suppliva in modo più vasto e svariato all'Antologia di Firenze, di cui tutt'ora fortemente si lamenta la perdita, dando impulso agl’ingegni Italiani a ricongiungere i rotti legami del sapere, a chiamare a vitale unità le scienze solitarie; e per tal ragione sempre più impreziosito dai lavori moltiplici del Bianchini, di Giuseppe di Cesare, dei fratelli Baldacchini, di Ulloa, di Ferrigni, di Mele, di Burini, di Blanch, di Giuseppe della Valle, di Rocco, di Tortora Brajda, di De Augustinis, di Montanari, di Venanzio, di Cagnazzi, di Liberatore,


(*) Uopo è notare che colle lor cure molto giovarono prima del Bianchini al Progresso il Liberatore e poi il de Cesare, quando temporaneamente ne tennero la direzione. Il medesimo giornale quantunque ora si produca sotto il nome del Bianchini , pure col fatto è benissimo regolato dal menzionato de Cesare, che sostituisce il Bianchini durante il suo soggiorno in Sicilia.


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di Collechi, di Jannelli, di Montanelli, di Tenore, di Pilla, del Conte Lucchesi Palli, di d'Ayala e di altri rinomati 'autori esprimeva bene il titolo ed offeriva un potente veicolo di civili miglioramenti al bel paese, che Appennin parte il mar circonda e le Alpe.

In cotal modo sorgeva il Bianchini più vigoroso d'animo, e S. R. M. volendolo guiderdonare comandava per mezzo del Ministero delle Finanze nel 17 maggio 1837, che pel merito della Storia fosse ei messo al governo di una competente carica di amministrazione pubblica. — Ai cinque di giugno dell'anno stesso S. E. il cav. Santangelo lo proponeva per uffiziale di carico presso di sè nel Ministero degli affari interni, e S. M. si degnava annuire alla proposta.—È legge veramente salutare e degna sempre più di estendersi quella che dichiara che gli ufficiali, i quali amministrano il pondo di un carico o di un ripartimento debbono essere prescelti per valor di scienza, onde agli ufficiali volgarmente detti di rotina non vadano agguagliati coloro che nel fior degli anni sono abili a prendere il reggimento degli affari, e questa legge che sempre più o meno è stata osservata a seconda dei bisogni,

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e della cultura dei tempi, giammai fu quanto ai nostri dì favorita ed apprezzata.

Uno dei caratteri più manifesti del secol nostro è la prevalenza del inerito, del di cui colore prestissimo si tingono le cose, e il sapere tanto influisce su le sorti della società quanto uomo pubblico ed Autore suonan oggi sinonimi, come prima suonavan sinonimi letterato, e sventurato. Segno di grandezza è il veder onorata la Virtù in una nazione, come lo è di scadimento e di nequizia il vederla segregata dai pubblici ordinamenti, poiché seguendo il detto di Patercolo, i grandi affari abbisognano di esecutori ancor grandi e nuoce talvolta la mediocrità pur nei piccoli. Ed interessa agli stati che gli uomini utili siano onorevolmente distinti, e che siano colla possanza premiati i loro servigi. La Grecia, e Roma fra gli antichi, l’Inghilterra e la Francia fra i moderni han seguilo la massima che la virtù in chiunque ed ovunque si trovi dee venerarsi come celeste emanazione, come bene supremo.—Laonde divincolati gl'ingegni dai moltiplicati lacci che l'infinito numero degli stolti andava apponendo ad ogni passo, salgono in cima degli onori, e migliorano le condizioni degli amministrali.


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Tacendo delle forestiere nazioni, e limitando i nostri sguardi all'Italia veggiamo che non vi ha staterello o culta provincia che non vanti una buona storia, una esatta statistica, o una benefica istituzione, di cui non sia debitrice ai lumi dei suoi amministradori, i quali occupandosi a conoscere gli uomini, ed i luoghi ove esercitano la loro missione sono di continuo indotti a provocar dai Governi disposizioni che tornino a vantaggio comune.

Intanto la gran marcia dei lumi si avanza con mirabile celerità, e l'attuale attrito di stampe e ristampe, di Giornali, di atti accademici, di raccolte di opere magistrali, e di frequenti cambi di libri, e le tante discussioni onde farli liberamente ed ovunque circolare, ci porge lietissima occasione a sperar meglio nei futuri destini. Come sorgemmo dall'avvilimento dei secoli barbari il moto della stampa è divenuto sempre più. progressivo, e l'Italia nel secolo XVI che era la nazione più civile del mondo, la sede d'ogni vera e stabile grandezza dei cinquanta mila volumi stampati in quel secolo, quaranta mila li attribuisce unicamente a se. D'allora in poi il numero dei libri è cresciuto di tanto che la sola Italia in ogni anno di questi ultimi tempi ne ha dato alla luce pressocché sei mila.


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Il traffico dei libri al presente è a riputarsi il maggiore fra tutti e per gl'interessi morali e materiali dei popoli, e per l'incremento della istruzione, e pei legami che stringne e rinnova negl'individui e nelle società, e pel corso rapidissimo con cui strascina presso di se le volontà, gli affetti e le idee dando l'impronta a tutto quanto sottostà agli sguardi dell'uomo. —Vedete con quale attività i torchi producono e riproducono le opere d'ingegno, come di giorno in giorno aumenta il giornalismo, e con esso il numero dei lettori, delle arti, dei mestieri e delle professioni! — Vedete come tutte le azioni, le opere e i pensamenti vengono registrati nei Giornali, negli Almanacchi, nelle Strenne, nelle Guide, nelle Statistiche, nei Viaggi, negli Album, nei Vaudevilles e con quale rapidità vengono ovunque conosciuti! — Vedete come ognuno ama partecipare alle pubbliche opinioni, e rappresentare una parte nelle scene che si succedono nel mondo! Quanta intensione nel comunicare, quanto spirito di associazione nel tirar le cose a beneficio dei più!

Da questo cumulo di libri, di cognizioni, di scienze, di discipline, di travagli e d'industrie ne è seguito


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che gli studi statistici sono saliti in altissimo pregio come mezzi d'ordine fra tanta con fusione compendiando in brevi e sugosi quadri i progredimenti dello spirito umano e rigettando tutte le erudite inutilità.

Navi a vapore, strade di ferro, macchine, casse di risparmio, paludi disseccate, viaggi, compagnie di commercio, ponti, teatri, pinacoteche, pubbliche esposizioni di arti e d'industrie non sono che effetto del divulgato sapere, che aumentando i bisogni e additando i modi di soddisfarli spinge potentemente l'umana famiglia al suo perfezionamento. E di tutti questi benefìci e di mille altri si manca ove il commercio dei libri è languido, senza vita e calore, compresso e respinto.

Non cape nello scopo della nostra narrativa il proclamare come si vada allargando l'impero della sapienza e il culto che si rende agli uomini celebri, ma ci piovono nell'anima le più consolanti impressioni nel considerare che ormai non ci è più d'uopo aspettar la fama oltre il sepolcro, e che l'andare all'acquisto del vero non ci costa oltre al sacrificio delle astruse applicazioni e dei più dolci allettamenti della vita, le persecuzioni e le migrazioni e le carceri e le miserie,


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che abbassando l'altezza dello ingegno lo astringono a povere idee, a reprimere gli slanci del genio. — Dappoiché abbiam veduto intervenire talvolta per le scienze quello che interviene per le arti, che esercitate da mani bisognose danno opere stentate, fragili e imperfette; e nulla vale ad inasprir l'uomo che sente nella propria coscienza dignità di se stesso quanto l'accattar la esistenza a frusto a frusto.

Parrà stranezza, ma pure la é così: il ritrovato della polvere rese meno potenti le armi della guerra, il ritrovato della stampa quelle della invidia; le une e le altre o uccidevano o ferivano ad ogni colpo pria di quelle scoverte mirabilissime, oggi o di rado si adoprano o di rado uccidono e feriscono. L'invenzione della polvere riformò la tattica militare e leggi più. umane fece adottare, quella della stampa accrebbe forza e vigore al merito, infiacchì e coperse di rossore l'ignoranza, fomite stupendissimo delle più ree passioni. L' età nostra non ha titoli e fortune maggiormente desiderati di quelli che dalla virtù si conseguono, e le eccellenze viventi sono dappertutto con volenteroso animo inchinate e riverite. L'autore di un buon libro è sicuro di ittarvi tanto


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da nuotar fra gli agi per tutta la vita, e di sentir lodato il suo nome nel nuovo e vecchio mondo, dappoiché le opere migliori si trasportano da una lingua all'altra e tantosto cadono nell'universal patrimonio rendendo ai popoli men dura la necessità delle diverse favelle separatici delle menti. — E se alle nostre parole non credete, crediate pure a quelle immagini, iu cui i vostri occhi s'incontrano percorrendo le città, e che vi mostrano Romagnosi e Cousin, Botta e Sismondi, Manzoni e Scott, Pellegrino Rossi e Lerminier, Carmignani e Michelet, Pellico e Bulwer, Rossini e Maveber, Tenerani e Torwaldsen e cento altri intorno ai quali riverente la moltitudine si raccoglie per offrirgli il tributo dell'ammirazione.

L'Inghilterra, la Francia, la Russia e l'Àlema gna vi mostrano i Brougham, gli Àlthorp, i Lan dswn, i Wisan, i Melburne, i Crawford, i Birkbek, i Wise, i Thiers, i Guizot, i Julius, i Villemain, i Duellateli, i Dupin, i Ducpetiaux, i Navi Ile? i De Guroff, i Raumer, i Mittermaver, i Cramer e cento altri tutti assorti in affari di stato, e solleciti a prender parte nelle faccende che la nazione ris guardano. Né le Italiane province cedono a quelle oltralpe


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 ed oltremare in questa splendida gara di adibire il merito nelle cose governative, e siam contenti di additar tra i nostri e Balbo, e Manno, e Piola, e Saluzzo, e Cibrario, e Sclopis, e Promis, e Sauli, e Fabroni, e Frullaui, e Fossom broni, e Mazzarosa, e Serra, e Scopoli per tacer di tanti altri che lungo sarebbe il nominare. Avviene quindi naturalmente che il governo delle còse politiche nelle illuminate e fiorenti nazioni si riunisca in coloro che tengono il governo delle lettere, come di leggieri si può desumere dalla galleria dei diplomatici, che in Lipsia vede la luce.

E il merito anche segregato dai poteri materiali riscuote omaggi sì duraturi, sì universali e spontanei, che molti fra i letterati ricusàn gli ambiti obblighi dei pubblici uffici.

Rappresentate al vostro pensiero quanta emulazione, quanta fama e quali guiderdoni può ritrovare l'ingegno nelle pubbliche esposizioni di Londra, di Roma, di Parigi, di Vienna, di Milano, di Napoli e di Berlino? Non è guari in Fivizzano per coronare il poeta Bagnoli si dava una solenne festa civica, in Novara per debito di riconoscenza si collocava la statua della contessa Tornielli Bellini


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nel Collegio di Arti e Mestieri da lei fondato, e quasi in tutte le cospicue città d'Italia si vanno ergendo monumenti a Galileo, ad Oriani, a Beccaria, a Parini, a Monti, a Roma gnosi, a Botta, a Bellini. La Bandettini e la Taddei poetando alla sprovvista van conseguendo ovunque lietissimi trionfi, la Ungher comanda la penna del Giordani a scrivere il di lei encomio, Donizetti vede per concorso offrirsi tesori a un suo spartito, e Pomba ed Antonelli, e Batelli e Missiaglia stampano a migliaja a migliaja le opere utili e popolari. Il Genoino coi suoi drammi trae le lacrime dagli occhi dei fanciulli, ed il Nicolini nel rappresentarsi la sua tragedia il Giovanni da Procida ottenne sì rumorosi, sì grandi e vivi applausi da commuovere ogni gentile spirito, e la madre sua presente a quello spettacolo per colmo di gioja e di tenerezza lì stesso mancò ai sensi, e inebriata di avere un tanto figlio, dopo pochi giorni lo spirito esalava.

Fellemberg col suo istituto di educazione, Cosimo Ridolfi coll’istruire la gente di campagna, Aporli, Lambruschini e Parravicini collo istituire scuole popolari, il Marchese Tempi coll’aprire una scuola gratuita di disegno lineare applicato alle arti,


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il Marchese Mazzarosa col dedicare nella sua villa un tempietto agli illustri Lucchesi hanno chiamato sopra di se l’attenzione e le benedizioni dell'Europa.

La Maestà del Re N. S. ha restituito all'Italia il maraviglioso ingegno del Melloni destinandolo con largo stipendio a Direttore dell'Istituto d'industria di arti e mestieri in Napoli; la Maestà di Carlo Alberto Re di Sardegna raccoglie i dotti della sua nazione componenti la rinomata Deputazione di storia patria nel proprio Real palazzo sotto i suoi auspici, il Re di Danimarca promuove insieme ai principi Reali la Regia Società degli antiquari del Nord, e il Gran Duca di Toscana si pregia del diploma di socio corrispondente della Reale Accademia di Londra.

Luciano Bonaparte è conosciuto più come autore della Fauna Italica, che come fratello di Napoleone, come S. M. il Re di Baviera, e S. A. R. il Principe Giovanni Duca di Sassonia più che per la autorità del potere e per la dignità del nome, e dèi natali son conosciuti, il primo per le elegie sopra la Sicilia, e l'altro per la versione fatta della Divina Commedia in lingua Alemanna (*).


(*) Questa versione l'ha pubblicata sotto il nome di Fila rete.


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—Né S. A. il Duca di Sussex avrebbe sì chiara rinomanza se nella Storia delle lettere non venisse ricordato come munifico Mecenate, e come Presidente della insigne Accademia Reale residente nella città prima del Regno Britannico.

E se i Teatri, le congregazioni letterarie, i Giornali, le Università sono palestra agl'ingegni che sentono il piacere di espàndersi, la società Montyon e Franklin è sollecita a registrare le opere utili e a trarre dalla oscurità quelle azioni che la ritrosia ama sottrarre alla luce del mondo. Così la bontà trova pure il suo premio, ed il suo esempio diviene eccitamento e semenza di virtù.

A che dunque muover lamento contro l’attuale generazione giudicandola infeconda di grandi cose, e priva di speranze per gli uomini migliori! A cotesti queruli, e malinconici declamatori suonino alle orecchie queste parole di Agostino Thierrv, che prostrato sotto il fiero travaglio, infermo e cieco gridava

» Perché andremo noi dicendo con tanta amarezza, che nel mondo, così ordinato come è, non vi è aria per tutti i petti, non arringo per tutte le attidudini?


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Non abbiam noi gli studi gravi e tranquilli, in cui ciascuno può ritrovare una carriera, una speranza, un rifugio? Con essi noi attraversiamo i giorni tristi senza sentirne il peso, e da noi stessi ci formiamo la sorte nostra e nobilmente spendiamo la vita. Questo è che io feci, e che ancora farei; e se dovessi mettermi di nuovo in via, piglierei quel sentiero che mi ha condotto al punto ove ora mi trovo. Cieco ed infermo, senza speranza e quasi senza posa addolorato, io posso ben rendere questa testimonianza, che non sarà su le mie labbra sospetta; v'è nel mondo qualche cosa che vuol essere pregiata più dei piaceri materiali, più della fortuna, più della stessa salute, ed è l'amor della scienza.»

Oh! noi beati cui fu dato in sorte di vivere in un secolo in cui il sapere non ha d'uopo di fautori e di mecenati e che per se stesso ottiene lucri ed onori, splendore e potenza. Le Gallerie dei contemporanei che in gran numero si stampano in Francia, in Inghilterra, in Alemagna, negli Stati Uniti di America, ed anche in Italia


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mostran chiaramente che i soli sapienti hanno per patria il mondo, e che per avere eretti monumenti e statue, e fregiarsi di corone e di medaglie non è d’uopo che pongano i pie' nella tomba.

Le lodi per tal modo han vaglia ad accrescere in noi quelle doti che ci fan degni della celebrità, e questa più fruttuosa diventa e più dilatasi esercitando la sua influenza sopra chi tutta può sentirne l'ineffabile dolcezza, ed anela di sempre più meritarla cogli studi, cogli ardui travagli e coi nobili sudori in prò del sociale perfezionamento. Il che torna vano pei trapassati, ché quantunque elogi gli si tributino, e gli si rizzino bronzi e marmi riescono indifferenti e tali pompe rivelatrici della riconoscenza dei posteri possono soltanto valere ad accendere in essi il desiderio di emularli.

Per mettere la morale in azione, e rendere la sapienza veramente proficua ed operativa è indispensabile, che la vita degli uomini i quali possiedono ricchezza di conoscenze e di persuasioni sia dedita al maneggio dei pubblici affari. E con tale intendimento si sono snidati i dotti di mezzo ai penetrali delle biblioteche


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per non andar dissipala in ¡speculazioni la feracità dei loro ingegni, e non restar come documento di erudizione nel registro dei quotidiani pensamenti Futilità dei loro principi.

Infatti trascelto il Bianchini per uffiziale di Carico nel Real Ministero di Stato degli affari interni i suoi servigi riuscirono si bene accetti ai sagace e zelante Ministro, che appena scorsi sei mesi fu promosso dal Re allo importante uffìzio di Capo del Ripartimento degli affari interni in Sicilia allorquando proponevasi la M. S. di migliorare le condizioni economiche della medesima. Giunto il Bianchini a Palermo nel mese di gennajo 1838 attese a regolare con indefettibili norme il suo Ripartimento, e prese parte ai più importanti lavori di quello delle Finanze applicando sempre con sicurezza d'occhio i provvedimenti, che la esperienza ajutata dalle teoriche aveva dimostrato dai finali risultamenti riuscire alle riforme richieste dai tempi, coi quali cangiano così le pubbliche come le peculiari istituzioni.

Indi colla qualità di collaboratore destinato ad accompagnare il Duca di Laurenzana Luogotenente Generale nel viaggio che per sovrano comandamento


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 doveva eseguire per l'interno della Sicilia, gli venne fatto di conoscere lo stato generale delle Finanze e della civile amministrazione, e quello speciale d'industria e di agricoltura d'ogni paese, le sue fortune, gli elementi della sua ricchezza, i suoi bisogni economici. Osservò di quali modificazioni abbisognava il catasto pel tributo dei beni fondi, la riscossione del dazio su la macinatura de' grani, l'amministrazione dei patrimoni delle Comuni; quanti avanzi di feodalismo restavano a distruggersi, e terre comuni e promiscue a dividersi; quanti abusi mantenevansi in vigore sotto titolo di diritti; quante opere pubbliche languenti e deviate dal loro scopo; quante contrade privilegiate di ubertoso terreno per mancanza di strade e di ponti non trovavano sfogo alle loro produzioni; quante scuole deserte per discordi, nojosi e fallaci metodi di educare; quali le vere sorgenti dei reati, quali i procedimenti giudiziari che proteggendo l'astuzia stancano l'onesto litigante; quali le sconcezze, i duri trattamenti, le negligenze che si commettono verso quegli sciagurati che stanno rinchiusi nelle prigioni e negli ospedali; quali i danni arrecati alla salute pubblica dall’ignoranza di coloro che professano le scienze medicatrici;


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quali i pregiudizi diffusi nel popolo a sostegno delle ineguaglianze e dei privilegi, e a freno del corso dell’incivilimento.

Questo viaggio che per altri sarebbe stato oggetto di sterile curiosità eccitò nel Bianchini in mezzo alle sue svariate e moltiplici occupazioni la generosa idea di comporre la storia economico civile della Monarchia Siciliana, col pensiero che facendo seguito a quella di Napoli veniva ad offrire un più completo sistema delle nostre Finanze, un repertorio da consultarsi come manuale di Stato. — Con tal carattere era egli a se stesso il filosofo che parlava all’uomo pubblico, che pensava ed esperimentava inserendo la teoria al fatto per ritrarne quel lume di verità, ch'è il principio e la base delle pubbliche amministrazioni.

La sua peregrinazione pei Comuni della Sicilia fu continuata per mesi quattro, durante i quali trattò gli affari di Grazia e Giustizia, di Finanza, di Polizia non che gli ecclesiastici e stranieri oltre a quelli del suo Ripartimento, che nel tutto formavano un carico da soverchiare le forze dell'uomo il più laborioso. — Nondimeno il Bianchini oppresso fra tante fatiche intendeva con esemplare solerzia


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 a ruminare archivi, a far conserva di scritture e documenti illustrativi la Storia, a prender contezza di tutto quello che valeva ad appagare il desiderio della scienza, e a stenderne talora rapporto di ufficio.

Reduce quindi in questa Capitale, coltivò sempre più quella prima idea di comporre la Storia economico-civile della Sicilia, e a poco a poco gli venne crescendo di tanto il lavoro fra le mani che in meno di due anni è stato condotto al suo termine, e già la prima parte è prossima a comparire al giudizio del pubblico. E mentre questa sta sotto i torchi di Napoli, in Palermo si ristampa la Storia delle Finanze di quello Stato trovandosi del tutto esaurita la originale edizione. La Storia di Sicilia è contenuta in due libri (*). Nel primo si discorrono le vicende di Sicilia dall'epoca de' Normanni insino alla venuta di Re Carlo Borbone, e nel secondo da questo tempo insino al presente. Ogni libro è suddiviso in quattro parti. Nella prima vien fatta la esposizione di quanto riguarda le istituzioni politiche, l'amministrazione in generale ed i più memorabili accidenti politici e civili. Nella seconda trattasi

(*) La stampa di tale opera sì esegue nella Tipografia Reale di Napoli.


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de' sistemi, delle leggi e di tutt'

Noi opiniamo che le Storia della Sicilia sarà meglio distribuita, più maturala e ricca di economici e politici avvertimenti di quella di Napoli, e che vi si scorgerà per entro maggior pratica degli affari, maggior possesso di lingua e copia di sentenze non che uno stile diverso dal primo per colore ed energia di concetti, per suono e collocamento di parole.

Che se cosa ti lascia a desiderare la storia di Napoli si è appunto un migliore ordine nelle materie, una lingua più netta e più elegante e il troncamento di talune ripetizioni: lievissimi difetti che scompariscono fra i tanti e tanti pregi massicci di quel vasto lavoro, e che d'altronde saranno largamente compensati nella Siciliana Storia, la quale abbiano fiducia che riuscirà tale


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da fronteggiare le più classiche opere economiche di penna italiana e diciamo di penna italiana perché gli italiani squadrano a fondo nelle cose, e fanno uso di un buon senso che vale a preservarli dalle stranezze e dallo spirito di sistema, in cui spesso inciampano Inglesi e Tedeschi, Francesi e Spagnuoli per soverchio calore o per soverchia freddezza di mente.

Sul Dritto noi abbiamo molte storie erudite, diligenti e minuziose, ma l’influenza del dritto sull'andamento delle cose pubbliche, ch'è la parte più proficua della storia civile, è stata pur troppo messa in non cale e lascia desiderare esami bene approfondati e conducenti a ravvicinare quei fatti che hanno regolato le vicende della proprietà e dell'industria. In ciò ha adoperata la sua maggiore attenzione il Bianchini, e crediamo che sia andato più innanzi di ogni altro. Perciocché i suoi racconti alla severità del giudizio congiungendo spesso l'originalità del concetto, e lo appoggio di documenti rari e inediti, acquisteranno autorità moltissima, e spargeranno, per così dire, una irradiazione su tutto il campo della storia nostra.

Frattanto adempiendo il Bianchini alle cure e


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ai doveri del suo ufficio con animo ardente del pubblico bene prosegue indefesso a meditare, a rovistar pergamene e manoscritti, a compartirli e  trascriverli con quel metodo, che tende a facilitare i suoi disegni. Cosi ad un tempo si affatica al ripulimento della Storia economica di Sicilia, e a compilare altra opera, che dalla ampiezza del proposito fa presentire, che mira a mutamenti di sistema, e a produrre nuove formule circa ai poteri e ai diritti sociali.

Il che comprova la veracità di questa sennatissima riflessione del Pecchio » Non aver noi una idea adequata del valore della nostra mente, sopratutto quando la sua attività va congiunta a fertilità. Bacone che in mezzo alle infinite occupazioni della carica di Cancelliere trova tempo di meditare, e distendere un nuovo sistema di filosofia, Ariosto che fra le cure di governatore, di segretario di un cardinale e di guerriero, ha campo di scrivere un poema ancor più bello che lungo, sono due esempi de gli sforzi, di cui la nostra mente è capace.»

L'indolenza trova tutto difficile, tutto facile l'attività. Quando alle doli dell'ingegno è accoppiato tenace e perseverante volere ogni ostacolo sparisce,

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e staremo per dire, che le migliori opere che durano al mondo le dobbiamo più presto ad invitto volere, che a potenza d'ingegno, dappoiché la perseveranza esige quel tanto di pazienza, che d'ordinario manca agli uomini di genio, e che é il sostegno ed il nerbo di tutti i ritrovati, di tutte le grandi opere, e delle grandi imprese.

Quando i mediocri ingegni hanno prodotto qualche lieve fatica si assopiscono col lenocinio delle lodi, e colle dolciate paroluzze dei giornalisti; e pel contrario i valorosi s'infiammano a più alte e nobili opere a misura degli applausi che riscuotono. Tutti i grandi per questa via sono giunti alla immortalità, e chi voglia agognarvi deve seguirne le tracce. — Se il Bianchini s'innoltrerà nella stessa guisa finora adoperala l'Italia lo terrà a compenso di molte perdite non è guari sofferte di gloriosi suoi figli in ogni genere di studi e precipuamente nelle economiche discipline. — A noi siciliani quanto più teneri di amor di patria altrettanto bramosi di partorirle fama e rinomanza, sarà bellissimo onore ed eccitamento il veder messi in chiaro da penna non siciliana e però non sospetta, la sapienza dei nostri maggiori e delle nostre istituzioni,


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che allor solo abbiam saputo apprezzare quando ci è venuta sotto fogge straniere copia di copia.

Qual tesoro di scienza politica e legislativa è contenuto nei parlamenti nostrali, nelle prammatiche, nelle sicule sanzioni, negli statuti, nelle storie e nelle leggi speciali del Regno! Quante vedute filosofiche, qual nobiltà e maestosa grandezza e civile prudenza e cognizione degli uomini e vera dottrina non traspare nei provvedimenti del fondatore delle nostra splendentissima Monarchia, e nei suoi continuatori Federico d'Aragona, Guglielmo il buono, Federico Svevo, Alfonso, Martino II, Ferdinando il Cattolico, Vittorio Amedeo, Carlo III!

Di quanti peregrini avvenimenti, di quanti atti eroici, d'imprese ammirande, di scoverte e perfezionamenti non è stata teatro la Sicilia nostra, alle di cui venture sono stati legati spesse fiate i più strepitosi casi, da cui ¿.derivato uno smembramento e ricomponimento di sociali istituzioni! Questa Sicilia che da molti si vuole sfinita, esangue, agonizzante, questa Sicilia è quella istessa che ogni giorno accoglie nuovi ospiti e nuovi ammiratori nel suo seno; è quella istessa che provvede di preziose derrate


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buona parte del mondo; è quella istessa che ogni giorno va crescendo di popolo, di commercio, di opere pubbliche, di studi, di coltura e d'ingegni; che più non ricompra dallo straniero le proprie merci lavorale; che ha aperte al commercio le sue miniere di ferro, di marmo e di zolfo; che ha eretto grandi e filantropici ricoveri ai mendici, ai matti, ai trovatelli; che alle industrie ed alle arti gentili ha dato incoraggiamento ed onori colle pubbliche e solenni mostre; che vede sorgere la immensa mole delle nuove prigioni, opera degna di Roma; che vede spingere con alacrità l'impresa di mettere in corrispondenza Comuni e Province con ben accommodato sistema di strade; è quella istessa che nella sventura del cholera perdette Scinà, Tranchina e Pisani, i quali congiunti a cento altri chiarissimi intelletti la rappresentavano non seconda agli altri stati della penisola, madre fecondissima d'ogni guisa di civiltà e di studi.

Ornata di tanti doni, di tante meraviglie, e vanti e privilegi muove vaghezza di se fino in remote regioni, ove insigni autori con animo infervoralo concorrono insieme ai nostri per rivelare quella intrinseca potenza, di cui Iddio l'ha dotata, e che noi stoltamente trascuriamo,


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disperdiamo, calpestiamo sottraendo a noi stessi ed ai nostri fratelli delizie al cuore, conforti alla vita, impulsi al pensiero, norme ai volere, grandezza ai popoli, nerbo ai Governi, valori al mare, all'aria, alla terra » Siam grandi ma non quanto esser dovremmo; e siam l'ombra anzicché i figli di quei che in Enna, in Agrigento e Siracusa vidderoa loro piè popoli tributari, inchinate bandiere, Cartaginesi espulsi, chiedente ajuto la Grecia; di quei che poterono spiegar mille vele, apprestar flotte ed eserciti, e tener l'impero dei mari colle armi e coi traffichi, e operar portenti col poderoso braccio dei Dioni, degli Agatocli e dei Geroni, e coll'ingegno degli Empedocli, dei Caronda, degli Epicarmi, dei Filisti, dei Gorgia, degli Archimedi e dei Diodoro. E se la Sicilia fu tale in tempi che la civiltà era debile e parziale, qual oggi esser potrebbe ragguagliando il suo progresso a quello dei secoli? Oh! qual gioconda idea e9 inonda l'animo nel vedere prepararsi la restaurazione di questa nobilissima ed eletta parte del mondo! Oh! come è dolce dal presente interpretare il futuro, e il seguir col pensiero quella grandezza, cui la Maestà del Re N. S. indirizza questa sua splendida patria!


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Oh! come è dolce lo scorgere in questo punto il Sassone Guglielmo Enrico Schulz dettar la storia delle belle arti in Sicilia dalla loro origine fino a9 giorni di Michelangelo, di Tasso e di Machiavelli; il Presi, e il Philippi descriverne le ricchezze naturali; il Bertolotti delucidarne l'epoca degli Àrabi e fregiar di siciliani monumenti la storia del loro soggiorno in Italia; il Pennv Magazine ritrarrle ed illustrarne i luoghi più notabili e pittoreschi; e il Balbi, e il Marchese Carrone (*) decantar le bellezze, le feste, gli usi e le magnificenze della popolosa Palermo; e il Gussone e il Costa compilare la Flora e la Fauna Siciliana; e il Serra dichiarar la Sicilia la terra di un' abbondanza senza pari (**)  e l'Artaud ripetendo le lodi tributatele dal Rez zonico chiamarla la sede di Pomona, e degli incanti;


(*) Il Marchese Felice Garrone di S. Tommaso descrive lo Stabilimento dei pazzi di Palermo e le feste di S. Rosalia. V. la raccolta delle poesie e prose inedite e rare d'Italiani viventi, che stampasi a Bologna da Nobile e comp.

(**)  V. la Storia della Liguria del Serra voi. k., ediz. di Capolago.


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e il Re di Baviera salutarla come la terra dell'amore, inghirlandata di fiori, e prediletta al cielo; e Àrago e Plana e Libri pendere stupefatti dalla bocca dei fanciulli calcolatori paesani di Archimede; e Tommaseo e Zantedeschi e Mayer studiando nei fenomeni dei loro intelletti benedirne la patria qual conservatrice della celeste fiamma del Genio; e il Dugès intitolare Ingrassiate l'ala orbitale della testa della rana; e il Delle Chiaje dar vita novella alle scoverte degli Hodierna e dei Castelli (5); e riprodursi appo lo straniero le opere del Gargallo riconosciuto un dei migliori ornamenti delle lettere e delle italiane muse; e l'altera Parigi innalzare un monumento di onore allo Scrofani raccogliendo in un sol corpo tutte le produzioni di quel versatile non men che utile e leggiadro ingegno; e la Reale Accademia di Francia nominar fra i suoi soci il Duca Serradifalco. né con minor sollecitudine degli stranieri si attende oggi fra noi a mettere in bella mostra le dovizie proprie, benché le cose che più da vicino ci riguardano, e che facilmente possiam sempre a nostro piacimento osservare togliendoci lo stimolo della curiosità ci faccian vaghi a correr piuttosto


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presso le lontane, perché non è in nostro potere ed agio l'osservarle quando vogliamo.

Per la qual ragione il rivolgersi gl'ingegni allo studio delle cose patrie è non fallace indizio di avanzamento di cultura, di virtù cittadine e di quasi maturata concordia d'intelletti. Ed è osservabil cosa il fregiarsi ad un tempo istesso la Sicilia di un serto splendidissimo di Storie, alle quali difficilmente possono controppor sene di simil tempra.

Le antichità della Sicilia esposte ed illustrate dal Duca di Serradifalco, la somma della Storia di Nicolò Palmieri, la Storia naturale dell'Ab. Francesco Ferrara vengono a continuare quel grandioso ritratto della Sicilia delineato ed incarnato dal Mongitore e dallo Scinà per la parte letteraria, dal Testa e dal Di Gregorio per la parte del dritto pubblico, dai Di Chiara e dal Giampallari pel dritto ecclesiastico, e dal Fazel lo, dal Caruso, dal Gaetani, dal Torremuzza, e dal De Blasi per la generale narrazione delle vicende dello stato. Non manca adesso che della parte economica, la quale sarà fra non guari presentata dal Bianchini a compimento di sì onorante ed invidiabile opera, ed in modo che andrà compagnia


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di altro lavoro sollevandosi al di sopra degli autori che in tal sorta di componimento storico lo hanno prevenuto.

La Sicilia dovrà saper tutto il buon grado al Bianchini, che ha avuto la cura di consegnare nel patrimonio della Storia le sue tristi e fortunate vicende, ma non meno obbligato dovrà esserle il Bianchini per aver trovato il suo ingegno in lei quell'alimento, che niun'altro paese avrebbe potuto apprestargli in tanta copia, del che egli riconoscente scriveva ad un suo colto e gentile amico il miglior ricordo che posso lasciare alla Sicilia è la scrittura della sua storia economico-civile. E come il Quatremere De Quincy, il Roscoe, il Ginguené, il De Sade, l'Huard, il Winkelmann, il Menchenio, il Leo, il Sismondi, il Cooper e il Washington Irving debbono stimarsi più fortunati per avere illustrato l’Italia che V Italia per essere stata da loro illustrata, così dovrà estimarsi più fortunato il Bianchini di aver tolto ad argomento delle sue politiche ed economiche investigazioni la Sicilia, la quale insinuando nelle menti ordine, modo, istinti, attitudini, entusiasmo e desideri facilita l'ingresso negli arcani della scienza speculativa, dispone gli animi a gran cose, e dà più lustro


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di quanto possa riceverne dalla dottrina e facondia di chi la descrive.—Avvegnacché descriver non puossi senza essere invaghiti della sua bellezza e senza esser dominati e riscaldati dal pensiero che essa è pur quella famosa nazione che divise le glorie coi Greci, coi Cartaginesi e coi Romani, la nazione che diede alla luce i più grandi uomini dell'antichità, che fu stanza dei più celebri numi del paganesimo, che fu grande anche in mezzo ai Saraceni, che estese le sue armi, il suo commercio, le sue navi, la sua civiltà per tutto l'orbe conosciuto, che fu grande nelle sventure, grande in guerra, grande in pace, sempre feconda d'illustri ingegni, sempre generosa, sempre splendida nei fasti delle arti, delle scienze e delle lettere, e sollecita a imprendere, a inventare, a discoprire.

Sovente i popoli scadono dal loro lustro, é vivono di glorie morte nell'immagine del passato. Ma nel circolo delle sorti si osservano certe leggi costanti, che esprimono la volontà della Provvidenza che ha voluto in alcuni paesi collocare le fonti dell’incivilimento legando le leggi del pensiero a quelle della ragion dei luoghi, delle lingue e dei grandi accordi fra i principi


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generatori dell'armonia delle umane comunioni.

Perloché l'Italia è stata e sarà sempre la direttrice delle morali tendenze, delle forze dell’intelletto, e il Genio non potrà mai esiliarsi dalla Sicilia, ché la natura si piace di riserbare al suo impero inviolabile le supreme meraviglie, e da lei sola il Genio trae gì' impulsi alla gloria, e riceve forme e colori, vita ed immagini.

Qui adunque doveva aver culla l'eloquenza, perché qui la natura, primo maestro, è più e spressiva e più parlante che altrove; qui le arti che gentili addimandansi, perché qui la bellezza è più efficace e più diffusa che altrove; qui la poesia e la musica, qui la favella che ha incantesimo di dolcezza, e dote esclusiva di formosità, di numeri, e di accenti concordanti; qui la mimica, il ballo ed il canto (*), perché qui è maggiore armonia negli elementi, più temperati affetti, più grati suoni, più limpide acque,

(*) V. Ragusa Siciliae Bibliotheca Vetus, Mongitore Biblioteca Sicula, Signorelli Storia dei Teatri, Andres dell’origine progressi e stato attuale d'ogni letteratura v. 3, pag. 5, ed Auria la Sicilia inventrice libretto prezioso, la di cui ristampa col corredo di opportune note, riuscirebbe a sommo vantaggio degli studiosi, molto più che ne è divenuto assai raro lo acquisto.


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 più squisiti frutti, più lieti sembianti, più vivido e generoso sentire che altrove.

Qui la natura tutta aperta e ridente trasfonde i suoi tesori e nell'anima e nelle fibre, e parla con segrete commozioni un linguaggio ispirato e sublime, un linguaggio che comanda ed induce ad amore, a concordia, a letizia.

Né geli, né deserti, né dirupi abbiamo; non valanghe, non torrenti o straripanti fiumi; non rocce e scogliere impraticabili, non tempesta e tetraggine di cielo, non venefiche piante, non pestifere aure, non terre di maledetta infecondità, né ruggiti, né sibili, né artigli di rabbiose belve che segnino i campi e squarcino umane membra; ma invece una natura d'ogni asprezza sgombra, sorridente, fiorita e soave, un raggio ricreatore che vivifica il suolo ed il mare, e l'uomo tutto al di dentro e al di fuori; un susurro leggiero di venticelli, un fréschissimo alito, e frutti e fiori e frondi e boschetti e prati e rigagnoli, che spargon dovunque l'abbondanza la gioja e la vita.

Salve, o Trinacria, terra d'incanti e di meraviglie; salve, emporio di grandezza, madre attrice di eroi. I tuoi fasti, le tue glorie, la tua potenza staranno, come il cielo


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che t'impronta della sua virtù e ti fa bella del suo sorriso, indipendenti dal dominio delle rivolubili fortune; e a te trarranno i cupidi sguardi dello straniero, a te l'osservatore, il sapiente e l'artista, e nelle tue bellezze cercheranno una ispirazione, un soave slancio per l'anima che sente il bisogno di espandersi e bearsi a quelli ineffabili diletti, di cui sei fonte inesausta, perenne, e invano invidiata.

E venga a salutarti lo straniero nell’ameno Maggio quando meglio a nudo occhio ti lasci osservare, volga gli occhi al verde delle tue campagne, al cielo purissimo e lucente, al mare azzurro che da ogni lato ti bacia e ti circonda, senta tragittarsi con l'aere quel fragante profumo che rapisce ed inebria, e assiso vicino alla marina raccolga i suoi pensieri nel silenzio della notte, e interroghi l'anima sua nel veder sorgere l'infiammata Luna, nell'udire dalla bocca dei villici e del passeggiero le note di Bellini coi versi di Meli, e le canzoni del pescatore che colle vele dispiegate su illuminata barchetta percorre allegro l’infido elemento, e apprenda dagli occhi di innamorata donzella quella nuova e sfolgorante eloquenza che indarno cercherebbe nei volumi


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e nei precetti dei saggi, e ch'è privilegio delle anime siciliane. — Leggendo poscia nelle pagine della Storia qual fosti, qual sei, e di quali figli e di quali opre ti adorni é ti allegri, vedrà in ogni angolo delle tue contrade affacciarsi un Genio sovrano, un monumento che attesti virtù, reliquie venerande, trionfi e sciagure, e su l'antico tronco innovellarsi le forze e riprodursi gli stessi esempi con incessante alternar di prodigi.—Allora ripeterà salve, o Trinacria, terra d'incanti e di meraviglie, sei spettacol di bellezza, di ubertà, di valore; anche le ceneri dei tuoi figli son qui più sacre che altrove (*) e gli ingegni che produci son grandi, fecondi ed ardenti come l'Etna che sta gigante su gli altri Vulcani, e come gli alberi che spandono larghe ombre e profonde radici nelle lue preziose viscere.

Questo è il paese, cui ha volto le mire il Bianchini risguardandolo nelle sue civili condizioni colla guida di quella scienza, che sempre avida del meglio


(*) I cimiteri della Sicilia, e la pietà con cui ivi si onora la memoria dei defunti diedero spinta al Foscolo e al Pindemonti a dettar i lor carmi su i sepolcri, che sono tra i più bei pezzi della moderna poesia lirica, e prestano continuo argomento di curiosità e di ammirazione agli stranieri.


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sempre assume il patrocinio dell'umanità; di quella scienza che diede eternità di nome ai Neker, ai Sully, ai Turgot, che fece ricercare il Beccaria dalle celebri imperatrici Caterina di Russia e Maria Teresa di Austria, che rese il Botero confidente e consigliero a Carlo Emmanuele il Grande Re di Sardegna, e il Filangieri a Ferdinando I. Re delle due Sicilie (*).

 

(*) Vedi i pensieri di Filippo Minolfi in proposito della Storia delle Finanze del Regno di Napoli del Cav. Lodovico Bianchini pag. 11 e 14. — Palermo Stamperìa Fedone 1839.



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NOTE


(1)  Le opere di Scrofani ommesse dal Pecchio son le seguenti: _ Saggio sul commercio generale dell'Europa, e sul commercio particolare attivo e passivo della Sicilia sino al 1784. Bilancio del commercio della Sicilia fondato sopra un coacervo decennale dal 1773 al 1782. ― Relazione su lo stato attuale dell'agricoltura e del commercio della Morea. ― Sul valore degl'immobili in Europa dopo la scoperta dell'America. Sopra il censimento di Francia, e ― Sopra le manifatture d'Italia. ―

Del Mengotti omise la dissertazione sul credito pubblico; del Delfico le memorie ― sul Tribunale della grascia e sulle leggi economiche delle provincie confinanti del Regno di Napoli sulla necessità di rendere uniformi i pesi e le misure del Regno ― sul tavoliere di Puglia, e vari altri scritti tendenti all’abolizione di alcune servitù vincolanti il commercio e la proprietà. Delle importantissime opere minori del Gioja non parla e si limita infine a dar ragguaglio dei provvedimenti annonari del Fabroni offerendo in nota il catalogo di alcune fra le tante produzioni di questo solertissimo Autore, colla protesta di non essergli venute alle mani.

(2) Fra le altre splendide azioni del nostro Augusto Sovrano meritano particolare menzione l’avere eretto in Trapani una scuola nautica ed un Liceo, lo aver ordinato la istituzione di due Cattedre di Chimica applicata alle Arti in Palermo ed in Catania, lo aver accordata una generosa pensione al celebre giovinetto matematico Zucchero,  l'aver nominato il Galuppi e il Nicolini a professori nella Regia Università di Napoli, il Foderò in quella di Palermo, l'aver fondato lo stabilimento dei Sordomuti in Palermo, e sopratutto l'aver rinunziato 370,000 ducati del suo assegnamento in favore dello stato.


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(3) Il nobile Cav. Luigi Cibrario in giovane età ha conseguito tanta fama ed onori da essere pregiato tra i più benemeriti cultori delle lettere e della filosofia in Italia. ― La raccolta degli opuscoli del Cibrario fatta dal suo celebre amico Sig. Defendente Sacchi basterebbe a dargli il vanto d'immenso e profondo sapere. Ma egli oltre a tali opuscoli ha dato alla luce ― Le Storie di Chieri ― I Documenti raccolti coll’insigne Domenico Promis in Savoja, in Isvizzera, ed in Francia per ordine di S. M. il Re Carlo Alberto ― I Sigilli dei principi di Savoja raccolti ed illustrati per ordine dello stesso Monarca ― Le Relazioni dello stato di Savoja scritte da ambasciadori Veneti ― Le lettere di Principi e di uomini illustri ― Le novelle e il dialogo tra un pedante e il medio evo, e ― l'economia politica del medio evo in Italia non è guarì pubblicata con universal plauso.

(4) Tali sono gli articoli che volgono le sventure di Brog gia, del Giannone, dell’Architetto Carasale sotto la di cui direzione fu costruito il Teatro di S. Carlo, di quel giovane alunno della Tesoreria Generale di Napoli che quantunque di cuore inclinato a virtù fu dalla miseria spinto a far sua la cosa d'altri, e di quella donna infelice che avendo raccolto poche legna per ristorarsi le membra irrigidite dal freddo venne còlta da una guardia forestale e si morì nelle prigioni tra la fame e la micidiale esalazione dei carboni accesi non soccorsa, non ascoltata, ma vittima della ignoranza e della negligenza.

Il quale ultimo caso ci rende maggiormente sensibile il difetto dell’antica legislazione in confronto alla moderna cotanto previdente, umana, e ragionata. ― Al presente si attende fra noi al miglioramento delle Prigioni, e già un lato del magnifico edifizio di quelle di Palermo si è messo in attività con grande beneficio dei detenuti, che vi respirano un1 aria libera e godono di comode stanze ripartite in quel modo che si presta all'osservanza dei regolamenti sanitari e di disciplina. ― S. M. ha dato colla sua Real presenza gli ordini più efficaci onde siano tosto compiute le altre fabbriche, e la vigilanza e singolare energia di S. E. il Marchese Tschudv Luogotenente Generale funzionante va recando ad effetto le benefiche disposizioni del Re N. S.


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Tutti i Governi d'Italia hanno rivolte le loro cure a questo principalissimo oggetto di pubblica utilità, e S. M. Carlo Alberto Re di Sardegna ha deputato il Francese Sig. Lucas ad ispezionare le case di detenzione dei suoi Dominj per procedere alla riforma consentita dalla coltura del secolo, ed ha onorato di splendida medaglia l'Ispettore delle prigioni di Francia, noto abbastanza come Autore delle opere intitolate Du système pénitentiaire en Europe et aux États Unis, e De la théorie de l'emprisonnement, de ses principes, de ses moyens et de ses conditions pratiques.

(5) Questo argomento ci richiama alla mente parecchi nomi d'illustri Siciliani verso i quali la generazione che gli è succeduta avrebbe dovuto mostrarsi più calda di ammirazione. E ci è toccato osservar di recente che Palermo Palermi Autore del trattato De fractura cancro et vulneribus, Silvio Bocone, Cupane, Filippo Nicosia, Rosario Scuderi, Niccolò Spedalieri ed altri valentissimi scienziati hanno ottenuto maggior grido per opera degli stranieri anzi che dei loro concittadini; e mentre fra di noi appena ricordavasi il gran naturalista Saverio Scilla il Brocchi e il Cuvier lo segnavano come il fondatore della scienza geologica.



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