Mi scusino, esimi professori. Scusi il professor Galante Garrone, quercia della storiografia torinese, e scusino anche i pilastri della storia secondo La Repubblica, Nicola Tranfaglia e Massimo L. Salvadori.
Mi perdoni anche Indro Montanelli, il massimo giornalista storico, anzi
storico due volte: anche per l'età veneranda. Perdonino i
cattedratici, docenti e commentatori della Scuola Piemontese, del
Partito d'Azione, del laicismo patriottico.
Scusate se m'intrometto. So che siete impegnati a difendere "i principi
laici e liberali che fondano la Repubblica" contro le forze oscure
della reazione. Ossia contro certi storici "revisionisti" e persino
(pensate come va il mondo) cattolici, teppisti culturali, che osano
mettere in luce poco simpatica il Risorgimento, che parlano male di
Garibaldi e bene di Pio IX, che dipingono l'unificazione del Sud come
un'annessione forzata con stragi, persecuzioni e corruzioni.
Scusate se importuno. Vengo a voi in punta di piedi, col cappello in
mano (per mostrare a voi il massimo rispetto) ad informarvi che quella
in corso non è una guerra. E' un dibattito. Per di più,
un dibattito con pretese scientifiche, come s'illude di essere la
storiografia: una scienza sia pur basata su indizi, documenti,
monumenti, testimonianze soggetti a interpretazione.
Mi consentano, illustri professori. Anche se non sono uno storico, mi
par di ricordare che un dibattito si debba condurre in modo diverso da
una rissa. Un dibattito, su ogni argomento, deve seguire certe regole.
Regola prima: quando qualcuno espone idee, o pubblica libri che
contrastano le tesi consolidate, non ci si scandalizza.
La polemica culturale non è un educandato di novizie, dove "di
certe cose" non si deve parlare. E' uno spazio libero: dove le tesi
meno conformiste, le provocazioni più irritanti e persino le
idee più estreme devono potersi esporre alla discussione.
Ciò non significa cedere il campo agli avversari. Al contrario:
se l'avversario espone le sue idee, le espone proprio alla vostra
confutazione.
E qui, ecco la regola seconda: nel dibattito, le idee altrui si
sconfiggono confutandole. Non chiamando la polizia, né intimando
il silenzio per lesa maestà.
Quegli autori da voi detestati, quei teppisti culturali e reazionari,
non stanno commettendo un reato. Non tirano le Molotov. Hanno scritto
libri. Presentano documenti nuovi. O interpretano a modo loro documenti
che già conoscete. Debellarli, per voi alti sacerdoti della
Cultura, è dunque facilissimo: basta confutare le loro presunte
"prove" e interpretazioni.
Fatelo, signori. Farete un favore a tutta la nazione - perché la
cultura di una nazione avanza così, nella polemica senza censure
preventive né tabù sacrali - e a voi stessi. L'esercizio
di confutare esercita le menti, le rende più fini e sottili,
costringe a informarsi.
Quei teppisti lavorano su materiali, libri e idee che circolano da
almeno trent'anni: nel controbatterli, anche voi potete aggiornare la
vostra cultura, nel caso fosse (come a volte pare) un po' datata, ferma
e sicura di sé in certezze ufficiali.
Una nuova generazione contesta le tesi ufficiali, e voi gridate alla
cospirazione "reazionaria" e "clericale" per "denigrare il
Risorgimento".
Non si fa. Proprio come storici, sapete certo che il succedersi delle
generazioni è il fatto più importante della storia, ed
anche il più inevitabile. Non si può impedire ai figli (e
qui siamo ai nipoti) di mettere in discussione le ortodossie dei padri.
Battetevi dunque lealmente, senza invocare un'autorità dogmatica
che non esiste più. E qui, mi permetto di ricordarvi l'altra
regola di un dibattito: confutate gli argomenti, non le persone. Voi,
per esempio, avete scritto che questi "nuovi storici", criticando il
Risorgimento, si propongono uno scopo occulto: "erodere l'assetto
democratico della società" laica e repubblicana.
Signori, voi così rivelate qualcosa di molto grave: è
l'assetto di potere a preoccuparvi, non l'interpretazione della storia.
E' la difesa dello status quo, non l'indagine sulla verità. Voi
giudicate le idee buone o cattive secondo che "facciano il gioco" degli
altri, e dei vostri. Il tempo in cui Stalin faceva cancellare Trotskij
dall'Enciclopedia Sovietica e manipolava la storia ufficiale è
scaduto.
Il Muro, mi pregio di informarvi, è crollato. Lunacharski e
Lukacs sono defunti da un pezzo. Scusate.
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