Se | Cavour ci avesse
ripensato accordandosi con i Borbone |
Quando uscì da palazzo Cavour il 5 giugno del 1861, Vittorio Emanuele Il borbottò nell'orecchio di un gentiluomo di corte: «Non riuscirà a superare la notte». Affondato tra i cuscini in un a stanza troppo calda e semibuia, il conte aveva riconoscere, ma si era rapidamente smarrito in un lungo monologo. Sembrava assillato da due questioni su cui tornava ossessivamente: la guerra di secessione americana, scoppiata in aprile quando i confederati degli Stati meridionali avevano espugnato Fort Sumter, e le condizioni, del vecchio Regno delle Due Sicilie.
Quando pensava all'America diceva: «Non capisco... non capisco
... ». Quando il pensiero tornava all'Italia del Sud e ai
napoletani, si commuoveva: «Non è colpa loro, poveretti,
sono stati cosi. mal governati. E' colpa di quel furfante di
Ferdinando... Li governerò con la libertà e
mostrerò ciò che dieci anni di libertà possono
fare in queste belle regioni. Fra venti anni saranno le province
più ricche d'Itala». Intorno a lui il medico e gli amici
lo guardavano disperati.
Uscendo dal palazzo il medico bisbigliò al maggiordomo:
«Temo una crisi nel mezzo della notte. Chiamatemi appena
succede».Ma Cavour sprofondò nel sonno e dormii sino
all'alba. Quando si svegliò era debole, ma lucido e quasi
completamente sfebbrato.
Dopo avere controllato la febbre e i battiti del polso il dottore non
credeva ai suoi occhi. Il malato continuò a sonnecchiare. 'Verso
le cinque e mezzo del pomeriggio il maggiordomo gli annunciò
padre Giacomo, parroco della Madonna degli Angeli che aveva riceduto la
sua confessione due giorni prima.
Quando entrò nella stanza Cavour si mise a sedere sul letto e gli disse sorridendo: «Buongiorno, frate»; e poi, strizzandogli un occhio: «Libera Chiesa in libero Stato!».La convalescenza durò tre settimane. Nel suo ufficio, quando tornò al lavoro, Cavour trovò gli stessi problemi di cui si era occupato sino al giorno (il 29 maggio) in cui era stato improvvisamente colpito da conati di vomito, brividi di freddo e una sete morbosa.
|
IN
REALTA'
Si
scatenò la caccia
al ribelle
Cavour moti il 6 giugno 1861, dopo soli due mesi dalla proclamazione del Regno d'Italia (17 marzo), lo statista non fece a tempo ad affrontare i problemi dell'unificazione. Il tentativo di restaurazione del regno borbonico di José Boijes, generale catalano, fallì miseramente. Il 7 dicembre 1861 i ribelli furono catturati e fucilati il giorno seguente a Tagliacozzo. Francesco II di Borbone visse in esilio prima a Roma, poi ad Arco di Trento, dove morì nel 1894 |
Ma nelle sue conversazioni con i consiglieri più intimi (Isacco
Artom. e Costantino Nigra) la sua attenzione tornava continuamente ai
due temi che avevano occupato la sua mente nei giorni della malattia:
la guerra civile americana e le condizioni del Sud. Voleva essere
aggiornato, esigeva rapporti quotidiani, chiedeva che gli fossero
segnalati gli articoli più interessanti sulla stampa nazionale e
internazionale.
Quando Artom, verso la metà di luglio, gli disse che l'esercito
dell'Unione era stato sconfitto dai confederati qualche giorno prima a
Bull Run in Virginia e che gli unionisti si erano ritirati in disordine
verso Washington, ascoltò attentamente con espressione
accigliata se dire parola.
Quando Nigra gli riferì che alcuni passi di zone montagnose in
Basilicata, Calabria, Irpinia e Molise erano stati occupati bande di
briganti e che la bandiera bianca Borbone era riapparsa nei villaggi,
Cavour le notizie su un legittimista spagnolo, Jose Borjes, che era
sbarcato in Calabria più d mese prima e sì era unito ai
gruppi di Carmine Crocco.
Verso il 20 luglio ricevette il gene Enrico Cialdini, da poco nominato
luogotenente di quello che era stato sino a un anno prima il Regno
delle Due Sicilie.Cialdini gli disse che occorreva rafforzare il
dispositivo militare nel Sud, soprattutto in Calabria e in Basilicata,
perché i briganti diventavano sempre più aggressivi e
meglio organizzati.
Cavour gli consigliò bruscamente di mettersi d'accordo con il
ministro della Guerra. Nel corridoio Cialdini incrociò Nigra.
«Mi è sembrato di cattivo umore» gli disse.
«E' sempre così quando si parla del Sud» rispose
Nigra.In ottobre Cialdini cedette l'incarico ad Alfonso Lamarmora.
Con lui il presidente del Consiglio fu esplicito. «La situazione
nel Sud gli disse non mi piace e non ho nessuna intenzione di
lasciarmi imprigionare in una guerra di tipo americano. Le do tre mesi
per capire quello che sta succedendo. In dicembre decideremo».
L'8 dicembre BorJes fu catturato mentre stava cercando di raggiungere a
Roma l'ultimo Borbone di Napoli, Francesco II. Lo avevano trovato in
una cascina, nei pressi di Tagliacozzo, con un gruppo di briganti, lo
avevano stanato con alcune raffiche di fucileria e passato per le armi
poche ore dopo dopo. Il ministro della Guerra, trionfante, portò
la notizia a Cavour. «E' una vittoria» gli disse. «No
rispose Cavour è soltanto un episodio».
Pochi giorni dopo disse a Nigra che voleva parlare con Massimo
d'Azeglio. Tutti sapevano che d'Azeglio era contrario all'annessione
del Sud e che lo aveva detto esplicitamente nelle 60 pagine di un
opuscolo intitolato Questioni urgenti, pubblicato pochi mesi prima. Ma
era la voce isolata di un uomo politico intelligente e stravagante che
aveva alternato gli incarichi di governo ai piaceri intellettuali della
scrittura e della pittura.
La conversazione avvenne verso la metà di gennaio ed ebbe per
tema l'opuscolo dei mesi precedenti. D'Azeglio era convinto che tra le
regioni dell'Italia centrosettentrionale e quelle dell'Italia
meridionale le differenze culturali, le diverse tradizioni e gli
interessi sconsigliassero l'unità. Spiegò a Cavour che la
soluzione migliore sarebbe stata l'unione personale di due regni sotto
la corona di Vittorio Emanuele II.
I due Stati avrebbero avuto lo stesso re, ma ogni Stato avrebbe
conservato le proprie leggi e burocrazie, i propri regimi doganali e
sistemi economici.
Cavour stette ad ascoltare attentamente fino a quando, all'improvviso,
come se parlasse a se stesso, esclamò: «Perché,
invece, non richiamiamo sul trono Francesco Il?». «Ma in
questo caso replicò d'Azeglio non sarebbe una unione».
Cavour cominciò a immaginare alcune formule istituzionali: un
«patto di fratellanza» fra i dueStati, un governo per gli
affari,comuni, un accordo segreto perché il ministro degli
Esteri e quello della Guerra venissero sempre scelti da
Torino.L'Operazione fratellanza, come fu chiamata in codice,
cominciò nei giorni seguenti.
D'Azeglio fu mandato a Roma per un primo abboccamento con
Francesco Il. Nigra andò a Parigi e a Londra per ottenere
l'appoggio francese e inglese. Bettino Ricasoli e Marco Minghetti
ebbero l’incarico di prendere contatto con i rappresentanti della
Santa Sede. Fu necessario convincere Garibaldi, pagare parecchi
mediatori e prendere a carico del governo di Torino, in segno di
buona volontà, le spese dei Borbone a Roma.
Ma alla fine l'accordo fu raggiunto e Francesco 11, come convenuto,
indirizzò un proclama in cui chiese ai suoi «bravi»
di deporre le armi e tornare a casa. Era il 17 marzo 1862, un anno dal
giorno in cui il parlamento di Torino aveva proclamato Vittorio
Emanuele Il re d'Italia.
Cinque anni dopo, nell'ottobre del 1867, l'ambasciatore d'Austria
chiese di essere ricevuto da Cavour, ormai installato a Firenze, e gli
comunicò che Francesco Giuseppe avrebbe annunciato di lì
a poco la nascita di una unione austroungarica simile a quella fra
l'Italia centrosettentrionale e l'Italia meridionale. «La nostra
è una unione personale disse l'ambasciatore ma tenevo a
dirvi che abbiamo copiato alcune delle vostre soluzioni».
Cavour governò per altri due anni. Nel settembre del 1869, dopo
una difficile riunione alla Camera, ebbe una crisi molto simile a
quella del 1861.
Questa, disse a se stesso, è la volta buona. Volle congedarsi
dai suoi amici e collaboratori. Erano tutti in piedi intorno al suo
letto quando uno di essi, Quintino Sella, gli chiese improvvisamente:
«E Roma? Che cosa dobbiamo fare?».
Prima di rispondere Cavour lo guardò a lungo. Poi disse con un
filo di voce: «Pensateci, pensateci bene».
Ai sensi della legge n.62
del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e
del web@master.