Tratto da:
https://www.ilbrigante.com/
IL CASTELLO d’ALESSANDRO IN
PESCOLANCIANO
Dal 26 al 29 agosto si terrà il
tradizionale convegno che coinvolge anche Il Brigante.
Parliamo con Ettore d'Alessandro
di uno strano caso di "Mala Gestio"
degli enti pubblici molisani per capire le motivazioni
Pubblichiamo la versione integrale
dell'intervista al dr. Ettore d'Alessandro, in rappresentanza del
Centro Studi d'Alessandro per introdurci alla tre giorni di lavori che
si svolgerà alla fine di agosto (dal 26 al 29 - ndr) e sulla
quale vi daremo, tra qualche giorno, ragguagli definitivi.
Dr. Ettore d’Alessandro, quale
rappresentante della Famiglia dei Pescolanciano, cosa può
riferire circa l’attuale situazione del castello in Pescolanciano,
conteso tra Pubblico e Privato?
E’ difficile dare un giudizio, senza essere trascinati dall’amara
sensazione circa la scarsa volontà delle amministrazioni della
regione Molise a voler procedere all’attuazione di una reale
programmazione di sviluppo economico/sociale del rispettivo territorio.
La provata esperienza-campione della nostra situazione del castello
ducale può aprire le menti a tutti coloro che ritengono
opportuno un cambiamento della moderna classe dirigente meridionale,
affinché sia garantito un futuro al nostro Sud ed a tutte le
generazioni di giovani in avvenire.
Si spieghi meglio, o facciamo capire
al lettore cosa intende con tali affermazioni “politichesi”...
Preciso che non è mia intenzione pronunciarmi in merito alla
realtà politica, mentre quanto detto è frutto di
considerazioni, nel rispetto dei princìpi della nostra
Associazione culturale (il Centro Studi d’Alessandro), e riflessioni
sull’attuale momento storico di un’area regionale, comparabile a tante
altre analoghe realtà del martoriato Mezzogiorno, le cui
problematiche stanno evidenziandosi sempre di più nel contesto
nazionale (si veda le recenti notizie di cronaca circa il problema del
riciclaggio delle scorie radioattive o dei rifiuti, nonché
quello secolare dell’occupazione e delle griglia salariali dei
lavoratori di Melfi o delle quotidiane azioni malavitose). E’ ormai
percepito dai tanti italiani che il nuovo liberismo, poco propenso alla
nota politica di assistenzialismo, deve far quadrare alcuni conti
economici, ed il Sud rappresenta quella parte d’Italia che vedrà
il progressivo scardinamento del sistema economico di sopravvivenza,
cui si erano adeguate sia le amministrazioni e sia talune imprese. Il
“gap” tra un piccolo paese del Meridione ed uno collocato in Padania o
dall’Umbria a salire (con pari abitanti e risorse) è sempre
più crescente.
Formule alchimistiche risolutive del problema (dai Prestiti d’Onore
agli sgravi contributivo-fiscali) del Mezzogiorno d’Italia sembrano non
produrre frutti sufficienti per l’intero territorio, salvo limitati
casi.
Ma veniamo alla domanda introduttiva. La vicenda del castello
d’Alessandro è divenuta per i proprietari e qualche vicino
conoscente una intricata “Storia Infinita” ricca di complesse
vicissitudini.
Quali sono state?
Nel ’98 sono stato tra i promotori dell’acquisizione di un’ala del
castello da parte della Provincia d’Isernia, con il presidente
dell’epoca, dr.Pellegrino. Doveva essere l’inizio di un’azione
collaborativa “pubblico-privato”di recupero e valorizzazione di un
importante monumento nazionale, riconosciuto di interesse artistico da
diversi Enti ed associazioni (quali FAI, Istituto Italiano Castelli
etc), nonché costituire caposaldo di un progetto di sviluppo
dell’intera area Alto molisana, legata alla tradizione dei tratturi. In
precedenza, la Famiglia e proprietà si era già attivata
per piccoli interventi di ordinaria manutenzione, salvaguardando il
manufatto ed impedendo così il rischio di un precoce degrado. La
cappella restaurata, con le aree condominiali ed alcuni appartamenti
furono aperti al pubblico già dal ’96. Al recupero è
seguito, in contemporanea, lo sviluppo progressivo di diverse
manifestazioni culturali, ad opera del Centro Studi d’Alessandro (senza
aver ottenuto mai contributi dalle amministrazioni locali), con eventi
finalizzati alla valorizzazione delle tradizioni locali ed alla
riscoperta della storia regionale. Insigni professori Universitari di
Firenze, Napoli, Campobasso, nonché Sovrintendenti regionali
dell’Archivio di Stato, l’Accademia dei Gergofili di Firenze e numerosi
altri studiosi molisani e non si sono alternati in questi anni per
Pescolanciano, senza transitare per i canali organizzativi
istituzionali. Abbiamo portato alla ribalta delle cronache il paese ed
il suo territorio limitrofo, sia con articoli di giornale che per
tramite dei servizi televisivi nazionali. Tanti altri eventi-successi
(quali mostre e pubblicazioni) sono il frutto del nostro lavoro di
“volontari della cultura”. Possiamo ritenerci soddisfatti dei risultati
conseguiti in questi anni (lo testimoniano i numerosi contatti
culturali pervenutici da varie località), dimostrando
così che nel Sud si può fare abbastanza anche con poche
risorse e con l’augurio di esserne esempio per coloro che ci vivono.
Perché questo riferimento ai
residenti?
Perché noi tutti collaboratori, pur non dimentichi delle nostre
origini, viviamo in altre regioni, lontane dal Molise, ove è
nostra piacevole consuetudine ritrovarsi in determinati momenti
dell’anno. Con difficoltà -causa la distanza- ci prepariamo
durante l’anno per vari appuntamenti, specie quello in agosto per S.
Alessandro.
Cosa è successo dal ’98 in poi?
La gestione del condominio castello è diventata più
difficile con la presenza dell’Ente pubblico. Decaduta la precedente
giunta provinciale, il nuovo presidente non si è certo attivato
abbastanza per la proprietà del castello. Durante tutto il suo
mandato, l’appartamento non è stato mai aperto, neanche per una
minima pulizia o manutenzione, anche quando – in occasione di alcuni
appuntamenti culturali ove era possibile far visitare e conoscere tale
ala- fu richiesto l’utilizzo di quei locali (con rispettiva pulitura a
carico degli organizzatori). Anzi fu nostra premura segnalare qualche
anno fa che alcune finestre erano completamente spalancate e
l’appartamento imbarcava acqua quando pioveva. Continui solleciti a
partecipare alle riunioni condominiali, non hanno avuto alcun riscontro
da parte dell’Ente Pubblico. Solo a seguito dei conseguenti danni
post-terremoto del novembre 2002 (come da notizie di giornale), si vide
uno sparuto funzionario intervenire all’assemblea condominiale per
prendere nota sugli interventi urgenti da eseguirsi in quella
circostanza (visto forse anche l’astratta ordinanza comunale sul lavoro
di sicurezza). In quella importante situazione di crisi dello storico
immobile forse è venuta meno anche la doverosa assistenza di
qualche Ente locale preposto alle funzioni di salvaguardia del
patrimonio artistico-culturale, nonostante i fondi straordinari
stanziati dal ministero.
Cosa intende dire, che il castello
è stato trascurato anche nella triste circostanza del terremoto?
Si, sicuramente. Nessuno si è attivato proponendo, anche con le
risorse regionali raccolte per l’occorrenza, un piano di intervento,
come del resto avvenne per il sisma degli anni ‘80. Ci si è
limitati a censire il monumento, ad opera della protezione civile, tra
gli edifici storici colpiti da danni sismici. Anche in questa
circostanza, l’Ente pubblico-proprietario di appartamento nel castello-
non si è fatto per niente promotore di una verifica o di un
controllo anche a beneficio della sicurezza del paese sottostante il
castello. I noti fatti del disastro alla scuola molisana, coinvolta nel
terremoto, nell’ambito delle dovute opere di prevenzione avrebbero
dovuto stimolare un’accurata riflessione. Invee, successivamente ci
giunse notizia che una delibera provinciale del febbraio 2003 aveva
approvato il progetto di acquisizione del castello con fondi regionali.
La delibera riferita alla Legge 146/60 sul Parco Regionale dell’Alto
Molise, stanziava la modica cifra di 731 mila euro per l’acquisto di
circa 1100 mq2 di superficie di un immobile storico del XII secolo,
onde poter realizzare un “museo ecologico” in Pescolanciano.
Sull’importo esiguo, molti familiari sollevarono subito delle
dimostranze, pubblicate anche su giornali locali in quanto la somma
proposta svalorizzava tra l’altro l’importanza storica di un simil
manufatto e di quello del suo Casato (si pensi poi a Monteroduni
acquisita circa dieci anni addietro per due miliardi di vecchie lire).
Ma la cosa più gagliarda furono le singole proposte dell’Ente,
ora ad un prezzo ora ad un altro nei vari separati colloqui quasi
omertosi, durante lo scorso anno, forse sperando in rapide trattative.
Sul modus operandi, quindi, tante perplessità se si pensa poi
che nell’ambito di una compravendita l’interessato acquirente avrebbe
dovuto almeno esaminare l’oggetto della vendita, la sua
abitabilità, lo stato di conservazione, le caratteristiche
architettoniche dei diversi appartamenti.
I tecnici dell’Ente, quindi, non si
attivarono per i dovuti rilievi e tabelle di valore?
Non mi sembra di aver avuto, né altri familiari, alcun colloquio
con un tecnico preposto se non con l’Avvocato Mauro. Anzi penso che il
singolo prezzo sia stato prodotto dalla semplice divisione della somma
stanziata per la superficie considerata, salvo restando la verifica da
parte nostra di tale misura estensiva.
Inoltre, si è generata confusione sul progetto di destinazione
d’uso da realizzare, motivo che sta a cuore ad alcuni proprietari. La
delibera, come detto, faceva riferimento ad uno specifico museo, mentre
i colloqui hanno fatto emergere l’intento di creare nel castello una
grande “biblioteca” a livello europeo. La cosa mi suonò strana
sin dall’inizio, considerando la posizione geo-morfologica del paese,
le sue infrastrutture e soprattutto il panorama deficitario delle
biblioteche pubbliche, fotografato dall’indagine ISTAT, pubblicata sul
Sole 24 ore del 30/06/2003.
Quindi non condividevate l’idea?
Solo parzialmente, purché l’attività bibliotecaria si
integrasse con altre attività. Ma mi permetta altra
considerazione dubbiosa sulla soluzione di cui sopra, se si considera
che il patrimonio bibliotecario-archivistico è stato motivo di
discussione nell’ambito delle decisioni economiche governative di
dismissione di taluni beni demaniali.
Resta, comunque, che è stato espressamente proposto da parte dei
familiari l’idea di realizzare un museo sulla storia della Famiglia,
che raccolga cimeli ed oggetti di varie epoche con particolare riguardo
alla tradizione dei cavalli e della ceramica sviluppatasi in questo
maniero. D'altronde altre regioni come la Campania hanno già
espressa ampia disponibilità ad accogliere un simile progetto in
alcune città, costituendo ciò una minaccia per il Molise
di non avere sul territorio simil importanti memorie storiche.
Mi permetta di aggiungere che nei colloqui sulla proposta di
compravendita è stato sempre affermato che la delibera
provinciale dovesse riguardare l’acquisizione delle sole unità
abitative del castello e non eventuali arredi. Così accettando,
mi dica Lei, dove avremmo dovuto trasportare o collocare, ad esempio,
le sacre reliquie di S. Alessandro martire custodite da circa tre
secoli nella cappella ducale del castello? Comunque, in merito
all’obiettivo da perseguire nel maniero, permangono oscuri
interrogativi se si legge poi il “piano di sviluppo turistico della
provincia di Isernia” del 24/07/03. Nel paragrafo sulla
“ricettività” si auspica l’acquisizione dell’intera struttura
del castello di Pescolanciano da parte della Provincia per realizzare
un progetto che veda il suo funzionamento attraverso la cessione in
gestione a società private o miste (quali?) o come struttura
ricettiva o museo o centro-studi (il nostro?), luogo di
rappresentanza,location per cerimonie o sede di eventi culturali (quale
i nostri?).
I propositi sono comunque quelli dello
sviluppo turistico?
Ben vengano, ma si faccia in modo che almeno i nostri figli potranno
presenziare ad una programmazione del genere.
Certo se penso all’impianto per un presunto campeggio, edificato da
qualche altro Ente, in Pescolanciano sotto il castello (costato qualche
centinaia di milioni) mai entrato in funzione, allo stanziamento di
fondi (circa un miliardo e mezzo) per la costruzione di un museo
archeologico del Sannio -sempre nel medesimo paese- andati dispersi con
il fallimento della ditta appaltatrice o alla futura costituzione di un
lago (generato dalla diga in costruzione di Chiauci) dagli ingenti
capitali utilizzati- roba da Striscia la Notizia, stento a credere a
quanto scritto nel recente programma politico amministrativo da
Cardinale circa che la cultura ed il turismo rappresentano un binomio
in grado di porsi come motore di sviluppo del territorio molisano.
Senza considerare l’inesistenete attenzione di tutte le Istituzioni
alla salvaguardia dei manufatti antichi (a Pescolanciano a fine anni
’90 è stato abbattuto un antico mulino settecentesco per
riedificare un moderno immobile per fini speculativi, senza un
tempestivo intervento dell’autorità locale, il paese come tanti
altri ha subito sconquassi architettonici con conseguente deturpamento
del tradizionale paesaggio). Anzi di fronte a simili realtà mi
tornano in mente le frasi scritte dall’arch.Valente nel “Razionalismo
politico molisano” in cui si legge che “una delle storielle che
puntualmente si racconta nell’ambito della ricerca delle prospettive
economiche della regione Molise è il voler attribuire ad essa
una vocazione turistica” e che “l’arricchimento veloce è il
nuovo dio imperante nella politica”. Non c’è futuro nell’Europa
unita per le aree del Mezzogiorno con simili approcci di sviluppo.
Per il castello, quindi, cosa fare?
Subito intervenire per risistemare la falla nel tetto venutasi a creare
quest’inverno e per la quale abbiamo informato anche la Provincia, pur
senza riscontro, onde salvaguardare l’immobile dalle infiltrazioni di
acqua piovana. Rivedere con il Presidente della Provincia di futura
nomina le fattibilità del progetto iniziale e la verifica delle
acquisizioni, nonché instaurare quel patto consorziale con quei
familiari, restii all’alienazione per motivi di affetto, di recupero ed
utilizzo delle proprietà per scopi museali o di sviluppo di
attività collaterali, quali una probabile scuola di ceramiche
nel rispetto della tradizione settecentesca. Proseguire, poi, con le
nostre iniziative culturali, sostenute anche da esponenti della cultura
locale, avvalendosi anche di convenzioni, come è previsto dai
fondi Docup, tra Enti locali e proprietari di dimore storiche.